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Pubblicato nel novembre 2008 da Time & Mind Press
Via Riccardo Sineo 7/4
10124 Torino
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Tutti i diritti riservati
ISBN 978-88-903392-5-7
INDICE
INTRODUZIONE………………………………………………………………………………………………………….
VII
OBIETTIVI DELLA RICERCA…………………………………………………………………………..………….
VII
DESCRIZIONE SINTETICA DELL’ATTIVITÀ DI RICERCA…………..……………………………..................
IX
METODOLOGIA DI LAVORO ADOTTATA……………………………………………………..…....................
XI
PARTE 1 - DEFINIZIONE DELLO SCENARIO………………………………………………………………………
1
CONCETTO DI SVILUPPO SOSTENIBILE………………………………………….………………..………….
3
SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE NELL’ARCHITETTURA E NEL DESIGN……………………..…….……….
5
ECOCOMPATIBILITÀ NEL MONDO INDUSTRIALE E NEL DESIGN…………………..…………..…………
6
Life Cycle Thinking Approach…………………………………………………………..…………...….………
6
Ecodesign…………………………………………………………………………………..………………….….
7
Design per componenti…………………………….……………………………………..……………………..
8
ECOCOMPATIBILITÀ NEL SETTORE EDILIZIO………………………………………..……………….………
10
Ciclo di vita dell’edificio…………………………………………………………………..………….…………..
10
Edificio ecocompatibile…………………………………………………………………….……………..………
13
Paradigma della complessità nella progettazione del sistema-edificio…………………………………….
13
ARCHITETTURA E INDUSTRIA. PRODUZIONE INDUSTRIALE DI COMPONENTI EDILIZI………...……
15
Il componente edilizio…………….………………………………………………………………………..…….
15
Dalla prefabbricazione pesante a quella leggera………………….……………………………………..…..
16
Tecnologie di stratificazione a secco e uso di componenti edilizi industriali……………………………....
18
La modificazione del concetto tradizionale di cantiere e dell’attività progettuale……………………..…..
20
Situazione italiana ed europea. Alcuni esempi di costruzioni stratificate a secco…………….……..……
21
PARTE 2 - STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ………………………………….
23
CONCURRENT ECODESIGN………………………………………………………………………………………
24
ECOTOOL…………………………………………………………………………………………………….………..
27
METODOLOGIA DI LIFE CYCLE ASSESSMENT – LCA………………………………………………………..
29
Metodologia di LCA in dettaglio……………………………………….……………………………………...…
31
STRUMENTI SEMPLIFICATI DI LCA……………………………………………………………………………….
45
INDICE -
I
Eco-indicator Approach…………………………………………………………………………………………..
46
Matrici di valutazione, MET Matrix……………………………………………………………………………...
51
LIFE CYCLE COST O TOTAL COST ASSESSMENT……………………………………………………………
53
STRATEGIE DI LIFE CYCLE DESIGN – LCD…………………………………………………………………….
59
SISTEMI DI GESTIONE AMBIENTALE………………………………………………………………………….…
69
EMAS…………………………………………………………………………………………………………….…
70
ISO 14001……………………………………………………………………………………………………........
72
CERTIFICAZIONE ED ECO-ETICHETTATURA DI PRODOTTO…………………………………………….…
74
TIPO I – Eco-label Europeo……………………………………………………………………………………...
75
TIPO II – Auto-dichiarazione…………………………………………………………………………………….
76
TIPO III – EDP - dichiarazione ambientale di prodotto……………………………………………………….
77
PARTE 3 – ECOSOFTWARE……………………………………………………………………………………………..
83
STRUMENTI OPERATIVI…………………………………………………………………………………………….
84
SISTEMA DI ANALISI DEI SINGOLI SOFTWARE…………………………………………………………….….
86
Scheda di esempio – Athena software…………………………………………………………………………
89
Scheda di esempio - SimaPrò software………………………………………………………………………
93
PARTE 4 - DELINEAZIONE DEI RISULTATI…………………………………………………………………………..
97
TIPOLOGIE DI ECOSOFTWARE……………………………………………..……………….…………………...
99
ANALYSIS SOFTWARE……………………………………………………………………….....………………….
100
LCI – Life Cycle Inventory software………………………………………………………...………………….. 101
LCA – Life Cycle Assessment software………………………………………………...……………………... 103
Abridged LCA – Abridged Life Cycle Assessment software…………………………...……………………. 105
LCC – Life Cycle Cost software……………………………………….……..………………………...……….. 106
II
FOCUSED ANALYSIS SOFTWARE…………………………………………………………………...……....
107
DFA - Design For Assembly software……………………………………………………………………...
108
DFL - Design For Life software……………………...……………………………………………………...
110
DFD - Design For Disassembly software…………...……………………………………………………..
111
M&P- Materials and Processes selection software…………………………………...………………....
113
UTILITÀ DEGLI STRUMENTI…………………………………………………………………………….………….
115
- INDICE
Utilità degli strumenti nel percorso progettuale…………………………………….………………………….. 115
Ipotesi di travaso e impiego degli Ecodesign software nel percorso progettuale dell’edificio……….…… 121
Tipologie di utenza a cui sono destinati gli strumenti software ………………………………………….….
123
CONSIDERAZIONI ECONOMICHE…………………………………………………………………………….…..
125
EFFETTI AMBIENTALI………………………………………………………………………………………….……
129
DATABASE A CONFRONTO…………………………………………………………………………………….….
135
Rilevanza rispetto al settore edilizio…………………………………………………………………………....
141
Importazione dati da altri database o applicazioni………………………………………………………….…
141
Esportazioni dati in altre applicazioni…………………………………………………………………………...
143
Inserimento dati specifici relativi all’oggetto indagato o ad uno specifico settore merceologico..……….. 143
Possibilità di acquistare dati aggiuntivi inerenti altri settori merceologici..…………………………...…….. 144
Dati espressi secondo i mix energetici caratteristici dei diversi paese……………………………………...
142
Indicazioni sulla qualità dei dati……………………..……………………………...…………………………...
145
MATRICE SINERGICO COMPARATIVA……………………………………………………………………………….. 147
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE…...…………………………………………………………………………….. 159
BIBLIOGRAFIA RAGIONATA…………………………………………………………………………………………… 163
INDICE -
III
ELENCO DELLE ILLUSTRAZIONI
PARTE 1: DEFINIZIONE DELLO SCENARIO
Fig. 1 –
Aspetti caratterizzanti il settore delle costruzioni oggi
Fig. 2 –
Schema rappresentativo del sistema-prodotto
Fig. 3 –
Confronto tra ciclo di vita del sistema-prodotto e del sistema-edificio
Fig. 4 –
Ciclo di vita del sistema-edificio
Fig. 5 –
La flessibilità tecnologica dell’edificio
Fig. 6 –
Esempi di edifici costruiti con la tecnologia stratificata a secco
PARTE 2: STRUMENTI PER L’ECOCOMPATIBILITÀ
Fig. 7 –
Schema concettuale del Concurrent Ecodesign
Fig. 8 –
Distinzione degli Ecotool in teorici e operativi
Fig. 9 –
Le quattro fasi della procedura di LCA
Fig. 10 – Schema procedurale di LCA: definizione degli obiettivi
Fig. 11 – Schema procedurale di LCA: analisi di inventario, LCI
Fig. 12 – Modalità di raccolta dei dati energetici raccolti durante la fase d’inventario
Fig. 13 – Schema procedurale di LCA: analisi degli impatti, LCIA
Fig. 14 – Indicatori di categoria dei principali effetti ambientali considerati in un’analisi di LCA
Fig. 15 – Esempio di conversione delle emissioni rilevate da un processo in emissioni equivalenti di CO2.
Fig. 16 – Principali sistemi di valutazione adottabili durante la fase di LCIA in un’analisi di LCA
Fig. 17 – Schema procedurale di LCA: individuazione aree di miglioramento
Fig. 18 – Descrizione dei principali effetti ambientali
Fig. 19 – Procedura di calcolo di un Eco-indicator
Fig. 20 – Cinque archetipi del comportamento umano secondo la teoria di Thompson
Fig. 21 – Tre archetipi e relativi giudizi di valore assunti nel metodo degli Eco-indicator
Fig. 22 – MET Matrix: esempio di matrice per l’analisi della fase di produzione
Fig. 23 – MET Matrix: valutazione dell’intero ciclo di vita
Fig. 24 – Diverse tipologie di costo considerate in un’analisi di LCC
Fig. 25 – Strategie di LCD e fasi del ciclo di vita del sistema-prodotto
Fig. 26 – Interazioni tra guidelines di LCD e fasi del ciclo di vita del sistema-prodotto
Fig. 27 – Interazioni tra guidelines di LCD e fasi del ciclo di vita del sistema-edificio
Fig. 28 – Schema organizzativo di un Sistema di Gestione Ambientale (SGA)
Fig. 29 – EMAS e ISO 14001 a confronto
Fig. 30 – Caratteristiche distintive delle tre diverse tipologie di certificazione di prodotto
Fig. 31 – Logo Eco-label
Fig. 32 – Logo EPD
Fig. 33 – Schema riassuntivo dei principali strumenti teorici applicabili al processo edilizio
IV
- INDICE
PARTE 3: ECOSOFTWARE
Fig. 34 – Ecosoftware tratti dai diversi contesti geografici
Fig. 35 – Scheda tipo impiegata per l’analisi dei diversi ecosoftware esaminati
PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI
Fig. 36 – Schema concettuale impiegato per la delineazione dei risultati articolati nella matrice sinergico comparativa finale
Fig. 37 – Classificazione degli ecosoftware in due categorie, Analysis software e Focused Analysis software,
contraddistinte da diverse tipologie di strumenti all’interno di ognuna
Fig. 38 – Classificazione degli Analysis software
Fig. 39 – Classificazione dei Focused Analysis software
Fig. 40 – Schema del Process Design
Fig. 41 – Utilità nel Process Design
Fig. 42 – Ipotesi di travaso degli strumenti di Ecodesign nel Process Design dell’edificio
Fig. 43 – Analisi dei diversi tipi di utenti che possono trarre utilità dalle analisi condotte dagli ecosoftware
Fig. 44 – Tipologie e sistemi di valutazione economica degli ecosoftware
Fig. 45 – Sistemi di valutazione degli effetti ambientali adottati dagli ecosoftware
Fig. 46 – Correlazione sistemi di valutazione-effetti ambientali sulle diverse scale
Fig. 47 – Correlazione ecosoftware-effetti ambientali sulle diverse scale
Fig. 48 – Database e relative fonti annessi ai software
Fig. 49 – Dati inclusi all’interno dei database dei software
Fig. 50 – Confronto tra i database annessi agli ecosoftware
Fig. 51 – Criteri su cui si articolano i dati espressi secondo lo SPOLD Format
Fig. 52 – Legenda della matrice sinergico - comparativa finale
Fig. 53 – Matrice sinergico - comparativa finale che illustra i principali fattori caratterizzanti i diversi software in
relazione a tutte le fasi del ciclo di vita dell’edificio.
Fig. 54 – Matrice sinergico - comparativa relativa alla fase di pre-produzione dell’edificio
Fig. 55 – Matrice sinergico-comparativa relativa alla fase di produzione fuori opera dell’edificio
Fig. 56 – Matrice sinergico-comparativa relativa alla fase di produzione in opera dell’edificio
Fig. 57 – Matrice sinergico-comparativa relativa alla fase di vita utile dell’edificio
Fig. 58 – Matrice sinergico-comparativa relativa alla fase di vita utile dei componenti costituenti l’edificio
Fig. 59 – Matrice sinergico-comparativa relativa alla fase di fine vita dell’edificio
Fig. 60 – Matrice sinergico-comparativa relativa alla fase di fine vita dei componenti costituenti l’edificio
INDICE -
V
VI
- INDICE
INTRODUZIONE
OBIETTIVI DELLA RICERCA
La presente ricerca è nata dalla volontà di completare un precedente studio, la cui finalità era quella di aumentare
la consapevolezza ambientale durante la progettazione ordinaria, in quanto la necessità di armonizzare le
esigenze abitative e i conseguenti criteri di qualità architettonica con i fragili equilibri dell’ecosistema, è un tema
che solo negli ultimi anni si è posto come prioritario nella cultura del progetto e che, di conseguenza, sia a livello
tecnologico che architettonico molti sono ancora gli aspetti da approfondire1.
Condividendo questa finalità, obiettivo generale di questo lavoro di ricerca è stato allora quello di sperimentare
nuove forme di ibridazione culturale tra Ecodesign e Architettura, con lo scopo di individuare i punti di contatto
concettuali tra le due culture e traslare in concreto da un campo all’altro, strumenti e metodologie, utili ai fini del
perseguimento dello Sviluppo Sostenibile.
Il mondo industriale, e di conseguenza anche quello del disegno industriale, è stato uno dei primi settori in cui è
stata affrontata la questione ambientale.
Anche se spesso spinti principalmente da motivi economici, nel mondo dell’industria da alcuni anni infatti si cerca
di perseguire una maggiore ecoefficienza nei processi di produzione e di realizzare prodotti maggiormente
ecocompatibili, rendendo possibile la diffusione ed il consolidamento di approcci, competenze e strumentazioni
atte a questo controllo.
Approcci e strumenti, che, sono diventati un punto di riferimento anche per altri settori e i cui benefici derivanti dal
loro impiego ci inducono a verificarne una loro possibile applicazione anche nel settore delle costruzioni, dove
invece si ritiene che sia ancora ridotto il numero delle sperimentazioni a cui fare riferimento e quello delle
strumentazioni da utilizzare per il controllo degli impatti energetico-ambientali dell’edificio.
A questo scopo si pensa che “per estendere la diffusione dei principi dello sviluppo sostenibile all’ambito edilizio,
discipline quali, Architettura, Tecnologia, Scienza Ambientali ed Industriali potrebbero sviluppare, a fianco delle
operazioni di cooperazione già in atto, forme inedite di dialogo e di interazione” 2.
A complicare questo trasferimento di know-how, c’è però il fatto che l’edificio, a differenza del prodotto industriale,
è un prodotto “unico”, come unici sono i processi che di volta in volta portano alla sua costruzione, rendendo
complessa l’applicazione di questi strumenti che invece per il loro impiego necessitano invece di procedure
realizzative comuni e standardizzate.
Alla luce di queste considerazioni, i componenti edilizi, possono allora assumere un ruolo centrale, diventando il
potenziale fulcro, attorno a cui ruotare il perseguimento della sostenibilità architettonica, il trait d’union tra mondo
dell’edilizia e quello della produzione industriale.
Essi di fatto costituiscono l’anello di congiunzione tra le scelte espressive frutto dell’attività progettuale e la realtà
della produzione industriale disponibile sul mercato.
1. LANZAVECCHIA, C., Ciclo di vita dell’edificio e sostenibilità ambientale. Il possibile ruolo degli elementi componenti ottenuti da post-produzione, della progettazione
edilizia per disassemblaggio e del possibile riuso/reimpiego di interi edifici o di alcune parti di esse, tesi di ricerca presso il Dottorato di ricerca in Tecnologia
dell’Architettura e dell’Ambiente, XIV ciclo, Politecnico di Milano, 2004.
2. LANZAVECCHIA, C., Op. cit.
INTRODUZIONE -
VII
Di conseguenza è lecito pensare che se i componenti edilizi non possiedono in partenza le necessarie
caratteristiche di sostenibilità ambientale, nonostante un’accorta attività progettuale, l’edificio non potrà risultare
ecocompatibile nel suo complesso.
Ne consegue che i componenti edilizi, possono essere un nuovo canale di dialogo tra Architettura, Ecodesign e
mondo industriale, una sorta di ponte attraverso cui veicolare, in un senso e nell’altro, informazioni, approcci
progettuali, metodologie e saperi.
Allo stato attuale nel settore edilizio, malgrado gli esperti sottolineino l’urgenza della problematica ambientale,
manca ancora una metodologia unificata che sappia affrontare la questione in tutta la sua complessità.
Di conseguenza, sebbene siano molti gli approcci e gli strumenti proposti, al singolo progettista (e al ricercatore)
non resta che avventurarsi in territori poco battuti al fine di mettere a fuoco la problematica, tramite la raccolta e
sistematizzazione di dati, strumenti, metodologie, teorie e approcci progettuali ritenuti più significativi, che
possano costituire una sorta di “cassetta per gli attrezzi” ad uso del progettista.
In coerenza con quanto detto e, sulla falsariga del Concurrent Ecodesign3, approccio ideato nel settore
dell’Ecodesign per integrare la questione ambientale nel mondo industriale e produttivo ed il cui risultato concreto
è stata la delineazione di una Toolbox per il progettista-designer, obiettivo specifico di questo lavoro di ricerca è
stato proprio quello di sviluppare un’analoga Toolbox per l’architettura, che svolga la funzione di bussola
orientativa per il progettista-architetto, dalla quale potrà attingere facilmente gli strumenti più adatti per l’analisi
delle prestazioni ambientali dei componenti edilizi, e quindi dell’edificio intero, in relazione ai diversi contesti
progettuali.
3. L’approccio metodologico del Concurrent Ecodesign, ideato da Bistagnino, L., Lanzavecchia, C., Micheletti, G.F., è un approccio progettuale per certi aspetti
“ipermetodologico”, finalizzato al perseguimento dell’ecocompatibilità delle produzioni industriali e per questo con lo scopo dichiarato di fare dialogare e interagire
retroterra culturali diversi, parametri qualitativi e quantitativi, indicatori economici ed esigenze ambientali. Per la descrizione operativa di tale approccio si rimanda ai
paragrafi successivi.
VIII
- INTRODUZIONE
DESCRIZIONE SINTETICA DELL’ATTIVITÀ DI RICERCA
L’attività di ricerca descritta in questo testo è articolata in quattro parti, corrispondenti ai quattro principali momenti
in cui si è articolato il lavoro di ricerca stesso.
1.
DEFINIZIONE DELLO SCENARIO: in questa prima parte sono state approfondite:
− le tematiche legate al concetto di sostenibilità, evidenziando come tali principi abbiano influito sia nel
design che nell’architettura, imponendo un cambiamento dell’approccio progettuale e di considerare
l’oggetto progettuale durante il suo intero ciclo di vita secondo il concetto di Life Cycle Thinking;
− le relazioni sempre più strette tra Ecodesign e Architettura, grazie all’impiego di componenti edilizi
equiparabili sempre di più a veri e propri prodotti industriali, evidenziandone analogie e differenze.
2.
ANALISI DEGLI ECOTOOL: una volta definito lo scenario della ricerca nella seconda parte di questa
ricerca, sono stati analizzati gli Ecotool, oggetto principale di questo studio, da intendersi come gli strumenti,
le metodologie e gli approcci progettuali, che agevolano il soddisfacimento dei requisiti ambientali sia
nell’architettura che nel design.
A questo scopo è stato approfondito l’approccio metodologico-progettuale del Concurrent Ecodesign, da cui
si è attinto il principio ispiratore per la delineazione della “cassetta degli attrezzi” per l’architettura, e sono
stati esaminati i più diffusi Ecotool diffusi in ambito industriale, come la metodologia di valutazione di Life
Cycle Assessment (LCA) nelle sue diverse forme semplificate o meno, le parallele procedure di Life Cycle
Cost (LCC), le strategie e le linee guida progettuali basate sull’approccio di Life Cycle Thinking e i diversi
sistemi di certificazione ambientale.
Strumenti e procedure, già diffusi con un certo successo in ambito industriale e che possono trovare un utile
impiego anche in ambito edilizio.
3.
ANALISI DEGLI ECOSOFTWARE: in questa terza parte l’attenzione si è focalizzata in particolare sugli
strumenti operativi, gli Ecosoftware, che derivando direttamente dalle teorie e metodologie analizzate nella
seconda parte ne agevolano la loro applicazione.
Gli Ecotool infatti, in coerenza con lo sviluppo informatico dei nostri tempi, hanno trovato nelle tecnologie
informatiche il loro migliore modo di essere, perché consentono, in tempi abbastanza ridotti, la gestione e
l’elaborazione di un gran numero di dati e informazioni, quali sono quelli che entrano in gioco nelle diverse
procedure di valutazione e analisi ambientale.
Ponendosi nei panni del progettista, questi strumenti software possono essere un valido ausilio per la
previsione e il controllo anticipato delle prestazioni di eco-compatibilità dell’edificio.
A questo scopo sono stati selezionati ed esaminati, sulla base di una scheda tipo comune, gli ecosoftware
maggiormente diffusi e impiegati nei diversi contesti geografici, evidenziando vantaggi e svantaggi di
ognuno, le cui singole schede analisi sono riportate in Appendice 3.
4.
DELINEAZIONE DEI RISULTATI: in questa quarta e ultima parte sono riportate le considerazioni conclusive
derivanti dall’analisi svolta dei diversi ecosoftware indagati, dalle quali è possibile individuare quali tra questi
strumenti, nati per l’analisi di un prodotto industriale, possono anche essere impiegati in ambito edilizio a
fianco dei pochi strumenti già presenti in questo settore.
Nello specifico, in questa parte sono state svolte una serie di comparazioni tra i diversi ecosoftware, che ci
consentono di individuare potenziali sinergie d’uso o eventuali lacune, basate sui seguenti aspetti:
− sistema di classificazione adottabile per distinguere i diversi strumenti e basato sul fatto che sia
considerato l’intero ciclo di vita o solo alcune fasi di esso;
− finalità degli strumenti, evidenziando sia l’utente tipo per cui sono stati sviluppati sia la loro diversa utilità
nei vari momenti del Process Design;
INTRODUZIONE -
IX
− sistemi di valutazione ambientale adottati, per prevedere ed individuare le prestazioni ambientali dei
componenti edilizi o dell’edificio stesso durante il ciclo di vita e quindi anche le conseguenze, in termini di
effetti ambientali;
− sistemi di valutazione economica adottati o meno da questi strumenti per l’analisi delle conseguenze
economiche legate alle prestazioni ambientali dell’oggetto di studio;
− database e tipologia di dati e informazioni disponibili nei diversi strumenti software analizzati.
Da queste comparazioni e riflessioni conclusive è stato così possibile riassumere i caratteri peculiari visti sopra, in
una matrice finale di tipo sinergico-comparativa che può essere intesa come la “cassetta degli attrezzi operativi”
per l’architettura, che ci si prefiggeva di elaborare all’inizio di questo lavoro di ricerca.
Comparativa perché tramite essa è infatti possibile correlare tutti i diversi ecosoftware analizzati e i loro caratteri
peculiari sulla base di un unico e comune denominatore, il ciclo di vita dell’edificio.
Sinergica perché tramite la sua lettura è possibile individuare potenziali sinergie d’uso di questi strumenti ed
eventuali lacune o criticità.
Lo scopo finale di questa analisi, infatti, non è tanto lo sviluppo di un ulteriore strumento, quanto piuttosto, vista la
moltitudine di software già presenti, quello di fornire una bussola orientativa al progettista, che, oltre a descrivere
lo stato dell’arte di questi strumenti, gli indichi in che modo questi strumenti possono interagire tra loro e quali
sono quelli che più si addicono al suo scopo.
X
- INTRODUZIONE
METODOLOGIA DI LAVORO ADOTTATA
In mancanza di una metodologia di lavoro consolidata e per orientarsi alla ricerca di percorsi alternativi, durante il
lavoro di ricerca è stato adottato un approccio allo studio in divenire, un atteggiamento di ricerca e analisi aperto
alla possibilità di essere rimesso continuamente in discussione.
Inoltre durante gli anni in cui è stata condotta questa ricerca di dottorato, come ulteriore metodo di validazione del
lavoro svolto, si è ricorso ad un costante confronto con la comunità scientifica internazionale, partecipando ad
una serie di convegni e conferenze internazionali dove è stato presentato il lavoro svolto e sono stati pubblicati
nei relativi atti i diversi avanzamenti e la conclusione di questo lavoro di ricerca.
Nello specifico sono state svolte presentazioni e pubblicazioni negli atti dei seguenti convegni:
− LMC 2005: Innovation By Life Cycle Management - 2nd International Conference on Life Cycle Management,
organizzato da Catalan LCA Network and Spanish LCA Network, con la collaborazione del Centre per a
l’Empresa i el Medi Ambient and ALCAN, Barcelona, 5-7 settembre 2005 – (platform presentation)
− Quantified Eco-Efficiency Analysis For Sustainability, organizzato dalla CML Leiden University (Netherlands)
e dalla Kobe University (Japan), Egmond aan Zee, 28-30 giugno, 2006 - (platform presentation)
− Environmental Product Declaration, SETAC Europe 13th LCA Case Study Symposium organizzato da
SETAC Europe e UNEP Life Cycle Initiative, Stuttgart, 7-8 dicembre 2006 – (poster presentation)
− LMC2007 - From Analysis to implementation, 3rd international Conference on Life Cycle management,
organizzata da ETH Zurich in collaborazione con The Journal of Life Cycle Assessment, Life Cycle Initiative,
International Society for Industrial Ecology e SETAC, Zurigo, 27-29 agosto 2007 - (poster presentation)
− SB07 - Sustainable Building South Europe, sessione parallela LCA Buildings,organizzato da Environment
Park – Associazione Empirica Progetti in collaborazione con iiSBE Italia, CNR, Politecnico di Torino e SiTi
con il patrocinio di ITACA, Federal Association of the Italian Regions, Torino, 7-8 giugno 2007.
La selezione di questi paper, sintesi di questo lavoro, da parte di comitati scientifici accreditati a livello
internazione e la stessa partecipazione a questi convegni, è stata così colta, da parte chi scrive, come
un’importante occasione di verifica del lavoro svolto, ma soprattutto come un’opportunità di confronto con la
comunità scientifica internazionale per orientare nella maniera più corretta la direzione e gli obiettivi di questa
ricerca.
INTRODUZIONE -
XI
XII
- INTRODUZIONE
PARTE 1
DEFINIZIONE DELLO SCENARIO
Prima di avventurarsi nel travaso di know-how tra il settore dell’Ecodesign e quello dell’Architettura degli
strumenti, metodi o procedure che in qualche modo possono contribuire a migliorare le prestazioni ambientali di
un componente edilizio o dell’intero edificio, innanzitutto si è partiti dalla delineazione dello scenario in cui si
colloca il settore dell’architettura oggi.
Scenario caratterizzato e influenzato dai seguenti aspetti (Fig. 1):
− i principi di sostenibilità ambientale: che sia nel design che nell’architettura hanno introdotto l’esigenza di
cambiamento nell’approccio culturale alla base del progetto, imponendo la necessità di ripensare i prodotti o i
componenti edilizi prodotti industrialmente, se non l’edificio stesso, lungo l’intero loro ciclo di vita;
− i sempre più stretti rapporti tra industria e architettura: nel settore edilizio è una pratica sempre più diffusa
l’impiego di componenti o elementi edilizi, equiparabili a veri e propri prodotti industriali, che arrivano in
cantiere pronti per essere assemblati tramite innovativi sistemi tecnologici di assemblaggio a secco. Di
conseguenza l’impiego sempre più frequente di questi componenti ci porta a considerare l’edificio stesso
come un sofisticato e complesso prodotto industriale, dato dalla sommatoria di una di una serie di
componenti edilizi, le cui prestazioni ambientali influiranno sulle prestazioni ambientali dell’intero manufatto
architettonico.
Visione sistemica del
manufatto edilizio, orientata
a pianificare ogni processo
del suo ciclo di vita, per
soddisfare sia i requisiti
tradizionali che quelli
energetico-ambientali
PROCESSI
INDUSTRIALI
BUILDING LIFE
CYCLE
THINKING APPROACH
PRINCIPI DI
SOSTENIBILITÀ
SETTORE EDILIZIO
COMPONENTI EDILIZI
COME
PRODOTTI INDUSTRALI
Componenti che arrivano in
cantiere come prodotti finiti o
semifiniti, pronti per la loro
messa in opera e che, una
volta assemblati con altri,
costituiscono elementi tecnici
e unità tecnologiche
PRE-
g io
lag PRODUZIONE
ic ic iu s o
R
R
Riuso
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ag que o
Riciclaggio
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mp ento erim caric
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FUORI
DEMOLIZIONE
DISASSEMBLAGGIO
OPERA
FINE VITA
PRODUZIONE
IN OPERA
EDIFICIO
SOFISTICATO
PRODOTTO
INDUSTRIALE
VITA UTILE
Fig. 1 – Aspetti caratterizzanti il settore delle costruzioni oggi.
PARTE 1: DEFINIZIONE DELLO SCENARIO -
1
Sotto questa luce il componente edilizio, diventa quindi il trait d’union tra i due settori disciplinari, tramite il quale
veicolare e trasferire le strumentazioni per il controllo delle prestazioni ambientali da un settore all’altro e indurre
le diverse figure coinvolte durante il processo edilizio (amministrazioni centrali e locali del territorio, produttori di
componenti edilizi, imprese e i progettisti stessi) ad aderire e adottare strategie mirate al miglioramento
ambientale.
È bene però sottolineare, da subito che, sebbene tra edificio e prodotto esistano molte analogie, come l’approccio
progettuale di tipo esigenzial-prestazionale, l’urgenza della questione ambientale e i rapporti sempre più stretti
con il settore industriale, l’ecocompatibilità di un edificio, rispetto ad un prodotto industriale, non è data solo dalle
interazioni tra i diversi componenti edilizi e gli elementi tecnici che lo costituiscono, ma anche dalle interazioni che
l’organismo edilizio avrà nel tempo con il contesto ambientale in cui si inserisce e con gli occupanti.
Solo sulla base di questi tre parametri un edificio potrà dirsi veramente “eco-compatibile”.
2
- PARTE 1: DEFINIZIONE DELLO SCENARIO
SETTORE
EDILIZIO
Il neologismo sostenibilità fu impiegato per la prima volta nei primi anni ’80 da Lester
Brown, fondatore del WorldWatch Institute, che definì una società sostenibile quella
capace di soddisfare i bisogni presenti, senza compromettere la possibilità per le
generazioni future di soddisfare i propri bisogni.
PRINCIPI DI
SOSTENIBILITÀ
CONCETTO DI SVILUPPO SOSTENIBILE
Alcuni anni più tardi questa definizione fu introdotta nel rapporto della Commissione
Mondiale per lo Sviluppo e l’Ambiente istituita dall’Organizzazione delle Nazioni Unite
(UNCED – United Conference on Environmental and Development), denominato “Our
Common Future” del 1987 e firmato dalla sua presidente Gro Harem Brundtland, dove con il concetto di Sviluppo
Sostenibile ci si riferisce “alle condizioni sistemiche per cui a livello planetario e a livello regionale, le attività
umane non disturbino i cicli naturali su cui si basano più di quanto la resilienza4 del pianeta lo permetta e, allo
stesso tempo, non impoveriscano il capitale naturale5 che verrà trasmesso alle generazioni future”6.
Da questa definizione, la sostenibilità viene quindi intesa non solo come una questione morale, ma come una
serie di azioni sinergiche e complesse da intraprendere, che fanno riferimento all’ambito economico, a quello
sociale e a quello ambientale e che rispondono alla necessità di conciliare crescita economica ed equa
distribuzione delle risorse in un nuovo modello di sviluppo.
Alla luce di questo principio, si è messo in discussione il nostro sistema di produzione e consumo, sottolineando
l’esigenza di un cambiamento anche piuttosto radicale delle nostre abitudini.
Cambiamento, che coinvolge, oltre alle tematiche legate all’esaurimento delle risorse e alla sopravvivenza di interi
ecosistemi, anche tutta una serie di questioni come: la crescita demografica, la fornitura di cibo, il debito delle
nazioni in via di sviluppo, lo sviluppo industriale, il mercato globalizzato, l’ineguaglianza economica, geografica e
transgenerazionale nella distribuzione e nella disponibilità dei beni e delle risorse.
In altri termini perseguire un modello di sviluppo sostenibile significa andare molto al là dello specifico campo di
azione delle attività progettuali, sino ad interfacciarsi con gli aspetti socio-economici della nostra società e del
nostro modo di vivere, in modo trasversale e in una prospettiva a lunghissimo termine.
Tale concetto fu così recepito nel 1992 dalla Conferenza delle Nazioni Unite tenutasi a Rio de Janeiro del 1992,
dove si riconobbe che le problematiche ambientali dovevano essere affrontate in maniera universale
coinvolgendo tutti i paesi.
Durante questa conferenza venne istituita la Commissione per lo Sviluppo Sostenibile, con il mandato di
elaborare indirizzi politici per le future attività e dove per la prima volta vennero dibattuti a scala internazionale
questioni ambientali aventi ripercussioni su tutto il pianeta, quali l’effetto serra, il degrado degli habitat naturali, il
deficit idrico, l’aggravamento degli squilibri abitanti/risorse, il rischio di estinzione di molte specie viventi e la
eccessiva produzione di rifiuti e le problematiche connesse al loro smaltimento.
Ed è in seguito all’attenzione posta in questo conferenza per le questioni ambientali, che si cominciarono così a
delineare programmi e politiche ambientali congiunte a livello mondiale.
Come il noto protocollo di Kyoto7, che stabilisce orientamenti comuni per le strategie industriali e comporta una
revisione dei piani di sviluppo e consumo energetico dei diversi paesi industrializzati o l’Agenda 21, cioè il
4. La Resilienza di un ecosistema è la sua capacità di subire un’azione di disturbo senza uscire irreversibilmente dalla condizione di equilibrio. Lo stesso concetto esteso
al Pianeta conduce all’idea che il sistema naturale sul quale si fonda l’attività umana abbia dei limiti di resilienza, oltre i quali iniziano degli irreversibili fenomeni di degrado.
5. Per capitale naturale si intende l’insieme delle risorse non rinnovabili e delle capacità sistemiche dell’ambiente di riprodurre le risorse rinnovabili, comprendendo anche
la varietà delle specie viventi sul Pianeta.
6. LANZA, A, Lo sviluppo sostenibile, il Mulino, Bologna 1997.
7. Il protocollo di Kyoto fu redatto durante la Conferenza delle Nazioni Unite del 1997. In questo documento vengono fissati degli obiettivi internazionali per la diminuzione
dei gas serra nell’atmosfera ritenuti responsabili del riscaldamento globale del pianeta (noto come effetto serra). Obiettivi di riduzione non inferiori al 5,2% nel periodo
2008-2012, rispetto alle emissioni rispettivamente registrate negli stessi paesi nel 1990 (considerato come anno base). Tuttavia ad oggi il protocollo, sebbene sia stato
ratificato da più di 55 nazioni che producono più del 55% di emissioni inquinanti, non è ancora stato sottoscritto da paesi come gli Stati Uniti, che lo considerano non
PARTE 1: DEFINIZIONE DELLO SCENARIO -
3
programma d’azione del XXI secolo, adottato a livello locale da Regioni e amministrazioni comunali nella
delineazione di piani d’azione politico-amministrativi e nella elaborazione dei nuovi regolamenti edilizi8.
Tuttavia ad oggi, sebbene ormai la questione ambientale sia un’urgenza riconosciuta da tutti, vedi la recente
conferenza ONU di Parigi9, molte restano ancora le azioni da intraprendere a livello di politiche internazionali,
nazionale e locali per fronteggiare realmente la questione.
A questo scopo negli ultimi anni a livello di Unione Europea, si sono fissati ambizioni obiettivi di riduzione dei
consumi energetici e delle emissioni e a livello politico-amministrativo si è affermato il ricorso alle Politiche
Integrate di Prodotto, IPP (Integrated Product Policy), come strumento per influenzare l’offerta e la domanda di
prodotti maggiormente ecologici.
Quest’approccio è mirato allo sviluppo di un sistema economico sostenibile, ovvero capace di offrire maggiore
coesione sociale, migliori posti di lavoro e, soprattutto un ambiente migliore, attraverso la ricerca e la conoscenza
da un lato, e il cambiamento dei modelli di consumo e produzione dall’altro.
Il suo obiettivo principale è la riduzione degli impatti ambientali lungo il ciclo di vita di un prodotto, tramite
l’integrazione delle questioni ambientali nelle politiche industriali, la collaborazione dalle diverse figure coinvolte
dentro e fuori la filiera produttiva e lo sviluppo di un mercato “verde”, introducendo concretamente sul lato
dell’offerta una serie di incentivi e strumenti per incoraggiare l’innovazione dei prodotti in chiave energeticoambientale , e sul lato della domanda offrendo ai consumatori adeguati strumenti informativi che li spingano verso
l’acquisto di prodotti più ecologici.
Le politiche di IPP si presentano come un approccio integrato e orientato per l’azienda, che combina sia strumenti
di mercato che ambientali. Da utilizzare a fianco degli strumenti gestionali esistenti, gli indirizzi offerti dalle
politiche di IPP cercano di colmare il gap dovuto ad una insufficiente attenzione per gli impatti ambientali legati
all’uso del prodotto, con lo scopo ultimo di agevolare lo sviluppo di un sistema economico sostenibile.
Focalizzate sul ciclo di vita del prodotto o del servizio, queste indicazioni politico-strategiche sono mirate ad
incoraggiare, facilitare e coordinare la cooperazione tra i diversi attori coinvolti lungo il ciclo di vita e creare, in
ultima analisi una maggiore sinergia tra azioni governative, economia e società.
Si presentano come una linea di indirizzo flessibile che agevola nei diversi settori industriali l’utilizzo di strumenti e
strategie simili, ma adattate alle caratteristiche della specifica filiera e dei propri consumatori.
Strumenti sia volontari che obbligatori, che agiscono a livello locale, nazionale o europeo ed includono, per
esempio, incentivi economici per le imprese che li adottano e sistemi di eco-etichettatura dei prodotti che guidano
gli utenti finali nella scelta del prodotto migliore dal punto di vista ambientale.
Alla luce di questo breve quadro è chiaro come la sostenibilità, sia un obiettivo da perseguire in maniera
congiunta dai diversi paesi e settori produttivi, comprese quindi, nel loro piccolo anche le attività progettuali che in
qualche modo interagiscono con l’ambiente, perché, come vedremo nei successivi capitoli, è solo apportando dei
cambiamenti a monte, nell’area delle strategie iniziali, che è possibile impostare delle corrette direzioni di sviluppo
compatibili con l’ambiente.
compatibile con la loro politica economica, o da paesi in via di sviluppo, come l’India e la Cina, che vedono in questo protocollo una ingiustificata limitazione al loro
sviluppo economico.
8. Nel nostro paese, in seguito al recepimento del protocollo di Kyoto, sono stati istituite organizzazioni, quali il Coordinamento Nazionale Agende 21 locali con lo scopo di
facilitare lo scambio di esperienze tra le amministrazioni locali e sono state definite normative, cogenti o non, tra le quali le principali sono :
−
Il DM 8/05/1997, n. 22, noto come Decreto Ronchi, che legifera sui Rifiuti regolamentando la differenziazione della raccolta, il loro recupero energetico e la
produzione e smaltimento degli imballaggi;
−
Il D.L. n. 152/99 e il D.L. n. 256/2000, che recependo la direttiva comunitaria n. 91/271, regolamenta gli scarichi idrici, incoraggiando la fitodepurazione;
−
la Direttiva Europea UNI EN 2002/91/CE, che recepita in Italia con il D. Lgs 192/95 definisce il rendimento energetico nell’edilizia ed istituisce l’obbligo di
certificazione energetica degli edifici esistenti o di nuova costruzione.
9. Durante la conferenza ONU tenuta a Parigi nel febbraio di questo anno, infatti, è stato lanciato un ulteriore appello per la creazione, in ambito ONU, di una
organizzazione internazionale per l’ambiente per rafforzare la governance internazionale in materia, sottolineando ulteriormente la necessità di compiere azioni collettive,
per limitare i cambiamenti climatici oggi in atto con tutta evidenza.
4
- PARTE 1: DEFINIZIONE DELLO SCENARIO
SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE NELL’ARCHITETTURA E NEL DESIGN
Anche l’attività progettuale quindi per contribuire a questo cambiamento non potrà limitarsi a migliorare ciò che
c’è già, ma dovrà ideare prodotti, servizi o edifici che inducano comportamenti diversi da quelli che finora
abbiamo conosciuto, ovvero in sintonia con uno stile di vita sostenibile.
Nuovi prodotti o edifici che dovranno basarsi su una valutazione comparata capace di analizzare le implicazioni
ambientali delle diverse soluzioni tecnicamente, economicamente e socialmente accettabili.
Tralasciando gli aspetti etico-morali o economici legati al principio di Sviluppo Sostenibile, che andrebbero al di là
dei propositi di questo studio, è però importante sottolineare come questo principio e, la conseguente
consapevolezza della questione ambientale, è stata recepita nel settore del Design e dell’Architettura,
traducendosi concretamente in due esigenze principali, quali:
− la riduzione-prevenzione degli impatti ambientali alle diverse scale di azione globale, macroregionale e locale;
− la minimizzazione del consumo di risorse energetiche e materiali tramite il controllo dei flussi di input e output.
Queste esigenze hanno influito sulle attività progettuali, aumentando le variabili da tenere in considerazione e
dapprima nel design, visti gli stretti legami con il mondo produttivo e industriale ritenuto da subito come uno dei
principali responsabili del consumo incontrollato di risorse e di emissioni nell’ambiente, e più tardi anche nel
settore edilizio, si è assistito così ad una graduale modifica degli approcci progettuali.
Seppure con le dovute differenze, legate al diverso oggetto progettuale (prodotto o componente edilizio), in
entrambi i settori, la progettazione si è orientata al perseguimento della sua ecocompatibilità, cioè alla
ottimizzazione delle loro performance energetico ambientali lungo l’intero ciclo di vita.
Ecocompatibilità e approccio al ciclo di vita diventano così due fattori comuni ad entrambe le discipline
progettuali, che influenzano e modificano il momento progettuale aumentandone la sua complessità.
PARTE 1: DEFINIZIONE DELLO SCENARIO -
5
ECOCOMPATIBILITÀ NEL MONDO INDUSTRIALE E NEL DESIGN
Life Cycle Thinking Approach
Nel campo della produzione industriale, dopo un primo momento dove la prevenzione dell’inquinamento è stata
affrontata con un approccio da valle a monte, secondo le politiche dette di end of pipe10, con l’unico scopo di
adeguarsi alle normative e alle regolamentazioni ambientali imposte, gradualmente si è passati ad interventi
anticipativi e preventivi, prima focalizzati sui processi produttivi che generavano tale inquinamento, secondo gli
indirizzi di Clean Technology o Clean Product11, sino ad arrivare ad un approccio preventivo focalizzato sul ciclo
di vita, ovvero il Life Cycle Thinking Approach, che considera l’intero ciclo di vita del prodotto industriale sin dal
primo momento ideativo.
Se infatti con il tema delle tecnologie pulite l’attenzione veniva posta principalmente sui processi pre-produttivi e
produttivi, cioè perseguendo dei miglioramenti delle prestazioni ambientali dei processi tramite il ricorso a
innovazioni tecnologiche, che però non garantivano dal rischio di trasferire semplicemente le criticità ambientali in
altri momenti del ciclo di vita del prodotto, con l’approccio di Life Cycle Thinking12 viene infatti adottata una
strategia progettuale anticipativa ed estesa all’intero ciclo di vita del prodotto.
Secondo questo approccio il prodotto viene quindi inteso come sistema-prodotto (Fig.2), cioè come l’insieme degli
eventi che lo determinano e lo accompagnano durante il suo intero ciclo di vita, contraddistinto dalle fasi principali
di progettazione, pre-produzione, distribuzione uso e fine vita, che, a loro volta, comprendono tutti i processi e le
attività caratterizzati da un continuo scambio di materiali ed energia con l’ambiente.
Solo adottando un approccio progettuale orientato ad un’ottimizzazione delle prestazioni ambientali lungo il suo
intero ciclo di vita, è così possibile individuare anticipatamente le conseguenze ambientali di un prodotto per poi
identificare gli appropriati fattori correttivi che portano alla definizione di un nuovo prodotto realmente
ecocompatibile e non solo ad un suo semplice restyling.
Il carattere anticipativo e operativo di questo approccio, trova riscontro non solo nella realizzazione di prodotti
ecologicamente compatibili, ma è anche considerato come l’arma vincente per tutelare la competitività di
un’impresa in campo ambientale in quanto, sia a livello economico che finanziario, per un’azienda gli “atti
finalizzati all’ambiente comportano il minore costo se concepiti in sede di progettazione, in un’ottica che tenga
conto, contemporaneamente di tutti gli obiettivi/vincoli esistenti e di tutte le soluzioni possibili; comportano il
massimo costo se obbligano a ristrutturazioni radicali, che si traducono nel non utilizzo e quindi nel non
ammortamento dei beni materiali (impianti, macchinari, ecc.) e immateriali (brevetti, know-how, ecc.) presenti
nell’impresa”13.
10. Con questo termine si intendono delle azioni mirate a neutralizzare gli effetti ambientali negativi causati dalle attività produttive a valle delle attività stesse.
11. Con i termini di Clean Technologies e Clean Product, si intendono delle strategie ambientali preventive adottabili durante la produzione (intesa sia come processo
produttivo che come prodotto) per ridurre a priori i rischi per la salute dell’uomo e dell’ambiente.
In pratica, per il processo produttivo significa orientare la pianificazione/progettazione del processo stesso verso la conservazione delle materie prime e dell’energia,
l’eliminazione delle sostanze e delle materie prime tossiche e la riduzione degli effetti tossici derivanti dalle emissioni e dai rifiuti.
Per il prodotto significa ricorrere a tecnologie “pulite”, che riducano gli impatti energetico-ambientali durante le fasi pre-produttive e produttive, cioè dalla estrazione delle
materie prime, necessarie per la produzione, sino alla sua introduzione sul mercato.
In questo modo i problemi ambientali vengono costantemente relazionati al sistema produttivo, considerati in modo unificato ed analizzati in relazione l’uno con l’altro
12. In merito ai concetti di Life Cycle Thinking si veda KEOLEIAN, G., MENEREY, D., Life Cycle Design Guidance Manual Environmental Requirements and Product
System, EPA-600R92226, EPA Environmental Protection Agency, Washington, USA, 1994
13. VERGANTI, R., Innovazione di prodotto e sviluppo d’impresa, in MUNARI, F., SOBRERO, M. (a cura di), Innovazione tecnologica e gestione d’impresa. La gestione
dello sviluppo prodotto, Il Mulino, Milano, 2004, pag. 55
6
- PARTE 1: DEFINIZIONE DELLO SCENARIO
Fig. 2 – Schema rappresentativo del sistema-prodotto.
Ecodesign
Nello specifico al progettista non viene più chiesta la progettazione del singolo prodotto in se, quanto la
pianificazione dell’intero sistema che lo genera, caratterizzato da un continuo flusso di materiali e di energia tra le
diverse fasi che contraddistinguono il suo ciclo di vita, privilegiando l’impiego di risorse rinnovabili o a basso
impatto ambientale e il corretto trattamento di fine vita, aspetti che fino a pochi anni fa non erano tenuti in
considerazione nella normale pratica progettuale del prodotto industriale.
Si arriva così ad una progettazione di Ecodesign, dove con tale termine, prendendo a prestito la definizione
fornita dal manuale UNEP, si intende “un approccio alla progettazione che, durante le diverse fasi che
contraddistinguono un prodotto, prenda in uguale considerazione sia i requisiti di tipo ambientale che quelli
tradizionali”14.
In altre parole si tratta quindi di adottare una progettazione orientata da criteri ecologici e mirata ad affrontare i
temi posti dalla questione ambientale a partire dal punto più a monte, cioè dal ripensamento dei prodotti stessi
sulla base del comune convincimento che in linea di principio, sia il genere che quantità dei danni ambientali
causati nel corso e al termine della vita utile dei prodotti, debba essere ricondotta alla fase di ideazione e sviluppo
del prodotto.
14. BREZET, H., Van HEMEL, C., Ecodesign: A promising approach to sustainable production and consumption , Delft University of Technology & UNEP- United Nation
Environment programme, Paris, France, 1997, pag. 4.
PARTE 1: DEFINIZIONE DELLO SCENARIO -
7
Design per componenti
Alla luce di quanto esposto, un approccio progettuale che sappia tenere in considerazione e rispondere in
maniera adeguata alle complessità imposte dalla considerazione dell’intero ciclo di vita del prodotto, e che allo
stesso tempo sappia porsi in maniera adeguata nei confronti della realtà industriale, può essere individuato nel
Design per Componenti, approccio di Ecodesign15 che consente di integrare le considerazioni di tipo ecologico al
prodotto modulare, così come viene concepito oggi nel mondo della produzione industriale, sempre più
caratterizzato da fenomeni quali la globalizzazione, le produzioni off-shore, lo smembramento produttivo del
prodotto in realtà territoriali più convenienti, demandando all’impresa finale, la sola funzione di assemblare le
parti.
Secondo questo approccio metodologico, il sistema-prodotto viene così inteso come composto da parti e
componenti provenienti da realtà territoriali differenti e caratterizzati da un proprio ciclo di vita.
Prodotto modulare o sistema-prodotto, la cui progettazione parte dallo smontaggio dei prodotti esistenti, per
comprendere l’effettiva funzione dei vari componenti e poterne ridurne il numero e i conseguenti consumi
energetici.
Solo dopo aver compreso la loro reale funzione, e soprattutto aver capito le interrelazioni tra le varie parti che ne
garantiscono la sua funzionalità, è infatti possibile eliminare i componenti e le parti superflue, secondo le regole
della Value Analysis16, e delineare nuovi “concept” di prodotto, che danno origine a prodotti realmente innovativi,
la cui forma è derivata dalla sommatoria di componenti e parti realmente essenziali.
Dall’analisi delle interazioni tra le parti, a partire da quelle geometriche, per poi passare alla disposizione dei
componenti nello spazio disponibile, alla loro accessibilità manutentiva, alla disposizione di eventuali circuiti e, in
molti casi, all’attivazione di movimenti intercorrelati, si può arrivare alla formazione del modulo complessivo che
costituirà il prodotto finale.
Prodotto la cui forma finale, racchiuderà i componenti ritenuti essenziali e per il quale dovranno essere pianificate
e previste non solo le modalità di assemblaggio ma anche quelle successive di disassemblaggio per garantire la
minimizzazione del consumo di risorse e l’emissioni di impatti nell’ambiente.
Tramite la progettazione modulare è così possibile non solo eliminare parti e componenti superflui, ma anche
garantire una maggiore integrabilità e/o sostituibilità delle parti.
Integrabilità che da un lato può soddisfare gli eventuali cambi di esigenza dell’utente finale, determinando una
serialità differenziata del prodotto in funzione delle specifiche esigenze di ogni consumatore, e dall’altro lato può
garantire la manutenzione del prodotto, la sostituibilità dei componenti e il loro aggiornamento tecnologico
durante la vita del prodotto, determinandone un allungamento della vita utile complessiva, allontanando il
momento della dismissione e quindi la produzione di rifiuti e scarti e il consumo di risorse ed energia per la
produzione di nuovi prodotti.
Con il Design per Componenti, ci si trova così a dover prefigurare sia i parametri fissi del prodotto, che quelli
variabili e mutevoli nel tempo, come:
− la durata della vita utile di ogni componente nelle sue prestazioni ottimali;
− il degrado di qualità delle parti e dei materiali a fine vita, in quanto non si può sapere a priori con certezza il
grado di usura con cui si presenteranno al termine della loro vita utile;
− la possibilità di effettuare interventi di manutenzione, che siano di ricondizionamento e di aggiornamento
tecnologico;
− la previsione dei tempi di ritorno all’industria del prodotto a fine vita.
15. In proposito si veda BISTAGNINO, L., Design con un futuro, Time&Mind, Torino, 2003, pag. 59-79.
16. Con il termine di Value Analysis, si intende una tecnica volta ad ottimizzare il rapporto costi-prestazioni del prodotto in sede progettuale. Al fine di ottenere una
migliore competitività dell’impresa con questa tecnica si mira all’eliminazione, a progetto avvenuto, di tutte le ridondanze funzionalmente o esteticamente ritenute inutili,
con un conseguente abbassamento dei costi.
8
- PARTE 1: DEFINIZIONE DELLO SCENARIO
Parametri mutevoli, che oggi sia a livello di struttura organizzativa aziendale, che a livello di ideazione e
progettazione di nuovi prodotti, possono essere gestiti e preventivati al meglio grazie all’impiego degli Ecotool,
intesi sia come metodologie e strategie a livello concettuale e teorico, sia come strumenti informatici, cioè
software e database, che riportano informazioni essenziali sulle prestazioni di processi e materiali coinvolti su cui
elaborare delle valutazioni.
Ecotool, che consentono di prefigurare durante una progettazione che adotta i principi del Design per Componenti
i parametri variabili del prodotto lungo il ciclo di vita e che saranno oggetto di studio nella seconda e nella terza
parte di questa ricerca.
PARTE 1: DEFINIZIONE DELLO SCENARIO -
9
ECOCOMPATIBILITÀ NEL SETTORE EDILIZIO
PROCESSI
INDUSTRIALI
SETTORE
EDILIZIO
Il principio di sostenibilità, ha investito e coinvolto anche il settore edilizio, ritenuto, dopo
quello industriale, tra i maggiori responsabili del consumo di materiali ed energia e del
rilascio di scarti ed emissioni.
Attualmente, in Europa, al settore edilizio è addebitato il consumo di circa il 30% di energia
primaria, a cui va aggiunta l’energia necessaria per produrre le materie prime e per
trasformare queste ultime in componenti e sistemi tecnologici, per costruire l’edificio, ed
eventualmente, per demolirlo una volta che questo abbia raggiunto un’obsolescenza tale
da non soddisfare più i requisiti per i quali era stato realizzato 17.
Per far fronte alla complessità ambientale, anche in questo settore, così come si è già verificato nel settore del
design dove si è affermato il concetto di sistema-prodotto, sorge quindi l’esigenza di considerare l’edificio, non più
solo in alcune sue fasi, quali la fase d’uso e d’esercizio, ma lungo il suo intero ciclo di vita.
Oltre al soddisfacimento dei tradizionali requisiti richiesti all’edificio, anche qui diventa necessario tenere in
considerazione i carichi energetico-ambientali associati a fasi quali la pre-produzione, la produzione (fuori opera
dei componenti edilizi e in opera dell’edificio), la manutenzione e la dismissione.
Di conseguenza anche in questo settore viene adottata una progettazione basata sul Life Cycle Thinking, che,
inducendo ad una visione sistemica del manufatto edilizio, permette di programmare e pianificare i processi che
scandiscono il suo ciclo di esistenza.
In questo modo il manufatto edilizio viene concepito tramite un'unica lente di ingrandimento, il ciclo di vita, che
permette di gestire e prevedere tutti gli aspetti legati alla gestione di un prodotto complesso come l’edificio.
Così facendo è possibile delineare una previsione delle sue prestazioni future nel tempo, evitando che il
miglioramento della qualità ambientale in alcuni processi associati ad una specifica fase comportino eventuali
condizioni di “insostenibilità” in altre fasi.
Infine è bene sottolineare che, se il principio di Life Cycle Thinking può essere sufficiente per realizzare prodotti
industriali ecocompatibili, da solo questo approccio in ambito edilizio non basta per soddisfare i requisiti qualità
ambientale richiesti ad un edificio.
In questo caso infatti, non è sufficiente pensare come per il prodotto modulare, che la sua “sostenibilità” sia data
dalla sommatoria di n elementi e componenti edilizi ecocompatibili le cui prestazioni sono prevedibili nel tempo,
perché vanno presi in considerazione altri aspetti come, il soddisfacimento del benessere dell’individuo o il
rapporto tra edificio e contesto naturale e antropico in cui si inserisce, che impongono la necessità di affrontare la
progettazione dell’ambiente costruito con una visione olistica che sappia tenere conto di questa “complessità”.
Ciclo di vita dell’edificio
Prima di affrontare la questione della maggiore complessità dell’edificio, rispetto ad un prodotto industriale, è
bene però soffermarci su com’è convenzionalmente considerato il ciclo di vita di un edificio.
A differenza infatti delle tradizionali cinque fasi impiegate per descrivere il ciclo vita di un sistema-prodotto, nel
caso di un sistema-edificio, queste fasi si modificano e si ampliano in relazione alle diverse attività coinvolte
durante la sua esistenza (Fig. 3).
17. Secondo il World Business Council for Sustainable Development (WBCSD) in Europa si è rilevato un consumo energetico destinato al settore edilizio di 5000 TWh nel
2003, che si stima aumenterà ancora, fino a 6000TWh nel 2030, ponendo l’Europa in seconda posizione, subito dopo gli Stai Uniti, nella graduatoria che mette a confronto
i consumi energetici addebitabili al settore delle costruzioni nei diversi continenti. Vedi World Business Council for Sustainable Development, Energy Effficiency in
Buildings, Summary Report, October 2007.
10
- PARTE 1: DEFINIZIONE DELLO SCENARIO
Fig. 3 – Confronto tra ciclo di vita del sistema-prodotto e del sistema-edificio.
In questo modo sarà così possibile identificare per un edificio i seguenti momenti (Fig. 4):
1. pre-produzione: che comprende le attività di:
− estrazione delle risorse di origine primaria, di tipo fossile (carbone, petrolio, gas naturale), di tipo naturale
(idroelettriche, eoliche e solari) o di origine secondaria (cioè derivate dai combustibili primari come coke,
elettricità, benzina, gasolio, ecc.),
− il trasporto delle risorse sul sito di produttivo;
− la trasformazione delle risorse acquisite in energia e materie prime, pronte per essere immesse nel
processo di produzione.
2. produzione fuori opera: che coinvolge le operazioni legate alla produzione dei componenti e delle unità
tecnologiche, come:
− la trasformazione delle materie prime in semilavorati;
− la produzione vera e propria dei componenti ed elementi tecnici e il loro eventuale sub-assemblaggio in
unità tecnologiche;
− l’eventuale imballaggio, per far si che i componenti edilizi arrivino integri al sito costruttivo.
3. produzione in opera: che coincide con il momento del cantiere vero e proprio durante il quale si assiste alla
costruzione dell’edificio e sono coinvolte attività come:
− l’allestimento del cantiere;
− i lavori di scavo necessari per la realizzazione del piano di fondazione;
PARTE 1: DEFINIZIONE DELLO SCENARIO -
11
− le operazioni di costruzione vere e proprie relative a fondazioni, scheletro dell’edificio, copertura,
murature esterne e interne, isolamento termoacustico, parte impiantistica (cioè impianti idraulico, termico,
elettrico) e infine operazioni di finitura come pavimentazioni, serramenti e intonacatura.
4. vita utile dell’edificio: dove sono considerate le attività legate:
− alla vita utile dell’edificio: durante il quale si hanno diversi consumi di materiali o energia (acqua calda,
elettricità, ecc.) per garantire il regolare funzionamento dell’edificio (impianti termici, di raffrescamento,
elettrici, idrici);
− alle operazioni di manutenzione ordinaria (pulizia, riparazione, ecc.) o straordinaria (sostituzione delle
componenti usurate o obsolete, ecc.), che invece si relazionano più direttamente alla vita utile dei
componenti o elementi edilizi, che potranno avere una vita utile diversa da quella dell’edificio di cui fa
parte.
PRE-PRODUZIONE
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Fig. 4 – Ciclo di vita del sistema-edificio.
5. fine vita: in questo caso riconducibile sia:
− all’intero edificio: che, in funzione del sistema tecnologico-costruttivo con cui è stato, potrà essere
demolito in maniera tradizionale, con la messa dimora definitiva delle sue parti per interramento in
discarica oppure ricorrendo a tecniche di demolizione selettiva, che raccogliendo frazioni di materiali
omogenei, consentiranno il riciclo, riuso o rifabbricazione di alcune sue parti;
− ai singoli componenti: che, se recuperati secondo adeguate tecniche di demolizione selettiva, potranno
essere destinati ad un recupero materico, o al limite energetico, estendendone la loro vita utile oltre
quella dell’edificio di facevano parte, rimandando così nel tempo l’estrazione di nuove risorse.
12
- PARTE 1: DEFINIZIONE DELLO SCENARIO
Edificio ecocompatibile
L’azione del progettare e del costruire nelle varie civiltà e nelle diverse epoche è sempre stata espressione del
bisogno dell’uomo di integrarsi come essere vivente nello spazio terrestre e armonizzarsi con il mondo e con le
forze spirituali del cosmo, oltre che con quelle del sito in cui si inseriva.
Per millenni la casa ha rappresentato pressoché l’unico intervento antropico sul suolo del nostro pianeta e per la
sua costruzione si poneva una particolare attenzione alle sue interazioni con l’ecosistema, coscienti del fatto che
con esso si formava una fitta rete di relazioni costituita da azioni e retroazioni in un continuo equilibrio dinamico.
Equilibrio che ha sempre consentito il mantenersi e l’evolversi della vita sul nostro pianeta.
Con l’avvento dell’industrializzazione e quindi grazie all’invenzione dell’elettricità, allo sviluppo delle tecnologie di
produzione e all’acquisizione dell’energia da processi di combustione, si sono disconosciuti molti degli
insegnamenti e delle idee di qualità che ci provengono dalla natura, riducendo il paesaggio, la natura e tutto ciò
che era ad essa preesistente ad un “grado zero” della scrittura, a una materia muta e neutra che solo la forma del
progetto moderno era in grado di organizzare e valorizzare.
La possibilità per i progettisti di liberarsi dal vincolo del sito, inteso anche come luogo da cui trarre i materiali e
l’energia necessaria alla costruzione, è stato supportato anche dalle manifestazioni del Movimento Moderno e
dell’International Style, che si prefiggevano di universalizzare i linguaggi e le tecniche costruttive, basandosi sul
mito dell’autosufficienza tecnologica nel controllo ambientale e su uno sviluppo illimitato a risorse considerate
inesauribili.
In coerenza con il nuovo modello di società sostenibile e, con la consapevolezza che l’industria delle costruzioni
in Europa utilizza, direttamente o attraverso l’indotto, circa metà dell’energia prodotta (la maggior parte della
quale generata da fonti non rinnovabili) ed è responsabile della produzione di circa il 40% dei rifiuti18, sorge anche
in questo settore la necessità di correggere, se non addirittura rivedere il modo di compiere le scelte progettuali,
cercando motivazioni che devono andare ben oltre le “tendenze” e le “mode”.
Sebbene mai sopita questa attenzione al benessere dell’individuo o all’importanza del sito in cui si colloca la
costruzione, vedi per esempio l’architettura organica di Frank Lloyd Wright, è proprio con il concetto di
Sostenibilità che si reintroduce un consapevole e moderato impiego delle risorse coinvolgendo lo stile di vita
dell’uomo inteso in questo caso non solo come utente finale.
Anche in edilizia si arriva così ad una definizione di edificio sostenibile, così come fornita dal Sustainable
Buildings Research Group, cioè di un ”edificio che impiega con parsimonia nella sua esistenza le risorse della
terra e che è espressione di uno stile di vita che pensa in termini di partecipazione con la natura”.
Paradigma della complessità nella progettazione del sistema-edificio
L’adozione di un approccio sistemico alla progettazione dell’edificio, oltre che motivata dai principi di sostenibilità,
è coerente anche con un cambiamento di paradigma in molti campi della scienza, quali la fisica moderna o la
teoria della materia, da una visione meccanicistica ad una visione olistica ed ecologica, dal paradigma della
linearità (comprensione dei fenomeni secondo le leggi di causa-effetto) a quello della complessità (imprevedibilità
dei fenomeni e interdipendenza tra le parti e il tutto) che rappresenta l’armonioso interrelarsi delle cose che
osserviamo in natura.
Senza volerci dilungare sulle teorie delle reti di Fritjof Capra, sulle nozioni di complessità date dal matematico e
filosofo francese Jules Henri Poincarè o sulle influenze che la teoria della complessità ha avuto in settori come le
18. I dati sono tratti dal rapporto della Commissione Europea, Fare di più come meno. Libro verde sull’ecoefficienza energetica. Commissione Europea, Direzione
Generale dell’Energia e dei Trasporti, Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità Europee, Lussemburgo, 2005
PARTE 1: DEFINIZIONE DELLO SCENARIO -
13
scienze naturali e sociali concepite proprio come sistemi dinamici complessi, la cosa importante da sottolineare è
la differenza tra i termini complesso e complicato e come, alla luce di questa differenza, la Terra o il sistema
edilizio siano da intendere come “sistemi complessi”.
Un sistema è complicato quando programmato dall’esterno e, per quanto numerose possano essere le parti che
lo compongono e i modi in cui esse funzionano e si connettono tra loro, ha sempre un comportamento lineare
prevedibile ed assimilabile ad una macchina.
Un sistema complesso invece è quello capace di autorganizzazione e autoriproduzione, comportandosi con un
certo margine di imprevedibilità tipico dei sistemi viventi. In un sistema complesso sono individuabili le
caratteristiche strutturali che descrivono gli elementi del sistema, le relazioni tra le parti, il modo in cui essi sono
collegate tra loro e il modo in cui possono interagire.
La caratteristica fondamentale di un sistema complesso è quella di essere un “sistema aperto”, cioè in grado di
scambiare informazioni, energia e materiali, con l’ambiente esterno e di possedere una gerarchia di livelli in certa
misura interdipendenti l’uno dall’altro, che interagiscono in modo non lineare.
Da questo punto di vista, la Terra è un sistema complesso, ma lo è anche l’edificio che con essa interagisce, dato
cioè non dalla somma di n elementi edilizi, ma dalla interazione tra essi e l’eco-sistema, per cui, come suggerisce
anche John Bennet, diventa fondamentale adottare un approccio olistico, che sappia tenere nella giusta
considerazione “le relazioni e le retroazioni tra le parti della costruzione o tra gli elementi della sua
organizzazione, piuttosto che porre l’attenzione solo sulle singole parti o sugli elementi stessi” 19.
È noto infatti che edifici costruiti con i medesimi sistemi costruttivi e componenti, che presentano un medesimo
livello di prestazioni energetico-ambientali, in realtà potranno fornire prestazioni diverse in funzione del sito, del
suo orientamento, dei diversi scenari di fine vita possibili.
In questo modo, tenendo in considerazione la dimensione complessa dell’edificio, diventa possibile, durante la
progettazione, coniugare e soddisfare i tre macrorequisiti che consentono di definire un edificio ecocompatibile,
cioè: il comfort dell’individuo, il rapporto tra edificio e sito e il controllo delle sue prestazioni energetico-ambientali.
L’ecocompatibilità di un edificio è data cioè dalla capacità di saper coniugare la sua dimensione temporale, cioè le
sue prevedibili prestazioni lungo il ciclo di vita, con la sua dimensione spaziale, tramite l’adozione di strumenti in
grado di delineare gli effetti e le ricadute ambientali delle soluzioni progettuali scelte, sulle tre diverse scale:
− scala globale: prestazioni energetico-ambientali;
− scala nazionale o macro-regionale: rapporto edificio–sito o ecosistema in cui si inserisce;
− scala locale: benessere e salubrità per l’individuo e gli occupanti dell’edificio.
Sulla base del fatto che quindi l’ecocompatibilità di un edificio è data dalla considerazione integrata dei tre aspetti
descritti, all’interno di questo lavoro di ricerca si è però voluto limitare il campo di studio ai soli aspetti di efficienza
energetico-ambientale, perché insieme all’impiego di componenti edilizi prodotti industrialmente, sono un
elemento comune sia per il prodotto industriale che per l’edificio.
19. BENNET, J., Construction: The Third Way, Betterworth - Heinemann, Elsevier Press, Boston, 2000
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- PARTE 1: DEFINIZIONE DELLO SCENARIO
ARCHITETTURA E INDUSTRIA.
PRODUZIONE INDUSTRIALE DI COMPONENTI EDILIZI
PROCESSI
INDUSTRIALI
SETTORE
EDILIZIO
Il settore edilizio, rispetto ad altri dove l’industrializzazione ha portato una notevole evoluzione
tecnologica, vedi per esempio il settore informatico, meccanico, la robotica e le
telecomunicazioni, non pare procedere e svilupparsi di pari passo con le possibilità offerte
dalle innovazioni industriali.
Il burrascoso rapporto tra industria e processo edilizio ha infatti vissuto in questi ultimi
centocinquanta anni, numerosi e significativi stravolgimenti e, ancora oggi, si assiste ad un difficile rapporto tra
progettisti delle opere di architettura e produzione industriale di componenti e sistemi.
Ma prima di passare ad analizzare questo rapporto è bene precisare che cosa si intende per componente edilizio.
Il componente edilizio
L’attuale concezione di componente edilizio deriva dalla cultura progettuale basata sul sistema esigenzialprestazionale (esigenze-requisiti-prestazioni offerte) che si è affermato a partire dagli anni ‘70.
Secondo questa impostazione il componente edilizio viene inteso come la risposta congruente ad un sistema di
prestazioni richieste.
Questo implica l’individuazione di un “sistema fisico” cioè un sistema di relazioni e condizionamenti strutturali ed
effettuali che regolino, in termini funzionali, i gruppi di dispositivi tecnici capaci, al loro interno, di rispondere alle
richieste. Dispositivi tecnici, cioè i componenti, che relazionati con altri, permettono il funzionamento di un
subsistema di requisiti, scelti in base ad un ordine di opportunità produttivo, economico, ambientale, ecc.
Il componente è quindi un elemento minimo non autonomo, perché facente parte di un subsistema, per il quale
sono ascritte apposite perfomance, che ne determinano un impiego estremamente finalizzato ed implicazioni
spaziali ben definite.
Rispetto al semplice dispositivo tecnico, ha un implicazione funzionale calcolata e prevista mediante l’uso di
normative e discende da un’analisi strutturale e funzionale.
In termini fisici il componente edilizio, inteso come l’oggetto capace di fornire le prestazioni richieste, è un
raggruppamento di dispositivi tecnologici fisici e materiali capaci di determinare il suo funzionamento.
In accordo con una progettazione basata sull’approccio esigenzial-prestazionale, valido ed affermato sia per la
progettazione di un edificio o di un prodotto industriale, la normativa UNI 829020, fornisce una classificazione ed
articolazione delle unità tecnologiche e degli elementi tecnici nei quali è scomposto il sistema tecnologico, allo
scopo di unificare la terminologia nelle varie attività normative, progettuali o operative.
Alla luce di questa norma, l’edificio può essere considerato come un sistema tecnologico suddiviso in:
− classi di unità tecnologiche: l’insieme delle unità tecnologiche e degli elementi tecnici appartenenti al sistema
edilizio aventi una determinata funzione (sostenere i carichi, separare e conformare gli spazi, ecc.);
− unità tecnologiche: identificabili con un raggruppamento di funzioni tra loro compatibili, e necessarie per
l’ottenimento di determinate prestazioni;
20. UNI 8290 Norma Italiana, Edilizia residenziale. Sistema tecnologico. Classificazione e terminologia, Settembre, 1981
PARTE 1: DEFINIZIONE DELLO SCENARIO -
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− classi di elementi tecnici: identificabili con un prodotto più o meno complesso capace di svolgere
parzialmente o completamente le funzione proprie di una o più unità tecnologiche, che spesso nella pratica
comune sono chiamati anche componenti edilizi.
Sulla base di questa classificazione si evince chiaramente come, in accordo con questo approccio, le prime due
voci, le classi di unità tecnologiche ed le unità tecnologiche, sono le più opportune a rappresentare funzioni
finalizzate a soddisfare le esigenze dell’utenza, mentre la terza voce, le classi di elementi tecnici, corrispondono a
classi di prodotti che configurano la risposta complessiva o parziale alle funzioni delle unità tecnologiche, e che
spesso nella pratica quotidiana vengono comunemente indicati come componenti edilizi.
In questo modo, secondo la norma UNI 8290 vengono così identificate differenti categorie di elementi tecnici o
componenti, riconducibili alle seguenti unità tecnologiche:
− strutture di fondazioni (dirette e indirette),
− pareti interne verticali,
− strutture di elevazione (verticali, orizzontali,
− infissi interni (verticali o orizzontali),
inclinate e spaziali),
− elementi di protezione,
− strutture di contenimento (verticali e orizzontali),
− soppalchi,
− pareti perimetrali verticali, infissi esterni (verticali
− scale e rampe interne,
o orizzontali),
− elementi di separazione,
− solai (a terra o su spazi aperti),
− balconi e logge, passerelle,
− coperture,
− scale e rampe esterne.
−
Dalla prefabbricazione pesante a quella leggera
Stabilito che per componente edilizio si intende un prodotto più o meno complesso capace di svolgere
parzialmente o completamente le funzione proprie di una o più unità tecnologiche, in questo paragrafo viene
analizzato il rapporto a volte conflittuale che si verifica tra architettura ed impiego di componenti prodotti
industrialmente, cioè fuori opera.
Dal secondo dopoguerra in poi, alla crescente domanda di abitazioni per risolvere l’urgenza della ricostruzione si
cercò di rispondere orientando la struttura produttiva verso soluzioni di massa costituite da grossi interventi simili
tra loro e realizzabili con tecniche capaci di velocizzare i tempi di costruzione.
Unificazione, normalizzazione e standardizzazione, condizioni essenziali per la produzione di grandi serie, furono
i caratteri tipici della produzione industriale che si pensò di trasferire in edilizia, con lo scopo di realizzare
velocemente manufatti edilizi con un maggiore controllo dei costi e una migliore qualità tecnologica, che allora si
pensava superiore a quella ottenibile in un cantiere tradizionale.
A quel tempo l’errore di fondo fu quello di aver fermamente voluto paragonare e confrontare i prodotti finali
dell’edilizia, cioè gli edifici, alla stessa stregua di altri prodotti tecnologici e di cercare di governarli con lo stesso
sistema di regole, dando luogo ad una sorta di mito per la prefabbricazione, intesa non tanto come semplice
realizzazione di componenti in fabbrica, ma come un nuovo modo di costruire in grado di sostituirsi alle tecniche
tradizionali.
Negli anni 60’, si assiste così ad una diffusione sul mercato dei primi sistemi di prefabbricazione pesante, che
prevedevano la realizzazione di parti dell’edificio prima e fuori dal cantiere. Si scomponeva un modello, ripetibile
più volte, in pezzi che venivano realizzati in officina prendendo a prestito il processo industriale.
In questo contesto la progettazione si esauriva totalmente nella scelta e composizione di sistemi edilizi completi
che, in prevalenza, riguardavano la struttura dell’edificio, intesa come disarticolata in componenti con
caratteristiche geometriche prestabilite monodimensionali (travi e pilastri), bidimensionali (solette e pannelli
verticali) e tridimensionali (cellule e sistemi scatolari) ed, in misura minore, nei blocchi dei collegamenti verticali e
dei servizi igienico-sanitari.
16
- PARTE 1: DEFINIZIONE DELLO SCENARIO
E parallelamente a questa tendenza, sorsero nuove industrie che producevano sistemi più o meno complessi di
prefabbricazione, la cosiddetta prefabbricazione pesante, arrivando ad un alto grado di complessità morfologica e
costruttiva.
Nonostante queste premesse non furono però raggiunti sufficienti livelli di industrializzazione perché, da una
parte, a fronte di imponenti apparati produttivi, la domanda di prodotti in serie era incostante, quantitativamente
insufficiente e con alti gradi differenziazione, e dall’altra, comportava l’adozione di sistemi costruttivi prefissati,
con una scarsa qualità architettonica ben inferiore a quella sperata, a causa di una cristallizzazione dei tipi edilizi,
che dimenticava il carattere di unicità dell’edificio, rinunciava alle esigenze del genius loci in luogo della ratio
produttivistica e limitava l’espressione linguistica del progettista.
Per tutte queste formule di industrializzazione edilizia, sperimentate nella seconda metà del ‘900, si determinò di
così “una disaffinità elettiva solo di rado risolta in occasioni propizie da poetiche compositive particolarmente
coltivate nel mondo della tecnologia. Per questo l’industrializzazione è stata pensata e usata dagli ingegneri ed è
stata disconosciuta dagli architetti, in particolare da quelli impegnati sugli aspetti formali (…) “21.
Il fallimento di una acritica applicazione dei principi dell’industria al mondo delle costruzioni, ha condotto così ad
un ripensamento sul modo di confrontarsi con lo scenario tecnico-produttivo di impronta industriale, liberandosi
dai dogmatismi idealistici di normalizzazione, standardizzazione e unificazione, che ne avevano accompagnato
la nascita.
Dalla costruzione ottenuta in cantiere per assemblaggio di componenti complessi, completi e tutti uguali, iniziata a
partire dagli anni ’60 e i cui limiti risiedevano in un’eccessiva prefigurazione d’uso oltre che nella difficoltà di
potersi connettere con prodotti realizzati da altre industrie, si è così passati negli anni ’90, alla produzione di
piccoli elementi da assemblare prevalentemente a secco, capaci di contribuire alla caratterizzazione formale, ma
non in modo prevedibile assecondando le scelte del progettista.
In quegli anni si è assistito ad un’evoluzione della domanda verso prodotti realizzati industrialmente che
coincidono con parti di edificio più semplici, che determinano un‘unità o un elemento tecnico solo dopo che
vengono assemblati in opera con altri elementi prodotti dalla stessa o da altre fabbriche, anche di tipo.
artigianale, conferendo così al componente.
A livello industriale si sono così realizzati componenti o sub componenti con una maggiore integrabilità, svincolati
da caratteristiche dimensionali e morfologiche univoche e predefinite, di peso contenuto così da non richiedere
grossi oneri per il loro stoccaggio e trasporto in cantiere.
Questa evoluzione oltre che per una modificazione del contesto culturale, è stata possibile anche per una
migliorata flessibilità dei sistemi di produzione industriale, che sono passati da un sistema di produzione di tipo
icastico, dove la grande serie di oggetti formalmente invariabili secondo una sequenza operativa ininterrotta era
una condizione necessaria, ad una produzione più flessibile in serie analogiche, grazie all’introduzione e
all’impiego di macchinari a controllo numerico, in grado di effettuare diverse lavorazioni tramite facili modifiche
della struttura della macchina, senza un aggravamento dei costi.
Da questa maggiore flessibilità produttiva, ne deriva così una maggiore flessibilità anche per il componente, che
può essere realizzato in piccole serie liberandolo da univoche modalità di integrazione.
Flessibilità che, da un lato, garantisce ai prodotti la qualità dell’integrazione con altri sottosistemi tecnologici
dell’edificio e, dall’altro, permette di adeguare il comportamento dei prodotti stessi alle diverse richieste
prestazionali.
In altre parole si viene così ad affermare un nuovo tipo di prefabbricazione, di tipo leggero basata su sistemi
tecnologici innovativi composti da struttura e rivestimento (S/R) anche conosciuti come sistemi stratificate di
assemblaggio a secco.
21. ZAMBELLI, E., Presentazione, in IMPERADORI, M., POLI, T., Dubosc e Landowski. Architettura e Industria, Grafo Edizioni, Milano, 1998
PARTE 1: DEFINIZIONE DELLO SCENARIO -
17
Tecnologie di stratificazione a secco e uso di componenti edilizi industriali
Grazie ad una maggiore flessibilità produttiva del componente, nel settore delle costruzioni, si è così originata
“una ricerca sistematica indirizzata alla messa a punto di tecniche di assemblaggio a secco di elementi prodotti
industrialmente”22.
L’impiego di fissaggi meccanici, cioè meccanismi, quali tasselli o profili, aventi la funzione di mantenere uniti due
o più elementi o di ancorare un elemento ad un altro di diversa natura, in luogo del tradizionale uso delle malte,
ha permesso una maggiore precisione nell’accostamento delle diverse parti, ma soprattutto ha garantito una
razionalizzazione dei processi costruttivi.
Razionalizzazione che si esplica fornendo migliori prestazioni, in risposta alle richieste dell’utenza di una
maggiore qualità a costi contenuti, riducendo i tempi di messa in opera ed ovviando in cantiere alla crescente
perdita di manodopera specializzata nelle tecniche tradizionali.
Oggi la possibilità di ricorrere a tecniche edilizie basate su fissaggi a secco e sull’impiego di componenti
semiaperti a bassa complessità tecnologica, che consentono al progettista di soddisfare le prestazioni
complessive dell’edificio intervenendo sulle caratteristiche di resistenza meccanica, di isolamento termo-acustico
e di durata degli elementi costruttivi, permettono di rispondere sia alla richiesta di maggiori prestazioni che alla
necessità di comprimere i tempi esecutivi, ma soprattutto comporta una maggiore flessibilità tecnologica
dell’intero edificio23.
Flessibilità tecnologica, che come vediamo nello schema successivo (Fig. 5) a sua volta è ulteriormente
suddividibile in:
− flessibilità costruttiva: grazie al ricorso a questo nuovo tipo di componenti prodotti industrialmente;
− flessibilità prestazionale: possibile per il maggiore controllo in fase produttiva del componente stesso, che
permette di immettere sul mercato prodotti di cui si conoscono in anticipo le prestazioni;
− flessibilità d’uso: intesa come la possibilità di variare la conformazione del manufatto edilizio grazie
all’impiego delle tecniche di assemblaggio a secco. In altre parole una flessibilità che permette di adeguare
l’edificio, in relazione alle diverse esigenze dell’utenza nel tempo e alle differenti destinazioni d’uso a cui potrà
essere destinato. Flessibilità che infine agevola le operazioni di manutenzione o di sostituzione durante la vita
di esercizio, garantendo un adeguamento ed aggiornamento dei sistemi tecnologici.
Alla luce di questa maggiore flessibilità si può quindi desumere che le costruzioni stratificate a secco, grazie
all’impiego di componenti e sub-componenti prodotti industrialmente ad hoc per le specifiche esigenze, sembrano
essere quelle che meglio possono prestarsi anche per la realizzazione di edifici maggiormente “sostenibili” e
meno energivori grazie all’attento controllo e soddisfacimento dei requisiti di ecocompatibilità dei singoli
componenti.
Per esempio nella sua realizzazione in cantiere potranno essere minimizzati i consumi energetici e la produzione
di rifiuti e scarti, durante la vita utile o potranno essere anticipatamente previsti i consumi di materiali, acqua ed
energia e le operazioni di manutenzione necessarie, e, una volta giunto al termine della vita utile l’edificio potrà
essere facilmente disassemblato, raccogliendo i materiali in frazioni omogenee, che poi potranno essere
recuperati e inseriti in nuovi cicli produttivi o potranno essere rigenerati e impiegati in altre applicazioni.
22. NARDI, G., Presentazione, in CAMPIOLI A., Il contesto del progetto. Il costruire contemporaneo tra sperimentalismo high-tech e diffusione delle tecnologie industriali,
Franco Angeli, Milano, 1993
23. Il concetto di flessibilità tecnologica che determina una flessibilità costruttiva, prestazionale e d’uso dell’edificio è trattato ampiamente in PEDROTTI, L., La flessibilità
tecnologica dei sistemi di facciata. Evoluzione delle tecniche di produzione e di assemblaggio, Franco Angeli, Milano, 1995
18
- PARTE 1: DEFINIZIONE DELLO SCENARIO
COMPONENTE EDILIZIO = ELEMENTO TECNICO
“unità o parte di più unità, che svolge una funzione definita e distinta, fornendo una risposta
complessiva o parziale alle funzioni delle unità tecnologiche ed evitando il più possibili
soluzioni precostituite” (UNI 8290)
RISULTATO DI UN NUOVO
MODO DI PRODURRE
Maggiore flessibilità tecnologica
Facili da cambiare in relazione
Elementi fatti su misura
Prodotti in piccole serie
in funzione dei requisiti richiesti
Flessibilità
costruttiva
Pronti per il loro
assemblaggio
Facili da integrare con
altri elementi
ai bisogni dell’utente
Facili da disassemblare
Flessibilità
d’impiego
Flessibilità
prestazionale
Fig. 5 – La flessibilità tecnologica dell’edificio.
PARTE 1: DEFINIZIONE DELLO SCENARIO -
19
La modificazione del concetto tradizionale di cantiere e dell’attività progettuale
Il crescente impiego di prodotti e componenti edilizi prodotti industrialmente ha influito sia sul tradizionale
concetto di cantiere che sull’attività di progetto.
A livello di cantiere l’industrializzazione dei componenti edilizi e l’impiego di tecnologie di costruzione a secco ha
dato origine ad una tecnologia raffinata che necessita di operatori specializzati.
Il cantiere si trasforma nel luogo dell’assemblaggio e della finitura di prodotti e componenti di alta qualità, con
specifiche caratteristiche garantite dal controllo del processo di produzione in fabbrica, riducendo ai minimi termini
la creazione di prodotti e componenti in opera e comportando una diminuzione complessiva dei tempi di cantiere.
Gli assemblatori diventano specialisti dotati di specifiche conoscenze tecniche relative a prodotti o componenti
complessi, che vengono loro forniti da industrie che, nella ricerca e nello sviluppo identificano le loro condizioni di
sopravvivenza, ma anche di competizione sul mercato.
Per quanto riguarda l’attività di progettazione, invece, si assiste ad un sostanziale mutamento nelle scelte che
condizionano questo momento.
Se infatti prima il progettista si limitava alla sola prefigurazione dell’oggetto demandando ad altri il progetto
esecutivo, oggi la complessità delle opere da prevedere e l’elevato numero di figure professionali (progettisti,
costruttori, produttori di materiali, componenti o sistemi più complessi) che entrano in gioco durante il processo
realizzativo, richiedono un diverso approccio progettuale che va dalla progettazione del sistema tecnologico alla
definizione dei prodotti, alla gestione dei rapporti tra i diversi produttori ed esecutori.
La duplice condizione, da un lato, di avere a disposizione prodotti e componenti su misura, con prestazioni
sempre più elevate, che arrivano in cantiere come prodotti finiti o semifiniti pronti per la messa in opera, e
dall’altro, l’esistenza di strutture di produzione più snelle, basate su pratiche industriali (quali i sistemi versatili di
produzione24, le strategie del Just in Time, la produzione su catalogo, ecc.) che permettono la modifica e la
personalizzazione dei componenti a prezzi competitivi, influisce sul momento progettuale aprendo nuovi scenari
per un maggiore controllo del dettaglio tecnologico.
Il progetto della tecnica di assemblaggio e del componente consentono infatti al progettista di soddisfare le
esigenze dei fruitori e di fornire risposte diversificate rispetto al contesto, gestendo soluzioni articolate e variabili
grazie ad una migliore integrabilità dei componenti.
Ma perché si verifichi questa condizione è necessario che si determini una stretta e maggiore collaborazione tra
le diverse figure professionali coinvolte, così come è successo nel mondo industriale con il Co-design e il ricorso
a team multidisciplinari.
I progettisti, pur mantenendo la loro autonomia creativa, devono diventare dei registi, capaci di coordinare tutte le
informazioni e le istanze dei diversi attori coinvolti non solo durante il momento produttivo, ma lungo l’intero ciclo
di vita.
Figure professionali preparate, che dovranno saper gestire e coordinare i diversi consulenti tecnici messi a
disposizione dalle aziende, che, a loro volta dovranno fornire informazioni affidabili non solo sulle modalità
costruttive e fisiche del componente edilizio, ma anche sui corretti sistemi di accoppiamento con altri materiali per
soddisfare le prestazioni ambientali.
La strategia di progetto del componente, intesa come integrazione di sub-componenti, è infatti caratterizzata dalla
possibilità di definire in modo creativo il dettaglio rispetto a diverse finalità, il contesto in cui si inserisce, il ciclo di
vita, le sollecitazioni ambientali ed i fruitori degli spazi dell’edificio.
Un progetto consapevole di tutte queste finalità frutto di un assemblaggio di componenti ed elementi di
produzione industriale, può essere la risposta corretta alla complessità ed unicità dell’edificio anche in termini di
prestazioni ambientali.
24. COSTANTINI, M., SECCO, L., Avanzamenti nell’industria e realtà produttive, in CIRIBINI, Giuseppe (a cura di), Tecnologie della costruzione, La Nuova Italia
Scientifica, Roma, 1992, pg.131
20
- PARTE 1: DEFINIZIONE DELLO SCENARIO
Situazione italiana ed europea. Alcuni esempi di costruzioni stratificate a secco
In Italia, sebbene nel passato le tecniche di assemblaggio a secco abbiano fatto parte delle nostre tradizionali
tecniche di costruzione, non si è assistito ad evoluzione sostanziale nel modo di costruire, che invece è rimasto
quasi totalmente legato alle tecniche ad umido, in cemento armato, malta e murature in mattoni.
Le motivazioni che hanno impedito questo processo evolutivo sono molteplici: impossibilità di disporre di risorse
finanziarie per la ricerca e lo sviluppo, la posizione tradizionalista delle imprese di costruzione, dei tecnici e anche
dei progettisti, ma soprattutto la separazione tra la fase ideativa e quella esecutiva ha determinato un divario
imprenditoriale, tecnologico e progettuale.
Se infatti, il nostro sguardo si rivolge agli altri paesi europei, è possibile rintracciare molti esempi di
razionalizzazione operativa ed organizzativa promosse dalla produzione industriale nel settore edilizio,
evidenziando le fruttuose collaborazioni tra Architettura e Industria (Fig. 6).
Fig. 6 – Esempi di edifici costruiti con la tecnologia stratificata a secco.
Specificamente:
Specificamente: 1 - DOTTA, FASSI, MORO, Centro Servizi EnviPark a Torino (IT), 2003. 2 - DUBOSC,
1 2 3 4
LANDOWKI, Marcel Dessault, Boulogne Billancourt (FR), 1990. 3. ZEN, Casa Bell Beach, (AU), 1995. 4 DUBOSC, LANDOWKI, West Side Office Building, Suresnes (FR), 1994. 5 - DUBOSC, LANDOWKI, Architecture
5 6 7 8
and Style Workshop Dubosc & Landowki, Parigi (FR), 1996. 6 - DISCH, Complesso “Am Schlierberg”, Friburgo
9 10 11 12 (DE), 2004. 7 – KAUFMANN, Complesso Neudorfstrasse, Wolfurt (A), 2001. 8 - DUBOSC, LANDOWKI, Zac
Tailles, Saint Martin d’Heres, Grenoble (FR), 1996. 9 – WEILLET, Casa a Gaiss, Gaiss (IT), 2003. 10 - DUBOSC,
LANDOWKI, Kronos, Nantes (FR), 1991. 11 - DUBOSC, LANDOWKI, Housing Complex, Ametie (FR), 1998. 12 –
SCHLUDE, Casa a Stoccarda, Stoccarda (DE), 2004
PARTE 1: DEFINIZIONE DELLO SCENARIO -
21
Tra queste per esempio le architetture di Dubosc e Landowski, che hanno dato corpo ad una poetica del costruire
che fa ricorso all’uso di tecniche di stratificazione ed assemblaggio a secco di prodotti provenienti dall’industria
consente di articolare edifici diversi, rispetto a quelli costruiti tradizionalmente con quattro prospetti uguali,
proponendo soluzioni differenti a seconda delle sollecitazioni che gravano su ogni prospetto.
Tecniche e sistemi architettonici che per i veloci tempi di realizzazione e i costi più facilmente controllabili e
pianificabili, sono stati adottati con un buon successo anche in alcuni programmi governativi per la casa in
Francia.
Ma oltre agli edifici progettati da Dubosc e Landowki, tra i primi ad impiegare questa tecnologia costruttiva, molti
ormai sono gli esempi di applicazione di queste tecnologia, come si può vedere anche nella figura successiva
(Fig. 6).
Dagli esempi riportati si può desumere come l’edificio viene quindi concepito mediante scatole desolidalizzate fra
loro con superfici variamente stratificate o dotate di integrazioni impiantistiche che diventano una sorta di
“macchina attiva”, realizzata da operatori che in sostanza sono esperti meccanici, mirata a garantire le massime
prestazioni all’utente, sia in termini di comfort che di sostenibilità.
22
- PARTE 1: DEFINIZIONE DELLO SCENARIO
PARTE 2
STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ
Nonostante l’importanza attribuita ad un approccio progettuale di tipo olistico per il perseguimento
dell’ecocompatibilità del sistema–edificio, a livello di pratica progettuale, questo approccio è solo in parte adottato
dagli operatori professionali per la mancanza di strumenti e metodologie unificate che sappiano supportarli
operativamente durante il momento progettuale, notoriamente contraddistinto da una certa limitatezza di tempo.
Ad oggi, infatti, manca ancora un approccio operativo, capace di considerare contemporaneamente la
dimensione spaziale e quella temporale dell’edificio, in grado cioè di interrelate, secondo un metodo matriciale,
per ogni fase del ciclo di vita dell’oggetto gli effetti ambientali che si determinano alle diverse scale, globale,
nazionale o locale, e viceversa di considerare gli effetti ambientali caratteristici in una determinata scala nei
confronti dell’intero ciclo di vita.
Di conseguenza si assiste ad uno scollamento di saperi, che, nella pratica progettuale e costruttiva si traduce in
un insieme di interventi non così efficaci, in una scarsa disponibilità di strumenti operativi che consentano di
verificare velocemente le prestazioni delle soluzioni tecnologiche adottate e in ultima analisi nella mancanza di
una metodologia unificata e condivisa da tutti.
Alla luce di tutto ciò, all’interno di questo lavoro di ricerca, si ritiene allora che per il settore edilizio possano
valere, con gli opportuni adeguamenti, molte delle linee guida per la minimizzazione degli impatti energeticoambientali tipiche del settore industriale e che molti degli strumenti, metodi e approcci diffusi nel mondo del
design possano rivelarsi utili anche in ambito edilizio.
A questo scopo si prende a prestito un approccio metodologico diffuso con un certo successo nel campo del
disegno industriale, quello del Concurrent Ecodesign (CED) che mette a disposizione del progettista una
“cassetta degli attrezzi” per il soddisfacimento dei requisiti di sostenibilità del prodotto, con lo scopo di sviluppare
una analoga toolbox ad uso dell’architetto, utile per la valutazione dell’ecocompatibilità dell’edificio.
Sottoscrivendo le finalità e la stessa struttura del CED, l’obiettivo specifico questo lavoro di ricerca, è infatti
proprio quello di delineare per il mondo delle costruzioni una “cassetta degli attrezzi”, che svolga la funzione di
bussola orientativa tra le diverse strade perseguibili per il soddisfacimento dell’ecocompatibilità di un edificio o
delle sue parti, al cui interno il progettista potrà trovare gli strumenti, i metodi e gli approcci progettuali più adatti al
suo scopo.
PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ -
23
CONCURRENT ECODESIGN
Sulla base del comune convincimento che sia il genere che la quantità dei danni ambientali causati nel corso e al
termine della vita dei prodotti debba essere ricondotta alla fase di ideazione e di sviluppo del prodotto, il
Concurrent Ecodesign (CED), sviluppato dal Laboratorio di Ecodesign del Politecnico di Torino25, nasce proprio
con lo scopo di intervenire apportando dei reali cambiamenti a monte delle produzione, nell’area delle strategie
iniziali, poiché solo intervenendo dall’inizio, sull’approccio culturale che poi conduce al prodotto, è possibile
modificare le logiche aziendali e razionalizzare non solo l’oggetto e tutto il suo ciclo di vita, ma anche i concept
che stanno alla base delle politiche economiche ed industriali.
Fig. 7 – Schema concettuale del Concurrent Ecodesign.
25. Il Concurrent Ecodesign è stato ideato dal Laboratorio di Ecodesign del Politecnico di Torino nelle persone di Luigi Bistagnino e Carla Lanzavecchia (Dipartimento di
Progettazione Architettonica) e GianFederico Micheletti (Dipartimento di Meccanica), nell’ambito di una serie di ricerche comuni in campo ambientale a partire dal 1996. In
proposito di veda, LANZAVECCHIA, C., Il fare ecologico. Il prodotto industriale e i suoi requisiti ambientali, Time & Mind, Torino, 2004.
24
- PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ
Di diretta derivazione concettuale dal Concurrent Engineering (CE)26, approccio consolidato e praticato in ambito
industriale per la gestione delle produzioni complesse, il CED si presenta come un contenitore-approccio
ipermetodologico in divenire (Fig. 7), ad uso del progettista, che trae dal CE senza farne mistero, la ormai
consolidata procedura organizzativa, nota per i suoi esiti positivi, attingendo da esso caratteristiche basilari come:
− il coinvolgimento simultaneo ed attivo di tutti gli attori coinvolti durante il ciclo di vita del prodotto (sia interni
che esterni all’impresa, tramite la creazione ad hoc di team di lavoro eterogenei);
− lo sviluppo integrato e ove possibile contemporaneo di tutte le attività tecnico/progettuali inerenti prodotto e
processi (anziché la tradizionale procedura sequenziale);
− l’inglobamento concettuale di diverse filosofie con il Total Quality Management27, come il Time to Market, il
Just in Time, la Value Analysis28.
Come si può vedere dallo schema (Fig. 7), il CED, pur mantenendo un forte imprinting industriale, estende il
proprio campo d’azione e aggiunge, a quanto messo a disposizione dal Concurrent Engineering, altri metodi e
strumenti operativi tutti più o meno relazionabili alla questione ambientale, come:
− l’impiego di software e database inerenti le prestazioni energetico-ambientali dei materiali o dei processi
coinvolti;
− le varie esperienze effettuate nell’ambito del Life Cycle Assessment;
− le Guidelines dell’Ecodesign;
− la Fuzzy Logic;
− gli eco-standard da rispettare per soddisfare i requisiti ambientali;
− le diverse forme di eco-etichettatura;
− il design strategico;
− il design dei servizi;
− le strategie di simbiosi industriale;
− i metodi di riduzione degli impatti basati sul principio del Factor n, come per esempio il metodo MIPS
(Materials Per Input Service).
− la co-progettazione in rete estesa a tutto il ciclo di vita del prodotto.
La natura estesa, operativa e composita di questo approccio, coerente con le strutture organizzative del mondo
industriale, insieme alle normali procedure di ecoprogettazione, lo rendono, rispetto alle altre metodologie, uno
strumento dinamico, flessibile ed in divenire, pensato proprio per procedere in parallelo con la trasformazione
dell’apparato economico-produttivo, con il progresso tecnologico e con il mutare nel tempo dell’esigenze
dell’ecosistema.
26. Per approfondire il concetto di Concurrent Engineering si veda MICHELETTI, G.F., From Concurrent Engineering to quality control, Keynote Paper presentato a: Third
International Conference on Advanced Manufacturing Systems and Technology in: AMST’93, Udine, 1993 o gli altri testi riportati nella bibliografia.
27. Il Total Quality Management è un approccio mirato alla gestione della qualità in azienda che tiene in considerazione non solo la fase di produzione ed il controllo sul
prodotto finito, ma anche le fasi di concezione e di uso del prodotto. Sviluppatosi di pari passo con l’evoluzione del concetto di qualità, da operativa ad esigenziale, questo
approccio si è dimostrato un valido strumento per ridisegnare organizzativamente i settori industriali caratterizzati da una rapida obsolescenza delle tecnologie, da una
discontinuità del mercato e dalla diversificazione, perché consente una gestione dinamica della qualità, fondandosi sulla interconnessione continua tra le funzioni di
pianificazione e controllo della qualità e sul principio di miglioramento continuo, dove il cliente è il referente principale.
28. Con questi termini si intendono rispettivamente:
− Time to Market: attività di compressione dei tempi e dei costi a monte del prodotto, ottenuta per esempio mediante una migliorata sinergia della fase di
ingegnerizzazione e di sviluppo del prodotto.
− Just in Time: attività che si traduce nel motto “Produrre il pezzo necessario nella quantità necessaria ed al momento giusto” e che mira ad avere “magazzini zero”
mediante la sola produzione di ciò che c’è bisogno al momento, cioè in pratica per l’azienda significa ricever e le forniture quando sono necessarie e consegnarle al
cliente appena sono pronte.
− Value Analysis: tecnica mirata all’eliminazione, a progetto avvenuto, di tutte le ridondanze funzionalmente o esteticamente ritenute inutili con un conseguente
abbassamento dei costi, con lo scopo ultimo di ottimizzare il rapporto costi-prestazioni del prodotto in sede progettuale.
PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ -
25
Tramite questo approccio “articolato” capace di mediare “intelligenza umana e artificiale, risorse
naturali/tecnologiche/umane, complessità e trasversalità dell’ecosistema, andando così a ricoprire un ruolo
fondamentale, difficile e delicato”29, nel disegno industriale è possibile:
− prefigurare l’intero ciclo di vita del prodotto, valutandone il carico energetico-ambientale connesso in tutte le
fasi di pre-produzione, produzione, uso, distribuzione e gestione del suo fine vita;
− tenere in considerazione la relazione che intercorre tra il prodotto ed il perseguimento dello Sviluppo
Sostenibile (non solo come realizzare un oggetto, ma anche perché realizzarlo e per chi).
In conclusione è bene, sottolineare come il CED non possa, e non voglia, sostituirsi all’abilità del progettista, a cui
resta demandata la responsabilità di scegliere di volta in volta “gli attrezzi”, gli strumenti, le strategie più adatte in
funzione dei diversi contesti produttivi e territoriali.
Certamente però il CED da al designer la possibilità di poter utilizzare in maniera sinergica e flessibile i diversi
strumenti raccolti al suo interno, rivelandosi come la strada più corretta per far sì che lo sviluppo di un prodotto
industriale risulti coerente con le leggi di sostenibilità ambientale.
29. LANZAVECCHIA Carla, ALLIONE, Cristina, Concurrent Ecodesign ed Ecotool, in Atti del Convegno Internazionale Progetto abitare verde. Riciclare: tecniche,
esperienze e prospettive nell’architettura e nel design, Atti 2000, Edizioni Giannini, Napoli, 2001
26
- PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ
ECOTOOL
Con l’obiettivo di delineare una toolbox simile a quella del CED, ma utile anche in ambito edilizio, all’interno di
questo ricerca gli Ecotool assumono quindi un ruolo centrale.
Questi sono veri e propri strumenti teorici ed operativi, che assistono i progettisti, ma anche le altre figure
professionali coinvolte lungo il ciclo di vita di un prodotto, nel soddisfacimento dei requisiti ambientali.
Con questo termine si intendono infatti gli approcci progettuali, le metodologie di valutazione, le strategie
progettuali di Life Cycle Design, gli strumenti e le strategie di organizzazione aziendale, le guidelines di
Ecodesign o di architettura ecocompatibile, che, prendendo a prestito una definizione un po’ datata del 1997, ma
ancora oggi valida “si propongono di analizzare e migliorare le performance ambientali del prodotto e dei processi
che sono coinvolti, o l'intera strategia di design che sta alla base della progettazione del prodotto”30.
Strumenti e metodi, i cui principali, rientrano tra gli strumenti suggeriti dalle politiche di Integrated Product Policy
(IPP) promosse a livello europeo, per favorire l’offerta e la domanda di prodotti “più ecologici”, agevolando lo
sviluppo di un modello economico sostenibile.
Questi Ecotool, infatti, che vedremo in dettaglio successivamente, da un lato agevolano una maggiore
collaborazione tra le diverse figure interne ed esterne ad un’azienda per minimizzare gli impatti ambientali del
sistema-prodotto, e, dall’altro, favoriscono lo sviluppo di un mercato “verde”, fornendo informazioni e valutazioni
sui carichi energetici-ambientali utili per incentivare i consumatori all’acquisto di prodotti in linea con i principi di
sostenibilità.
Tutti questi strumenti, proprio perché si
rifanno agli stessi principi del CED; fondano
la loro ragione di essere sul principio che,
sia il genere che la quantità dei danni
ambientali causati da un prodotto, sono da
ricondursi al momento della sua
progettazione.
Sulla base di questo principio sono così
strumenti che forniscono in anticipo, alle
diverse figure interessate, un profilo
ambientale del prodotto agevolandoli
nell’individuazione e nella gestione degli
aspetti più critici.
Tramite il loro impiego, infatti, è possibile
delineare delle valutazioni quantitative delle
prestazioni energetico ambientali del
sistema-prodotto e delle conseguenze
economiche legate ad esse e in seguito
sviluppare delle indicazioni qualitative che
agevolano nella scelta della soluzione
progettuale più idonea.
Strumenti che agevolano
il progettista nel miglioramento
delle perfomances ambientali del
sistema-prodotto
Fig. 8 – Distinzione degli Ecotool in teorici e operativi.
30. CALUWE N., Ecotools manual. A comprehensive review of Design for Environment tools , Design for Environment Research Group, Department of Mechanical
Engineering, Design and Manufacture, Manchester Metropolitan University, DFE/TR33, Manchester, United Kingdom, July 1997, par. 2.1.
PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ -
27
Una prima distinzione che può essere fatta per comprendere che cosa sono gli Ecotool, può essere quella di
suddividerli in (Fig. 8):
− strumenti teorici-procedurali: tra i quali troviamo la metodologia di Life Cycle Assessment (LCA) in forma
semplificata o meno, i sistemi di Life Cycle Cost (LCC), le strategie e le guidelines di Life Cycle Design (LCD,
i diversi sistemi di gestione ambientale (EMAS e ISO 14001) e di certificazione di prodotto (Eco-label,
Autodichiarazione di Prodotto o EPD);
− strumenti operativi: cioè i molti ecosoftware, e i diversi database informatizzati, riconducibili alle precedenti
teorie e alle metodologie di tipo teorico.
Questi strumenti, in coerenza con lo sviluppo tecnologico ed informatico dei nostri tempi, trovano proprio nelle
tecnologie informatiche il modo per rendere concretamente operative le teorie o metodologie a cui si rifanno,
proprio perché facilitano la gestione di una notevole quantità di dati e informazioni durante il processo di
pianificazione e progettazione di un nuovo prodotto.
In altre parole gli strumenti teorico-procedurali sono da considerarsi come i fondamenti metodologici alla base
dello sviluppo degli ecosoftware.
Per questo motivo, allo scopo di individuare quali, tra i diversi strumenti impiegati nel mondo industriale possono
rivelarsi utili anche in ambito edilizio, in questa parte verranno analizzati le più note metodologie impiegate a
livello di prodotto industriale e per ognuna di esse verrà fornita una breve lettura di come queste possono essere
applicate anche in ambito edilizio.
28
- PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ
METODOLOGIA DI LIFE CYCLE ASSESSMENT - LCA
La metodologia di Life Cycle Assessment (LCA) è “un procedimento oggettivo di valutazione dei carichi energetici
ed ambientali relativi ad un processo o ad una attività, effettuata attraverso l’indicazione dell’energia e dei
materiali usati e dei rifiuti rilasciati nell’ambiente”31 .
La valutazione include il completo ciclo di vita del sistema-prodotto, dalla culla alla tomba (from cradle to grave),
partendo dall’estrazione e dal trattamento delle materie prime, attraverso la fabbricazione, il trasporto, la
distribuzione, l’uso, il riuso, la manutenzione, il riciclo, fino al loro smaltimento finale.
Si tratta di una tecnica di valutazione degli aspetti ambientali e dei potenziali impatti associati ad un prodotto (o di
un servizio), la cui comprensività a tutto il ciclo di vita la differenzia dall’ecobilancio di un singolo processo, e anzi
la fa diventare come un grande insieme di ecobilanci tutti opportunamente collegati tra loro.
Nella tradizione europea questo procedimento di valutazione fa riferimento alle metodologie di analisi energetica,
sorte nella seconda metà degli anni ’70 quando, in seguito alla crisi energetica del ’73, si affrontarono per la prima
volta problemi come il risparmio energetico, lo smaltimento dei rifiuti, la limitatezza delle risorse e l’incremento dei
fattori di inquinamento.
Tanto da poter dire che oggi l’analisi del ciclo di vita o di LCA di un sistema-prodotto, è un’evoluzione dell’analisi
energetica classica, con la quale ha in comune l’obiettivo primario del risparmio delle risorse energetiche esteso
in questo caso anche a tutte le risorse naturali e alle problematiche di riduzione dell’inquinamento.
In pratica, con un’analisi di LCA, si compie un “grande” bilancio energetico-ambientale esteso a tutto il ciclo vita di
un prodotto, in cui vengono calcolati in maniera oggettiva:
− tutti gli input: cioè i materiali e l’energia in ingresso;
− tutti gli output: intesi come rifiuti solidi, scarti, emissioni in aria e acqua, co-prodotti ed il prodotto stesso;
che vengono coinvolti durante le fasi del ciclo di vita di un prodotto.
In questo modo è così possibile innanzitutto quantificare in maniera oggettiva i maggiori impatti che vengono a
generarsi durante il ciclo di vita di un prodotto, e, in seguito, correlarli e ricondurli ai principali effetti ambientali.
Uno studio di LCA sia nella sua forma completa che in quella semplificata è un utile per una pluralità di impieghi,
dimostrandosi un utile strumento supporto decisionale sia all’interno dell’azienda che all’esterno.
I principali usi esterni possono essere:
− supporto al marketing;
− definizione dei criteri per l'Eco-label;
− educazione e comunicazione pubblica;
− supporto decisionale in ambito politico.
In questo caso i risultati sono resi pubblici e questo comporta una perdita di confidenzialità delle informazioni ed
un maggiore rigore durante l’analisi per garantire credibilità e trasparenza.
Nel caso invece di un uso interno all’azienda i risultati possono servire a:
− pianificare strategie economiche di sviluppo, inclusi i piani di investimento;
− sviluppare il design del prodotto e del processo;
− identificare le opportunità di miglioramento di prodotti e processi;
− sviluppare auditing ambientali;
31. SETAC, Guidelines for Life Cycle Assessment, a code of practice, Bruxell, Belgium, 1993
PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ -
29
− minimizzare i rifiuti;
− fornire il supporto decisionale nella definizione delle procedure di acquisto.
Infine, tramite la parallela e simile metodologia di Life Cycle Cost, che vedremo più avanti, l’impiego di questo
metodo, aiuterà ad identificare i costi di produzione dei materiali, i costi d’uso e i costi di dismissione, legati al
ciclo di vita del sistema indagato.
Life Cycle Assessment in Architettura…
La metodologia di LCA sviluppata inizialmente per un suo impiego in ambito industriale, prima per l’analisi di un
processo produttivo e poi del ciclo di vita di un sistema-prodotto, oggi trova un ulteriore campo di applicazione
anche nel mondo dell’edilizia.
Il fatto che il suo impiego incoraggi la riduzione dell’uso delle risorse evidenziandone gli impatti connessi supporta
infatti anche il momento di pianificazione e progettazione dell’edificio sottolineando i benefici conseguibili con un
prolungamento della vita utile degli edifici.
La sua applicazione in questo settore pone però ulteriori problematiche, legate alla maggiore complessità delle
interazioni tra i componenti e gli elementi tecnici, tra l’edificio stesso e i fattori esterni propri del sito.
Inoltre il fatto che l’edificio ha una vita utile molto più lunga di un prodotto industriale, spesso superiore ai 50 anni,
rende più difficoltosa la delineazione del suo ciclo di vita e, in particolare, la previsione dei possibili consumi futuri
di acqua ed energia, che spesso dipendono dalla destinazione d’uso dell’edificio, che nel corso della sua vita di
esercizio può variare.
Altro aspetto con cui doversi confrontare è la difficoltà nel reperimento dei dati, in quanto sono ancora poche le
banche dati da cui poter trarre dati relativi a materiali, componenti e processi edilizi, ed è molto alto il numero di
operatori interessati lungo il ciclo di vita, con competenze e culture diverse, che possono fornire questi dati.
Tutti questi fattori aumentano i costi di esecuzione di uno studio di LCA che, messi in relazione all’importo
complessivo di un edificio, in particolare quando questo è di piccole o medie dimensioni, potrebbero essere
eccessivi limitando il ricorso a questo tipo di analisi.
Per tutti questi motivi, in ambito SETAC nel 199832 è stato creato uno specifico gruppo di lavoro, con lo scopo di
delineare una procedura standard per l’applicazione di questa metodologia nel settore delle costruzioni.
Secondo gli studi di questo gruppo, si tratta innanzitutto di distinguere tra studi di LCA dei singoli prodotti o
elementi edilizi impiegati nella costruzione e valutazioni di LCA valide per l’intero edificio.
Nel caso dei singoli componenti la procedura può risultare di maggiore applicazione, in quanto le variabili
considerate per ciascun componente sono in numero minore di quelle che partecipano complessivamente
nell’intero edificio.
Questo in particolare quando gli elementi analizzati sono costruiti fuori opera nelle realtà industriali, dove tramite
queste valutazioni, il produttore fornisce un profilo ambientale dei componenti messi sul mercato. Valutazione che
inoltre potrà essere alla base di eventuali procedure eco-certificazione che si è deciso di adottare per i
componenti stessi.
Invece nel caso di un intero edificio, la sua applicazione è molto più complessa e articolata.
L’individuazione dei principali impatti emessi nell’ambiente non sarà comunque sufficiente per valutare l’effettivo
grado di ecocompatibilità dell’edificio, ma dovrà essere affiancata da valutazioni, anche di tipo qualitativo, sulle
prestazioni legate al benessere dell’individuo.
32. KOTAJI, S., SCHUURMANS, A., EDWARDS, S., LCA in Building and Construction: a state of the art, SETAC, Bruxell, Belgium, 2003
30
- PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ
In ogni caso, anche quando l’analisi si focalizzi sulle prestazioni dei singoli componenti, la loro relazione con
l’edificio non dovrà essere dimenticata, in particolare quando durante lo studio sarà necessario fissare l’unità
funzionale su cui misurare le sue prestazioni. Unità funzionale che dovrà essere definita proprio in relazione alle
prestazioni che l’organismo edilizio dovrà soddisfare nel suo complesso.
Per esempio nel caso di analisi tra diverse soluzioni isolanti per un involucro esterno, le varie possibilità dovranno
essere indagate sulla base di un’unità funzionale comune, legata alle prestazioni di comfort termo-igrometrico e
acustico richieste all’edificio nel suo complesso.
Metodologia di LCA in dettaglio
La procedura di valutazione di LCA, secondo quanto stabilito a livello normativo33, può essere distinta quattro
momenti principali, così come riportato nello schema (Fig. 9):
DEFINIZIONE
DEGLI OBIETTIVI
Goal Definition and Scoping
ANALISI DI
INVENTARIO - LCI
Life Cycle Inventory Analysis
ANALISI DEGLI
IMPATTI - LCIA
Life Cycle Impact Assessment
Life Cycle Interpretation
definizione degli obiettivi (Goal Definition and Scoping);
analisi di inventario (Inventory Analysis o anche detta, Life Cycle Inventory Analysis - LCI);
analisi degli impatti (Life Cycle Impact Assessment - LCIA);
individuazione delle aree di miglioramento (Life Cycle Interpretation).
INDIVIDUAZIONE DELLE AREE
DI MIGLIORAMENTO
1)
2)
3)
4)
Fig. 9 – Le quattro fasi della procedura di LCA.
33. L’attuale articolazione della metodologia è codificata a livello internazione dalle norme UNI EN ISO 14040, 14041, 14042 e 14043.
PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ -
31
1) Definizione degli obiettivi (Goal Definition and Scoping)
•
•
•
•
•
•
SCOPO DELLO STUDIO
UNITÀ FUNZIONALE
CONFINI DEL SISTEMA
LIVELLO DI ANALISI
CATEGORIA DATI
QUALITÀ DATI
ANALISI DI INVENTARIO
- LCI
Life Cycle Inventory Analysis
ANALISI DEGLI IMPATTI LCIA
Life Cycle Impact Assessment
Fig. 10 - Schema procedurale di LCA: definizione degli obiettivi.
Life Cycle Interpretation
DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI
Goal Definition and Scoping
INDIVIDUAZIONE DELLE AREE DI MIGLIORAMENTO
Durante questa fase sono fissati l'oggetto di analisi, come per esempio il sistema-prodotto (from cradle to grave) o
il solo sistema produttivo (from cradle to gate) e le finalità per cui viene svolta questa analisi34.
Durante questa fase vengono
determinati i parametri rispetto ai
quali sono successivamente raccolte
ed elaborate le informazioni relative
al sistema indagato.
Per questo motivo è necessaria una
certa cura nella definizione degli
obiettivi, in funzione dei quali
verranno poi fissate caratteristiche
fondamentali dello studio come:
− l’ampiezza del ciclo di vita
considerati;
− i limiti dell’analisi;
− la scelta dei parametri su cui
basare la valutazione;
− le eventuali alternative da
considerare;
− la qualità dei dati assunti;
− il livello di dettaglio a cui portare
l’analisi.
In sintesi durante questa prima fase, oltre a fissare gli obiettivi e le finalità dello studio, vengono svolte le seguenti
attività (Fig. 10):
− definizione dell’unità funzionale: cioè si stabilisce un’unità di misura di riferimento, definita e misurabile, a cui
legare tutti i flussi, in entrata e in uscita, che verranno misurati. In pratica si stabilisce un indice rispetto al
quale rapportare tutte le prestazioni fornite;
− definizione dei confini del sistema: in funzione degli obiettivi fissati, anche per ragioni pratiche, si stabilisce il
campo di azione dell’indagine, che può essere funzionale-tecnologico, temporale o geografico.
− definizione del livello di analisi: si stabilisce il grado di approfondimento dell’indagine, decidendo per
l’eventuale esclusione di alcuni dati di input/output, ritenuti meno influenti.
In altre parole si determina se l’analisi è limitata al solo prodotto, oppure se è estesa alla tecnologia
costruttiva o al suo completo ciclo di vita;
− definizione della categoria di dati: si stabiliscono i parametri ambientali, gli indicatori su cui formulare l’analisi,
che in genere sono le materie prime, i combustibili e l’energia consumate, il prodotto finito e i rifiuti solidi, le
emissioni liquide e gassose emesse;
− definizione della qualità dati: si precisa se verranno impiegate informazioni rilevate direttamente dai siti
produttivi (dati primari) o medie recuperabili dalle principali banche dati (dati secondari).
34. Come già indicato le finalità e gli obiettivi per cui viene intrapresa un’analisi di LCA possono essere interni o esterni all’azienda che lo commissiona.
32
- PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ
2) Analisi di inventario (Inventory Analysis o Life Cycle Inventory Analysis, LCI)
Dopo aver fissato l’oggetto di studio, gli obiettivi e le finalità sui quali viene svolta l’analisi, durante questa fase si
procede alla raccolta quantitativa ed oggettiva dei dati relativi ai flussi di materia ed energia, in entrata e in uscita
dal sistema.
− delineazione del diagramma di
flusso: tramite questa operazione
si
determina
una
rappresentazione approssimativa
del
sistema-prodotto,
che
consente di pianificare la raccolta
dei dati e di ricostruire la via
attraverso cui i flussi di
input/output
permettono
il
funzionamento delle diverse
operazioni unitarie35 coinvolte
lungo le fasi del ciclo di vita;
DEFINIZIONE DEGLI
OBIETTIVI
Goal Definition and Scoping
ANALISI DI INVENTARIO - LCI
Life Cycle Inventory Analysis
• DIAGRAMMA DI FLUSSO
• RACCOLTA DATI
• ALLOCAZIONE DEI CARICHI
• ELABORAZIONE TAVOLE D’INVENTARIO
ANALISI DEGLI IMPATTI LCIA
Life Cycle Interpretation
Durante questa fase, in particolare,
vengono svolte le seguenti operazioni
(Fig. 11):
INDIVIDUAZIONE DELLE AREE DI MIGLIORAMENTO
Questo livello non comprende ancora delle valutazioni di ecocompatibilità, ma si limita alla semplice raccolta dei
dati, tramite i quali sarà possibile costruire un modello analogico della realtà indagata, capace di rappresentare
tutti gli scambi in/out tra le singole operazioni appartenenti al sistema-prodotto.
Life Cycle Impact Assessment
Fig. 11 - Schema procedurale di LCA: analisi di inventario, LCI.
− raccolta dati: sulla base del diagramma di flusso, cioè in relazione ai sottosistemi e alle operazioni unitarie
individuate, viene svolta la raccolta dei dati e delle informazioni36.
Il totale degli input e degli output raccolti per ogni operazione unitaria dovranno sempre essere riferiti all’unità
funzionale.
Durante questa fase una particolare attenzione andrà posta alle procedure di allocazione dei carichi
energetici relative alle diverse operazioni unitarie considerate, che generalmente sono basati sulle
caratteristiche fisiche del prodotto, come la massa.
− Elaborazione delle tavole di inventario: i dati raccolti durante questa fase di inventario, normalmente vengono
articolati e presentati generalmente secondo le categorie di parametri assunte nell’analisi, ovvero materie
prime, combustibili primari, energia di feedstock, rifiuti solidi, emissioni gassose ed emissioni liquide.
35. Con il termine di operazione unitaria si intende la più piccola parte in cui può essere suddiviso un sistema produttivo e per cui è possibile raccogliere i dati di
input/output necessari.
36. I dati potranno essere di tipo primario (primary data), cioè raccolti direttamente dal sito produttivo sulla base di questionari appositamente preparatati o di tipo
secondario (secondary data), tratti cioè da database e fonti letterarie, come per esempio i valori relativi alle emissioni prodotte da una certa tipologia di trasporto o
dall’industria energetica del Paese in cui si svolge l’analisi.
PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ -
33
Per quanto riguarda i dati energetici, relativi ai combustibili e all’energia di feedstock, in genere questi
vengono distinti come nella seguente tabella (Fig. 12).
Energia di
produzione
Energia
direttamente
consumata
Energia dei
trasporti
Feedstock
Energia totale
Elettricità
Oli combustibili
Altri combustibili
Energia totale
Fig. 12 – Modalità di raccolta dei dati energetici raccolti durante la fase d’inventario.
I vettori energetici riportati nella prima colonna sono suddivisi in tre categorie principali: energia elettrica37,
combustibili derivati dal petrolio e altri combustibili (come gas naturale o combustibili biologici).
Dalle seconda alla quinta colonna, invece, la stima dei consumi energetici è data dalla sommatoria di quattro
diversi tipi di energia:
− energia direttamente consumata: è l’energia diretta, quella impiegata direttamente nel processo produttivo
in esame;
− energia di produzione: è l’energia indiretta, cioè la quantità di energia necessaria per ricavare, estrarre e
trattare le risorse energetiche primarie impiegate nel processo produttivo esaminato;
− energia di feedstock: è il contenuto energetico dei materiali di input che può ancora essere ritrovato intatto
nei prodotti in uscita dal processo e che, eventualmente, è possibile recuperare quando questi materiali
sono impiegati come tali e non come combustibili. Per esempio la carta è un materiale che al suo interno
possiede una quota di energia di feedstock che può ancora essere sfruttata tramite combustione.
− energia dei trasporti: è la quota di energia relativa ai consumi energetici associati alle operazioni di
trasporto coinvolte nel processo produttivo.
Analoghe considerazioni vengono svolte per quanto riguarda le emissioni, distinguendole in:
− emissioni dirette: cioè relative al processo in esame,
− emissioni indirette: relative ai processi che stanno a monte del processo analizzato.
I valori delle emissioni così organizzati costituiscono la base di partenza oggettiva per la valutazione degli impatti
ambientali, e quindi delle possibili ricadute sulla salute dell’ambiente e dell’uomo, come avviene nello step
successivo della metodologia.
37. L’energia elettrica, in questo caso, è tenuta separata poiché l’efficienza energetica della sua produzione dipende dal mix energetico della nazione in cui viene svolta
l’analisi e dalle diverse fonti energetiche primarie da cui è tratta (carbone, metano, petrolio, sola, ecc.).
34
- PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ
3) Analisi degli impatti (Life Cycle Impact Assessment, LCIA)
Durante questa fase si procede con lo studio degli impatti ambientali provocati dall’attività così come ricavati dalle
tavole di inventario, allo scopo di evidenziare l’entità delle modificazioni ambientali che si generano in seguito al
consumo delle risorse e ai rilasci nell’ambiente (emissioni e reflui) provocati dalle attività del sistema-prodotto.
In altre parole si tentano di correlare gli impatti determinati da questi rilasci, individuati con i risultati d’inventario,
con gli effetti ambientali “potenziali”38 che si possono venire a generare.
Gli effetti ambientali, che vengono considerati in un’analisi di LCA di un sistema-prodotto sono scelti sulla base
delle conseguenze che questi hanno sulla salute dell’uomo e dell’ambiente e sull’esaurimento delle risorse,
secondo tre diversi scale d’azione:
− scala globale: quando l’emissione in un punto contribuisce ad un effetto che influisce su tutto il pianeta, come
l’esaurimento delle risorse, energetiche e materiali, l’effetto serra e il conseguente riscaldamento del pianeta,
l’assottigliamento della fascia di ozono;
− scala macro-regionale o nazionale: quando le emissioni si estendono su una determinata area geografica,
come l’acidificazione, l’eutrofizzazione, lo smog fotochimico estivo;
− scala locale: quando gli effetti delle emissioni si verificano nelle immediate vicinanze di un sito produttivo,
come la tossicità per l’uomo o per l’ambiente di alcune sostanze, la produzione di rifiuti solidi.
Per un approfondimento di questi fenomeni si rimanda alle tabelle riportate alla fine di questo capitolo (Fig. 18).
DEFINIZIONE DEGLI
OBIETTIVI
Goal Definition and Scoping
ANALISI DI INVENTARIO
- LCI
Life Cycle Inventory Analysis
ANALISI DEGLI IMPATTI - LCIA
Life Cycle Impact Assessment
• CLASSIFICAZIONE
• CARATTERIZZAZIONE
• NORMALIZZAZIONE
• VALUTAZIONE
Life Cycle Interpretation
In questo caso, in accordo con la
norma UNI EN ISO 14042, i primi due
passaggi
di
classificazione
e
caratterizzazione sono obbligatori e
consentono di convertire i risultati
d’inventario in opportuni indicatori di
categoria degli effetti per la valutazione
in maniera disaggregata dei singoli
effetti ambientali mentre i due
successivi passaggi di normalizzazione
e valutazione sono facoltativi e
consentono
di
delineare
una
valutazione in punteggi aggregati
secondo sistemi di valutazione per
esempio di tipo damage approach.
INDIVIDUAZIONE DELLE AREE DI MIGLIORAMENTO
Come le precedenti fasi, anche questa si suddivide in quattro ulteriori sottopassaggi che sono: classificazione,
caratterizzazione, normalizzazione e valutazione (Fig. 13).
Fig. 13 - Schema procedurale di LCA: analisi degli impatti, LCIA.
38. Per impatto ambientale si intende il risultato fisico immediato di una data operazione, consistente, in particolare, nell’emissione di certe sostanze.
Gli impatti ambientali, a loro volta, possono essere associati ad uno o più effetti ambientali: ad esempio, il quantitativo di CO2 emesso durante la combustione di un certo
quantitativo di carbone è una componente dell’impatto associato all’effetto serra.
Dato che però non è possibile correlare inequivocabilmente uno specifico impatto con i suoi effetti ambientali, si può affermare che “l’impatto è ciò che prelude ad un
effetto”, senza pretendere di poter quantificare rigorosamente il secondo sulla base del primo.
Così mentre possiamo ottenere un valore numerico preciso per gli impatti, i corrispondenti effetti ambientali possono solo essere stimati sulla base di ipotesi e convenzioni
da stabilire e questo ci induce a parlare di effetti “potenziali”, cioè che non esiste la certezza che un impatto provochi inequivocabilmente uno specifico effetto.
PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ -
35
Nello specifico i due passaggi obbligatori sono:
− Classificazione: durante questa fase si raggruppano e classificano i risultati di inventario (cioè i consumi e le
emissioni) in specifiche categorie di impatto a loro volta poi relazionabili agli effetti ambientali considerati.
Operativamente i valori di tutte le emissioni, gassose, liquide e solide (provocate direttamente ed
indirettamente dalle operazioni considerate) sono ripartiti nelle diverse categorie d’impatto, contraddistinte da
un relativo indicatore di categoria.
Nella tabella successiva (Fig. 14) sono riportati i diversi effetti ambientali, gli agenti che determinano questi
impatti e il relativo indicatore di categoria comunemente impiegato.
Questo passaggio non è semplice perché bisogna tenere presente che un’emissione (causata da una certa
sostanza) può contribuire contemporaneamente a più categorie d’impatto, provocando più effetti a catena di
difficile interpretazione.
EFFETTO /SCALA
AGENTI - IMPATTI
Rifiuti non pericolosi prodotti
Kg. di rifiuti solidi prodotti.
Photochemical oxidation –
Smog Formation Potential
Smog fotochimico estivo
Gas esausti come:
NOX, N2O – ossidi e biossido di azoto, C2H4 – etilene, CxHy – alcheni alifatici,
aromatici e clurorati, CH4 – metano, SO2 – biossidi di zolfo, NMVOC –
composti organici volatili (escluso il metano), PAH – Polycyclical Aromatic
Hydrocarbons
Winter smog –
Air Pollutants
Smog invernale
SPM – (Suspended Particulate Matter )– polveri sottili disperse PM10 e PM2,5 ,
SO2 – biossidi di zolfo
Ecotoxicity – Ecological
Toxicity
Tossicità per l’ambiente
Metalli pesanti, IPA – Idrocarburi Policiclici Aromatici (PAH – Polycyclical
Aromatic Hydrocarbons), POP Pollutant Organic persistent, come i PCB, le
diossine, i furano, gli ftalati, ecc.
Human Toxicity
Tossicità per l’uomo
PAH – idrocarburi, policiclici aromatici come benzene, pirene e benzopirene,
Metalli pesanti, SO2- biossidi di zolfo, TCDD – diossina, PCB –
PoliCloroBifenile, VOC – composti organici volatili, Radionuclidi
Acidification
Acidificazione
Eutrophication
Eutrofizzazione
Total waste production
Produzione di rifiuti
locale
globale
PAH Polyciclical Aromatic Hydrocarbons equivalent – e kg di Pb eq.
Gli idrocarburi policiclici aromatici e il piombo sono assunte come le sostanze base per conversione rispettivamente di tutte le
emissioni che contribuiscono a danneggiare gli habitat vegetali e animali e di tutte le esalazioni di metalli pesanti.
globale
PAH equivalent – Polycyclical Aromatic Hydrocarbons,
Emissione equivalente di idrocarburi policiclici aromatici è assunta come sostanza base per la conversione di tutte le
emissioni che contribuiscono a danneggiare gli habitat
Pb eq. – kg di esalazioni di piombo equivalenti è invece un indicatore assunto per la valutazione e la conversione di tutti i
metalli pesanti.
globale
Kg di SO2 eq.
Indicatore assunto per la conversione di tutte le polveri sottili e le nanopolveri emesse nell’ambiente e legate ai fenomeni di
inquinamento invernale.
regionale
POPC – (Photochemical Ozone Creation Potentials) – [kg di etilene eq.].
Il gas assunto come base per la standardizzazione è l’etilene. Le emissioni di altri gas potenzialmente in grado di produrre
ozono sono convertiti in g. di etilene equivalente, cioè alla quantità di etilene che può produrre la stessa quantità di ozono.
regionale
NP (Nutrification Potential) – [kg PO4 eq. okg. NO3 eq.].
Come per le precedenti categorie, l’indicatore è ricavato convertendo le sostanze che contribuiscono all’arricchimento delle
acque e dei terreni in emissioni equivalenti di fosfati o di sali e aggregandole quantitativamente in un potenziale contributo
alla formazione di biomasse.
PO4 – fosfati-sali dell’acido fosforico, NO3 – nitrati-sali
dell’acido nitrico, NOx – ossidi di azoto, NH3 – ammoniaca, N2O – biossido di
azoto, N2 – azoto gassoso, SO2 – biossidi di zolfo
regionalelocale
AP (Acidification Potential) [kg. SO2 eq.]
Ci si avvale di fattori di standardizzazione che riconducono le emissioni a g. di SO2 equivalente. Il potenziale di acidificazione
di una sostanza viene definito come il rapporto esistente tra il numero di ioni potenziali H+ - equivalenti per unità di massa
della sostanza - e il numero di ioni potenziali H+ - equivalenti per unità di massa di SO2, scelta come sostanza di riferimento.
SO2 - anidride solforosa o biossido di azoto, NOx - ossidi di azoto NO2 biossido di azoto, NH3 – ammoniaca, HCl – acido cloridrico, HF – acido
fluoridrico
regionalelocale
OPD (Ozone Depletion Potential) - [kg. CFC eq.].
Indica il potenziale di riduzione dell’ozono dei diversi gas che contribuiscono a questo effetto. Come per il precedente valore
tutte le emissioni che contribuiscono a questo effetto vengono convertite in kg. di CFC equivalenti
Composti clurorati come:
CFC – Cloro-Fluoro-Carburi, HCFCs . idro-cloro-fluoro-carburi, Composti
brumorati, Halon - Alegenuri alchilici
regionalelocale
GWP (Global Warming Potentials) - [kg CO2 equivalente],
Indicatore sviluppato per rappresentare l’incremento all’effetto serra naturale causato dalle emissioni di origine antropica.
In pratica tutte le emissioni di gas serra, vengono convertite e aggregate, con opportuni fattori di standardizzazione, detti
GWP, in kg di CO2 equivalente, ritenuto il gas serra di origine antropica più importante e di cui si hanno maggiori informazioni.
Emissioni antropiche di gas serra, come:
Vapore acqueo, CO2 - anidride carbonica, CH4 - metano, N2O - protossido di
azoto, NOx – ossidi di azoto, O3 – ozono, CFC – Cloro-Fluoro-Carburi, HCFCs
- idro-cloro-fluoro-carburi
Ozone Layer Depletion
Assottigliamento dello strato
di ozono
INDICATORE DI CATEGORIA
DF - Depletion Factor) [kg/a],
fattore di esaurimento dato dal rapporto risorsa consumata [kg] x produzione annuale della risorsa (kg/a) /ammontare delle
riserve (kg).
Con questo effetto si considera solo l’esaurimento di queste fonti e non le
emissioni derivanti dalla loro estrazione, conteggiate invece nell’effetto serra.
regionalelocale
DepletionExhaustion of raw
materials
Esaurimento di risorse
minerali e combustibili fossili
Greenhouse effects
Global Warming Potential
Climate change
Effetto serra –
riscaldamento potenziale
della terra
Fig. 14 – Indicatori di categoria dei principali effetti ambientali considerati in un’analisi di LCA.
− Caratterizzazione: durante questa fase si tenta di quantificare, con opportuni fattori di caratterizzazione, tratti
da diverse fonti autorevoli, l’entità del contributo complessivo che il prodotto o il processo in analisi arrecano
ai diversi effetti ambientali.
Per aggregare gli input e gli output ricavati alle diverse categorie di impatto non è sufficiente sommarli nelle
loro diverse unità di misura, ma è necessario ricorrere all’uso di fattori di equivalenza (classification factors)
da applicare ai diversi tipi di emissione. Questi fattori di equivalenza in pratica esprimono la maggiore o
minore influenza di un tipo di emissioni rispetto ad un’altra, prima della loro aggregazione in categorie di
impatto.
36
- PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ
Ad esempio (Fig. 15) tutte le emissioni di un processo, che contribuiscono all’effetto serra (CFC, CH4, N2O,
ecc.) vengono convertite, tramite il rispettivo fattore di equivalenza riferito all’effetto serra (cioè il GWP, Global
Warming Potential) in emissioni equivalenti di CO2, individuate come le principali responsabili dell’effetto.
In altre parole il GWP è la misura, basata sulla concentrazione e sul periodo di esposizione, del potenziale
contributo che una sostanza arreca all’effetto serra, rispetto a quello provocato dallo stesso peso di anidride
carbonica.
CO2
CO
NOx
SOx
ecc.
1792
0.000670
0.001091
0.000987
-
EFFETTO SERRA
x1
-
-
-
ACIDIFICAZIONE
-
-
x 0.7
TOSSICITÀ PER L’UOMO
-
x 0.012
x 0.78
Qtà (kg.)
Effetti
INDICATORE
TOTALE
-
GWP
1792 kg. CO2
Fattori di
classificazione
x1
-
AP
0.0017 kg. SO2
(Classification Factors o
Standard Factors)
x 1.2
-
HCA, HCW,HCS
0.00204
Fig. 15 – Esempio di conversione delle emissioni rilevate da un processo in emissioni equivalenti di CO2.
Da queste due prime fasi obbligatorie, di classificazione e caratterizzazione, non si ottengono giudizi assoluti sugli
effetti ambientali, ma solo relativi, espressi in maniera disaggregata rispetto ai singoli effetti ambientali
considerati.
A questo punto dello studio, nel caso dello studio comparativo tra due prodotti non è ancora possibile definire
quale tra i due sia il migliore in assoluto, tranne nel caso in cui gli effetti potenziali calcolati per un prodotto
risultino tutti più alti rispetto a quelli determinati per il secondo prodotto.
Qualora infatti gli effetti risultino alternativamente maggiori per l’uno o per l’altro prodotto è possibile effettuare
solamente un confronto per effetti, secondo un sistema di valutazione, detto anche di midpoint.
Solo procedendo con le due successive fasi di normalizzazione e valutazione, cioè adottando una procedura di
valutazione detta endpoint method, è possibile accorpare i contributi disaggregati dei singoli effetti in un
punteggio singolo, che esprime l’impatto globale del sistema-prodotto sull’ambiente e la salute umana.
Nello specifico durante le fasi di:
− normalizzazione: una volta identificate le diverse categorie di effetti, queste non sono espresse secondo
un'unica unità di misura. Per esempio il riscaldamento del globo terrestre viene espresso come emissioni di
CO2 equivalenti, mentre l'esaurimento della fascia d'ozono è tradotto in funzione CFC (clorofluorocarburi)
equivalenti.
Sorge quindi la necessità, durante questa fase, di misurare i diversi effetti sulla base di un unico fattore di
riferimento o di normalizzazione.
A tal proposito, tra i diversi criteri di normalizzazione, il più diffuso é quello che si focalizza sull'azione di un
determinato effetto per uno specifico periodo di tempo, che generalmente é assunto come un anno.
− Valutazione o pesatura: durante questo passaggio i contributi singoli delle differenti categorie di impatto sono
pesati e valutati in maniera quantitativa in relazione ad alcuni obiettivi di salvaguardia, come la riduzione delle
risorse o i danni provocati alla salute umana e dell’ambiente, con il fine di poterli poi sommare tra loro in
modo da ottenere la massima aggregazione di dati.
PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ -
37
Per procedere alla comparazione e valutazione degli effetti ambientali considerati nell’analisi, durante la fase di
LCIA è quindi necessario ricorrere all’impiego di sistemi di valutazione o pesatura, conosciuti come weighting
system, per i quali non si è ancora pervenuti a risultati unitari e condivisi39.
Al momento infatti i diversi centri di ricerca in materia hanno sviluppato diversi sistemi di valutazioni, strutturati in
accordo con quanto stabilito dalle norme UNI EN ISO, che si distinguono principalmente in 2 categorie:
− problem-oriented method;
− damage-oriented method.
Nei sistemi di valutazione strutturati secondo il principio del problem-oriented, tutti i flussi individuati nella fase di
inventario vengono classificati e raggruppati secondo gli effetti ambientali a cui contribuiscono.
Questi metodi sono mirati a semplificare le enorme quantità di flussi in relazione alle aree ambientali considerate.
Dal loro impiego si ottengono risultati disaggregati relativi ai singoli effetti ambientali interessati nell’analisi. Questi
risultati disaggregati sono detti anche risultati di midpoint e comprendono i soli passaggi di classificazione e
caratterizzazione indicati come obbligatori in una studio di LCA dalle norme in materia.
Questi sistemi problem-oriented sono basati su approcci accettati internazionalmente e scientificamente, anche
se in alcuni casi, come per la determinazione del grado di tossicità di alcune sostanze per l’uomo o per
l’ambiente, permangono ancora molte difficoltà nella delineazione di modelli capaci di rappresentare realmente la
serietà questi effetti.
I modelli stessi spesso sono ancora in via di sviluppo, per cui vanno adottate molte precauzioni e attenzioni
nell’assunzione di questi modelli di previsione.
Tra i sistemi di pesatura più noti appartenenti a questi gruppo si possono citare: il CML Method, EDIP, IMPACT,
TRACI, ecc.
In relazione invece ai sistemi fondati sul principio damage-oriented, questi sistemi, come i precedenti, partono con
la classificazione dei diversi flussi in funzione degli effetti ambientali considerati, ma poi proseguono con la loro
valutazione mettendo in correlazione gli effetti con alcuni obiettivi o aree di salvaguardia che possono essere per
esempio le conseguenze sulla salute umana, sugli ecosistemi o sull’esaurimento di risorse.
In altre parole questi modelli si fondano sulla domanda, perché preoccuparsi della serietà di alcuni effetti come
l’acidificazione o i cambiamenti climatici ?
Con questi modelli la fase di valutazione si spinge oltre la fase di caratterizzazione, fino a comprendere la
normalizzazione e la valutazione del danno, dando origine a risultati detti di endpoint, che riassumono in pochi
dati i contributi disaggregati relativi ai singoli effetti.
In relazione a questa correlazione effetti-danni, i modelli di previsione su cui si fondano questi sistemi di pesatura
sono ancora in via di sviluppo e comportano notevoli difficoltà livello scientifico.
Tra i sistemi più diffusi e noti in questo gruppo c’è il sistema degli Eco-indicator, che, come vedremo in dettaglio
successivamente, può essere impiegato sia come un semplice sistema di pesatura damage-oriented, che come
uno strumento di valutazione semplificata di LCA.
Appartengono a questo gruppo anche altri sistemi come l’EPS, che nella sua valutazione considera anche gli
aspetti economici, o altri sistemi basati su criterio di distanza dal target, come l’Ecoscarsity method o il Critical
Volume Method, che fondano la valutazione delle serietà dei danni in relazione a determinati livelli critici,
generalmente fissati in coerenza con le soglie limite fissate nelle normative ambientali vigenti nei diversi paesi.
In altre parole tramite questi sistemi di valutazione si tentano di mettere in correlazione 3 diversi campi d’azione
della conoscenza umana, attinenti alla:
− tecnosfera: dove il ciclo di vita viene espresso in maniera quantitativa con dati di input e output concatenati tra
loro secondo una logica lineare di causa-effetto in cui il grado di incertezza è limitato;
− esosfera: dove gli effetti ambientali vengono indagati e rappresentati secondo dei modelli matematici;
39. Per un’analisi dei diversi sistemi di valutazione si rimanda all’appendice 1.
38
- PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ
− sociosfera: dove invece gli effetti ambientali vengono valutati e pesati in relazioni ai danni che possono
indurre su determinate aree di salvaguardia, mettendo in gioco la sfera delle scienze sociali per le quali non
può esistere un unico livello di verità.
Se con i sistemi problem-oriented la difficoltà maggiore è legata al passaggio da tecnosfera a ecosfera, cioè nel
mettere in correlazione la descrizione del ciclo di vita espressa nella sfera tecnologica con le modellizzazioni
ancora piuttosto recenti degli effetti ambientali, con i metodi damage-oriented invece, il grado di incertezza è
ancora maggiore perché si tratta di compiere un ulteriore passaggio da ecosfera a sociosfera, dove per la
valutazione del danno non si può avere una certezza scientifica, perché legata a criteri e giudizi di valore di ordine
sociale e politico, che possono compromettere la scientificità dello studio e possono essere diversi da paese a
paese.
A livello scientifico internazionale, le SETAC e la UNEP40 stanno lavorando in collaborazione allo scopo di fornire
una serie di linee guida che indicano qual è il tipo di sistema più adatto in funzione dell’impiego che verrà fatto dei
risultati, che potranno essere impiegati per esempio per il conseguimento di certificazioni ambientali o per la
delineazione di linee politico-strategico dell’impresa in campo ambientale.
Inoltre si sta anche lavorando alla stesura di una procedura per passare dai risultati disaggregati a risultati
aggregati, che possa essere accettata e sottoscritta da tutti, ma possa anche essere contestualizzata in funzione
dei diversi obiettivi di salvaguardia e delle urgenze ambientali che si presentano nelle diverse aree del pianeta.
Nella tabella successiva sono riportati i principali sistemi di valutazione che possono essere adottati in un’analisi
di LCA (Fig. 16). Per un loro approfondimento si rimanda all’appendice 1.
SISTEMI DI VALUTAZIONE DI LCIA
METODO DI PESATURA
SVILUPPATO DA
Cumulative Energy
Boustead & Hancock (UK) nel 1979
Demand
CML - Centre of Environmental Science - Leiden University (NH) nel 1992.
CML
Aggiornato al 2001
Critical Volume Method
Eco-indicator ’95
Eco-indicator ’99
Ecoscarsity method
(EcoPoints)
EDIP
EPS
IMPACT 2002
University of Basle (CH) nel 1992
Prè Consultants in collaborazione con il VROM - The Ductch Ministry of
Housing Spatial Planning and Environment (NL) nel 1995
Prè Consultants in collaborazione con il VROM - The Ductch Ministry of
Housing Spatial Planning and Environment (NL) nel 1999
BUWAL - Federal Office for Environment - Department of the Environment,
Transport, Energy and Communication (CH) nel 1990. Aggiornato al 2006.
Danish Environmental Protection Agency, Danish Ministry of Environment
(DK) nel 1997. Aggiornato al 2003
CPM - Centre for the environment assessment of Product and Material
systems - Chalmers University of Technology & Swedish National Board for
Technical and Industrial Develompment (SE) nel 1990. Aggiornato al 2003
Swiss Federal Institute of Technology, Ecole Polithechnique Federale de
Lausanne (CH) nel 2002
IPPC
IPCC - Intergovernmental Panel on Climate Change (CH) nel 1997
TRACI
U.S. EPA Office of Research and Development (USA) nel 1995
TIPOLOGIA DI METODO
Midpoint Approach
Midpoint Approach
Endpoint Approach Distance to Target
Endpoint Approach Distance to Target
Endpoint Approach –
Damage Approach
Endpoint Approach Distance to Target
Midpoint Approach
Endpoint Approach
Midpoint & Endpoint
Approach
Midpoint/Endpoint
Approach
Midpoint Approach
Fig. 16 – Principali sistemi di valutazione adottabili durante la fase di LCIA in un’analisi di LCA.
40. In proposito si vedano:
UNEP/SETAC Life Cycle Initiative, Evaluation of Environmental Impacts in life Cycle Assessment, in collaborazione con CML e US. EPA, UNEP Report, Parigi, 2003;
HEIJUNGS, R., GOEDKOOP, M., STRUIJS, J., (et Alii), Towards a life cycle impact assessment method which comprises category indicators at the midpoint and the
endpoint level. Design of a new method, first draft of project Aligning Eco-indicator 99 and LCA Guide 2001, National Institute of Public Health and the Environment
(RIVM), Centre of Environmental Science of Leiden University (CML), and Pre Consultants with found of Ministry of Housing, Spatial Planning and the Environment
(VROM), Schiphol, 2001
PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ -
39
Inoltre come vedremo nella quarta parte conclusiva di questa ricerca, questi sistemi di valutazione, proprio per il
fatto di non essere ancora stati codificati e standardizzati, saranno uno dei principali elementi di differenziazione
tra gli strumenti operativi software correlabili alla metodologia di LCA.
Goal Definition and Scoping
ANALISI DI INVENTARIO
- LCI
Life Cycle Inventory Analysis
ANALISI DEGLI IMPATTI LCIA
Life Cycle Impact Assessment
Life Cycle Interpretation
DEFINIZIONE DEGLI
OBIETTIVI
INDIVIDUAZIONE DELLE
AREE DI MIGLIORAMENTO
4) Individuazione delle aree di miglioramento (Life Cycle Improvement Assessment and Life Cycle
Interpretation)
È la parte conclusiva di una analisi di LCA, dove i risultati ottenuti
vengono rivisitati in funzione degli obiettivi e degli scopi prefissati
durante la fase di goal definition.
Questa fase non è codificata secondo una procedura definita, ma si
basa sulle conoscenze e sull’esperienza dei diversi attori coinvolti che
per questo motivo in questa fase rivestono un ruolo significativo.
La valutazione ed interpretazione dei risultati ottenuti potrà infatti
essere impiegata per proporre dei cambiamenti nelle politiche e
strategie ambientali intraprese da un’azienda o per suggerire dei
miglioramenti in alcuni processi tecnologici, valutando questi ulteriori
cambiamenti in maniera interattiva, in modo da non attuare azioni tali
da peggiorare lo stato di fatto in altre fasi del ciclo di vita.
Fig. 17 - Schema procedurale di LCA:
individuazione aree di miglioramento.
40
- PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ
Fig. 18 – Descrizione dei principali effetti ambientali.
PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ -
41
Fig. 18 – Descrizione dei principali effetti ambientali.
42
- PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ
Fig. 18 – Descrizione dei principali effetti ambientali.
PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ -
43
Fig. 18 – Descrizione dei principali effetti ambientali.
44
- PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ
STRUMENTI SEMPLIFICATI DI LCA
La valutazione di LCA, svolta secondo la metodologia presentata precedentemente, comporta però dei problemi
applicativi se adottata durante il momento progettuale.
I designer e i progettisti che intendono adottare questa metodologia si trovano infatti a fronteggiare questioni
come:
− una non sempre approfondita conoscenza della metodologia, che può indurli a maneggiare ed interpretare i
dati forniti in maniera scorretta;
− la raccolta accurata dei dati e delle informazioni ambientali legate al ciclo di vita di un prodotto; procedimento
complesso, costoso, che richiede molto tempo, aspetti che durante il momento progettuale sono sempre
limitati;
− la difficile interpretazione dei risultati, spesso dovuta alla mancanza di un procedimento di valutazione
generalmente condiviso.
Alla luce di queste difficoltà, sono stati sviluppati degli strumenti semplificati, detti anche “abridged tool”, che
agevolano l’applicazione della metodologia LCA durante la fase di progettazione vera e propria.
Sono dei veri e propri strumenti semplificati, studiati appositamente per la loro applicazione durante il momento
progettuale e per questo si presentano come strumenti di veloce e facile applicazione per la verifica delle loro
scelte progettuali.
Tra questi diversi strumenti semplificati, i più diffusi e noti sono:
− L’ Eco-indicator approach: strumento semplificato di tipo quantitativo;
− il MET Matrix: approccio di tipo semiquantitativo.
Strumenti semplificati di LCA in architettura…
Nel settore edilizio questi strumenti potrebbero essere molto utili, in particolare per avere delle valutazioni veloci
sul comportamento dell’intero edificio, per il quale lo svolgimento di un’analisi di LCA completa potrebbe
comportare lunghi tempi di elaborazione e potrebbe non essere conveniente economicamente a fronte dei
miglioramenti ambientali che si potrebbero perseguire.
Ad oggi però sono ancora pochi gli strumenti di LCA sviluppati per il mondo delle costruzioni o adattabili ad esso
e ancora di meno sono quelli che consentono una valutazione semplificata di LCA dell’intero organismo edilizio.
Al momento sono impiegati solo le matrici comparative, che evidenziano i vantaggi ambientali di alcuni specifici
interventi sull’intero ciclo di vita.
PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ -
45
Eco-indicator Approach
È una metodologia semplificata di LCA, di tipo quantitativo, che permette di esprimere il totale degli impatti
associati al ciclo di vita di un sistema-prodotto con un singolo valore numerico, l’Eco-indicator, espresso in Point
(Pt) o MilliPoints (MPt).
Sebbene coloro che hanno sviluppato questo sistema di valutazione, ci tengano a sottolineare come questo
metodo sia da considerare come un’evoluzione della procedura di LCA, a livello di comunità scientifica questo
viene definito un Abridged Quantitative LCA Tool41, cioè un sistema semplificato che consente di impiegare le
valutazioni espresse in Eco-indicator come uno strumento di semplice valutazione delle implicazioni ambientali di
un prodotto, sin dalle fasi iniziali della progettazione quando non tutti i dati relativi al prodotto sono ancora
disponibili, agevolando così la scelta delle soluzioni più corrette.
L’Eco-indicator è infatti un indicatore numerico che esprime gli impatti energetico ambientali di un materiale o di
un processo, cioè i suoi carichi ambientali, lungo il suo completo ciclo di vita, secondo l’approccio less is better,
cioè ad un valore numerico minore corrisponde un impatto minore e viceversa.
Il loro impiego è molto semplice anche da parte utenti poco esperti, in quanto operativamente, dopo aver descritto
gli scopi dello studio e il ciclo di vita del prodotto analizzato e aver quantificato i materiali e processi coinvolti nelle
diverse fasi del ciclo vita, è sufficiente moltiplicare le quantità di materiali e processi per il rispettivo valore in Ecoindicator, che è stato calcolato precedentemente e viene fornito pronto per l’uso.
In questo modo la valutazione dell’oggetto indagato viene data dalla somma dei diversi valori in Eco-indicator
ottenuti, cioè con un singolo valore numerico che esprime l’impatto complessivo del sistema-prodotto.
In altre parole adottando questo strumento semplificato si possono avere a disposizione degli indicatori
rappresentativi degli impatti che si presentano come building block, pronti da maneggiare e aggregare tra loro
anche da utenti poco esperti in campo ambientale, in modo da avere comunque delle valutazioni che presentano
un certo grado di affidabilità perché basati su precedenti valutazioni di LCA.
I valori in Eco-indicator sono ricavabili dalle diverse fonti disponibili42 oppure, nel caso di valori mancanti, possono
essere calcolati impiegando uno degli esistenti ecosoftware sviluppati appositamente allo scopo e facilmente
reperibili sul mercato che adottano questa procedura di calcolo.
41. SIMON, M., EVANS S., McALOONE T., SWEATMAN A., (et Alii), Ecodesign Navigator, A key resource in the drive towards environmentally efficient product design,
Manchester Metropolitan University, Cranfield University, EPSRC, 1999
42. GOEDKOOP, M., SPRIENSMA, R., The Eco-Indicator 99, A damage oriented method for Life Cycle Impact Assessment, Prè consultants in collaboration with Ministry
of Housing, Spatial Planning and the Environment, Amersfoort, Netherlands, 2001
GOEDKOOP, M. , DEMMERS, M., COLLIGNON, M., The Eco-indicator 99, Manual for Designers, NOH report, Prè consultants, Amersfoort, Netherlands, 2000
46
- PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ
Procedura di calcolo di un Eco-indicator
Il sistema Eco-indicator, può essere assunto sia come uno strumento semplificato di valutazione sia come un
sistema di valutazione/pesatura in uno studio di LCA, come già spiegato nel precedente paragrafo.
I principali studi di LCA che si estendono sino alla fase di valutazione adottano questo sistema di valutazione che,
in un certo senso, può essere considerato come il più noto dei damage-oriented method.
La procedura di calcolo che porta alla determinazione di un Eco-indicator è svolta secondo le procedure di uno
studio di LCA, fissate dalle norme UNI EN ISO in materia.
In accordo con la procedura fissata a livello normativo, la delineazione di un nuovo Eco-indicator relativo ad un
materiale ad un processo o ad un componente semplice, inizia con la definizione degli obiettivi dello studio, per
poi procedere con le operazioni di inventario, che permettono di delineare le tavole di inventario.
L’evoluzione e implementazione di questo metodo rispetto ad una normale procedura di LCA, avviene nella
successiva fase di Life Cycle Impact Assessment (LCIA).
Durante questo momento infatti, vengono svolte le operazioni obbligatorie di classificazione e caratterizzazione
che consentono di raggruppare e correlare gli impatti ricavati dall’inventario a indicatore di categoria degli effetti
ambientali, ma, con questo metodo, si procede anche con i due successivi passaggi facoltativi, di
normalizzazione e valutazione.
Da questo punto in avanti, adottando proprio il sistema di valutazione degli Eco-indicator ’99, è possibile
ricondurre i risultati dell’inventario (cioè le emissioni in aria, acqua e suolo e la produzione di rifiuti) agli effetti
ambientali, traducendoli in punti effetto (effect score) di facile applicazione.
Essendo un approccio damage-oriented, questo sistema basa la sua valutazione su una procedura di valutazione
(Fig. 19), che, nella fase di caratterizzazione, riconduce gli effetti ambientali considerati a tre categorie di danno
riconducibili alla salute umana, alla conservazione degli ecosistemi e all’esaurimento delle risorse energetiche e
materiali.
Nello specifico a queste tre categorie di salvaguardia è possibile collegare i seguenti effetti:
1) salute umana (Human Health): vengono considerati gli effetti e i danni alla salute umana determinati da effetti
come i cambiamenti climatici, l’assottigliamento dello strato di ozono, gli effetti cancerogeni, le conseguenze
dovute allo smog invernale o alle radiazioni ionizzanti;
2) qualità degli ecosistemi (Ecosystem Quality): vengono tenute in conto le conseguenze dovute all’uso dei
suoli o dall’impiego di sostanze fertilizzanti e sostanze chimiche (fungicidi, pesticidi, ecc.) che possono
alterare il livello nutritivo o di acidità degli ecosistemi (acidificazione e eutrofizzazione), comportando delle
conseguenze serie sugli ecosistemi con una riduzione della biodiversità di specie viventi;
3) risorse (Resouces): in questo caso viene considerato il surplus di energia necessaria in futuro per l’estrazione
di risorse minerali, che sono considerate materiali grezzi per i quali non viene quindi conteggiato il loro
potenziale di esaurimento.43
Per collegare i risultati d’inventario alle tre categorie di danno principali, il metodo adotta differenti procedure, che
consentono, di individuare e pesare all'interno di una singola categoria il tipo di danno relativo alla sostanza
emessa o alla risorsa usata, ricorrendo all’uso di fattori specifici che moltiplicati per il peso della sostanza emessa
o consumata, ne esprime la sua relativa importanza.
43. Non sono considerate nelle tre categorie di danno, problemi minori come:
− salute umana: vengono esclusi il rumore, le alterazioni al sistema endocrino e gli effetti non cancerogeni sui sistemi respiratori dovuti alle emissioni di metalli pesanti
(le cosiddette polveri sottili) che sono considerati effetti, se pur fastidiosi, con un limitato campo d’azione temporale e spaziale influente sulla sola scala locale;
− qualità degli ecosistemi: non sono comprese le conseguenze dell’effetto serra e dell’assottigliamento dello strato di ozono, categorie già considerate in relazione alla
salute umana.
PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ -
47
Land use and
land conversion
NOx
SOx
NH3
Pesticides
Heavy metals
CO2
HCFC
Nuclides
SPM
VOC
PAH’s
Concentration of ores
Surplus energy at future extraction
Availability of fossil fuels
Surplus energy at future extraction
Decrease of natural area’s
Regional effect on species numbers
Damage to
recourses [MJ
surplus energy]
Local effect on species numbers
Altered pH + nutrient availability
Effect on Target species
Concentration in soil
Ecotoxicity: toxic stress (PAF)
Concentration of greenhouse gas
Climate change (disease displacement)
Concentration of ozone depl. subst.
Ozone layer depl.(cancer+cataract)
Concentration radionuclides
Radiation effect (cancer)
Concentration of fine dust, VOC
Respiratory effect
Concentration in air, water & food
Cancer
Resources analysis
Land-use analysis
Fate analysis
Exposure and
effect analysis
Damage to
ecosystems
[% plants species
m2 yr]
Eco-indicator
Extraction of
minerals and
fossil fuels
Damage to
human health
[disability adjusted
life years
– DALY]
Damage analysis
Fig. 19 - Procedura di calcolo di un Eco-indicator.
Per arrivare a dei valori relativi alle tre categorie di danno, nel metodo sono state infatti delineate diverse
procedure di calcolo.
Nel caso del:
1) Human Health: il danno è espresso secondo l’unità di misura DALYs (Disability-Adjusted Life Years). È un
unità che misura il numero di anni vissuti dall'uomo come ammalato (YLD) e gli anni di vita persi in relazione
agli effetti considerati.
Per arrivare alla determinazione di un valore di DALYs, è necessario considerare 4 fattori di analisi:
− Fate analysis: che lega la sostanza emessa alla variazione della sua concentrazione nel tempo;
− Exposure analysis: che correla la variazione di concentrazione ad una certa dose della sostanza;
− Effect analysis: che ricollega la dose, la quantità di emissioni agli effetti sulla salute umana, stimandone il
numero e tipi di tumore e gli effetti respiratori che possono verificarsi;
− Damage analisi: che infine lega gli effetti sulla salute al numero di anni vissuti dall'uomo come ammalato
(YLD) e al numero di anni di vita persi (YLL).
2) Ecosystem Quality: le conseguenze sull’ecosistema sono espresse secondo l’unità di misura PAF (Potentially
Affected Fraction). È un indicatore basato su dati relativi alla tossicità di alcune sostanze per gli organismi
acquatici e terrestri come microrganismi, piante, vermi (virus), alghe, anfibi, molluschi, crostacei e pesci.
Indica la frazione di specie viventi che potenzialmente possono essere danneggiate da una concentrazione
anomala di queste sostanze tossiche.
Per la determinazione del PAF, vengono svolte le seguenti analisi:
− Fate analysis: che lega le emissioni alle concentrazioni;
− Effect analysis: che lega le concentrazioni ai livelli di tossicità (che determinano fenomeni di
acidificazione o di eutrofizzazione);
− Damage Analysis: che collega questi effetti alla potenziale scomparsa di interi ecosistemi.
48
- PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ
3) Resources: le conseguenze sulla minore disponibilità di risorse minerali e fossili è espressa secondo MJ di
Surplus Energy, cioè l’energia in surplus necessaria per l’estrazione di una risorsa in relazione alla sua
concentrazione futura.
Per la sua determinazione è necessario svolgere le seguenti analisi:
− Resource analysis: che lega l'estrazione di una risorsa alla riduzione della sua concentrazione;
− Damage analysis: che lega la minore concentrazione di risorse all'aumento dell'energia spesa per la loro
estrazione in futuro.
Come già illustrato nel paragrafo inerente la fase di LCIA, l’impiego di questo sistema di valutazione damageoriented, e la determinazione di un nuovo valore di Eco-indicator, comporta la difficoltà di mettere in correlazione i
tre campi della conoscenza umana su cui si struttura un’analisi di LCA: tecnosfera (Technosphere), esosfera
(Ecosphere) e sociosfera (Valuesphere).
Come abbiamo già visto il passaggio tra le tre sfere di azione è ancora in via di definizione44 e passibile di alcune
criticità. Se infatti il passaggio da tecnosfera a ecosfera presenta ancora alcuni gradi incertezza, il passaggio che
collega la rappresentazione degli effetti con le valutazioni del loro grado di serietà in relazione ai danni sulla
salute dell’ambiente e dell’uomo è ancora più incerto.
In questo ambito della sociosfera, infatti, si mettono in gioco le scienze sociali nelle quali una sola verità o grado
di giudizio non può esistere.
A questo scopo per fornire una valutazione attendibile in relazione alle tre aree di salvaguardia gli sviluppatori del
metodo Eco-indicator, si sono basati sul modello della Cultural Theory proposto da Thompson45, che valuta i
comportamenti delle persone rispetto a due dimensioni fondamentali dell'esistenza umana: l'attaccamento al
gruppo ed il grado di indipendenza nei confronti di imposizioni e prescrizioni esterne (il "grid"), delineando 5
archetipi di comportamenti umani (Fig. 20):
− Individualista: persona libera da qualsiasi
Forte indipendenza
legame. Nella sua visione, tutto è
da impostazioni e
restrizioni
provvisorio e soggetto a negoziazione;
− Egualitaria: soggetto che possiede un
FATALISTA
GERARCHICA
forte attaccamento al gruppo ma non alle
sue imposizioni. Non riconoscendo
differenze di ruolo rende ambigue le
Forte
attaccamento
relazioni
all'interno
del
gruppo
al gruppo
scatenando spesso conflitti;
AUTONOMISTA
− Gerarchica: individuo che possiede forti
legami sia con il gruppo sia con le sue
regole. Crea una forte stabilità,
INDIVIDUALISTA
EGUALITARIA
favorendo azioni di controllo su di sé e
sugli altri;
− Fatalista: persona che dipende
Fig. 20 – Cinque archetipi del comportamento umano secondo la teoria di
profondamente dalle prescrizioni, ma
Thompson.
non sente l'appartenenza al gruppo,
perciò agisce singolarmente;
− Autonomista: soggetto che appartiene ad una minoranza che rifiuta l'influenza del gruppo e di tutte le sue
prescrizioni.
Le prime tre tipologie di persone, individualista, egualitaria e gerarchica, fondano le proprie scelte su delle valide
prospettive, al contrario delle ultime due, il fatalista e l’autonomista, per le quali è impossibile delineare un
44. UNEP/SETAC Life Cylce Initiative, op. cit.
45. THOMPSON, M., ELLIS, R., WILDAVSKY, A., Cultural Theory, Westview Print Boulder, 1990
PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ -
49
modello previsionale di giudizio e per questo non vengono considerate nella procedura di calcolo di un Ecoindicator.
Il fatalista tende, infatti, a non avere opinioni proprie ma si uniforma al giudizio degli altri, mentre l'autonomista ha
un pensiero completamente sfuggente a qualsiasi tipo di modellizzazione.
Nel modello di valutazione degli Eco-indicator, vengono quindi presi in considerazione solo i primi tre archetipi
individualista, egualitario e gerarchico e, sulla base dei loro comportamenti e giudizi di valore (Fig. 21), sono
determinati tre differenti versioni e valori di Eco-indicator.
Il modello gerarchico in genere è quello fornito come modello standard in tutte le versioni degli ecosoftware
sviluppati per la definizione di questi ecopunteggi, come per esempio SimaPrò, mentre gli altri due archetipi,
individualista ed egualitario, possono essere scelti per valutare quanto i risultati delle valutazioni da questi
strumenti software possono cambiare in funzione del diverso target utente.
Caratteristiche
distintive
Criterio guida
UGUALITARIA INDIVIDUALISTA GERARCHICA
argomentazioni
esperienza
evidenza
prevenzione
adattamento
controllo
paritaria
prioritaria
proporzionale
lungo periodo
breve periodo
bilanciamento
lungo-breve periodo
Responsabilità verso
le generazioni future
presente < futuro
presente > futuro
presente = futuro
Visione delle risorse
verso esaurimento
abbondanti
scarse
Stile delle scelte
Distribuzione delle
risorse
Percezione del
tempo
Percezione del
gestione del
gestione delle
gestione delle risorse e
rapporto fabbisogno- fabbisogno ma non
risorse ma non del
del fabbisogno
risorse
delle risorse
fabbisogno
Atteggiamento verso
la natura
Atteggiamento verso
l’uomo
Percezione del
rischio
attenzione
lasseiz-faire
costruzione di una
channel rather change
società egalitaria
avversione al rischio
ricerca del rischio
regolamentazione
restrizione del
comportamento
accettazione del
rischio
Fig. 21 - Tre archetipi e relativi giudizi di valore assunti nel metodo degli Eco-indicator.
50
- PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ
Matrici di valutazione, MET Matrix
Il metodo di valutazione a matrici è uno strumento semplificato di tipo semiquantitativo, basato sull’impiego di un
sistema matriciale, che consente di analizzare velocemente il ciclo di vita di un sistema-prodotto.
Tramite il ricorso ad un sistema di matrici, è infatti possibile individuare gli input e gli output coinvolti (materiali ed
energia ed emissioni) durante le diverse fasi del ciclo di vita, valutando ed individuando le eventuali criticità
ambientali del sistema-prodotto sulla base dei tre parametri stabiliti che in genere sono i materiali, l’energia e la
tossicità.
La valutazione tramite matrici è un sistema adottato da diversi enti di ricerca, che a seconda delle differenti
esigenze hanno strutturato matrici su criteri e quindi parametri di valutazioni diversi.
Nel caso di TU Delft46, si parla di MET Matrix dove MET sta per Material, Energy e Toxicity fattori su cui valutare i
carichi ambientali en energetici del prodotto, nei Laboratori AT&T47 è stata invece delineata invece la PIM (Product
Improvment Matrix) che consente di valutare i margini di miglioramento del sistema-prodotto.
Allo scopo di illustrare uno di questi sistemi, si riporta un esempio di valutazione della TU Delft48, che adotta
all’interno della matrice gli Eco-indicator, per indicare il peso impattante dei diversi materiali.
Operativamente l’adozione di questo metodo può essere distinta in sei principali passaggi:
1) discussione relativa alla rilevanza sociale della funzione del prodotto. Durante questo momento é
fondamentale descrivere correttamente il sistema-prodotto, fissando i confini del sistema analizzato ed
includendo gli eventuali prodotti accessori che si decide di includere nell’analisi49;
Inoltre sin da questo momento è necessario porsi le seguenti domande: come i prodotti in commercio
rispondono alle esigenze espresse dalle varie utenze, e se lo stesso prodotto, potrebbe essere sviluppato in
maniera totalmente differente, soddisfacendo lo stesso sistema di prestazioni richieste;
2) descrizione del ciclo di vita del sistema prodotto indagato, così come viene delineato con il diagramma di
flusso in una analisi di LCA completa;
3) descrizione
delle
caratteristiche
morfologiche del sistema-prodotto, distinto
in componenti e sub-componenti di cui
vengono specificati i materiali coinvolti e
le rispettive quantità (Kg.), ecc.;
MET Matrix – FASE DI PRODUZIONE
Peso (gr)
Energia (J)
Eco-indicator
(mPt)
Emissioni Tossiche
ABS
865
843.41
3.41
Ozono
Vetro
920
17.70
1.00
Acidificazione
Acciaio
860
26.30
4.26
Metalli pesanti, Ozono
Materiali
4) compilazione delle matrici, relative alle
8600
1259.00
379.00
Acidificazione, Smog invernale
singole fasi del ciclo di vita del sistema- Componenti motore
600
22.90
2.85
Metalli pesanti
prodotto: tramite ognuna di queste matrici Sospensioni
è
così
possibile
analizzare
Acidificazione, metalli
TOTALE
11845
2269.31
390.52
pesanti e Ozono
dettagliatamente
tutti
i
materiali
(specificandone le quantità), l’energia e il Fig. 22 – MET Matrix: esempio di matrice per l’analisi della fase di produzione.
valore in Eco-indicator, che ne esprime il
carico energetico-ambientale e le conseguenti emissioni tossiche (cioè quali effetti ambientali sono coinvolti)
in ogni specifica fase (Fig. 22);
46. TU Delft, Technical University of Delft, Section of Industrial Design Engineering (NL).
47. GRAEDEL T.E., Product Improvement Matrix, AT&T Bell Laboratories, USA.
48. Nello specifico si veda CAPELLINI, M., Approach to Life Cycle Assessment for Designers, FAAR-Fondazione Architetto Augusto Rancilio, Section for Environmental
Product Development - Delft University of Technology, Unità di Ricerca Progetto Prodotto Ambiente, Politecnico di Milano, Milano, luglio 1997 oppure il sistema sviluppato
da ENEA con il software VERDEE
49 Per esempio nel caso di una macchina per il caffè, si tratterà di decidere se includere anche i filtri impiegati quotidianamente per la produzione del caffè.
PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ -
51
5) compilazione di una matrice
riassuntiva riferita all’intero ciclo di
vita del sistema-prodotto: che
consente di analizzare i cinque
parametri di valutazione: materiali,
energia,
carichi
energeticoambientali espressi in Eco-indicator
coinvolti nelle cinque distinte fasi
(Fig. 23);
6) delineazione delle possibili soluzioni
relative ai principali problemi
ambientali identificati;
MET Matrix – CICLO DI VITA RIASSUNTIVO
Fasi del ciclo di vita
Peso (gr)
Energia (J)
Eco-indicator
(mPt)
Emissioni Tossiche
11845
2269.31
390.52
Acidificazione, metalli
pesanti e Ozono
Pre-produzione
Produzione
Distribuzione
Uso – vita utile
Fine vita
TOTALE
Fig. 23 - MET Matrix: valutazione dell’intero ciclo di vita.
7) miglioramento del prodotto, ricorrendo ad una riprogettazione prodotto che fornisca le stesse prestazioni, ma
in modo concettualmente diverso.
Tramite questo sistema è così possibile mettere in correlazione pochi fattori, però rappresentativi del problema
che si sta analizzando lungo le diverse fasi del ciclo di vita o in relazione al complessivo ciclo di vita del sistema
indagato.
52
- PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ
LIFE CYCLE COST O TOTAL COST ASSESSMENT
La metodologia di Life Cycle Cost o Total Cost Assessment è una modalità di contabilità ambientale che consente
di monitorare i risultati e gli sforzi di un’azienda in campo ambientale.
Nello specifico si tratta di una metodologia di indagine economico-ambientale che mira all’identificazione e
quantificazione di tutti i costi economici associati all’intero ciclo di vita del sistema-prodotto, comprensivi anche di
quelli determinati dagli impatti ambientali che incorrono durante il ciclo di vita del prodotto analizzato.
In questo modo è così possibile includere nei tradizionali sistemi di contabilità analitica anche i costi collegati a
fattori e aspetti come:
− la manutenzione e i controlli effettuati durante la vita utile;
− la perdita di funzionalità del sistema causate dai “fuori servizio”, legati a guasti, riparazioni e controlli;
− la sostituzione di componenti che compongono il sistema;
− i costi di esercizio di prodotti aggiuntivi e ricariche, come per esempio le cartucce di una stampante o i
sacchetti di un aspirapolvere;
− il valore residuo del sistema-indagato una volta che è giunto al termine della sua vita utile.
Le motivazioni che hanno portato all’affermarsi di queste tecniche di valutazione economica di LCC sono da
ricercarsi nel fatto che molte aziende si sono accorte da tempo dell’importanza che sta assumendo la variabile
ambientale e hanno agito per trasformare l’attenzione per l’ambiente in opportunità.
Investire in prodotti e in processi con prestazioni ambientali superiori consente non solo di rispettare requisiti
legislativi sempre più stringenti, ma anche di conseguire notevoli risparmi in termini economici attraverso elevate
efficienze operative.
Tramite questi metodi di contabilizzazione dei costi, è così possibile orientare le scelte del management,
valutando in anticipo quali guadagni possono derivare da investimenti volti ad incrementare le prestazioni
ambientali di prodotti e processi in linea con principi di sostenibilità.
In altre parole uno studio di LCC agevola l’azienda ad effettuare delle scelte coerenti che comportino non solo
una efficienza energetica ma anche un vantaggio economico.
Inoltre questo strumento può rivelarsi utile anche:
− a livello di competitività internazionale perché gli elevati standard ambientali richiesti si rifletteranno anche
sui costi associati al conseguimento di questi standard ambientali;
− come strumento di anticipazione normativa: in futuro infatti costi che oggi sono considerati tradizionalmente
esterni potrebbero essere trasformati in costi interni, ovvero addebitabili all’azienda;
− come strumento che fornisce maggiore credibilità agli investitori e alle banche perché con tale analisi si
dimostra la capacità di un’impresa nel perseguire obiettivi di ecoefficienza;
− come strumento strategico per la promozione di nuovi prodotti perché questo potrebbe diventare una leva di
marketing per consolidare/aumentare quote di mercato in aree sensibili.
Prima di passare a descrivere come un’analisi di LCC può essere condotta in pratica, viste le diverse voci di costo
che entrano in gioco durante il ciclo di vita, è bene soffermarsi su una breve classificazione dei diversi costi che
vengono considerati all’interno di un’analisi di LCC.
PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ -
53
Prendendo a prestito una precedente distinzione, fatta dall’EPA50 e adottata in molte altre procedure di LCC è
infatti possibile individuare diverse tipologie di costi (Fig. 24), come:
1) costi tradizionali (usual costs): sono i costi tradizionalmente individuati e misurati nel sistema di contabilità di
un’impresa, per la redazione del bilancio civilistico, cioè il documento di rendicontazione di un’impresa.
All’interno di questo gruppo in genere rientrano i costi di produzione (legati all’acquisizione delle materie
prime, al costo del lavoro, ai costi dei fornitori, ai costi di produzione, ai costi di dismissione) e i costi legati ai
beni capitali, come l’acquisto di locali e attrezzature.
A questo livello le strategie di design adottate per il nuovo prodotto possono comportare una loro riduzione di
questi costi, perché trattasi di indicazioni strategiche mirate a minimizzare l’uso di risorse e materiali, il
numero minore di ore di lavorazione o i costi legati allo smaltimento dei rifiuti e al controllo delle emissioni.
In questo caso un sistema di contabilità tradizionale dei costi rileva ed individua facilmente i vantaggi offerti
da una progettazione che adotta strategie di ecocompatibilità.
2) Costi indiretti: sono sempre costi interni all’impresa, ma sono più difficili da quantificare e ricondurre alla
produzione di un prodotto o ad un processo produttivo.
Nei costi indiretti, infatti sono compresi anche i costi nascosti e meno tangibili, che spesso possono essere
inclusi in altre figure di spesa non specificatamente riconducibili agli aspetti ambientali oppure legati a
situazioni che solo potenzialmente possono accadere.
A loro volta i costi indiretti possono dividersi in:
− costi nascosti (hidden costs): sono i costi correlati all’adeguamento a regolamentazioni interne o a
imposizioni normative esterne all’impresa.
Tra questi si possono annoverare per esempio, i costi sostenuti per le procedure di valutazione di impatto
ambientale (VIA) da compiere prima dell’insediamento di una nuova realtà produttiva, quelli legati a
permessi o certificazioni di prodotto, i costi connessi alle operazioni di monitoraggio e auditing ambientale
dei processi di lavorazione, i costi assicurativi per eventuali incidenti ambientali, i costi legati ai controlli di
sicurezza delle attrezzature.
Anche in questo caso come il precedente un design che adotti delle strategie di LCD può avere delle
ricadute dirette e positive su questi costi riducendoli;
− costi connessi a responsabilità future (liability costs): sono i costi connessi a eventuali multe imposte
all’impresa per il mancato adeguamento ad alcune normative o al risarcimento di danni nel caso di
incidenti ambientali causati dalle attività produttive.
In questo caso oltre ai costi per le spese legali, le imprese potrebbero trovarsi di fronte alla necessità di
sostenere le spese per la bonifica e il trattamento dei siti compromessi o potrebbero essere costrette al
pagamento di penali destinate a risarcire le comunità danneggiate (perdite economiche e materiali).
3) costi meno tangibili (less tangibile costs): questo tipo di costi sono in qualche modo ricollegabili ai precedenti
tipi, ma sono molto più difficili da quantificare perché collegati all’immagine dell’impresa, al morale, al
benessere e quindi alla produttività dei lavoratori, alla fedeltà del cliente.
Per esempio nel caso di incidenti e/o disastri ambientali causati dalla attività produttive di un’azienda, questa,
oltre alle conseguenze economiche dirette, potrebbe subire una perdita per la compromissione dell’immagine
aziendale con conseguenze sulla vendita dell’intero brand di prodotti.
In questo gruppo rientrano anche le cosiddette esternalità, cioè i costi esterni, che il meccanismo dei prezzi e
le attuali regole di mercato finora non sono riusciti ad attribuire all’impresa, ma che invece alla luce delle
recenti tendenze normative, almeno per quanto riguarda gli impatti ambientali, cominciano ad essere
internalizzati e a ricadere sull’impresa.
50. KEOLEIAN, G., MENEREY, D., Life Cycle Design Guidance Manual Environmental Requirements and Product System, EPA-600R92226, EPA Environmental
Protection Agency, Washington, USA, 1994 – pag. 120-129
54
- PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ
Sono costi esterni legati alle conseguenze economiche che le prestazioni di un prodotto possono avere su
diversi aspetti (impatto sulle risorse naturali, sulla salute umana, sull’ecosistema, sulle culture agricole, sulla
biodiversità, sulle strutture e infrastrutture civili) la cui valutazione monetaria non è agevole dal punto di vista
economico a causa delle dirette ed indirette implicazioni etiche.
COSTI
MENO
TANGIBILI
PRE-PRODUZIONE
COSTI
NASCOSTI
PRODUZIONE
FUORI
OPERA
FINE VITA
COSTI
CONVENZIONALI
DI PRODOTTO
PRODUZIONE
IN OPERA
VITA UTILE
COSTI PER
RESPONSABILITÀ
FUTURE
Fig. 24 – Diverse tipologie di costo considerate in un’analisi di LCC
La somma di tutti questi tipi di costi, tradizionali e indiretti determinano i costi totali a carico dell’impresa, che
possono essere indagati e contabilizzati in un’analisi di LCC.
Analisi di LCC, che come vedremo, si struttura in una maniera molto simile ad un’indagine di LCA e che per
questo potrebbe rivelarsi molto utile se condotta in maniera parallela ad un’indagine di LCA, per illustrare sulla
base di una serie di assunzioni e dati comuni, sia la valutazione delle prestazioni e dei carichi ambientali che dei
costi economici ad essi associati.
Queste due metodologie, LCC e LCA, infatti condividono uno stesso obiettivo, ovvero una valutazione ungo
l’intero ciclo di vita con lo scopo di supportare i momenti decisionali.
Ma oltre a queste analogie, tra i due metodi esistono anche alcune differenze:
− i metodi convenzionali di LCC non considerano i costi legati ai processi di produzione dei componenti, ma
solo i costi di mercato di questi, mentre un’analisi di LCA valuta con attenzione la fase produttiva e gli impatti
ambientali associati,
− durante un’analisi di LCC i valori assunti sono calcolati con un tasso di sconto, che considera gli interessi che
potrebbero maturare nel tempo e i valori di inflazione calcolati sullo stesso periodo.
PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ -
55
Questo significa che i guadagni economici sul lungo periodo hanno un minore interesse di quelli sul breve
periodo, cosa che non avviene in un’analisi di LCA, dove invece gli impatti ambientali che si verificano
oggi e nel futuro vengono ritenuti della medesima importanza.
Per dovere di precisione, infine, è bene sottolineare che sebbene i due termini, Life Cycle Cost (LCC) e Total
Cost Assessment (TCA) in genere vengono impiegati comunemente per indicare lo stesso tipo di analisi, secondo
il rapporto dell’UNEP51, si specifica che si riferiscono a due diverse situazioni.
Secondo tale rapporto nel caso di:
− Life Cycle Cost, si intende la valutazione dei costi diretti e indiretti legati alle prestazioni ambientali lungo
l’intero ciclo di vita,
− Total Cost Assessment ci si riferisce ad una simile valutazione dei costi ambientali, ma comprensiva anche di
una serie di valutazioni su base statistica delle spese ambientali legate alle esternalità che sino a poco tempo
fa non venivano imputati alle imprese e quindi non erano tenuti in considerazione nei processi decisionali
dell’impresa.
Life Cycle Cost in Architettura….
Sebbene queste tecniche siano diffuse nel mondo industriale, la loro applicazione all’ambito delle costruzioni è
ancora piuttosto limitata.
Questo perché dati sui costi di componenti e servizi sono facilmente disponibili, mentre valori relativi ai costi
operativi di un edificio sono difficili da reperire perché in genere sono ritenuti a livello commerciale confidenziali.
Componenti e sistemi che riducono gli impatti ambientali di un edificio in genere sono associati ad un riduzione
del consumo di risorse durante la vita utile, ma in alcuni casi per questi sistemi potrebbero intervenire costi
aggiuntivi, legati alla loro installazione in opera.
In questi casi, quando in una soluzione progettuale potrebbero influire sia i costi operativi che quelli capitali,
potrebbe rivelarsi molto utile un’analisi di LCC.
Per esempio se in un’analisi di LCC sono considerati i costi per aumentare l’isolamento di un muro, dovrebbero
esser considerati anche i costi legati, non solo all’acquisto del materiale, ma anche i costi legati ai componenti
strutturali addizionali e alla loro messa in opera ed installazione.
Come un’analisi di LCA dovrebbe fornire un inventario degli impatti ambientali evitati e addizionali lungo il ciclo di
vita, così un’analisi di LCC riportare un inventario dei costi del ciclo vita aggiuntivi o evitati
Infine, nel caso si voglia condurre un’analisi di LCC di un componente edilizio o dell’intero edificio, una
particolare attenzione dovrebbe essere posta nel conteggio dei costi legati ai consumi energetici, in particolare
quando le soluzioni proposte possono migliorare l’efficienza energetica dell’intero edificio.
Siccome ci si aspetta che i costi dell’energia lungo il ciclo di vita aumentino è importante che questi costi siano
stimati sulla base di previsioni statistiche nazionali, che tengono in considerazione, non solo i valori di mercato,
ma anche la maggiore o minore disponibilità di una risorsa.
51. UDO DE HAES, H. A., VAN ROOIJEN, M. (a cura di), Life Cycle Approaches. The road from analysis to practice, UNEP/SETAC Life Cycle Initiative, United nations
Environment programme, Division of Technology, industry and Economics (DTIE), Paris, France, 2005
56
- PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ
Descrizione di una procedura di calcolo di TCA
Allo stato attuale una procedura condivisa per condurre un’analisi di LCC, così come succede con le norme ISO
in un’analisi di LCA, non è ancora stata delineata, a causa della difficoltà di trovare dei metodi comunemente
accettati per la determinazione dei costi legati alle diverse esternalità.
Proprio su questo aspetto, sul tipo di costi esterni e sui metodi per la loro monetarizzazione si ritrovano le
principali differenze tra i diversi sistemi di valutazione disponibili.
A questo scopo esistono diversi metodi per valutare indirettamente questi impatti ambientali, tra cui si possono
citare:
− i sistemi di valutazione contingente: che sulla base di indagini, consentono di determinare quanto le persone
sarebbero disposte a pagare per prevenire i danni e gli impatti negativi sull’ambiente;
− la politica dei prezzi edonistici: che esamina il comportamento del mercato in relazione alla questione
ambientale e si basa sulla considerazione di quanto le persone sono disposte a pagare per beni tangibili non
di mercato come acqua e aria;
− il metodo EPS: che è un sistema nato per la valutazione degli effetti ambientali comprensivo anche di una
valutazione economica di questi aspetti.
Questo metodo è un esempio di integrazione dei dati raccolti e ricavati da un’analisi di LCA con le tecniche di
valutazione contingente.
In pratica i risultati di una LCA possono essere convertiti direttamente in unità di misura economiche tramite
l’uguaglianza tra 1 ELU (Environmental Load Unit), cioè l’unità di impatto ambientale a cui questo sistema
riconduce tutti gli effetti ambientali, e 1 Euro, inteso come unità monetaria necessaria per ripristinare lo stato
ambientale degradato da quello stesso impatto.
Operativamente prendendo a prestito uno dei metodi suggeriti per condurre un’analisi di Total Cost Assessment52,
l’analisi può essere svolta secondo sei passaggi principali:
1) Goal Definition and Scoping: durante questo passaggio, come nella omonima fase di LCA, sono definiti con
chiarezza l’oggetto in esame e gli obiettivi e le finalità dell’analisi, che determineranno anche i limiti di
estensione dello studio.
2) Streamline the Analysis: fissate l’oggetto dell’analisi e le finalità dello studio, durante questa fase le diverse
opzioni e alternative vengono riesaminate per comprenderne la loro applicabilità e individuare le migliori
soluzioni.
Durante questo momento l’impiego di eventuali analisi di LCI/LCA del ciclo di vita del prodotto indagato,
possono essere molto utili per identificare le possibili alternative e i relativi scenari di costo da analizzare. In
pratica durante questo momento, si stabilisce quali sono le alternative migliori dal punto di vista ambientale
su cui poi basare un confronto in termini economici.
3) Identify Potential Risk: l’intento dell’analisi è quello di far si che nei processi decisionali interni ad un’azienda,
anche i fattori (costi, benefici e impatti) legati all’ambiente e alla salute umana vengono considerati, per far si
che non vengano trascurate alternative che potrebbero comportare benefici sia al marketing del prodotto che
all’immagine dell’azienda.
L’identificazione dei rischi e dei costi ambientali legati ad ogni alternativa è un passaggio critico. Ogni
alternativa indagata, può presentare diversi scenari di rischio caratterizzati da diversi tipi e driver di costi.
Durante questa fase vengono quindi stabilite le alternative da indagare e approfondire nelle successive fasi.
52. LITTLE, A.,D., Total Cost Assessment Methodology. Internal managerial decision making tool, Centre for Waste Reduction Technologies (CWRT) of AlChE –
American Institute of Chemical Engineers, 2000
PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ -
57
4) Conduct Financial Inventory: in questa fase, per ogni scenario di rischio delineato viene condotto un
inventario dei costi basandosi su due differenti approcci di valutazione: la definizione dei costi fissi (derivabili
direttamente dai conti aziendali) e la delineazione dei costi potenziali, che presentano un diverso grado di
incertezza.
A questo scopo, la delineazione dei costi viene svolta, classificandoli in 5 categorie, riconducibili a:
− costi diretti (Type I - Direct cost),
− costi indiretti (Type II - Indirect cost),
− costi e responsabilità futuri e contingenti (Type III - Future and contingent liability cost),
− costi interni poco tangibili (Type IV - Intangibile internal cost),
− costi legati alle esternalità (Type V - External cost).
Per quanto riguarda le prime due tipologie, costi diretti e indiretti, i dati sono ricavabili direttamente dai bilanci
aziendali mentre per quanto riguarda le altre tre tipologie, i dati possono essere attinti da diversi database
(nel caso di questo metodo esiste una versione software che agevola la stima di questi costi, mettendo a
disposizione dati e metodi di valutazione in materia tratti da diverse fonti autorevoli);
5) Conduct Impact Assessment: durante questa fase si compie un’analisi e un riesame dei dati raccolti nella
precedente fase. Le diverse voci di costo infatti possono essere state tratte da fonti differenti e quindi
possono avere una diversa affidabilità e attendibilità, che a sua volta influenzerà l’attendibilità della
valutazione stessa.
6) Document Result: vengono documentate le assunzioni e i risultati conseguiti per ogni scenario descritto che,
insieme ad altre variabili, verranno prese in considerazione durante il processo decisionale.
In conclusione il proposito dei primi tre passaggi è la definizione qualitativa di quali sono gli aspetti di un progetto
o le alternative e i relativi scenari di rischio che maggiormente potranno influire nel bilancio economico e che per
questo saranno approfonditi nelle fasi successive, mentre i successivi passaggi, permettono, tramite l’impiego di
checklist, di definire quantitativamente i costi per ogni progetto o alternativa che si ritiene convenga perseguire in
un’ottica di sostenibilità.
58
- PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ
STRATEGIE DI LIFE CYCLE DESIGN - LCD
Nel settore del design, ormai da alcuni anni, si sono affermate una serie di strategie di Life Cycle design (LCD)
con il fine di garantire l’integrazione dei requisiti ambientali durante lo sviluppo di un prodotto o di un servizio.
Queste strategie sono coerenti con l’approccio di Life Cycle Thinking, perché considerano il prodotto come un
sistema-prodotto, ovvero caratterizzato da una serie di diverse prestazioni ambientali lungo le fasi del ciclo di vita,
e consentono con la loro adozione di assumere un atteggiamento anticipativo e preventivo durante la
progettazione.
Il parametro del ciclo di vita del prodotto risulta infatti di grande aiuto per individuare fin dal momento iniziale della
pianificazione e progettazione gli aspetti e le caratteristiche del prodotto che influenzeranno e graveranno di più
sull’ambiente durante la sua intera esistenza e anche al termine della sua vita utile quando pur non esistendo più
alcuna prestazione funzionale prosegue l’esistenza fisica del prodotto da dismettere, per il quale si potrà optare
allora per diversi scenari di trattamento di riciclo o smaltimento.
Il perseguimento di queste strategie consente infatti ai designer di intervenire in maniera trasversale sull’intero
ciclo di vita con una serie di fattori correttivi che possono migliorare le prestazioni del sistema-prodotto, oggetto di
progettazione, durante le distinte fasi del ciclo di vita.
Nello specifico le principali strategie di Life Cycle Design, che possono perseguite durante la progettazione sono:
1) la minimizzazione dell’uso delle risorse;
2) la scelta delle risorse (energetiche e materiali) con il minore impatto;
3) l’ottimizzazione della vita utile del prodotto- durata;
4) l’estensione della vita dei materiali;
5) la facilitazione del disassemblaggio.
Queste strategie di LCD possono risultare influenti su
tutte o solo su alcune fasi del ciclo di vita del prodotto
(Fig. 25).
Strategie come la minimizzazione degli impatti o la
scelta di risorse a basso impatto hanno delle ricadute
positive su tutte le fasi del ciclo di vita, mentre altre,
come l’ottimizzazione della vita utile, l’estensione della
vita dei materiali o la facilitazione del disassemblaggio
comportano dei miglioramenti solo in alcune specifiche
fasi del ciclo di vita del prodotto, quali la vita utile e il fine
vita.
L’individuazione delle strategie più appropriate da
adottare durante la progettazione dovrà essere
compiuta durante il momento metaprogettuale, solo
dopo che gli obiettivi di progetto e i requisiti di prodotto
sono stati fissati congiuntamente.
Da queste strategie infatti, derivano una serie di linee
guida (Fig. 26) e di relative indicazioni operative
(Appendice 2) che possono essere adottate dal
progettista, durante le fasi di concept e product design,
per migliorarne le prestazioni dell’oggetto indagato.
Fig. 25 - Strategie di LCD e fasi del ciclo di vita del
sistema-prodotto.
PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ -
59
Generalmente è difficile che una sola strategia possa soddisfare tutti i requisiti ambientali fissati.
Molto spesso è necessario ricorrere all’uso contemporaneo di due o più strategie, che nella migliore delle ipotesi
possono essere sinergiche, ma in alcuni casi possono suggerire indicazioni in conflitto tra loro.
In questo caso è demandata alla responsabilità del progettista la scelta di quale indicazione operativa adottare
nel progetto.
Minimizzazione dell’uso delle risorse
Significa adottare durante la progettazione una serie di guidelines mirate alla riduzione dei consumi di materia ed
energia per un determinato prodotto in tutte le fasi del suo ciclo di vita, comprese quelle progettuali e gestionali.
Da questa strategia derivano infatti una serie di guidelines che possono essere utili ed applicabili lungo tutte le
diverse fasi del ciclo di esistenza del prodotto.
Perseguire una tale strategia significa, in ultima analisi annullare gli eventuali impatti ambientali legati al materiale
o all’energia che non viene impiegata e la tutela e la conservazione delle risorse non rinnovabili.
Si tratta in pratica di adottare un approccio progettuale mirato ad eliminare le parti superflue e le ridondanze
materiali del prodotto.
Scelta delle risorse (energetiche e materiali) con il minore impatto
A parità di servizio offerto, si suggerisce la scelta di risorse (materiali ed energetiche) con un impatto ambientale
minore.
La scelta delle risorse più appropriate comporta dei benefici diretti su tutte le fasi del ciclo di vita del prodotto.
L’adozione di questa strategia comporta delle conseguenze dirette sulla conservazione delle riserve delle risorse
non rinnovabili e determina un’estensione dell’attenzione progettuale alle fasi a monte (la pre-produzione) e a
valle (la dismissione), che solo fino a pochi anni fa non erano tenute in considerazione durante il tradizionale
momento progettuale.
Nei suggerimenti forniti (appendice 2), proprio in relazione alle prestazioni a fine vita, di base c’è l’adozione di un
approccio a cascata che privilegia innanzitutto la loro valorizzazione materica dei materiali, e solo in seguito
quella energetica.
Ottimizzazione della vita utile del prodotto
Significa progettare prodotti che durino nel tempo, ottimizzando la loro vita utile53.
In particolare con questa strategia ci si focalizza sulle fasi di uso, distribuzione e fine vita.
Questa strategia può essere considerata come un percorso indiretto per la minimizzazione dell’uso di risorse,
perché rimanda nel tempo la generazione di rifiuti ed evita, indirettamente, il consumo di risorse per la produzione
di nuovi prodotti.
Inoltre il perseguimento di questa strategia comporta tramite la previsione della durata del ciclo di vita del prodotto
comprensiva delle operazioni di manutenzione/sostituzione delle parti, la possibilità di conseguire nel tempo
un’obsolescenza uniforme di tutte le parti, che pertanto potranno essere dismesse senza rimpianti a fine vita.
Accade spesso che si decreti la fine della vita utile di un prodotto, buttando via parti ancora in ottimo stato
funzionale e magari identiche a quelle contenute nel nuovo prodotto.
53. Con il termine di vita utile si intende la misurazione nel tempo della durata di un prodotto e dei suoi materiali in condizioni normali d’uso (cioè propriamente mantenuto
e non sottoposto a condizioni di stress al di là dei limiti previsti), conservando le proprie prestazioni e il proprio comportamento ad un livello standard accettato o
prestabilito. La vita utile di un prodotto può essere misurata determinando l’unità funzionale del prodotto quali: il numero di usi, la durata delle operazioni, la sua vita di
scaffale, gli anni di esercizio dell’edificio.
60
- PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ
Questa strategia non è adatta per tutti i tipi di prodotti. Si tratta infatti di distinguere se il prodotto analizzato è un
prodotto con un ciclo di vita breve, medio o lungo.
Nel primo caso infatti ci si riferisce a prodotti usa e getta o distrutti durante l’uso, per i quali, l’adozione di questa
strategia non ha senso, mentre nel caso di prodotti con una vita utile media o lunga, se questi richiedono
l’impiego di poche risorse per il loro funzionamento, l’allungamento della loro operatività, tramite la sostituzione di
alcune sue parti, può comportare indirettamente una minimizzazione dell’uso di risorse.
Inoltre l’ottimizzazione della vita utile del prodotto perseguita sin dalla fase di progettazione inevitabilmente mette
in gioco le operazioni manutenzione. Questo significa che, oltre al prodotto, durante la progettazione dovrà anche
essere pianificato un agevole sistema di manutenzione.
Manutenzione che dovrebbe comportare non solo un ripristino delle funzionalità iniziali del prodotto, ma dovrebbe
implicare un miglioramento ed un aggiornamento di queste funzioni, in quanto “diversamente, non avrebbe senso
allungare la vita di prodotti tecnologicamente non aggiornanti, che in quanto tali si proporrebbero come
sottoprodotti”54.
Estensione della vita dei materiali
Con questa strategia si intende perseguire la possibilità di valorizzare i materiali dismessi, facendoli vivere oltre la
durata dei prodotti di cui fanno parte, tramite una loro valorizzazione materica (riuso o riciclaggio) o energetica
(termovalorizzazione o incenerimento).
Questa strategia si focalizza solo sul momento di fine vita del prodotto, e nello specifico sul destino dei materiali e
componenti che potrebbero presentare ancora un buon grado di funzionalità e potrebbero essere riutilizzati o
potrebbero essere riciclati in Materie Prime Seconde.
Adottando sin dal momento progettuale soluzioni e indicazioni progettuali che, in accordo con questa strategia,
agevolino l’estensione della loro vita utile di componenti e materiali, è così possibile contribuire indirettamente a
obiettivi come la minimizzazione dell’suo di risorse non rinnovabili perché si rendono disponibili delle risorse
secondarie, e si evita così la produzione di una corrispondente quantità di materiali provenienti da risorse naturali
vergini.
Adottando questa strategia, viene privilegiato un approccio a cascata55, che innanzitutto agevola il riuso del
materiale o componente che presenta ancora un buon grado di funzionalità, perché comporta operazioni semplici
per il suo reimpiego quali eventuali trattamenti di pulizia, manutenzione e/o rigenerazione con limitati impatti
ambientali.
In seconda istanza nel caso si opti per il riciclaggio durante la progettazione, bisogna poter valutare fino a che
punto conviene privilegiare tale soluzione, sulla base delle diverse possibilità tecniche di riciclaggio, dei centri di
trattamento disponibili nella zona e dei limiti ambientali di questi trattamenti.
Il riciclaggio di un materiale può essere infatti condotto secondo diverse modalità:
− riciclaggio diretto: quando i materiali sono impiegati, previo trattamento meccanico, come inerti nella
realizzazione di nuovi materiali (ad esempio i materiali plastici nei conglomerati cementiti o il PET ridotto in
fiocco per filati).
In questo caso i processi sono semplici, di facile adattabilità e con un basso dispendio energetico e i prodotti
realizzati possono essere riprocessati più volte, perché i legami che si stabiliscono tra i materiali sono solo di
natura superficiale;
− riciclaggio indiretto: quando i materiali sono utilizzati per la produzione di beni analoghi a quelli da cui
derivano, attraverso processi che prevedono solo il passaggio di stato, senza una variazione della loro
composizione chimica come per esempio il vetro.
54. BISTAGNINO, L., Ecodesign Componenti, Time & Mind – Quaderni di Design, Torino, 1999, pag. 32
55. L’approccio a cascata si basa sull’assunzione che le caratteristiche tecnologiche ed economiche dei materiali riciclati sono minori rispetto a quelli vergini di partenza.
PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ -
61
In questo caso uno dei limiti principali sta nella difficoltà di selezionare frazioni di materiali il più possibili
omogenei, ovvero senza scarti di natura diversa che possono compromettere la qualità finale del materiale
riciclato.
Anche questo processo di recupero può avvenire infinite volte;
− riciclaggio differenziato: quando i materiali sono usati per produrne di nuovi con caratteristiche tali da
richiedere particolari processi per evitare la perdita delle qualità fisico-tecniche specifiche dei materiali derivati
(come le leghe o gli accoppiati).
Per questi materiali realizzati da più materie prime, è necessario prevedere ed agevolare una preliminare
separazione in materie prime singole o, nel caso estremo, studiare un nuovo materiale che preveda nella sua
composizione lo stesso mix di sostanze componenti.
Questo trattamento comporta un’alta flessibilità operativa, ma anche un elevato dispendio energetico.
− Riciclaggio indifferenziato: quando i materiali sono usati per la produzione di beni, le cui materie prime
possono avere prestazioni inferiori rispetto a quelle del prodotto da cui derivano.
Appartengono a questo gruppo quei materiali per i quali risulta difficile la loro separabilità in frazione di
materiali omogenei, per cui la scelta ricade sul miscuglio eterogeneo56.
Solo in ultima istanza quando gli scarti di materiale hanno buon potere calorifero e questi sono difficilmente
riprocessabili secondo una delle modalità viste, allora si potrà decidere per un suo recupero o valorizzazione
energetica.
In questo modo si avrà un recupero termico con la possibilità di ridurre il volume della frazione da avviare allo
smaltimento in discarica.
Queste operazioni di incenerimento o termovalorizzazione possono comportare rischi ambientali, derivanti
dall’emissione di fumi tossici.
Inoltre, anche se il riciclaggio dovrebbe dipendere solo da fattori tecnici oggettivi come le caratteristiche del
materiale da trattare e i limiti tecnici dei processi produttivi, attualmente è invece fortemente influenzato da altri
fattori di tipo economici.
Il riciclaggio dei materiali è infatti strettamente legato all’economia del processo produttivo ed al momento è
adottato solo quando il bilancio tra i costi del processo di recupero e il valore delle materie recuperate risulta
attivo.
In altre parole si sceglie di destinare al riciclaggio una certa quota di materiali, non solo in funzione delle tecniche
specifiche a cui può essere sottoposto, ma soprattutto quando esistono centri di trattamento nelle zone limitrofe
ed esiste una rete di approvvigionamento e un mercato, una richiesta di materiali riciclati provenienti da tali
operazioni.
Facilitazione del disassemblaggio
Significa progettare prodotti facilmente disassemblabili allo scopo di rendere agevole ed economica la
separazione delle parti o dei materiali nel caso di eventuali interventi di manutenzione o una volta che il prodotto
è giunto al termine della vita utile.
Il disassemblaggio di un prodotto, non può essere semplicemente considerato come l’operazione rovesciata del
suo assemblaggio, in quanto così pensato comporterebbe costi proibitivi. Per questo motivo lo studio del
disassemblaggio di un oggetto deve essere considerata durante l’attività progettuale concentrandosi sulla messa
a fuoco di aree di rottura predeterminate e tali da implicare, al momento dell’effettivo disassemblaggio poco
lavoro e pochi strumenti.
56. Il riciclaggio inoltre può essere classificato ad anello aperto o chiuso. Nel primo caso (closed loop recycling), si intende quando un materiale da avviare al riciclo (in
genere scarti di produzione) rientra in circolo nel medesimo processo che lo ha generato, sostituendo i materiali vergini in ingresso. Nel secondo caso (open loop
recycling) invece il materiale scartato dalle linee di produzione o quello giunto alla fine vita utile del prodotto, rientra in circolo in un processo diverso da quello originario.
62
- PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ
Facili operazioni di disassemblaggio renderanno più agevole la manutenzione e l’aggiornabilità del prodotto,
contribuendo all’ottimizzazione della sua vita utile.
Inoltre favorirà una maggiore separabilità delle parti e dei materiali una volta che il prodotto è giunto al termine
della sua vita utile, e quindi garantirà che una maggiore separazione in frazione di materiali omogenei da
destinare al riciclaggio.
La progettazione modulare, nata con lo scopo di facilitare le operazioni di assemblaggio, mediante la
scomposizione dell’architettura del prodotto in unità fisiche, può essere un utile approccio anche ai fini del suo
smontaggio per eventuali interventi di manutenzione o per il loro successivo riciclaggio.
Il disassemblaggio può essere di tipo distruttivo o meno, a seconda che il suo scopo sia il recupero e/o il
riciclaggio di interi componenti, o invece il semplice riciclo dei materiali costituenti.
Nel caso di recupero di interi componenti, la convenienza a procedere fino ad un certo grado con un
disassemblaggio non distruttivo, dipenderà da tre variabili:
− i tempi e quindi i costi: che sono inversamente proporzionali al grado di separazione dei materiali;
− il grado di separazione dei materiali: cioè fino a che punto conviene procedere ad un disassemblaggio che
privilegia la separazione delle parti. Tanto più si procede alla separazione delle parti e tanto maggiori saranno
i tempi impiegati e quindi i costi, ma dall’altra parte maggiore sarà anche il grado di omogeneità dei materiali,
e quindi le potenzialità di ottenere materie prime seconde con buone prestazioni fisico-tecniche;
− i prezzi dei materiali vergini e i costi di discarica: che sono piuttosto variabili in funzione delle tendenze di
mercato, politiche e legislative.
Nel secondo caso, invece, quando il ricorso al disassemblaggio è mirato al solo riciclaggio dei materiali costituenti
adottando tecniche come la macinazione dei materiali seguita dalla loro separazione , si potrà invece optare per
un disassemblaggio distruttivo.
In questo caso si raggiungerà un minore grado di purezza dei materiali riciclati finali e quindi con qualità fisicostrutturali e con un valore economico minore.
Una soluzione corretta in assoluto non esiste, in molti casi si tratta di valutare a priori fino a che punto procedere
al disassemblaggio e alla separabilità di intere parti e questo dipenderà, come abbiamo visto non solo da fattori
tecnici o legati alle caratteristiche del materiale, ma anche da fattori economici.
In molti casi, non si esclude che la soluzione ottimale sia una soluzione ibrida, che prevede la separazione dei
materiali fino a dove si ha una certa convenienza economica, dopodiché si potrà optare invece per la
frantumazione delle parti del prodotto rimanenti.
PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ -
63
Fig. 26 – Interazione tra guidelines di LCD e fasi del ciclo di vita del sistema-prodotto.
64
- PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ
Fig. 27 – Interazione tra guidelines di LCD e fasi del ciclo di vita del sistema-edificio.
PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ -
65
Strategie di Life Cycle Thinking in Architettura…
Anche l’edificio, inteso come sistema-edificio caratterizzato da una serie di prestazioni e parametri mutevoli nel
tempo, se progettato optando per soluzioni progettuali coerenti con le strategie e relative guidelines di LCD
adattate al settore edilizio, potrà presentare delle migliorate prestazioni ambientali (Appendice 2).
Nello specifico:
− minimizzazione dell’uso delle risorse e scelta delle risorse (energetiche e materiali) con il minore impatto:
l’adozione di queste strategie, durante la progettazione di un edificio, possono comportare dei notevoli
benefici a livello ambientale.
Il settore delle costruzioni, allo stato attuale, ha un impatto rilevante sull’intero ecosistema sia in termini di
consumo di material che di emissioni nell’ambiente.
Per avere un quadro della situazione, si stima che al settore delle costruzioni siano imputabili i seguenti
fattori57:
− consumo annuo del 40% materie prime (circa 3 milioni di tonnellate);
− consumo di circa 1/3 dell’energia totale per il solo funzionamento degli edifici a cui si deve aggiungere la
quantità di energia impiegata per la costruzione;
− emissione in ambiente di circa il 50 % di gas che contribuiscono all’effetto serra;
− consumo del 25 % di alberi tagliati ogni anno viene trasformato in elementi e componenti impiegati in
edilizia;
− riduzione delle falde acquifere disponibili a causa degli eccessivi consumi domestici.
Alla luce di questi dati, sono evidenti i benefici che possono derivare dall’adozione di queste strategie e
conseguenti guidelines limitando gli impatti sull’ambiente.
− ottimizzazione della vita utile del prodotto: questa strategia può essere utile per ottimizzare la sua vita di
esercizio dell’edificio, esempio di prodotto di lunga durata.
L’ottimizzazione della vita utile dell’edificio, prevedendo facili operazioni di manutenzione ordinaria o
straordinaria, che ne mantengano l’efficienza nel tempo, non fa altro che favorire l’allungamento nel tempo
della sua vita utile, evitando che diventi energy consuming, quindi obsoleto e con alti costi di gestione rispetto
ad un edificio di nuova costruzione.
Il momento di fine vita di un edificio e la decisione di procedere alla sua demolizione, laddove non esistano
peculiarità semantiche e simboliche che ne giustifichino a priori la conservazione, è stabilito infatti da una
verifica del rapporto tra i carichi energetico ambientali relativi alla costruzione di un nuovo edificio e quelli
della fase di utilizzo.
Se ,e quando, questi ultimi sono superiori ai primi, la scelta dovrà orientarsi alla dismissione del manufatto.
La scelta di adottare sistemi tecnologico costruttivi flessibili e adattabili per esempio agevolerà operazioni di
manutenzione ordinaria e straordinaria facili e poco onerose, e inoltre, faciliterà eventuali cambi di
destinazioni d’uso che nel corso della sua lunga vita utile, mantenendo un buon livello di efficienza
energetico-ambientale, rimandando nel tempo il momento del suo fine vita e quindi anche la produzione di
rifiuti da costruzione e demolizione (C&D) il cui recupero e trattamento è ancora piuttosto difficoltoso.
57. I dati sono tratti da: LATINA, C., BARATTA, A., Rifiuti, risorse e tecnologie di riciclaggio, in atti del Convegno Internazionale Progetto abitare verde. Riciclare: tecniche,
esperienze e prospettive nell’architettura e nel design, Atti 2000, Edizioni Giannini, Napoli, 2001, pag. 262-266
66
- PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ
− Estensione della vita dei materiali: il perseguimento di questa finalità sin dalla fase progettuale può
comportare delle migliori prestazioni complessive dell’edificio e indirettamente può comportare dei benefici
anche in relazione alla minimizzazione del consumo di risorse e alla riduzione degli impatti ambientali.
Nei paesi dell’Unione Europea, si stima che la produzione di scarti e rifiuti da costruzione e demolizione
(C&D) è di poco inferiore alla quantità do rifiuti solidi urbani, che ammontano a circa 20 milioni di tonnellate
annue. In questo quadro l’Italia, insieme a Germania, Inghilterra, Francia e Spagna, è tra i principali
responsabili delle milioni di tonnellate di macerie edilizie che vengono prodotte in Europa58.
Nel settore delle costruzioni le materie prime seconde provenienti da macerie miste possono essere utilizzate
per una serie di applicazioni semplici come il riempimento di scavi o la realizzazione di sottofondi stradali.
Il problema si pone invece quando i materiali recuperati vogliono essere impiegati in applicazioni più
qualificate, dove il grado di purezza richiesto è molto più alto e il numero di impurezze ammesse è limitato.
A questo scopo diventa determinante raccogliere frazioni di materiali il più possibile omogenei, dai quali
ricavare materiali riciclati con caratteristiche qualitative migliori rispetto a quelli ricavati da mix eterogenei.
Per perseguire questa strategia in ambito edilizio è necessario quindi un maggiore controllo dei flussi di rifiuti
e scarti da C&D e, seppure con certo ritardo, anche in Italia59 si cominciano a diffondere indicazioni
progettuali in questa direzione.
Indicazioni progettuali mirate al recupero dei rifiuti da C&D e all’estensione della loro vita utile che, , dovranno
tenere conto dei seguenti fattori:
− compatibilità reciproca tra diversi componenti: si tratta cioè di considerare la compatibilità reciproca tra i
diversi componenti che a livello stratigrafico compongono l’elemento tecnico e le eventuali difficoltà
derivanti dall’accoppiamento di materiali eterogenei;
− separabilità dei componenti: tramite la quale si ottiene una maggiore o minore valorizzazione materica o
energetica dei materiali correlabile alla possibilità di suddividere e raccogliere con maggiore facilità alte
percentuali di materiali omogenei;
− caratteristiche fisico-tecniche del materiale in uscita dal processo di riciclaggio: queste caratteristiche
vanno valutate in relazione alla possibilità di recuperare una funzionalità dei materiali riciclati, pressoché
identica a quella dei materiali in entrata nel processo.
Ma al di la della fattibilità tecnica di questi processi di riciclaggio che in parte possono essere risolte con
l’adozione di soluzioni progettuali e materiali adeguati, ad influenzare il diffondersi di queste pratiche mirate
all’estensione della vita dei materiali o componenti, intervengono fattori esterni come la mancanza di un
mercato dei prodotti edilizi recuperati o riciclati, la carenza di centri di trattamento diffusi su tutto il territorio,
l’assenza di incentivi o sgravi che favoriscano l’impiego di materie prime seconde e i costi di smaltimento in
discarica nel nostro paese ancora piuttosto bassi.
58 Una ricerca del CRESME, i cui risultati sono stati presentati alla rassegna DE BUILT, tenuta a Genova del maggio 2003, indica in 20 milioni di tonnellate la quantità di
detriti prodotti dalla demolizione in Italia nell’anno 1997.
59 La quota di rifiuti da C&D riutilizzata in Italia si attesta intorno al 9%, che equivale ad un terzo della media europea, da cui si deduce un notevole potenziale di crescita
in Italia per il riutilizzo di tali scarti.
PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ -
67
− facilitazione del disassemblaggio: nel settore delle costruzioni, dove il problema della gestione e controllo dei
rifiuti provenienti dalle attività di C&D è notevole, si sono introdotte e sperimentate nuove tecniche di
demolizione dell’edificio, dette di demolizione selettiva o decostruzione, che si affiancano alle tradizionali
modalità di demolizione.
La distinzione tra demolizione selettiva o meno, sta proprio nel differente grado di separazione del materiale
di demolizione (componenti e materiali) e nella differente articolazione delle fasi operative del processo di
demolizione stesso, che, nel caso di una pratica tradizionale consiste in un’unica fase, mentre nel caso di
demolizione selettiva si compone di diverse fasi operative, concatenate tra loro come lo smontaggio, la
raccolta, il trattamento e il loro riutilizzo.
Vista in questo modo la demolizione di tipo selettivo acquisisce la stessa funzione di un progetto esecutivo
ma finalizzato alla distruzione dell’edificio.
Questo comporta la necessità di pianificare puntualmente le fasi dell’intervento di decostruzione, che a grandi
linee si distinguono in tre momenti:
− ricognizione e conoscenza del manufatto e del tipo di intervento;
− valutazione tecnica ed economica tratta dall’analisi dei dati e dalla comparazione delle tecniche
disponibili;
− programmazione e pianificazione, con la redazione di un programma che stabilisce la sequenzialità delle
operazioni, le modalità operative, le precauzioni e l’organizzazione del cantiere da adottare.
Tramite la demolizione selettiva è così possibile individuare e rimuovere i componenti di un edificio
riutilizzabili (tegole, coppi, infissi, vetri, pavimenti, mattoni, ecc.) e distinguere i materiali in inerti e attivi,
degradabili e non, pericolosi o trattati e, per ognuno individuarne, una nuova destinazione.
Allo stato attuale la demolizione selettiva raramente è una scelta competitiva rispetto alla demolizione
tradizionale, in quanto comporta tutta una serie di variabili che incrementano i costi come:
− l’impiego di molta manodopera e di operatori specializzati,
− un maggiore periodo di tempo impiegato;
− un alto livello di programmazione fin dalla fase progettuale;
− la presenza sul territorio di una rete capillare di impianti di trattamento.
Perché la pratica della demolizione selettiva sia strategicamente efficace dovrà essere facilitata da un
contesto politico e sociale proiettato alla valorizzazione delle risorse e alla riduzione dei consumi, dove la
demolizione selettiva potrà divenire un obbligo e dovrà, durante la progettazione, prevedere soluzioni
tecnologiche e componenti adeguate.
Questo significa a livello di progettazione optare, per sistemi di giunzione reversibili, che facilitino la
connessione e la sconnessione delle parti e dei componenti in caso di necessità, oltre che per soluzioni in cui
sia garantita la compatibilità tra materiali.
In questo modo sarà possibile garantire una facile accessibilità e ispezionabilità di tutte le parti, al fine di
individuare gli eventuali guasti e favorirne la riparazione e/o sostituzione durante la vita utile e una volta che
l’edificio è giunto a fine vita agevolare la maggiore separabilità dei materiali in tempi ridotti.
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- PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ
SISTEMI DI GESTIONE AMBIENTALE
I Sistemi di Gestione Ambientale (SGA), sono degli strumenti di gestione che volontariamente un’impresa o
un’organizzazione decide di adottare per perseguire una migliore efficienza non solo economico-produttiva, ma
anche ambientale.
Lo scopo di un SGA è infatti quello di apportare miglioramenti continui alle performance ambientali all'interno
dell'impresa tramite un approccio step by step, pensato per lavorare in sinergia con i sistemi di gestione per la
qualità del Total Quality Management.
Un’azienda tramite questi sistemi definisce delle linee politiche di sviluppo che comprendono anche gli aspetti
ambientali coerenti con la propria realtà produttiva, stabilendo obiettivi, responsabilità procedure e metodi per
incentivare e coinvolgere tutte le funzioni aziendali e dipendenti verso un miglioramento continuo non solo della
qualità tradizionale, ma anche ambientale.
Sulla base di queste linee politico-strategiche l’azienda pianifica e prevede delle direzioni di sviluppo in sintonia
con l’ambiente, ma, soprattutto, dimostra ai clienti, ai fornitori, alla comunità locale e ai dipendenti che
l’organizzazione si assume le proprie responsabilità ambientali.
Per questo motivo la politica ambientale adottata e perseguita tramite il miglioramento continuo dovrà essere
mirata perlomeno alla prevenzione dell’inquinamento e all’l’impegno a conformarsi alle legislazioni e ai
regolamenti ambientali e dovrà, dopo un’attenta analisi delle attuali prestazioni, essere proporzionata alla natura,
alla scala e agli impatti ambientali dell’attività
dell’azienda, dei prodotti e dei servizi offerti.
Attualmente i SGA sono codificati secondo due diversi
regolamenti, EMAS e ISO 14001, entrambi
riconosciuti a livello europeo o internazionale.
Questi sistemi, proprio per integrarsi al meglio con le
strutture organizzative interne di un’impresa, sono
strutturati secondo una procedura iterativa e continua
(Fig. 28) che, si rifà al principio del PDCA o della ruota
di Deming60, metodo sul quale si sono basano i sistemi
gestionali del Total Qualità Management.
In pratica l’impresa o l’organizzazione che vorrà
ottenere la registrazione EMAS o ISO, dovrà
dimostrare di aver adottato una procedura di
applicazione così come indicata da questi sistemi
gestionali che prevede i seguenti passaggi:
− Plan - la definizione di una politica ambientale e
degli obiettivi di miglioramento che si vogliono
raggiungere e la sua pianificazione e messa in
pratica nella struttura aziendale,
− Do - la sua formulazione e attuazione,
− Check - i controlli e le eventuali azioni correttive,
REVISIONE
DELLA
GESTIONE
POLITICA
AMBIENTALE
CONTROLLI
E AZIONI
CORRETTIVE
PIANIFICAZIONE
FORMULAZIONE E
ATTUAZIONE
Fig. 28 – Schema organizzativo di un Sistema di Gestione
Ambientale (SGA).
60. La ruota di Deming è un metodo introdotto negli anni ’50 tramite il quale gestire la variabilità controllata della produzione con lo scopo di perseguire un miglioramento
continuo. Detto anche metodo PDCA, questo sistema si struttura secondo uno schema di azione circolare e continua in 4 passaggi: Plan, pianificare a fondo prima di
agire, Do, mettere in atto le azioni studiate, Check, verificare qual è l’esito delle azioni, Act, ripetere il processo se l’esito non negativo o, invece, standardizzare la
procedura per una determinata attività se l’esito è stato positivo e ripartire con il ciclo fissando nuovi obiettivi di miglioramento
In questo modo con la circolarità del processo continuo, si persegue secondo un processo di miglioramento continuo la qualità a livello di processi e prodotti dell’azienda.
PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ -
69
− Act - la revisione del sistema di gestione, che nel caso di risultati positivi metterà a regime tale procedura e
fisserà nuovi obiettivi di miglioramento da raggiungere, mentre in caso negativo individuerà i fattori critici
cercando di correggerli.
Dimostrando di aver adottato questa procedura l’impresa potrà richiedere la verifica da un ente esterno, che
rilascerà la registrazione EMAS o la certificazione ISO, certificandone l’affidabilità.
Adottando queste procedure volontarie l’organizzazione conseguirà delle prestazioni in sintonia con l’ambiente,
che, una volta raggiunte, dovranno essere mantenute costantemente nel tempo e ulteriormente migliorate con
l’aggiornamento della politica stessa e degli obiettivi ambientali, ripartendo con il ciclo PDCA.
EMAS
L’EMAS, cioè l’Eco-Management and Audit Scheme, normato secondo il Regolamento (CE) N. 761/2001 del 19
Marzo 2001, è un sistema comunitario di ecogestione ed audit a cui possono aderire volontariamente le
organizzazioni per valutare e migliorare la propria eco-efficienza e rendere note al pubblico e ad altri soggetti il
proprio impegno nell’affrontare la questiona ambientale.
Dove per ecoefficienza si intende proprio, secondo questo regolamento la capacità di offrire prodotti e servizi
competitivi nel prezzo che soddisfino le necessità dell’uomo e contribuiscano alla qualità della vita e allo steso
tempo riducano progressivamente l’impatto ambientale e il consumo di risorse durante l’itero ciclo di vita ad un
livello almeno in linea con la carrying capacity del pianeta61.
Il principale scopo del regolamento è quello di promuovere ed incentivare azioni volontarie rivolte alla riduzione
degli impatti ambientali generati dai processi e le attività dell’azienda.
In altre parole il suo obiettivo è quello di stimolare nelle imprese e nelle organizzazioni un atteggiamento proattivo
e di anticipazione, che nella tutela della salvaguardia ambientale individua una fonte di vantaggio competitivo
rispetto ai concorrenti, piuttosto che un atteggiamento passivo come quello che invece si viene a determinare con
una politica impositiva di “command and control” calata dall’alto.
Per ottenere la sua registrazione ovviamente un’impresa o un’organizzazione dovrà dotarsi di un sistema di
gestione ambientale strutturato come descritto precedentemente. Per la sua attuazione, in Italia, si può fare
riferimento sia al Regolamento che ad una serie di linee guida che la Comunità Europea ha messo a disposizione
per facilitare la sua implementazione.
In questo modo, una volta che l’ente esterno, accreditato presso l’organismo di accreditamento dello stato di
appartenenza, ha verificato che tutti i requisiti fissati sono stati soddisfatti, rilascia la registrazione
all’organizzazione che così ha diritto ad utilizzare il logo EMAS, ad esempio per scopi pubblicitari.
In Italia l’ente competente per la registrazione e l’accreditamento EMAS è il Comitato Eco-label e Eco-audit62,
A differenza della certificazione ISO, questo sistema di gestione ambientale prevede la stesura obbligatoria di un
rapporto informativo rivolto al pubblico, la Dichiarazione Ambientale, dove sono rese note la politica e gli obiettivi
ambientali fissati, il programma di attuazione, le misure previste ed adottate per il conseguimento degli obiettivi e
sono riportati in dettaglio tutti gli aspetti ritenuti rilevanti in chiave ambientale quali le emissioni inquinanti, i rifiuti
prodotti, i consumi energetici, ecc..
61. Con il concetto di carrying capacity o capacità di carico o di sopportazione degli ecosistemi, viene normalmente inteso il massimo della popolazione di una certa specie
che un determinato habitat può sopportare senza che venga permanentemente incrinata la produttività dell’habitat stesso.
62. Il Comitato Eco-label e Eco-audit è l’organismo di accreditamento di Italia organismo accreditato dalla Comunità Europea. Opera in stretto rapporto con il Ministero
dell’Ambiente e della tutela del Territorio, con il supporto della Agenzia protezione Ambientale e dei Servizi tecnici (APAT).
70
- PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ
EMAS in Architettura…
Mentre la prima formulazione del 1983 del Regolamento (Reg. 1836/93) era volta principalmente all’analisi del
sito produttivo, con la revisione del 2001 (Reg. 761/2001), il campo di applicazione del regolamento è stato
esteso dal sito a qualsiasi organizzazione che intenda migliorare la sua efficienza ambientale globale, intendendo
come organizzazione, le società, gli enti, le ditte, le imprese, le autorità e le istituzioni, controllate o meno,
pubbliche o private che hanno amministrazioni e funzioni proprie63.
La sua applicazione alle sole aziende che avevano un sito produttivo con una collocazione geografica ben
precisa limitava l’applicazione di questo sistema di certificazione ai sistemi produttivi di tipo industriale escludendo
settori come il turismo o i trasporti.
Per questo motivo nella revisione del 2001, l’attenzione si concentra non tanto sul sito, bensì sulla relazione che
intercorre tra l’attività produttiva e l’ambito fisico in cui viene svolta, ampliando l’applicazione del sistema EMAS
anche ad organizzazioni che operano in più siti o che addirittura non abbiano un sito di riferimento, come ad
esempio le imprese che svolgono il servizio di raccolta rifiuti urbani o le aziende pubbliche che distribuiscono
energia o gestiscono i trasporti pubblici.
In questo modo è così possibile un’applicazione del sistema di certificazione EMAS anche al mondo dell’edilizia.
Per il fatto di incentivare la definizione e l’adozione di una politica ambientale, che deve essere resa nota al
pubblico tramite la Dichiarazione Ambientale, rende questo strumento adatto al mondo delle costruzioni, per il
quale vi è una richiesta sempre più estesa da parte della popolazione di conoscere ciò che avviene all’interno dei
cantieri, con quale modalità si sta trasformando lo spazio fisico urbano e quali effetti visivi e funzionali queste
trasformazioni comporteranno alla loro percezione dell’area.
Tuttavia per la sua applicazione in ambito edilizio permangono ancora parecchie difficoltà legate al fatto che tale
regolamento bene si applica ad attività prevedibili e ripetibili, che nel caso di un cantiere non sono poi molte,
perché le operazioni svolte cambiano sempre sia in relazione al progetto che al luogo in cui si svolgono.
Alla luce di queste limitazioni l’adozione della certificazione EMAS nel settore edilizio può essere adottata dalle le
imprese di costruzioni .
Per queste imprese è infatti possibile mettere in atto un sistema di controllo ambientale di quelle lavorazioni di
base che vengono ripetutamente svolte in cantiere, pianificando i criteri per la selezione delle materie prime
impiegate e rimandando invece ad analisi e valutazioni ambientali specifiche (quali ad esempio la VIA
Valutazione d’Impatto Ambientale) la verifica delle relazioni con il contesto spaziale e ambientale della
trasformazione in progetto.
Perché invece l’EMAS possa essere applicato all’intero manufatto edilizio lungo il suo ciclo di vita, sarebbe
necessaria una ulteriore rilettura critica del regolamento.
63. Nel regolamento CE per sito si intende tutto il terreno in una zona geografica precisa, sotto il controllo di gestione di un’organizzazione che copra attività, prodotti e
servizi, nonché qualsiasi infrastruttura, impianto e materiali. Con il termine di organizzazione, invece, ci si riferisce a qualsiasi società, ente, ditta, impresa, autorità,
istituzione pubblica o provata, controllata o meno che ha amministrazione e funzioni proprie. Nei casi un cui un’organizzazione costituisce un sito esso deve essere la
base per la registrazione.
PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ -
71
ISO 14001
Nel 1996, tre anni dopo l’emanazione del primo Regolamento EMAS, è stato pubblicato lo standard
internazionale ISO 14001, emesso dalla omonimo ente64, che stabilisce una serie di requisiti, indicazioni e
procedure per l’implementazione di un sistema di gestione ambientale.
Come avviene per il sistema EMAS, l’applicazione di questo standard è volontaria ed è strutturato secondo uno
schema di azione che sottolinea la circolarità del processo di miglioramento continuo, rifacendosi ai 4 passaggi di
Plan-Do-Check-Act, alla base delle strategie di perseguimento della qualità totale.
Anche in questo caso il rilascio della certificazione avviene dopo la verifica da parte di un esperto o ente esterno,
che valuterà se il sistema di gestione ambientale è conforme agli standard fissati.
In questo caso in Italia l’ente competente è il SINCERT, Sistema Nazionale per l'Accreditamento degli Organismi
di Certificazione.
A parte queste analogie, se si considera che EMAS e ISO sono state elaborati in momenti e da comitati diversi,
inevitabilmente tra i due sistemi esistono delle differenze come riportato nella successiva tabella (Fig. 29).
EMAS E ISO 14001 A CONFRONTO
Caratteristiche
distintive
EMAS
ISO 14401
OGGETTO
Sito/organizzazione
SOGGETTO
Inizialmente solo organizzzazioni e imprese
Si applica a qualsiasi organizzazione pubblica
legate ad un sito produttivo, in seguito estesa
o privata
anche alle organizzazioni slegate dal sito
STANDARD
Di gestione e perfomance
Di gestione
OBIETTIVI
Opinione pubblica
Mercato
AMBITO
TERRITORIALE
Solo in Europa
In tutto il mondo
FUNZIONE
DELL’AUDIT
Strumento di controllo di gestione con
periodicità predefinita
Strumento di controllo di gestione con
periodicità non predefinita
VINCOLI
ISTITUZIONALI
Dipendente dall’attività di soggetti accreditati
da organismi pubblici (compentent body)
Attualmente autonoma dall’operato di
organismi pubblici
TIPO DI
PROCEDIMENTO
Dichiarazione ambientale vincolante e
certificata obbligatoriamente da sottoporre ad
un verificatore esterno accreditato dal
competent body
Modalità semplificata di documentazione del
sistema di SGA, volta ad agevolare la
collaborazione tra imprese. Non è prevista
una dichiarazione ambientale
ENTE
CERTIFICATORE IN
ITALIA
Comitato Ecolabel e Ecoaudit, organismo
addreditato dalla Comunità Europea. Lavora
SINCERT, Sistema Nazionale per
in stretto rapporto con il Ministero
l'Accreditamento degli Organismi di
dell’Ambiente e della tutela del Territorio, con
Certificazione
il supporto della Agenzia protezione
Ambientale e dei Servizi tecnici (APAT).
Organizzazione/sistema
Fig. 29 – EMAS e ISO 14001 a confronto.
64 L’ISO 14001 “Sistema di gestione ambientale. Requisiti e guida per l’uso” è uno standard emanato dall’ ISO, International Organisation for Standardisation federazione
internazionale al cui interno sono raccolti tutti gli Enti di Standardizzazione nazionali. Per l’Italia rappresentata l’UNI, Ente Nazionale di Unificazione.
72
- PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ
Dalla tabella precedente, due differenze meritano di essere sottolineate.
A differenza dell’EMAS, la ISO è un sistema di gestione ambientale nato con lo scopo di rendere più agevoli gli
scambi commerciali e le operazioni di mercato tra le imprese e per questo da meno importanza alla
comunicazione e informazione al pubblico, con poche interazioni all’esterno.
In questa caso, infatti non è prevista una Dichiarazione Ambientale rivolta all’opinione pubblica, e la certificazione
diventa un riconoscimento accettato a livello internazionale per rendere più sicuri i rapporti tra imprese, fornitore e
cliente di un’impresa.
Questo comporta una differenza anche dei principi di fondo su cui si strutturano i due sistemi, perché mentre la
ISO si concentra sul sistema gestionale dell’impresa da certificare, nel presupposto che, se l’impresa ha un
programma e un corretto sistema di gestione per attuarlo, basti controllare quest’ultimo perché siano garantititi dei
risultati, con il sistema EMAS, invece, si pone maggiore attenzione alle performance ambientali che
l’organizzazione si è impegnata a perseguire e considera il sistema di gestione ambientale solo quale
presupposto per il raggiungimento dei risultati attesi, che di volta in volta devono essere verificati e controllati.
ISO 14001 in Architettura…
Per il fatto di essere nata per agevolare i rapporti mercato e scambio delle imprese, l’applicazione della
certificazione ISO14001 nel mondo delle costruzioni sembra più limitata di quella EMAS.
Dall’altronde visto che gli standard delle serie ISO sono aperti e rivolti a diversi settori, per agevolare lo scambio e
la fornitura tra le imprese, può apparire di più facile immediata applicazione per le imprese di costruzioni o le
società di servizi e gestione degli edifici, come per esempio nel caso di ospedali e servizi turistico-ricettivi che
potranno regolarizzare gli scambi e rapporti commerciali con le diverse imprese di fornitura sulla base di questo
sistema di certificazione.
PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ -
73
CERTIFICAZIONE ED ECO-ETICHETTATURA DI PRODOTTO
Le etichettature ambientali o marchi ecologici di prodotto, così come definite dalla norma ISO14020, sono un
insieme di strumenti volontari, che promuovono l’offerta di prodotti e servizi più ecologici e guidano i consumatori
finali nel loro acquisto, fornendogli informazioni utili sulle loro prestazioni ambientali.
La norma ISO14020, nello specifico identifica tre diversi tipi di certificazione ambientale che un prodotto può
conseguire:
− Tipo I: sono i marchi e le dichiarazioni, così come fissati secondo gli standard ISO 14024. L’attribuzione di
questa tipologia di etichette, da parte di enti terzi di certificazione, si basa sul rispetto di alcuni valori soglia
fissati, come nel caso dell’Eco-label Europeo;
− Tipo II: sono delle asserzioni ambientali basate su un’autodichiarazione del fabbricante, che, secondo la
norma ISO 14021 che la regolamenta, deve comunque rispettare una serie di vincoli e requisiti nel presentare
le informazioni riportate;
− Tipo III: sono delle vere e proprie Dichiarazioni Ambientali di Prodotto, emessa da enti terzi e indipendenti,
così come regolate dallo standard ISO 14025, in cui viene riportata una quantificazione dei potenziali impatti
ambientali associati al ciclo di vita del prodotto, ricavata da uno studio di LCA. Tra questi marchi, uno dei
marchi più noti è l’EPD Environmental Product Declaration, gestito a livello internazionale dallo Swedish
Environmental Management Council (SEMC).
Il significato e la funzione di queste 3 tipologie di etichetta, trova spazio all’interno delle Politiche Integrate di
Prodotto (IPP), che hanno il compito proprio di coordinare l’azione di tutti i diversi strumenti a disposizione delle
aziende per certificare le proprie prestazioni o quelle dei prodotti da loro offerti.
L’obiettivo comune di ogni etichetta ecologica è, nello specifico, quello di incoraggiare la fornitura e l’offerta di
prodotti con il minore impatto ambientale, attraverso la comunicazione di accurate e attendibili informazioni sugli
aspetti ambientali del prodotto, promuovendo in ultima analisi un mercato “verde” e incentivando e
sensibilizzando i consumatori nell’acquisto di questi prodotti.
Nella tabella successiva (Fig. 30) sono riportate le principali differenze tra le tre tipologie di certificazione, che
vedremo nei paragrafi successivi.
In un’organizzazione (azienda di produzione o società di servizi) che ha già adottato un sistema di gestione
ambientale (SGA), la certificazione ambientale di prodotto può essere utile per completare la dichiarazione
ambientale di SGA dell’impresa con informazioni che possono essere rese pubbliche e sottolineano le qualità
ambientali dei propri prodotti.
Inoltre gli aspetti ambientali messi in risalto dalla certificazione danno una maggiore attendibilità al sistema di
gestione ambientale adottato dall’organizzazione.
Infine le eco-etichettature di prodotti e servizi si dimostrano essere utili criteri di selezione dei diversi fornitori nelle
procedure di Green Procurement adottate dalle amministrazioni pubbliche o private, perché da un lato
comprovano l’acquisizione di prodotti verdi e dall’altro, agevolano le organizzazioni pubbliche e private
nell’identificazione dei requisiti ambientali o di conformità, che devono avere i prodotti o servizi da loro acquistati.
74
- PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ
CLASSIFICAZIONE SISTEMI DI ETICHETTATURA DI PRODOTTO SECONDO LA ISO 14020
Caratteristiche
distintive
TIPO I
TIPO II
TIPO III
ESEMPIO
Eco-label
Auto-dichiarazione del prodotto
EDP Dichiarazione Ambientale
di Prodotto
UNI EN ISO 14024
UNI EN ISO 14021
UNI EN ISO 14025 (O 21930
per prodotti da costruzione)
L’AZIENDE DEVE FARE
UN LCA
No
No
Si
CERTIFICAZIONE DA
PARTE DI ORGANISMI
ESTERNI
Richiesta
Non richiesta, ma assicura
credibilità
Richiesta
Comunicare le performance
ambientali
Comunicare i miglioramenti
ambientali e gli aspetti critici
Per confrontare i risultati degli
studi di LCA di prodotti
appartenenti alla stesso gruppo
Buona
Buona
utile
UTILITÀ PER LA
COMUNICAZIONE TRA
IMPRESE
Utile
Utile
Buona
UTILITÀ PER IL GREEN
PROCUREMENT
Utile
Utile
Buona
NORMA DI RIFERIMENTO
FINALITÀ
UTILITÀ CONSUMATORE
FINALE
Fig. 30 – Caratteristiche distintive delle tre diverse tipologie di certificazione di prodotto.
TIPO I – Eco-label Europeo
Questo tipo di certificazione, l’Eco-label Europeo, si rifà al Regolamento CEE n.
1980/200065, con il quale la Comunità Europea ha istituito un sistema comunitario di
assegnazione di un marchio di qualità ecologica applicabile a tutti i prodotti (esclusi di
prodotti alimentari e farmaceutici), teso a promuovere la concezione, la produzione, la
commercializzazione e l’uso di prodotti aventi un minore impatto ambientale durante
l’intero ciclo di vita.
Rivolta al consumatore finale, questo tipo di etichetta (Fig. 31) è infatti mirata a fornire al
consumatore finale indicazioni sintetiche ma affidabili sulle prestazioni ambientali del
prodotto.
L'attribuzione della etichetta ecologica, secondo lo standard ISO 14024 che la regola, Fig. 31 – Logo Eco-label.
avviene sulla base di una serie di caratteristiche ambientali o valori soglia che i prodotti e i servizi appartenenti ad
una determinata categoria merceologica devono soddisfare lungo l’intero ciclo di vita per essere considerati di
eccellenza ambientale.
Il marchio viene rilasciato dall’organismo competente nazionale, che in Italia è il Comitato per l'Eco-label e l'Ecoaudit - Sezione Eco-Label, dopo richiesta del produttore o importatore che, per scelta volontaria, ne richiede
l'assegnazione fornendo le prove del rispetto dei criteri ecologici stabiliti.
65. Questo regolamento ha sostituito il precedente regolamento Eco-label del 880/1992.
PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ -
75
Al termine di un'istruttoria tecnico-amministrativa, che in Italia è condotta dal Supporto Tecnico dell'Unità per la
Qualità ecologica dei Prodotti dell’ANPA, l'organismo nazionale competente procede all’assegnazione del
marchio e ne comunica tale assegnazione alla Commissione Europea.
I gruppi di prodotti che rientrano in questo sistema di certificazione sono stabiliti dalla European Union Eco-label
Board (EUEB) che opera per conto della Comunità Europea.
Una volta stabilito se, una certa tipologia merceologica di prodotti può conseguire questa certificazione, inizia la
fase di individuazione e definizione dei criteri ecologici, affidata al Competent Body, cioè un organo individuato da
ogni Stato Membro, con il compito di implementare il sistema Eco-label a livello nazionale.
Per l’identificazione dei criteri di assegnazione e degli specifici valori limite per una determinata categoria di
prodotti, il Competent Body si avvale di esperti che sviluppano una serie di LCA approfondite e collabora
strettamente con i produttori della specifica categoria di prodotti.
I criteri finali, così stabiliti, vengono presentati all’EUEB, votati da un Regulatory Committe composto dalle autorità
nazionali e infine adottati dalla Commissione Europea.
Una volta adottati i criteri di assegnazione restano validi per 4 anni, al termine dei quali vengono riesaminati per
essere eventualmente adattati alle nuove condizioni di mercato e ai progressi tecnologici e scientifici.
In Italia dal 2003, sono stati stabiliti approvati a livello europeo dei criteri e requisiti, che estendono l’applicazione
di questo sistema di etichettatura anche ai servizi turistico ricettivi.
L’adozione di un'etichetta ecologica di tipo I comporta sia vantaggi che svantaggi.
Tra i vantaggi è possibile annoverare:
− Maggiore credibilità dell’impresa: comprovata dal fatto che il programma è regolato da importanti organismi
competenti, come i governi. Inoltre l’uso dell'etichetta ecologica è regolamentato da un organismo accreditato.
− Affidabilità dei prodotti certificati: perché la certificazione assicura che i prodotti certificati, pur presentando le
stesse funzionalità di altri, hanno un impatto ambientale minore.
− Maggiore visibilità del prodotto certificato: poiché l’uso del marchio sugli imballaggi facilita la scelta dei
consumatori finali . Inoltre, le organizzazioni di categoria promuovono campagne promozionali dei prodotti
che ottengono questo tipo di etichetta.
Tra gli svantaggi più evidenti, invece, c’è il fatto che, l’impresa, per poter ottenere l’assegnazione del marchio di
qualità ambientale del suo prodotto e per poterlo mantenere negli anni deve sostenere dei costi sia per il suo
conseguimento che per i diritti d’uso.
Questo, insieme alla carenza di strutture tecniche che supportino le PMI nel conseguimento di tali certificazioni, si
è rivelato ad oggi un limite per la sua maggiore diffusione.
Inoltre questo tipo di etichetta è strettamente rivolta al consumatore finale, per cui nelle categorie di prodotti
certificabili non rientrano, se non in casi eccezionali, i prodotti intermedi.
TIPO II – Auto-dichiarazione
Questo tipo di etichettatura ambientale è stata elaborata dai produttori e distributori per comunicare dati e
informazioni sugli aspetti ambientali dei propri prodotti e servizi.
In questo caso si tratta di un auto-dichiarazione, non comprovata da enti terzi o da organismi esterni abilitati.
Le informazioni fornite in ogni caso per avere attendibilità devono essere verificabili, esatte e pertinenti, in
accordo con quanto stabilito dalla norma ISO 14021 che le regola.
76
- PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ
Secondo la norma citata, infatti, per poter fare un’autodichiarazione di prodotto è necessario:
− Verificare quali aspetti del prodotto sono rilevanti nella prospettiva del ciclo di vita, eventualmente usando la
metodologia semplificata di LCA.
− Evidenziare lo specifico aspetto che ha fatto aumentare la qualità ambientale del prodotto o che rappresenta
un vantaggio rispetto altri prodotti della stessa classe merceologica.
− Divulgare una promozione di carattere ambientale per evidenziare le qualità "verdi" del prodotto o servizio,
che devono poter essere verificabili, esatte e pertinenti.
− Avere sempre a disposizione tutta la documentazione necessaria per un'eventuale verifica che potrà essere
richiesta dalle parti interessate in caso di reclami o conseguenze di carattere legale.
Tra le più note autodichiarazioni si possono citare quelle fornite dai produttori sul contenuto di materiale riciclato
contenuto nei loro prodotti.
TIPO III – EDP Dichiarazione Ambientale di Prodotto
La certificazione di tipo III, come previsto dalla norma ISO/TR 14025 che
la regolamenta, fornisce una quantificazione dei potenziali impatti
ambientali associati al ciclo di vita del prodotto individuati con uno studio
di LCA.
Nello specifico con questo tipo di eco-etichettatura vengono resi noti i
valori degli indicatori di categoria, ricavati con uno studio di LCA,
associati ai diversi effetti ambientali considerati (riscaldamento globale o
Fig. 32 – Logo EPD.
effetto serra, sfruttamento delle risorse, rifiuti, ecc.) e sui quali le
prestazioni del prodotto andranno maggiormente ad influire.
La certificazione, oltre a questi dati quantitativi è corredata anche da una serie di informazioni aggiuntive di tipo
qualitativo relative al prodotto indagato.
Tramite la verifica da parte di un organismo esterno, questo sistema di etichettatura permette la trasmissione
delle informazioni sia al sistema produttivo sia al consumatore finale, facilitando da un lato il continuo
miglioramento dei Sistemi di Gestione Ambientale e dall’altro, permettendo all'acquirente, di confrontare più in
dettaglio le caratteristiche ambientali dei prodotti o servizi che verranno acquistati.
Un esempio piuttosto noto di certificazione di tipo III è il sistema EPD, Environmental Product Declaration, gestito
a livello internazionale dallo Swedish Environmental Management Council (SEMC), le cui caratteristiche principali
sono quelle di essere:
− obiettivo e attendibile: perché fondato su procedure di valutazione accettate a livello scientifico come le analisi
di LCA verificate da un ente terzo indipendente,
− neutrale: perché non è mirata a dare un giudizio assoluto sulla eccellenza di prodotto rispetto ad un altro;
− confrontabile: perché consente di fare dei paragoni tra i diversi prodotti appartenenti ad uno stesso gruppo
merceologico sulla base di comuni Product Categories Rules (PCRs) o requisiti specifici di prodotto;
− applicabile a tutti i tipi di prodotti e servizi: per la sua adozione non devono essere definiti e approvati da tutte
le parti. a priori dei criteri e dei valori soglia validi per una stessa tipologia di prodotti. Al momento sono coperti
i settori delle costruzioni, dei componenti elettrici ed elettronici, il settore tessile, il turismo, il mondo dell’auto,
carte e imballaggi, il settore dei trasporti, quello energetico e quello chimico;
− Aggiornabile, perché i suoi contenuti possono essere, dopo osservazioni provenienti dall'esterno, migliorati, e
se necessario possono essere verificate le revisioni apportate.
− Istruttiva perché fornisce ulteriori spiegazioni relative a problematiche ambientali, economiche e sociali che
aiutano a comprendere le informazioni riportate.
PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ -
77
A livello internazionale, la certificazione EPD provvede a fornire una descrizione quantificabile e verificabile delle
caratteristiche di prodotti e servizi utili per i diversi tipi di utenti, produttori, importatori, fornitori e clienti finali.
Uno dei principali aspetti di questo sistema, infatti, è quello di essere stato concepito essenzialmente su iniziativa
dell'industria stessa e questo ha portato allo sviluppo di programmi di attuazione efficienti e privi di linguaggi
burocratici, che si adattano con prontezza all'elevata dinamicità ed innovazione del mercato.
Per ottenere una certificazione EDP è necessario:
− Individuare i Requisiti Specifici di Prodotto cioè i PCRs che interessano il prodotto indagato. I requisiti specifici
di Prodotto, noti come Product Category Rules, delle "categorie di parametri pre-stabiliti" per ogni specie di
prodotto e includono le tipologie d'impatto che devono essere esaminate all'interno d'ogni classe
merceologica e le linee-guida necessarie per uno studio completo di LCA.
− Raccogliere ed elaborare informazioni quantitative basate su studi di LCA, eventualmente affiancate da altri
tipi di valutazioni qualitative che forniscono ulteriori informazioni aggiuntive sulle prestazioni ambientali del
prodotto/servizio indagato;
− Compilare un report con tutte le informazioni acquisite secondo le modalità richieste, che verrà sottoposti a
verifica esterna. In questo caso la verifica dei risultati di uno studio di LCA diventa indispensabile quando
viene reso pubblico e quindi soggetto a pubbliche osservazioni, per questo motivo viene sottoposto alla
verifica di terzi;
− Acquisire i risultati della verifica per aggiornare la dichiarazione ambientale di prodotto, con le osservazioni
dell’organismo di verifica e registrare il prodotto nell’elenco dei prodotti certificati;
− Sottoscrivere le regole per l’uso del logo EDP. Solo allora la Dichiarazione può essere resa pubblica per la
promozione e la vendita, concordemente con quanto stabilito nelle modalità operative della DAP.
Seguendo questa proceduta, le informazioni contenute in un dichiarazione ambientale di prodotto quale l’EDP
sono così divise in quattro parti fondamentali:
− descrizione dell’azienda e del prodotto o servizio oggetto dell’EPD,
− dichiarazione della prestazione ambientale del prodotto o servizio,
− informazioni aggiuntive provenienti dall’azienda,
− informazioni e note provenienti dall’ente che attesta e certifica l’assegnazione del marchio EPD, in particolare
sullo studio di LCA che ne ha costituito la base per la sua assegnazione.
78
- PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ
Certificazione di Prodotto in Architettura…
Anche in ambito edilizio si stanno affermando e diffondendo dei sistemi di certificazioni coerenti con le diverse
categorie di etichettatura così come stabilite dalla norma ISO 14020.
Per l’edificio però si tratta di distinguere se la certificazione ambientale riguarda :
− i singoli prodotti e materiali,
− i componenti e gli elementi tecnici
− l’intero organismo edilizio.
Nel caso di materiali, componenti e prodotti edilizi frutto di processi produttivi per lo più industriali e fuori opera, le
etichette e le certificazioni di tipo I, quale l’Eco-label, avrebbero potuto avere un buon livello di diffusione,
diventando anche in questo caso un elemento distintivo, che caratterizza l’eccellenza ambientale del prodotto
rispetto ad altri. Al momento però le categorie merceologiche di prodotti riguardanti l’edilizia e il mondo delle
costruzioni che possono conseguire questo tipo di certificazione sono limitate alle superficie dure per pavimenti,
alle pitture e vernici e alle lampade elettriche.
Un discorso diverso va fatto per le dichiarazioni di tipo III, per le quali, invece, è in corso di sviluppo un sistema di
certificazione a livello internazionale, basato sui medesimi criteri del sistema EPD e specifico per la valutazione di
prodotto e componenti edilizi, detto EBPD, Environmental Building Product Declaration, secondo quanto stabilito
dalla norma ISO 21930.
Va detto che c’è chi fa notare però che, che la presenza sul mercato di prodotti per l’edilizia recanti il marchio
Eco-label o EPBD, “sebbene importante, non riuscirebbe a ridurre gli impatti più significativi dovuti alla
costruzione di un manufatto edilizio, pur consentendo un qualche progresso dal punto di vista ambientale, perché
si rendono gli operatori del settore più critici nella scelta di materiali e prodotti”66.
In relazione agli elementi tecnici, composti da materiali e componenti edilizi diversi, sia in caso di nuova
costruzione che di ristrutturazione, manca ancora un riferimento metodologico coerente e unitario per
l’applicazione di un sistema di certificazione ambientale, sebbene nell’ambito di alcuni progetti di ricerca a livello
nazionale e internazionale si sia giunti a risultati significativi.
Tale livello di incertezza è da imputare al fatto che il sistema di requisiti ambientali che l’elemento tecnico deve
soddisfare è mediamente caratterizzato da un livello di complessità superiore al sistema di requisiti che
contraddistinguono il singolo prodotto.
Infine in relazione all’ intero organismo il quadro è ancora in corso di definizione sebbene siano già disponibili a
livello sperimentale alcuni sistemi di certificazione.
Nel nostro paese, per esempio è d’attualità l’introduzione di un sistema di certificazione energetica obbligatorio
che attesta le prestazioni energetiche dell’edificio durante la sua fase d’uso, come in vigore ormai da molti anni
per il settore degli elettrodomestici.
In Italia il Decreto Legislativo 192/2005 sul rendimento energetico degli edifici, integrato e corretto dal successivo
D. Lgs 311/2006, è infatti il recepimento di un’analoga direttiva a livello europeo la 2002-91-CE, che mira a
migliorare le prestazioni energetiche degli edifici della Comunità Europea, tenendo conto delle condizioni locali e
climatiche esterne, nonché delle prescrizioni riguardanti il clima degli ambienti interni e l’efficacia sotto il profilo
dei costi67.
66, CANGELLI, E., PAOLELLA, A., Il progetto ambientale degli edifici. LCA, EMAS, ECOLABEL, gli standard ISO applicati al processo edilizio, Alinea Editrice, Bologna
2001, pag. 144
67 Scopo della Direttiva Europea 2002-91-CE è proprio quello di migliorare il rendimento energetico degli edifici, in coerenza con gli ambizioni obiettivi che nel 2006 la UE
si prefissata, ovvero riduzione del 20% del consumo annuo di energia primaria entro il 2020, ricorrendo almeno per un 20% a fonti energetiche rinnovabili sul totale di
energia primaria. Alla luce di questi obiettivi sono così stati delineati una serie di orientamenti politici tra cui il piano di azione energetica 2007-2012, che individua tra gli
aspetti chiave, oltre all’efficienza dei servizi energetici, degli elettrodomestici, dell’apparecchiature per ufficio, ecc., anche il rendimento energetico degli edifici, da cui
deriva la Dir. 2002-91-CE.
PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ -
79
Il recepimento nel nostro paese di questa direttiva ha comportato un’estensione del raggio d’azione delle
precedenti normative in materia determinando un passaggio da norme prevalentemente prescrittive e focalizzate
solo sul contenimento dei consumi energetici degli impianti di riscaldamento (quali la L 373/1976 o L. 10/1991) ad
una norma prestazionale che comprende nella determinazione delle prestazioni energetiche di un edificio, non
solo i consumi adducibili agli impianti di riscaldamento in inverno, ma anche quelli per il raffrescamento in estate,
quelli per la produzione di acqua calda ad uso igienico-sanitario (acs), per l’illuminazione e per la fornitura di
energia elettrica necessaria per il regolare esercizio dell’edificio durante la sua vita utile68.
Con l’introduzione del D. Lgs 192/2005, si introduce così nel nostro paese la certificazione energetica degli edifici,
che dovrà essere obbligatoria e dovrà essere prodotta nel caso di compravendita di edifici sia di nuova
costruzione che di ristrutturazione69.
Tale sistema di certificazione, sulla base di una serie di requisiti minimi e metodologie di calcolo da adottare per il
calcolo dei rendimenti70, consentirà così di classificare gli edifici secondo 7 classi prestazionali, da A a G.
In questo modo si fornisce una valutazione dei consumi energetici dell’edificio, utile sia all’utente finale che
acquista l’immobile, che come strumento per le amministrazioni pubbliche nella definizione dei loro piani
energetici per controllare e limitare i consumi energetici complessivi e le relative emissioni71.
Alla luce di questo nuovo decreto, l’attività progettuale deve quindi porre una particolare attenzione per la
realizzazione di edifici meno energivori, le cui prestazioni dovranno essere comprovate dalle certificazioni emesse
da terzi.
Oggi questa attenzione comincia ad essere premiata dalla amministrazioni locali con incentivi in materia, che
vanno da una riduzione degli oneri di urbanizzazione ad un aumento della Superficie Lorda Occupata.
È il caso per esempio del nuovo Piano Regolatore Generale, dei relativi Piani attuativi e del nuovo regolamento
Edilizio del Comune di Roma, che per promuovere la diffusione delle fonti energetiche rinnovabili e l’adozione di
misure di efficienza energetica sia livello urbanistico che edilizio introduce fra gli interventi paesaggisticoambientali possibili, quelli definiti di Miglioramento Bio-Energetico (MBE)72, promuovendo questi interventi con
incentivi fiscali e/o finanziari a livello urbanistico, che si traducono in un aumento del 5% della Superficie Utile
Lorda ammessa dal PRG, in funzione di uno Standard Medio Prestazionale, cioè un punteggio minimo da
rispettare, definito secondo determinati requisiti, per non incorrere in variazioni in difetto della superficie lorda
ammessa.
68 Per il calcolo del rendimento energetico di un edificio, secondo la normativa si stabilisce infatti che debbano essere considerati diversi fattori: le caratteristiche termiche
dell’edificio, il rendimento degli impianti di riscaldamento, di produzione di acs e dei sistemi di condizionamento dell’aria, i sistemi di ventilazione e gli impianti di
illuminazione adottati, il posizionamento e orientamento dell’edificio, il ricorso a sistemi solari passivi che integrano i sistemi di riscaldamento o “attivi” per la produzione di
acs, una buona ventilazione naturale e la qualità climatica interna degli ambienti.
69 Nello specifico l’art. 3 stabilisce l’ambito di intervento ed eventuali esclusioni, ovvero tutti gli edifici residenziali, per uffici, sportivi ed alberghieri, come classificati
secondo il DPR 412/1993, di nuova costruzione o oggetto di integrale o parziale ristrutturazione, dovranno essere soggetti al rispetto dei requisiti fissati negli allegati dello
stesso decreto per il conseguimento della certificazione energetica.
Inoltre l’art. 6, stabilisce tempi e modi dell’obbligatorietà di tale certificazione prevedendo un’estensione dell’ambito di applicazione nei prossimi anni anche nei casi per i
quali non è già obbligatorio, come stabilito nell’art. 3, prevedendo dal 2009 la sua obbligatorietà anche nel caso della compravendita di singole unità abitative.
70 Nello specifico nell’art. 4 si stabilisce che i metodi di calcolo adottati per il calcolo delle prestazioni devono garantire risultati conformi alle migliori regole tecniche, ma
rimanda a futuri decreti attuativi, da emanarsi entro 120 giorni dalla pubblicazione del decreto (e ad oggi ancora in attesa) la definizione di tali metodologie.
Inoltre nell’allegato C vengono fissati i requisiti che dovranno essere considerati per il conferimento di tale certificazione. In particolare vengono fissati valori minimi da
rispettare in relazione a tre requisiti: fabbisogno di energia primaria, espresso in Kwh/m2 anno, dato in funzione della forma dell’edificio (dato dal rapporto S/V superficie
che separa gli ambienti riscaldati da quelli esterni su volume dell’edificio) e della zona climatica di riferimento, valori di trasmittanza che dovranno essere rispettati
dall’involucro (distinti in superfici opache o trasparenti, verticali ed orizzontali) e rendimento meglio globale degli impianti per riscaldamento e produzione di acs.
71 La vigente normativa all’art. 9 stabilisce la funzione delle regioni e degli enti locali, che in pratica dovranno provvedere all’attuazione del decreto, sviluppando un
sistema di certificazione energetica e promuovendo la realizzazione di un catasto energetico degli edifici con il fine di migliorare il l’efficienza energetica del patrimonio
immobiliare nel nostro paese normato secondo apposite leggi e decreti regionali da emanarsi. Inoltre stabilisce all’art. 17 che le regioni e provincie autonome che non
hanno ancora provveduto al recepimento della DIR 2002/91/CE dovranno rispettare il presente decreto.
Alla luce di tutto oggi assistiamo una serie di prime iniziative concrete di applicazione di questi sistemi di certificazione. La provincia di Bolzano con il noto programma di
CasaClima o la Lombardia, hanno messo a punto ed istituito un sistema di certificazione obbligatorio. Altre, come il Piemonte con la Legge 13 hanno istituito la
obbligatorietà della certificazione, ma mancano ancora dei decreti attuativi.
72. Il nuovo Piano Regolatore di Roma, stato adottato con Del. CC n. 33 del 19 marzo 2003, all’articolo 10 introduce tra gli interventi paesaggistico-ambientali possibili
quelli definiti dalla categoria Miglioramento Bio-Energetico (MBE), intendendo l’insieme degli interventi volti a migliorare le prestazioni bio-climatiche delle componenti
insediative, quali la regolazione climatica degli edifici secondo i principi della bioarchitettura, il mantenimento della permeabilità dei suoli, l’utilizzo di fonti energetiche
naturali e rinnovabili, il recuperi di acque reflue e meteoriche per usi irrigui, di fertilizzazione dei suoli e per servizi igienici, impiego di materiali da costruzione durevoli e
mantenibili e suo del verde con finalità di regolazione micro-climatica e di protezione dell’inquinamento acustico e atmosferico.
80
- PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ
Altro esempio l’aggiornamento del Regolamento Edilizio del Comune di Bolzano, che sulla base della
certificazione CasaClima73, fissa come standard minimo la classe B e stabilisce un incentivo del 10% di riduzione
degli oneri di urbanizzazione per la classe A o infine si possono citare gli incentivi messi a punto nell’ultima legge
Finanziaria del 2007, dove si prevedono una serie di sgravi fiscali con una detrazione fiscale del 55% dei costi
affrontati nel caso di ristrutturazione di un edificio in chiave eco-efficiente se comprovata da relativo attestato di
certificazione energetica.
In questo modo si viene a creare un circuito virtuoso attorno al concetto di edificio eco-efficiente, che coinvolge i
progettisti, gli utenti, ma anche e soprattutto le imprese di costruzioni, che finora non avevano alcun interesse o
vantaggio diretto a progettare e costruire edifici più sostenibili.
Il sistema di certificazione dell’intero edificio fin qui descritto però si limita ad una valutazione delle sue prestazioni
di eco-efficienza durante la sola fase d’uso.
Un discorso diverso va infatti fatto in relazione ad una valutazione complessiva, comprensiva di tutto il ciclo di vita
dell’edificio, non solo della sua eco-efficienza ma anche della sua ecocompatibilità, che in relazione alla
complessità e unicità di ogni edificio si differenzia dal componente, per la dinamica d’uso, per la durata del ciclo di
vita e la pluralità di operatori coinvolti.
Il percorso per giungere ad un sistema di certificazione dell’ecocompatibilità di un edificio e non solo della sua
eco-efficienza, sebbene più complesso, in diversi paesi stranieri è già in uso, vedi per esempio il BREAM
(Building Research Establishment Environmental Assessment Method) in Inghilterra, il GBC (Green Building
Challenge) in Canada, il LEED (Green Building Rating System) in America, solo per citare i più noti, mentre in
Italia è ancora in via di definizione e decisamente in ritardo rispetto al quadro europeo e internazionale
Per colmare questo gap in Italia negli ultimi anni, sulla base del GBC74 è stato sviluppato, dall’Associazione
Federale delle Regioni e delle Province Autonome, il Protocollo Itaca, che si delinea come un sistema simile
prevedendo schede di requisiti e relativi metodi di prova e criteri di valutazione.
Sulla base di questo sistema di valutazione, nel marzo del 2006, durante l’ultima Conferenza delle Regioni in
merito, uno specifico gruppo di lavoro Interregionale coordinato dalla regione Marche ha avanzato una proposta
di “legge-guida” regionale per l’edilizia sostenibile e i relativi sistemi di certificazione del ciclo di vita dell’edificio
basata proprio su questo Protocollo Itaca.
Inoltre in ambito UNI, Commissione Processo Edilizio, il gruppo di lavoro GL10 – Valutazione della sostenibilità in
edilizia, continuando il lavoro del precedente GL13, ha messo a punto un metodo di valutazione
dell’ecocompatibilità dei progetti basato sull’approccio esigenzial-prestazionale, che fa riferimento alla
salvaguardia ambientale, all’uso razionale delle risorse e al benessere, igiene e salute degli occupanti per tutto
ciò che non è preso in considerazione da altre norme, anche se per il momento non è stato ancora emesso.
Questo strumento di valutazione di matrice prestazionale si caratterizza per l’ampiezza delle condizioni che
prende in considerazione, delineando una serie di requisiti che devono essere soddisfatti lungo l’intero ciclo di
esistenza dell’organismo edilizio in riferimento ad indicatori sia quantitativi che qualitativi.
73 La procedura di certificazione energetica obbligatoria CasaClima sviluppata dalla provincia di Bolzano 2004, è una tra le prime ad essere stata sviluppata in Italia e
classifica gli edifici secondo in 4 classi: CasaClimaPiù, CasaClima Oro, CasaClima A, CasaClimaB.
La valutazione viene assegnata un ente indipendente, l’Agenzia CasaClima, che rispettivamente sulla base delle prestazioni dell’involucro e dei consumi energetici
stabilisce la classe di appartenenza dell’edificio (10 kWh/m2 anno per le CaseClima Oro, 30 kWh/m2 anno per le CaseClima A e 50 kWh/m2 anno per CaseClima B) e
rilascia una targa che può essere affissa all’edificio, dove sono riportati i consumi energetici.
Questo sistema di classificazione è stato adottato nel nuovo Regolamento Edilizio del Comune di Bolzano che prevede inventivi con una riduzione del 10% sugli oneri di
urbanizzazione per gli edifici di classe A.
74. Il GBC (Green Building Challenge) è uno strumento in continua evoluzione, introdotto da un gruppo di ricercatori canadesi, che fa riferimento ad indicatori di
sostenibilità ambientale, come i consumi di risorse, energia, emissioni, qualità dell’ambiente interno, qualità degli impianti e gestione.
PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ -
81
Strumenti che agevolano il progettista nel
miglioramento delle perfomances ambientali
del sistema-prodotto
METODOLOGIA DI
VALUTAZIONE DI LCA
CERTIFICAZIONI
AMBIENTALI DI
PRODOTTO (ECOLABEL, EPD)
SISTEMI DI LCA
SEMPLIFICATI
SISTEMI DI GESTIONE
AMBIENTALE (EMAS,
ISO 14401)
METODI DI LCC
STRATEGIE DI
LCD
Fig. 31 - Schema riassuntivo dei principali strumenti teorici applicabili al processo edilizio
82
- PARTE 2: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’ECOCOMPATIBILITÀ
PARTE 3
ECOSOFTWARE
Analizzati i principali strumenti teorici (Fig. 33), si è visto come molti di questi metodi e strumenti teorici possono
essere piuttosto complicati da impiegare durante il momento progettuale, perché comportano la gestione di una
grande quantità di informazioni qualitative o quantitativi, che devono essere gestite e veicolate alle diverse figure
professionali coinvolte.
La possibilità di questi strumenti e metodi di essere trasformati in strumenti informatici può essere intesa come
un’ovvia conseguenza, e come una condizione necessaria, per integrarsi nel migliore dei modi con le pratiche
progettuali ed industriali, sempre più basate su strumenti informatici di ogni tipo.
Si è visto infatti, come l’apparato produttivo industriale in questi ultimi venti anni sia stato sottoposto a diverse
innovazioni: l’adozione di approcci operativi di Concurrent Engineering o Ecodesign, il perseguimento
dell’efficienza di qualità secondo i metodi del TQM, la produzione per componenti e la frammetarizzazione degli
impianti nelle diverse realtà territoriali più convenienti, demandando all’azienda committente il solo compito di
idearlo ed eventualmente assemblarlo, e la parallela.
Queste innovazioni hanno implicato il ricorso a team multidisciplinari, in cui collaborano le diverse figure
professionali coinvolte nella produzione e nelle altre attività interessate durante le altre fasi del ciclo di vita.
Innovazioni che sono state accompagnate e agevolate dallo sviluppo e la diffusione dei sistemi di Information
Technology nelle realtà produttive, che hanno reso possibile in concreto la co-progettazione in rete, e hanno
messo a disposizione dei diversi operatori, spesso anche fisicamente molto distanti tra loro, dati e le informazioni
del prodotto in tempo reale.
Proprio grazie all’Information Technology già disponibile nel settore industriale, gli strumenti software per la
valutazione dell’ecocompatibilità hanno trovato una struttura su cui appoggiarsi e diffondersi, per far si che la coprogettazione in rete, anche a distanza, si estenda fino a comprendere le prestazioni ambientali del prodotto,
comunicando alle diverse figure, secondo un linguaggio comune e condiviso da tutti, i dati e le informazioni
necessarie.
“Nelle fabbriche”, esistono ormai, “molte macchine provviste di controllo numerico (…) che consentono di
processare un elevato numero di informazioni elaborate già all’ingresso nell’azienda, da piccoli computer ad alta
capacità (…) dati che verranno a fare parte immediata della struttura informatica virtuale, la quale li conserverà
per poterli trasmettere ed utilizzare al momento di definire il ciclo di vita ed il susseguente riuso allorché se ne
presenterà l’occasione”75.
Ecosoftware e banche dati informatizzate, che essendo la traduzione in pratica dei metodi di valutazione
ambientali visti nella seconda parte del testo, ottimizzano il processo di sviluppo del prodotto, agevolando la
collaborazione tra le diverse figure professionali coinvolte nello sviluppo di un prodotto anche sui temi ambientali.
E’ bene comunque sottolineare che il solo impiego di un ecosoftware durante la fase progettuale non potrà essere
la soluzione ottimale alla questione ambientale, né tanto meno esisterà un unico strumento informatico capace di
risolvere tutti i problemi progettuali in maniera efficace".
Questi strumenti dovrebbero essere in grado di colloquiare e di interfacciarsi efficacemente tra loro affinché le
informazioni necessarie arrivino sui tavoli di lavoro giusti e nei modi giusti, anche se al momento non è ancora
così.
75
. MICHELETTI, G. F., La progettazione eco-compatibile, in “Meccanica & Automazione”, n° 34, gennaio 1998, pg 132-137.
PARTE 3: ECOSOFTWARE -
83
STRUMENTI OPERATIVI
In questa parte della ricerca sono stati analizzati in dettaglio i diversi ecosoftware riconducibili alle principali
teorie, metodologie e strumenti procedurali descritte nella precedente parte (Fig. 33).
In altre parole sono stati analizzate le versioni informatiche, ovvero i software che agevolano in pratica
l’applicazione dei metodi di valutazione quantitativi e qualitativi delle prestazioni “ecologiche” del prodotto o del
componente edilizio lungo la sua esistenza, secondo la metodologia o la procedura di valutazione più adatta.
A questo scopo sono stati selezionati e indagati dettagliatamente gli strumenti software più diffusi nei diversi
contesti geografici e impiegati sia nel settore industriale, dove esistono molti strumenti con diverse finalità, che in
quello edilizio dove invece il loro numero è ancora ridotto (Fig. 34).
ECOSOFTWARE
ovvero
Strumenti operativi utili durante il momento progettuale
per l’applicazione delle metodologie e strategie
Athena – version 3.0 - Athena Sustainable Materials Institute – Ottawa (CA)
Boustead Model – version 5.0- Boustead Consulting Ltd., Horsham (GB)
BEES Building for Environmental and Economics Sustainability
version 3.0 - NIST - National Institute of Standards and Technology, Gaithersburg (US)
DFA – Design For Assembly – version 9.2.1.89 - Boothroyd Deswhurst Inc.,
Wakefield (US/GB)
DFM – Design For Manufacturing – version 2.1.1.149 - Boothroyd Deswhurst Inc.,
Wakefield (US/GB)
DFE – Design For Environment – version 1.2 - Boothroyd Deswhurst Inc.,
Wakefield (US/GB)
EDGE - Enviromental Design Guide for Engineers
version 3.1 - Pacific Northwest National Laboratory, Richland (US)
Green Building Advisor – GBA –
version 1.0 - CREST,
Centre for Renewable Energy and Sustainable Technology, Washington (US)
Impiegati
nei diversi
contesti
geografici
BEAT – version 2002 - Danish Building Research Institute SBI, Horsholm (DK)
Cambridge Engineering Selector, CES
version EcoSelector 4.5 - Granta Design Limited, Cambridge (GB)
EVA Ecocompatibility eValuation Approach, version 1.0 - Politecnico di Torino,
Turin (IT)
EcoScan Dare – version 2.0 - TNO Industrial Technology, Eindhoven (NL)
Ecoinvent – version 1.2 - Swiss Centre for LCI, Dubendorf (CH)
& PRé Consultants, Amersfoort (NL)
Eco-it – version 1.3 - PRé Consultants, Amersfoort (NL)
EcoScan Life – version 3.1 - TNO Industrial Technology, Eindhoven (NL)
eVerdee – version online - ENEA, Centro Ricerche Bologna Divisione
Sistemi Energetici Ecosostenibili, Bologna (IT)
GaBi – version 4.0 - IKP of the University of Stuttgart &
Leinfelden (DE)
LISA - LCA in Sustainable Architecture -
version 3.0 - BHP Billiton Minerals
Technology - Newcastle Laboratories Sustainable Technology, Wallsend (AU)
PE Europe GmbH,
IdeMat – version 2005 - Delft University of Technology, Delft (NL)
LCAiT – version 4.0 - CIT Ekologik, Gošteborg (SE)
SimaPrò – version 7.0 - PRé Consultants, Amersfoort (NL)
TEAM – version 4.0 - Ecobilan Group, Neuilly-sur-Seine (FR/US/ GB)
TCAce – version 2.0 - PRé Consultants, Amersfoort (NL)
& Earthshift, Huntington (US)
TWIN Model – version 2002 - NIBE, Netherlands Institute voor
Bouwbiologie en Ecologie, Bussum (NL)
Umberto – version 4.3 - Ifu, Institute Fur Umweltinformatik Hamburg
GmbH, Hamburg (DE) & PRé Consultants, Amersfoort (NL)
VAMP - version online - Regione Emilia-Romagna
& QUASCO S&S, Bologna (IT)
WISARD – version 1.0 - Ecobilan Group, Neuilly-sur-Seine (FR/US/ GB)
Fig. 34 – Ecosoftware tratti dai diversi contesti geografici.
La loro selezione e analisi è avvenuta sulla base di una sufficiente reperibilità di dati, informazioni e versioni
dimostrative per la loro analisi.
La finalità di questa analisi, come nella precedente parte, è proprio quella di individuare come molti strumenti
software già diffusi in ambito industriale possano trovare una utile applicazione anche nel settore edilizio,
integrandosi e colmando le criticità dei pochi ecosoftware attualmente impiegati nel processo edilizio.
84
- PARTE 3: ECOSOFTWARE
Nello specifico, in questa parte sono stati analizzati sulla base di una scheda comune, gli strumenti software
elencati successivamente:
− Athena Model (Athena Sustainable Materials Institute, USA)
− BEAT 2002 (SBi – Danish Building Research Institute, DK),
− BEES (Building and Fire Research Laboratory, NIST – National Institute of Standard and Technology, USA),
− Boustead Model (Boustead Consulting Ltd., UK),
− Cambridge Engineering Selector (Granta Design Limited, UK),
− Design For Assembly software, Design for Environment software, Design for Manufacturing software (BDI Boothroyd Deswhurst Inc., USA),
− EcoInvent (Swiss Centre for LCI, Dubendorf, CH & PRé Consultants, NL),
− Eco-iT (PRé Consultants, NL),
− EcoScan Dare, EcoScan Life (TNO Industrial Technology, NL),
− EDGE (Pacific Northwest National Laboratory, USA),
− EVA (DINSE Dipartimento di Scienze e Tecniche per i Processi di Insediamento, Politecnico di Torino, IT),
− eVerdee (ENEA, Centro Ricerche Bologna, Divisione Sistemi Energetici Ecosostenibili, IT),
− GaBi (IKP of the University of Stuttgart & PE Europe GmbH, Life Cycle Engineering, DE),
− Green Building Advisor (CREST - Centre for Renewable Energy and Sustainable Technology, USA),
− IdeMat (Design for Sustainability Program, Delft University of Technology, Faculty of Design, Engineering and
Production),
− LCAit (CIT Ekologik, A division of Chalmers Industriteknik, SE),
− LISA (BHP Billiton Limited Sustainable Development & University of Newcastle, Centre for Sustainable
Technology, AU),
− SimaPrò (PRé Consultants, NL),
− TCAce (PRé Consultants, NL & Earthshift, US),
− TEAM (Ecobilan Group, FR/US/GB),
− Twin Model – GreenCalc+ (NIBE - Netherlands Institute voor Bouwbiologie en Ecologie, NL),
− Umberto (Ifu – Institute Fur Umweltinformatik Hamburg GmbH, DE & PRé Consultants, NL),
− VAMP (Regione Emilia-Romagna & QUASCO, IT),
− Wizard (Ecobilan Group, FR/US/GB).
A titolo di esempio in questa parte si riporta solo la scheda di analisi dei software Athena e SimaPrò,
rappresentativi, il primo del mondo delle costruzioni, il secondo del sistema industriale avanzato.
Per una visione completa di tutte le schede redatte sui singoli software, oggetti di questo studio, si rimanda
all’appendice 3.
PARTE 3: ECOSOFTWARE -
85
SISTEMA DI ANALISI DEI SINGOLI SOFTWARE
I diversi ecosoftware indagati sono stati analizzati singolarmente sulla base di una scheda comune che ne ha
sottolineato alcuni aspetti comuni.
Fig. 35 – Scheda tipo impiegata per l’analisi dei diversi ecosoftware esaminati.
La scheda tipo è stata organizzata in due parti una che fornisce informazioni generali ed una, invece, che si
focalizza e analizza in dettaglio alcuni loro specifici aspetti (Fig. 35).
La scheda di analisi è stata strutturata prendendo spunto da altri sistemi di catalogazione impiegati in altri studi
inerenti questi strumenti informatici76, dai quali sono stati tratte le voci e parametri di analisi più utili a questa
ricerca.
76. Tra gli studi e le diverse catalogazioni compiuti su questi strumenti è stato preso spunto per l’elaborazione della scheda tipo dai seguenti lavori:
IEA – International Energy Agency, Annex 31, Directory Tools – A survey of LCA tools, website version, 2001, section tools
RMIT, Greening the Building life Cycle. Life Cycle Assessment Tools in Building and construction. Building LCA. Tools description, Centre for Design at RMIT University
for Environment Australia, Department of the Environment and Heritage, 2002
SIMON, M., EVANS S., McALOONE T., SWEATMAN A., (et Alii), Ecodesign Navigator, A key resource in the drive towards environmentally efficient product design,
Manchester Metropolitan University, Cranfield University, EPSRC, 1999
86
- PARTE 3: ECOSOFTWARE
Nello specifico nella parte con le informazioni generali sono riportate le seguenti voci:
1) sviluppato da: è indicato il centro di ricerca, l’organizzazione o l’ente, che ha sviluppato lo strumento;
2) prodotto e distribuito da: sono riportati i dati della società di produzione e distribuzione del software;
3) versione in commercio: sono riportate le informazioni relative alle diverse versioni disponibili dello strumento
e se è possibile reperire una sua versione dimostrativa, specificandone dove;
4) sistema hardware: sono specificati i requisiti hardware necessari per il corretto funzionamento del software.
Nello specifico sono fornite informazioni relative alla piattaforma operativa, alle caratteristiche del processore,
al sistema operativo e allo spazio libero necessario su harddisk;
5) struttura del software: dove è fornita una breve descrizione di come è strutturato il software. Nello specifico se
si tratta di un modello di calcolo correlato o meno da una banca dati, se trattasi solo di una banca dati, se si
interfaccia con altri programmi, se è fornito come singolo programma o è inserito in un pacchetto applicativo
comprensivo di altri programmi;
6) bibliografia di riferimento: è riportata la bibliografia di riferimento e il materiale cartaceo utile per la
compilazione della scheda.
Nella parte che invece riporta le informazioni specifiche del software, è possibile invece ritrovare le seguenti dieci
voci di analisi:
1) oggetto di analisi: in questa parte è specificato qual è l’oggetto di studio per cui è stato sviluppato lo
strumento. Per esempio prodotto industriale, componente edilizio, sistema-edificio o una specifica fase del
ciclo vita (gestione del fine vita o della fase di manutenzione, ecc.)
2) tipologia: in questa sezione, sulla base di una classificazione accettata a livello scientifico, viene specificato
se lo strumento appartiene alla categoria degli:
− ANALYSIS TOOL: che analizzano le prestazioni del prodotto lungo l’intero ciclo di vita e che a loro volta
si suddividono in ulteriori sottocategorie, quali gli LCI software, gli LCA software, gli Abridged LCA
software, i LCC software;
− FOCUSED ANALYSIS TOOL: che si concentrano invece sulle prestazioni del prodotto solo in alcune fasi
del ciclo di vita e che a loro volta comprendono diverse sottocategorie come i DFA software, DFS
software, i DFD software, i Material and Process (M&P) Selection software;
3) obiettivi e metodologia: qui sono descritti gli obiettivi dichiarati dello strumento e a quale metodologia, teoria o
strategia progettuale si rifanno per le loro analisi;
4) dati di input: in questo punto sono riportati i dati e le informazioni necessarie per svolgere l’analisi con lo
strumento e come questi funzionano operativamente nella elaborazione della valutazione;
5) dati di output: in questa parte viene riportata una descrizione di quali risultati, di tipo qualitativo o quantitativo
sono forniti dallo strumento e come questi vengono presentati e forniti all’utente;
6) considerazioni economiche: in questa sezione è riportato se con il software, oltre ad un’analisi delle
prestazioni ambientali, si svolge anche una valutazione delle ricadute economiche di queste prestazioni e nel
caso quale metodologia o sistema di valutazione è stato adottato;
7) ciclo di vita: in questa parte sono evidenziate le fasi del ciclo di vita che vengono indagate e/o considerate dal
software;
8) utente tipo: in questa voce sono riportate le diverse figure professionali che possono impiegare più o meno
facilmente questo strumento;
9) utilità: in questa parte viene sottolineato viene specificata in quale fase del momento progettuale77 risultano
più utili i risultati e le valutazioni fornite dello strumento;
77
Nello specifico, a seconda che si tratti di un prodotto industriale o di un edificio, i relativi momenti progettuali possono a grandi linee essere distinti e caratterizzati dalle
seguenti fasi:
PRODUCT DESIGN PROCESS: sono prese in considerazione le Quattro fasi di Metaprogetto, Concept Design, Product Design e Engineering.
BUILDING DESIGN PROCESS: si considera questo fase ideativi distinta nelle seguenti fasi: Metaprogetto, Progetto Preliminare, Progetto Definitivo, Progetto Esecutivo.
PARTE 3: ECOSOFTWARE -
87
10) database: in questa ultima parte viene fornita una descrizione del database annesso allo strumento.
Nello specifico sono descritte le modalità con cui sono raccolte le informazioni al suo interno, le diverse
tipologie di dati consultabili, i settori merceologici coperti e se è possibile importare pacchetti di dati inerenti
specifici settori, le fonti da cui sono stati tratti i dati riportati all’interno del database.
Infine viene specificato se il database è integrabile o modificabile dall’utente con propri dati specifici e se i dati
inclusi possono essere scambiati ed importati o esportati da e verso altri database.
A titolo di esempio qui di seguito sono riportate due schede di analisi dei software Athena e SimaPrò.
Per una visione complessiva di tutte le schede dei software si rimanda all’appendice 3.
88
- PARTE 3: ECOSOFTWARE
Athena
INFORMAZIONI GENERALI
SVILUPPATO DA
PRODOTTO E
DISTRIBUITO DA
VERSIONE IN
COMMERCIO
SISTEMA
HARDWARE
Athena Sustainable Materials Institute
Athena Sustainable Materials Institute
28 St.John St,
BOX 189
Merrickeville, ON K0G 1N0 - Canada
Phone: +1 613 269 3795
Fax: +1 613 269 3796
E-mail: [email protected]
Website: www.athenasmi.ca
• Versione 3.0
• Costo, $ 390.00 (USA), $ 600.00 (Canada). Esistono versioni scontate per le Università
• Versione demo, scaricabile direttamente dal sito www.athenasmi.ca
•
•
•
•
Piattaforma operativa: PC o Macintosh (System 9.1, con 128 MB RAM)
Processore: CPU di velocità minima 150 MHz, con 32 MB RAM minimo
Sistema operativo: Microsoft Windows 95 e successive versioni
Spazio occupato: 40 MB
• MODELLO DI CALCOLO E BANCADATI
• Il software è fornito come singolo programma, contenente al suo interno diverse funzionalità che agevolano
STRUTTURA DEL
l’esecuzione delle diverse operazioni di calcolo possibili.
SOFTWARE
• Non interfaccia con altri programmi.
• Il software contiene al suo interno una propria bancadati che raccoglie informazioni e valori di Life Cycle
Inventory relativi a 90 diversi tipi di materiali strutturali e di rivestimento, impiegabili nelle diverse unità
tecnologiche o elementi edilizi. Inoltre è integrabile dall’utente con valori e informazioni relativi a nuovi elementi
tecnologici non compresi nel database.
• Grafica a finestre e menu
• Dati e informazioni ricavabili direttamente dal sito www.athenasmi.ca;
• Versione demo del software scaricata direttamente dal sito;
BIBLIOGRAFIA DI • GIORDANO, Roberto, Metodi e strumenti di valutazione dell’ecocompatibilità di scelte tecnologiche edilizie
nell’ottica del ciclo di vita, tesi di ricerca presso il Dottorato di ricerca in Tecnologia dell’Architettura e
RIFERIMENTO
dell’Ambiente (XV ciclo), Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura, Milano, 2004
• TRUSTY, Wayne B., HORST, Scot, Integrating LCA Tools in Green Building Rating Systems, paper presented
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• TRUSTY, Wayne B., Life Cycle Assessment, database and sustainable building, paper presented at The LatinAmerican Conference on Sustainable Building, Sao Paolo, July 2004;
• LUCUIK, Mark, TRUSTY, Wayne, NILS, Larsson, ROBERT, Charette, A Business Case for Green Buildings in
Canada, Morrison Hershfied, Ottawa, Canada, March, 2005;
• TRUSTY, Wayne, Understanding the Green Building Toolkit: Picking the Right Tool for the Job, paper
presented at the USGBC Greenbuild International Conference & Expo, Pittsburgh, November 2003;
• TRUSTY, Wayne, Introducing An Assessment Tool Classification System, Advanced Building Newsletter # 25,
July 2000.
PARTE 3: ECOSOFTWARE -
89
Athena
OGGETTO DI
ANALISI
TIPOLOGIA
INFORMAZIONI SPECIFICHE
COMPONENTE EDILIZIO – Nello specifico l’edificio composto da UNITÀ TECNOLOGICHE O ELEMENTI TECNICI
comunemente impiegati in edilizia.
ANALYSIS TOOL - LIFE CYCLE ASSESSMENT SOFTWARE
L’Athena software, specificatamente chiamato anche EIE, Environmental Impact Estimator, fornisce informazioni
relative alle prestazioni ambientali ed energetiche di unità tecnologiche o elementi tecnici (partizioni verticali,
OBIETTIVI E
orizzontali di divisione o copertura) comunemente impiegati in edilizia, che assemblate tra loro danno origine al
METODOLOGIA manufatto edilizio.
Sviluppato per agevolare gli architetti, gli ingegneri e i ricercatori nella valutazione delle implicazioni ambientali dei
progetti di nuovi edifici residenziali, industriali e uffici o nella ristrutturazione di edificio esistenti, questo strumento
consente di considerare allo stesso livello sia i requisiti tradizionali che quelli ambientali sin dalle prime fasi del
percorso progettuale.
È uno strumento di supporto alle decisioni basato sulla metodologia LCA e mirato a valutare le implicazioni
ambientali dell’intero edificio o delle unità tecnologiche.
Nel settore edilizio, ritenuto uno dei principali responsabili dell’emissione di gas serra (CO2 Emissions) nell’ambiente
e del rilascio di sostanze tossiche in acqua o in aria, si ritiene, da chi ha sviluppato il programma, che la
metodologia LCA sia un utile strumento per la comparazione dei diversi effetti ambientali associati all’impiego di
materiali e componenti edilizi e per la valutazione delle loro prestazioni energetico-ambientali durante la produzione,
il trasporto e l’uso. Considerazioni comprovata da diversi studi americani e canadesi, che hanno sottolineato come
l’energia consumata per la fase costruttiva dell’edificio corrisponde all’energia impiegata per la gestione dell’edificio
durante una vita utile di 20 anni.
Nello specifico grazie all’EIE è possibile per l’utente scegliere l’unità tecnologica più adatta da un punto di vista
energetico ambientale, in relazione alla struttura dell’edificio, che potrà essere simulata all’interno di questo
software con un ossatura in acciaio o con una struttura portante in cemento armato.
La scelta quindi terrà in considerazione le prestazione dell’unità tecnologica analizzata durante il suo intero ciclo di
vita, relazionandola con il sistema edificio in cui andrà a inserirsi.
La valutazione inizia con l’immissione, in apposite finestre di dialogo (preset building assembly dialogues), dei dati
relativi al progetto architettonico dell’edificio da parte dell’utente. L’edificio descritto verrà scomposto in diverse unità
DATA INPUT
tecnologiche: fondazioni, partizioni verticali, travi e colonne, partizioni orizzontali (pavimenti e coperture) e altre
categorie di materiali, di cui verranno specificati tipologia e dimensioni. Una volta inseriti tutti i dati necessari alla
descrizione delle unità tecnologiche che si intendono comparare, il software visualizza l’edificio in questione come
una struttura ad albero, dove le diverse unità saranno rappresentate gerarchicamente in funzione delle loro reali
connessioni nell’edificio.
DATA OUTPUT
90
Durante la descrizione dell’edificio, l’utente potrà selezionare dal database connesso, le diverse tipologie di materiali
e processi comunemente impiegati per la realizzazione della struttura portante o dell’involucro dell’edificio. In questo
modo sarà possibile simulare oltre 1000 sistemi di assemblaggio distinti in specifiche unità tecnologiche (fondazioni,
struttura portante, partizioni verticali o orizzontali, e altre unità) e modellare circa il 95% degli usuali edifici (building
stock) nel Nord America, rappresentandoli come struttura e pacchetti tecnologici impiegati per il suo involucro.
Una volta terminata l’immissione di tutti i dati, il software quasi istantaneamente evidenzierà le implicazioni
ambientali dalla culla alla tomba (from cradle-to grave) dell’oggetto di studio, valutando i flussi in entrata e in uscita
durante le diverse fasi del ciclo di vita dell’edificio o dell’unità tecnologica analizzata sulla base dei seguenti effetti
ambientali:
• consumo complessivo di energia (Gross Energy Consumption);
• indice di tossicità dell’aria (Air Toxicity Index);
• indice di tossicità dell’acqua (Water Toxicity Index);
• emissione di rifiuti solidi (Solid Waste Emission),
• consumo/esaurimento delle risorse (Weighted resource Use – fossil fuel, other non renewable resources and
water)
- PARTE 3: ECOSOFTWARE
INFORMAZIONI SPECIFICHE
Athena
• effetto serra potenziale (Global Warming Potential);
• creazione di smog fotochimica ( Stratosferic Ozone creation);
• eutrofizzazione (nutrification of water)
• acidificazione (acidification);
• rilasci tossici (toxic release in water, arie and land)
In altre parole in funzione di questi parametri l’utente ha la possibilità di scegliere i diversi elementi tecnici in
relazione alle caratteristiche dell’intero edificio.
I risultati della valutazione potranno essere visualizzati secondo diversi sistemi, agevolando la comparazione tra
due o più unità tecnologiche simili secondo valori aggregati (Summary Measure) degli effetti ambientali prima citati
oppure secondo valori disaggregati (Absolute Value), cioè specificando le singole quote energetiche (diretta e
indiretta) o le quantità di emissioni, potenzialmente imputate per i diversi effetti considerati.
Inoltre i risultati relativi ai consumi energetici e agli effetti ambientali potranno essere:
• riferiti alle diverse fasi del ciclo di vita del manufatto edilizio (Life Cycle Stages)
• quantificati in funzione delle unità tecnologiche considerate (Assembly Group)
• espressi come gli effetti potenziali relativi alle energia impiegata durante la fase di gestione.
In questo modo sarà così possibile avere una valutazione di tutti gli elementi coinvolti, stabilire gli effetti legati alle
diverse operazioni di assemblaggio e individuare velocemente gli elementi o i fattori particolarmente critici.
Oltre ad una valutazione del singolo edificio, con l’Athena Software, è possibile comparare due o più progetti
contemporaneamente, specificando le categorie di effetti ambientali considerati e i consumi energetici, su cui
verterà il confronto. In questo caso i risultati potranno essere espressi in funzione dei processi considerati nelle
diverse fasi di vita (Life Cycle Stage) o in funzione di specifiche unità tecnologiche impiegate (Assembly Group).
Inoltre sarà possibile condurre questo confronto, sia per singole categorie di effetti, sia fissando una unità di
superficie comune di riferimento (Unit Area), sia assumendo i consumi e gli effetti di un edificio come parametro di
riferimento e valutazione (Project Baseline) per la valutazione degli altri edifici selezionati.
VALUTAZIONE
ECONOMICA
CICLO DI VITA
Non sono svolte analisi o considerazioni di tipo economico relative al ciclo di vita dell’oggetto di studio.
Tramite EIE è possibile determinare i consumi energetici e valutare gli effetti ambientali delle unità tecnologiche e
degli elementi tecnici selezionati durante le seguenti fasi del ciclo di vita del manufatto edilizio:
• produzione fuori opera (manufacturing): relativa alla produzione dei materiali e dei componenti (comprensiva
della fase a monte di produzione);
• produzione in opera (construction): relativa alla fase di cantiere vera e propria;
• fase di uso e manutenzione (Occupancy/Maintenance): dove si tiene conto del tipo di edificio, delle emissioni
rilasciate in ambiente durante la sua presunta vita utile (comprensiva degli impatti a monte per la produzione di
energia necessaria al suo funzionamento) e delle implicazioni ambientali delle eventuali operazioni di
manutenzione ordinaria e straordinaria;
• fase di Demolizione (Demolition): dove verranno valutate le diverse implicazioni ambientali legati ai diversi
scenari di dismissione.
Nello specifico per quanto riguarda la fase di esercizio o vita utile dell’edificio è possibile, tramite una funzionalità
interna, inserire i valori risultanti in seguito ad una simulazione energetica dei suoi consumi in un anno, che sarà
comprensiva di tutti valori a monte coinvolti per l’approvvigionamento energetico necessario.
Il software inoltre consente anche di valutare l’energia impiegata durante l’intero ciclo di vita dell’edificio.
Per quanto riguarda le prestazioni durante la fase di pre-produzione, all’interno della quale sono convenzionalmente
considerate le attività di estrazione delle risorse prime e la costruzione delle infrastrutture necessarie al loro
trasporto, queste sono comprese all’interno della fase di manufacturing e su questi aspetti non è quindi possibile
condurre un analisi specifica
UTENZA TIPO
Il software è stato sviluppato per architetti, ingegneri e ricercatori per agevolarli nel compiere delle veloci analisi
di LCA del manufatto edilizio, anche se poco esperti della metodologia stessa.
La lettura dei risultati, se però condotta da figure professionali poco esperte di tale metodologia, può condurre a
delle interpretazioni fuorvianti.
PARTE 3: ECOSOFTWARE -
91
INFORMAZIONI SPECIFICHE
•
UTILITÀ
Athena
Difficoltà di impiego: medio-bassa. Il software presentandosi con un’interfaccia grafica molto semplice e per
l’impostazione “a scatola chiusa” dei dati compresi nel database di facile impiego.
•
DATABASE
BUILDING DESIGN PROCESS: questo software è molto utile nelle prime fasi di progettazione preliminare
ed engineering dell’edificio.
Il suo impiego consente di valutare la complessità del edificio, inteso come sistema complesso dato
dall’assemblaggio di diversi componenti, selezionando le soluzioni tecnologiche e progettuali migliori dal punto
di vista ambientale.
Inoltre può essere poi integrato nella successiva fase di progettazione definitiva ed esecutiva da un altro
software il BEES, che invece si focalizzerà specificatamente sulle prestazioni economiche ed ambientali dei
singoli componenti edilizi, slegati dal contesto in cui verranno inseriti.
Punto di forza di questo strumento è la bancadati annessa, all’interno della quale sono inseriti valori inerenti le
prestazioni energetico-ambientali di diverse tipologie di materiali comuni impiegati per la realizzazione della struttura
portante o dell’involucro dell’edificio.
Oltre ad una loro valutazione di LCA, è possibile anche visualizzare i valori in forma disaggregata derivanti dalla
precedente fase di inventario.
Nella procedura di calcolo della prestazioni, inoltre, è possibile attingere dal database dati relativi all’energia
impiegata e alle relative emissioni emesse durante la sua costruzione in cantiere, durante le operazioni di
riparazione, sostituzione e manutenzione, durante la sua fase di esercizio e durante le fasi di demolizione e
dismissione.
I dati raccolti all’interno del database sono organizzati secondo le seguenti unità tecnologiche: fondazioni
(Foundations), travi e colonne (Beams&Columns), muri (Walls), pavimenti e coperture (Floors and Roofs), altre
categorie tecnologiche (Extra Basic Materials).
Ognuna di queste categorie al loro interno è ulteriormente suddivisa nelle rispettive classi di elementi tecnici:
elementi strutturali in legno, in acciaio, in cemento armato e relativi sistemi di giunzione, prodotti per l’involucro in
diversi materiali, materiali isolanti e barriere al vapore, diverse tipologie di manto di copertura, finestre e sistemi a
curtain wall, diverse tipologie di finiture
Per esempio nel caso delle fondazioni sarà possibile selezionare tra due alternative plinti in calcestruzzo (concrete
footing) oppure fondazioni a platea in calcestruzzo armato (concrete slab on grade).
Nella sezione Extra Basic Materials, inoltre l’utente ha la possibilità di inserire nuovi elementi descrivendone
quantità e caratteristiche.
Al suo interno sono anche compresi database specifici appositamente sviluppati, che riportano dati relativi
all’energia impiegata e alle emissioni emesse in relazione alla fase di costruzione in cantiere, alle operazioni di
riparazione, sostituzione e manutenzione, alla fase di esercizio e al momento della demolizione e dismissione.
Inoltre l’analisi condotta dal software può anche essere contestualizzata geograficamente, con l’assunzione di dati
specifici relativi ai diversi sistemi di approvvigionamento energetico, ai trasporti, alla produzione di energia elettrica
e conseguenti effetti relativi a 8 distinte regioni canadesi, tre stati americani o su una media di dati americani.
In merito alla trasparenza dei dati impiegati, il software adotta un sistema relativamente diffuso “a scatola chiusa”,
limitandosi a riportare i testi e i riferimenti bibliografici da cui sono stati adottati le procedure di calcolo e di
conversione, però non consente all’utente di visualizzare gli algoritmi di calcolo che portano alla determinazione dei
consumi energetici (indicando cioè il sistema di produzione energetico a cui si fa riferimento), ne permettono di
visualizzare i fattori di conversione delle emissioni inquinanti, utilizzati nella fase di caratterizzazione e valutazione
degli effetti ambientali in una analisi di LCA.
Il database è costantemente sotto sviluppo e in aggiornamento.
92
- PARTE 3: ECOSOFTWARE
INFORMAZIONI GENERALI
SVILUPPATO DA
SimaPrò
PRé Product Ecology Consultants
PRé Consultants
Plotterweg 12
PRODOTTO E
3821 BB Amersfoort - Netherlands
DISTRIBUITO DA Phone:+31 (0) 33 4555022
Fax: +31 (0) 33 4555024
E-mail: [email protected]
Website: www.pre.nl
• Versione 6.0, disponibile in formato single user o multiuser, nelle seguenti versioni:
− Compact: per realizzare una veloce analisi di LCA da parte di utenti poco esperti (per es. designer e
VERSIONE IN
progettisti)
COMMERCIO
− Analyst: per effettuare una dettagliata valutazione di LCA da parte di esperti. Questa versione è dotata
di ulteriori funzionalità che garantiscono una maggiore trasparenza e flessibilità dei dati impiegati,
ricorrendo all’uso di un sistema di indicatori di qualità dei dati, che rendono possibile l’esportazione e la
modifica dei dati del database, ecc.
− Developer: per compiere un’approfondita analisi di LCA da parte di consulenti o associazioni di
produttori che vogliono sviluppare e tenere aggiornato un database relativo ad uno specifico settore che
sia un utile strumento di consultazione per i loro membri-clienti.
SISTEMA
HARDWARE
•
Versione demo, scaricabile direttamente dal sito www.pre.nl/simapro/default.htm
•
•
•
Piattaforma operativa: PC o Macintosh/Unix computer usando il software Windows emulation
Processore: Pentium IV, CPU di velocità minima 2.0 GHz, con 512 MB RAM minimo
Sistema operativo: Windows 98, Windows ME, Windows NT 4.0, Windows 2000, Windows 2003 server e
Windows XP
Spazio occupato 1 GB
•
BANCADATI E MODELLO DI CALCOLO
• In funzione della versione, il software è fornito come singolo programma o come pacchetto di diversi
STRUTTURA DEL
programmi che permettono di utilizzare le diverse funzionalità dello strumento.
SOFTWARE
• Interfaccia con altri programmi. Nelle versioni più sofisticate dedicate ad analisti ed valutatori di LCA è
possibile importare ed esportare dati da altri programmi e database.
• Tutte le versioni del software sono fornite con il database Eco-invent, più o meno modificabile e integrabile
in funzione della versione scelta. In questo database sono coperti 2500 processi riferiti a diversi settori.
• Grafica a finestre e menu
• Dati e informazioni ricavabili direttamente dal sito www.pre.nl/simapro/default.htm;
• Versione demo scaricato dal sito;
BIBLIOGRAFIA DI • GOEDKOOP, Mark, OELE, Michiel, SimaPro 6 – Introduction to LCA with SimaPro, Pré Consultants,
Amersfoort, The Netherlands, 2004;
RIFERIMENTO
• GOEDKOOP, Mark, OELE, Michiel, EFFTING, Suzanne, SimaPro 6 Database Manual. Methods Library, Pré
Consultants, Amersfoort, The Netherlands, 2004;
• GOEDKOOP, Mark, SPRIENSMA, Renilde (et Alii), The Eco.indicator 99. A damage oriented method for Life
Cycle Impact Assessment. Methodology Report, Amersfoort, The Netherlands, 2001;
• ALLIONE, Cristina, Applicazioni nel campo del disegno industriale della metodologia LCA e degli Ecotool che
agevolano l’integrazione dei parametri ambientali, Tesi di Laurea discussa presso la Facoltà di Architettura del
Politecnico di Torino, Luglio, 1999;
PARTE 3: ECOSOFTWARE -
93
SimaPrò
OGGETTO DI
ANALISI
TIPOLOGIA
OBIETTIVI E
METODOLOGIA
DATA INPUT
DATA OUTPUT
VALUTAZIONE
ECONOMICA
94
INFORMAZIONI SPECIFICHE
PRODOTTO INDUSTRIALE, SISTEMA-PRODOTTO, PROCESSI E SERVIZI
ANALYSIS TOOL - LIFE CYCLE ASSESSMENT SOFTWARE
SimaPrò (System for Integreted EnvironMental Assessemnt of PROducts) è un software per analizzare e
monitorare le performance ambientali di un prodotto o di un servizio secondo la metodologia LCA.
Il software, disponibile in diverse versioni in funzione delle diverse tipologie di utenti a cui è rivolto permette di
modellare, analizzare e valutare il completo ciclo di vita di un prodotto in una maniera trasparente e sistematica,
seguendo le procedure e le raccomandazione fornite dalle norme ISO 14040.
Le perfomance ambientali del prodotto sono espresse come punteggi disaggregati (cioè distinti in funzione dei
diversi effetti ambientali considerati e del sistema di valutazione adottato con i relativi fattori di caratterizzazione)
oppure come singoli punteggi aggregati (Eco-indicator) dati dalla somma dei contributi disaggregati relativi ai
diversi effetti ambientali considerati.
L’utente inserisce i valori relativi ai diversi momenti del ciclo di vita del prodotto analizzato, e grazie ad un LCA
Wizards (strumento di aiuto e guida), questi vengono tradotti in grafici ad albero (e fogli di calcolo), che permette di
modellizzare e visualizzare il ciclo di vita dell’oggetto di studio.
I dati inseriti dall’utente potranno essere relativi ad un particolare sistema di produzione, per cui potranno essere
raccolti direttamente sul sito della specifica azienda oppure potranno essere dati generali, reperibile facilmente nel
database annesso.
Una volta descritto il ciclo di vita dell’oggetto di studio, il software elabora automaticamente i dati di inventario
distinti in consumi energetici e di materiali, rifiuti solidi ed emissioni in aria e in acqua.
Questi dati possono poi essere ricondotti ad un certo di numero di categorie di inventario, svolta adottando uno dei
seguenti sistemi di valutazione e relativi fattori di conversione compresi nello strumento come: Eco-indicator 99
v2.1, Eco-indicator 95 v2.1, CML 92 v2.1, CML baseline 2000 v2.1, EDIP/UMIP v2.1, EPS 2000 v2.1, Ecopoints
97 v2.1, IPCC2001 GWP v1.1, Cumulative Energy Demand (CED) v1.1.
Questi diversi sistemi di valutazione si differenziano tra loro per:
• il diverso numero di categorie di impatto considerate: è possibile adottando uno dei metodi di valutazione,
aggiungere o eliminare alcune categorie di impatto;
• il livello di aggregazione dei risultati: in funzione dell’uso che si vuole fare dei risultati dell'analisi e del tipo di
utenza a cui sono rivolti è possibile esprimere la valutazione del ciclo di vita dell’oggetto di studio come un
singolo punteggio (espresso come Eco-indicator, EPS score o Swiss Ecopoint), facilmente interpretabile
anche da un utenza poco esperta o come una serie di dati non aggregati, che richiedono una certa capacità
di interpretazione e conoscenza delle tematiche ambientali da parte degli utenti a cui sono rivolti;
• la procedura di valutazione adottata: tutti i sistemi adottati garantiscono le fasi obbligatorie di classificazione e
caratterizzazione, come stabilito dalla ISO 14042, ma non tutti poi proseguono con le fasi di normalizzazione,
raggruppamento e classificazione, valutazione dei danni e interpretazione. In questo modo le valutazioni
risultanti possono essere espresse o come singoli punteggi disaggregati o come valori più o meno
disaggregati, che comportano un esperienza più o meno avanzata con il software e la metodologia di LCA da
parte dell’utenza.
Non sono svolte analisi o considerazioni di tipo economico relative al ciclo di vita dell’oggetto di studio.
- PARTE 3: ECOSOFTWARE
INFORMAZIONI SPECIFICHE
CICLO DI VITA
UTENZA TIPO
UTILITÀ
DATABASE
SimaPrò
L’analisi dell’oggetto di studio (sistema prodotto o prodotto-servizio) può essere estesa dettagliatamente a tutto
l’intero ciclo di vita, comprese le fasi di pre-produzione, o può essere ristretta solo ad alcune fasi rappresentative,
in funzione dei confini di analisi fissati all’inizio dell’analisi di LCA e del tipo di dati che si è scelto di estrapolare dal
database.
L’oggetto di analisi viene descritto come una struttura ad albero dove vengono descritte le fasi del ciclo di vita
analizzate (intese come system process) a loro volta ulteriormente visualizzabili più in dettaglio in specifici processi
di produzione con i relativi input/output ambientali ed economici (riferite alla unit process),
Il ciclo di vita del prodotto viene convenzionalmente considerato composto dalle seguenti fasi:
• Assembly: intesa come la fase di assemblaggio del prodotto, permette di evidenziare tutti i passaggi e i loro
relativi carichi ambientali necessari per arrivare ad avere il prodotto finito. Durante questa fase in funzione dei
confini di studio e del grado di approfondimento di valutazione che si vuole raggiungere (fissati durante il
primo momento di definizione degli obiettivi e dei confini di studio dell’analisi), è possibile analizzare in
dettaglio le precedenti fasi a monte di pre-produzione, che portano all’assemblaggio del prodotto, compresi
quindi gli impatti necessari per ottenerli;
• Usage: se l’oggetto di studio oltre ad un consumo energetico, prevede anche l’impiego di prodotti ausiliario o
il consumo di materiali, è possibile con il software considerare anche il ciclo di vita di questi prodotti ausiliari.
• Disposal: è possibile delineare lo scenario di fine vita del prodotto optando tra le seguenti possibilità:
− Waste Scenario: dove viene specificato il flusso di materiali, distinti per i diversi tipi di scarti e relativi
processi di trattamento (incenerimento, riciclaggio, compostaggio, ecc.), senza indicazioni su come il
prodotto viene disassemblato
− Scenario Disposal: dove vengono descritte le ulteriori fasi del ciclo di vita come il disassemblaggio ed il
riuso di alcune parti del prodotto e le parte destinate al waste scenario, secondo i diversi tipi di
trattamenti.
I trasporti vengono considerati e riportati in tutte le diverse fasi, per esempio i processi di trasporto necessari per
l’assemblaggio oppure quelli per la distribuzione e l’uso di energia durante la fase d’uso.
In funzione della versione scelta e del tipo di risultati forniti, più o meno aggregati, il software è stato sviluppato per
essere impiegato da:
• progettisti (designer e architetti)
• engineering (coinvolti nella fase di ingegnerizzazione del prodotto o del progetto esecutivo dell’edificio)
• analisti e consulenti di LCA
• gruppi di associazioni industriali o consulenti
che avranno a loro disposizione più o meno funzionalità in funzione del loro grado di esperienza.
• Difficoltà di impiego: medio - bassa, grazie all’uso di guide interattive che accompagnano anche l’utente
poco esperto nel compiere l’analisi in modo corretto.
• PRODUCT DESIGN PROCESS: è possibile avere risultati espressi come punteggi singoli o come dati più o
meno aggregati, che rispondono meglio alle diverse esigenze di analisi e valutazione durante tutte le diverse
fasi di sviluppo del prodotto (Metaprogetto, Concept Design, Product Design e Engineering).
Un’analisi di LCA può essere condotta per un uso interno o esterno all’azienda e quindi i conseguenti risultati,
possono essere utili, per un uso interno, per fissare obiettivi e strategie, o come veloci verifiche delle scelte
progettuali fatte, mentre nel caso di uso esterno, per comunicare e/o rendere note le performance ambientali
del prodotto o per conseguire certificazioni ambientali.
In questo secondo caso, secondo la ISO 14042, conviene però appoggiarsi ad un team esterno che
garantisce l’imparzialità dei risultati forniti. Nel caso di comparazione tra due o più prodotti, è preferibile non
ricorrere all’impiego di sistemi di valutazione a punteggio (che prevedono le fasi di normalizzazione,
valutazione dei danni, ecc.) ed rendere noti i risultati disaggregati relativi alla fase di caratterizzazione.
Nel database sono riportati dati proveniente dalle principali banche dati come: EcoInvent, ETH-ESU 96, BUWAL
250, Dutch Input-Output Database, US Input Output database, Industry data, IDEAMI 2001, Franklin US LCI
database, Data archivi, Dutch Concrete database, IVAM, FEFCO.
Durante l’analisi è possibile definire il tipo di dati che si vuole impiegare, specificando il periodo di tempo a cui si
rifersicono, il cobtesto geografico a cui si riferiscono, il sistema di allocazione dei carichi e i limiti del sistema
oggetto di studio. Inoltre nel software è compreso un indicatore che valuta la qualità dei dati impiegati e segnala
dati sensibili o poco affidabili.
I dati relativi ai diversi processi, nel database sono espressi in due versioni, come unit process o come system
process.
Nel primo caso sono riportate le emissioni e le risorse di input relative alla fase di processo selezionata,
comprendendo ed illustrando anche tutti i valori di input/output dei processi a monte del processo analizzato e le
loro reciproche relazioni, nel secondo caso invece, tutti i dati a monte sono aggregati in un singolo record, senza
collegamenti con altri processi.
PARTE 3: ECOSOFTWARE -
95
Fig. 36 – Schema concettuale impiegato per la delineazione dei risultati articolati nella matrice sinergico-comparativa finale.
96
- PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI
PARTE 4
DELINEAZIONE DEI RISULTATI
Dall’analisi dei diversi software svolta sulla base della comune scheda tipo, è possibile individuare i reali fattori di
differenziazione e caratterizzazione dei diversi strumenti.
Compiendo infatti una comparazione trasversale o una lettura dei fattori comuni più importanti è possibile fare
una prima serie di considerazioni sui seguenti aspetti caratterizzanti questi strumenti informatici:
− Classificazione degli strumenti in due diverse tipologie d’uso in funzione del fatto che i software indagati
analizzino l’intero ciclo di vita o solo alcune sue fasi;
− Analisi della loro utilità, specificando le loro diverse finalità durante il Process Design e l’utente tipo per
cui sono stati sviluppati;
− analisi e valutazione dei sistemi di valutazione adottati e degli effetti ambientali considerati nell’analisi
condotta dal software sulle prestazioni dell’oggetto di studio;
− analisi svolte dagli ecosoftware delle conseguenze economiche legate agli impatti lungo il ciclo di vita;
− analisi dei caratteri distintivi dei diversi database annessi agli strumenti analizzati.
Questi aspetti infatti possono essere considerati i reali fattori di differenziazione che caratterizzano i diversi
software nell’analisi di un prodotto industriale o di un componente edilizio.
Le considerazioni e le conclusione inerenti questi aspetti, verranno poi rielaborate e riassunte in una matrice
sinergico-comparativa, strutturata secondo lo schema illustrato nella pagina qui a fianco (Fig.36).
Dalla lettura della matrice finale sarà possibile per il progettista avere una visione d’insieme di tutti questi
strumenti, vista sotto un’unica lente d’ingrandimento il ciclo di vita dell’edificio.
In questo modo sarà così possibile avere una lettura immediata delle potenzialità e criticità dei diversi software
sulle diverse fasi del ciclo di vita e sulle diverse scale d’azione.
Inoltre sarà possibile individuare possibili sinergie d’impiego tra i diversi software.
PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI -
97
Fig. 37 – Classificazione degli ecosoftware in due categorie, Analysis software e Focused Analysis software, contraddistinte
da diverse tipologie di strumenti all’interno di ognuna.
98
- PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI
TIPOLOGIE DI ECOSOFTWARE
Come si può vedere dallo schema riportato (Fig. 37), una prima
distinzione che può essere fatta tra i diversi strumenti analizzati è
quella tra:
− strumenti nati per il settore industriale, ma che con i dovuti
adattamenti possono essere applicati anche in campo edilizio come
Boustead Model, LCAiT, GaBi, SimaPrò, TEAM, Eco-it, Ecoscan
Life, eVerdee, TCAce, Umberto, DFA Software, DFM Software, DFE
Software, EcoScan Dare, Wisard, CES EcoSelector, EcoInvent, Idemat
− strumenti nati invece proprio per focalizzarsi sull’analisi dell’edificio o dei suoi componenti, come Athena Model,
BEES, BEAT 2002, Twin Model, EVA, EDGE, GBA, VAMP. Software che come vediamo al momento sono
ancora in numero minore rispetto agli strumenti diffusi e impiegati nel settore del design e del mondo
industriale.
Al di la di questa prima considerazione, riunendoli tutti insieme, per valutare quali strumenti sviluppati per l’analisi
del prodotto potrebbero essere utilmente applicati anche per le analisi nel settore edilizio, i diversi strumenti
possono essere in funzione della loro capacità di analizzare l’intero ciclo di vita dell’edificio o solo alcune sue fasi,
in due gruppi principali:
− ANALYSIS SOFTWARE
− FOCUSED ANALYSIS SOFTWARE
Nei paragrafi successivi, saranno descritte le principali caratteristiche di ogni gruppo di strumenti, che come
vediamo (Fig. 37), al loro interno, potranno essere ulteriormente classificati in diverse tipologie.
Dallo schema si può vedere come alcuni di questi software sono presenti in più di una sottocategoria perché
coprono diverse funzioni.
PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI -
99
ANALYSIS SOFTWARE
Gli Analysis software sono strumenti che forniscono una valutazione qualitativa e/o quantitativa degli impatti
ambientali di un prodotto anche complesso come il componente edilizio costituente un edificio, elaborata secondo
la metodologia di LCA - Life Cycle Assessment78.
Caratteristica peculiare di questi strumenti è quella di essere stati sviluppati con lo scopo di analizzare il
comportamento ambientale dell’oggetto di studio lungo l’intero ciclo di vita.
In altre parole, sono capaci, in relazione al consumo di materie prime ed energia e all’emissione nell’ambiente di
sostanze solide, liquide o gassose durante le diverse attività coinvolte lungo il ciclo di vita di delineare una
valutazione delle prestazioni energetico-ambientali del sistema-prodotto, ovvero di esprimere il contributo del
prodotto sugli effetti ambientali più conosciuti e ritenuti dannosi per l’uomo e l’ambiente.
Tramite questi strumenti è possibile condurre un’analisi una valutazione from cradle to grave, quindi comprensiva
delle prestazioni non solo dalla culla al cancello (from cradle to gate), cioè sino al momento dell’immissione del
prodotto sul mercato, bensì sino al suo fine vita, considerando quindi aspetti e prestazioni che fino a pochi anni fa
non erano considerate durante il momento di ideazione e progettazione di un nuovo prodotto.
La necessità infatti di gestire in maniera corretta l’innumerevole quantità di dati coinvolta in questo tipo di analisi,
comporta come condizione essenziale l’impiego di questi strumenti informatici, che generalmente sono strutturati
come modelli di calcolo corredati da diversi database.
I database contengono dati inerenti i materiali, i consumi energetici legati alle tecnologie di produzione, che,
tramite i modelli di calcolo annessi, sono messi in relazione all’unità di misura (l’unità funzionale) presa in
considerazione per l’analisi dell’oggetto di studio determinandone una valutazione di tipo energetico-ambientale.
In alcuni casi l’analisi può essere anche comprensiva delle ricadute economiche delle prestazioni ambientali
individuate.
Più è complesso il prodotto esaminato, maggiori saranno i dati e le informazioni da gestire e quindi sarà
determinante avere degli strumenti software di analisi e di calcolo che consentono di gestire e mettere in
relazione tutti questi dati, evidenziandone le interazioni tra le diverse operazioni e parti del sistema analizzato.
Gli Analysis software, essendo strutturati in modo da analizzare anche prodotti piuttosto complessi, possono
essere applicati sia per l’analisi di un prodotto industriale che di un componente edilizio.
In questo secondo caso non tutti gli strumenti sono dotati di dati e informazioni relative al settore edilizio anche se
in parecchi casi è possibile acquistare pacchetti di dati specifici a questo settore da includere ai database o è
possibile inserire i dati raccolti direttamente dal contesto di studio analizzato.
Essendo principalmente fondati sulla metodologia di LCA, nella sua forma più o meno semplificata, gli strumenti
appartenenti a questo gruppo si dividono ulteriormente tra loro proprio in funzione del tipo di analisi di LCA fornita,
completa o semplificata o in funzione di quali delle quattro fasi79 definite come necessarie per un’analisi di LCA
così come riportato nello schema successivo (Fig. 38)
In questo modo gli Analysis Software possono così essere distinti in:
− LCI - Life Cycle Inventory software;
− LCA - Life Cycle Assessment software;
− ABRIDGED LCA - Abridged Life Cycle Assessment software;
− LCC – Life Cycle Cost software.
78. In merito alla metodologia di LCA, come si struttura e quali le sue finalità si veda la seconda parte
79. Le quattro fasi di uno studio di LCA sono convenzionalmente identificate in Goal Scoping, Life Cycle Inventory, Life Cycle Impact Assessment e Life Cycle
Interpretation. In proposito si rimanda allo specifico paragrafo, Metodologia di LCA in dettaglio, nella seconda parte di questa testo.
100
- PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI
Fig. 38 – Classificazione degli Analysis software.
LCI – Life Cycle Inventory software
Sono appartenenti a questo gruppo software come:
− Boustead Model: sviluppato ed impiegato prevalentemente in ambito industriale, ma il cui impiego può
essere esteso anche al settore edilizio;
− LISA: sviluppato invece proprio in relazione all’ambito edilizio.
Sono strumenti che consentono di compiere delle complete analisi di inventario svolte in uno studio di LCA80 così
come stabilito dalle norme UNI EN ISO 14040.
Tramite il loro impiego è infatti possibile analizzare dettagliatamente il sistema-prodotto in termini di input e output
coinvolti in ogni singolo processo del ciclo di vita.
Dagli LCI software è possibile trarre delle complete tavole d’inventario, dove tutti i flussi in entrata ed in uscita
dalle fasi del ciclo di vita del sistema-prodotto, sono conteggiati e suddivisi in:
− flussi di input: materie prime e risorse energetiche consumate;
− flussi di output: emissioni in aria e acqua, rifiuti solidi e il prodotto o il co-prodotto.
Da queste tavole d’inventario si ha così a disposizione un quadro contabile, che evidenzia il bilancio tra materie
prime, materiali ed energia consumata e impatti ambientali emessi, consentendo all’utente di stabilire delle
correlazioni e interazioni tra le diverse operazioni coinvolte nel ciclo di vita del sistema-prodotto indagato,
espresse in termini di flussi e dati quantitativi.
Gli LCI software sono stati i primi strumenti software sviluppati in ambito LCA, per questo motivo questa tipologia
di software si ferma, nella sua elaborazione dei dati, alla sola fase di inventario che da subito si è presentata
complicata per la gestione e manipolazione di un numero di informazioni anche molto esteso.
Per rispondere all’esigenza di correlare i dati raccolti dai siti produttivi (o tratti dai database) con le emissioni
nell’ambiente, sono nati questi strumenti informatici, capaci di elaborare sulla base dei dati immessi relativi
all’unità di misura (unità funzionale) assunta nella valutazione delle complete tavole d’inventario relative ad alcune
80. In proposito si veda il paragrafo Analisi di inventario (Inventory Analysis o Life Cycle Inventory Analysis, LCI), trattato nel capitolo, Metodologia di Life Cycle
Assessment – LCA, nella seconda parte di questo testo.
PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI -
101
fasi del ciclo di vita o all’intero ciclo di vita in funzione dei limiti e confini che si sono fissati all’inizio della
valutazione.
I risultati forniti da questi strumenti software sono di difficile interpretazione per utente poco esperto.
Dal quadro delle emissioni individuate è piuttosto difficile determinare gli impatti ambientali effettivamente critici
per l’ambiente o per l’uomo.
Per questo motivo, l’impiego di questi risultati durante la fase progettuale, comporta che il team progettuale sia
affiancato a consulenti ed esperti ambientali che sappiano correttamente interpretare questi risultati, evidenziando
le criticità di alcune emissioni e traducendole in indicazioni utili.
A fronte di questa loro complessità anche per un utente esperto, questi strumenti sono quelli più “oggettivi”,
perché si limitano alla sola analisi di inventario senza ricorrere a semplificazioni per formulare dei giudizi
sull’importanza degli impatti rispetto ai diversi effetti ambientali.
La vera potenzialità di questi strumenti, infatti, non sta tanto della capacità di formulare delle valutazioni delle
prestazioni energetico-ambientali del sistema-prodotto, quanto piuttosto nell’agevolare l’utente nella fase di
raccolta dei dati delineando un modello analogico in grado di descrivere sulla carta il sistema di processi che, nel
loro insieme, costituiscono il ciclo di esistenza del prodotto.
Con questo modello è infatti possibile ricostruire e tenere sempre aggiornata la via attraverso cui, il fluire
dell’energia e dei materiali, permette il corretto funzionamento del sistema in analisi.
Inoltre dal momento che la fase di inventario è ormai codificata a livello di norme UNI EN ISO, anche i dati trattati
e i risultati forniti dagli LCI software sono organizzati e presentati secondo un linguaggio comune e accettato dai
diversi enti di ricerca.
Nei software di questo gruppo infatti è spesso compresa una sezione che fornisce una valutazione della qualità
dei dati riportati, che ne valuta l’affidabilità su una serie di parametri come la fonte da cui sono stati tratti, il
periodo di tempo assunto, le eventuali lacune o assunzioni, ecc.
In genere gli LCI software sono delle vere e proprie banche dati, all’interno delle quali è spesso possibile inserire
nuovi dati raccolti dall’utente, associate a moduli di calcolo che consentono di gestire le relazioni intercorrenti tra i
diversi dati.
Oggi molti di questi software di prima generazione, cioè nati con il solo scopo di elaborare queste tavole
d’inventario, come per esempio il GaBi, sono stati estesi con opportuni moduli che consentono di correlare i
risultati di queste tavole d’inventario ai principali effetti ambientali, così come avviene nella successiva fase di
valutazione degli effetti (LCIA).
Altri, come il Boustead Model, negli anni non hanno esteso il loro campo d’azione alla successiva fase di LCIA,
ma hanno invece ulteriormente sviluppato ed integrato il loro database interno con dati di specifici e diversi
settori.
Infine altri ancora come il Lisa, sono nati invece con lo scopo specifico di fornire delle tavole di inventario
correttamente espresse ed articolate per il componente edilizio.
102
- PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI
LCA – Life Cycle Assessment software
Fanno parte di questo gruppo software come:
− SimaPrò, GaBi e TEAM: nati per l’analisi di un prodotto industriale, ma impiegabili anche in ambito edilizio, in
quanto per questi strumenti sono state sviluppate delle integrazioni dei relativi database con dati inerenti
questo settore;
− Athena Model, BEES, BEAT 2002: sorti specificatamente per le valutazione di LCA in ambito architettonico.
Sono software in grado di effettuare, sulla base dei dati di inventario, una classificazione e valutazione delle
conseguenze ambientali del prodotto o del componente edilizio sui principali effetti ambientali considerati in
un’analisi di LCA.
Tramite il loro impiego, l’utente è in grado di correlare tutti gli input/output individuati nella fase di inventario con i
principali effetti ambientali.
In altre parole tramite il ricorso agli strumenti software di LCA, l’utente arriva a definire il contributo del sistemaprodotto sui diversi effetti ambientali, che alle diverse scale d’azione, globale, regionale o locale, possono influire
negativamente sulla salute dell’uomo e dell’ecosistema.
Gli LCA Software possono essere considerati un’evoluzione degli LCI Software, che si fermavano alla sola fase di
inventario perché estendono l’analisi alla successiva di fase di valutazione degli effetti ambientali, detta di Life
Cycle Impact Assessment (LCIA), come prevista in una procedura di valutazione di LCA.
Spesso infatti questi strumenti, contengono al loro interno una serie di librerie in cui sono riportati i fattori di
classificazione che possono essere adottati per la valutazione.
Fattori di classificazione, riconducibili a sistemi di valutazione (weighting system) diversi, che consentono di
esprimere una valutazione delle prestazioni energetico-ambientali del sistema-prodotto in punteggi disaggregati
(midpoint), cioè in termini di contributi ai singoli effetti ambientali considerati, o aggregati (endpoint), cioè secondo
dei punteggi che sommano i contributi ai singoli effetti in punteggi singoli81.
Sugli LCA software, proprio per il fatto che adottano i weighting system, aspetto ancora critico in un’analisi di
LCA, si ripercuotono quindi le questioni non ancora risolte legate alla delineazione di un sistema di valutazione
unificato e condiviso da tutti.
Come già spiegato nel relativo paragrafo82, i criteri di valutazione su cui si fondano questi sistemi spesso sono
basati su giudizi di valore di ordine politico-soggettivo, come standard, limiti e obiettivi di salvaguardia ambientale
vigenti nei diversi Paesi. Queste semplificazioni e ipotesi sono in alcuni casi discutibili, compromettendo
l’affidabilità della valutazione offerta da questi software e rendendola meno oggettiva.
Per ovviare a questa problema, gli enti di ricerca che hanno sviluppato questi strumenti al momento hanno risolto
la questione inserendo nei software diversi sistemi di valutazione e relativi fattori di caratterizzazione, lasciando
così all’utente la possibilità di decidere quale sistema di pesatura adottare.
Nella scelta di un software di LCA si dovrà quindi porre una particolare attenzione ai sistemi di valutazione
contenuti, in modo che sia possibile scegliere e adottare quelli più idonei alla realtà indagata e al tipo di impiego
che si vorrà fare dei risultati.
Nel caso per esempio si voglia impiegare questi risultati come base scientifica per il conseguimento di una
certificazione rilasciata da un ente esterno i risultati dovranno essere espressi in forma disaggregata, invece, nel
caso di un loro impiego interno all’azienda (per esempio per delineare nuove politiche e strategie di sviluppo dei
prodotti) sarà preferibile avere delle valutazioni sintetiche in punteggi aggregati.
81. In proposito si veda il paragrafo, Analisi degli impatti (Life Cycle Assessment ( LCIA), trattato nel capitolo dedicato alla Metodologia di LCA in dettaglio, nella seconda
parte di questo testo.
82 Idem.
PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI -
103
Dal momento che le norme UNI EN ISO 14042, stabiliscono che durante la fase di valutazione degli effetti (LCIA)
in un’analisi di LCA, siano obbligatorie le due fasi di classificazione e caratterizzazione, mentre indicano solo
come facoltative le successive fasi di normalizzazione e pesatura, tutti questi strumenti software per adeguarsi a
tale norma, mettono a disposizione dell’utente una doppia funzionalità, che permette di scegliere se esprimere i
risultati in forma disaggregata (così come ottenibili dalle due fasi obbligatorie) oppure se invece elaborare dei
risultati aggregati, secondo metodi e sistemi diversi non ancora condivisi scientificamente.
Ovviamente maggiori saranno i passaggi di aggregazioni e semplificazione per arrivare ad un punteggio singolo,
minore sarà l’affidabilità della valutazione fornita, ma d’altronde sarà maggiore il numero di figure professionali
che sapranno interpretare ed impiegare questi risultati perché maggiormente comprensibili.
Alla luce di questo aspetto si può quindi concludere che il loro principale elemento di differenziazione sta proprio
nei diversi sistemi di valutazione adottati e quindi nei diversi tipi di effetti ambientali che possono essere
considerati nell’analisi, per i quali sono previsti adeguati fattori di classificazione e caratterizzazione.
In genere si tratta di strumenti informatici comprensivi di un modulo di gestione dati, di un modulo di calcolo per la
valutazione e di una o più banca dati annesse.
Affinché i risultati forniti da questi strumenti trovino un valido impiego anche in fase progettuale, come i precedenti
LCI software, è necessario che nel team progettuali siano compresi consulenti ed esperti della metodologia LCA
e delle tematiche ambientali.
104
- PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI
Abridged LCA – Abridged Life Cycle Assessment software
Fanno parte di questo gruppo strumenti come:
− Eco-it, EcoScan Life e eVerdEE: creati per l’analisi semplificata di LCA di un prodotto industriale e non
comprensivi di dati relativi l’ambito edilizio;
− EVA e Twin Model (GreenCalc+): nati proprio con lo scopo di realizzare delle veloci analisi di LCA del
componente edilizio o dell’intero edificio.
Sono strumenti semplificati per la valutazione quantitativa o qualitativa dei carichi energetico-ambientali legati al
ciclo di vita dell’oggetto di studio, sia che si tratti di un prodotto industriale o di un componente edilizio.
In altre parole gli Abridged LCA software compresi in questo gruppo, consentono di esprimere una valutazione
complessiva delle prestazioni energetico-ambientali del sistema-prodotto con un singolo valore numerico, che
agevola la comparazione tra diverse alternative progettuali e/o permette un’interpretazione qualitativa gli impatti
riportati dalla tavola d’inventario.
Questi software semplificati non consentono di compiere delle dettagliate analisi di inventario, come gli LCI
software, ne permettono a chi li utilizza di eseguire uno studio di LCA secondo le fasi di classificazione,
caratterizzazione, normalizzazione e valutazione, come fanno gli LCA software, ma forniscono delle veloci
valutazioni delle diverse soluzioni progettuali perseguibili, espresse come risultati di facile lettura, che agevolano i
progettisti nella scelta della soluzione più idonea.
Gli Abridged LCA software infatti adottano come loro fondamento i metodi di LCA semplificati, quali il sistema
degli Eco-indicator ’99 o le valutazioni per matrici comparative, sviluppate proprio per essere impiegati durante il
momento progettuale.
Le valutazioni fornite sono comunque sempre basate su precedenti valutazioni ed studi di LCA, di cui si sono
acquisiti i risultati, espressi come punteggi di facile lettura ed uso che, raccolti nei database annessi, possono
essere sommati e combinati tra loro in funzione del sistema indagato.
Sono strumenti informatici comprensivi di una banca dati contenente i carichi ambientali di materiali e tecnologie
di costruzione e produzione, comunque derivati da precedenti valutazioni di LCA di endpoint che hanno adottato
e di un modulo di calcolo, che permette la loro elaborazione e somma.
Gli Abridged LCA software sono strumenti utili nel caso di analisi di prodotti semplici, mentre non sono altrettanto
utili nel caso di prodotti complessi, costituiti da vari componenti con diverse relazioni e interconnessioni tra loro.
Nello specifico gli strumenti compresi in questo gruppo sono tutti mirati a fornire un indice numerico,
rappresentativo delle prestazioni dell’oggetto indagato, sia che si tratti di un prodotto industriale che di un
componente edilizio o di un’unità tecnologica.
I primi, Eco-it, EcoScan Life e eVerdee, per la formulazione di questo indice o punteggio singolo, fanno quasi tutti
affidamento al sistema degli Eco-indicator, mentre i secondi, cioè gli strumenti come EVA o il Twin Model,
possono essere in un certo senso considerati dei veri e propri sistemi di valutazione studiati per mediare in un
singolo indice dati qualitativi e quantitativi inerenti le prestazioni del componente edilizio.
Questo singolo valore numerico viene elaborato sulla base non solo degli effetti ambientali su scala globale,
tradizionalmente considerati in una analisi di LCA, ma anche degli effetti su scala locale, che per un componente
edilizio e quindi per l’edificio di cui fanno parte hanno una certa rilevanza per il soddisfacimento del benessere
dell’individuo.
PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI -
105
LCC – Life Cycle Cost software
Fanno parte di questo gruppo software come:
− TCAce e Umberto: sviluppati appositamente per la valutazione delle conseguenze e ricadute economiche
derivanti dalle attività di produzione di uno specifico prodotto industriale. Al momento questi strumenti non
contengono dati utili per essere impiegati anche in ambito edilizio.
Questi LCC software sono sorti con lo scopo di analizzare, non tanto le conseguenze energetico-ambientali del
prodotto o del componente edilizio, quanto le ricadute economiche di queste sull’azienda lungo l’intero ciclo di
vita.
Tramite il loro impiego per un’azienda è possibile monitorare i risultati economici derivanti dall’adozione di
determinati sistemi di gestione ambientale o di specifiche politiche ambientali e valutarne preventivamente la
convenienza integrando ai tradizionali metodi di contabilità fiscale, anche la valutazione dei costi indiretti e
nascosti legati alle loro prestazioni energetico-ambientali del sistema prodotto.
Costi nascosti o poco tangibili difficili da quantificare e attualizzare al momento della progettazione e legati agli
eventuali future prestazioni del prodotto che potrebbero essersi ridotte in seguito a nuove norme ambientali più
restrittive.
In altre parole tramite questi software è possibile valutare sia i costi diretti o indiretti, direttamente ricavabili dai
bilanci aziendali, che quelli nascosti o poco tangibili che sorgono lungo l’intero ciclo di vita di un prodotto o di un
sistema.
All’interno dei LCC software sono contenuti dei database, che comprendono voci, informazioni e dati su cui poter
ricavare determinare questi costi in funzione delle caratteristiche del sistema indagato. Costi che andranno ad
incidere sul bilancio complessivo di una linea di produzione o di un servizio.
Grazie a questi dati e alle specifiche informazioni immesse dall’utente, questi software consentono di descrivere il
sistema di flussi di materiali e energia tra le diverse operazioni e attività e, sulla base di questi, allocare i relativi
carichi economici ed ambientali.
A parte questi software specifici come TCAce o Umberto, sviluppati appositamente per la quantificazione
monetaria dei benefici derivanti dalle prestazioni energetico-ambientali di un sistema prodotto, molti strumenti
software di LCA negli ultimi anni hanno integrato a loro interno dei moduli di calcolo, che, a fianco delle
valutazioni ambientali, forniscono anche un indicazione delle conseguenze economiche.
Oltre infatti a perseguire concreti obiettivi di sostenibilità, per un’azienda è importante poter quantificare gli
eventuali aggravi e benefici economici derivanti prima di intraprendere determinate strade di sviluppo.
Per questo motivo negli strumenti di LCA, si stanno tentando di integrare anche questi aspetti, avvantaggiato
anche dal fatto che molto spesso servono dati quantitativi già elaborati nelle tavole di inventario, che così
possono essere facilmente recuperate.
In questo modo le valutazioni sia di tipo ambientale che economico-finanziario, condotte dalle diverse aziende
saranno basate su dati di partenza comuni.
106
- PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI
FOCUSED ANALYSIS SOFTWARE
I Focused Analysis software sono strumenti software finalizzati al miglioramento delle prestazioni ambientali di un
prodotto, in una o più, specifiche fasi del suo ciclo di vita.
Trovano il loro background teorico nelle strategie di Life Cycle Design (LCD) come la selezione di risorse a basso
impatto ambientale, l’estensione della vita utile dei materiali o dei suoi componenti83.
Per questo motivo gli strumenti software relativi a questo gruppo, come le stesse strategie a cui si rifanno, sono
orientati a specifici momenti, che possono coinvolgere l’intero ciclo di vita del prodotto o solo alcune sue
specifiche fasi e per questo sono detti strumenti focalizzati.
In generale questi strumenti software sono strutturati:
− come database affiancati ad appositi moduli di calcolo: che, sulla base delle raffigurazioni virtuali
(bidimensionali e tridimensionali elaborate con i sistemi CAD/CAM) del prodotto e delle diverse soluzioni
progettuali considerate, tramite una serie di algoritmi iterativi, mettono in correlazione i dati contenuti nei
database con le rappresentazioni e le modellizzazioni del prodotto e consentono così di scegliere la soluzione
progettuale migliore;
− come soli database: forniti di motori di ricerca, in cui è possibile rintracciare informazioni relative ai materiali,
ai loro processi di produzione e trasformazione, ai tempi e ai costi relativi alle diverse operazioni, alle
modalità, attrezzature e manodopera coinvolte.
A loro volta questi veri e propri strumenti “focalizzati”, possono essere ulteriormente distinti, in funzione delle
diverse strategie di LCD perseguite e delle ricadute positive che queste strategie si prefiggono di conseguire nelle
distinte fasi del ciclo di vita nelle seguenti tipologie (Fig. 39):
− DFA - Design For Assembly software;
− DFL - Design For Life software;
− DFD - Design For Disassembly software;
− M&P – Material & Process Selection software.
Fig. 39 - Classificazione dei Focused Analysis software.
83. Si ricorda che sono cinque le principali strategie di LCD, ovvero la scelta delle risorse a basso impatto ambientale, la minimizzazione dell’uso delle risorse,
l’ottimizzazione della vita utile del prodotto, l’estensione della vita dei materiali o dei suoi componenti e la facilitazione del disassemblaggio. In proposito si rimanda al
capitolo, Strategie di Life Cycle Design – LCD, nella seconda parte di questo testo.
PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI -
107
DFA - Design For Assembly software
Appartengono a questa categoria di software come:
− DFA - Design for Assembly, il DFM Design For Manufacturing, sviluppati per i prodotti industriali e al
momento non comprensivi di dati applicabili anche al settore edilizio;
− GBA Green Building Advisor e EDGE: strumenti nati per il sistema-edificio. Questi strumenti sono basati su
una serie di strategie e guidelines, che coprono gli aspetti prestazionali dell’edificio durante diverse fasi del
ciclo di vita, e quindi comprensive anche di indicazioni inerenti il miglioramento delle prestazioni dell’edificio,
durante le fasi di pre-produzione e di costruzione dell’edificio.
Per quanto riguarda i software impiegati nel mondo industriale come il DFA o il DFM software questi sono
strumenti focalizzati sulla fase di produzione, cioè sul miglioramento della produttività nelle attività e operazioni di
fabbricazione e assemblaggio del prodotto e al momento non prevedono anche un’ottimizzazione delle relative
prestazioni energetico-ambientali in quelle specifiche fasi del prodotto.
Questi software sono stati elaborati per analizzare e agevolare la progettazione simultanea di un prodotto
modulare, cioè composto da componenti e parti prodotti in diverse realtà produttive, ma che devono confluire nel
prodotto finale assemblato dall’azienda finale.
La progettazione modulare, svolta con l’assistenza di questi strumenti software parte:
− dalla definizione della struttura e delle parti componenti il prodotto
− dalla descrizione delle relative operazioni di assemblaggio necessarie per accoppiare i componenti.
Molto spesso questi strumenti si appoggiano su rappresentazioni CAD del prodotto, per analizzare le diverse
interazioni, a partire da quelle geometriche per passare a quelle legate alla disposizione dei componenti nello
spazio ritenuto disponibile, all’accessibilità manutentiva, all’inserimento di eventuali circuiti elettrici e, in molti
prodotti industriali, all’attivazione di movimenti intercorrelati.
Così facendo si ottiene una valutazione sistemica delle opportunità di semplificazione e/o ottimizzazione del
prodotto, valutando preventivamente e quantitativamente per ogni componente le eventuali difficoltà presenti
legate alla fase di assemblaggio.
Ricorrendo all’impiego di database interni ai software, per ogni elemento, è possibile descrivere le sue
caratteristiche di assemblaggio ed associare ad ognuna di queste operazioni un determinato tempo, che permette
così di quantificare il Tempo Totale di Assemblaggio (TAT) per ogni componente.
Il valore così ottenuto legato al tempo associato al costo della manodopera permette così di ottenere una stima
dei costi di assemblaggio e di confrontare diverse soluzioni dello stesso progetto.
I risultati forniti dagli strumenti potranno essere velocemente aggiornati con nuovi dati e soluzioni progettuali
secondo una procedura iterattiva che accompagnerà l’intero team progettuale durante lo sviluppo e la
progettazione modulare del prodotto.
Adottando questi software e queste strategie di progettazione e ideazione è così possibile per un’azienda
ottenere una maggiore produttività durante la fase di produzione e di assemblaggio, con un contemporaneo
incremento della qualità del prodotto, una riduzione dei costi di produzione e ad una veloce introduzione del
prodotto sul mercato.
Concretamente tramite l’assistenza di questi strumenti sarà possibile analizzare la geometria e l’interazione tra le
parti per individuare nuove soluzioni che riducano il numero di componenti semplificando così i processi di
assemblaggio e fabbricazione, con una riduzione dei costi e dei volumi dei diversi componenti, che verranno
successivamente trattati nelle fasi di logistica e magazzino (se previsto).
Questi modelli di calcolo, sono nati con il solo scopo di perseguire una maggiore produttività dell’azienda, ma
questo non significa che non esista la possibilità di una loro estensione ai temi ambientali in quanto “un prodotto
può essere modularizzato in più modi, ed è ovvio che scenari differenti causeranno impatti diversi sulle
108
- PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI
caratteristiche finali del prodotto. Sono proprio le interazioni fra i componenti a costituire il passaggio critico in
termini di scambio dei materiali, scambi di segnali, rapporti geometrici e spaziali, posizionamenti moti,
alloggiamenti in sottogruppi o gruppi e così via, in vista di obiettivi finali da conciliare tra loro, che potranno essere
oltre che di ordine economico e funzionale, anche ambientale.”84
Per quanto riguarda invece GBA o EDGE, sviluppati per l’analisi del sistema edificio, questi al momento non
ricorrono a delle rappresentazioni bidimensionali o tridimensionali dell’edificio elaborate con sistemi di
rappresentazione quali il CAD (Computer Aided Design), ma sono strutturati sull’uso di checklist di controllo da
impiegare durante la progettazione per orientare e guidare i progettisti nel perseguimento di strategie come la
minimizzazione dei consumi e delle emissioni. Per questo motivo nella loro analisi sono forniti anche dati inerenti
la fase di produzione fuori opera e di costruzione in opera.
Le checklist sono elaborate sulla base di linee guida o indicazioni progettuali coerenti con le strategie di
minimizzazione e preservazione dell’ambiente (vedi appendice 2).
Sulla base della compilazione di queste checklist o procedure interattive, al progettista è fornita una guida da
seguire durante la progettazione nella scelta di soluzioni e strategie progettuali “migliori” ambientalmente
illustrando al progettista i vantaggi ambientali derivanti dall’adozione di determinate soluzioni progettuali o
tecnologiche adottabili durante la fase di costruzione dell’edificio, e non solo.
84
MICHELETTI G.F., op.cit.
PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI -
109
DFL - Design For Life software
Possono essere riconducibili a questa tipologia, strumenti software già individuati come validi anche per la fase di
produzione fuori opera e in opera come:
− GBA – Green Building Advisor o EDGE, il cui oggetto di analisi è l’edificio.
Questi strumenti come già visto nel precedente gruppo sono strumenti qualitativi, che sulla base dei dati di
progettazione forniscono al progettista indicazioni e suggerimenti utili da adottare ai fine di raggiungere un
miglioramento delle prestazioni dell’edificio durante le diverse fasi del ciclo di vita, comprendendo quindi
anche la fase di esercizio.
Essendo strumenti che forniscono indicazioni utili al miglioramento delle prestazioni ambientali dell’edificio in
termini di minimizzazione del consumo di risorse e dell’emissione di agenti impattanti sull’ambiente, ovviamente
tra le guidelines e indicazioni suggerite ci saranno anche quelle volte a migliorare la sua fase di esercizio,
ottimizzando la vita utile dei componenti e dell’edificio stesso, così come erano comprese guidelines mirate alla
fase di produzione fuori opera e in opera.
Nello specifico quindi le indicazioni fornite saranno mirate a rendere più agevole la manutenzione ordinaria dei
componenti, allo scopo di estendere la vita utile dei componenti e degli elementi che ne fanno parte e contribuire
così al raggiungimento di un’obsolescenza uniforme dell’edificio, quando per l’edificio sarà decretata la sua fine
vita utile e si opterà per la sua demolizione o per la sua riconversione ad altra destinazione, tramite interventi di
manutenzione straordinaria e ristrutturazione.
Inoltre questi strumenti saranno capaci di indicare la convenienza nell’adozione di eventuali soluzioni
tecnologiche che faciliteranno la rimozione e la sostituzione di parti e componenti, rendendo l’edificio
maggiormente integrabile nel tempo tramite l’impiego pezzi standard, prodotti dallo stesso o da più produttori, e
agevolandone così la loro intercambiabilità.
Infine questi strumenti oltre a fornire indicazioni che privilegino l’ottimizzazione della vita utile dell’edificio,
fornirscono anche indicazioni mirate a minimizzare e agevolare la gestione dei consumi energetico durante la sua
fase di esercizio dell’edificio, per esempio suggerendo soluzioni progettuali di bioclimatica, orientate allo
sfruttamento dell’energia solare e alla riduzione dei consumi energetici per il riscaldamento e raffrescamento degli
edifici.
Appartengono a questo gruppo anche tutti quei software, non considerati in questa ricerca, che consentono il
calcolo del rendimento energetico di un edificio in fase d’uso necessario per il rilascio della certificazione
energetica85.
Questi strumenti si basano su metodologie di calcolo per certificare l’effettivo rendimento energetico degli edifici
per le quali si è ancora in attesa delle linee guida per l’adozione di una metodologia condivisa e che dovevano
uscire entro 120 giorni dall’emissione del decreto legge 311/200686.
I benefici che derivano dall’uso di questi strumenti sia che siano mirati al Design for Service, che ad una
progettazione energeticamente eco-efficiente, sono comunque simili e orientati:
− alla riduzione dei costi imprevisti;
− ad un migliore soddisfacimento delle esigenze dei consumatori;
− ad un allungamento della vita utile, privilegiandone un suo aggiornamento tecnologico e non solo garantendo
la funzionalità dell’edificio.
85 Come per esempio il software CasaClima, sviluppato dall’omonima agenzia, il software Docet, sviluppato da Enea in collaborazione con IT/CNR, e il software
BestClass ideato dal Politecnico di Milano in collaborazione con il Sacert.
86. A tal proposito si vedano i recenti decreti legislativi che recepiscono la Direttiva Europea 2002/91/CE sul Rendimento Energetico nell’edilizia, come il D. Lgs 192/05 o
D. Lgs. 311/06, riguardanti i sistemi di certificazione energetica degli edifici in fase d’uso e il paragrafo, Certificazioni di prodotto in Architettura, trattato nella seconda parte
di questo testo.
110
- PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI
DFD - Design For Disassembly software
Appartengono a questo gruppo di strumenti software come:
− Wisard, EcoScan Dare, DFE – Design for Environment: studiati per il prodotto industriale;
− VAMP, EDGE e GBA: sviluppati appositamente per l’analisi del componente edilizio o dell’intero edificio.
Sono ecosoftware rivolti ad un miglioramento delle prestazioni ambientali del prodotto o dell’edificio, una volta che
questo ha raggiunto il termine della sua vita utile.
Si basano su strategie mirate a facilitare il disassemblaggio allo scopo di rendere più agevole la separazione dei
componenti e/o materiali così da avere una maggiore quantità di materiali omogenei da inviare al riciclaggio o di
componenti aventi ancora una buona funzionalità, che possono essere riusati per la stessa funzione previ
trattamenti poco invasivi di pulizia.
Finora la diffusione del riciclaggio su larga scala di prodotti industriali e di consumo, non ha inciso in misura così
determinante sulla produzione di massa, questo perché lo smaltimento in discarica dei prodotti usati era sempre
stato a carico delle amministrazioni pubbliche e quindi non considerato dai produttori un costo da minimizzare.
Inoltre per un’azienda la riprogettazione orientata al riciclaggio di un prodotto, poteva comportare una complessa
reingegnerizzazione delle linee produttive, con incrementi nei costi e nei tempi intollerabili in settori fortemente
competitivi, a fronte di vantaggi economici incerti o difficilmente quantificabili legati al recupero dei materiali
riciclabili.
Con l’introduzione, invece del principio “chi inquina paga”, il mondo industriale è incentivato ad introdurre sul
mercato prodotti adatti ad essere almeno in parte riciclati al termine del loro ciclo di vita utile e quindi a farsi carico
e preoccuparsi delle ottimizzazione produttiva non solo in fase assemblaggio, ma anche in fase di fine vita e
assemblaggio.
Per quanto riguarda i software per l’analisi del disassemblaggio e recupero dei prodotti industriali, come EcoScan
Dare e DFE, questi strumenti informatici prendono spunto dagli esistenti software di DFA, che assistono nella
progettazione ottimale di un prodotto modulare.
Come questi, partono da un’analisi della configurazione del prodotto allo scopo però di fornirne non la sequenza
di assemblaggio, bensì quella ottimale di disassemblaggio, valutandone i ritorni sia in termini ambientali che
economici per l’azienda che si accolla tale incarico.
A questo scopo la delineazione della sequenza ottimale di disassemblaggio viene determinata sulla base di:
− informazioni sulla configurazione del prodotto (geometria delle parti, mezzi di fissaggio) provenienti da uno
studio preliminare del prodotto stesso, eventualmente estratte da un database CAD;
− una sequenza di smontaggio nota, ottenibile semplicemente “rovesciando” il ciclo di assemblaggio del
prodotto, anche se, come già trattato in altri paragrafi , il processo di smontaggio non può essere considerato
la semplice inversione del processo di assemblaggio, anche solo per il fatto che al momento della
dismissione la determinazione della configurazione del prodotto e dello stato di conservazione dei materiali è
legata maggiori incertezze dovute alle condizioni di utilizzo e usura che potrebbero aver alterato la
configurazione iniziale del prodotto e le loro caratteristiche prestazionali87;
− un’interpretazione delle operazioni di smontaggio prioritarie da garantire sulla base dei dati disponibili sul
prodotto e sul ciclo di smontaggio, partendo da una codifica delle diverse operazioni di smontaggio basata
sulla loro difficoltà di esecuzione, sui tempi di esecuzione e quindi sui costi ed oneri da affrontare per la
manodopera di tali operazioni.
In questo modo è possibile fissare delle soluzioni di smontaggio sulla base di fattori come durata, costi e ricavi di
ogni operazione di smontaggio.
87. Mentre, infatti, l’assemblaggio di un prodotto deve sempre essere portato a termine, il disassemblaggio può invece anche essere solo parziale, eventualmente
distruttivo e viene eseguito solo fino a che risulta economicamente vantaggioso
PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI -
111
Come si è potuto già vedere nel paragrafo relativo a questa strategia88, spesso infatti la decisione di avviare a
riciclaggio una frazione di materiale recuperato, spesso non dipende solo da questioni tecniche legate alle
caratteristiche del materiale o alle tecniche di recupero disponibili, ma anche da fattori economici come
l’esistenza o meno di un mercato legato al materiale recuperato, la presenza di eventuali sgravi fiscali per chi si
assume la responsabilità del fine vita del prodotto.
In generale questi software sono costituiti da:
− appositi moduli di calcolo, che consentono la pianificazione del processo di smontaggio per una data
configurazione del prodotto confrontandone costi e ricavi;
− da moduli di analisi che forniscono suggerimenti per la riprogettazione della struttura e in particolare delle
parti più critiche del prodotto;
− da database specializzati, in cui sono raccolte le informazioni necessarie per l’analisi (la configurazione del
prodotto, i tempi impiegati per il disassemblaggio a seconda dei diversi tipi di giunzioni, i costi e i ricavi che si
possono recuperare da ogni parte disassemblata, ecc.).
Con le stesse finalità di fornire una guida ad agevolare la separazione e il recupero della maggiore quantità
possibile di materiali omogenei, ci sono anche altri due strumenti VAMP e Wisard, rispettivamente sviluppati per il
settore edilizio e produttivo.
Entrambi, sebbene si occupino del fine vita di un prodotto industriale o di elementi edilizi, sono mirati ad
ottimizzare la gestione di questi flussi di rifiuti e scarti,
− agevolando nel caso di VAMP, la gestione dei processi legati alla demolizione selettiva di un edificio e
favorendo la creazione di un vero e proprio mercato telematico dei rifiuti da costruzione e demolizione (C&D),
− individuando nel caso di Wisard, sulla base dei centri di trattamento e recupero disponibili sul territorio, il
sistema di smaltimento più vantaggioso economicamente.
Questi strumenti non contengono al loro interno specifici database, bensì hanno la particolarità di poter collegarsi
a portali web nei quali sono riportati i dati relativi alla convenienza di procedere ad un loro smaltimento o meno in
funzione della reale richiesta di mercato di tali materiali.
Infine per quanto riguarda EDGE E GBA, sebbene siano già stati collocati anche nelle precedenti categorie dei
DFA e DFL software, possono in parte essere considerati facenti parte anche di questo gruppo.
In realtà più che di DFA, DFL o DFD specifici, questi strumenti potrebbero essere considerati dei DFX software,
perché con le loro indicazioni qualitative e linee guida progettuali sono mirati alla riduzione dei consumi e degli
impatti lungo i diversi momenti del ciclo vita e quindi sono anche comprensivi di indicazioni relative alle fasi di fine
vita.
Per questo motivo sono stati considerati e posizionati nelle tre diverse tipologie di Software, DFA, DFL e DFD,
appartenenti ai Focused Analysis software.
88 In proposito si veda il capitolo Strategie di Life Cycle Design, LCD, trattato nella seconda parte di questo testo.
112
- PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI
M&P - Materials and Processes selection software
Sono software esemplari di questo gruppo:
− IDEMAT, CES Cambridge Engineering Selectors e EcoInvent: nati inizialmente per l’analisi del prodotto
industriale, ma oggi comprensivi di dati inerenti anche il settore edilizio.
Gli M&P software sono dei veri e propri database informatizzati, dotati di motori di ricerca più o meno raffinati,
sviluppati in coerenza con strategie come la minimizzazione dell’uso delle risorse, la scelta di risorse a basso
impatto ambientale e la minimizzazione degli impatti e delle emissioni durante le diverse fasi del ciclo di vita.
Questa banchedati mettono al disposizione del progettista informazioni relative a:
− materiali e tecnologie di trasformazione che consentono di avere il materiale pronto per essere immesso nella
catena di produzione, riportandone in alcuni casi i consumi energetici e materiali e le relative emissioni in
ambiente;
− le attrezzature e le tecniche di recupero possibili per i diversi materiali selezionati, con i relativi carichi
ambientali;
− i carichi energetico-ambientali legati ai diversi sistemi di trasporto e distribuzione coinvolti durante i diversi
momenti del ciclo di vita;
− i carichi ambientali legati alla fornitura di energia diretta al sistema;
− i materiali alternativi a quello indagato che comportano una minore impronta ecologica;
− le sostanze, i componenti e gli additivi che presentano una certa pericolosità e che quindi andranno smaltiti
come rifiuti speciali.
Questi database, oltre ad essere consultabili liberamente, sono anche dotati di motori di ricerca, basati su criteri
di selezione più o meno raffinati.
Nel caso di Idemat, per esempio, è possibile impostare dei filtri di selezione basati sulle proprietà, sulle
applicazioni o sulle tecnologie di trasformazione a cui si pensa di destinare un materiale e sulla base di questi filtri
il software elaborerà una lista di materiali e processi, di cui saranno forniti sia un profilo prestazionale che
ambientale espresso in Eco-indicator o in EPS.
Nel caso del CES Cambridge Engineering Selector, invece, sulla base dei requisiti prestazionali che il materiale
dovrà soddisfare espressi in termini di proprietà chimico-fisiche, come per esempio alcuni valori di resistenza
meccanica e contemporaneamente alcuni limiti di elasticità, fornirà una selezione dei materiali più idonei.
EcoInvent, infine, è un database maggiormente raffinato, perché raccoglie al suo interno tutta una serie di dati di
inventario utili prettamente in uno studio di LCA.
In genere i database sono sempre annessi ad un software di valutazione delle prestazioni ambientali, e spesso
sono uno dei fattori che rendono lo strumento più o meno fondato scientificamente.
Per la necessità di fornire dati affidabili e in un formato tale da poter essere impiegati senza grosse difficoltà di
interpretazione spesso queste banche dati possono avere dei costi non indifferenti e possono diventare uno dei
fattori distintivi dei software.
La vera potenzialità di uno strumento di valutazione sta proprio nella possibilità di avere i dati necessari pronti per
l’uso senza dover ricorrere alla raccolta di dati dai siti produttivi, spesso complicata e dispendiosa sia in termini di
tempo che di costi.
Questi tre database, invece per il loro livello di sviluppo, sono disponibili singolarmente, e hanno la capacità di
interfacciarsi con altri strumenti software, come per esempio nel caso di Eco-iT o EcoScan oppure di come
SimaPrò o TEAM, che possono importare dati rispettivamente da Idemat e EcoInvent per integrarle senza
difficoltà nelle loro analisi.
PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI -
113
114
- PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI
UTILITÀ DEGLI STRUMENTI
utilità degli strumenti nel percorso progettuale
Per ogni software, dopo aver identificato la loro classificazione come
Analysis software e Focused Analysis software, è stato possibile
rilevare l’utilità che questi strumenti possono avere durante i diversi
momenti che caratterizzano il momento progettuale, il Process
Design, di un prodotto industriale o di un edificio.
CONCEPTS
DESIGN
Progetto preliminare
PRODUCT
DESIGN
Progetto definitivo
ENGINEERING
Progetto esecutivo
METAPROGETTO
richieste
PROGETTAZIONE
PROGETTAZIONE
METAPROGETTO
Process Design, che nel caso di un prodotto industriale, può essere distinto in due momenti principali: la fase
metaprogettuale e la fase progettuale vera e propria (Fig. 40)89.
Durante la fase metaprogettuale vengono stabiliti gli obiettivi, il contesto socio-culturale in cui si colloca il
prodotto, la natura tecnico-economica del programma di sviluppo, il sistema esigenziale dell’utenza e vengono
fissati i requisiti che, in seguito verranno quantificati per determinare il
sistema delle prestazioni richieste.
Tramite il sistema delle prestazioni richieste si stabilisce così quali
ANALISI DELLE
saranno le funzioni principali del prodotto, ma non come queste
ESIGENZE
verranno assolte, mansione invece demandata al momento progettuale
Sistema esigenziale
vero e proprio.
dell’utenza
Durante questo momento i progettisti possono partecipare al team di
DEFINIZIONE
sviluppo e possono contribuire a definire alcuni dei parametri, ma non
DEI REQUISITI
Sistema prestazioni
sono, come nella successiva fase, i principali responsabili delle scelte.
PRODOTTO
EDIFICIO
Durante la successiva fase progettuale, infatti, i progettisti sono i veri
protagonisti perché tradurranno il sistema di prestazioni richieste in
prestazioni fornite dal prodotto.
Questo momento progettuale, a sua volta, può essere distinto in tre fasi
che portano alla delineazione del progetto esecutivo del prodotto, che
sono:
• Concept Design: durante la quale vengono sviluppati i “concept”,
cioè le possibili soluzioni concettuali che possono soddisfare le
prestazioni richieste.
In particolare durante questa fase vengono delineate le caratteristiche
funzionali e formali di un manufatto, tramite la definizione delle idee forti
e delle identità tecnico-culturale, la definizione dell’insieme delle
prestazioni, la definizione del linguaggio formale, la sintesi progettuale,
la verifica di massima della fattibilità e la verifica che vi sia una
coerenza con l’impostazione strategica iniziale.
• Product Design: all’interno della quale le idee di massima espresse
durante la fase precedente vengono sviluppate in un progetto
definitivo vero e proprio.
Fig. 40 – Schema del Process Design.
89 Canfora, Francesca, CURTI, Andrea, TREVISAN, Sabrina, (a cura di), Lo ZIBALDONE. Testi ed elaborazioni provvisori del corso di Disegno Industriale, Corso di
Disegno Industriale, Prof. Arch. Giorgio De Ferrari, Facoltà di Architettura, Politecnico di Torino, Italia, A.A. 1993/94, pag. 1-10
GERMAK, C., DE GIORGI, C., Design dell’esplorazione (Exploring Design), in GERMAK, C. (a cura di), Uomo al centro del progetto. Design per un nuovo Umanesimo,
Allemandi & C. Editore, Torino, 2008, pag. 53-70
PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI -
115
Fig. 41 - Utilità nel Process Design.
116
- PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI
Durante questo momento le “idee forti”, messe a fuoco con il concept design vengono traslate e specificate sia
sul piano tecnico-produttivo, che su quello formale, nel progetto preliminare e definitivo del prodotto e dei suoi
singoli componenti.
In pratica viene definita ”l’architettura d’insieme” del prodotto (dato dalla composizione di componenti e
sottocomponenti), sono individuati in linea generale i materiali e i processi di lavorazione, viene svolta una sintesi
progettuale dei componenti e dell’insieme, si realizzano i modelli virtuali e reali, si definiscono finiture, dettagli e
grafica del prodotto e vengono svolte le verifiche di fattibilità economica.
− Engineering: durante questo step vengono specificate, valutate e disegnate in ogni dettaglio le soluzioni
proposte e viene pianificata la realizzazione e messa in opera delle diverse parti, il loro assemblaggio e gli
eventuali trasposti coinvolti.
Il risultato è un insieme di specifiche rappresentazioni bidimensionali o tridimensionali, fisiche o virtuali, di
ogni singola parte del prodotto, in cui verranno approfonditi i particolari ingegnestico-tecnologici di tutti i
componenti.
Concretamente durante questo momento avviene la progettazione tecnica e la verifica economica dei
componenti, la scelta, l’adattamento o la progettazione dei materiali, la pianificazione e l’adeguamento dei
processi produttivi, la progettazione degli stampi, la realizzazione dei prototipi e vengono svolte le verifiche
del funzionamento e della qualità del prodotto.
In modo analogo, anche il Process Design di un edificio può essere distinto in quattro fasi: la fase
metaprogettuale, il cui risultato, non è un prodotto o un edificio, ma il campo d’intervento, le linee fondamentali di
programma e il sistema esigenze-requisiti dell’utenza, e tre distinte fasi progettuali come la progettazione
preliminare, definitiva ed esecutiva, che portano alla delineazione completa del progetto dell’edificio.
In altre parole il Process Design, in entrambi i campi, può essere considerato come la fase zero o preliminare al
ciclo di vita del prodotto o dell’edificio, la fase iniziale e preparatoria che porterà alla successiva produzione e
immissione sul mercato dell’oggetto in progetto.
Per convenienza espositiva questi passaggi sono presentati in maniera consequenziale, anche se poi nella realtà,
tra loro possono, e devono, esserci numerosi azioni di feedback.
Allo scopo quindi di individuare l’effettiva utilità di questi strumenti software, come si può vedere dallo schema
(Fig. 41), è stato identificato in quale dei diversi momenti progettuali possono essere utili i risultati forniti da questi
strumenti, mettendo a disposizione valutazioni o indicazioni qualitative utili per la progettazione.
Da questo schema, in relazione ai due settori analizzati, industriale ed edilizio, e sulla base della classificazione
degli ecosoftware in due gruppi principali Analysis software e Focused Analysis software, è possibile trarre le
seguenti considerazioni.
In relazione al settore industriale innanzitutto è possibile dire che in generale tutti i software man mano che il
processo ideativo procede, presentano una sempre maggiore utilità.
Ovviamente perché più si approfondisce il progetto, maggiori sono i dettagli dimensionali, geometrici,
prestazionali e tecnologici del prodotto, cioè più puntuali e meno approssimative saranno le analisi condotte da
questi strumenti, perché basate su dati certi e definiti.
In particolare questa è una tendenza che verifica per gli Analysis Software, per i quali vediamo che se durante le
fase di concept possono essere impiegati solo strumenti semplificati come eVerdee, EcoScan Life, Eco-iT (o
strumenti di LCA che possono fornire anche una valutazione semplificata di LCA come SimaPrò e GaBi), durante
la fase di Engineering, invece, quando i dettagli del prodotto sono ormai stabiliti, entrano in gioco strumenti più
complessi come SimaPrò, GaBi (con delle valutazioni articolate e complete di LCA) oppure LCAiT, TEAM,
PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI -
117
Boustead Model, TCAce, Umberto, cioè software appartenenti ai gruppi degli LCI, LCA e LCC Software, che si
rifanno alle metodologie codificate e che per le loro analisi richiedono una serie di dati di input che durante la fase
di concept sono ancora sconosciuti.
Infine in alla fase metaprogettuale, le analisi dagli Analysis software presentano gradi di utilità diversa, in
relazione ancora alla tipologia di strumento e alle elaborazioni da questo compiute.
In altre parole, se gli Abridged LCA software, possono avere una diretta utilità perché forniscono risultati sulle
prestazioni ambientali facilmente comprensibili da tutti gli attori del Process Design, perché espresse come
punteggi singoli, riassuntivi di precedenti valutazioni, tutti gli altri strumenti invece, per la tipologia di risultati e
valutazioni fornite necessitano di essere interpretati e tradotti per i non addetti ai lavori da consulenti ambientali,
esperti delle metodologie su cui si strutturano questi strumenti.
Considerazioni diverse vanno invece fatte per i Focused Analysis software.
Anche se per questi strumenti vale la stessa considerazione fatta prima, ovvero che maggiori sono i dati del
prodotto e maggiormente affidabili e puntuali saranno le valutazioni offerte, in realtà, a parte alcune eccezioni,
questi strumenti presentano una maggiore utilità durante i momenti di Concept e Product Design.
Ad eccezione infatti di strumenti come DFA e DFM software, per i quali la maggiore finalità applicativa si identifica
durante la fase di ingegnerizzazione (durante la quale è previsto che avvenga la pianificazione della produzione
con la scelta delle tecnologie di assemblaggio più corrette in relazione alla organizzazione produttiva dell’industria
stessa) perché puntano solo ad un miglioramento della produttività senza tenere in conto le problematiche
ambientali, tutti gli altri Focused Analysis software hanno una maggiore utilità durante le fasi di progettazione
preliminare e definitiva.
Questo è una considerazione valida, sia per strumenti come DFE ed EcoScan Dare, che consentono al
progettista di migliorare le prestazioni del prodotto, una volta decretata la sua fine vite, agevolandolo nella scelta
delle soluzioni migliori per facilitare il suo disassemblaggio e quindi aumentare il suo grado di riciclabilità sin dal
momento ideativo, sia per i database, cioè i M&P Software, che invece si presteranno ad essere delle vere e
proprie guide interattiva consultabili durante le diverse fasi dell’iter progettuale.
Infine un discorso a parte merita invece il momento metaprogettuale, dove vediamo che invece questi strumenti
non risultano utili, a parte il caso di Wisard, che è uno strumento focalizzato sulla fase di dismissione del prodotto,
ma sviluppato proprio per pianificare il sistema di gestione di rifiuti e scarti e le loro diverse modalità di
dismissioni. Questioni che ovviamente travalicano i compiti progettuali veri e propri e sono invece demandati ai
livelli gestionali e direzionali.
In relazione al percorso progettuale di un edificio, invece, vediamo che gli ecosoftware relativi a questo ambito
applicativo, si distribuiscono lungo il Process Design in maniera diversa da quelli del settore industriale.
Innanzitutto si rileva che nelle prime fasi di metaprogetto e progettazione preliminare, quando vengono fissate le
“idee forti” e l’edificio viene definito nella sua identità formale e prestazionale, strumenti come gli Analysis
Software hanno una minore utilità, mentre strumenti focalizzati come GBA, EDGE hanno una maggiore
applicazione, perché strutturati come check-list capaci di suggerire le strategie ambientali migliori da perseguire,
non solo ai progettisti, ma anche le altre figure professionali coinvolte nella definizione delle scelte iniziali di
massima.
Nello specifico durante queste fasi iniziali del processo creativo, gli Analysis Software hanno un’utilità perlopiù
limitata:
− ai soli strumenti semplificati come EVA o Twin Model (GreenCalc+), che per il tipo di dati non così
approfonditi per svolgere l’analisi e il tipo di risultati forniti possono essere impiegati come strumenti di
supporto e consultazione per verificare e fare una prima scrematura tra le idee di massima che prevedono un
certo tipo di sistema costruttivo rispetto ad altre;
− ad un uso indiretto dei risultati di precedenti analisi di LCA condotte su edifici già realizzati con strumenti
come l’Athena o il LISA. Anche se l’Athena, però rispetto al Lisa, può avere una limitata utilità anche nella
118
- PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI
fase di progettazione preliminare, delineando delle prime valutazioni di massima sulle prime idee costruttive,
che nei momenti successivi potranno essere rifinite e approfondite con l’immissione di dati più specifici.
Durante le successive fasi di progettazione definitiva ed esecutiva, quando l’architettura d’insieme dell’edificio è
tracciata e sono stati redatti i progetti esecutivi della struttura e degli impianti, i capitolati e i computi metrici
vediamo invece che, come successo per gli omologhi strumenti relativi al contesto industriale, gli Analysis
Software e nello specifico strumenti di LCA come l’Athena, il BEAT 2002 e il BEES hanno maggiori possibilità di
applicazione.
Grazie a questi strumenti, sulla base di informazioni più puntuali sulle dimensioni, i materiali, gli elementi
costruttivi e le finiture dell’edificio, sarà possibile analizzare e valutare le diverse soluzioni da un punto di vista
ambientale, ma anche economico, proprio perché studiati e sviluppati per analizzare le diverse possibilità di
assemblaggio delle parti dell’edificio, nel caso dell’Athena, o degli elementi e dei componenti edilizi, nel caso di
BEAT 2002 e BEES, in relazione alle loro prestazioni energetico-ambientali.
Mentre strumenti semplificati come l’EVA o il Twin Model ((GreenCalc+), in queste fasi, perdono parte della loro
utilità, perché troppo generali nelle loro valutazioni, a meno che, come nel caso del Twin Model, questi strumenti
non siano stati sviluppati, oltre che per un uso interno al momento progettuale anche per conseguire, tramite le
loro valutazioni delle certificazioni energetiche da enti esterni.
Per quanto riguarda invece i Focused Analysis software, mentre EDGE o GBA, come già detto sono più utili nelle
prime due fasi iniziali, altre tipologie di software di questo gruppo, come gli M&P Software, cioè i database
informatizzati, anche in questo ambito, per il fatto di contenere al loro interno dati relativi componenti, materiali e
processi di trasformazione relativi al settore edilizio, possono essere impiegati e consultati durante i diversi
momenti progettuali.
Nello specifico, come già successo nel caso degli strumenti impiegati nel design, vediamo che strumenti come
Idemat o il CES, si pongono come validi strumenti di supporto durante la fasi di progettazione preliminare e
definitiva, mentre EcoInvent, essendo un database specifico che supporta approfondite analisi di LCA entra in
gioco durante la fase di progettazione esecutiva o di engineering, quando verrà svolta un’analisi della fattibilità
produttiva ed economica del prodotto industriale o dell’edificio.
PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI -
119
Fig. 42 – Ipotesi di travaso di strumenti usati nel Ecodesign nel Process Design dell’edificio.
120
- PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI
Ipotesi di travaso e impiego degli Ecodesign software nel percorso progettuale dell’edificio
Vista il numero ancora ridotto di strumenti sviluppati appositamente per essere impiegati per le analisi delle
prestazioni energetico-ambientali dell’edificio, sulla base di queste prime considerazioni è possibile individuare
strumenti nati appositamente per il settore industriale che in qualche modo potrebbero trovare un’utile
applicazione anche durante il Process Design di un edificio (Fig. 42).
Queste considerazioni rimandano al tipo di dati e informazioni contenute nei rispettivi database, di cui si rimanda
all’apposito capitolo, o ai sistemi organizzativi con cui sono stati sviluppati che potrebbero essere assunti come
spunto per lo sviluppo di appositi strumenti di analisi per il manufatto architettonico.
In questo modo è così possibile individuare:
− strumenti di LCA come il GaBi, il TEAM e SimaPrò, o di LCI il Boustead che hanno esteso i loro database
interni comprendendo anche dati e informazioni specifiche per il contesto edilizio;
− strumenti di LCC, come Umberto che, invece, per la sua capacità di saper delineare e analizzare i flussi in
termini di input e output ambientali e economici, cioè di saper di descrivere le interazioni nei sistemi
complessi, può essere applicato con i dovuti adattamenti, anche per l’analisi del sistema-edificio, una volta
che tutti i dettagli costruttivi sono stati fissati;
− strumenti semplificati come Eco-iT, EcoScan Life e eVerdee, dai quali si potrebbero trarre le stesse finalità e
principi organizzativi, cioè quelle di essere degli strumenti che necessitano di pochi dati per compiere l’analisi
e fornire valutazioni semplici, espresse in punteggi singoli, per l’elaborazione di strumenti simili ma dedicati al
solo settore edilizio.
PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI -
121
Fig. 43 – Analisi dei diversi tipi di utenti che possono trarre vantaggio dalle analisi condotte dagli ecosoftware.
122
- PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI
Tipologie di utenza a cui sono destinati gli strumenti software
Parallelamente all’individuazione della loro utilità durante il Process Design, è stato anche possibile condurre
un’analisi per individuare le diverse tipologie di utenti e stakeholder coinvolti nel ciclo di vita dell’oggetto di studio
che possono impiegare agevolmente questi strumenti in funzione delle loro rispettive competenze.
In relazione all’ambito industriale, adottando un approccio progettuale di Life Cycle Thinking, e in coerenza anche
con le strutture organizzative di molte imprese, durante il momento progettuale, il progettista infatti, non è più il
solo protagonista del momento progettuale, ma entrano in gioco anche altre figure professionali che in qualche
modo avranno a che fare con l’oggetto progettuale durante l’intero ciclo di vita.
Da questo punto di vista quindi, oltre ai designer, entreranno in gioco figure come gli ingegneri di produzione, i
manager di progetto, gli ingegneri delle linee produttive, i funzionari degli uffici acquisti e le professionalità del
marketing.
Inoltre una progettazione partecipata finalizzata ad un miglioramento delle prestazioni ambientali del prodotto,
come abbiamo visto nei precedenti capitoli, perché sia veramente tale, dovrà coinvolgere anche gli stakeholder
esterni alla realtà produttiva finale, come i fornitori dei diversi componenti costituenti il prodotto, gli addetti alla
gestione del suo fine vite e gli stessi utenti finali.
Mentre nel caso dei fornitori e dei assemblatori, il loro coinvolgimento è motivato dal fatto che, per avere
realmente un prodotto, è necessario trasferire anche a loro parte della responsabilità ambientale del prodotto
(anche in seguito all’adozione da parte delle ditte assemblatrici finali di sistemi di gestione ambientale e di
politiche di Green Procurement), nel caso degli addetti alla gestione dell’utenza del fine vita, questi avranno un
interesse diretto a suggerire durante la progettazione indicazioni che ne facilitino il futuro disassemblaggio.
Caso a parte gli utenti finali, che sensibilizzati sempre di più sulle questioni ambientali ed indotti ad un
cambiamento culturale, potranno influire sempre più di più con la richiesta di prodotti maggiormente ecologici.
Lo stesso discorso vale anche nel settore edilizio, dove a fianco degli architetti e degli ingegneri civili/edili che si
occuperanno dei progetti architettonici, strutturali e impiantistici del manufatto architettonico, dovranno essere
coinvolti anche altre figure professionali, quali i consulenti tecnici delle industrie produttrici di componenti edilizi e
le stesse imprese di costruzione, che se spinte e motivate da incentivi e sgravi fiscali per la realizzazione di edifici
maggiormente sostenibili, potranno trarre anche loro notevoli benefici dall’uso di questi strumenti di valutazione.
Alla luce di queste considerazioni è stata così redatta la successiva tabella (Fig. 43) che evidenzia i diversi target
di utente che potranno trovare interesse nell’impiego di questi strumenti.
Da questa tabella, è infatti possibile individuare gli strumenti più facilmente impiegabili dai progettisti, sia che si
tratti di designer che di architetti.
Vediamo così che software come Eco-iT, EcoScan Life, eVerdee, e DFE si prestano per essere impiegati dai
progettisti del prodotto industriale, mentre Athena, BEAT 2002, BEES, EVA, Twin Model (GreenCalc+), EDGE,
GBA e VAMP, sono invece più adatti ad essere impiegati dai progettisti dell’edificio.
Infine si rileva ancora che strumenti come GaBi, SimaPrò, seppur nati in un contesto industriale, si prestino ad
essere impiegati anche da architetti e designer, per il fatto di avere previsto delle versioni più “semplici” mirate
alla fase progettuale come SimaPrò Compact o GaBi Light.
Stesso discorso vale per i due database Idemat e CES, che potranno essere un valido strumento di consultazione
sia in ambito architettonico che edilizio.
Tutti gli altri strumenti, come si può vedere anche dallo schema (Fig. 43), non si prestano ad essere impiegati
direttamente dai progettisti, proprio perché mirati ad una tipologia di utenza più esperta delle problematiche
ambientali e delle metodologie di analisi e valutazione che sottendono allo sviluppo di questi strumenti.
PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI -
123
Per questo motivo sono classificati come indirettamente sviluppati per i progettisti, perché implicano la
partecipazione di consulenti in materia capaci di tradurre i risultati forniti dalle analisi condotte da questi strumenti
in indicazioni utili che possano essere perseguite e adottate dagli stessi progettisti.
Tra questi, due strumenti in particolare, come TCAce e EcoInvent, per la complessità dei dati trattati, sono poco o
per nulla adottabili da un progettista o da un designer.
124
- PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI
CONSIDERAZIONI ECONOMICHE
In questa parte è stata svolta un’analisi di, se e come, questi strumenti
software forniscano anche una valutazione economica delle
performance ambientali del prodotto o dell’edificio.
Le valutazioni di tipo economico, cioè l’analisi dei costi e dei benefici
correlabili alle prestazioni energetico-ambientali di un prodotto o di un
edificio, sono senza dubbio un fattore molto influente in un’azienda per
la decisione di sviluppare e produrre prodotti o edifici ecologicamente
compatibili.
Dopo un primo periodo durante il quale sono stati sviluppati strumenti specificatamente dedicati all’analisi delle
prestazioni ambientali, in seguito sono nati strumenti come gli LCC software, che fondandosi sulla omonima
metodologia di Life Cycle Cost, analizzano le prestazioni ambientali del sistema indagato, evidenziandone non
solo i costi diretti, ma anche quelli indiretti e nascosti, che possono sorgere durante l’intero ciclo di vita90.
Successivamente, gli stessi strumenti di LCA, come GaBi, o TEAM hanno esteso il loro campo d’indagine
fornendo, a fianco dei profili energetico-ambientali, anche una valutazione delle ricadute economiche di queste
prestazioni lungo l’intero ciclo di vita, delineando su una base comune di dati, sia profili ambientali che economici
del ciclo di vita.
In questa parte sono quindi state messe sotto la lente di ingrandimento le diverse tipologie di valutazioni
economiche fornite dagli ecosoftware indagati così come riportato nella seguente tabella (Fig. 44).
Le tipologie di valutazioni economiche fornite da questi strumenti, in funzione del tipo e grado di valutazione
economica fornito possono essere distinte in:
• analisi dettagliate, detailed evaluation based on Life Cycle Cost (LCC) or TCA Assessment methodology, nel
caso assumano come loro fondamento la metodologia di LCC;
− semplici stime dei costi diretti legati alla costruzione/produzione, vita di esercizio o fine vita del sistema
indagato, riassunte nella categoria simple appraisal of financial conseguences related to the object of study.
Da questa tabella sempre distinguendo tra Analysis e Focused Analysis software, si vede come tra gli strumenti
di Analysis siano ancora pochi gli strumenti che al momento forniscono una valutazione fondata sulla metodologia
di LCC.
Tra questi troviamo solo:
− TCAce o Umberto, sviluppati appositamente per svolgere analisi di LCC;
− software di LCA come BEES, GaBi e TEAM, che hanno esteso il loro campo di analisi agli aspetti economici
con una stima dei costi diretti coinvolti;
− EcoScan Life e TwinModel (GreenCalc+), che forniscono indicazioni generali sugli aspetti economici.
Nel primo caso, EcoScan Life, oltre a fornire una valutazione degli impatti ambientali di un prodotto in Ecoindicator, può infatti fornire una valutazione dei costi diretti legati alle diverse operazioni e parti che
compongono il sistema indagato.
Nel secondo caso, invece, il Twin Model nel suo sistema di valutazione colma le lacune lasciate aperte dalla
mancanza di dati di LCA quantitativi con dati qualitativi inerenti gli aspetti di salubrità dell’edificio, e traduce le
due tipologie di informazioni in un parametro comune di normalizzazione, ovvero i costi ambientali diretti
conseguenti a queste prestazioni.
90. In merito si veda il capitolo, Life Cycle Cost o Total Cost Assessment, nella seconda parte di questa ricerca.
PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI -
125
Fig. 44 - Tipologie e sistemi di valutazione economica degli eco software.
126
- PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI
In relazione ai Focused Analysis software, invece, anche per la loro natura volta ad analizzare e migliorare le
performance in specifici momenti del ciclo vita, considerano anche gli aspetti economici tra i parametri su cui
elaborano le loro valutazioni e analisi.
È il caso tipico di strumenti come:
− DFA e DFM Software mirati alla fase di assemblaggio. In questo caso, come abbiamo già visto, questi
software, sulla base delle simulazioni virtuali delle interazioni tra le parti del prodotto, compiono un’analisi del
grado di difficoltà legato al loro assemblaggio con lo scopo di semplificarlo per ottenere una riduzione dei
tempi e quindi anche dei costi di produzione.
− DFE, VAMP e Wisard, finalizzati a facilitare l’analisi del fine vita. In questo caso questi svolgono un’analisi
simile ai precedenti che parte dalla configurazione del prodotto, ma ha come finalità non tanto un aumento
della produttività, quanto un’estensione della vita utile dei materiali e dei componenti.
Sebbene in questo caso la finalità ultima sia diversa, anche i software di DFD, nel valutare la fattibilità di un
materiale o di un componente per un suo riuso o riciclo, assumono tra i parametri considerati non solo
questioni tecniche legate alla natura dei materiali e all’esistenza di tecniche di recupero adeguante, ma anche
fattori economici come:
− il costo legato alla separazione dei materiali in frazioni omogenee, di cui abbiamo visto che maggiore è il
grado di separazione, maggiori saranno i tempi e quindi i costi di manodopera, ma maggiore sarà anche il
valore del materiale recuperato;
− il costo del trasporto di questi materiali dismessi ai centri di recupero, valori al momento fortemente
influenzati dalla mancanza di una rete di centri di trattamento diffusa sul territorio, che impone a volte
trasporti molto lunghi;
− il costo dei materiali riciclati, aspetto questo invece fortemente influenzato dall’esistenza di un mercato
che agevola l’incontro tra domanda e offerta di questi materiali recuperati.
Un caso a parte sono gli M&P software che in modo diverso riportano una descrizione dei costi. A parte
EcoInvent, strumento mirato ad essere un database di LCI e quindi non riportare considerazioni di tipo
economico, questi strumenti nei dati e nelle informazioni relative ai diversi materiali o processi selezionati
forniscono anche una valutazione dei costi diretti legata a specifici processi di trasformazione o determinati
trattamenti di fine vita.
In Idemat infatti la valutazione energetico-ambientale di un materiale o di un processo, oltre che ad essere
espressa in Eco-indicator, può essere articolata anche in EPS, un sistema di valutazione che dove i danni
ambientali sono espressi in termini finanziari, in ELU, dove 1 ELU corrisponde approssimativamente al valore, nel
passato di 1 ECU, e oggi di 1 EURO.
Infine nel CES la selezione di un materiale o di un processo di trasformazione può essere svolta sulla base di un
compromesso tra costi ambientali, costi finanziari e caratteristiche tecniche del materiale.
Infine EDGE e GBA, forniscono una serie di indicazioni e linee guida utili per il progettista e nel presentare queste
diverse possibilità forniscono anche una valutazione della convenienza di queste soluzioni proposte sulla base di
due parametri: le difficoltà applicative legate all’adozione di queste indicazioni a fronte dei benefici, tradotti in
costi, derivanti dall’adozione delle soluzioni proposte.
PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI -
127
Fig. 45 – Sistemi di valutazione degli effetti ambientali adottati dagli ecosoftware.
128
- PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI
EFFETTI AMBIENTALI
Tra i diversi parametri assunti per il confronto e la comparazione degli
strumenti software indagati, un aspetto veramente importante da
analizzare sono gli effetti ambientali, tenuti in considerazione per la
formulazione delle loro valutazioni.
Effetti ambientali con diverse scale d’azione, globale, macro-regionale
o locale, che possono essere considerati nelle loro analisi.
Si è visto infatti che molti di questi ecosoftware, come gli Analysis
software nella loro forma più o meno semplificata, nelle loro valutazioni consentono di correlare gli impatti
ambientali che incorrono durante il ciclo di vita di un prodotto industriale o di un componente edilizio, ai potenziali
effetti ambientali sulle diverse scale.
Altri invece, come i Focused Analysis Software, non consentono una correlazione diretta agli effetti ambientali
che possono insorgere in seguito alle prestazioni del prodotto, in quanto spesso sono solo una guida per la
riduzione dei carichi energetico-ambientali e il miglioramento delle prestazioni sulla scala locale, che incidono sul
benessere dell’individuo o sulla produttività dell’azienda..
Infine alcuni, come gli LCC Software, sono mirati ad una quantificazione economica dei costi diretti, indiretti e
nascosti riconducibili alle prestazioni del prodotto e alle loro ricadute sui principali effetti ambientali considerati in
uno studio di LCA.
Effetti ambientali che come abbiamo visto (Fig. 18) possono avere diverse scale di azione:
− globale: come l’effetto serra e l’assottigliamento dello strato di ozono, oppure il consumo di acqua e risorse,
che influiscono e hanno ripercussioni a catena sull’intero pianeta;
− nazionale o macro-regionale: come l’acidificazione, l’eutrofizzazione, lo smog invernale e quello fotochimico
estivo, che diffusi a livello macroregionale o nazionale possono alterare gli equilibri su cui si strutturano gli
ecosistemi o possono comportare delle conseguenze sulla salute dell’uomo causando patologie croniche, e in
alcuni casi anche mortali;
− locale: come la tossicità di alcune sostanze, la produzione di rifiuti anche pericolosi, l’uso e l’alterazione del
territorio a causa delle attività antropiche, l’inquinamento dell’aria e quello acustico all’interno degli ambienti o
la diffusione di vapori, gas e odori, che sebbene abbiano delle effetti limitati alla sola scala locale con
ripercussioni dirette sulla salute di individui singoli, soprattutto nel caso di un edificio, non devono essere
sottovalutati per il perseguimento del benessere e dei requisiti di igienicità degli ambienti interni.
Per analizzare quali effetti sono considerati e quindi quale scala di azione coprono le valutazioni e le analisi svolte
da questi ecosoftware, è stato delineato un primo schema che illustra i diversi sistemi di valutazione adottati da
dagli ecosoftware (Fig. 45). Sistemi di valutazione, che a loro volta si distinguono in tre tipologie principali:
− metodi di LCIA: sono i sistemi di valutazione adottati in genere dagli Analysis software, anche dagli M&P
software, come Idemat, CES e EcoInvent.
Detti anche weighting system, sono sistemi di pesatura quantitativi basati su procedure e modellizzazioni
degli effetti ambientali di tipo scientifico, che a loro volta possono distinguersi in Problem-oriented method e
Damage-oriented method, di cui si è già trattato nell’apposito paragrafo91;
− sistemi semiquantitativi o qualitativi: sono i sistemi adottati in linea generale dai Focused Analysis
Software.
91. In proposito si veda il paragrafo Analisi degli impatti (Life Cycle Assessment, (LCIA), trattato nel capitolo dedicato alla Metodologia di LCA in dettaglio, nella seconda
parte di questo testo..
PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI -
129
Per lo più si tratta di sistemi basati su criteri di valutazione qualitativi espressi in relazione al contesto in cui si
inserisce l’oggetto indagato (prodotto industriale o componente edilizio).
Gli effetti tenuti in considerazione in questi sistemi, non sono così evidenti, ma possono essere desunti con
un ragionamento a ritroso, che parte da un’analisi delle indicazioni fornite dagli strumenti, per poi risalire alle
strategie di miglioramento ambientale a cui si rifanno, dalle quali si possono dedurre infine i benefici indiretti
derivanti per la salute dell’uomo e dell’ambiente sulle diverse scale di azione globale, nazionale o locale;
− sistemi di valutazione basati sui costi: sono sistemi di valutazione che, come abbiamo visto, si focalizzano
sugli aspetti finanziari legati ai costi diretti legati all’acquisto di materie e al consumo di risorse energetiche
oppure legati agli eventuali costi indiretti, nascosti e poco tangibili, che andranno a gravare sulle imprese che
si assumeranno la responsabilità di alcune esternalità, come gli impatti sulle risorse, sulla salute umana,
sull’ecosistema, sulla biodiversità, sull’agricoltura e sulle infrastrutture civili92.
Inoltre dalla tabella precedente (Fig. 45), in relazione alle due categorie di software Analysis e Focused Analysis,
si può possono delineare le ulteriori considerazioni.
In relazione agli Analysis Software, che per la maggior parte adottano sistemi di valutazione di LCIA, è bene però
ricordare che nella metodologia di LCA molte sono ancora le criticità nel ricondurre in maniera scientifica gli
impatti emessi durante il ciclo di vita del prodotto agli effetti ambientali potenziali ritenuti più significativi.
Criticità legate proprio a questi sistemi di valutazione, che adottano per le loro valutazioni parametri,
semplificazioni e approcci diversi, non da tutti accettati93.
La questione ancora aperta a livello scientifico durante la fase di valutazione degli impatti in una analisi di LCA è
relativa ai due passaggi facoltativi, di normalizzazione e pesatura, che consentono di ricondurre i risultati,
espressi in maniera disaggregata rispetto agli effetti, a delle macrocategorie di danno, che coincidono con
obiettivi di salvaguardia come la salute dell’uomo e degli ecosistemi, l’uso del territorio e delle risorse,
l’alterazione degli ambienti antropizzati.
In altre parole, con questi due step facoltativi, il passaggio delicato e ancora in via di discussione a livello di
comunità scientifica è quello da un approccio di tipo problem-solving, mirato a ricondurre impatti ed effetti in
maniera lineare, secondo il principio di causa-effetto, ad uno di damage approach, focalizzato invece sulla
valutazione dei danni causati da questi effetti ambientali sulle alcuni obiettivi di salvaguardia prefissati.94.
Per ovviare a questo problema vediamo così che gli Analysis Software analizzati, includono al loro interno diversi
sistemi di pesatura, o LCIA method, che l’utente può scegliere di adottare, in relazione al tipo di risultati forniti a
livello di midpoint o di endpoint, e in funzione dello scopo e delle finalità dell’analisi condotta.
Così vediamo per esempio che molti LCA Software, come Athena, BEAT 2002, GaBi, LCAiT, SimaPrò, TEAM e
Umberto mettono a disposizione dell’utente diverse librerie con i relativi fattori di classificazione/caratterizzazione
di diversi sistemi di valutazione, che l’utente può decidere di adottare nella sua analisi.
Altri invece, come EVA o eVerdee, affiancano all’uso di metodi di valutazione accettati come gli Eco-indicator,
anche delle checklist per la valutazione degli aspetti qualitativi (Fig. 45).
92. In proposito si veda il capitolo, Life Cycle Cost o Total Cost Assessment, nella seconda parte di questa tesi.
93. Durante la fase di LCIA si è visto infatti che quattro sono gli step che consentono di ricostruire in maniera scientifica questa correlazione: classificazione,
caratterizzazione, normalizzazione e valutazione o pesatura degli effetti. Di queste, secondo le norme UNI EN ISO, le prime due sono obbligatorie e conducono ad un
ecoprofilo del sistema indagato, dove i contributi alle diverse categorie di impatti sono ricondotti ai singoli effetti ambientali considerati, secondo un sistema di valutazione
detto di midpoint, mentre le seconde due sono facoltative e servono per agevolare la conclusiva fase di interpretazione dei risultati, tramite un livello di valutazione
espresso in endpoint. Per approfondimenti su questi aspetti si veda il paragrafo, Metodologia di LCA in dettaglio, nella seconda parte di questo testo.
94. Nei lavori condotti congiuntamente dalla SETAC e dalla UNEP, si stanno delineando le procedure con cui deve essere attuato questo passaggio da livello di midpoint
a livello di endpoint.. In proposito si veda UNEP/SETAC Life Cycle Initiative, op. cit.
130
- PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI
In relazione ai Focused Analysis Software, invece, si può dire che questi strumenti, in linea generale, svolgono
una valutazione delle conseguenze del sistema indagato secondo sistemi più semplici e approssimativi, di tipo:
− semiquantitativo: come il ricorso a matrici di comparazione strutturate sulla base di pochi parametri, come
risorse impiegate ed emissioni, come nel caso di DFE, EDGE e GBA oppure su semplici analisi costi/benefici
che considerano, oltre ai benefici ambientali, i costi e le difficoltà legate alle varie operazioni di
disassemblaggio come avviene con il sistema di valutazione TAT (Total Assembly Time), adottato per
esempio dai software per il DFA;
− qualitativi: tramite la selezione di indicazioni e suggerimenti progettuali riconducibili alle strategie di LCD95,
presentate in forma di check-list, come per esempio EDGE, GBA, EcoScan Dare, VAMP e Wizard, che
forniscono indicazioni in funzione dello specifico oggetto di analisi e del contesto geografico in cui si inserisce.
Un caso a parte, sono i M&P Software, cioè i database, che nel caso di:
− IdeMat o del CES, nelle molte informazioni fornite per il materiale o il processo selezionato, offrono anche una
valutazione del suo carico ambientale espressa secondo uno dei sistemi di valutazione di LCIA, come gli Ecoindicator nel caso di Idemat o il Cumulative Energy Demand96 nel caso del CES;
− EcoInvent, è strutturato in modo da mettere in relazione e agevolare il collegamento tra i dati di LCI contenuti
al suo interno con i diversi fattori di conversione e caratterizzazione relativi ai vari sistemi di LCIA raccolti al
suo interno, come Eco-indicator ’95 o ’98, EcoScarcity, EDIP, EPS, ecc97.
95. Vedi il capitolo, Strategie di Life Cycle Design – LCD, nella seconda parte di questo testo.
96. Per un approfondimento del sistema di valutazione, Cumulative Energy Demand, si rimanda all’appendice 1.
97 In merito ai diversi sistemi di valutazione adottabili durante la fase di LCIA in una analisi di LCA, si rimanda all’appendice 1.
PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI -
131
Fig. 46 – Correlazione sistemi di valutazione-effetti ambientali sulle diverse scale.
132
- PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI
Una volta individuati ed analizzati i principali sistemi di valutazione adottati da questi strumenti così come riportato
nella relativa tabella (Fig. 45), si è poi passati, sulla base dei relativi criteri e dei parametri di valutazione sottesi
da questi sistemi, all’analisi di quali effetti ambientali sono considerati da questi diversi sistemi di pesatura, come
si può vedere nella successiva tabella (Fig. 46).
Da questa tabella (Fig. 46) vediamo che i sistemi di LCIA, in generale assumono nelle loro analisi e
modellizzazione effetti ambientali con una scala d’azione che agisce in prevalenza sul livello globale o
macroregionale, mentre vediamo che i sistemi semplificati, come le matrici o le check-list, oltre a considerare le
conseguenze a scala globale e macroregionale, prendono in considerazione anche gli effetti limitati alla scala
locale.
I differenti raggi d’azione considerati da questi sistemi di valutazione, come vedremo nella successiva tabella (Fig.
47) si ribalteranno di conseguenza sui diversi software analizzati
Individuata così la correlazione ecosoftware-sistemi di valutazione (Fig. 45), e in seguito la relazione tra sistemi di
valutazione-effetti ambientali (Fig. 46), per proprietà “transitiva”, è così possibile individuare il collegamento
ecosoftware-effetti ambientali e così definire le diverse scale di azione, su cui vanno ad incidere le analisi fornite
da questi strumenti (Fig. 47).
Queste conclusioni finali, eco software-effetti ambientali (Fig. 47) saranno rielaborate e riportate nella matrice
sinergico comparativa elaborata al termine di questo lavoro di ricerca.
PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI -
133
Fig. 47 - Correlazione ecosoftware-effetti ambientali sulle diverse scale
134
- PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI
DATABASE A CONFRONTO
Un ultimo fattore su cui poter comparare gli strumenti ecosoftware indagati è legato al tipo di database contenuti
al loro interno e quindi alla tipologia di dati messi a disposizione dell’utente/valutatore per l’analisi delle
prestazioni dell’oggetto di studio.
All’interno dei software possono infatti essere contenuti differenti tipi di dati relativi alle singole unità di processo
con i flussi elementari di input e output o ai vari i fattori di caratterizzazione/classificazione impiegati negli
algoritmi di calcolo dei sistemi di valutazione adottati dai software.
Per le diverse tipologie di dati e per la loro maggiore o minore estensione di dati consultabili, i database
assumono infatti una grande importanza e diventano spesso un aspetto di differenziazione tra i diversi strumenti
informatici a disposizione.
Spesso accade che più il database è esteso ed affidabile, maggiore è il suo valore e quindi maggiore sarà anche
il costo della licenza del software che lo include.
Uno dei fattori da dover considerare nella selezione di quali strumenti software adottare è proprio il tipo di dati
messi a disposizione dai relativi database annessi e soprattutto l’affidabilità e la credibilità che questi dati hanno.
A questo scopo nell’analisi comparata degli ecosoftware è stata dedicata un’apposita parte dello studio nella
descrizione delle caratteristiche dei relativi database.
Contrariamente agli aspetti principali finora considerati, quali classificazione, finalità, tipologia delle valutazioni
economiche ed ambientali fornite, l’analisi dei database inclusi nei software non è stata volutamente inserita nella
matrice conclusiva riportata al termine di questa analisi comparativa, in quanto sarebbe stata un’inutile ripetizione
lungo le diverse fasi del ciclo di vita che avrebbe semplicemente complicato la sua lettura complessiva della
matrice.
Inoltre come vedremo, l’analisi di queste banche dati apre un campo d’indagine a se, piuttosto esteso, che
richiederebbe approfondimenti specifici, che andrebbero al di la degli scopi di questa ricerca.
Per l’esame delle banche dati comprese negli ecosoftware innanzitutto sono stati evidenziati i seguenti aspetti:
− quali sono i database contenuti all’interno dei software, a quali fonti si rifanno e da chi sono stati sviluppati
(Fig. 48);
− quali settori merceologici e produttivi sono coperti dai dati e la rilevanza dei dati rispetto al settore edilizio:
dall’analisi dei tipi di dati contenuti e delle categorie merceologiche coperte, è stato possibile giungere ad una
valutazione della loro rilevanza rispetto al settore edilizio (Fig. 49).
Per questa valutazione sono stati presi in considerazione 4 valori, indicativi di un’alta, media o scarsa quantità
di dati inerenti il settore delle costruzioni e contenuti al loro interno.
Nello specifico, al valore:
• 1: corrisponde ad un’alta rilevanza del database rispetto al settore edilizio, perché si tratta di software che
contengono a loro interno dati specifici e relativi al solo settore edilizio;
• 2: equivale ad un livello medio, cioè all’interno dei database sono contenuti dati inerenti il settore delle
costruzioni, ma non sono stati sviluppati originariamente e specificatamente per quel settore;
• 3: corrisponde ad un livello di importanza basso, perché si tratta di database limitati ad alcuni specifici
settori non attinenti l’edilizia;
• non specificabile (ns) nel caso, come nel software in questione, EVA, quando non è presente alcun
database.
PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI -
135
Fig. 48 - Database e relative fonti annessi ai software
136
- PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI
Fig. 48 - Database e relative fonti annessi ai software.
PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI -
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Fig. 49 – Dati inclusi all’interno dei database dei software.
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- PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI
Fig. 49 – Dati inclusi all’interno dei database dei software.
PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI -
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Fig. 50 – Confronto tra i database annessi agli eco software.
140
- PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI
La valutazione così delineata della rilevanza dei database rispetto al settore edilizio verrà riportata nella tabella
riassuntiva delle principali caratteristiche dei database contenuti nei software (Fig. 50).
In questa tabella finale di confronto (Fig. 50), sono stati infatti evidenziati per i database inclusi nei diversi
software indagati, oltre alla loro rilevanza per il settore edilizio, anche altri aspetti quali:
− la possibilità di importare dati da altri database o applicazioni;
− la possibilità di esportare dati in altre applicazioni;
− la possibilità di inserire dati personalizzati in relazione all’oggetto indagato o ad uno specifico settore;
− la possibilità di acquisire dati relativi a specifici settori merceologici;
− la possibilità di avere a disposizione dati espressi secondo i mix energetici caratteristici dei diversi contesti
geografici;
− la possibilità di avere a disposizione, indicazioni sulla qualità dei dati riportati.
Solo considerando, contemporaneamente tutti questi aspetti è possibile valutare le potenzialità di applicazione dei
diversi software in relazione alle loro diverse banche dati contenute.
Rilevanza rispetto al settore edilizio
In questa parte della tabella (Fig. 50) è fornita una valutazione della rilevanza o meno dei dati contenuti e relativi
a materiali, componenti, processi e relativi consumi energetici tipici del settore edilizio.
Questa valutazione, come visto, deriva dalla precedente analisi focalizzata sul tipo di dati contenuti (Fig. 49).
Da questo esame, si può dire che tra gli ecosoftware ve ne sono alcuni che presentano database che possono:
− essere stati sviluppati specificatamente per il settore edilizio, ovvero con un valore di rilevanza pari ad uno,
come: Athena Life Cycle Inventory Database, BEAT database, BEES database, GaBi database, BHP Billion
database, GBA database, VAMP Database;
− essere stati creati in ambito industriale, ma che hanno però esteso il loro campo d’azione comprendendo dati
relativi al settore delle costruzioni, quindi con un una rilevanza pari a due, come: Boustead database,
eVerdee database, Prè LCA Database, EcoInvent database, Idemat database, CIT Ecologik Database;
− essere nati in ambito in industriale e al momento essere circoscritti a questo solo settore, quindi con valore di
rilevanza pari a 3, come Prè Eco-indicator database, DEAM Starter Kit database, CES Database, Boothroyd
Deswhurst database, EcoScan database, Ecobilan database;
− non prevedere alcun database al loro interno, come nel caso di EVA, che al momento è un software che stato
sviluppato senza database ma con la capacità di interfacciarsi ed impiegare dati di altri database esterni e
indipendenti.
Importazione dati da altri database o applicazioni
Nella tabella (Fig. 50) a questa voce, viene evidenziata la potenzialità da parte di questi software di importare dati
da altri database non contenuti nel suo database originale.
Oltre ai database già annessi, molti di questi strumenti software infatti sono stati sviluppati in modo tale, che nel
caso di assenza di dati inerenti uno specifico settore merceologico questi possono essere importati da altre fonti e
database.
Oltre alla ovvia possibilità per tutti i database di importare dati dalle loro precedenti versioni, affinché i dati
importati possano essere impiegati insieme ai dati già presenti nel database originale senza compromettere
l’affidabilità delle valutazione condotte su questi dati è necessario che i dati di nuova importazione siano espressi
nel medesime modo con cui sono strutturati i dati già presenti.
PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI -
141
A questo proposito la Society for the Promotion of LCA (SPOLD)98 ha sviluppato un format comune in ambito di
LCA, detto SPOLD Format, utile per esprimere i dati di inventario (LCI) in maniera univoca, con lo scopo di
facilitare le scambio di dati tra le diverse fonti e incrementare così la loro qualità.
L’adozione di questo format comune, strutturato secondo i criteri espressi nella tabella successiva (Fig.51),
agevola lo scambio di dati, dando garanzie sull’affidabilità della valutazione svolta dai software.
Vediamo così che alcuni LCA software come BEES, GaBi, SimaPrò, TEAM e Boustead Model e LCC software,
come Umberto, prevedono l’importazione di informazioni provenienti dal database EcoInvent, espresse proprio
secondo lo SPOLD format, che è stato adottato per la organizzazione dei dati all’interno di tutti questi strumenti.
Da ciò si può dedurre che EcoInvent database, assume una certa importanza nel panorama di queste fonti di dati,
diventando un elemento comune che armonizza e rende compatibili le analisi fornite da diversi strumenti.
Un discorso a parte lo merita invece, LCAiT, il cui database invece è strutturato secondo il formato SPINE, un
formato comune che era in uso prima dell’affermazione dello SPOLD format, per il quale però è stato studiato un
sistema di conversione per agevolare lo scambio di dati, espressi secondo i due diversi formati.
Un simile collegamento può essere individuato anche per il database Idemat, catalogato in questa ricerca come
un M&P Software.
Questo, sebbene non sia strutturato secondo lo SPOLD format, fornisce dati e informazioni espresse in Ecoindicator di materiali e processi, cioè secondo un sistema di valutazione adottato anche dagli Abridged LCA
software come Eco-iT, EcoScan Life e eVerdee, che così possono importare e trarre facilmente dati da Idemat.
infine vediamo che l’Athena, il BEAT, LISA, Twin Model, DFA, DFE e DFM Software e Wisard sono limitati alla
sola importazione di dati dalle versioni precedenti dei loro database.
STRUCTURE OF THE ECOSPOLD DATA FORMAT
PROCESS
Time Period
Geography
Technology
Defines the product or service output to which all emissions and requirements are
defined
Defines the temporal validity of the dataset
Defines the geographical validity of the dataset
Describes the technology(ies) of the process
Data set information
Defines the kind of process or product system, and the version number of the dataset
META INFORMATION
Reference Function
MODELLING AND VALIDATION
Representativeness
Sources
Validations
Defines the representativeness of the data used
Lists the literature and publications used
Lists the reviewer and their comments
ADMINISTRATIVE INFORMATION
Data Entry By
Documents the person in the charge of implementing the dataset in the database
Data generator and Publication Documents the originator and the published source of the dataset
Persons
Lists complete addresses of all persons mentioned in a dataset
Quantifies all flows from technical systems and nature to the process and from the
process to nature and to other technical systems
Allocation
Describes allocation procedures and quantifies allocation factors, required for multifunction processes
FLOW
DATA
Exchange
Fig. 51 - Criteri su cui si articolano i dati espressi secondo lo SPOLD Format
98. In merito si veda HEDEMANN, J., MEINSHAUSEN, I., FRISCHKNECHT, R., Ecoinvent 2000 – Documentation EcoSpold, Swiss Centre for Life Cycle Inventories &
ESU-services, 2003
142
- PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI
Esportazioni dati in altre applicazioni
Oltre alla possibilità di importare dati, nella tabella riassuntiva delle principali caratteristiche dei database annessi
ai software (Fig. 50) viene sottolineata anche la funzionalità che alcuni strumenti hanno di permette di esportare i
dati e i risultati derivanti dalle loro valutazioni in altri software.
I dati esportati relativi ad alcuni processi o materiali potranno infatti essere inclusi nei database di altri programmi
per essere impiegati, pronti per l’uso, in ulteriori valutazioni che prevedano l’impiego di questi dati.
Anche in questo caso è fondamentale che i dati siano strutturati secondo un linguaggio comune che agevoli
questo scambio, come lo SPOLD format, usato nei software di LCA o il sistema Eco-indicator.
Inoltre oltre alla possibilità di trasferire dati tra loro, esiste anche la possibilità tra questi software di
importare/esportare valutazioni aggregate o ecoprofili di interi prodotti e componenti, come nel caso di BEES e
Wisard.
Per esempio nel caso di BEES, questi dati di nuova importazione/esportazione potranno essere comparati con
valutazioni di prodotti simili già contenute in essi, mentre nel secondo caso di Wisard, potranno essere importati
dati utili e ecoprofili di interi processi che potranno essere inclusi nelle valutazioni successive sulla gestione
complessiva del flusso rifiuti.
Altro esempio SimaPrò, tramite il quale può essere realizzata un’analisi di LCA di un determinato prodotto o
componente espressa in Eco-indicator, che potrà poi essere esportata ed impiegata come un blocco predefinito,
detto black block, pronto per essere usato nelle valutazioni semplificate di LCA svolte da Eco-iT, eVerdee e
EcoScan Life.
In relazione a EcoScan Life, strumento semplificato di LCA mirato all’intero ciclo di vita, un simile collegamento
esiste anche con EcoScan Dare, focalizzato sulla sola fase di fine vita.
Questi software, creati dallo stesso produttore, hanno infatti la possibilità di parlare tra loro e di trasferire in un
senso e nell’altro dati, informazioni e valutazioni per implementare le rispettive analisi.
Inserimento dati specifici relativi all’oggetto indagato o ad uno specifico settore merceologico
Sotto questa voce nella tabella è stata evidenziata la possibilità per l’utente di inserire tra i dati contenuti nelle
banchedati a disposizione, dati di tipo primario, cioè raccolti direttamente sul sito o specifici del sistemaindagato99.
Molti di questi strumenti prevedono questa possibilità di aggiungere nuovi e ulteriori dati specifici di certe realtà,
ma per questa funzione, in molti casi è prevista una sezione a parte in cui inserirli e conservarli.
Spesso infatti i dati di tipo primario, ovvero quelli raccolti sul posto, rispetto a quelli di tipo secondario, potrebbero
presentare una minore affidabilità in quanto esaustivi solo di una specifica realtà.
Per questo motivo, ovvero per non compromettere la qualità dei dati già presenti nei database mescolandoli con
“dati poco affidabili”, in genere sono previste queste apposite sezioni a parte in cui conservare i dati
personalizzati.
In queste apposite sezioni, inoltre, l’utente può anche conservare e salvare i dati tratti dal database originale, ma
modificati in alcuni parametri, questo sempre per conservare l’integrità dei dati a disposizione nel database
originale.
99. I dati su cui elaborare le valutazioni in genere sono classificati come dati di tipo primario (primary data), quando raccolti direttamente dal sito produttivo sulla base di
questionari appositamente preparati o sono specifici del funzionamento di certi prodotti, o come dati di tipo secondario (secondary data) quando tratti da database e da
fonti bibliografiche riconosciute.
PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI -
143
All’utente in genere non è consentita la modifica dei valori presenti, tranne nel caso di utenti molto esperti e
autorizzati per farlo.
Vediamo così che tutti i software indagati, ad esclusione di LISA, CES e EcoInvent, prevedono sezioni per la
conservazione dei dati generati o modificati dall’utente (Fig. 50).
Possibilità di acquistare dati aggiuntivi inerenti altri settori merceologici
In questa sezione della tabella (Fig. 50) è invece evidenziato se per il database fornito con il software sono
disponibili sul mercato ulteriori pacchetti di dati specifici di settori produttivi o merceologici, che di default non
sono provvisti con lo strumento.
Ovviamente, per un extra costo, vediamo che software come BEES, GaBi, LCAiT, SimaPrò, TEAM, Umberto,
CES, EcoInvent, Idemat, Wisard prevedono questa possibilità di estendere i loro database e acquistare dati
sviluppati dalle stesse fonti ma caratteristici del settore edilizio.
Mentre questa è una caratteristica facoltativa per gli ecosoftware veri e propri, nel caso dei M&P Software, che
sono dei veri e propri database indipendenti come Idemat, CES o EcoInvent, questo aspetto è una condizione
essenziale che ne determina il loro successo e la loro diffusione.
Dati espressi secondo i mix energetici caratteristici dei diversi paese
Questo è un aspetto indicativo della qualità dei dati contenuti nei database, che influenza direttamente
l’affidabilità delle valutazioni svolte dagli ecosoftware.
Soprattutto in relazione ai dati relativi ai consumi energetici dei diversi processi di trasformazione è importante
infatti che questi siano contestualizzati in funzione del diversi mix energetico caratteristico del paese in cui si
conduce l’analisi.
Come ben sappiamo i diversi paesi si appoggiano su sistemi di approvvigionamento energetico derivati da fonti
energetiche diverse, in generale poco o non rinnovabili (metano, energia nucleare, idroelettrico, ecc.).
Questo aspetto influenza i valori relativi all’energia indiretta, indispensabile per avere a disposizione l’energia
diretta necessaria per il funzionamento di un processo produttivo o di un prodotto.
A sua volta l’impiego di corretti valori di energia diretta, influisce sui profili energetico-ambientali dei prodotti
indagati, determinando per uno stesso prodotto impronte ecologiche diverse a seconda che l’analisi sia compiuta
in Olanda piuttosto che in Italia.
La possibilità quindi per i diversi software di poter fondare le proprie valutazioni su dati rappresentativi degli
effettivi sistemi di approvvigionamento energetico dei diversi paesi influenzerà non poco la validità e l’effettiva
utilità delle loro analisi.
Nella tabella riassuntiva (Fig. 50), è riportata questa funzionalità o meno per i diversi software e da questa
vediamo che al momento sono pochi i database che danno all’utente la possibilità di contestualizzare
geograficamente l’analisi in relazione al paese in cui si svolge la valutazione e si limitano all’Athena, al Boustead
Model e al GaBi.
Altri invece come SimaPrò, TEAM, EcoInvent, GBA, VAMP e Wisard mettono a disposizione dati relativi solo ad
alcune realtà territoriali.
144
- PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI
Indicazioni sulla qualità dei dati
Per poter usare i valori contenuti nei diversi database in maniera integrata ovvero agevolandone il loro
trasferimento e scambio tra database e programmi di calcolo diversi e al tempo stesso garantire una certa
affidabilità delle valutazioni fornite dagli eco software è importante che questi soddisfino una serie di criteri di
qualità riconosciuti da tutti e definiti a livello internazionale.
A questo scopo molte banche dati riportano una serie di indicazioni sulla qualità sui dati riportati, che consentono
all’utente di manipolarli ed impiegarli con le dovute attenzioni e cautele.
Questo è il caso per esempio di Athena, Boustead Model, eVerdee, GaBi, LISA, SimaPrò, TCAce, TEAM,
Umberto,CES, EcoInvent, EDGE, GBA e Idemat.
A questo scopo a livello di comunità scientifica per dare una indicazione della qualità dei dati si sono delineati i
seguenti criteri e principi di qualità:
1) accuratezza, legata ad aspetti come.
− la loro rappresentatività statistica: caratteristica legata al fatto che siano stati tratti da una semplice
misurazione o da una media derivata da una serie misurazioni di cui è specificata anche la frequenza, il
numero di rilevazioni e il periodo di tempo durante il quale sono state effettuate queste misure;
− la loro età: fattore legato all’arco temporale in cui sono stati misurati. Questi dati possono essere recenti e
risalire a meno di 5 anni, potrebbero essere compresi tra una fascia di 5 e 10 anni, potrebbero risalire a
più di 10 anni o infine potrebbe non essere stata specificata la loro età;
− il metodo di acquisizione: in altre parole se sono dati derivati da misurazioni e/o da calcoli teorici e se
sono stati validati da un gruppo esterno di esperti.
2) completezza, giudicabile in relazione a tre parametri come:
− l’esaustività dei flussi: cioè se sono stati considerati i flussi più significativi, che potrebbero variare, e non
di poco, i risultati delle valutazioni complessive;
− il grado di aggregazione dei flussi: ovvero in quale modo sono stati aggregati flussi di impatti che
contribuiscono ad effetti ambientali diversi e se questa aggregazione può influire sulle valutazioni finali;
− il bilancio in termini di massa a livello di processo: che è una verifica dei flussi elementari individuati e
allocati in funzione delle masse coinvolte.
3) Rappresentatività, che può essere di tipo:
− geografico: cioè se i dati sono rappresentativi di un’area territoriale specifica sulla quale sono state svolte
le rilevazioni. Area che potrà essere circoscritta a livello locale o potrebbe avere un’estensione a scala
nazionale o continentale;
− temporale: se l’età dei valori considerati è adeguata al processo o sistema-indagato;
− tecnologica: se i dati sono l’espressione di un processo tecnologico rappresentativo dei sistemi di
produzione odierni o se invece è riferito a sistemi tecnologici obsoleti e fuori uso.
4) Riproducibilità, un buono studio di LCA dovrebbe essere abbastanza trasparente dichiarando le assunzioni
fatte e i metodi di valutazione adottati.
Questa trasparenza dovrebbe permettere a esperti diversi di giungere alle medesime conclusioni in caso di
ripetizione dello studio.
PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI -
145
Tra le varie assunzioni, i dati di inventario giocano un ruolo cruciale.
Il loro impiego deve essere privo di ambiguità e coerente, in modo tale da essere descritto secondo i tre criteri
successivi:
− definizione dell’unità funzionale: cioè se il prodotto o il servizio indagato è esplicitato in maniera
sufficiente, rilevante o esauriente in funzione di un’adeguata unità funzionale;
− inclusione di regole al livello di sistema: vale a dire quali criteri legati alla massa o alla loro rilevanza
ambientale sono stati assunti per decidere di includere o meno certi flussi;
− regole di allocazione: se le regole di allocazione impiegate sono trasparenti, giustificate e rilevanti.
5) variabilità/flessibilità, ogni dato dovrebbe essere dato con una serie di indicazioni relative alla sua variabilità,
cioè specificandone i possibili valori minimi, massimi e medie standard di uno stesso dato.
Queste informazioni consentono di compiere una valutazione sulla affidabilità, credibilità e sicurezza dei dati
che rafforzeranno le decisioni prese in relazione ai dati più incerti.
146
- PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI
MATRICE SINERGICO COMPARATIVA
Una volta analizzati gli aspetti caratterizzanti i diversi software, le principali conclusioni desunte per ogni fattore
indagato sono state riassunte e elaborate nella matrice sinergico-comparativa (Fig. 53) riportata per esteso al
termine di questo capitolo.
Questa matrice riassuntiva coincide con l’obiettivo specifico di questa ricerca, ovvero quello di elaborare una
toolbox o “cassetti degli attrezzi” utili per migliorare le prestazioni di eco compatibilità nel settore edilizio.
I risultati elaborati con questa matrice permettono infatti di mettere in comparazione i principali aspetti
caratterizzanti i diversi software lungo le fasi del ciclo di vita dell’edificio, che come abbiamo visto nella prima
parte di questo testo sono:
− pre-produzione dei materiali, dei lavorati e dell’energia indiretta necessaria per il funzionamento dei processi
successivi,
− produzione fuori opera dei componenti ed elementi tecnici,
− produzione in opera, cioè la fase di costruzione dell’edificio,
− vita di esercizio dell’edificio,
− vita utile dei componenti (considerando quindi la manutenzione e/o sostituzione dei componenti lungo la vita
utile dell’edificio),
− fine vita dell’intero edificio, cioè il momento della sua demolizione,
− fine vita utile dei materiali e componenti che lo costituiscono, che potranno essere destinati ad un riuso o
riciclaggio con un’estensione della loro vita utile, o invece, potrebbero essere destinati ad incenerimento con il
recupero di una quota energetica oppure potrebbero essere messi a dimora in discariche controllate.
Sulla base del comune denominatore costituito dalle diverse fasi del ciclo di vita dell’edificio, questi ecosoftware,
e nello specifico le indagini e le valutazioni da loro svolte e gli aspetti salienti di cui si è trattato nelle riflessioni
conclusive, sono così messi in comparazione tra loro in maniera parallela e simultanea.
In particolare vediamo infatti che lungo le diverse fasi dell’edificio, per i diversi software indagati, vengono
evidenziati i seguenti caratteri (Fig. 52):
1) oggetto di studio e classificazione: svolta in funzione della metodologia teorica a cui si rifanno, come
trattato nel primo capitolo di questa ultima parte.
In questo modo è evidenziato se l’oggetto di indagine per cui sono stati originariamente sviluppati questi
strumenti è il prodotto industriale, il componente edilizio o se invece sono strumenti studiati specificatamente
per agevolare la semplice individuazione selezione di materiali e processi corretti;
2) ruolo del progettista: dalle analisi condotte sulle finalità di questi strumenti, riportate nel secondo capitolo di
questa quarta parte, è stato evidenziato quali strumenti sono più adatti per il progettista vero e proprio.
In altre parole, viene specificato se:
− conceived for architect: lo strumento software è stato sviluppato per essere impiegato attivamente dal
progettista per l’analisi di quella specifica fase del ciclo di vita;
− indirect useful for architect: se per l’impiego del software è necessario il supporto di specifiche figure
tecniche e professionali che sappiano elaborare e tradurre le valutazioni fornite dallo strumento in un
linguaggio di facile comprensione per il progettista;
− not conceived for architect: se il suo uso è invece specificamente mirato ad utenti esperti in campo
ambientale, fornendo dati e valutazioni inutili al progettista;
PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI -
147
Fig. 52 - Legenda della matrice sinergico-comparativa finale.
3) costi ambientali: dall’esame del tipo di valutazione economica svolta da questi strumenti, compiuta nel terzo
capitolo di questa parte, viene riportato se il software nella sua analisi comprende anche gli aspetti economici
e se nel farlo, consente di svolgere una:
− detailed evaluation: perché adotta una metodologia di previsione fondata come la LCC,
− appraisal: ovvero una semplice stima che tiene in considerazione solo i costi diretti legati a certe
specifiche procedure e funzioni;
− not included: nel caso invece non consideri gli aspetti economici e/o la loro stima
4) Effetti ambientali: in relazione a questo aspetto è stata definita una scala di valutazione che rappresenta il
tipo di analisi condotta da questi strumenti, specificando quali effetti ambientali con le diverse ricadute a
livello locale, macro-regionale o globale, sono considerate nelle loro analisi.
Nello specifico sono stati adottate le seguenti classificazioni:
− detailed quantitative o partial quantitative, nel caso gli strumenti mettano a disposizione dell’utente delle
dettagliate valutazioni quantitative delle ricadute sugli effetti ambientali, o se le valutazioni quantitative
sono solo parziali, cioè considerano solo alcuni effetti sulle diverse scale;
− simplified quantitative o partial simplified quantitative, se le valutazioni svolte dagli strumenti sono invece
basate su sistemi semplificati, per esempio di LCA, e se con questi sistemi sono assunti e considerati tutti
gli effetti in una scala d’azione o solo alcuni;
− qualitative: se le valutazioni fornite dagli ecosoftware sono basate su considerazioni e indicazioni di tipo
qualitativo degli eventuali ricadute che le prestazioni dell’oggetto indagato avranno sui diversi effetti
ambientali sulle diverse scale di interesse;
148
- PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI
− not included o useless: nel primo caso, not included, se è stato specificatamente esclusa la valutazione di
alcuni effetti o se, nel caso useless lo stesso strumento risulta inutile per la valutazione degli effetti
ambientali in quella specifica fase del ciclo vita indagata, come per esempi i software di DFD, che non
potranno mai fornire una valutazione delle prestazioni e quindi delle ricadute ambientali durante la fase di
produzione.
In questo modo l’utente, oltre ad avere un quadro dello stato dell’arte di questi strumenti, sarà anche agevolato
nella scelta degli strumenti più idonei in funzione:
− dei diversi oggetti analizzati, prodotto industriale, componente edilizio o intero edificio;
− dell’esigenza di perseguire un’analisi delle prestazioni energetico-ambientali lungo l’intero ciclo di vita o di
migliorare le prestazioni in alcuni specifici momenti, le cui prestazioni andranno influire positivamente sulle
prestazioni dell’intero ciclo di vita dell’oggetto indagato.
Con la matrice, si delinea così una Toolbox, o una “cassetta operativa di strumenti” ad uso del progettista che era
l’obiettivo specifico di questo lavoro di ricerca.
Sulla falsariga della toolbox sviluppata con il Concurrent Ecodesign in ambito industriale, questa cassetta degli
attrezzi operativa si presta infatti come uno strumento di lettura e guida per il progettista, che si troverà a dover
selezionare e ricorrere a questi strumenti per integrare e soddisfare ai fianco dei requisiti tradizionali del prodotto
anche quelli ambientali.
Tramite la selezione dei più adeguati strumenti il progettista potrà essere guidato in una progettazione
ambientalmente consapevole.
Inoltre in questi strumenti troverà un supporto qualora l’oggetto in progetto debba essere sottoposto ad eventuali
certificazioni ambientali delle sue prestazioni.
Tramite la consultazione di questa matrice il progettista avrà a disposizione una guida un criterio di scelta tra i
software e i database informatici oggi disponibili, che gli consentiranno di delineare delle probabili previsioni
legate alle funzioni dell’edificio, non solo durante la fase di esercizio, ma anche durante la fase di fine vita, che in
particolare è caratterizzata da un maggiore grado di incertezza perché legata a variabili difficili da prevedere
durante il momento progettuale se non supportati da adeguati strumenti previsionali, che sappiano simulare e
modellizzare variabili come le condizioni di usura con cui si presenteranno i diversi materiali e componenti a fine
vita, la previsione di aree di rottura predefinite, ecc.
Per la delineazione di questa matrice, si è attinto dalla Fuzzy Logic100 il presupposto del funzionamento operativo
di questa toolbox.
Anche se è evidente l’impossibilità di traslare tout-court questo tipo di ragionamento per matrici, perché si
tratterebbe in un certo senso di elaborare “un algoritmo degli algoritmi” elaborati da ogni singolo strumento per
mettere in connessione tutti i dati e le variabili su cui verranno sviluppate le valutazioni, in senso lato, dalla logica
fuzzy si può attingere, l’approccio mentale che si basa essenzialmente sulla massiccia disponibilità di “pezze
cognitive provenienti da diversi settori”, traslando informazioni dal settore industriale a quello edilizio (e
viceversa).
Operativamente, nel caso dei microprocessori che costituiscono la testa pensante dei prodotti fuzzy, la struttura
che regola i loro processi decisionali viene generalmente configurata come un’organizzazione di dati (spesso
approssimativi) provenienti da diverse fonti, che incrociandosi lungo due assi cartesiani, creano nell’insieme tante
“pezze cognitive” che si sovrappongono le une alle altre.
100. Con il termine di Fuzzy Logic si intende la logica che sta alla base di tutti i sistemi legati all’intelligenza artificiale in questo caso applicandola al settore edilizio. Il
nome fuzzy in breve significa appunto “ragionamento nebuloso” poiché, rispetto ad ogni problema o settore di applicazione anziché “lavorare” sulla dicotomia bianco/nero,
questo tipo di ragionamento si concentra soprattutto sulla continuità sfumata del chiaroscuro che vi sta in mezzo. Oggi la fuzzy login è il sistema di regole concettuali che
regola il funzionamento dei processi industriali e di gestione territoriale più avanzati del mondo nonché quello che consente il funzionamento degli oggetti “intelligenti”
dotati di capacità di autoapprendimento di ultima generazione, in virtù del suo approccio metodologico aperto. Per ulteriori approfondimenti si veda KOSKO, B., Il FuzzyPensiero, Baldini&Castoldi, Milano, 1995.
PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI -
149
Ed è proprio grazie alla ridondanza che si crea la sovrapposizione di saperi e così il microprocessore trova in se
stesso la migliore risposta a problemi esigenziali variabili.
Il tutto con lo scopo qui di delineare nuove strategie per il perseguimento della ecocompatibilità, che sappiano
colmare le lacune oggi esistenti tra progetto teorico/concettuale, avvalendosi della ridondanza di informazioni più
disparate per costruire, nella somma, un inedito sapere ibrido a disposizione del progettista, capace di valutare il
perseguimento della sostenibilità ambientale durante tutte le fasi del ciclo di vita di un edificio.
Vista la moltitudine di strumenti già oggi presenti sul mercato, obiettivo di questa analisi non era tanto quello di
sviluppare un ulteriore strumento software bensì quello di delineare delle possibili strade per un uso sinergico
degli strumenti già esistenti, evidenziando eventuali potenzialità di questi strumenti a lavorare sinergicamente o
individuando le criticità che impediscono questo lavoro in cooperazione e che, una volta individuate, potrebbero
essere risolte.
150
- PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI
Fig. 53 – Matrice sinergicocomparativa finale che illustra i
principali fattori caratterizzanti i
diversi software in relazione a
tutte le fasi del ciclo di vita
dell’edificio.
PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI -
151
Fig. 54 – Matrice sinergico-comparativa relativa alla fase di pre-produzione dell’edificio.
152
- PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI
Fig. 55 – Matrice sinergico-comparativa relativa alla fase di produzione fuori opera dell’edificio.
PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI -
153
Fig. 56 – Matrice sinergico-comparativa relativa alla fase di produzione in opera dell’edificio.
154
- PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI
Fig. 57 – Matrice sinergico-comparativa relativa alla fase di vita utile dell’edificio.
PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI -
155
Fig. 58 – Matrice sinergico-comparativa relativa alla fase di vita utile dei componenti costituenti l’edificio.
156
- PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI
Fig. 59 – Matrice sinergico-comparativa relativa alla fase di fine vita dell’edificio.
PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI -
157
Fig. 60 – Matrice sinergico-comparativa relativa alla fase di fine vita dei componenti costituenti l’edificio.
158
- PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Dalla lettura della matrice finale è così possibile delineare una serie di considerazioni conclusive dalle quali è
possibile delineare delle eventuali direzioni di sviluppo futuro su cui elaborare strumenti ancora più operativi che
sappiano lavorare in maniera sinergica tra loro.
Innanzitutto in merito alla disponibilità di dati e informazioni relative al settore edilizio, dalla lettura
complessiva della matrice (Fig. 53) si desume che, seppure esistano delle sperimentazioni, mancano ancora
banche dati sviluppate appositamente per il settore edilizio, come pure mancano ancora gli ecosoftware capaci di
elaborare delle valutazioni sulla base di dati contestualizzati per il nostro territorio.
In relazione ai database, rispetto agli altri paesi europei che hanno saputo organizzare delle banche dati di LCA a
livello nazionale e che stanno iniziando a sviluppare database attendibili anche per il settore edilizio, in Italia si è
piuttosto ritardo e non si è ancora riusciti a trovare un accordo per lo sviluppo di un database di LCA generale a
livello nazionale, ne tanto meno di uno relativo al settore delle costruzioni.
In merito invece agli strumenti software, a livello generale, si può dire che siano ancora carenti gli strumenti di tipo
semplificato, che sappiano valutare l’edificio nella complessità di interrelazioni, perlomeno relative ai componenti,
visto che le interrelazioni con il sito e l’individuo fanno entrare in gioco aspetti qualitativi poco rappresentabili e
valutabili con questi strumenti.
In secondo luogo, in relazione al ciclo di vita dell’edificio, vediamo a livello generale che sono ancora pochi gli
strumenti, che sanno valutare integralmente tutte le fasi dell’edificio considerato nella sua globalità e in particolare
la fase d’uso è quella più scoperta (Fig. 57 e 58).
Vediamo infatti che, escludendo gli LCA software orientati all’analisi dell’intero ciclo di vita, tra Focused Analysis
software cominciano ad esistere parecchi strumenti capaci di analizzare le prestazioni durante le fasi di preproduzione e produzione (Fig. 54, 55 e 56) vuoi anche perché in origine questi strumenti sono sorti
originariamente proprio per l’analisi dei processi produttivi.
Anche per il fine vita (Fig. 59 e 60) esistono già alcuni ecosoftware focalizzati mirati alla minimizzazione degli
impatti e molti di questi stanno anche iniziando ad integrare le loro valutazioni con altri strumenti, vedi per
esempio EcoScan Life e EcoScan Dare, mentre per la fase d’uso (Fig. 57 e 58), sono pochi gli strumenti che
prendono in considerazione le prestazioni in fase di esercizio.
A parte EDGE e GBA, che come abbiamo visto sono software generali di DFX non mirati specificatamente su una
specifica fase, ma volti al perseguimento di strategie più generali tramite l’elaborazione di indicazioni qualitative al
momento c’è ancora un gap da colmare per l’analisi di questa fase.
Ultimamente sono sorti alcuni software (che non sono stati oggetto di questa ricerca) collegati ai metodi e alle
tecniche di Facility Management che agevolano la gestione della vita utile degli edifici e la loro manutenzione
oppure strumenti software che consentono il calcolo le prestazioni energetiche di un edificio durante la fase d’uso,
in coerenza con i recenti decreti legislativi in materia di rendimento energetico degli edifici.
Si tratta però di vedere se e come queste questi software e in particolare quelli legati al Facility Management
tengono in considerazione anche gli aspetti ambientali, quali le emissioni di CO2 o se invece sono mirati solo ad
un’ottimizzazione dell’efficienza energetica, aspetto certamente rilevante, in quanto determina notevoli vantaggi
ambientali ed economici, ma come visto non determinante per l’effettiva ecocompatibilità di un edificio.
PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI -
159
Inoltre sempre in relazione a questi software di contabilizzazione energetica si tratterebbe di valutare se questi
possono avere anche una certa utilità in fase progettuale per simulare le prestazioni energetiche dell’edificio in
progetto oppure se il loro impiego è possibile solo una volta che sono noti tutti i dati relativi all’edificio costruito.
Successivamente, in relazione alle scale di effetti ambientali considerate, si vede che una delle principali lacune
lasciate ancora aperte è la carenza di strumenti che sappiano tenere nella giusta considerazione gli effetti a scala
locale.
Scala che, rispetto al semplice prodotto industriale, ha una certa rilevanza, perché è su quel raggio d’azione che
l’edificio influenzerà direttamente il benessere degli occupanti.
Benessere interno degli ambienti, che, rispetto ad effetti più gravi ed estesi come l’effetto serra a scala globale, è
infatti uno degli aspetti che invece interessa maggiormente l’utente finale e da lui è facilmente valutabile sulla
base delle dirette conseguenze con la sua salute.
Al momento infatti pochi strumenti quantitativi di LCA prendono in considerazione questi aspetti, perché
difficilmente rappresentabili e modellizzabili e/ o monetizzabili.
Gli unici che lo fanno, come Athena, GaBi, TEAM, Umberto, e CES e EcoInvent, lo fanno in maniera parziale,
considerando solo alcuni effetti tra i tanti che si possono verificare su questa scala locale.
Per esempio l’Athena, durante la fase di costruzione o vita utile dell’edificio, considera la produzione di rifiuti
anche tossici, ma poi esclude l’inquinamento acustico, il GaBi invece prende in considerazione solo la produzione
di rifiuti, tralasciando tutti gli altri effetti.
Altri invece, come BEES, SimaPrò, Twin Model e Idemat, con le loro elaborazioni basate su punteggi riassuntivi,
tratti da precedenti analisi di LCA possono non aver considerato nelle precenti valutazioni tutti gli effetti a scala
locale durante l’elaborazione del valore indicativo delle sue prestazioni energetico-ambientali. E così via.
Tra gli strumenti focalizzati, invece, vediamo che gli effetti a scala locale sono invece maggiormente considerati,
come per esempio nel caso di EDGE o GBA, che forniscono indicazioni qualitative per migliorare le prestazioni
dell’edificio a livello di effetti a scala locale.
Alla luce di queste considerazioni, oltre ad ipotizzare lo sviluppo di strumenti quantitativi di LCA che tengano in
maggiore considerazione anche gli effetti a scala locale, si potrebbe pensare di sviluppare degli ecosoftware che
sappiano coniugare in una stessa analisi gli aspetti qualitativi e quantitativi, e al momento, tra i software analizzati
in questa ricerca, solo il Twin Model e EVA tentano di mediare e riunire in un unico sistema di valutazione aspetti
sia qualitativi che quantitativi.
Infine in relazione alla valutazione delle conseguenze economiche, come si è visto, queste assumono una certa
importanza, perché sono la chiave di volta in base alla quale, viene deciso se intraprendere o meno alcune
direzioni di sviluppo e/o di innovazioni in chiave ambientale.
È quindi importante avere strumenti che sappiano fornire delle previsioni delle conseguenze economiche.
Sono infatti pochi gli strumenti che fanno queste valutazioni e ancora meno quelli che lo fanno in modo integrato
con gli aspetti ambientali per cui anche in relazione a questo aspetto si può individuare un notevole margine di
miglioramento, in particolare incentivando una maggiore cooperazione tra le analisi svolte dai diversi ecosoftware
di LCA e LCC.
160
- PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI
Dalla individuazione di queste aree di miglioramento, si possono così delineare e individuare nuove linee di
sviluppo di questi strumenti, non tanto per elaborare un “super strumento” capace di fare tutto, quanto piuttosto
per stimolare tra gli sviluppatori e produttori di questi strumenti informatici una maggiore cooperazione rispetto a
quella già esistente101.
Una possibile obiezione che potrebbe essere posta alla necessità di una maggiore sinergia tra gli strumenti è
quella di quale interesse o vantaggio possono avere i produttori dei software ad investire verso questa maggiore
integrazione?
Non si rischia in questo modo di uniformare e rendere molto simili strumenti, che in fondo già adesso in parte lo
sono sovrapponendosi nelle medesime funzioni ?
Una possibile risposta potrebbe essere che alla luce delle recenti attenzioni per i consumi e le prestazioni
energetiche degli edifici e della scarsità di strumenti utili per la valutazione della ecocompatibilità nel settore
edilizio esista un buon margine di miglioramento degli strumenti esistenti sorti inizialmente per il solo settore
produttivo tradizionale di allargare ulteriormente il loro campo di indagine, coprendo anche l’ambito edilizio.
Dalle riflessioni e considerazioni svolte in questo capitolo risulta infatti che a fronte di un certo numero anche
piuttosto esteso di strumenti oggi disponibili, questi svolgono spesso indagini slegate e indipendenti tra loro.
Inoltre spesso si tratta di strumenti molto specializzati, che arrivano “spaccare il capello in quattro” su alcuni
aspetti, spesso perdendo di vista le prestazioni globali che dovranno essere soddisfatte dal prodotto edilizio in
relazione all’organismo edilizio di cui andranno a fare parte.
Siccome è impensabile che con tutta la buona volontà un solo strumento possa estendersi in maniera tale da
comprendere tutti i dati relativi al settore edilizio e possa svolgere tutti i tipi di analisi, ambientali ed economiche, è
un convincimento, da parte di chi scrive, che sia indispensabile potenziare e fare in modo che questi strumenti
sappiano lavorare in maniera maggiormente sinergica e integrata.
E per questo ci si augura che la delineazione di questa matrice finale, possa essere un valido supporto per il
progettista nella scelta degli strumenti più adatti al suo scopo e, a livello più generale, sia una buona base di
partenza per individuare nuove linee di sviluppo futuro, capaci di fare in modo che gli strumenti oggi disponibili in
futuro sappiano “colloquiare” meglio tra loro.
Da questa maggiore sinergia d’impiego gli ecosoftware potrebbero così diventare una sorta di piattaforma
comune basata su un linguaggio condiviso per tutte le diverse figure professionali coinvolte lungo il ciclo di vita
dell’edificio contribuendo così in ultima analisi al perseguimento dell’ecocompatibilità dell’edificio nel suo
complesso.
101. Tanto per ricordare, si potrebbe citare la potenzialità di EcoInvent di fornire dati di inventario a diversi strumenti software impiegati in diversi contesti geografici, la
possibilità per gli strumenti semplificati di LCA di scambiarsi dati e informazioni espresse in Eco-indicator o infine l’integrazione tra strumenti volti all’analisi del ciclo di vita
e altri che invece sono focalizzati sul solo fine vita, come EcoScan Life e EcoScan Dare, che prodotti dallo stesso certo di ricerca hanno previsto questa possibilità.
PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI -
161
162
- PARTE 4: DELINEAZIONE DEI RISULTATI
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