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OLIBOX
pensiero in_diretto
Rivista d’informazione gratuita
a cura della redazione del Centro Studi Olivotti-Mira (VE)
numero 1
(visto, siamo tornati come promesso eh?)
“Rifacciamo il punto sulle novità in uscita:
è avviato ormai il progetto redazionale.. alla grande!
Quindi siate sempre pronti, e fate in modo da vivere nel migliore dei
modi possibili!! E Buona Pasqua a tutti.. nessuno escluso!
Notizie, progetti e colori sempre nuovi, scritti seri e scritti naif, parole
e qualche pensiero. E se qualcuno di voi, carissimi lettori, ci inviasse un
articoletto, noi della redazione saremmo ben lieti di pubblicarlo.
Music, web, follow & RT... ce n’ è per tutti...”
Continuate a seguirci!
INTERVISTA A SILVANO
Storia semiseria
Da PUNTO A CAPO A OLIBOX
Quando abbiamo deciso di dare inizio
all’avventura del nostro giornalino abbiamo
discusso, con i ragazzi che allora erano ospiti
nelle nostra comunità che nome dare a queste
pagine che volevano da spazio alle loro storie,
alle loro riflessioni e raccontare, anche, le attività,
i fermenti che da sempre animano la vita della
casa Olivotti.
Il nome del giornalino è saltato fuori dopo
quasi un litigio tra
alcuni ragazzi del
gruppo,
quando
uno dei più grandi,
per interrompere il
battibecco che si era
creato, alzando la
voce ha detto: “Basta,
PUNTO A CAPO!!”.
Ricordo che c’è stato
un silenzio che non
dipendeva dal fatto
di essere stati zittiti
con energia, ma
dall’aver intuito che quello poteva diventare
il nome del nostro giornalino. Velocemente ci
siamo guardati, velocemente ci siamo intesi,
ancora non si era parlato ma avevamo già deciso:
PUNTO A CAPO andava bene!!.
Ed è piaciuto subito a tutti perché PUNTO A
CAPO dice molto dell’esperienza che i ragazzi
fanno in cooperativa : quando si vuole uscire
definitivamente dalla dipendenza, quella dura,
quella che non lascia scampo o possibilità, bisogna
saper mettere un punto fermo, definitivo e, per
sancire un non ritorno, la chiusura definitiva di
una storia di morte,si deve decidere di andare
a capo, di cambiare riga, per cominciare un
pensiero nuovo.
Gli anni sono passati a anche il nostro giornalino
ha avuto bisogno di un restyling: nuove
generazioni, nuove forme per comunicare
un’ esperienza che però è sempre molto forte:
ritornare a vivere da protagonisti la propria vita
grazie ad un percorso comunitario, condiviso
con altre persone.
PUNTO A CAPO diventa ora OLIBOX,
vogliamo salutare il nuovo nome scelto dal
gruppo degli ospiti che stanno portando
avanti il comitato di
redazione; il nostro
giornalino prende
una veste
più
moderna, al passo
coi tempi, diventa un
contenitore flessibile
e agile per raccogliere
ancora nuove storie,
nuove
riflessioni,
alcune serie, altre più
ironiche e divertenti,
alcune concrete e reali, altre più creative e
fantasiose. Si cercherà di dare spazio ad ognuno
e si chiederà la collaborazione di tutti: ospiti,
volontari, genitori, amici e soci della cooperativa
Olivotti.
Il prossimo passo sarà quello di aprire un profilo
facebook che, insieme a twitter già attivato, ci
permetterà di essere più presenti, di essere, come
in gergo giornalistico si ama dire, “sul pezzo”
ovvero capaci di contatti, commenti a “caldo”,
sempre più presenti al nostro dirompente e
frenetico presente!
Monica Lazzaretto
Silvano come mai hai deciso di rilasciare
un’intervista, anziché inviare alla nostra redazione
un articolo come fanno tutti?
*Be’... perché sono arrivato alla conclusione che non
fosse poi tanto una buona idea scrivere un articolo
E perché mai?
* Mha! Perché nella mia vita non amo lasciare
tracce, l’ho sempre vissuta di corsa o con estrema
leggerezza, scrivere non sta nelle mie corde…
Ah! Certo certo: ti va di raccontarci del tuo
soggiorno nella nostra Comunità terapeutica,
almeno per linee generali.
* Che dire, ho trascorso 3 anni tra la comunità di
Mira e quella di Pagnano d’Asolo, e tra i vari dati
utili che ho raccolto nel corso del mio soggiorno
all’interno della comunità: non importa quanto
difficile sia stato vivere senza la sostanza, sono che 1)
mettersi davanti allo specchio e guardarsi in faccia
la propria faccia senza troppo
ribrezzo è possibile; 2) la vita,
anche quella dei pendolari, è
eccitante e perfino affascinante,
se c’è abbastanza futuro; 3) il
guaio del raccontare balle è che
bisogna fare uno sforzo. Dire la
verità, invece, presenta un sicuro
vantaggio: non c’è bisogno di
pensarci su troppo.
Interessante davvero. Quanti
anni avevi quando hai iniziato a
fare uso di sostanze?
*13 anni, in terza media, ho iniziato a fumare le
prime canne con gli amici, soprattutto al sabato sera.
Giusto per divertirmi un po’ ed essere considerato
finalmente un adulto. Dopo un po’ di tempo ho
iniziato a fumare da solo e stranamente ho notato
che iniziavano a tremarmi le mani. Quando ad un
certo momento è deceduta mia mamma (aveva 42
anni), mi è crollato il mondo addosso. La solitudine,
la mancanza di calore umano. Mi son detto che
d’ora in avanti dovevo tirare avanti da solo. È stato
davvero tosto! Non riuscivo a trovare dei veri
momenti di tranquillità. La soluzione più facile per
soffrire meno l’ho trovata nell’eroina. Ed è qui che mi
son fregato! Ho iniziato a perdere la percezione del
presente. I miei sensi hanno subito come una specie
di censura. E perciò il futuro ha smesso di rifornirmi
prospettive. In seguito per fortuna il presente mi è
stato restituito e ho preso a registrare quello che di
solito si ritiene sia la realtà.
Precisamente quando hai
avuto la percezione che il
presente ti venisse restituito?
*è stato il volto di mio padre...
ricordo una mattina... bè,
dopo una lunga notte...
quando per la prima volta
mi resi conto che solo i miei
piedi erano sul letto, invece,
il resto del mio corpo era
steso sul pavimento in
stato di confuso sconforto;
mentre il mio viso guardava
dal sotto in su il viso di mio
padre che a sua volta mi
fissava dall’alto in basso
con un’espressione...non
saprei definire come...
quasi come a dire: dove sei
andato a finire?!
Scusami se insisto, potresti essere un po’ più preciso
riguardo all’espressione facciale di tuo padre?
* ... Uff!… bè, ti dico solo questo: da allora ho deciso
di non vedere più quel volto afflitto!
Sì, sei stato molto chiaro, ti va adesso di dirci come
invece ti sei sentito, tu?
* Come uno... uno... ecco, uno
che passa davanti a un’agenzia
di pompe funebri e che deve
fare un notevole sforzo
per non cedere alla forte
tentazione di entrare e...
costituirsi. Ecco!
Immagino. É stato il SERT
a inviarti in Comunità?
* Il mio medico curante,
che viene dal Mali e non
è molto spiritoso, è stato
particolarmente severo. È il tipo che ci
tiene molto a esser preso sul serio. “Addio”, mi ha
detto. “Questa è l’ultima volta che ci si vede, se non
decidi di farti curare io ti cancello dai miei pazienti!”.
Un tentativo estremo di spaventarmi al punto da
farmi riflettere. … Così mi sono recato al Sert.
Successivamente il Sert mi ha
inviato in comunità.
Hai trovato subito la
sede
della
Comunità?
Come sei arrivato, ti ha
accompagnato qualcuno?
* No, ero da solo. Ero in sella
al mezzo che preferisco: una
bicicletta a noleggio.
Una bicicletta?!
* Sì, mi piacciono
moltissimo. Andavo forte. Quando guido, non
riesco a essere a mio agio se non pedalo a tutta forza.
C’è gente che rimane sconvolta da questo fatto. Una
volta un tipo mi ha detto: ”Conosco altri ciclisti
pronti a guidare oltre i 100 Km orari in un centro
abitato. Contromano. Sotto la pioggia. Dopo aver
bevuto un po’. Senza rispettare i semafori. Non sono
tanti, ma un paio ce li ho presenti. Ma tu sei l’unico
che è convinto che sia perfettamente naturale”.
Impressionante, davvero! Ma torniamo alla
domanda: come sei arrivato in Comunità?
* Ci tengo a sottolineare un fatto: non è stata colpa
mia… sono stato disarcionato dalla “mia” bicicletta!
In che senso?
* C’erano tutte le condizioni per un perfetto
viaggio in bicicletta: ero sobrio, il tempo era bello,
la strada dritta e poco trafficata. A meno che non
si trattasse di un tentativo di omicidio ordito dai
marziani, sembrava proprio che
Non si può certo avere sempre la verità in
tasca, no, ti pare?
* Certo! Ma mi sbagliavo,
perché mentre venivo
catapultato dal sellino,
sono
rimasto
steso
sul bordo della strada,
scioccato dal fatto di essere
ancora in possesso di me
stesso. A parte un persistente
e diffuso mal di testa, il mio
corpo era nello stesso stato
di relativa buona efficienza di
quando avevo cominciato
l’improvvisa traiettoria. Ed ecco, la mia faccia
guardava dal basso in alto un cartello: Cooperativa
Olivotti. É stato allora che mi sono reso conto di
essere atterrato sulla pista giusta. Mi sono alzato, ho
preso quello che restava della bici e…sono entrato
in comunità.
Quando si dice la fortuna, scusami l’indiscrezione
ma... la bicicletta era tua?
*...a noleggio, come ho detto no... bè, insomma, una
specie di noleggio senza preavviso. A essere sinceri,
me la son fatta prestare da una vecchietta vicina di
casa mia, e mica per privarla della bici, così tanto per
pareggiare...
Questa è davvero bella! Pareggiare cosa!?
*..Sì, proprio così, volevo pareggiare un conto.
Proprio quella mattina prima di recarmi in comunità,
ascoltavo One by one di Wynton Marsalis..., a stento
sento il campanello della porta, apro e mi entra sta
vecchietta che mi chiede gentilmente un martello.
Glielo dato, anche se in quel momento non ero
proprio così convinto a cosa potesse servirle.
Quando ho visto il mio stereo andare in mille pezzi,
ho capito. Sono riuscito solo a dirle: ma perché!? E
lei uscendosene piano piano, mi ha risposto: questa
musica mi fa ricordare il periodo dopo la guerra,
e soprattutto quando mio marito mi tradiva con le
soldatesse americane!
L’usufruire della bici della mia vicina quindi, come
avrai capito, era una specie di risarcimento dello
stereo. Poi quando ho iniziato a registrare di nuovo
la realtà, ... l’ho fatta riparare e glielo riportata
indietro però, eh! Anzi quando ci siamo rivisti ci
siamo anche abbracciati.
Un’ultima domanda: quando il presente non ti
rispondeva più, qual’è stata la scusa più assurda
che hai inventato per mettere su qualche euro?
*Una volta ho chiesto un euro a una persona.
Questa mi ha risposto che me l’avrebbe dato solo
se gli avessi dato un motivo valido, all’infuori delle
solite scuse, tipo: devo farmi un panino, un biglietto,
una telefonata, etc.
E che cosa gli hai raccontato?
*Gli ho detto che quell’euro
mi serviva per montare un
pannello fotovoltaico sulla
bici...
la bicicletta ne avesse avuto abbastanza di me e
volesse sbalzarmi. La ruota anteriore è scoppiata. E
ho pensato che, a volte, la vita voglia mettere bene in
chiaro quanto poco controllo abbiamo su di lei. E,
invece, mi sbagliavo.
Divertente, davvero e... l’hai
convinto?
*Non solo mi ha lasciato
un euro, mi ha chiesto un
autografo e si è anche lasciato
fotografare affianco a me da un
turista giapponese che per caso
passava di là.
Wynton Marsalis
(Tratto da Wikipedia)
Wynton Marsalis è il secondogenito di sei fratelli, quasi
tutti impegnati nel mondo della musica: figlio di Dolores
e di Ellis, pianista ed educatore musicale, suo fratello
maggiore è il sassofonista Brandford, tra i minori vi
sono Delfeayo, trombonista ma meglio conosciuto come
produttore musicale, e Jason, batterista.
A sei anni Wynton ricevette in dono la prima tromba
dalle mani di Al Hirt, ma non ne venne attratto subito:
durante l’infanzia preferiva ascoltare musica piuttosto
che eseguirla, i suoi idoli erano Stevie Wonder, James
Brown, Marvin Gaye e molti altri esponenti del funk e
del pop che più tardi cominciò a contestare.
Il primo approccio serio alla musica risale all’adolescenza:
verso i tredici anni scoprì la musica classica attraverso
le esecuzioni di Maurice André e, in seguito, il jazz.
A quattordici anni vinse un premio cittadino con
l’esecuzione del Concerto per tromba in mi bemolle
maggiore di Haydn e, due anni dopo, con il Secondo
concerto brandeburghese di Bach.
«Ho studiato la musica classica», dichiarò Wynton in
occasione del suo debutto discografico da solista, «perché
molti musicisti di colore avevano paura di questo enorme
mostro. Io volevo capire che cosa spaventava tutti, ma
quello che ho trovato era solo un altro tipo di musica».
Seguirono anni di studio e, nel 1979, il trasferimento a
New York per frequentare la prestigiosa Juilliard School
of Music. La selezione all’interno della scuola fu molto
dura, ma il giovane rivelò presto le sue qualità: appena un
anno dopo si sottopose ad un’audizione, grazie alla quale
Art Blakey lo reclutò nei Jazz Messengers.
Gli esordi
Nel 1981 fu chiamato dal pianista Herbie Hancock,
che lo portò in tournée con il suo quartetto. Nel 1982
firmò un contratto con la Columbia Records e pubblicò
il suo primo disco con il suo nome. Dal 1982 al 1985,
Winton suonò in quintetto insieme al fratello Branford,
al pianista Kenny Kirkland, al bassista Charnett
Moffett e al batterista Jeff “Tain” Watts. Mentre
con i Messengers i suoi punti di riferimento erano
Clifford Brown e Freddie Hubbard, ora il suo stile si
collocava sulla scia del Miles Davis degli anni sessanta.
La scelta controcorrente di suonare jazz acustico fu per
il giovane musicista una risposta polemica a quella che
egli considerava una pericolosa deriva dalla tradizione
musicale. Questa svolta stilistica gli fruttò un successo
inaudito: a ventidue anni veniva già considerato il jazzista
più famoso del momento. Ricevette numerosi premi tra
cui il Grammy Award come miglior trombettista jazz e
di classica e si piazzò al primo posto nella classifica della
rivista jazz “Down beat”.
Le polemiche
Wynton Marsalis divenne così il capofila degli young
lions, una corrente di musicisti che tra gli anni ottanta
e i novanta riportarono al centro dell’attenzione l’eredità
jazzistica dell’hard bop. Rilasciò numerose interviste
critiche nei confronti del free jazz e del jazz elettrico, che
considerava pericolose eresie, del rock e del pop che definì
“volgari” rinnegando gli idoli della sua adolescenza, e
non mancò di scatenare una polemica contro lo stesso
Miles Davis, che accusava di aver tradito il jazz e la sua
anima acustica per solo scopo di lucro, sfruttando i
gusti del pubblico meno raffinato. Naturalmente queste
affermazioni provocarono l’ostilità di numerosi colleghi
(Davis innanzitutto, ma anche Chet Baker ad esempio),
che etichettarono la sua musica come cerebrale, priva di
pathos e senza cuore.
Dietro le sue implacabili critiche e i suoi giudizi taglienti,
in difesa di ciò che considerava la legittima eredità del
jazz, vi era Stanley Crouch, critico musicale e abile
polemista, una specie di eminenza grigia che gli ha fatto
da portavoce per un lungo periodo e che ha scritto, tra
l’altro, le note di copertina di moltissimi suoi dischi.
Di questo periodo è una serie di album come Think of One,
Black Codes (From the Underground) e J Mood. Questi
lavori, che contengono assoli studiatissimi, sono suonati
impeccabilmente e senza sbavature: i critici e i colleghi li
definirono come una serie di brillanti esecuzioni, ricche
di idee e di spunti, ma prive di qualsiasi impegno emotivo.
Marsalis fu accusato di voler cristallizzare il jazz, musica
dinamica per definizione, in uno schema immutabile, ma
oggi quegli album sono stati rivalutati e considerati fra i
migliori album jazz del periodo.
Il nuovo gruppo
Nel 1985, dopo cinque album, si sciolse il quintetto.
Branford aveva deciso di andare a suonare con Sting
portando con sé anche Kenny Kirkland: insieme
collaborarono alla realizzazione di The Dream of the
Blue Turtles, primo lavoro di Sting dopo lo scioglimento
dei Police. Wynton, dapprima disorientato dalla scelta
di suo fratello (ci fu anche una temporanea rottura fra i
due), in poco tempo formò un nuovo gruppo composto
da sette musicisti: sempre con Watts alla batteria, si
aggiunsero Marcus Roberts al piano, Wycliffe Gordon al
trombone, Wes Anderson e Todd Williams al sassofono
e Robert Hurst al basso. Terminata la fase musicale di
derivazione davisiana, il nuovo gruppo esplorava altri
territori musicali, vicini a quelli di Duke Ellington e di
Louis Armstrong. In album come Tune in Tomorrow
(1990) e Blue Interlude (1992) si percepiscono addirittura
reminiscenze swing e dixieland.
Discografia
•1980: Live At Bubba’s Jazz Restaurant Vol. 1 & Vol. 2
(registrato dal vivo a Fort Lauderdale l’11 ottobre 1980 con
Art Blakey and the Jazz Messengers)
•1982: Quartet (registrato a Tokio il 25 luglio 1981 con
Herbie Hancock)
•1982: Wynton Marsalis CK 37574
•1983: Haydn, L. Mozart, Hummel: Trumpet Concertos
•1983: Think of One CK 38641
•1984: Haydn: Three Favorite Concertos (con Yo-Yo Ma e
Cho-Liang Lin)
•1984: Purcell, Handel, Torelli, More Trumpet Concertos
•1984: Hot House Flowers CK 39530
•1985: Black Codes (From the Underground) CK 40009
•1986: Tomasi: Trumpet Concerto / Jolivet: Trumpet
Concerto & Concertino
•1986: J Mood CK 40308
•1987: Standard Time, Vol. 1 CBS 451039 2
•1987: Carnaval
•1988: Baroque Music for Trumpets
•1988: The Wynton Marsalis Quartet Live at Blues Alley
(doppio CD registrato dal vivo nel dic. 1986) CK 40675
•1989: The Majesty of the Blues (con un sermone recitato
dal rev. Jeremiah Wright, Jr) CBS 465129 2
•1989: Crescent City Christmas Card CK 45287
•1989: Best of Wynton Marsalis
•1990: Tune in Tomorrow (colonna sonora)
•1990: Standard Time, Vol. 3: The Resolution of Romance
CBS 466871 2
•1991: Standard Time, Vol. 2: Intimacy Calling CBS
468273 2
•1991: Thick in the South - Soul Gestures in Southern Blue,
Vol. 1 CK 47977
•1991: Uptown Ruler - Soul Gestures in Southern Blue,
Vol. 2 CK 47976
•1991: Levee Low Moan - Soul Gestures in Southern Blue,
Vol. 3 CK 47975
•1992: Concert for Planet Earth
•1992: Baroque Duet (colonna sonora)
•1992: Blue Interlude CBS 48729
•1992: Citi Movement (Griot New York) C2K 53324
(doppio CD)
•1993: On the Twentieth Century…: Hindemith, Poulenc,
Bernstein, Ravel
•1994: Greatest Hits: Handel
•1994: In This House, on This Morning C2K 53220 (doppio
CD)
•1995: Joe Cool’s Blues CK 66880
•1995: Marsalis on Music – Listening for Clues: Marsalis
on Form
•1995: Marsalis on Music – Why Toes Tap: Marsalis on
Rhythm
•1995: Sousa to Satchmo: Marsalis on the Jazz Band
•1995: Greatest Hits: Baroque
•1996: In Gabriel’s Garden
•1997: Blood on the Fields C3K 57694 (triplo CD)
•1997: Jump Start and Jazz
•1997: Liberty!
•1998: Standard Time, Vol. 5 - The Midnight Blues CK
68921
•1998: Classic Wynton
•1999: Standard Time, Vol. 4 - Marsalis Plays Monk CK
67503
•1999: At the Octoroon Balls - String Quartet No. 1; A
Fiddler’s Tale Suite
•1999: Big Train
•1999: Reeltime
•1999: Listen to the Storyteller
•1999: Live at the Village Vanguard CK 69876 (cofanetto
di 8 CD)
•1999: Sweet Release and Ghost Story: Two More Ballets by
Wynton Marsalis
•1999: Los Elefantes (con Arturo Sandoval)
•1999: Mr. Jelly Lord - Standard Time, Vol. 6 CK 69872
•2000: The London Concert
•2000: The Marciac Suite CK 69877
•2001: Classical Hits
•2001: Popular Songs: The Best of Wynton Marsalis COL
502238 2
•2002: Trumpet Concertos
•2002: All Rise
•2003: Mark O’Connor’s Hot Swing Trio: In Full Swing
•2004: The London Concert (Expanded Edition)
•2004: The Magic Hour
•2005: Unforgivable Blackness (colonna sonora)
•2005: Live at the House of Tribes
•2005: Don’t Be Afraid ... The Music of Charles Mingus
•2007: From the Plantation to the Penitentiary
•2008: Two Men with the Blues (con Willie Nelson)
•2009: He and She
•2009: Christmas Jazz Jam
•2010: From Billie Holiday to Edith Piaf: Live in Marciac
•2011: Here We Go Again: Celebrating the Genius of Ray
Charles
•2011: Wynton Marsalis and Eric Clapton Play The Blues
GPO, cos’è?
GPO il gruppo della prevenzione è un gruppo di
auto-aiuto e di mutuo appoggio già inserito a tutti
gli effetti nella Giuseppe Olivotti S.C.S. ONLUS.
Il GPO si definisce come l’insieme di persone che
interagiscono per perseguire un progetto comune:
la promozione del benessere, attraverso incontri di
condivisione, di formazione e attività socio-creative.
Gli strumenti che il gruppo ha fatto propri sono:
l’accoglienza, l’incontro e l’ascolto, la comprensione,
la solidarietà e l’amicizia, un diario e una relazione
scritta di ogni incontro.
Il GPO è un gruppo di sostegno reciproco, dove
ognuno diventa responsabile dell’altro o meglio
dove tutti sono responsabili di tutti.
È formato da
persone
che
hanno
avuto
esperienze
di
dipendenze
e
che hanno fatto
un
percorso
comunitario
assieme
alla
propria famiglia.
Il desiderio di non
perdersi di vista
e stare insieme
è
l’occasione
per
ritrovarsi
a condividere i
propri vissuti e
scambiare risorse,
concretizzando
un’opportunità
di
aiuto per affrontare la
realtà di tutti giorni.
Le precedenze e le
cose importanti per
ognuno di noi sono:
la propria persona,
la propria famiglia, il
lavoro, la sfera sociale,
il gruppo e la famiglia
di origine.
Le caratteristiche che contraddistinguono il
gruppo sono: un numero di persone interessate, un
luogo e un tempo dove incontrarsi con neutralità
e imparzialità, dei valori di riferimento come
onestà, responsabilità e rispetto, un’organizzazione
denominata gruppo ristretto formato su base
volontaria, l’autofinanziamento e la privacy.
Il gruppo ristretto composto da 10 volontari, ha il
compito di dare voce alle istanze e alle esigenze del
gruppo allargato, definisce il calendario annuale
degli incontri (n°6), si riunisce in pre-gruppo
per evidenziare aspettative e attuare strategie
nell’incontro e poi dà vita al post-gruppo per riflettere
e valutare modi e interventi successivi, condivide
questioni personali e responsabilità organizzative
quali la prenotazione del luogo in cui avverrà
l’incontro, le telefonate di avviso dell’incontro, la
conduzione del gruppo e la gestione delle risorse
economiche.
La solidarietà è il sentimento che ci
portiamo dentro nell’incontro con
le altre persone
Abitare le domande E’ l’umano in quanto tale che
domanda, che è domanda, l’umanità di tutti e
di sempre, di ogni età, genere, ruolo e contesto.
Le domande sono il segno della nostra comune
condizione, della nostra libertà resa autentica
dai limiti, che ci impedisce un’autosufficienza
onnipotente, dell’impossibilità di essere compiuti
da soli, del bisogno di relazione e del desiderio di
incontro.
Le domande sono piante: hanno bisogno di cura,
di buona terra, acqua e luce. Coltivare le domande
è amare la fatica di leggere dentro la storia, è
proteggere i germogli, vederli crescere e dare frutto,
è coprirsi con un po’ di corteccia per non essere
travolti nei momenti di tempesta. Le domande sono
rami su cui ci si
può appena fare un nido
per abitare e sapere dove
tornare... quando il volo
porta lontano.
Giovani e genitori
in pista
l’intervista a Francesca si è poi
allargata anche a due ragazzi
della comunità terapeutica
di Pagnano d’Asolo che
hanno portato la propria
testimonianza.
Durante tutta la serata sono poi stati
proiettati i lavori multimediali preparati dai ragazzi
delle scuole medie assieme ai propri professori e agli
operatori della Olivotti.
Si è discusso, si è parlato ma si è anche ballato tutti
assieme sul ritmo animato da DJ Superpozzo, tanto
che in pista.. un po’ alla volta, sono finiti anche i
genitori, che hanno chiuso facendo festa con i propri
ragazzi,.. una serata da ricordare!
“È l’umano in quanto tale che domanda...le domande sono
il segno della nostra
comune condizione”
Per noi tutti è stata una
“Sono le domande inascoltate che
specie di scommessa:
dare un pizzico di sale al sviliscono l’umanità di ciascuno e di tutti”
progetto che da alcuni
anni
conduciamo “Resistere è piantare una domanda nel cuore della storia
nella
Pedemontana mantenendola aperta
del Grappa. Da 9 anni anche quando gli altri hanno perso la speranza”
promuoviamo, infatti, il “Abitare le domande significa accogliere il bisogno di
PROGETTO CRITICA- relazione, il desiderio di un incontro”
MENTE che prevede
incontri di prevenzione
“Abitare le domande significa ascoltare le esigenze
dei comportamenti a
più radicali dell’uomo”
rischio con gli
alunni
delle
classi terze delle
scuole medie
dei
comuni
di
Paderno,
Riese
Pio
X, Altivole,
Asolo, San
Zenone degli
Ezzelini, Possagno, Cavaso del Tomba,
Monfumo e Crespano e con tutti i genitori
e adulti significativi. Un progetto tutto a
carico dei Comuni, che ci hanno creduto
all’inizio e ora proseguono anche in questa
fase di ristrettezze economiche. La nuova
sfida è stata volersi misurare con uno
spazio diverso dalla classe, dalla scuola,
uno spazio che non è esattamente votato
alla prevenzione, dove anzi a volte capita
PAGNANO D’A
SOLO
che si venga a contatto con sostanze pericolose,
stupefacenti: la discoteca.
Una sfida che il centro studi Olivotti ha
affrontato assieme agli Assessori al sociale
GPO :
i appunti
im
s
s
o
r
p
dei Comuni di Cavaso, di Monfumo e di
I
Possagno. Per la festa è stata scelta una
3,
54;
Maggio 201
discoteca molto frequentata alle pendici del
via Nazionale
Mercoledì 1
i
tt
o
v
li
O
a
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Grappa: il Quadrifoglio. Volevamo portare là
e, Cooperat
Frati e famigli
dentro il risultato del progetto «Critica-mente»
e dimostrare che la musica, lo stare insieme, il
3
Giugno 201
rappa;
Domenica 2
ballo, il divertimento se abbiamo degli amici veri,
assano del G
B
in
o
d
n
o
c
di Ma
se abbiamo delle relazioni autentiche, non sono
Festa annuale
in sé pericolosi, che si può stare assieme in modo
bre 2013
nica 8 Settem
e
m
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sano, divertendosi senza il pericolo di sballare a
D
e
7
Sabato
causa di sostanze o di bevande.
driatico;
esidenziale A
R
Ospite di eccezione Francesca Michelin, vincitrice
.45
della decima edizione di X Factor, ad animare
2013, ore 09
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m
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gna, educato
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Domenica 1
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la serata invece Flavio Pozzobon, noto a Radio
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S
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Piterpan come Dj Superpozzo. L’incontro e
Incontro co
ccini in Rovig
u
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formatore, C
Inventori ecologici,
noi!?
Nella nostra comunità alcuni ragazzi hanno
accolto con favore l’invito a sperimentare
tecnologie per la produzione di energie
ecosostenibili in grado di far funzionare
apparecchi. Si son dati da fare e hanno allestito
un laboratorio artigianale di elettronica: dove è
possibile osservare una automobilina con pannello
fotovoltaico, progettata e costruita da loro.
I ragazzi della comunità ormai hanno intenzione
di progettare altri apparecchi che per funzionare
utilizzano fonti di energia pulita. A breve nel loro
laboratorio osserveremo altri modelli, come per
esempio “insetti” robot fotovoltaici (vedi foto
bozzetto del modello sotto). Sulle ali di questi
insetti robot saranno disposti finissimi pannelli
solari che, attraverso un fotodiodo, mandano
impulsi e attivano un vibratore. Il movimento
ottenuto spingerà il piccolo insetto che segue la
luce e così potrà muoversi. Per la realizzazione
di questo progetto i ragazzi useranno per lo più
componenti di vecchi cellulari, sotto la guida
dell’ing. Antonio. Buon lavoro, ragazzi!
Sono proposte queste che fanno riflettere. Se
alcune soluzioni ai più grandi problemi dei
nostri giorni sono proposte da ragazzi che non
hanno molti studi di elettronica alle spalle,
come è possibile che grandi scienziati non
riescano a produrre tecnologie alla portata di
tutti? O magari i progetti ci sono...ma non c’é
convenienza per il mercato e la distribuzione a
produrli??
davvero esistono
biciclette col fotovoltaico?
... ma diamo uno sguardo anche alla nostra ciclo-officina!!!
... esistono ancora i Tandem, e ce li abbiamo noi!
Sono del Mali
“PUNTI GREENROADS”
Riviera del Brenta (VE)
Progetto Pilota
Giuseppe Olivotti scs – Onlus di Mira (VE) e STRADE VERDI - GreenRoads scs – Onlus di Treviso (TV)
PREMESSA: muoversi è da sempre un’esigenza vitale: la stessa idea di movimento è sinonimo di vita. L’epoca in cui viviamo è caratterizzata da un’alta velocità di
spostamento, derivata dall’attuale stile di vita, con la conseguenza di produrre nuove e gravose problematiche sociali, delle quali le più palesi sono: gli incidenti
stradali, l’inquinamento atmosferico, i rapporti relazionali difficili e lo stress.
Il progetto pilota ha come scopo principale di sensibilizzare alle tematiche sul rispetto ambientale, di società equa e solidale, di svolgere attività che portino al
benessere psico-fisico delle persone che vivono nei territori di intervento. Inoltre promuove la cittadinanza attiva per migliorare la qualità di vita di persone in situazione
di svantaggio. Il progetto è rivolto ai giovani in situazione di disagio, a soggetti in situazione di marginalità sociale grave e agli over 50 esclusi dai cicli produttivi.
E’ un progetto a lentissima maturazione e durerà 3 anni con verifica annuale in itinere e se necessita adattato alle mutate esigenze.
Che cos’è il PUNTO GREENROADS
Il punto GreenRoads è caratterizzato dalla suddivisione in 3 aree: noleggio, riparazione, distribuzione di informazioni.
Il punto GreenRoads sarà gestito da 2 persone, che sapranno entrambi offrire al meglio i servizi GreenRoads, ossia effettuare riparazioni-assistenza nonché
accogliere il pubblico ed offrire loro informazioni sul territorio, utilizzando i mezzi (anche informatici) a propria disposizione. Oltre all’offerta di informazioni, il
punto GreenRoads vende materiali informativi e pubblicazione di terzi, purchè vicini alla “filosofia” della Cooperativa.
Il punto GreenRoads oltre al noleggio-riparazione avrà uno spazio di documentazione (anche multimediale) sui percorsi con Schede Tecniche, Cartografie e Guide
Turistiche; fornirà informazioni aggiuntive su manifestazioni, mostre, musei, Pubblici Esercizi, farmacie di turno e orari dei Trasporti Pubblici. E’ previsto inoltre, in
caso di rottura e/o piccolo incidente, un servizio concordato di assistenza su strada. La riparazione della bicicletta verrà effettuata sul posto, quando questo è possibile;
o ci sarà la sostituzione temporanea (la Bici di Cortesia) in caso di danni di grossa entità. Verrà offerto anche il servizio di manutenzione e rimessaggio Biciclette.
Il punto GreenRoads di Mira (VE) sarà aperto dal Lunedì al Giovedì mentre nei WeekEnd saranno garantiti solo i servizi di riparazione, noleggio e assistenza su strada.
OBIETTIVO GENERALE: promuovere i soggetti in situazioni di svantaggio come risorsa per il territorio.
OBIETTIVO SPECIFICI:
- creare contesti lavorativi di relazione;
- aprire uno spazio aperto di sensibilizzazione e visibilità alla cittadinanza e al territorio, sugli stili di vita proposti dal progetto.
PIANIFICAZIONE STRATEGICA:
Creare un gruppo costituito da: un operatore responsabile (in questo caso un Maestro D’Arte), uno o due ospiti della Comunità Olivotti e non, i quali condividono
la mission del progetto pilota.
METODOLOGIA: valorizzare l’apprendimento attivo-partecipativo con l’analisi del Maestro D’Arte che stimola tale processo.
STAGES: Suddiviso in una fase teorica e una fase pratica (in itinere). Nella prima fase vi sarà un esperto che tratterà il significato culturale della bicicletta partendo
dalle rappresentazioni e conoscenze degli ospiti. Nella fase pratica si eseguiranno concretamente manutenzioni e riparazioni sia della meccanica della bici che della
parte estetica.
ALTRI SERVIZI INTEGRATIVI:
- Assistenza Bicicletta a Domicilio, nella quale il servizio verrà svolto nella raccolta di biciclette rotte per riportarle aggiustate nel tempo massimo di 2-3 giorni;
- Assistenza su Strada, su richiesta;
- Custodia e rimessaggio di biciclette;
- Promozione Percorsi Turistici: Asolo (Olivotti), Colli Euganei (La Costigliola), Lido e Pellestrina (Villa Renata), Montecchio Maggiore (Piano Infinito), Quartier
del Piave e Alpago (Strade Verdi – GreenRoads), Quarto D’Altino (Le Vie), Possagno (Parrocchia), Ville Venete (Mira Olivotti).
I percorsi turistici e le realtà sopra indicate esistono già. Resta solo la volontà di coordinarli tutti insieme per creare una rete dove ogni realtà è autonoma ma in
sinergia con le altre.
Immigrati e Cemento
Il gioco è semplice. Lasciar andare un quartiere a se stesso, senza alcun intervento pubblico. Nell’assenza di servizi, chi abita un certo quartiere se ne va non appena
ne ha la possibilità. Gli subentra allora qualcuno che non ha possibilità migliori. In genere sono immigrati. Le informazioni viaggiano sulle reti, e si sparge la voce
che ci sono possibilità abitative a prezzi accessibili. Spesso gli italiani proprietari di case sono ben contenti del sovraffollamento: facendo stipare numerosissime
persone nel loro appartamento ne ricavano un reddito mensile molto più alto di prima. Il sovraffollamento porta la gente a popolare le strade. Altri abitanti di vecchia
generazione se ne vanno. Il quartiere, venendo popolato da immigrati, non riceve alcuna attenzione da parte delle autorità amministrative, e viene lasciato andare.
Laissez-faire. Si comincia a parlare di degrado. Molti proprietari vendono le case, e qui entrano in gioco gli speculatori. Sfruttando i comitati cittadini che chiedono
rimedi al degrado, riescono a “bonificare” il territorio, non senza essersi prima impadroniti delle case a prezzi bassissimi. Prezzi che ovviamente risaliranno alle
stelle quando la zona, bonificata (ciò che significa: flusso di finanziamenti pubblici), diventerà appetibile e in molti casi addirittura chic. Nel
frattempo, gli immigrati saranno esodati verso un nuovo ghetto nella cintura urbana. Dove la loro presenza,
in una zona già di per sé carente di servizi e abbandonata a se stessa, verrà percepita come
causa di ulteriori tensioni. Guerre tra poveri. In una infinita catena.
È un meccanismo consolidato, questo, che si ripete periodicamente in svariate realtà urbane
europee e non.
Dopodiché, ogni realtà ha le sue singolarità, le sue varianti peculiari. In ogni caso, è una storia
normale di razzismo e di cemento.
(tratto da Marco Rovelli, L’assedio, Milano 2012)
hanno dovuto abbandonare i loro avamposti più
In Mali è in atto una triplice crisi:
significativi: Gao, Timbuctù, Kidal (ora occupata da
1) a marzo un colpo di Stato militare ha deposto il presidente Amamilitari del Ciad). Il ministro della Difesa francese auspica
dou Toumani Toure accusandolo di trascurare la ribellione dei tuareg
che a marzo sia possibile ritirare le truppe di Parigi.
nel nord del paese. Da allora manca a Bamako un governo forte;
Il Mali non è particolarmente ricco di risorse energetiche:
2) i tuareg del Movimento nazionale liberazione dell’Azawad (Mnla)
le potenziali riserve di gas e petrolio non sono state ancora
hanno dichiarato l’indipendenza del Nord del paese, che chiamano
comprovate. L’uranio estratto non è moltissimo.
appunto Azawad;
Bamako è invece tra i maggiori produttori africani di oro.
3) gruppi di trafficanti e jihadisti vicini - come marchio, meno nelle
Più che altro, il paese è in una posizione cruciale per
caratteristiche e nell’operatività - ad al Qaida (Aqim, Mujao, Ansar
garantire l’esportazione dell’uranio estratto in Niger dalla
Dine) che si erano alleati tatticamente con l’Mnla l’hanno rapidamencompagnia francese Areva, che ha operato per decenni in
te estromesso dal potere, giungendo a controllare l’Azawad.
La Francia è intervenuta militarmente contro i jihadisti per timore che il Nord condizioni di monopolio.
del Mali diventasse un santuario di al Qaida in grado di destabilizzare la regione Oltre alle preoccupazioni legate al terrorismo e alla salvaguardia dei propri
interessi economici, la Francia è intervenuta in Mali sull’onda della sua storia
e di minacciare l’Europa.
imperiale. Parigi è sempre stata il gendarme dell’Africa e non poteva venir meno
compito.
Con l’intervento militare francese del gennaio 2013 (”Operazione Serval”) si è a quello che percepisce come un suo
È anche una questione di rango.
aperta una nuova fase della guerra in Mali.
Parigi è intervenuta quando i jihadisti stavano per conquistare la strategica città Non si parla più di “missione
civilizzatrice” e si dichiara chiusa
di Mopti, che avrebbe spianato loro il cammino verso Bamako.
Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha espresso all’unanimità il suo sostegno l’epoca della “Françafrique”, ma
all’operazione. Nei giorni successivi sono intervenute anche le truppe dei paesi certi cardini della politica estera
dell’Eliseo non sembrano venuti
dell’Ecowas.
In seguito all’offensiva francese i jihadisti meno neanche con Hollande.
Salzano Mar de Plata
Un progetto che, grazie alla presenza a Mar del Plata, di un gruppo di cittadini originari di Salzano, ha permesso di approfondire
il grande fenomeno dell’emigrazione: una pagina importante della nostra storia che in un secolo e mezzo ha coinvolto centinaia
di Salzanesi.
Avvicinarsi alle sorti di tanti concittadini emigrati all’estero,
induce inevitabilmente a una nuova comprensione nei confronti dei migranti di oggi che proprio nel nostro Paese, nelle nostre
comunità, cercano una sorte migliore per sé e per le proprie famiglie.
Questo percorso ha coinvolto in modo particolare il mondo della scuola, le giovani generazioni e tutta la cittadinanza.
Lo scorso dicembre la cooperativa Giuseppe Olivotti ha incontrato tutte le classi terze delle scuole medie di Salzano per portare
una testimonianza reale e concreta sul fenomeno dell’emigrazione e dell’immigrazione. Ad animare gli incontri sono stati invitati:
Virginia Leonor Beraldo - discendente di emigrati veneti in Argentina
Walter Mattiussi - emigrato di rientro dall’Argentina
Hind Tazi - immigrata in Veneto dal Marocco
Oumar Traore - immigrato in Veneto dalla Costa d’Avorio
Austin Orumwense – profugo in Veneto dalla Nigeria.
Gli incontri con gli studenti e i loro genitori sono stati coordinati da Monica Lazzaretto, Responsabile Centro Studi della Cooperativa “Giuseppe Olivotti”
Riportiamo alcune parti di lettera che i ragazzi delle Medie di Salzano hanno
scritto ai testimoni per ringraziare dell’incontro e portare il loro contributo:
Caro Austin,
ti voglio scrivere perché la tua storia è stata la più emozionante fra
tutte.
Sono un ragazzo della IIIG, ho 13 anni sono alto, sono chiacchierone
e amichevole. La tua storia mi ha colpito positivamente perché mi hai
dato la forza per andare avanti nei momenti difficili, come hai fatto tu
quando hai perso la tua famiglia.
Grazie alla tua storia ho cambiato il modo di vedere il fenomeno
dell’immigrazione perché ho scoperto perché venite da noi e le difficoltà
che incontrate nel cambiare paese e vita.
Ti ringrazio per questo e ti auguro un futuro migliore e più sereno.
Andrea Dalla Valle
Cara Hind,
io sono Gloria, una ragazza della IIIG, ti ringrazio molto per essere
venuta a raccontarci la tua storia che mi ha colpito molto.
Sei venuta in Italia per amore e non tutti questa scelta la sanno
intraprendere.
Tu ci hai raccontato che in Marocco non ci sono matrimoni combinati,
ma scegli tu il marito, e questo mi sembra giusto.
Hai anche detto che per sposarsi bisogna che il fidanzato abbia un
lavoro, e tuo marito è venuto in Italia per trovare lavoro.
Devi aver sofferto molto quando il tuo fidanzato se n’è andato e tu hai
dovuto aspettare un po’ di tempo prima di raggiungerlo.
Quando sei venuta in Italia ti sei portata via i vestiti dei tuoi parenti
per sentirli più vicini nei momenti di solitudine. Hai raccontato anche
che quando sei arrivata hai fatto dei dolcetti per i tuoi vicini e loro o
non ti hanno aperto o sono venuti solo al cancello, pieni di diffidenza
e pregiudizi.
Io non sarei riuscita ad affrontare tutti i problemi che hai incontrato.
Grazie alla tua storia e a quella dei tuoi compagni, ho capito quante
difficoltà incontri uno straniero quando arriva in un nuovo paese,
quanto tempo deve passare prima che venga accettato e riconosciuto,
anche da un punto di vista della cittadinanza.
Io ho 13 anni, e grazie a te sono riuscito a capire cose che persone
più grandi ed esperte di me non hanno ancora capito, forse perché
conoscono i problemi degli immigrati senza aver mai incontrato un
immigrato capace di raccontare, in maniera chiara e sincera, come
avete fatto voi, la sua storia.
Condividere le storie significa farle un po’ nostre, grazie di cuore.
Davide Moretto
Caro Omar,
giovedì 13 dicembre attraverso il progetto Mar del Plata, sei venuto
nella nostra scuola di Robegano insieme ai tuoi compagni per
raccontarci le vostre storie di immigrati in Italia.
Sei nato in Costa d’Avorio e a 16 anni sei venuto in Italia lasciando il
tuo paese natale dove la condizione era molto disperata.
Pensavi di trovare lavoro, una vita dignitosa, ma purtroppo solo una
piccola parte di voi vede realizzato il proprio obiettivo.
Adesso mi presento: il mio nome è Davide e sono uno degli alunni della
classe IIIG, sono un tipo normale, non sono un genio ma conosco il
valore delle cose come l’amicizia.
Qualcuno mi dice che sono un ragazzo troppo semplice, ma per me
questo è un complimento, perché la semplicità è un dono che racchiude
molte altre qualità che sono passate di moda.
Penso che anche tu, quando avevi la mia età eri come me e ti divertivi
a giocare con i tuoi amici nel tuo paese.
Hai raccontato che qui in Italia hai imparato a fare il saldatore e
quando sei andato dal padrone per chiedere lo stipendio, lui ti ha
puntato la pistola e ti ha detto di andartene.
Poi sei andato alla polizia ma loro non ti hanno creduto... o forse erano
d’accordo col padrone.
Questo episodio mi ha fatto molto riflettere, il mondo di oggi sembra
un po’ corrotto, regna l’egoismo, mentre l’altruismo trova spazio solo
nei cartoni animati.
A volte alcuni immigrati, non trovando lavoro, intraprendono attività
poco oneste, incrementando i pregiudizi che gli italiani hanno verso
di loro.
Ho provato per un momento a mettermi nei panni di questi giovani,
soli con se, senza casa, un lavoro e senza affetto...
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I FRati
La Cooperativa Olivotti è da sempre animata da un piccolo gruppo di frati francescani cappuccini.
Perché i frati cappuccini hanno voluto questa Comunità?
Fare compagnia a uomini e donne che vivono in particolari difficoltà diventa una memoria viva e reale di quanto il Padre abbia a cuore ogni sua creatura e come
provveda a tutti attraverso le mediazioni e le occasioni più varie. In questo senso anche una condivisione comunitaria, pur non centralizzando specifici temi
religiosi, può trasmettere valori che umanizzano e indirizzano a mete sempre più alte di superamento dei condizionamenti negativi.
In realtà questi frati cappuccini non hanno inventato nulla di nuovo e il loro impegno si richiama da sempre alla profonda sensibilità per le situazioni umane di
sofferenza e di marginalità che caratterizza la personalità di Francesco di Assisi. Ogni persona umana è per lui immagine di Gesù Cristo che per amore ha condiviso
lo stesso dolore dell’uomo affinché il male diventasse superabile e l’umanità
risplendesse della dignità che le spetta.
I frati in Cooperativa Olivotti (tre), trascorrono il loro tempo innanzi
tutto a supporto spirituale nei momenti di maggior fatica delle persone
e delle famiglie; sono accanto alle figure professionali impegnate in
Comunità; fanno opera di sensibilizzazione all’esterno della Comunità
circa le problematiche alcol droga correlate; condividono con i loro ospiti
la mensa, gli incontri, nonché parte del tempo libero.
Si può dire che l’obiettivo principale dei frati è quello di aiutare le persone
con problemi alcol droga correlate a realizzare una sorta di pacificazione
interiore, in quanto - come insegna lo stesso Francesco di Assisi - , la pace
del cuore è la condizione per ogni altro benessere fuori di noi, in tutte le
accezioni. Una proposta di pace con se stessi, con le proprie storie personali,
Progetto orto primizie
Nel 2010 la Comunità ha voluto ampliare le attività lavorative in Mira con un progetto di coltivazione orticola , finalizzato prioritariamente al soddisfacimento
dei propri bisogni alimentari e in via secondaria ai bisogni di famiglie indigenti e da ultimo alla vendita delle eventuali eccedenze ai soci , simpatizzanti e gruppi
solidali d’acquisto.
Il progetto di coltivazione orticola è stato pensato come un percorso per gli ospiti della Comunità , in cui nella prima fase di inserimento (accoglienza) si impara
a rispettare la terra e ciò che ci sta sopra e per questo si è attrezzato il piccolo orto sperimentale a Mira (l’orto didattico) . Nel successivo passaggio del percorso
terapeutico, a Pagnano, si lavora la terra per ottenerne cibo quotidiano (l’orto familiare) , e nell’ultima parte del percorso terapeutico, la così detta fase del rientro,
di nuovo a Mira nell’ orto grande sui terreni della Azienda vivaistica Bronte si lavora la terra per stare con gli altri, per fare bene quello che si fa ,per imparare a
reinserirsi nel lavoro e per ricavarne del reddito (l’orto produttivo).
Il progetto è già realizzato per larga parte e nell’anno in corso se ne prevede il completamento con un ampliamento il cui obiettivo è il recupero a fini coltivi e di
svago di una porzione di terreno della Comunità trascurata, in passato utilizzata a discarica calcinacci e non coltivabile nella attuale situazione per la cattiva qualità
del terreno.
Va innanzi tutto ricordato che tutte le coltivazioni previste nel progetto sono di tipo rigorosamente biologico, che le varietà di ortaggi sono adatte ai luoghi, che le
tecniche di coltivazione sono attente all’ambiente e contengono elementi di sperimentazione di nuove tecniche di fertilizzazione del suolo e di particolari varietà di
ortaggi per una cucina di qualità.
Il terreno su cui vogliamo operare quest’anno a differenza dei terreni su cui abbiamo sin qui operato non ha le
caratteristiche né la dotazione di elementi minerali e di sostanza organica atti a fornire la produzione di alta qualità
propria dei raccolti del progetto “orto Olivotti” e quindi andava trovato un approccio diverso da quelli convenzionali
per rendere utile la superficie in questione. Si tratta di oltre 1000m2 di terreno che qualche decennio addietro vennero
in parte utilizzati per depositare i calcinacci della ristrutturazione allora compiuta, utilizzati anni addietro come
campo di calcio poi abbandonato negli ultimi anni a deposito e discarica di materiali vegetali.
Il progetto di quest’anno prevede di utilizzare quest’area per disporre una serie di cassoni da 100X150cm costruiti
con materiali di riciclo atti a contenere primizie e verdure da taglio con tecnica a cassone freddo e a cassone caldo .
I cassoni andranno disposti secondo il disegno tipico degli orti medioevali (ortus conclusus) o meglio degli orti dei
cappuccini a pianta geometrica con al centro una fontana o un albero, nel nostro caso (vedi foto plastico) sarà un
albero di melograno a simbolo della comunità e dei suoi valori come nella tradizione iconografica cristiana.
Sul fianco destro dell’orto si provvederà all’impianto di un piccolo frutteto e su quello sinistro si attrezzerà un cumulo
da compost per la trasformazione in dei rifiuti di cucina dei falci degli orti e del giardino.
Tutto questo permetterà alla Comunità di disporre di insalate da taglio, rapanelli, bietole, piselli precoci nel periodo in cui l’orto grande non produce o produce
solo radicchio tardivo ed inoltre in prospettiva il piccolo frutteto garantirà la frutta di cui oggi non disponiamo se non acqustandola.
con la propria famiglia, con il più ampio scenario dell’esistenza.
IL CAMMINO DEL DESIDERIO (di Frate Alberto Demeneghi)
Agli inizi di febbraio sono tornato a operare tra i frati cappuccini nella Cooperativa Olivotti. Sono stato per quindici anni e mezzo occupato altrove, prima a Udine
per cinque anni e poi a Budapest per oltre dieci anni.
Volentieri mi metto a riflettere sul significato di questo ritorno in cooperativa, perché – questa è una mia convinzione - nulla accade a caso. Mi sono abituato
a pensare che tutto quello che mi capita è dentro un disegno buono che Dio ha sulla mia vita. Avere sempre più chiaro questa verità, mi aiuta a non scadere in
reazione istintive e superficiali, e mi sollecita ad aprirmi con stupore alla realtà e ricercare un significato sempre più profondo.
Il ritorno in Cooperativa ha significato riprendere in mano la mia storia, il mio passato. Giorno dopo giorno si dipana davanti agli occhi una moltitudine di fatti.
In particolare mi capita di contemplare la Divina Provvidenza che ha aperto strade su strade. Sono arrivati i soci che hanno fondato la cooperativa nel novembre
’80. E’ arrivata la Casa Olivotti dall’Opera Santa Maria della Carità. Sono arrivati altri frati: p.Olindo, f. Emmanuele, p.Gildo, p.Andrea, p.Eugenio (nomino solo i
primi). Sono arrivate persone da accogliere e da accompagnare. Sono arrivati i volontari. Abbiamo imparato ad organizzare la comunità terapeutica. Sono venuti i
cassintegrati dell’Alluminoitalia a costruire il capannone. Abbiamo incontrato Nani Erminio che ci ha donato la sua casa e il suo podere a Pagnano. Dopo diciassette
anni in Coop. Olivotti sono stato chiamato a emigrare verso oriente: prima a Udine e poi a Budapest.
Tutto questo è il tessuto di un “desiderio”, o meglio di una domanda, che mi sono ritrovato dentro e che ho lasciato operare dentro e fuori di me. Il luogo dove ho
sorpreso e ho preso coscienza di questo desiderio e domanda è stato il carcere. Lì nella frequentazione come assistente volontario è iniziata la comprensione del
mio desiderio e il tentativo della ricerca trovare una risposta. Ho cominciato a frequentare il carcere dal 1974, non da solo ma accompagnato da un grande maestro
che è stato per me il padre Domenico Acerbi, frate domenicano. Nella frequentazione con i detenuti,
il loro desiderio e la loro domanda di libertà ha messo in moto in me il desiderio che anche a loro
fosse possibile una risposta. La risposta che potevo offrire era quella risposta che era stata offerta
a me. A me era stata data una comunità dove il mio desiderio di vita ha potuto abitare, maturare e
crescere. Anche per loro poteva esistere o si poteva creare un luogo dove potesse abitare, maturare e
crescere il loro desiderio di una qualità migliore di vita.
E così si è partiti con entusiasmo con una grande freschezza di desiderio.
Questo è il passato. Questo mi è stato donato di vivere. Ora tornando dopo diversi anni, la mia
sorpresa è che questo desiderio ancora abita in coloro che abitano la casa Olivotti. E che c’è stata
una continuità che ha attraversato tutti questi anni, per cui molte persone hanno trovato risposta al
desiderio di una migliore qualità di vita. Per tutto questo il mio desiderio di vita può accendersi e
crescere nella condivisione con tutti quelli che qui arrivano.
Penso che questo sia il mio compito fondamentale qui in cooperativa. Pur sempre disposto a fare di
tutto, io voglio coltivare, prima per me stesso e poi anche per gli altri, i miei desideri che domandano
una qualità sempre più alta di vita.
Fra Gigi vi invita alla sua prima celebrazione
eucaristica nella comunità di Mira.
Siete tutti invitati domenica 26 maggio ore 11.00
Dario Zanuttigh
Entro l’estate, la sfida: da ortosconto a ORTONOVO
C’era una volta un bel pezzo di campagna, molti anni fa venne trasformato in un campo da calcio, dopo tante partite
fu abbandonato, e rischiò di diventare una discarica.
Un giorno ci venne un’idea: ricavare un orto da un terreno incolto e degradato. Ma come? Senza risorse? E poi perché?
Sembra una storiella invece è un progetto realizzabile. Noi all’Olivotti proviamo sempre a cambiare, ricostruire,
migliorare e qualche volta ci riusciamo.
Riciclando il legno dei pallets usati costruiremo delle aiuole a cassone.
Raccogliendo le ramaglie e le foglie provenienti dalla pulizia del giardino, con il compostaggio, ricaveremo terruccio
fertile.
Trasformeremo il campo in orto. Verrà realizzata una pergola, un luogo riparato dove ritrovarsi per qualche pranzo estivo o per incontri, gruppi, lezioni.
Gli ospiti della comunità potranno coltivare ortaggi seguendo il ciclo dalla semina alla raccolta. Un posto novo dove stare in comunità.
Roberto
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Lo sapevate che...
L’ELEZIONE DEL DOGE
Le più grandi civiltà non devono il proprio successo
alla ricchezza del loro territorio. Le civiltà più durature,
quelle che hanno avuto nella storia dell’umanità il
maggior peso, sono tali per la capacità di organizzare
la loro forma di stato.
Pensiamo agli egizi, ai mesopotamici, alle città
medioevali, ma soprattutto a Venezia.
Venezia non ha nessuna ricchezza naturale, non ha
miniere, non ha boschi, non è l’unica ad avere l’accesso
al mare.
Venezia dal ‘600 al 1700, per più di mille anni, è stata
una potenza mondiale.
Non è facile riassumere
l’ organizzazione politica
di Venezia, che ha avuto
notevoli e significativi
cambiamenti nel corso
di un millennio. Proprio
adeguando
le
regole
che
hanno
governato
la macchina politica, la
Repubblica è riuscita a
mantenere quel predominio
che
tutti
le
hanno
riconosciuto.
La fine della Repubblica non
è avvenuta per la vittoria di
un nemico, ma perché aveva
esaurito quella spinta vitale
che l’ha guidata per 1100 anni.
Nei primi periodi della Repubblica, dopo che,
nel 687, il popolo aveva proclamato Paolo Lucio
Anafesto primo doge, a vita, la Repubblica ha avuto
gravi difficoltà dovute al tentativo di qualche doge
di assumere un potere assoluto, o di instaurare una
dinastia.
Alla fine della Repubblica il doge aveva scarsissimo
potere: era una figura di grande prestigio, di notevole
peso a livello internazionale, ma con nessuna
possibilità di gestire la Repubblica che invece era
portata avanti dalle altre magistrature.
I principale elementi che hanno caratterizzato la
nomina del Doge sono, a mio parere, il peso della
sorte e l’impegno che il nuovo Doge era chiamato a
sottoscrivere.
d i Pa o l o L e n a r d a
Fin dal 1252 l’elezione del Doge cominciava con la
casuale ricerca del “ballottino”. Il consigliere più
giovane, dopo una preghiera rituale, uscendo dalla
Basilica indicava nel primo fanciullo che incontrava
il “ballottino”, quello che estraeva le “balle” che
designavano i primi elettori.
Il “ballottino” consegnava a ciascuno dei consiglieri,
che, in fila, gli passano davanti, una biglia cava.
Soltanto all’interno di trenta biglie c’era scritta la
parola “elector”: Chi riceveva la biglia vuota non
partecipava alla votazione.
E da questi trenta, così indicati dalla sorte, iniziava
l’elezione del capo della più
grande potenza commerciale
ed economica del mondo
allora conosciuto.
Dei trenta, a sorte ventuno
vengono “levati” e ne
rimangono nove.
Questi nove ne eleggono
quaranta
che
devono
ricevere sette voti ciascuno.
A sorte ne vengono “levati”
ventotto e ne restano dodici.
Questi dodici ne eleggono
venticinque: ciascuno deve
ricevere nove voti.
Di questi venticinque ne
vengono “levati”, a sorte,
sedici e ne restano nove.
Questi nove, con sette voti di preferenza, ne eleggono
quarantacinque.
A sorte ne vengono “levati” trentaquattro e ne restano
undici.
Questi undici, con nove preferenze, ne eleggono
quarantuno.
Questi quarantuno eleggono il doge che deve ricevere
venticinque preferenze.
Il doge prima di essere nominato doveva giurare di
rispettare la “promissione dogale” che conteneva le
regole alle quali il Doge e la sua famiglia dovevano
attenersi e veniva modificata e aggiornata nel
corso del tempo per impedire eventuali abusi che
il Doge potesse compiere: il mancato rispetto della
“promissione dogale” comportava anche la morte.
Lettera
dal
carcere
di Venezia Santa Maria Maggiore
Grazie perché ci siete
Ho letto all’interno di Olibox, il giornalino della vostra comunità, che c’è “Aria di rinnovamento”
da parte della Chiesa. Io aggiungerei che c’è voglia di rinnovamento da parte di chi ogni santo
giorno è in trincea per combattere e aiutare chi è entrato nel vortice della tossicodipendenza. Questa voglia, purtroppo, non è entrata nella mente e nel dover fare di chi è a capo delle Istituzioni di
competenza. È vero che in questi anni, grazie alla tenacia di molti illuminati che con tanta umiltà
si sono messi a disposizione, molte cose sono cambiate, ma non il concetto, da parte governativa,
che curare e prevenire è meglio che reprimere e isolare con il carcere.
Ora siamo in un periodo difficile per l’economia del nostro Paese e in nome di una forsennata
Spending Review si sono attuati tagli agli investimenti sanitari e di utilità sociale. Ciò ha creato
enormi difficoltà ai pochi centri e comunità per il recupero dei tossicodipendenti. L’Olivotti è una
di queste strutture in cui persone coraggiose si prodigano come angeli custodi per dare una possibilità concreta al prossimo e per ribadire la valenza indiscussa di questa alternativa al carcere, per
i molti giovani, troppi purtroppo, che hanno bisogno di uscire dall’aspirale vigliacca e distruttiva
della tossicodipendenza.
È sconfortante, per chi tutti i giorni lotta e fa i salti mortali per mantenere in vita comunità e strutture di accoglienza, in tutto il territorio italiano, che sono al limite della sopravvivenza per motivi
esclusivamente economici. Il non risolvere queste urgenze etiche e morali, lede negativamente
l’immagine di un Paese che vuole dimostrare la propria democrazia e rispetto per i diritti umani.
La legge del “taglione” non ha mai portato a nulla di positivo, anzi ha sempre peggiorato e ampliato il divario tra chi ha sbagliato e chi non l’ha fatto, ma che potrebbe un giorno farlo. Si deve dare
l’opportunità a chiunque di potersi riscattare e di poter diventare una persona nuova e migliore.
Ci sono strutture, come l’Olivotti, che si caratterizzano non solo per la cura delle patologie, ma
anche per un completo recupero dell’individuo, fisicamente e psicologicamente. Sarebbe un danno sociale enorme, se le preoccupazioni economiche e quelle politiche di bilancio attenuassero le
garanzie sociali e non aumentassero il numero dei centri di recupero e rieducazione. È una scelta
di civiltà e di garanzie rivolte a tutti.
Alcuni detenuti:
Luciano Paramatti
Andrea Donaglio
Paolo Cadamuro
Sandro Righetto
Marcello Carpigiani
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di volontariato
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Tutti i giorni dal Lunedì al Venerdì dalle 8.00 alle 12.00 e dalle 14.00 alle 18.00
Tel.: 041-5609637 e per urgenze al Cell. 340 - 5178479
Grazie per la ceramica
che ci avete donato!!!
Questa rivista è redatta interamente dai ragazzi, dagli operatori e
dai volontari della Cooperativa GIUSEPPE OLIVOTTI s.c.s. ONLUS
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