il disegnatore dei sogni

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il disegnatore dei sogni
il disegnatore
dei sogni
Cosa unisce «Via col vento», Marilyn e Tom & Jerry? La mano
di Nano Campeggi. Il cartellonista di Hollywood. L’uomo che
ha dato un profilo ai carabinieri e un autoritratto agli Uffizi
di gianluca tenti - foto di lorenzo cotrozzi
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sopra, silvano campeggi nella sua casa laboratorio custodisce i bozzetti delle più importanti produzioni cinematografiche, a iniziare dal
capolavoro «casablanca» (premio oscar, 1944). nella pagina a fianco «nano» tra la sua marilyn e una moderna interpretazione della gioconda.
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allievo di rosai, ha fatto le vignette con fellini
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lena scruta con severa dolcezza il suo Nano. La collina di Bagno a Ripoli che occhieggia la Cupola del Brunelleschi è come una scenografia a cui il pittore dei sogni attinge per ricordare e ricordarsi che l’arte alberga a Firenze e si espande fin nella cintura metropolitana. Elena è la signora Campeggi. La curatrice del suo archivio, l’angelo del focolare domestico, la musa, la genitrice. Per
capire Silvano Campeggi, artista, forse bisogna proprio partire da lei e dal frutto del loro amore: un figlio di nome Giovanni Battista. Un atto di presunzione? Tutt’altro. Un tributo alla fede e al patrono di Firenze. «Nano», così si firma
e così lo chiamano praticamente da sempre, ha appena festeggiato i suoi primi
90 anni. Una folta chioma bianca che ha fatto di lui un piccolo David in giovinezza, mentre ora ricorda forse più un Lorenzo il
Magnifico. Modi semplici, ispira confidenza mentre apre le porte della sua abitazione-studio sita in
via Rosai. Ed è già curioso questo, considerato che
il grande Ottone fu un suo maestro.
Grafico e pittore, è la mano che ha disegnato i
nostri sogni. Avete presente Via col vento, Un americano a Parigi, Cantando sotto la pioggia, West side
story, A qualcuno piace caldo, Colazione da Tiffany, il
Gigante, Vincitori e vinti, Il ponte di Waterloo e Ben
Hur? Ricordate i cartelloni che troneggiavano fuori
dai cinema? Ecco. È tutta colpa sua. Nano. La firma delle copertine di libri che hanno segnato l’adolescenza dei non più giovanissimi, come Orzowei
del maestro Alberto Manzi. E molto di più. «Mio
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padre era tipografo, lavorava per Bemporad Marzocco. Arrivo da lì. Ho fatto la
guerra, l’ho anche persa (sorride, ndr). Ero con i mezzi d’assalto della Marina.
Per la verità mi avevano messo all’Aviazione. Ma siccome facevo parte della Rari
Nantes Florentia, mi spedirono quasi subito tra gli incursori. Paura? Quando hai
vent’anni non ci pensi. Anche se all’epoca non bastava morire, bisognava morire
con onore. E noi ad Anzio mettevamo le bombe adesive attaccate alle navi del
nemico, ma poi li avvisavamo...». È la Storia che prende il sopravvento in questo
incontro che schiude la primavera. Silvano Campeggi aveva già frequentato la
Scuola d’arte, aveva già disegnato per i libri e le riviste delle case editrici fiorentine Salani e Nerbini. E da Nerbini, nel 1938, aveva conosciuto persino Federico Fellini: «Faceva le vignette con me, per 420 (un foglio di satira, ndr) ma le firmava Fellas». Poi la guerra, con la sua scia di tragedie. Un incarico dalla Croce Rossa americana, nei
mesi che seguirono, come ritrattista dei soldati statunitensi. «Avevo 22 anni quando arrivai a Roma.
Adesso ero un disegnatore, esperto di stampa. Mi
presentai dal cartellonista Martinati, il re del muto.
Aveva la mamma fiorentina... Non riuscì ad aiutarmi subito, ma mi presentò a una piccola casa cinematografica che nel 1946 produsse Aquila nera, con
Gino Cervi. Videro il mio lavoro. Mi chiamarono
per un altro incarico... Non ho più smesso». Detta
così potrebbe sembrare la classica storia di successo
di un italiano. Ma la vita non è sempre così lineare,
anzi. «Avevo lavorato con gli incisori, ero diventato
il disegnatore dell’Unione fotoincisori.
dai cassetti dei bozzetti emergono le immagini dei nostri sogni, a iniziare da marilyn (qui sopra) che «nano» ha conosciuto a hollywood nel 1954. in
alto, i cavalli di «ben hur» nell’originale cartone tenuto fermo da un sasso. nella pagina a lato, la scrivania dell’artista a bagno a ripoli (firenze).
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64 disegni da oscar, con l’autoritratto agli uffizi
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acevo i cliché alla Zincografica fiorentina che, poi, stamperà tutti i miei manifesti». Quanti? «Tremila. Tutti realizzati con la stessa
e unica tecnica. Un foglio bianco. Tempera o acrilico per realizzare
il bozzetto. Una volta scelto, si passa al manifesto. In ogni manifesto bisogna stare attenti a lasciare lo spazio per i titoli». E qui viene
il bello. Perché «all’epoca, e lo dico per i giovani di oggi, la prima qualità nel lavoro era saper fare il tappabuchi. Disegnavi, seguivi la lavorazione, mettevi l’olio
alle macchine e se serviva pulivi anche per terra. Fu proprio uno dei proprietari della Zincografica a chiedermi di lavorare con loro, dopo un precedente non
piacevole, perché dovevano presentarsi alle case di produzione cinematografica». Tre giorni dopo era “il” cartellonista. «Lavoravamo con gli americani, perché gli italiani non pagavano. Non tanto me. io
i soldi li prendevo dopo il bozzetto. Non pagavano lo stampatore». Mentre parla mi fa vedere i cavalli, i suoi favoriti. «Per Ben Hur la stampa internazionale ha scritto che ho realizzato il
più bel manifesto del cinema», chiosa. Una bella soddisfazione. «Sì. Ma 64 dei film da me disegnati hanno vinto l’Oscar...». Nano Campeggi scruta i ritratti che ha realizzato ispirandosi
alle fotografie di scena (dal 1945 al 1972 è stato lui a creare l’immagine italiana delle produzioni firmate Metro Goldwin Mayer, Universal, Paramount e RKO): Gary Cooper, Marlon
Brando, Rita Haywort, Liz Taylor, Ava Gardner,
Vivien Leight. Si sofferma su Marilyn. «Realiz-
zai il manifesto per Il Principe e la ballerina. Ma la prima volta che andai a Hollywood, negli studi della Warner Brothers era il 1954. C’era la Monroe, che era
venuta apposta. Chissà cosa si credeva. Un pittore, fiorentino... Non sono mica
Michelangelo... Mi venne presentata e disse: “Non mi devo spogliare?”. Rimasi di sasso, riuscii solo a rispondere: ma come, se sono arrivato apposta dall’Italia... Mi dette un bacio e andammo a mangiarci un cestino, come si usava allora».
Non smetteresti mai di sentirlo raccontare. La mano che ha dato un profilo
a Salvo d’Aquisto, l’eroe carabiniere, poi riprodotto nel francobollo commemorativo del 1975. L’artista che ha firmato il calendario dei Carabinieri del 1976 e
che anche nell’edizione 2013 è presente con un suo vecchio disegno. Capace di
oscillare tra le stelle del firmamento americano e la rivista al Sistina. Di far sorridere con Tom & Jerry («per disegnarli, pagavano la
stessa cifra di Ben Hur»), la prima Pantera rosa («mi
tennero un mese a Londra, dormivo al Mayfair e mangiavo all’Elefante bianco» rivela), Tarzan. C’è Napoleone all’Elba. Un microcosmo. Le sue opere sono state esposte ovunque nel mondo. La sua mano ha disegnato il drappellone del Palio di Siena nel 2001, le tavole della Giostra del Saracino ad Arezzo nel 2003 e la
battaglia dei Guelfi fiorentini contro i Ghibellini aretini a Campaldino che nei prossimi mesi verrà installata come segnale turistico. Firenze lo ha ripagato con
il Fiorino d’oro nel 2000 e con il Marzocco poche settimane fa. E lui, per ringraziare, ha donato alla Galleria degli Uffizi il suo autoritratto che sarà esposto nel
Corridoio vasariano. Artista tra gli artisti.
sopra, l’autoritratto di «nano campeggi» donato alla galleria degli uffizi. in alto da sinistra, «nano» mentre lavora e un disegno che unisce la sua
casa alla cupola del brunelleschi. nella pagina a fianco, un inconfondibile clark gable. campeggi ha disegnato 3mila cartelloni cinematografici.
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