la via della carta in toscana

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la via della carta in toscana
LA VIA DELLA CARTA IN TOSCANA
un progetto territoriale di sistema
Ideato e coordinato da
Promosso da
FASE 1
LUCENSE
Comitato di Distretto Cartario
COMIECO
Studio di prefattibilità e progetto di fattibilità con la
collaborazione ed il sostegno di
Assindustria
CCIAA di Lucca
CCIAA di Pistoia
COMIECO
Comune di Bagni di Lucca
Comune di Capannori
Comune di Lucca
Comune di Pescia
Comune di Porcari
Comune di Viareggio
Comune di Villa Basilica
Fondazione Carnevale di Viareggio
Museo della Carta
Provincia di Lucca
Provincia di Pistoia
E con il contributo speciale della
FASE 2
FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DI LUCCA
Progetto esecutivo e attuazione dei
primi interventi con il sostegno di
ARCUS S.p.A.
E il cofinanziamento di
Regione Toscana
Museo della Carta
Comune di Pescia
Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia
La prima fase del progetto
“La Via della Carta in Toscana”
Il progetto ‘La Via della Carta in Toscana’, nasce dalla consapevolezza dell’immenso patrimonio di testimonianze storiche, culturali, architettoniche e
paesaggistiche che si collegano alla lavorazione della carta, presenti in una
vasta porzione del territorio a nord della Toscana, che abbraccia le aree interne delle province di Lucca e Pistoia, fino a giungere alla costa versiliese.
L’area in oggetto è contraddistinta da una forte vocazione alla produzione
cartaria. Una tradizione che si perpetua dal ‘400 e che oggi si è confermata
in una realtà industriale di grande rilievo, con oltre 110 imprese di produzione,
e tale da creare in questa area il più importante Distretto Cartario in Europa
che rappresenta uno dei cinque maggiori settori produttivi in Toscana. A questo, inoltre, la Regione ha assegnato, nel disegno degli strumenti di programmazione a sostegno dell’innovazione e del trasferimento tecnologico uno
specifico Polo di Innovazione, denominato INNOPAPER e gestito dalla LUCENSE.
La locale cultura della carta e del suo impiego è inoltre arricchita dagli straordinari esempi di archeologia industriale che sono presenti in tutto il territorio della lucchesia e del pistoiese, dalle esperienze innovative sugli usi
alternativi dei materiali a base di cellulosa e da una ricca cultura immateriale
che dall’entroterra si spinge fino al mare, esplicitandosi nel centenario saper
fare dei maestri della cartapesta del Carnevale di Viareggio.
La consapevolezza di un numero così significativo di testimonianze culturali,
naturalistiche e architettoniche incentrate sul tema “carta”, ha portato LUCENSE ad impegnarsi nell’idea di far nascere “La Via della Carta in Toscana”,
un progetto di sistema interprovinciale di offerta culturale, incentrato sul
tema della tradizione industriale cartaria. Il progetto è promosso e sostenuto
proprio dal Distretto Cartario di Capannori, che ha confermato in questo la
volontà di valorizzare le proprie radici culturali e, in una visione di sosteni5
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bilità etica e solidaristica, perseguire linee di azione che coniugano crescita
con obiettivi e valori sociali.
Accertato l’interesse ed il sostegno locale verso l’idea progettuale, si è proceduto all’attivazione di un percorso di verifica della capacità del mercato di
accogliere un nuovo prodotto turistico e culturale e della possibilità di costruire sul tema Carta un sistema di itinerari interprovinciali coerente ed accattivante per il turista.
La rivalutazione di tale patrimonio culturale ha grande valenza in quanto è
in grado di rafforzare il sistema di offerta turistica culturale/naturalistica
provinciale ponendo nuove condizioni di mutualità tra turismo costiero e turismo interno.
È emerso inoltre un passato storico di famiglie, potentati, alleanze ed eventi
sociali, sia sul lato pesciatino che lucchese, anche di epoche precedenti il
momento dell’insediamento delle cartiere, di grandissimo spessore culturale
perché permette la migliore comprensione degli accadimenti storici provinciali e regionali risalenti al periodo ‘400-‘600, la rivalutazione del ruolo dell’industria nella storia sociale delle due province e risponde infine all’interesse
generale del territorio verso iniziative di crescita economica e occupazionale
in aree economicamente marginali ed interessate da un progressivo spopolamento dovuto al declino industriale.
La risposta positiva a questi prioritari interrogativi, ha condotto ad una valutazione puntuale della sua prefattibilità, che ha compreso la previsione di
quali relazioni locali attivare per rendere completo e significativo il sistema
di offerta, la sua stima di mercato in termini di caratteristiche fondamentali
da imprimere al prodotto ‘La Via della Carta in Toscana’, la stima tecnica ed
economica degli interventi di tipo strutturale da realizzare per potenziare o
rendere fruibili le risorse storico/architettoniche, culturali e naturalistiche legate al tema della Carta e l’individuazione delle risorse finanziarie attivabili
per implementare il sistema.
Convertita l’iniziale idea in progetto di massima, questo è stato condiviso con
il territorio, giungendo alla sottoscrizione di un protocollo di intesa, finaliz7
zato al sostegno e all’avvio del progetto, da parte dell’Associazione degli Industriali di Lucca, le Camere di Commercio di Lucca e di Pistoia, il COMIECO,
i Comuni di Bagni di Lucca, Capannori, Lucca, Pescia, Porcari, Viareggio e
Villa Basilica, la Fondazione Carnevale di Viareggio, la Fondazione Cassa di
Risparmio di Lucca, l’Associazione Museo della Carta di Pietrabuona e le Province di Lucca e Pistoia.
La sottoscrizione del protocollo ha inoltre permesso di realizzare la fattibilità
tecnica ed economica del progetto con esiti ampiamente positivi. Sono state
infatti rilevate condizioni macro-economiche che accreditano la composizione di nuove proposte. In particolare:
• la varietà delle risorse rappresenta una connotazione strutturale rilevante
dell’offerta turistica provinciale ma anche una forte leva di competizione
sull’attuale mercato turistico;
• un investimento di potenziamento o di emersione di tale varietà di offerta
volto ad accrescere le occasioni/motivazioni di consumo/scelta risulta non
solo coerente ma addirittura desiderabile nell’attuale contesto di mercato;
• l’ambito più proprio nel quale potenziare o far emergere nuove proposte
turistiche è quello della cultura, dell’arte e dell’architettura nella storia essendo questa la vocazione riconosciuta dal visitatore all’area toscana ed
in particolare alla lucchesia;
• è necessario investire per accrescere il livello di integrazione dell’offerta,
sia a livello strutturale che promozionale, tra le diverse parti del sistema
turistico provinciale ed extraprovinciale;
• è proponibile un investimento sul potenziamento del sistema turistico essendo il turismo tra i pochi settori produttivi con elevata potenzialità di
crescita
• è accettabile un investimento nel turismo in considerazione delle performance economiche che il settore è in grado di conseguire nella lucchesia
(performance misurate in termini di valore aggiunto prodotto sul territorio).
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UN TERRITORIO
VASTO
IL SISTEMA
INDUSTRIALE
LE RISORSE
AMBIENTALI
UNA CHIAVE DI
LETTURA UNITARIA
DI RISORSE
DIFFERENZIATE
DALLA TRADIZIONE
ARTIGIANALE
ALL’INNOVAZIONE
TECNOLOGICA
DALLO
SFRUTTAMENTO
ALLA TUTELA E
VALORIZZAZIONE
VERSILIA
GARFAGNANA
dal ‘400 ad oggi
dal mare alla collina
PESCIA E PISTOIA
L’ARTIGIANATO
L’INDUSTRIA
L’INNOVAZIONE
dall’acqua ai boschi
LE ORIGINI
PIANA LUCCHESE
ARCHEOLOGIA
INDUSTRIALE
RETE DEI SENTIERI
PAESAGGI
RISORSA ACQUA
BRAND
TERRITORIALE
ECONOMIA
DELLA CONOSCENZA
VALORIZZAZIONE
AMBIENTALE
TURISMO
TECNOLOGIA
TERRITORIO
Infine, la ricerca di benchmark condotta ha evidenziato i seguenti risultati:
• molte nazioni europee possiedono musei dedicati alla storia ed alla tradizione della carta;
• in diversi paesi la storia dell’industria cartaria si è combinata con la storia
di una comunità o di una area geografica;
• in più contesti si riconosce all’Italia una storica capacità innovativa non
tanto sul fronte del prodotto, quanto su quello del processo: nuove tecniche, nuovi processi, intuizioni.
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La seconda fase del progetto
“La Via della Carta in Toscana”:
gli interventi legati ad ARCUS
Un secondo momento di progettazione ha portato alla definizione degli interventi avviare prioritariamente per rendere credibile e visibile la capacità del
Sistema territorio di sviluppare un progetto turistico e culturale di recupero
di architetture e di memoria, e di creare percorsi finalizzati a spingere alla
fruizione del territorio (itinerari, sentieri attrezzati) con il coinvolgimento di
energie locali, che possano favorire nuovi sbocchi di occupazione nei territori
presi in esame.
La scelta si è orientata da un lato sul restauro dell’ ”Opificio Le Carte” di Pietrabuona di Pescia già oggetto, per un suo lotto funzionale di un finanziamento regionale e del cofinanziamento dell’Associazione Museo della Carta,
del Comune di Pescia e della Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia,
che diventerà la sede del Museo della Carta con il relativo trasferimento al
suo interno dell’ingente collezione di documenti e manufatti storici, collezioni
di stampe e filigrane ed il recupero dei macchinari originali presenti. Dall’altro
lato, l’intervento riguarda il recupero di una porzione delle antiche vie di collegamento tra le contigue valli di Pescia e Villa Basilica, utilizzate fino alla
metà del ‘900 dalle lavoratrici e dai lavoratori delle cartiere e sul lancio di un
Piano di Comunicazione finalizzato a costruire l’identità culturale e storica
del sistema e attrarre visitatori permettendo loro il riconoscimento del circuito
di visita con la costruzione di un marchio, della linea grafica e della segnaletica
stradale.
La presentazione di una richiesta di finanziamento sul piano degli interventi
2009 di ARCUS S.p.A. e la sua conseguente approvazione, hanno permesso di
avviare il completamento del restauro funzionale di due lotti dell’Opificio Le
Carte di Pietrabuona, di dare avvio alla progettazione ed al recupero di una
porzione delle antiche vie di collegamento tra le contigue valli di Pescia e Villa
Basilica e di avviare le attività di promozione, comunicazione e marketing.
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ARCUS: uno strumento di intervento
a sostegno dei Beni Culturali
ARCUS S.p.A., Società per lo sviluppo dell’arte, della cultura e dello spettacolo, costituita nel 2004 con atto del
Ministro per i Beni e le Attività Culturali, ha il compito di sostenere e avviare progetti riguardanti i beni e le attività
culturali, anche nella loro connessione con le infrastrutture, perseguendo la visione di contribuire a tradurre i beni
e le attività culturali da oggetto passivo di osservazione a soggetto attivo di sviluppo.
Il capitale sociale di Arcus è interamente sottoscritto dal Ministero dell’Economia, mentre l’operatività aziendale
deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto di decreti annuali adottati dal Ministro per i Beni e le Attività
Culturali di concerto con il Ministro delle Infrastrutture.
Sostenere progetti significa individuare nel panorama della cultura italiana iniziative importanti e innovative, aiutarne il completamento progettuale, intervenire negli aspetti organizzativi e tecnici, partecipare - ove opportuno
o necessario - al finanziamento del progetto, monitorarne l’evoluzione, contribuire ad una conclusione felice dell’iniziativa.
Negli anni la Società ha rafforzato il proprio ruolo di riferimento per Istituzioni pubbliche e private su alcune aree
di intervento strategiche: restauro di beni culturali, recupero di siti archeologici, tutela del paesaggio, promozione
dello spettacolo dal vivo, valorizzazione del patrimonio artistico anche a fini sociali e turistici, applicazione delle
nuove tecnologie per la migliore fruizione e protezione dei beni culturali.
Per la realizzazione delle proprie attività Arcus si avvale per norma del 3% degli stanziamenti previsti per le infrastrutture, destinato alla spesa per la tutela e gli interventi a favore dei beni e delle attività culturali. Arcus è
individuata per legge come la struttura destinataria di tali fondi.
Arcus si muove anche nell’ottica di aggregare attorno ai progetti i possibili stakeholders potenzialmente interessati.
Di volta in volta, pertanto, vengono contattate fondazioni di origine bancaria e non, enti locali, esponenti delle
autonomie e della società civile, università, soggetti pubblici e privati, nazionali e internazionali, al fine di coagulare
attorno alle iniziative risorse crescenti e finanziamenti coordinati.
Il progetto ambizioso di Arcus è infatti quello di diventare il “collante” che consente di rendere sistemiche le azioni
di promozione, sostegno progettuale, identificazione ed attrazione di ulteriori capitali per la realizzazione di iniziative mirate a migliorare il quadro dei beni e delle attività culturali, in un’ottica di conservazione, fruizione e
valorizzazione.
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Il nuovo Museo della Carta di Pescia
Passato, presente e futuro
di un museo contemporaneo
La Cartiera “Le Carte”
L’antico opificio è rappresentativo del tipico modello di sviluppo della manifattura cartaria, nei secoli dal medioevo all’intera età moderna, sia per i canoni architettonici sia per le preziose attrezzature, in larga misura risalenti
al Settecento e al primo Ottocento, che ancora conserva al suo interno. La
sostanziale integrità dell’edificio, che si presenta già oggi come un ‘museo di
se stesso’, consentirà di ricostruire in maniera storicamente ineccepibile ogni
fase della lavorazione, dall’arrivo degli stracci all’uscita delle risme di carta.
Il progetto di recupero della cartiera ‘Le Carte’ mira a restituire all’antico edificio la sua piena funzionalità produttiva e didattico–dimostrativo: la visita
avverrà quindi ad un museo “vivo”, il cui forte impatto emotivo faciliterà la
comprensione della dimensione storica di un’attività manifatturiera e di una
cultura del lavoro tipiche della società pesciatina per secoli. L’edificio completamente restaurato, reso nuovamente funzionante e adeguato alle esigenze di un museo contemporaneo, diverrà un centro polivalente nel quale
verranno collocati il percorso espositivo, gli uffici, le sale conferenze, gli spazi
per esposizioni permanenti e per le mostre temporanee, il deposito delle collezioni e dell’archivio cartaceo.
Le Collezioni
Il 1 dicembre 2004 la Cartiera Magnani 2000 S.p.A. ha deciso di depositare
tutto il proprio patrimonio di forme filigranate, cere, punzoni, teli metallici e
timbri presso il Museo con atto ufficiale e nella forma giuridica della donazione. I beni sono stati sottoposti ad un processo di inventariazione e catalogazione, mettendo a punto linee guida elaborate dal Museo in
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collaborazione con l’Ufficio Catalogo della Soprintendenza e l’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione di Roma: l’esperienza rappresenta
oggi il “modello di riferimento nazionale”.
In virtù di questi studi è stato possibile, in questi anni, collaborare col San
Diego Museum of Art in merito alle ricerche su di un manoscritto miniato
proveniente dall’India realizzato su carta di Pescia di cui conserviamo la forma
filigranata originale, e, attualmente, con il Musée Picasso di Parigi in merito
ad un fondo di disegni del grande artista spagnolo realizzati su carta Magnani
nel 1917: anche in questo caso la forma filigranata coeva fa parte delle collezioni del Museo.
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L’Archivio Magnani
Merita una considerazione separata e distinta l’Archivio Magnani, anch’esso
pervenuto in dono al Museo nel 2004. Detto archivio costituisce una abbondante documentazione che, una volta inventariata e collocata nella nuova
sede, potrà essere messa a disposizione degli studiosi: una tale collocazione
permetterà non solo di salvare in modo definitivo un tale patrimonio, ma anche
di approfondire le ricerche sulla storia della carta nella valle del Pescia.
Il Nuovo Museo della Carta
Il restauro e la trasformazione dell’immobile ‘Le Carte’ nella nuova sede del
Museo della Carta di Pescia, è stato affidato ad un team di progettisti, che ne
ha previsto il recupero mediante la sua suddivisione in lotti funzionali. I lavori,
iniziati grazie al contributo della Regione Toscana e al cofinanziamento dell’Associazione Museo della Carta Onlus, del Comune di Pescia e della Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, proseguono oggi con l’importante
sostegno economico ricevuto da Arcus S.p.A, che permetterà di portare a completamento due dei lotti funzionali dell’edificio.
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Il nuovo Museo, il primo in Italia ad aver ottenuto la certificazione ambientale
europea Emas, sarà costituito da un’ala est di circa 500 mq denominata “Corpo
Archivio” nel quale verranno collocati i 600 metri lineari di documentazione,
in sale provviste di controllo microclimatico, ed una sala ricerche e consultazione. Nel “Corpo Centrale” della struttura, di circa 1200 mq, troveranno ubicazione il percorso espositivo, la produzione della carta fatta a mano, sale per
mostre permanenti e temporanee ed il deposito delle collezioni. Nell’ala ovest,
infine, di circa 300 mq verranno collocati la reception del museo e gli uffici.
La ristrutturazione è stata progettata sulla base di una serie di criteri di ecocompatibilità e di gestione sostenibile degli edifici per ottenere un forte risparmio energetico, così da rispondere agli impegni Emas, oltre che nel totale
rispetto del vincolo della Soprintendenza competente e delle prescrizioni contenute nell’Atto di Indirizzo ministeriale sugli standard museali del 2001.
Nell’allestimento interno della struttura verranno utilizzate le tecnologie innovative messe a punto in questi ultimi 10 anni da Lucense nell’utilizzo del
cartone riciclato, e di altri materiali ecosostenibili, per la produzione di arredi
al fine di trasformare il museo in un luogo di “buone maniere” anche in tema
di rispetto dell’ambiente.
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Il recupero della sentieristica
L’attività cartaria, legata alla disponibilità di acqua per tutto l’arco dell’anno,
peraltro di buona qualità e pertanto idonea per produzioni di carte di particolare
pregio, ha determinato l’utilizzo dei fondovalle del Torrente Pescia di Pescia e
del Torrente Pescia di Collodi già in tempi storici. Oltre alle cartiere (la cui presenza è documentata già nel XV secolo), sono molti gli opifici idraulici di cui
ad oggi rimangono prevalentemente resti: ferriere, molini, frantoi, filande, che
hanno costituito realtà produttive importanti per l’economia locale legata alle
risorse presenti. Un tempo esistevano scambi non soltanto lungo le infrastrutture viarie di comunicazione longitudinali che collegavano i fondovalle con le
aree della pianura alluvionale del padule di Fucecchio (e quindi le principali vie
come la Francigena/Romea e la Cassia minor, le vie d’acqua che raggiungevano
Pisa e Livorno) ma anche trasversali, tra una vallata e l’altra, verso i crinali spartiacque, tra i diversi paesi (o “castella”) e tra i paesi stessi e le attività produttive.
Si tratta di mulattiere, tracciati in alcuni casi lastricati, in altri casi semplicemente aperti all’interno delle aree boscate, spesso classificati ancora come viabilità comunale o vicinale, che permettevano rapidi collegamenti funzionali per
movimenti spesso quotidiani da parte di residenti che scambiavano merci e si
recavano al lavoro. Per alcuni tratti esistono anche denominazioni che li caratterizzano per la funzione svolta (ad esempio, “Via delle fabbrichine” a indicare le donne che scendevano a lavorare alla storica Cartiera Magnani). Lungo
i percorsi sono presenti riferimenti topografici certi che consentivano un miglior
orientamento dei viandanti o che caratterizzavano in maniera specifica i luoghi
sulla base di tradizioni e aneddoti popolari (si pensi alle edicole e agli oratori,
alle croci, ai toponimi), antichi edifici di valore storico-testimoniale (punti di
avvistamento, strutture fortificate) e manufatti a uso produttivo (i metati.). Recentemente è stato avviato uno studio storico finalizzato all’individuazione ed
al recupero delle antiche “Vie dei cartai, dei mugnai e dei mercanti” tra la Repubblica di Lucca ed il Granducato di Toscana, che attraversano la valle del Pescia di Collodi e la Valle del Pescia di Pescia.
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COLOGNORA
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RIMOGNO
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COLLODI
Pistoia
Lucca
Il recupero della sentieristica dell’antica strada dei “Mastri Cartai”, realizzato
nell’ambito del progetto La Via della Carta in Toscana, si ricollega a quello
studio, e ne sviluppa uno dei temi portanti.
Il progetto si propone infatti di recuperare quei tracciati che permettevano i
collegamenti pedonali e con carri e muli tra le 2 vallate, funzionali allo scambio delle merci e agli spostamenti quotidiani, e che consentivano ai mastri
cartai ed ai residenti che lavoravano negli antichi opifici della carta, di recarsi
al lavoro. Si tratta di vie che non hanno particolari valenze storiche in quanto
vie “minori”, ma che rivestono una grande importanza per la cultura e le tradizioni locali e fanno parte di una rete sentieristica molto vasta ed articolata,
che ad oggi purtroppo è andata quasi totalmente perduta per l’abbandono
della periodica gestione. In alcuni casi alcuni tracciati, anche se lastricati,
sono stati diffusamente danneggiati per realizzare strade di accesso ad abitazioni o piste forestali.
Nell’ambito dell’attuale sviluppo del progetto ‘La via della carta in Toscana’,
l’area individuata per il recupero dell’antica sentieristica si estende dal versante di Villa Basilica rivolto a occidente, compreso tra le località Botticino
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e Pracando-Colognora, e la viabilità storica di collegamento con la valle di
Pescia (Calamari- Medicina - Pietrabuona - Ponte di Sorana) comprendente
sia l’impluvio del T. Torbola che quello del T. Pescia.
Nell’individuazione di quest’area che, come specificato, comporta l’attraversamento di 2 vallate in senso trasversale (Est-Ovest), che collegano il territorio di Villa Basilica (andando a ricollegarsi ad alcune emergenze storiche,
archeologiche, museali, paesaggistiche e turistico/ricettive) verrà presa in
esame una rete di tracciati estesa su circa 100 km, dalla cui analisi, sulla base
di rigorosi parametri di valutazione, saranno selezionati i circuiti da realizzare,
che andranno a collegare le due vallate.
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I futuri sviluppi
La Via della Carta in Toscana nasce come ‘itinerario tematico’, ed è rivolto a
un turismo culturale all’interno di un più ampio sistema di risorse legate al
tema ‘carta’.
Offrirà alle persone interessate l’opportunità unica di ripercorrere nel tempo
e nello spazio una parte rilevante della storia della ‘carta’.
Unica perché sarà possibile, a progetto completato, visitare realmente una cartiera ‘antica’ dove la produzione era fatta a mano, foglio per foglio, e una cartiera ‘moderna’, dove la carta paglia veniva prodotta con macchine, in continuo.
Un viaggio lungo alcuni secoli, con una passeggiata di qualche ora.
Il master plan, infatti, ha previsto eventuali sviluppi futuri del progetto, che
potranno essere realizzati a seguito dell’acquisizione di ulteriori finanziamenti.
In particolare:
• il completamento del restauro della antica cartiera Le Carte, con lo sviluppo
del Museo della Carta, anche mediante l’utilizzo di tecnologie multimediali
che favoriscano l’interattività e allarghino l’area di interesse;
• l’estensione della rete dei sentieri, con la sistemazione e l’allestimento di
nuovi percorsi;
• il progetto esecutivo per il restauro della cartiera Nardi nel Comune di Villa
Basilica. L’ipotesi è quella di un recupero della struttura a fini ricettivi, rendendo però visitabili gli ambienti al piano terra destinati alla produzione.
Ci stiamo abituando a guardare al futuro con la consapevolezza che le risorse
economiche sono un bene sempre più scarso, ma questa consapevolezza non
deve compromettere le capacità di un territorio di esprimere progettualità.
Deve portare, questo sì, a realizzare progetti ‘intelligenti’ e quindi anche sostenibili nel tempo.
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Nella figura il tracciato di una rete
escursionistica che collega le 2 vallate,
in particolare Pietrabuona con i principali centri della valle del Torrente Pescia di Collodi caratterizzati dalla
presenza di importanti siti cartari, sia
in attività che di valore storico- architettonico.
• In rosso = tracciati individuati nel’ambito del progetto LEADER PLUS
“Messa in rete dei sentieri escursionistici”.
• In giallo = prima individuazione
delle strade bianche percorribili
• In blu = nuovi tracciati da individuare e scegliere per l’implementazione della rete della via della carta.
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Le mani che manovrano la forma da carta in copertina sono quelle di Angiolino Vezzani, che ricordiamo con affetto.
I lontani esordi
La via della carta sarà presto un percorso nella geografia delle due vallate del
Pescia, ma è anche, fin d’ora, un percorso nella storia della produzione cartaria della
nostra provincia. Una storia che viene da molto lontano.
La prima traccia risale addirittura al 24 giugno 1235. Quel giorno a Genova, davanti ad un notaio, tre persone si impegnano per contratto a fabbricare carta e a non
rivelare ad alcuno dictum misterium: è il più antico documento europeo della manifattura della carta. Uno dei tre personaggi era Mese di Lucca, ma purtroppo di lui non
sappiamo altro: né dove avesse imparato il segreto dell’arte, né in quale rapporto fosse
con la madrepatria. E neppure si hanno notizie di cartiere funzionanti a Lucca o a Pescia nel corso del Duecento.
L’indizio più antico di produzione della carta sul territorio lucchese nel XIV secolo sono le registrazioni della gabella di Villa: nel secondo semestre del 1344 transitano alcune risme (circa sei nell’arco di quattro mesi) dirette al mercato di Pescia. È
ASL, Gabelle del contado e delle vicarie
91, 1343-1344.
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una traccia labile, che può comunque trovare riscontro nella presenza nell’Archivio
di Stato di Lucca di fogli con la filigrana della pantera maculata, antico emblema del
comune, tra quelle utilizzate per la redazione di atti pubblici nel 1376 e 1377.
Da dove proveniva agli artigiani di Villa il segreto della carta? Forse da Fabriano,
la culla della carta italiana ed Europea, attraverso Colle di Val d’Elsa, dove la prima attestazione è un documento del 15 febbraio 1319. A Colle gli artigiani di Villa, allora
famosi produttori di spade, gestivano ferriere, roterie per affilare le lame e gualchiere
per la lana: ma avevano anche imparato la nuova arte tanto bene da prendere in affitto
alcune cartiere. E tuttavia questa prima esperienza non lascerà un segno. Né maggior
fortuna incontrano i tentativi in altre aree del territorio lucchese. Ci prova Prospero
Serconforti nel 1401 chiedendo licenza di costruire una cartiera al Ponte a Serraglio
presso Bagni di Lucca; un documento del 1409 ci dice che la cartiera è passata nelle
mani di un certo Antonio di Giovanni, «aromatario». Poi più nulla.
Parlano di «arte nuova», nel 1466, i fratelli Jacopo e Cristoforo Turchi, nel chiedere
al Consiglio generale il permesso di innalzare «uno edificio da fare carte bambacine».
Ma ancora senza effetto. Nel 1489 i figli di Cristoforo Turchi, Stefano e Sebastiano,
chiedono una sovvenzione pubblica per la cartiera che intendono costruire a Quiesa.
L. Volpicella, Primo contributo alla conoscenza delle filigrane nelle carte antiche di
Lucca, Lucca 1911: antiche filigrane della
Pantera, 1376, 1377.
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I governanti lucchesi rispondono positivamente e il 10 marzo 1490, viene pubblicato
il primo di una lunga serie di bandi per proibire esportazione dei cenci vecchi adatti
«ad fabricandam cartam», e contro ogni frode ai Turchi si fa obbligo di usare un «signum», una filigrana distintiva. Ma anche stavolta, se pure è riuscita a partire, l’iniziativa rimane senza risultati duraturi.
Il problema delle origini dell’industria cartaria a Pescia rimane tuttora aperto.
Una tradizione, ancora viva a metà Settecento, vorrebbe assegnarle il primato toscano
congetturando che l’arte vi fosse nota fino dal XIII secolo. Più puntuale la testimonianza contenuta nella relazione all’inchiesta lanciata da Pietro Leopoldo del 1766:
«Ciò che si sa di certo è che i primi due edifizi esistevano nell’anno 1536». Una di queste due cartiere è certamente la fabbrica dei Turini, fondata nel 1481.
Il silenzio delle fonti è ora interrotto da un’altra voce flebile, ma di grande importanza, un atto notarile che rappresenta la più antica testimonianza sulla seconda
cartiera pesciatina. Il 25 ottobre 1497, per mano del notaio Iacopo di Benedetto Colucci, Benedetto di Gherardo Orlandi affitta per tre anni un edificio ben attrezzato ad
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un maestro cartaio Leonardo di Roma, abitante a Pescia. Alla fine del XV secolo, la
cartiera degli Orlandi è quindi perfettamente funzionante, e presumibilmente ormai
da tempo, magari dagli anni (1485-92) in cui la famiglia è impegnata nell’attività editoriale. La sensazione è comunque quella di trovarci di fronte alla tipica, stanca cartiera
medievale, priva di forza espansiva, una sopravvivenza più che un segno di innovazione.
La cartiera Busdraghi-Buonvisi
Nel 1549 Vincenzo Busdraghi apre la prima stamperia dello Stato di Lucca, che
in precedenza aveva visto solo la presenza occasionale di qualche tipografo itinerante.
E con il monopolio della stampa Busdraghi chiede anche quello della fabbricazione
della carta. È il 20 agosto 1549 quando il Consiglio generale prende in esame la sua
supplica e la accoglie integralmente: potrà costruire la cartiera dove gli tornerà più
comodo, avrà il monopolio della fabbricazione e del commercio per 15 anni, sarà esen-
ASL, Archivio Buonvisi, prima parte 44,
bilancio della cartiera Busdraghi-Vellutelli-Buonvisi, 1570.
28
tato da tutte le gabelle. Unica condizione è che entro tre anni egli sia in grado di mantenere rifornita la città di ogni tipo di carta.
Di anni invece ne passeranno più di quindici. Solo nel 1563 si forma la società
per costruire e gestire la cartiera: ne fanno parte dapprima solo i Busdraghi, lo stampatore e i cugini Girolamo e Jacopo, poi anche Michele Guinigi e Giuseppe Turchi. La
cartiera, un vecchio mulino riadattato a Villa Basilica, entra in funzione nei primi mesi
del 1565 e, grazie alla rete di compagnie dei mercanti cittadini, ben presto la carta lucchese raggiunge i porti di Messina, Palermo, Costantinopoli. Le prime difficoltà e la
mancanza di esperienza portano però rapidamente allo scioglimento della società di
gestione e nel 1570 la cartiera passa nelle mani di Paolino Vellutelli, e dalle sue a quelle
dell’amico e protettore Alessandro Buonvisi. È a questo punto, sotto le ali della più potente e ricca famiglia patrizia, che l’arte di far carta mette le radici definitive in Lucchesia.
I Buonvisi affidano la cartiera alla famiglia Biagi di Villa, che la tiene fino agli
ultimi anni del Seicento, nei primi periodi aiutata da maestri cartai forestieri, in genere
ben accolti dalla comunità villese, che concederà loro esenzioni fiscali e privilegi.
ASL, Archivio Buonvisi, prima parte 68.
29
L’espansione secentesca
Il 1627 segna una svolta nella politica della Repubblica di Lucca nei riguardi
della produzione della carta. Chiamato a rinnovare i privilegi di fabbricazione ed esenzione dalle gabelle ai Biagi, l’Offizio sopra le Entrate propone al Consiglio generale di
abolire il monopolio, preferendo «l’utile pubblico al privato».
Rotto teoricamente il monopolio, passeranno tuttavia ancora una trentina d’anni
prima che all’unico opificio di Villa comincino ad aggiungersene altri. Nel 1656 fa la
sua comparsa nei documenti la fabbrica di Anchiano; almeno dal 1673 funziona la
cartiera dei Tegrimi a Vorno. Negli anni Ottanta gli edifici da carta si moltiplicano a
Villa Basilica: nell’85 chiede la licenza Francesco Pacini, nell’88 Antonio Vincenzo Biscotti, nell’89 Antonio Grassi e lo stesso anno si parla di una cartiera di Romano Garzoni (che nel 1694 figura gestita dagli Ansaldi, di origine ligure, maestri cartai a
Pescia). Nel 1693 chiedono di edificare una cartiera a Piegaio i nobili cittadini Nicolao
Montecatini e Ignazio Raffaelli. In meno di dieci anni siamo passati da tre a otto cartiere (nove, se si considera che a Piegaio, accanto all’edificio principale c’è anche una
«fabrichetta» dotata di sole tre pile) e si è andato delineando un modello di sviluppo
ASL, Archivio Notarile 4242, inventario
della Biscotti di Villa Basilica, 1696.
30
– tante piccole cartiere in un’area ristretta, un “grappolo” più che un moderno distretto
– che farà di Villa Basilica il polo cartario della Repubblica.
Protagoniste di questa fase – se guardiamo alla proprietà e all’investimento di
capitali – sono alcune famiglie nobili cittadine come quelle dei Tegrimi, Montecatini,
Boccella, Raffaelli, Garzoni, ma anche le più cospicue case di Villa Basilica, come quelle
dei Pacini, dei Biscotti e dei Grassi, che aspirano ad un riconoscimento cittadino. Protagonisti non meno importanti – poiché non sempre le nuove iniziative erano sorrette
da competenza e imprenditorialità – sono gli esperti maestri liguri, che resero tecnicamente possibile lo sviluppo della manifattura cartaria lucchese: gli Aradi, i Peralta,
i Pollera. La dialettica tra questi due gruppi dà vita a diversi rapporti di produzione:
la gestione in proprio, l’affitto, la convenzione.
Il rapido aumento del numero delle cartiere aggrava il male storico di questa
manifattura, la carenza di stracci. L’intervento dello Stato tenta di mettere ordine, ma
è soggetto alle pressioni di due interessi contrastanti e inconciliabili: da una parte ci
sono i commercianti di stracci, e in primo luogo Provenzali e Rapondi, che attraverso
il porto di Viareggio esportano materia prima; dall’altra i proprietari delle cartiere,
rappresentati dai Tegrimi, che oltre al loro edificio di Vorno gestiscono altre manifat-
ASL, Offizio sopra le entrate 59: bando per
gli stracci da carta del 1657.
31
ture a Villa ed hanno il monopolio di fatto dell’esportazione della carta. «Imprenditori
degli stracci» e «fabrichieri della carta» animano il dibattito attorno alla stesura del
nuovo bando tra la fine del 1693 e l’inizio del ’94, quando si dà vita a una convenzione
che cerca di mediare tra i due opposti interessi.
Le cartiere lucchesi dal Settecento al principato di Elisa
Con l’inizio del 1700, sotto la pressione degli «interessati delle cartiere» guidati
da Gregorio Tegrimi, si torna al vecchio strumento del bando. Rispetto a quella del
1694, la nuova normativa presta maggiore attenzione alla figura dello stracciarolo al
minuto e ai suoi rapporti con la cartiera per la quale lavora.
Un ulteriore passo avanti sul terreno della razionalizzazione del rifornimento di
materia prima viene compiuto quattro anni più tardi, quando l’Offizio sopra le Entrate
stabilisce il limite di quindici licenze trimestrali per cartiera. All’entrata in vigore delle
nuove disposizioni, nel 1705, sono attive nello Stato di Lucca otto cartiere: quella Duccini di Collodi, appena costruita e presto ereditata dai Garzoni; la cartiera Montecatini
ASL, Offizio sopra le entrate 475, 1771.
32
(già Raffaelli) di Piegaio, composta di due edifici contigui; quella di Vorno dei Tegrimi
e lo stabilimento Boccella di Anchiano, per qualche periodo gestito dai genovesi Peralta; quattro cartiere sono in funzione a Villa Basilica: Buonvisi, Biscotti, Pacini e
Grassi, mentre non si ha notizia della fabbrica costruita dagli Ansaldi per conto di Romano Garzoni alla fine del Seicento, forse chiusa col trasferimento del cartaio pesciatino a Colle di Val d’Elsa.
Nel corso dei decenni successivi vengono costruite altre quattro cartiere: due
nella zona di Bagni di Lucca e due in quella di Villa Basilica, ma si tratta – con l’eccezione della fabbrica Bertini di Villa – di piccole manifatture marginali. Solo negli
ultimi anni del Settecento si verifica una nuova ondata di sviluppo. Alcune cartiere
marginali chiudono definitivamente; altre si fermano per alcuni anni, ristrutturano
gli edifici e revisionano gli impianti (senza tuttavia adottare soluzioni tecniche innovative): sono gli ultimi interventi dei nobili cittadini in una manifattura che non hanno
mai curato attivamente e di cui presto si liberano a favore dei maestri cartai affittuari.
In tale clima, nuove cartiere vengono costruite sulla Lima nella zona di Bagni di Lucca,
a Vorno, ma soprattutto a Villa Basilica; tra i protagonisti di questa fase espansiva continuano a figurare i genovesi Pollera.
33
ASL, Catasto nuovo, Mappe 464,
Collodi e Villa Basilica.
34
Il Catasto Vecchio del 1802-’03 permette di delineare un quadro preciso delle
manifatture attive agli esordi dell’Ottocento. Nel comune di Villa, ormai indiscusso
polo cartario dello Stato, sono censiti nove edifici, tre dei quali dotati di due tini: la
cartiera Buonvisi condotta da Lorenzo Calamari, quella di Sebastiano Pollera, e l’altra
cartiera della quale il Calamari ha acquistato l’utile dominio usufruendo della recente
legge sulla perpetuazione dei livelli. Lorenzo Calamari è proprietario anche di due edifici più piccoli; mentre altri due appartengono a rami collaterali di questa famiglia
che, partita dall’affitto di una manifattura, sta attuando una rapida scalata sociale. Le
ultime due cartiere vedono impegnata la famiglia Bertini: Giovanni Benedetto come
proprietario-conduttore e Arcangelo come affittuario dello stabilimento dei Paoli.
Lungo le rive del torrente Pescia Minore sono in attività altre tre fabbriche: una
piccola cartiera a Colognora, a monte di quelle villesi; mentre a valle, a Collodi, funzionano le due manifatture Buonvisi-Garzoni, fornite di otto pile, recentemente ammodernate e concesse in affitto.
A Vorno, accanto all’antica cartiera Tegrimi era stata da pochi anni impiantata
una seconda fabbrica dai Pollera.
Alle quattordici cartiere descritte nel catasto vecchio, vanno aggiunti i due stabilimenti di Piegaio; mentre tre cartiere sorgevano sul torrente Lima, nei dintorni di
Bagni di Lucca. La Statistica del Principato elaborata nel 1808 e stampata nell’almanacco di corte del 1811, descrive la carta come «ricco prodotto dell’industria nazionale
che ha fiorito ne’ tempi andati, e che per fiorire nuovamente non abbisogna che di circostanze favorevoli al commercio». Le cartiere in attività sono diciannove, impiegano
circa trecento persone e fabbricano soprattutto carta reale, mezzana, alla francese, all’olandese e dell’aquila; la produzione si aggira sulle 44.000 risme l’anno, delle quali
ventiquattromila vengono esportate.
Il periodo napoleonico è, per le cartiere lucchesi, e villesi in particolare, un momento di difficoltà commerciale, ma non di crisi; il decennio del Principato e gli altri
che immediatamente seguiranno rappresentano una lunga età di passaggio tra la fase
di espansione (ma tutta legata la passato) della fine del Settecento, e il grande sviluppo
degli anni dell’unità, sotto il segno della cartapaglia.
35
Lo sviluppo delle cartiere pesciatine
Si è visto che dalla fine del Quattrocento a Pescia erano attive due cartiere. Nei
primi decenni del XVII secolo, le due manifatture sono gestite da Antonio di Michele
Del Fabbrica, maestro di origine genovese, trasferitosi a Pescia attorno al 1610. Nell’aprile 1650 fa la sua comparsa anche la famiglia Ansaldi, di chiara origine voltrese,
impegnata poi ella produzione della carta fino ad Ottocento inoltrato. Gli Ansaldi si
muovono bene, anche se non sempre nel rispetto delle regole dell’appalto cui sono
soggette le cartiere toscane. Verso la fine del Seicento sono proprietari, con Francesco,
di una delle due opifici e prendono in subappalto la raccolta dei cenci per Pescia e
Barga; con tale copertura, si dedicano al contrabbando trasportando la materia prima
a Viareggio, direttamente o attraverso l’intermediazione di mercanti lucchesi. Contemporaneamente Francesco Ansaldi ristruttura la cartiera e ottiene consistenti crediti
dal Monte di Pietà di Firenze, gestore dell’appalto. Qualche anno dopo la famiglia è
attiva anche a Villa e Collodi, e poi a Colle Valdelsa.
Alla fine del 1710, approfittando di una congiuntura del mercato apparentemente
favorevole alla carta toscana, e soprattutto del clima creato dalla nuova gestione privata
36
dell’appalto, Giovanni Battista Ansaldi, in ricompensa dei servigi prestati a Colle, ottiene il permesso di costruire una nuova cartiera a Pietrabuona, nei pressi di Pescia.
Nel marzo 1712 il Monte detta le condizioni per la nuova manifattura, che rapidamente si mette in evidenza per la bontà del suo prodotto. Nel 1715 dà avvio alla produzione di un nuovo tipo di carta, ‘alla genovese all’uso di Amburgo’, che l’Ansaldi
riesce a vendere a prezzo conveniente. Nel decennio dal dicembre 1710 al dicembre
1720, le cartiere pesciatine producono in media 270 balle l’anno, cioè circa cento balle
per edificio. Pescia è specializzata nella carta alla genovese, sia buona – da scrivere –
che fioretto (cioè ricavata da stracci di seconda qualità), utilizzata per la stampa. Gli
affari vanno bene e nel 1724 l’Ansaldi ottiene il permesso di costruire una nuova cartiera.
Attorno al 1730 le quattro cartiere pesciatine, due nei pressi della città e due a
Pietrabuona, producono complessivamente circa 470 balle di carta l’anno. La relativa
vicinanza dell’«imbarcazione di Altopascio, che per la palude di Bientina... somministra il comodo di una navigazione fino a Livorno, costante anco in tempo di estate»,
favorisce il commercio della carta pesciatina rispetto a quella di Colle, più lontana
dalle vie d’acqua.
Cartiera “Le carte”.
37
Al primo gennaio 1750, quando si chiude la centenaria esperienza dell’appalto
e la produzione e il commercio della carta nel Granducato di Toscana tornano in regime di libertà, le cartiere della zona di Pescia sono quattro: due a Pietrabuona, di proprietà di Carlo di Giovan Battista Ansaldi, e due a Pescia (una terza verrà edificata nel
1752), in mano di Matteo e fratelli, figli di Francesco Ansaldi, e del reverendo Francesco
Cheli; di quest’ultima è ministro Antonio Innocenzo di Domenico Ansaldi.
All’inchiesta leopoldina del 1766, Pescia rispose in toni ottimistici. E in effetti,
L. Volpicella, Primo contributo alla conoscenza delle filigrane nelle carte antiche di
Lucca, Lucca 1911: antiche filigrane della
Pantera, 1376, 1377.
38
lo sviluppo della sua manifattura cartaria non si fece attendere e fu più rapido e consistente di quanto la stessa relazione del 1768 avesse auspicato. Alla fine del Settecento,
come testimoniano le pagine del Sismondi, la struttura produttiva aveva già assunto
le dimensioni che manterrà fino agli anni dell’unità d’Italia. Protagonista di questa
fase espansiva è la famiglia Magnani. Trasferitosi a Pescia da Prato (dopo una permanenza a Lucca) agli inizi degli anni Settanta, Giorgio Magnani aveva dato inizio dal
1783 ad una fervida stagione di affitti, acquisti ristrutturazioni e costruzioni di cartiere, impiegando cospicui capitali.
Nel 1803 la famiglia possiede cinque cartiere per complessivi sedici tini; un edificio è in costruzione e «in breve sarà andante»; i Magnani conducono in affitto altre
tre cartiere dotate di cinque tini; «altri fabbricanti lavorano per conto dei medesimi,
a segno che formano una fabbricazione di carte per sopra scudi centoventimila ogni
anno, e queste quasi tutte le spediscono per proprio conto a Lisbona». Le cartiere Magnani danno lavoro a «ottanta famiglie fra lavoranti e ministri... oltre ai legnaiuoli,
fabbri, vetturali, muratori, navicellai».
Archivio di Stato di Firenze,
Carte Gianni 50: inchiesta leopoldina,
Pescia
39
I documenti del periodo francese ci dicono (pur con qualche ambiguità) che le
cartiere del cantone di Pescia sono ventuno: undici nel capoluogo, una nel comune di
Uzzano e nove in quello di Vellano, quasi tutte nella comunità di Pietrabuona. L’apparato produttivo è di tutto rispetto: due stabilimenti sono dotati di quattro tini, due di
tre tini, e la media è due tini per cartiera; l’attrezzatura rimane quella tradizionale,
ma è sfruttata al meglio. A pieno ritmo possono produrre dalle 120 alle 140.000 risme
di carta l’anno dei più svariati tipi e di ottima qualità. La resa media per tino è di tremila risme l’anno; in questa congiuntura, i quaranta tini non superano le centomila
risme. Oltre che sul mercato di Lisbona, la carta pesciatina trovava ottimi sbocchi
anche in Brasile e nell’America del Nord: per il blocco continentale questi canali si
sono chiusi, ma con la Restaurazione non tarderanno a riaprirsi, grazie allo spirito di
iniziativa dei Magnani.
40
Le due vallate del Pescia nell’Ottocento
Nel corso dell’Ottocento le vallate dei due torrenti Pescia – la Pescia maggiore
e quella di Collodi – attraversano un momento di grande vivacità economica. Le vicende politiche, l’ingresso di Lucca nel Granducato di Toscana (nel 1847) e l’Unità
d’Italia, conducono all’unificazione amministrativa delle due zone nella Prefettura
di Lucca; è la ‘naturale’ conclusione di una vicenda storica che ha visto un profondo
intreccio di rapporti tra i due centri nonostante la diversa collocazione politica. Si
forma in tal modo una delle più imponenti concentrazioni di cartiere dell’intera penisola, anche se al gran numero degli edifici, per le loro ridotte dimensioni, non corrisponde un primato sul piano della produzione. Nei due dati è racchiuso il senso
della particolare evoluzione della manifattura cartaria di quest’area, che non viene
41
coinvolta dall’insediamento della grande industria con l’adozione della nuova macchina continua, ma che sa valorizzare tutte le risorse dell’imprenditoria diffusa e della
gestione familiare delle cartiere.
I due centri cartari di Pescia e Villa Basilica avevano avuto – come abbiamo visto
– uno sviluppo analogo, ma il ritmo di crescita si era diversificato notevolmente proprio a partire dagli ultimi anni del Settecento quando, dopo la secolare fase di incubazione, la manifattura della carta era entrata in movimento. Lungo il torrente Pescia
di Collodi, che attraversa il territorio di Villa, lo sviluppo delle cartiere era stato costante ma lento: sette edifici nel 1770, dodici nel 1803, una ventina nel 1837, 27 nel
1863; nella zona di Pescia-Vellano più rapido e concentrato: si era passati dalle cinque
manifatture del 1768 alle 21 del 1812, alle 26 del 1863. Gli anni dell’Unità d’Italia segnano per Pescia il punto d’arrivo del processo espansivo, mentre vedono ancora in
pieno sviluppo la zona di Villa, che in breve tempo raddoppierà le sue fabbriche, grazie
alla fortuna della cartapaglia prodotta con il metodo messo a punto da Stefano Franchi
a partire dal 1823 e poi perfezionato dal fratello Gesualdo.
Per le cartiere lucchesi l’ingresso in Toscana, se da un lato ampliava loro il mercato, dall’altro le privava di quella protezione tariffaria all’ombra della quale avevano
potuto progredire pur senza introdurre sensibili innovazioni tecnologiche.
L’unificazione del mercato nazionale veniva comunque a dare ossigeno ad un’attività che attraversava difficoltà commerciali. Il vento nuovo si coglie, oltre che nelle
stereotipate formule di circostanza, nei dati forniti dall’inchiesta della Camera di Commercio di Lucca del 1863: il settore cartario contava in provincia una sessantina di
42
fabbriche, impiegava un migliaio di persone (quasi per metà donne) e produceva oltre
27.000 quintali di carta.
Le due zone principali, Pescia e Villa Basilica, presentano caratteristiche differenti. Villa produce ormai quasi esclusivamente cartapaglia; le fabbriche pesciatine,
grazie all’opera dei Magnani, hanno invece mantenuto la lavorazione a straccio. Qui
si ricerca, con successo, la collocazione nel settore del prodotto di qualità dove più
lenta è la penetrazione della lavorazione a macchina, come la carta bollata, che i Magnani producono per il Brasile e il Venezuela. Nelle cartiere di Pietrabuona si sta affermando la carta di “cartucce”, cioè fatta ripestando ritagli di carta usata o difettosa:
il prodotto, destinato al settore degli imballaggi, meno resistente di quello di paglia,
ma molto più sottile, ha un buon mercato.
Mentre le cartiere pesciatine avevano raggiunto l’apice del loro sviluppo ben
prima dell’Unità d’Italia, quelle dell’area villese facevano registrare proprio in quel
periodo «uno sviluppo meraviglioso». Durante la raccolta dei dati per la stesura della
statistica del 1863, nel territorio lucchese sono in avanzato stato di costruzione ben
26 fabbriche per complessivi 41 tini. E’ una crescita eccessiva, che verrà leggermente
ridimensionata, soprattutto in termini di manodopera occupata, nei decenni successivi, quando comunque troverà conferma la vitalità della lavorazione a paglia.
43
Il Novecento
I primi anni del Novecento, fino alle difficoltà e alla vera crisi indotte dalla Grande
Guerra, vedono rafforzarsi le caratteristiche emerse nel periodo dell’Unità, come la
divaricazione tra la produzione di carta da involgere (che dilaga a Villa) e quella di
carta da scrivere e per stampare, esclusività dell’area pesciatina. Ma la foto che emerge
dalla statistica del 1907 segnala l’accentuarsi di un fenomeno appena percettibile quaranta anni prima: Bagni di Lucca, Borgo a Mozzano, Capannori stanno diventando
realtà produttive di una certa importanza, anche se Villa Basilica mantiene, per ora, il
primato indiscusso del numero delle cartiere e degli addetti. Il settore della cartapaglia
conta in provincia 78 stabilimenti con 621 addetti, al 60 per cento donne, con una
media di 8 addetti per cartiera. Le ditte, tutte pesciatine, che producono carta bianca
sono solo 5 con 12 stabilimenti, 304 addetti, al 56 per cento donne, con una media di
25 operai per fabbrica.
Un quadro più dettagliato ci viene fornito dal censimento nazionale del 1911. Il
comparto cartario è ancora in crescita: le imprese sono diventate più di cento e impiegano oltre 1400 dipendenti. Ma il confronto con i dati nazionali mostra anche i limiti di questo modello di sviluppo: oltre un terzo delle cartiere italiane era azionato
da motori elettrici, mentre a Lucca neppure il 4 per cento ne era dotato; in Lucchesia
la media di addetti per stabilimento era 13, mentre il dato del Regno era tre volte e
mezzo più alto. Dopo il periodo bellico e le difficoltà degli anni immediatamente seguenti, un avvenimento significativo per il settore cartario lucchese è rappresentato
dalla costituzione della provincia di Pistoia e dall’assegnazione ad essa di Pescia e
degli altri comuni della Valdinievole nel 1927-28. Lo smembramento amministrativo
di un distretto che con l’Unità d’Italia aveva trovato il naturale sbocco di vicende economiche che avevano proceduto in parallelo, viene lamentato nella relazione statistica
approntata nel 1929 dalla Camera di Commercio di Lucca. Ma cominciano ad addensarsi altre nuvole, le perplessità di carattere igienico sulla cartapaglia: in effetti la carta
oleata, o “pergamino”, si stava diffondendo e veniva preferita per l’uso alimentare per
la sua impermeabilità, mentre la carta gialla vedeva restringersi il proprio utilizzo all’imballaggio delle merci aride.
Dopo le difficoltà degli anni Trenta e la tragedia della Seconda Guerra Mondiale,
la stagione della Ricostruzione segna la rapida ripresa del settore con il definitivo passaggio dalla carta a mano fatta foglio per foglio – sempre più prodotto di nicchia o
44
marginale – all’uso generalizzato delle macchine: agli inizi degli anni Cinquanta le
industrie della carta e della cartotecnica sono 88 con quasi 1200 operai. Ma è nel corso
degli anni Sessanta, e soprattutto nella seconda metà, che prende avvio un’impetuosa
ondata di sviluppo. I dati dei due censimenti industriali del 1961 e del 1971 indicano
due processi significativi: la nascita di nuove aree produttive, sulla direttrice FirenzeMare nei comuni di Altopascio, Porcari e Capannori, e la concentrazione della produzione con il sorgere di stabilimenti di notevoli dimensioni. In questa fase il numero
di aziende cresce del 37 per cento, ma l’occupazione raddoppia facendo salire la media
45
degli addetti da meno di 14 a circa 21 unità: sono proprio le nuove aree della Piana a
trainare questo sviluppo.
La crisi generale della seconda metà degli anni Settanta investe anche, e in profondità, il settore cartario, cresciuto a dismisura e indebitato. Ma col cambio di congiuntura economica dal 1984 la dinamica imprenditoria cartaria riesce ad affrontare
positivamente i problemi della ristrutturazione aziendale e dell’integrazione produttiva. Lo sviluppo è avvenuto in due comparti: il cartone ondulato e il tissue, cioè l’insieme delle carte per usi domestici e sanitari (carte igieniche, asciugamani, fazzoletti,
tovaglioli…). Alla fine degli anni Ottanta, la produzione di carta e cartone è rappresentata da una novantina di ditte con quasi 2100 addetti, mentre le aziende di trasformazione sono 140 con quasi 1700 dipendenti.
Gli anni Novanta si aprono con un profondo mutamento di scenario dal lato proprietario con il fortissimo ridimensionamento dell’imprenditoria familiare e l’arrivo
delle grandi imprese multinazionali, svedesi, norvegesi, nordamericane. Esce comunque confermata la vocazione cartaria della Lucchesia, in particolare nel settore del tissue, mentre Pescia mantiene il punto sulle carte di qualità. I dati del 2009 ci dicono
che il settore carta e editoria conta in provincia 355 imprese con 481 unità locali e
oltre seimila addetti.
46
MUSEO DELLA
CARTA ONLUS
COMUNE DI
VILLA BASILICA
Con il sostegno di
ARCUS SpA
Progetto ideato e
coordinato da LUCENSE

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