EBRAISMO VIRTUALE. IL RE è NUDO
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EBRAISMO VIRTUALE. IL RE è NUDO Scritto da Posizione.org Venerdì 23 Gennaio 2009 16:38 - Ultimo aggiornamento Domenica 25 Settembre 2011 20:30 di Maurizio Marrone Un libro coraggioso e libero come pochi altri scritti in questi ultimi anni. Non si potrebbe definire altrimenti “Ebraismo virtuale”, l’ultima fatica del prof. Ariel Toaff, docente di Storia medievale presso l’Università israeliana Bar-Ilan, nonché figlio dell’ex rabbino capo di Roma Elio Toaff. Avevamo già avuto modo di apprezzare l’onestà intellettuale di questo autore nella precedente opera-scandalo “Pasque di sangue”, che aveva scatenato una vergognosa caccia alle streghe nei suoi confronti da parte di intellettuali, giornalisti e politici, alcuni espressione del mondo ebraico e altri no, tutti espressione del conformismo più becero, indignati per la tesi di Toaff che vede ambienti della cultura ebraica medievale ashkenazita influenzati dalla superstizione magica del sangue già presente nell’occultismo cristiano. Da questa persecuzione, che lo costringerà a ritirare dalle librerie il suo scritto e riproporlo in una nuova edizione , Ariel Toaff trae le riflessioni che lo portano ad affrontare un vero tabù, anzi il Tabù: la cortina di nebbia dogmatica che avvolge la storiografia del popolo ebraico dalla Shoà in poi. L’autore israelo-italiano attacca senza mezze misure quella ricostruzione storica indiscutibile che vuole attribuire agli ebrei il ruolo sempre e solo di perseguitati e di vittime, che vuole trasformare la Shoà da episodio drammatico della Storia nella Storia integrale del popolo ebraico, attraverso una infinita reiterazione di olocausti in cui è facile omologare Nabucodonosor ad Hitler, il faraone egiziano Amalek al pontefice Paolo IV e tutti questi ad Ahmanidejad. La novità rivoluzionaria di questo attacco alla dittatura storiografica “olocaustica” non sta 1/2 EBRAISMO VIRTUALE. IL RE è NUDO Scritto da Posizione.org Venerdì 23 Gennaio 2009 16:38 - Ultimo aggiornamento Domenica 25 Settembre 2011 20:30 nell’appartenenza dell’autore al mondo ebraico; sta bensì nel fatto che Toaff solleva dichiaratamente le sue critiche nell’interesse stesso della cultura e del popolo ebraici. L’autore evidenzia come la storiografia post-Shoà, figlia del complesso vittimistico “da assedio” delle comunità ebraiche occidentali e del complesso di colpa europeo, santificando le vittime e ponendo un divieto assoluto di ricerca supplementare, snaturi la realtà della cultura ebraica, ne censuri le diverse sensibilità, tradizioni distinte e tensioni interne, concentri tutta l’attenzione sul doloroso passato tarpando così le ali allo sviluppo futuro e, infine, arrivi addirittura a banalizzare con la “troppa” memoria la tragedia dei lager tedeschi. Trasformi, in sintesi, un mondo millenario come quella ebraico in un “ebraismo virtuale”. Tale impostazione genera inevitabili corollari, come la continua paura di un nuovo montante antisemitismo e i problemi connessi alla doppia (obbligata?) lealtà per l’ebreo diasporico alla hei mat ( patria ideale) israeliana “sempre e comunque” oltre che allo Stato-nazione in cui si trova a vivere. Come può un simile clima culturale e intellettuale ostacolare un nuovo antisemitismo? Contribuisce, piuttosto, a creare distanze tra una comunità culturale-religiosa che costituisce parte integrante del tessuto sociale e nazionale europeo ed il resto, maggioritario, di quel tessuto. Si può arrivare a sostenere che la trasposizione ideologica dell’ebraismo reale in ebraismo virtuale sia una delle poche fonti di alimentazione rimaste ad un antisemitismo altrimenti estinto in Occidente. Ma sono tutti gli studenti, e non solo quelli ebrei, a dover ringraziare Toaff quando ha il coraggio di condannare una . 2/2