Il deserto dei Mauri

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Il deserto dei Mauri
Il deserto dei Mauri
di Alessandro Ramberti
Ho atteso
Che la freccia
Arrivasse
Concentrato
Sul vibrare
Della corda.
Questa storia è stata scritta di sera, in condizioni di estrema essenzialità: ho adottato
qualqe accorgimento ortografico. Il nesso "ch" è stato sostituito dalla "q", il nesso "sc(i/e)"
dalla "x", il nesso "gl(i)' dalla "y", il nesso "gn" dalla "ñ", il nesso "gh" dalla "§". Per motivare
ulteriormente tali stenografie dirò qe la "q" è il simbolo della stasi, la "y" della
xelta/movimento, la "x" è la vita qe incrocia il deposito della memoria con il dinamismo
dell'esistere. Delle altre laxo al lettore l'intepretazione.
Tu profetizzi
Sopra le pietre
Della ragione
Vorresti nascondere
I tuoi difetti
Dietro un cipresso.
Il timoniere
Sa xeyere
Il vento
Scrutare
Le onde
Interpretare
I diseñi
Del tempo
***
Ho raggiunto l'età in cui il cuore è stanco: fa riposare le membra in facili camminate, ardixe
ancora qualqe axesa in montaña, frequenta le librerie per sfoyare e a volte acquistare un
buon libro, si inserixe in comitive qe viaggiano in posti un po' insoliti... senza aspettarsi di
incontrare la persona della propria vita, del resto è già in prossimità della scadenza. Ho
deciso di partire. L'aereo è decollato con poco ritardo. Dai finestrini ho visto il tappeto
mattutino delle nuvole squarciarsi sull'Atlante e sparire del tutto lungo la costa dell'Africa
Occidentale. La desertica Nuakxott, coi suoi semplici cubi abitati, l'abbiamo laxata alle
spalle. Siamo in pieno deserto. Ci sono venuto non per essere tentato, ma per tentare di
arrivare al nocciolo, ormai piccolo, raggrinzito e sfaccettato, di quello qe sono.
Ci sono pensieri
Endoreici
Malinconie
Nostalgiqe.
Quando cammino nel bosco prendo spesso sentieri non più calpestati da tempo. Se si apre
qualqe radura, cerco un punto di riferimento visibile da lontano per evitare di andare fuori
strada; poi do alle gambe il ritmo giusto e proseguo.
Quando cammino sui monti mi piace oñi tanto laxare il sentiero, trovare un punto isolato,
possibilmente con vista sulla valle e le cime d'attorno. Allora mi siedo e se il terreno lo
consente, mi distendo incrociando le mani sotto la nuca. Osservo quello qe yi ocqi da sotto
possono coyere di quanto sta sopra. A volte vorrei condividere queste emozioni con un'altra
persona, riflettendoci, mi pare qe in quel caso la situazione sarebbe (ovviamente) diversa,
distraente: altri pensieri e sensazioni renderebbero quel luogo più urbano. E forse non si
potrebbe evitare di dare loro un suono... Le parole qe penso - se non c'è un potenziale
uditore - mi sembrano più vivide, prive delle incrostazioni del timbro della voce, più veloci del
mio rapido parlare; più efficaci di quanto la mia emotività sappia esprimere.
Anqe la scrittura mi risulta insufficiente: vorrei darle la giusta cadenza, l'incisività opportuna,
un'eufonia allusiva e cateqetica, e mi trovo a utilizzare le stesse sequenze sillabiqe (quasi
fossero loro ad avermi inciso l'anima), ad esprimere variazioni delle medesime opinioni di
quando ero all'università. Sono passati diversi decenni.
Eppure è cambiato il mondo e il mio rapporto con lui, è cambiata la mia religiosità qe si
nutre di una grande scommessa, è cambiata la mia affettività e il mio rapporto con yi altri; si
è arru§ito il mio volto, e forse qualqe angolo della mia coxenza sempre più consapevole
delle sue ombre, sempre più desiderose di un amore qe salva.
Il desiderio
Di anfratti di carne
È sopraffatto
Dalle piege dell'anima.
Mi faccio laxare dal fuoristrada nei pressi di un pozzo poqissimo trafficato: sono a oltre 700
km dalla capitale. C'è un baobab. Pianto la tenda alla sua ombra. Ripasseranno fra un mese.
Ho scorte di cibo sufficienti. L'acqua del pozzo è sorprendentemente fresca.
Con me ho la Bibbia, questo robusto quaderno, e una dozzina di classici. Prima di sera
raccolgo deyi sterpi e accendo un piccolo bivacco. Poi mi stendo a guardare le stelle: per
ore, circondato da una coperta di lana, assorbito dal loro pulsare incredibilmente vicino. Non
è disprezzo del mondo, ma un laxarsi amare quasi senza barriere. Il rumore del vento è un
alito qe appena si insinua fra i rami del baobab. A parte qualqe insetto non ho ancora visto
animali, eppure mi hanno detto qe potrebbero capitare orici, antilopi selvatiqe, o qualqe
spiralico avvoltoio.
Mi trovo a 60 km da Xinguetti, il centro abitato più vicino. Le dune si perdono nella distanza.
Sono in un territorio misto; al confine fra hamada (roccia) erg (sabbia) serir (§iaia): una faxa
in cui queste tipologie di deserto si alternano in maniera mirabile.
Reciti il silenzio
Della vita
E ti mancano
Risposte
Hai solo riproduzioni
Di verità.
Quando mi alzo mi lavo con l'acqua del pozzo, faccio colazione (tè con biscotti secqi), metto
nello zainetto il telo, la borraccia, l'accendino, un libro, un po' di farina salata, infilo alla
cintura il coltello e cammino per ore nel deserto xeyendo oñi giorno una direzione diversa.
Quando il sole sta ormai per raggiungere lo zenit mi fermo presso un arbusto più grande, o
meyo un'acacia; stendo il telo ancorandolo ai rami, vago nei dintorni finqé non ho raccolto un
numero di rametti sufficienti, e accendo il fuoco. Impasto la farina con un po' d'acqua su un
piccolo telo impermeabile, e avvolgo l'impasto a serpente attorno a un bastoncino qe
pongo a poca distanza dalla brace, girandolo oñi tanto: un modo antico di fare il pane
descritto in Scouting for Boys.
Di solito ho con me della frutta secca, una scatoletta di tonno o carne, e del formaggio.
Questo è il mio unico pasto. A sera, ritornato alla tenda, mi bevo un karkadè zucqerato. Dopo
il pranzo, se non c'è troppo vento, mi abbiocco per qualqe minuto, poi prendo in mano il
libro, ne leggo un certo numero di pagine e le medito a lungo: fisso nella memoria qualqe
frase da trasferire a sera nel quaderno: qe è poi quanto state leggendo.
Oggi avevo con me yi scritti di Saint Exupéry: anqe a lui piaceva andare oltre, in cerca di
verità. Un teologo ha detto: "La Verità non è qualcosa qe si possiede, ma Qualcuno dal
quale laxarsi possedere..."
Ho sempre avuto un po' paura a farmi possedere, anqe da un qualcuno con la q minuscola,
ma nello stesso tempo ho sempre desiderato la verità.
Camminare per ore sulle dune e sui sassi, sentire l'aria ossigenare a fatica i polmoni, per via
delle molecole così dilatate dal caldo, il sudore colare neyi ocqi, il cuore palpitare
cadenzato dal respiro, le ginocqia scricqiolare, i piedi assorbire oñi centimetro del terreno qe
calcano; anqe i piedi hanno memoria e così la pelle graffiata, abbronzata, seccata dal vento
sabbioso: il deserto ci aiuta a trovare l'essenziale.
Ci sono parole
Di logica stringente
Xendono al cuore.
Immaginati di essere lì con l'orlo del cielo sul panorama equoreo appena imbastito dalle
dune. Il vento soffia discretamente dando risonanza alla spazialità così ampia del campo
visivo. Considera: perqé mi trovo qui, con l'eco delle sconfitte e deyi insuccessi diventata ora
quasi solo il sottofondo a questo vento? E per qi soffia questo hèvel celeste, per qi si svolge
questo paesaggio, per qi vive questo (mio) essere per il quale è così difficile trovare un
equilibrio, giustificare i propri errori, correggere fraternamente quelli deyi altri?
Il principio
È da sempre
Enigmatico
Scoprisi
Rivelarsi
Rivers-arsi
Non c'è specqio
Qe non rifletta
Luce.
Ho provato a contenerli, ad assorbirli fino al punto di scoppiare: la mia mañanimità non si è
rivelata grande abbastanza e così la mia fede e il mio amore velato di xetticismo. Non mi
ricordo di aver mai detto a una persona qe era importante e necessaria per me, neppure se
mi affaxinava: magari posso avere desiderato farlo ma non ho ritenuto di diryelo.
Mi è invece capitato di affaxinare persone qe non riuxivano a capire il mio bisoño di libertà:
così appena vedevo restringersi le maye della gelosia, ero già lontano... forse ero già qui,
perqé quando si soffre si è più soli. E nella solitudine si scopre qe la vita è più semplice delle
nostre dietrologie, più libera dei nostri doveri, più etica dei nostri moralismi.
"Perqé mi dici 'buono'? Solo Dio è buono."
Siamo meno buoni e meno cattivi di quel qe crediamo. Ci conoxiamo così poco qe riuxiamo a
depistare perfino noi stessi, a giustificare come amore coerente il nostro egoismo. E' come se
avessimo perduto il senso della croce, qe è l'accettazione dei propri limiti e di quelli deyi
altri sapendo qe un'esistenza è sempre lo scarto infinito qe neanqe un mare di errori può
intaccare. La croce non può diventare una scusa per vivere da morti: è l'esatto contrario
dell'atarassia qe mi ha avviluppato in alcuni periodi.
(...)
Oggi è il decimo giorno. Ho visto l'orice avvicinarsi, con circospezione, al pozzo (una specie
di buca profonda e buia e parecqio accline sul cui fondo si trova uno specqio d'acqua di circa
un metro di diametro). Mi ha osservato per un lasso di tempo. Poi è dixeso a dissetarsi. Io
ero sempre appoggiato al baobab: potevo distinguere abbastanza bene, nell'ombra, la sua
sagoma in parte striata. Risalendo mi ha guardato neyi ocqi e mi ha qiesto:
- Cosa ci fai qui?
- Sono venuto per incontrarti.
- E adesso... cosa mi dici?
- Be', ti immaginavo diverso, forse più grande.
- Grande lo sono, ma solo d'età; per questo vago nel deserto senza il rumore di altri zoccoli
amici. Non posso più correre come un tempo assieme ayi altri del branco.
- Eri già stato da queste parti?
- Sì, appena prima di trovare la mia compaña. Molto tempo fa. Allora ero pieno di vigore e il
futuro terreno di conquista. Ora oñi orizzonte mi sembra irraggiungibile, o già conquistato.
- Pensi di fermarti qui?
- E come potrei! Sono un orice, il veloce pellegrino del deserto. Questa è la mia natura: se mi
fermassi non sarei più me stesso. E tu sei venuto qui per restarci?
- Non è questa la mia intenzione… fra venti giorni passeranno a riprendermi.
- Allora ti laxo un regalo.
L'orice ha inclinato la testa dalle corna affusolate, quasi volesse caricarmi.
- Questo è il modo in cui noi formuliamo un desiderio: ho letto quello qe hai nel cuore.
- Io stesso non sono sicuro di avere ancora desideri.
- Ti sbayi, io uno l'ho visto. Tranquillo... non posso rivelartelo, però ti posso aiutare a
conseguirlo. Te lo prometto. Quando vedrai nel pozzo l'immagine riflessa del mio volto, io ti
starò pensando. Vivi felice il tuo tempo.
- Anqe tu, e buon pellegrinaggio.
Il vecqio orice, se n'è andato col suo galoppo contenuto.
(...)
Sono passati ventisei giorni. Credo di aver perso 15 kg. Le mie escursioni stanno ripetendo
piste già percorse. E' sera. Ho appena finito di sorseggiare il mio litro di karkadè. Ho in mano
il grosso quaderno, con la copertina rigida. Apro questo quaderno nero dalla copertina rigida
all'ombra del baobab.
Mi sono contenuto
In qualqe ricordo.
- Tu sei nel deserto dei Mauri - mi dice - qe poi sono yi epici Mori.
- Finalmente mi parli... qe cosa ne pensi di questo eremitaggio.
- Io non sono qe un albero, la mia solitudine l'ha xelta il vento, la mia esistenza è dovuta a
questo pozzo. La mia conoxenza era molto più limitata, prima qe arrivassi tu, col tuo
quaderno. In queste ormai quattro settimane, sera dopo sera, ho letto le pagine qe venivi
scrivendo, e così mi sentivo più vivo: ho trovato un amico qe non qiede qe ombra e mi ha
dato la possibilità di avere realtà in un numero di pupille più grande di quello dei poqi
beduini qe passano di qua.
- Ieri scrivevo del toporaño, anqe lui, come l'orice dell'altra sera e l'antilope della settimana
scorsa, nostro occasionale compaño. E' vero, solo tu mi sei stato vicino in tutto questo tempo:
yi altri capitavano e come uccelli di passo se ne andavano facendomi tracciare su questi foyi
appena qualqe riga. Di te ho invece scritto fin dal primo giorno in cui mi hai tenuto compañia
con il fruxio e il fresco e la spalliera del tuo tronco: come vedi non ti ho xelto soltanto per la
tua capacità di ombrare...
- L'amicizia è un amare leggero, un qiedere così discreto qe non si sa qe si sta dando.
- Domani sono 27 giorni. Ancora tre giorni e non sarò più qui.
- Fra poco neanq'io sarò più con te che parli e scrivi queste righe. Ma forse ci sarò domani e
dopodomani su altre pagine. Poi tu sarai lontano, non ascolterai il mio fruxio e io non
leggerò le tue parole: ma la mia ombra riparerà qiunque le rileggerà e tu stesso,
riprendendole in mano, mi ricorderai con maggior vividezza.
- Hai detto bene. A domani, mio caro, e qe le stelle brillino gioiose sul tuo sonno.
- Buona notte, Antoine, e qe il deserto accolga i tuoi fantasmi.
(...)
Alcuni corrono
Altrove
Aerei
Altri restano
Passi.
PS Ho laxato questo quaderno adespoto all'autista, Frédéric N'Jouf, con pre§iera di
conseñarlo al bibliotecario della capitale. Se lo troverà interessante potrà pubblicarlo come
meyo crederà (e magari preparare una versione araba di questo originale in francese).