La minitransat in due tappe 2

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La minitransat in due tappe 2
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Una prima tappa difficile; la seconda tappa tutta da giocare
Questa volta la Minitransat si gioca su due tappe; ci sarà da divertirsi in confronto alla
precedente del 2013, penso. Voglio raccontarvi una prima tappa ricca, piena di quasi
tutto: bonaccia, traversi selvaggi, vento forte al lasco in Portogallo, ultime cinquecento
miglia con venti portanti ma di media intensità che obbligano a restare concentrati e
usare le ultime energie per non sbagliare le strambate e l’approccio all’isola. Una
bellissima prima tappa di questa regata oceanica che si corre con i mini 6.50, le barche
più divertenti per questo genere di competizioni mai concepite.
Parto con grandi ambizioni per questa mini 2015. Ho fatto tanta esperienza e so cosa
bisogna fare. La barca è frutto di un progetto – bomba, compresso in solo un anno dove
i cugini francesi non sono stati interpellati; bisogna fare delle modifiche a questo proto
del 2008 auto costruito in Italia per renderlo ancora competitivo. Bussare a Sam
Manuard, uno dei più talentuosi progettisti francesi del momento che ha disegnato la mia
barca ? Sarebbe stato tutto in discesa. Invece la mia grande ambizione è quella di posare
la prima pietra nella conoscenza di queste trappole - macchine ultra tecnologiche di
carbonio. Nasce quindi il progetto con l’università, con ragazzi della mia età (e anche
molto più giovani) che non hanno mai navigato su un mini; hanno il compito di studiare
e progettare una nuova chiglia e un nuovo albero. Nei momenti difficili e di sconforto mi
sono sempre risollevato chiedendomi cosa stavamo facendo: una cosa unica.
Tanti sacrifici, tanti errori. Penso alle notti in cantiere per preparare la barca; guardo gli
altri navigare sullo schermo del mio pc. La barca tocca l’acqua stazzata e veramente
pronta all’ultima regata prima della Mini, la Transgascogne a fine luglio. Sono contento
perché andiamo bene e tenuto conto di tutto quello che ho trascurato c’è un ampio
margine di miglioramento. Non sono allenato, non conosco bene la barca ma la strada
che mi ha portato qui mi piace e non la rinnego. Partiamo per la regata, voglio vedere
anch’io come va a finire…
Vedo la costa spagnola lontana, ma non abbastanza. Sono quasi in bonaccia, navigo a 4
nodi, ho virato per non perdere il vento del tutto. Non sono stato abbastanza lontano
dalla terra, il vento è irregolare, minaccia di morire completamente. Il flusso da n/w è
calato prima e il cono senza vento è maggiore del previsto. So che tutti i partigiani
dell’ovest hanno ancora vento e mi stanno passando guadagnando miglia su miglia. Il
pensiero ricorrente è che ho già buttato via una Minitransat dopo 350 miglia dalla
partenza. E’ dura questa mini, non c’è niente da fare; 4200 miglia giocate per un
passaggio mancato. Spaccherei tutto, m’incazzo, mi dimeno; non ci credo. Dopo tutta la
fatica, eccoti qua. Penso a tutti quelli che mi hanno dato una mano. Mi viene da piangere
se penso a loro. Penso alla strada che ho fatto per arrivare qua, a chi mi è stato vicino.
Per loro non me ne sono andato perché, lo ammetto, il pensiero di tornare a casa mi è
passato per la testa.
Nonostante la difficile uscita dal golfo di Biscaglia, a mente fredda e ripercorrendo la
regata credo di aver fatto una bella prima fase. Il gruppo di testa corre verso ovest molto
veloce. I francesi applicano la loro regola precisamente: “nel dubbio vai a ovest”. Poi ci
sono gli inseguitori che accettano questa decisione giocando la tattica. Io non ci sto e
faccio la mia traccia. L’errore strategico è stato non chiudere verso ovest una volta
incassato il guadagno. Il fronte poi sembra rallentare decisamente, chi è più a w incassa
l’investimento con interessi. Ho provato, non ha pagato ma la sanzione del capo
Finisterre è troppo dura.
Con il morale a pezzi e la voglia sfrenata di recuperare è facile andare fuori giri e infatti
chiedo forse un po’ troppo alla mia barca. Sto puntando la costa portoghese per
raggiugere la zona con più vento; il vento continua a salire meglio fare un bordo al largo,
preparo la strambata. Tutto a posto. Dopo dieci minuti mi rendo conto che sto tirando
un po’ troppo la barca, devo cambiare set up delle vele. Spacco una barra di
accoppiamento dei timoni e perdo le viti in mare. Inizia qui il ginepraio delle riparazioni,
delle strapoggiate. Finisco con l’albero in acqua e senza i timoni per raddrizzare la barca.
Ammaino lo spi, faccio una riparazione di fortuna e riparto a vele bianche. Sono sotto
shock, guardo incredulo l’albero che ha resistito a questo trattamento. Passa un giorno
prima di poter rientrare in modalità regata dopo la laminazione della barra di
accoppiamento. Ho preso ancora ritardo e si tratta a questo punto di arrivare a
Lanzarote con la barca a posto per partecipare alla seconda tappa. Ho sostituito le viti
perse con delle altre ma di diametro inferiore che ho smontato dall’attrezzatura di
coperta. Quando vedo l’isola tiro un sospiro di sollievo, mi tengo ben lontano dalla costa
con il problema ai timoni non voglio rischiare. Condivido la linea di arrivo con un
traghetto che sta entrando in porto; aspetto il passaggio della nave e taglio con un urlo
liberatorio la finish line più dura della mia carriera di navigatore oceanico.
Mancano venti giorni alla partenza della seconda tappa. Sono sicuro di poter fare una
bella regata, siamo neanche a 1/3 della Mini e resta tutta da giocare. Fate il tifo per
questa barca italiana!
Alberto Bona