Brevi considerazioni sui mutamenti in atto nei sistemi di contabilità
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Brevi considerazioni sui mutamenti in atto nei sistemi di contabilità
Saggi Brevi considerazioni sui mutamenti in atto nei sistemi di contabilità pubblica Brevi considerazioni sui mutamenti in atto nei sistemi di contabilità pubblica Riccardo Mussari Professore Ordinario di Economia delle Aziende e delle Amministrazioni Pubbliche, Facoltà di Economia, Università degli Studi di Siena Sommario: 1. Obiettivi. – 2. Brevi richiami all’armonizzazione contabile nel sistema normativo italiano. – 3. Armonizzazione, standardizzazione e unificazione. – 4. Conclusioni. Il contributo si propone di fornire una prima analisi teorica del processo di armonizzazione contabile che interessa le amministrazioni pubbliche (AP) italiane. Per conseguire tale finalità, dopo un sintetico richiamo alle disposizioni normative, anche costituzionali, che disciplinano la materia, si cerca di verificare se e in quale misura la proposta riformatrice possa effettivamente ricondursi al concetto di “armonizzazione contabile” così come, da tempo, definito dalla dottrina ragionieristica italiana e internazionale. La tesi fondamentale dell’articolo è che richiedendosi una completa uniformazione dei sistemi di contabilità e bilancio, il Legislatore sembra orientare tutte le AP non verso l’armonizzazione né verso la standardizzazione, quanto piuttosto verso l’unificazione contabile. Tale prima conclusione è foriera di rilevanti conseguenze sul piano teorico posto che, per un verso, si opta per una soluzione non propriamente ispirata alla cultura contabile dei Paesi che tradizionalmente hanno adottato modelli istituzionali, fiscali e amministrativi di matrice federale e, per l’altro, tale scelta sembra assunta più per necessità di tipo classificatorio e statistico che aziendale e manageriale. Pertanto, l’orientamento assunto dal legislatore distingue il caso italiano rispetto alle esperienze, ormai consolidate, di molti altri Paesi. Altrove i processi di riforma della contabilità pubblica si spiegano soprattutto col tentativo di assegnare al sistema di contabilità e bilancio la funzione di accrescere la razionalità economica dei processi decisionali e di valutazione nelle e delle AP tentando di rafforzare il binomio autonomia/responsabilità per i risultati, profili che nel nostro caso restano sullo sfondo. The paper aims at providing a preliminary theoretical analysis of the accounting harmonization process involving the Italian Public Administrations (IPA). To achieve this objective, after a short review of the laws regulating the matter, the paper tries to determine whether and to what extent the proposed reform would actually be reconcilable to the concept of “accounting harmonization” as traditionally defined by the Italian and International accounting doctrine. The fundamental thesis of the article is that, since the Legislator asks for a complete uniformity of the budget, accounting and reporting systems, it seems to direct the entire IPA not towards accounting harmonization but rather towards accounting unification. This first conclusion is fraught with serious consequences from a theoretical perspective since, on the one hand, the legislature opts for a solution not exactly inspired by the accounting culture of the countries that traditionally have used institutional, fiscal and administrative models of federal kind and, for the other, this choice seems satisfying more statistical and classification necessities than managerial ones. Therefore, the direction taken by the legislature makes the Italian case quite different from the well-established experiences of many other countries. Elsewhere the reform processes of public accounting are explained mainly by the attempt to assign to those measurement systems the function to increase the rationality of economic decision-making and evaluation processes both in and of the PA, trying to strengthen both the autonomy and the responsibility for the performance, profiles which in our case remain in the background. Parole chiave: Contabilità pubblica – Riforme contabili – Armonizzazione contabile Key words: Public-sector accounting – Accounting reforms – Accounting harmonization 11 Azienda Pubblica 1.2012 Brevi considerazioni sui mutamenti in atto nei sistemi di contabilità pubblica Saggi 1. Obiettivi L’obiettivo di questo contributo è approfondire il significato e le motivazioni del processo di “armonizzazione dei sistemi di contabilità e bilancio” (armonizzazione contabile) che interessa le amministrazioni pubbliche (AP) del nostro Paese. L’attenzione è concentrata più su questioni di ordine teoricoconcettuale che tecnico-contabile e benché buona parte delle considerazioni svolte abbiano, nei nostri auspici, valenza generale, nella trattazione si privilegiano regioni ed Enti Locali (R ed EL). L’articolo si compone di due parti. Nella prima si propone un sintetico richiamo alla legislazione più recente che regola la materia indagata. In seguito sono trattati i concetti di armonizzazione, standardizzazione e unificazione e del loro significato in campo contabile, allo scopo di favorire una riflessione sulle motivazioni che possono spiegare i cambiamenti prospettati nella legislazione. Poche osservazioni di sintesi sono poste a chiusura dell’articolo. 2. Brevi richiami all’armonizzazione contabile nel sistema normativo italiano Non è possibile in questa sede ricostruire compiutamente la vicenda legislativa che ha riguardato la contabilità e il bilancio delle AP. D’altra parte, non si può fare a meno, dati gli scopi del lavoro, di richiamare, in modo del tutto schematico, le disposizioni più recenti e più pertinenti all’oggetto delle nostre riflessioni. L’armonizzazione contabile è, anzitutto, tema di rilevanza costituzionale. Con la riforma del Titolo V della Costituzione (l. Cost. 18 ottobre 2001, n. 3) si è previsto, al terzo comma dell’art. 117, che ”armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario” sono, fra le molte, materie di legislazione concorrente fra Stato e regioni. Sempre al medesimo comma si legge che “nelle materie di legislazione concorrente spetta alle regioni potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato”. Lo Stato ha legislazione esclusiva solo in materia di sistema tributario e contabile dello Stato e di perequazione delle risorse finanziarie (art. 117, comma 2, lett. e), mentre R ed EL, pur godendo di autonomia finanziaria di entrata e di spesa e avendo risorse autonome, stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, che sono riservati alla legislazione statale (art. 119, comma 2). L’insieme delle disposizioni costituzionali richiamate consente di giungere a un primissimo inquadramento del tema dell’armonizzazione contabile. Anzitutto, è un’esigenza tanto avvertita e rilevante da essere prevista nella Costituzione. L’importanza discende dalla necessità di conseguire questo traguardo (data l’attuale disarmonia) e di garantirne nel tempo il manteAzienda Pubblica 1.2012 12 Saggi Brevi considerazioni sui mutamenti in atto nei sistemi di contabilità pubblica nimento, giacché il Paese va indirizzandosi rapidamente verso un assetto federale nel quale potrebbe anche rafforzarsi la tendenza, specie degli enti territoriali dotati di autonomia legislativa, al proliferare di sistemi di contabilità e bilancio fra loro diversi (Pavan 2007). La disarmonia contabile, evidentemente, è considerata un elemento di debolezza intrinseca del sistema delle AP anche per la futura “Repubblica delle autonomie”. La significatività dell’armonizzazione discende, inoltre, dal legame che la Costituzione instaura fra bilanci pubblici (il dettato costituzionale non si riferisce specificamente alla contabilità – dettaglio non trascurabile), finanza pubblica e sistema tributario, quasi a volere anche costituzionalmente sancire una concezione del bilancio pubblico più vicina alle scienze economiche che alla ragioneria. (1) In tale ottica il bilancio delle AP, considerate a sistema, è interpretato come strumento per la definizione, la comunicazione, l’attuazione e il controllo della politica economica del Paese unitariamente inteso. È per questa ragione che resta in capo allo Stato l’obbligo di definire principi del disegno della finanza pubblica e del sistema tributario atti a garantire, fra l’altro, il perseguimento e il mantenimento degli equilibri finanziari ed economici complessivi delle AP il cui governo, conseguimento e controllo dipendono in misura considerevole dalla capacità dei sistemi contabili e di bilancio di permetterne la corretta e armonica determinazione e rappresentazione. Proseguendo il ragionamento proposto ne consegue, almeno sul mero piano logico, che non ha senso definire principi per la finanza pubblica e per il sistema tributario senza potersi avvalere di adeguate e armoniche modalità espressive e rappresentative della dimensione contabile degli obiettivi posti con la politica economica e finanziaria e dei risultati conseguiti attraverso la sua realizzazione. Nella prospettiva costituzionale, l’armonizzazione dei bilanci è condizione necessaria (e certamente non sufficiente) affinché lo Stato sia in grado di garantire che le scelte fiscali e finanziarie degli altri livelli di governo non siano incompatibili con il conseguimento degli obiettivi macroeconomici del Paese che, per un verso, discendono in misura sempre più diretta e stringente dai vincoli posti al governo nazionale in sede europea e, per l’altro verso, si conseguono solo se i comportamenti fiscali, finanziari ed economici assunti da R ed EL sono coerenti fra loro e rispetto agli impegni assunti in Europa. Alla luce di quanto appena richiamato, si può anche leggere la possibilità che il Governo eserciti, nel rispetto dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione, un potere sostitutivo rispetto a organi di R ed EL quando, fra l’altro, lo richiedano la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica del Paese (articolo 120, comma 2). Muovendo dalla cornice del dettato costituzionale, l’armonizzazione contabile ha seguito nella legislazione ordinaria un percorso riconducibile, in una prima fase, a due leggi fondamentali: la legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale) e la legge 31 1 Per un’analisi storica sul tema rinviamo a Canziani e Camodeca (2010). 13 Azienda Pubblica 1.2012 Brevi considerazioni sui mutamenti in atto nei sistemi di contabilità pubblica Saggi dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica). L’articolo 2, comma 1, della legge 42/2009, così come modificato dalla legge 196/2009, delega il Governo ad adottare decreti legislativi “in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione, al fine di assicurare, attraverso la definizione dei principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario e la definizione della perequazione, l’autonomia finanziaria di comuni, province, città metropolitane e regioni, nonché al fine di armonizzare i sistemi contabili e gli schemi di bilancio dei medesimi enti”. I decreti legislativi in materia devono essere informati ai principi e criteri direttivi elencati all’articolo 2, comma 2, lett. h) e riassunti nella tabella 1. Tabella 1 – Principi e criteri direttivi per l’armonizzazione contabile di regioni ed Enti Locali Regole uniformi e piano dei conti integrato. Comuni schemi di bilancio, articolati in missioni e programmi, in coerenza con la classificazione economica e funzionale adottata in sede comunitaria. Bilancio consolidato secondo uno schema comune. Affiancamento, a fini conoscitivi, alla contabilità finanziaria di un sistema e di schemi di contabilità economico-patrimoniale. Raccordabilità degli schemi di bilancio con quelli adottati in ambito europeo ai fini della procedura per i disavanzi eccessivi. Tassonomia per la riclassificazione dei dati contabili e di bilancio delle AP tenute al regime di contabilità civilistica, ai fini del raccordo con le regole contabili uniformi. Sistema di indicatori di risultato semplici, misurabili e riferiti ai programmi del bilancio, costruiti secondo comuni metodologie. Individuazione del termine entro il quale R ed EL devono comunicare al Governo i propri bilanci preventivi e consuntivi e previsione di sanzioni nel caso di mancato rispetto del termine. A quanto scritto occorre aggiungere che l’articolo 2, comma 1 della legge 196/2009 delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per l’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle AP, ad esclusione di R ed EL, in funzione delle esigenze di programmazione, gestione e rendicontazione della finanza pubblica. I principi e i criteri direttivi ai quali informare i decreti legislativi ex lege 196/2009 sono sostanzialmente identici a quelli previsti per R ed EL, richiamati nella tabella 1. In pratica, ricomponendo in sintesi unitaria il dettato degli articoli 2 delle leggi 42/2009 e 196/2009, si conclude che l’armonizzazione contabile riguarda l’intero sistema delle AP, così come definito in base ai criteri di classificazione del SEC95 (Mussari 2010: 3-15). (2) Tornando a R ed EL, il percorso normativo è proseguito con l’approvazione del d.lgs. 23 giugno 2011, n. 118 e del d.P.C.M. 28 dicembre 2011, l’analisi dettagliata non rientra fra i nostri obiettivi. (3) Il Titolo I del d.lgs. 2 Sul tema si legga anche Giovanelli (2006). 3 Stanti le considerazioni proposte nel testo, non può sorprendere che l’art. 1, comma 1, d.lgs. 118/2011 così reciti: “Le disposizioni recate dal presente decreto costituiscono princiAzienda Pubblica 1.2012 14 Saggi Brevi considerazioni sui mutamenti in atto nei sistemi di contabilità pubblica 118/2011 detta principi di carattere generale ai quali il nuovo sistema di contabilità e bilancio di R ed EL dovrà essere informato. (4) In allegato al testo (All. I) si definiscono, senza apportare sostanziali innovazioni, i tradizionali postulati di bilancio. L’unica importante novità annunciata riguarda il postulato della competenza finanziaria, la cui futura applicazione dovrebbe permettere l’imputazione degli accertamenti e degli impegni all’esercizio nel quale le obbligazioni attive e passive vengono a scadenza, con rilevanti effetti attesi sulla formazione dei residui e sul conseguente ammontare del risultato di amministrazione (Beltrami 2011: 158 ss.). A ben vedere, la legislazione nazionale si è già spinta ben oltre la definizione di principi generali di coordinamento, anche se prima di potere esprimere una compiuta valutazione sul disegno del sistema di contabilità e bilancio di R ed EL sarà necessario molto tempo. In primo luogo, occorrerà attendere gli esiti della sperimentazione biennale. Infatti, poiché opportunamente il nuovo sistema di contabilità e bilancio sarà sperimentato per due anni, le nuove disposizioni – a partire da quelle del d.lgs. 118/2011 – si applicheranno solo dal 2014, sempre che dalla sperimentazione non emergano criticità tali da richiedere ulteriori interventi normativi. Il cammino di R ed EL verso il nuovo sistema di contabilità e bilancio è quindi appena avviato e si annuncia faticoso, non solo per i dubbi interpretativi che già solleva il d.lgs. 118/2011, ma anche per la manifesta opposizione delle R verso alcune delle soluzioni contabili prospettate, prima fra tutte l’affiancamento alla contabilità finanziaria di un sistema di contabilità a base economico-patrimoniale. 3. Armonizzazione, standardizzazione e unificazione Armonizzazione, standardizzazione e unificazione contabile sono temi frequenti nel dibattito dottrinale e operativo con riferimento a ogni fattispecie aziendale (Campedelli 1992; Perrone 1992: 92 ss.; Di Pietra 2005: 86-90). Il nostro interesse, come annunciato, è di trattare tali argomenti in modo prevalentemente concettuale, per meglio mettere a fuoco l’orientamento del legislatore, lasciando ad altri e successivi approfondimenti le questioni più specificamente tecnico-contabili. La parola “armonizzazione”, a prescindere dall’aggettivazione che ne qualifica lo scopo, implica la necessità di un impegno delle “parti” coinvolte a convergere verso soluzioni comuni, stante una situazione di diversità di comportamenti che è interesse reciproco superare per favorire una maggiore comparabilità. L’interesse delle parti per l’armonizzazione può essere spiegato in modi diversi. L’approccio della Public Choice suggerisce che pi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell’art. 117, comma 3, della Costituzione e sono finalizzate alla tutela dell’unità economica della Repubblica italiana, ai sensi dell’articolo 120, secondo comma, della Costituzione”. 4 Il Titolo II detta principi per il nuovo sistema di contabilità e bilancio delle aziende sanitarie pubbliche. L’allegato II del decreto, con riferimento alle medesime aziende, contiene gli schemi di bilancio. 15 Azienda Pubblica 1.2012 Brevi considerazioni sui mutamenti in atto nei sistemi di contabilità pubblica Saggi ciascuna delle “parti” pone in essere scelte e adotta comportamenti tendenti all’armonizzazione solo per massimizzare il proprio benessere, cioè per convenienza individuale (Jones 1992). Altri approcci teorici sono più orientati a spiegare l’interesse delle singole “parti” all’armonizzazione in una prospettiva non egoistica, ma “plurale”. Ad esempio, l’interesse alla maggiore comparabilità potrebbe leggersi in termini di potenziamento dei meccanismi che rafforzano i processi della governance democratica attraverso la costruzione di un’idea plurale di sé, progressivamente più omogenea (Guthrie et al. 1999). Tuttavia, qualunque sia la teoria addotta per motivare questo “interesse”, la prospettiva dell’armonizzazione non contempla l’ipotesi che una “parte” abbia o utilizzi un potere di tipo sovraordinato per definire in maniera preordinata la “soluzione migliore” e poi imporla alle altre “parti”. L’armonizzazione, richiedendo uno sforzo e un interesse comuni a tutti, definisce implicitamente anche il modo per attenuare le diversità: riconoscimento esplicito delle reciproche peculiarità come connotati culturali individuali conseguenti a differenziate situazioni di contesto economico, giuridico e sociale e impegno ad individuare soluzioni condivise. Tale orientamento è agli antipodi di quello riassumibile nel one size fits all; è significativamente diverso dall’approccio della collaborazione subordinata; è abbastanza coerente con i modelli decisionali ispirati al metodo dei successivi confronti limitati. Nell’armonizzazione ciò che conta è il processo, non il progresso inteso nel tradizionale senso di progressivo avvicinarsi a un traguardo. Ciascuna “parte” cerca la via attraverso la quale transita la riduzione delle differenze. È nel divenire, nello svolgimento in corso che si realizza la migliore comparabilità. Quanto scritto non deve portare all’errata conclusione che, mancando una meta definibile ex ante, il processo di armonizzazione sia necessariamente spontaneo, ovvero non possa o non debba essere guidato. (5) Non aver definito un punto predeterminato verso cui convergere non significa per forza dover rinunciare alla leadership; vuol però dire che è necessario esercitare tale leadership in modo particolare. Il compito di chi ha la responsabilità di guidare il processo non è quello di far prevalere la propria autorità, ma quello di contribuire, magari con l’impiego di opportuni incentivi e disincentivi, a fare evolvere spontaneamente la situazione in modo tale da valorizzare al massimo le condizioni favorevoli che sono poste alla base dell’interesse a ridurre le divergenze. Nel far ciò, è indispensabile tenere presente che lo sforzo di ciascuna delle “parti” per individuare nuove posizioni di equilibrio rispetto a quelle di tutte le altre “parti” si realizza all’interno di 5 Nella letteratura contabile è comune distinguere fra armonizzazione de jure e de facto. Nel primo caso, il processo di riduzione delle differenze è guidato da un regolatore: normalmente il legislatore o un altro ente (anche privato) cui è riconosciuta adeguata autorevolezza. Nella seconda ipotesi, è la pratica contabile, cioè gli spontanei comportamenti degli estensori dei bilanci, che consente di raggiungere livelli crescenti di armonia. È del tutto intuitivo che il processo di armonizzazione può essere significativamente accelerato o ostacolato da incentivi e disincentivi che, a loro volta, possono discendere sia dall’assetto di regolazione sia dal “mercato”. Al riguardo, fra gli altri, si rinvia a Cañibano e Mora (2000). Azienda Pubblica 1.2012 16 Saggi Brevi considerazioni sui mutamenti in atto nei sistemi di contabilità pubblica un processo evolutivo che ne modifica costantemente le caratteristiche. Ciò accade perché tutti i fenomeni sociali sono dinamici e mutevoli e hanno un loro trend autonomo, ovvero si modificano spontaneamente nel tempo a causa della presenza irrinunciabile e vitale dell’uomo. L’armonizzazione, pertanto, è una tendenza costantemente in atto che non ha una fine certa e ha un punto di arrivo solo teorico. Il fine dell’armonizzazione è l’armonizzazione medesima, ma proprio per questa ragione essa non può essere uno stato permanente, ma solo in continuo divenire, poiché sono dinamiche le parti che si impegnano a muoversi lungo il cammino della riduzione delle differenze e quindi lo sono i comportamenti che quelle differenze determinano. L’armonizzazione, in sintesi estrema, è sforzo reciproco verso la consonanza. Stante quanto argomentato, sono molte e buone le ragioni che spiegherebbero, con riferimento ai bilanci pubblici, l’utilizzo del termine “armonizzazione” nel rinnovato Titolo V della Costituzione. Se si guarda allo “spirito” delle riforme avviate in Italia già alla fine degli anni ‘90 (il processo di decentramento amministrativo è già in attuazione della legge 59/1997) e alla significativa riduzione dei poteri di coordinamento verticale dello Stato, si comprende agevolmente perché il legislatore costituzionale abbia utilizzato il termine “armonizzazione”. È proprio l’affievolirsi del potere di imporre dal centro soluzioni dettagliate e standardizzate per tutte le amministrazioni territoriali di rilevanza costituzionale che serve a spiegare e giustificare concettualmente il significato autentico e più profondo di un orientamento culturale che, certamente, non può dirsi casuale essendo, come minimo, teoricamente coerente con il principio di “leale collaborazione” fra amministrazioni che la Costituzione stessa ha fatto proprio. Se ci muoviamo dal concetto di armonizzazione alla sua applicazione in campo ragionieristico, non notiamo differenze importanti. Scrive Di Pietra (2005:138-139): “Il perseguimento dell’armonia comporta la conoscenza e il superamento delle diversità attraverso la creazione di un nuovo scenario rappresentativo di tutti quelli preesistenti. Tale cambiamento non potrà essere che graduale e relativo all’evoluzione del contesto considerato al punto da definire un processo senza fine anche se tendente verso lo stato di armonia in una successione di equilibri e squilibri; esso cioè costituisce un processo culturale”. Non sembra essere di parere diverso Enrico Viganò (1991:806) quando osserva: “Armonizzazione non è l’equivalente di uniformare la pratica, ma è un concetto più ampio… L’armonizzazione non è una fredda uniformità dei comportamenti (peraltro difficile da raggiungere se non sentita necessaria). L’armonizzazione contabile deve tendere a essere propositiva, cioè a favorire l’unione dei mercati, non solo ad eliminare elementi di ostacolo”. La standardizzazione si differenzia dall’armonizzazione soprattutto sul piano concettuale. Pur muovendo da una medesima situazione di partenza, la disarmonia ovvero il riconoscimento della dissonanza, per risolvere il problema si cerca di determinare al più presto una soluzione, un punto di arrivo, un modello di riferimento, cioè uno standard, verso il quale tutti devono tendere e al quale tutti devono fare riferimento. In altre parole, la so17 Azienda Pubblica 1.2012 Brevi considerazioni sui mutamenti in atto nei sistemi di contabilità pubblica Saggi luzione al problema della differenziazione non si cerca attraverso un faticoso processo di continuo adattamento e di reciproco aggiustamento che non ha mai fine, ma nel convergere, ciascuna “parte” per proprio conto ma lungo lo stesso cammino, verso una meta definita ex ante. Nella standardizzazione non c’è il processo, ma il progresso, che richiede uno scopo, un obiettivo da raggiungere al termine di un percorso. Di conseguenza, la distanza fra una data posizione e la “meta” definisce il gap da colmare, che non è più fra le “parti”, ma fra ciascuna di loro e il fine da raggiungere. Non è certo un caso che il lemma “fine” significhi non solo obiettivo ultimo, ma anche termine, conclusione, così come nella lingua inglese per la parola “end”. La standardizzazione, almeno nella sua concezione tradizionale, è coerente con i processi decisionali di tipo razionale. Di fatto, stabilire uno standard significa modellizzare, ovvero elaborare un piano proiettato nell’avvenire in cui si tenta di definire, in anticipo, i nessi di causalità fra mezzi e fini, in modo da costruire una sorta di “cammino” in cui ogni passaggio intermedio, ogni step, è al contempo fine e mezzo per un fine successivo e superiore. Al termine del percorso c’è naturalmente lo scopo ultimo, che è il rispetto generale dello standard. La standardizzazione, così come l’armonizzazione, ha una sua dinamica. L’obiettivo da conseguire, cioè lo standard, come ogni “regola”, è sottoposto a modifiche e adattamenti indotti dal mutare delle situazioni da regolare ed è quindi la soluzione ottima pro tempore. Tuttavia, ciò che importa è che lo standard resta, per l’intervallo di tempo in cui non varia, una “situazione di stato” alla quale le ”parti” devono adeguarsi. Non necessariamente questo intervallo sarà breve. Molto dipende da chi definisce lo standard (un legislatore, uno standard setting body giuridicamente pubblico o privato, nazionale o internazionale), dalle procedure utilizzate per l’aggiornamento oltre che, naturalmente, dall’intensità delle dinamiche che interessano il comportamento oggetto di regolazione. La standardizzazione mira ad annullare le differenze non riconoscendo, di fatto, la validità delle ragioni dalle quali tali differenze possono derivare. La dottrina ragionieristica, di nuovo, pare avere assunto una posizione non diversa da quella concettualmente richiamata. Fra i molti, ci piace richiamare McLeay et al. (1999:43) quando, con riferimento agli scenari contabili internazionali, scrivono: “Mentre la standardizzazione internazionale implica un movimento verso l’uniformità globale, l’armonizzazione implica un movimento verso la similarità nella scelta fra soluzioni contabili alternative... La standardizzazione internazionale è definita come un processo che limita la scelta e si risolve nell’adozione dello stesso metodo contabile da parte di tutte le imprese in tutti i Paesi, laddove l’armonizzazione internazionale è un processo che si sostanzia in una scelta sistematica fra metodi contabili che dipendono dalla natura dell’impresa e dall’ambiente in cui opera, ma che è comunque indipendente dal luogo in cui giuridicamente l’impresa ha sede”. Tanto l’armonizzazione che la standardizzazione contabile possono, con vario grado di analiticità, riguardare aspetti formali (ad esempio, la Azienda Pubblica 1.2012 18 Saggi Brevi considerazioni sui mutamenti in atto nei sistemi di contabilità pubblica struttura dei bilanci di previsione e consuntivi) e sostanziali (ad esempio, i criteri di valutazione degli elementi patrimoniali e i postulati di bilancio) e interessare porzioni dell’universo aziendale più o meno vaste a seconda dei criteri discriminatori applicati (dimensione, tipo di attività, forma giuridica, quotazione o meno nei mercati borsistici, ecc.) e dello spazio geografico individuato (nazionale, europeo, internazionale, mondiale). Non sono quindi il motivo, l’oggetto e l’estensione aziendale che differenziano armonizzazione e standardizzazione contabile. La diversità, come detto, sta nella scelta del “come” si ritiene di poter risolvere il “problema” della riduzione delle differenze e quindi, inevitabilmente, nei concetti teorici di azienda e di sistema contabile prevalenti in un dato contesto economico, sociale e politico. C’è, ad esempio, coerenza concettuale fra la teoria organicistica e il processo di armonizzazione contabile, mentre probabilmente la standardizzazione si sposa meglio con la teoria meccanicistica (Burns e Stalker 1994: 96-125). Scrive Catturi (2003: 505): “Dobbiamo convincerci che la strumentazione contabile ed i documenti che periodicamente vengono redatti in termini quantitativo-monetari intendono comunicare il ‘modo di essere’ dell’organismo aziendale cui si riferiscono… la diversa articolazione formale di quei documenti, allora, non può rispondere esclusivamente ad esigenze di meccanica contabile, ma piuttosto tendere ad esaltare un particolare aspetto della ‘vita interiore’ e delle manifestazioni di ‘vita sociale’ di quell’organismo perennemente mutevole nelle forme, nelle dimensioni e nei comportamenti”. L’unificazione, infine, è la standardizzazione spinta fino alle estreme conseguenze, cioè l’omologazione completa, il tentativo di annullare qualsiasi diversità. Unificare significa rendere completamente identici tutti i profili della “materia” rispetto alla quale s’intendono superare le differenze riscontrate nei comportamenti delle “parti” interessate. In materia contabile, si richiede quindi una completa uniformazione dei sistemi di contabilità e bilancio per tutte le aziende che si ritiene di dover coinvolgere nel processo in un dato spazio geografico. Sostanzialmente, ciò significa non solo comuni schemi di bilancio, identici postulati e criteri di valutazione, ma anche un unico piano dei conti di contabilità generale e, spesso, di contabilità analitica, oltre che identiche regole di contabilizzazione dei fatti di gestione esterna e interna. In breve, la normalizzazione contabile. 4. Conclusioni Se osserviamo i principi e i criteri direttivi dettati dalla legge 42/2009 e il loro recepimento nel d.lgs. 118/2011 e nel d.P.C.M. 28 dicembre 2011, non pare sussistano dubbi sul fatto che, nonostante la Costituzione si riferisca “solo” all’armonizzazione dei bilanci e la stessa dizione sia utilizzata nel titolo del decreto, R ed EL (ma in realtà tutte le AP nelle intenzioni legislative) sembrino avviarsi verso l’unificazione contabile. Fermo restando il problema dottrinale di cercare un eventuale elemento 19 Azienda Pubblica 1.2012 Brevi considerazioni sui mutamenti in atto nei sistemi di contabilità pubblica Saggi di raccordo fra le posizioni che gli studiosi assumono in merito alla teoria dell’azienda e all’unificazione contabile, non sarà banale interrogarsi, lungo il biennio di sperimentazione, sugli effetti positivi e negativi conseguenti alle scelte tecniche del legislatore nazionale. Tuttavia, non possiamo fare a meno di rilevare che, prima dell’approvazione dell’ultima riforma del bilancio dello Stato, si osservava che le aziende pubbliche “condividono elementi tali [...] da configurare un modello comune” (Pavan 2007:639). In altri termini, per R ed EL non si partiva, prima della legge 196/2009, da una “dissonanza” grave. Lo stato dell’arte, a nostro avviso, avrebbe potuto essere sfruttato come un ottimo punto di partenza per favorire un’armonizzazione più spinta, magari attraverso un sostanziale arricchimento dei sistemi di rilevazione e rendicontazione. Invece, proprio a seguito dei cambiamenti introdotti per lo Stato, la dissonanza è cresciuta e si è trasformata nel presupposto dell’unificazione. Ci si è orientati verso una soluzione “alla francese”, non propriamente ispirata alla cultura dei modelli istituzionali e amministrativi di matrice federale, sulla spinta di una necessità che, prima facie, è più di tipo classificatorio e statistico che aziendale e manageriale. Tale necessità esiste e sono ben note le difficoltà tecniche che ISTAT deve superare per predisporre, in base al SEC95, i “conti pubblici”, i saldi dei quali sono il “biglietto da visita” economico e finanziario con il quale il Paese si presenta alle autorità monetarie, alle agenzie di rating e ai mercati. Si tratta di un problema serio che hanno tutti i Paesi e la cui soluzione, a nostro parere, non deve però per forza transitare dalla totale uniformità contabile. A noi pare, in conclusione, che l’orientamento assunto dal legislatore distingua, ancora una volta, il caso italiano rispetto alle esperienze, ormai consolidate, di molti altri Paesi. Altrove i processi di riforma della contabilità pubblica si spiegano soprattutto col tentativo di assegnare al sistema di contabilità e bilancio la funzione di accrescere la razionalità economica dei processi decisionali e di valutazione nelle e delle AP, tentando di rafforzare il binomio autonomia/responsabilità per i risultati, profili che nel nostro caso paiono, nella migliore delle ipotesi, relegati in secondo piano. Bibliografia Beltrami A. (2011), “L’armonizzazione dei sistemi contabili alla luce della riforma federale”, Rapporto IFEL 2010, Roma. Burns T., Stalker G.M. 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