Frida e Diego, la niña e il rospo «Più mi tradisci, più io ti amo»
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Frida e Diego, la niña e il rospo «Più mi tradisci, più io ti amo»
28 Cronache Mercoledì 10 Agosto 2011 Corriere della Sera # RRR un’estate italiana Random di Lina Sotis Saint Moritz. Non tentare di andare al Corviglia, è un club privato e fanno gli esami per essere ammessi Gli amori nei carteggi L’autoritratto A sinistra, un autoritratto di Frida Kahlo dipinto nel 1929, l’anno in cui si sposò con Diego Rivera (Ap) Più a sinistra, Frida e Diego: divorziarono nel ’39 ma si risposarono nel ’40 Lui era al terzo matrimonio e firmava le lettere con il disegno dei suoi labbroni. Lei era una ragazzina irriverente affascinata dal pittore più celebre del Messico rivoluzionario. Diego Rivera e Frida Kahlo si sposarono nel ’29 e vissero una lunga, tormentata e leggendaria storia d’amore. «Chiquitita preciosa, la vita senza te non vale più di due noccioline secche», le scriveva Diego. E intanto la tradiva. Con modelle, assistenti, La coppia allieve. Persino con la sorella di Frida. Che impazziva dalla gelosia, ma lo adorava così tanto da perdonarlo sempre: «Ci amiamo troppo e siamo in grado di sopportare innumerevoli avventure». Anche lei aveva al- L’«adorabile Fisita» La pittrice messicana Frida Kahlo (1907–1954) realizzò circa 200 dipinti, tra cui 55 autoritratti. Si avvicinò al mondo della pittura in seguito al grave incidente che, diciassettenne, la costrinse a trascorrere molto tempo a letto. Rivera la chiamava «adorabile Fisita» tri amori: Trotsky, Modotti, Muray. Nessuno però le faceva battere il cuore come il suo «rospo»: «Amami un poco Diego, io mi accontenterò». Firmato Frida La Kahlo e Rivera Frida e Diego, la niña e il rospo «Più mi tradisci, più io ti amo» I l rospo e la niña si videro per la prima volta nel 1922 sotto i ponteggi della Scuola nazionale preparatoria. Lui era il pittore più famoso del Messico rivoluzionario, chiamato a dipingere un murale nell’anfiteatro dell’istituto, lei una ragazzina irriverente, dal corpo pronto a sbocciare, quasi bella. Sette anni dopo, Diego Rivera e Frida Kahlo erano marito e moglie. Fu l’inizio di un amore lungo e tormentato, costellato di tradimenti e colpi di scena (anche di pistola), destinato a entrare nella leggenda. Rivera, 46 anni, già al terzo matrimonio, fu quasi da subito un marito infedele, sempre affettuoso. Nelle lettere alla moglie (alcune esposte nella Casa Azul di Coyoacán) si firmava con il disegno dei suoi labbroni. La chiamava «Adorabile Fisita, bambina dei miei occhi, vita della mia vita», «mia bellissima ragazzina». Lei, semplicemente, lo adorava. «Anche se mi dici che ti vedi molto brutto quando ti guardi allo specchio con i tuoi capelli corti, io non ci credo, so quanto tu sia comunque bello e l’unica Tra i flirt di lui anche la cognata Il divorzio, poi si risposarono cosa che rimpiango è di non essere lì a baciarti e a prendermi cura di te, anche se ogni tanto ti disturberei con i miei brontolii. Ti adoro, Diego mio. Mi sento come se avessi lasciato il mio bambino e sento che tu hai bisogno di me... Non posso vivere senza il mio chiquito lindo, la casa senza di te non è niente. Senza di te tutto mi sembra orribile. Ti amo più che mai e ogni momento di più. Ti mando tutto il mio amore. La tua niña La battuta sul marito La pittrice diceva: «Ho avuto due gravi incidenti nella mia vita Il primo quando un tram mi mise al tappeto, l’altro è Diego» chiquititita» (10 settembre 1932). Rivera, dall’America — dove dopo l’espulsione dal Partito comunista messicano, stava lavorando a una serie di murali sull’industria moderna — replicava: «Niñita chiquitita preciosa, sono molto triste qui senza di te, come te non riesco neanche a dormire, e a malapena tolgo il naso dal lavoro. Non so neppure cosa fare senza poterti vedere. Ero sicuro di non avere amato nessuna donna come amo la chiquita, ma mai fino a ora che mi ha lasciato ho saputo quanto la amo davvero, lei sa già che conta più della mia vita, adesso lo so io, perché veramente senza di te la vita non vale più di due noccioline secche al massimo...». La vita non era stata generosa con Frida. L’incidente d’autobus che a 17 anni ( le aveva letteralmente squarciato il corpo in due, l’aveva lasciata per sempre ferita e incapace di avere figli (le sue tre gravidanze finirono in aborti). Questo non impedì a Diego di infliggerle i tormenti della gelosia. Rientrato dagli Stati Uniti, l’artista iniziò una relazione con la cognata Cristina che costrinse Frida a lasciare la casa di San Angel (due cubi comunicanti in stile modernista, uno rosa e l’altro blu) e in seguito a fare i bagagli per New York. E però: «Perché dovrei essere così sciocca e permalosa da non capire che tutte queste lettere, avventure con donne, insegnanti di "inglese", modelle gitane, assistenti di "buona volontà", le allieve interessate all’"arte della pittura" e le inviate plenipotenziarie da luoghi lontani rappresentano soltanto dei flirt? Al fondo tu e io ci amiamo profondamente e per questo siamo in grado di sopportare innumerevoli avventure, colpi alle porte, imprecazioni, insulti, reclami internazionali — eppure ci ameremo sempre... Credo che dipenda dal fatto che sono un tantino stupida perché tutte queste cose sono E la chiamano estate Pollicino verde Una ciabatta salva energia di GIANNI SANTUCCI L a crociata contro le lucette o lucine rosse è iniziata da anni. Perché riparlarne? Primo: l’abitudine all’uso dello stand-by di elettrodomestici (dal televisore, ai decoder) è ancora ben radicata. Secondo: una ricerca ha appurato che il 30 per cento degli elettrodomestici in vendita non rispetta la normativa europea (che prescrive consumi ridotti sotto 1 watt quando gli apparecchi sono spenti, ma pronti all’uso). Terzo: gli elettrodomestici in stand-by consumano tra il 10 e il 15 per cento dell’energia in una casa. Un semplice rimedio c’è: comprare una «ciabatta» (a cui collegare più strumenti contemporaneamente) che abbia un interruttore da accendere e spegnere. Ce ne sono alcune più moderne in grado di spegnersi da sole (e spegnere davvero tutto ciò che collegano) dopo 30 secondi o un paio di minuti di inattività. © RIPRODUZIONE R SERVATA E L’artista messicano Diego Rivera (1886-1957) all’epoca del matrimonio con Frida (’29) era considerato il pittore più noto del Messico e del mondo. Lui saluta meno baldanzoso, Michelle si accascia e per una volta sembra sbagliare l’azzardo-colore, la figlia più piccola Sasha pare aver ignorato i consigli della mamma che si batte contro l’obesità dei giovani americani, e l’altra figlia, Malia, non perde il suo sorriso, anche se è meno fulgida del solito. Quanto diversi, tutti, dalla Carlotta Niccolini © RIPRODUZIONE RISERVATA di Maria Luisa Agnese ccola la famiglia Obama sul prato della Casa Bianca, di ritorno da una breve vacanza a Camp David in questa tormentata estate 2011. Tutti, non solo papà Barack, sono un po’ piegati dal peso della situazione dell’America Gli Obama appannati e i Clinton al tramonto rivoluzionario. I suoi lavori, che risentono dell’influenza dei viaggi fatti in tutto il mondo, rappresentano soprattutto la gente della sua terra: i Peones messicani. (sopra, Salma Hayek e Alfred Molina nei panni della Kahlo e di Rivera in «Frida», il film di Julie Taymor del 2002) successe e si sono ripetute per i sette anni che abbiamo vissuto insieme e tutte le arrabbiature da cui sono passata sono servite soltanto a farmi finalmente capire che ti amo più della mia stessa pelle e che, se anche tu non mi ami nello stesso modo, comunque in qualche modo mi ami. Non è così? Spero che sia sempre così e di tanto mi accontenterò. Amami un poco, io ti adoro, Frida» (23 luglio 1935). Frida perdonò la sorella minore e tornò a San Angel a prendersi cura della sua «rana». Ma cominciò ad avere anche lei altri amori — tra gli altri, lo scultore Isamu Noguchi, Lev Trotsky, Tina Modotti, il fotografo Nickolas Muray. Intanto stava diventando una pittrice famosa. Nel 1938 André Breton le stava organizzando una mostra a Parigi («Non avevo mai saputo di essere una surrealista fino a quando Breton non è venuto in Messico e me lo ha detto», scrisse Kahlo nel suo diario), ma lei nicchiava, nonostante tutto le dispiaceva lasciare Diego. «Non essere sciocca. Non voglio che per me tu perda l’opportunità di andare a Parigi. Prendi dalla vita tutto quello che ti dà, qualsiasi cosa sia purché sia interessante e ti possa dare qualche piacere. Da vecchi si sa cosa significhi aver perso quello che ci si offriva quando non si sapeva abbastanza per prenderlo. Se davvero mi vuoi fare contento, sappi che nulla mi può fare piacere più del sapere che ne hai tu. E tu, mia chiquita, meriti tutto... Non li biasimo perché gli piace Frida, perché anche a me piace, più di qualsiasi altra cosa... Tu principal sapo-rana (rospo-rana, ndr) Diego». Come in una soap opera, Frida e Diego divorziarono nel 1939 per poi risposarsi — sobriamente, lei con una lunga gonna tehuana verde — l’anno dopo. E finché la morte, di lei nel 1954, in seguito all’amputazione della gamba malata, non li separò. La maggiore biografa di Frida Kahlo, l’americana Hayden Herrera, ricorda nel suo libro (pubblicato in Italia da La Tartaruga) una battuta della pittrice: «In vita mia mi sono capitati due incidenti gravi. Il primo quando un tram mi ha messa al tappeto. L’altro è Diego». Casa Bianca Gli Obama di ritorno da Camp David (Lapresse). A destra, i Clinton nel ’98 in partenza per le vacanze (Borea/Ap) famiglia glamour e aspirazionale dei primi tempi della presidenza Obama. Quando una fotografia coglie l’attimo e restituisce lo spirito del tempo come questa, raccontando la storia senza infingimenti, merita di restare nell’immaginario e forse di raccogliere premi, come è capitato a una immagine per certi versi simmetrica di un’estate di tredici anni fa. Era il 18 agosto 1998 e la famiglia Clinton, in piena bufera Monica Lewinsky, partiva per le vacanze in Massachusetts, nonostante tutto in qualche modo unita, anche se tutti sapevano, da Bill a Hillary a Chelsea fino al cane Buddy, che dovevano prepararsi a uscire di scena. E il fotografo Roberto Borea della Associated Press li vede andare sul prato, ha l’intuizione di scattare riprendendoli di spalle, e vince il Pulitzer Ap 1999. © RIPRODUZIONE RISERVATA