Una testimonianza dal confine con la Francia

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Una testimonianza dal confine con la Francia
FRONTALIERI
Una testimonianza dal confine con la Francia
Come avviene in prossimità dell’Italia, un gran numero di lavoratori decidono ogni anno di stabilirsi nelle zone di frontiera francese con la Confederazione svizzera. Per comprendere l’ampiezza del fenomeno, si pensi che soltanto sul cantone di Ginevra
si contavano a fine giugno 2009, 65.566 lavoratori titolari del
permesso di lavoro per frontalieri; nel primo trimestre del 2010,
la crescita del numero di titolari di permesso G ha visto 1.300
persone in più rispetto all’anno precedente e alla fine di giugno
2010 risultavano registrati ben 67.503 frontalieri attivi.
di Francesca Doria, Patronato ACLI Ginevra
Vivendo io stessa in territorio francese e facendo
quindi parte del regime frontaliere, mi è possibile
apportare una seppur breve testimonianza su alcuni aspetti della situazione.
Senza negare gli evidenti vantaggi di una tale scelta (soprattutto in termini di costo della vita che dal
lato Francia resta innegabilmente più basso nonostante l’esplosione del prezzo degli affitti alla
frontiera che ha ormai quasi raggiunto il livello
della Svizzera!), gli inconvenienti da affrontare
quotidianamente restano importanti.
Alcuni ambiti di particolare interesse a mio avviso
riguardano l’assicurazione malattia, le prestazioni
sociali (alla famiglia, per nascita dei figli) e la fiscalità.
Attualmente, e fino al 31 maggio 2014, un lavoratore frontaliere ha la possibilità di affiliarsi a 3 tipi
di assicurazione malattia: l’assicurazione svizzera
del ragime Lamal, l’assicurazione privata (a scelta
tra differenti società specializzate) o infine l’assicurazione francese di base (la CMU). La gran maggioranza dei frontalieri approfitta di un’assicurazione privata, di gran lunga più economica rispetto ad una copertura svizzera. A titolo di esempio,
un lavoratore single e senza figli paga una tariffa
media di 100-150 euro mensili per un ottimo livello di copertura (la qualità dei servici medici francesi è generalmente buona) che in parte comprende anche le cure su territorio svizzero (ma non
integralmente). L’inconveniente? Una scelta limitatissima dovuta alla scarsa presenza di ospedali e
altri stabilimenti medici in zona frontaliera, e che
obbliga spesso a percorrere chilometri soltanto per
una visita al pronto soccorso o di visite mediche
specializzate.
Per quanto riguarda le prestazioni sociali (“allocations familiales” in francese), la legge prevede che
il lavoratore frontaliere usufruisca in priorità delle
prestazioni svizzere, salvo il caso in cui il coniuge
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il dialogo 2/12
lavori in Francia. Alcune prestazioni però sono
strettamente legate a servizi forniti dal paese di
residenza ed in quel caso la situazione diventa particolarmente complessa e le risposte si fanno
incerte anche da parte degli organismi competenti. Un esempio molto frequente riguarda la possibilità di affidare il neonato ad un’assistente materna convenzionata. Per i lavoratori francesi, l’organismo statale avanza la copertura di tutti i carichi
sociali relativi al contratto di lavoro con l’assistente e, secondo il livello dei redditi, paga eventualmente anche una prestazione di aiuto. Per il lavoratore frontaliere invece, la legge prevede che le
prestazioni svizzere siano prioritarie, non cumulabili con quelle francesi, e che la Francia paghi soltanto l’eventuale differenza tra aiuto francese e
svizzero, cosa che sembra piuttosto ragionevole. I
carichi sociali però, secondo una legge entrata in
vigore da gennaio 2011, devono essere sempre e
integralmente avanzati dal lavoratore e, soltanto al
termine del trimestre, saranno, sotto determinate
condizioni, rimborsati! Il costo per una baby-sitter
quindi, già di per sè molto elevato in zona di frontiera, diventa il doppio con i carichi sociali, rendendo la vita molto difficile a centinaia di famiglie.
Infine la fiscalità del lavoratore frontaliere, che differisce secondo il cantone di appartenenza e
richiede operazioni complesse. In particolare, i
lavoratori tassati alla fonte possono richiedere
delle “rettifiche” e eventuali rimborsi (per le spese
reali dei “quasi residenti” per esempio), ma non è
detto che tale richiesta si riveli necessariamente
vantaggiosa per il lavoratore… bisogna quindi calcolarne prima la convenienza caso per caso, di solito con l’aiuto di un fiscalista e dunque per un prezzo piuttosto elevato.
Nel caso poi estremamente frequente di coppie
dove ognuno lavora in un cantone diverso e l’uno
impone alla fonte mentre l’altro no, (come è il
caso, rispettivamente di Ginevra e Vaud), la situazione della dichiarazione fiscale rischia di diventare un vero calvario.
Insomma, per concludere la mia breve testimonianza, prima di scegliere la vita alla frontiera è
necessaria una valutazione accurata di vari fattori.
Molti aspetti andrebbero migliorati per rendere la
vita più semplice a chi ha già scelto di percorrere
molti chilometri e spero che gli sforzi delle associazioni che si battono in questo senso saranno
ricompensati.