Linea di demarcazione/Ligne de démarcation è un progetto
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Linea di demarcazione/Ligne de démarcation è un progetto
Linea di demarcazione/Ligne de démarcation è un progetto fotografico nato dieci anni fa da una riflessione e da un’analisi sul significato del viaggio e del consumo turistico nella nostra epoca. Una mappa turistica in cui ogni fotografia-tassello è necessaria e autonoma e al contempo concorre con le altre per una partitura finale, che svelandosi discretamente davanti allo spettatore, s’interroga sul significato del tempo, dello spazio e del loro consumo. La ricerca artistica di Pergolesi è ben lontana dal reportage e dal giudizio critico; la sua è una narrazione che, con spiccata acutezza d’osservazione e ironia si sofferma sull’oggetto del quotidiano attingendo dal variegato e ricco mondo del turismo di massa. Il gesto fotografico di Pergolesi taglia, estrapola, sottrae porzioni di mondo per svelarci un universo silenzioso, sospeso, situato sulla linea di mezzo tra il detto e non detto, schiarito da sovraesposizioni che, esasperando i contorni, scolpiscono le forme in atmosfere rarefatte quasi oniriche portando con sé un equilibrio formale di matrice ghirriana. Nello scenario dell’artista ogni elemento si fa strutturale e necessario per la visione finale dell’insieme; anche i corpi non sono uomini o donne in quanto tali ma, essendo inseriti nel contesto formale, si fanno simboli, si svuotano della loro linfa, si privano della loro carne diventando degli automi. Essi subiscono un violento processo di oggettivazione per diventare elementi architettonici che partecipano alla costruzione della narrazione fotografica. Pergolesi in modo spontaneo, asciutto e riservato ha cercato e colto a lungo la “linea di demarcazione”, una discriminante impercettibile che ironicamente crea una tensione tra il materiale e il simbolico. In questo catalogo abbiamo cercato di ricreare questa ricerca/viaggio dell’artista attraverso una selezione del materiale fotografico e una sua divisone in tre tappe: Geometria funzionale/Géométrie fonctionelle; Zona illusoria/Zone illusoire; Tracce sconosciute/ Traces ignorées. La prima tappa Geometria funzionale/Géométrie fonctionelle è lo spazio del rigore, della linea e della ricerca della proporzione. Una fitta trama di linee che s’inseguono e s’intersecano a formare pieni e vuoti ai quali è dato il compito di separare, distinguere e incasellare, ma anche rendere confortevole ogni angolo e ogni istante. Ogni elemento si priva della propria identità e diviene funzionale per la struttura portante dell’immagine; non sono più solo schedari, orologi, sale d’attesa, mani che mangiano alla mensa, o una bambina seduta in una zona gioco, o una coppia che con un gioco speculare consuma apaticamente l’atto del guardare, essi diventano elementi architettonici. Tutti gli elementi funzionano da tasselli e costruiscono texture, pattern “decorativi”, in cui il singolo si fonde e concorre a formare “nuove” geometrie. È l’universo della materia, dell’oggetto che si manifesta a noi in maniera concisa, asettica e silenziosa. All’interno di questo rigore geometrico troviamo un’atmosfera ovattata; la luce crea una sospensione tra il reale e l’irreale, sottolineando ulteriormente il processo di denaturalizzazione degli elementi. Zona illusoria/Zone illusoire è la tappa in cui Pergolesi allarga la sua visuale e coglie luoghi dove l’essere umano si fa più caratterizzante, ma non in quanto essere umano. L’individuo consuma pian piano l’ambiente dell’immagine e apparentemente sembrerebbe esserne il protagonista; ma non è così, poiché non ha una specificità, un’individualità, non è mai fotografato nella sua pienezza, è sempre una parte del tutto. È un corpo vuoto che diviene sia simbolo del consumo turistico sia elemento strutturale. Sono immagini che pur non perdendo la loro sobria geometria, elemento insito nello stile del fotografo, assumono una composizione a tratti cinematografica dove lo sguardo di Pergolesi si fa più ironico senza mai cadere nella retorica o nel giudizio. Paesaggi che naturalmente si manifestano al fotografo in tutto il loro essere paradossale: pinguini-totem che si fanno custodi di un castello acquatico nel mediterraneo, una piscina adorna di finte rovine architettoniche o signore immerse in piscina intente a compiere esercizi ginnici a pochi passi dal Mar Rosso. La terza tappa Tracce sconosciute/Traces ignorées è il regno della tensione tra il noto e l’ignoto, tra il perso e il ritrovato, tra il presente e il passato, tra la natura e l’uomo, tra il reale e l’irreale. Pergolesi fotografa degli oggetti abbandonati in paesaggi naturali: coste, spiagge, macchie mediterranee. Ancora una volta nella visione del fotografo i corpi sono privati della loro essenza; in questo caso, però, il procedimento si spinge in maniera estrema. La persona, infatti, diviene soltanto una presenza passata, poiché è presente non con il suo corpo ma con delle tracce: le sue cose personali. Quelli immortalati dal fotografo sono oggetti dimenticati, densi di una vita passata che si ricollocano in un presente nuovo perdendo il loro stato funzionale d’origine e assumendo una nuova funzione puramente architettonica, riscrivendo così un nuovo concetto di paesaggio naturale. Ogni elemento sembra essere lì per finta; la visione del nuovo paesaggio e il significato che racchiude sono paradossali. La rappresentazione finale dovrebbe essere sconcertante; ma ciò non accade del tutto. Pergolesi, pur rimanendo fedele alla casualità della composizione e al rigore geometrico, carica lo sguardo d’ironia e rende le inquadrature armoniche, candide, invase da una luce chiara che infonde un’atemporalità irreale, morbida, aggraziata. E gli scenari si trasformano in semplici cartoline, oggetti familiari, piacevoli e confortanti. Francesca Pergreffi Critica e curatrice d’arte presso Meme Roberta Fiorito Critica e curatrice d’arte presso Fabrica Fluxus Art Gallery