L`investimento nelle reti NGA a larga banda: la

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L`investimento nelle reti NGA a larga banda: la
Polytechnic University of Marche
From the SelectedWorks of Nicola Matteucci
2014
L’investimento nelle reti NGA a larga banda: la
'questione settentrionale'
Nicola Matteucci
Available at: http://works.bepress.com/nicola_matteucci/34/
L’INVESTIMENTO NELLE RETI NGA A LARGA BANDA:
LA ‘QUESTIONE SETTENTRIONALE’ #
THE INVESTIMENT IN NGA BROADBAND NETWORKS:
THE ‘NORTHERN QUESTION’
Nicola Matteucci,
DiSES, Facoltà di Economia, Università Politecnica delle Marche
Abstract
Current developments of DAE (Digital Agenda for Europe) emphasize investments in NGA
broadband networks as a main step to promote public and private eServices and transform Public
Administrations. We focus on Northern Italy, where fast diffusion of NGAN is currently perceived
as a fundamental ingredient for increasing competitiveness and curb the economy’s decline. In
particular, this work investigates the widespread market failures characterizing Italian NGAN rollout, the possible solutions and the technical and financial feasibility of the proposed plans – both
private and public. Together, it connects the issue of NGAN financing with the current debate on
the efficient and effective usage of EU structural funds in Italy. The most likely predicted scenario is
that many semi-urban and rural areas of Northern Italy currently affected by the broadband digital
divide will be lacking fast and ultrafast digital connections for a long period: unfortunately, a large
part of these areas hosts crucial and export-intensive aggregations of SME and industrial districts.
As a results, most of the targets of DAE will be unachievable for Italy. The need of a more
courageous and timely public investment agenda emerges.
Keywords: next generation access networks (NGAN), digital divide, Digital Agenda for Europe (DAE), EU
structural funds, Northern Italy.
JEL codes: H54, L44, L52, L96, O33, R53.
Published in: Economia e Politica Industriale - Journal of Industrial and Business Economics,
2014, vol. 41 (4): 9-25
1. Introduzione
La crisi strutturale – o, per chi scrive, il vero e proprio declino - che pervade l’economia italiana sta
ponendo al centro della riflessione di policy una serie di priorità “di sistema” a lungo disattese che,
pur variando a seconda del punto di vista dell’osservatore, sono accumunate dalla ricerca del
recupero di margini di produttività e competitività per i vari comparti e settori produttivi.
In questo contesto, una delle priorità di intervento pubblico è senz’altro rappresentata dallo
sviluppo della Società dell’Informazione. Esso è un tema di lungo periodo della policy dell’Unione
Europea, ed è ora sistematizzato nell’ambito dell’Agenda digitale europea (EC, 2010; d’ora in poi,
ADE) - una delle sette iniziative faro che costituiscono la strategia di crescita “Europa 2020”. Nello
specifico, l’ADE mira ad ottenere una serie di obiettivi (per la precisione, 13)1 di cui alcuni di tipo
#
Il lavoro ha beneficiato di dati e utili discussioni con funzionari di Infratel Spa e del Ministero dello Sviluppo
Economico, che ringraziamo, facendo i consueti caveat. Similmente, il lavoro si è avvalso degli utili suggerimenti dati
da un referee.
1
Per un’illustrazione dei caratteri generali dell’Agenda europea, con i più recenti aggiornamenti, si rimanda a:
http://ec.europa.eu/digital-agenda/about-our-goals.
1
infrastrutturale e supply-side: essi riguardano la copertura delle reti a banda larga (d’ora in poi, BL),
la disponibilità digitale di un insieme essenziale di servizi pubblici transfrontalieri (ad es. eGovernment), e la promozione della R&S pubblica in information and communication technologies
(ICT).
Con riguardo alla copertura delle reti a BL, l’ADE ne prevede l’estensione universalistica in
due tappe. Per la fine del 2013, essa fissava il raggiungimento del primo traguardo, quello della
copertura del 100% della popolazione europea per il servizio di connettività di BL “di base”. Per il
2020, l’ADE prevede il secondo traguardo, che si sostanzia nella copertura universalistica di nuove,
più capaci e veloci tipologie di connessione digitale, dette reti per l’accesso di nuova generazione
(Next Generation Access Networks, NGAN) o reti a banda ultra larga. Esse sono caratterizzate da
un più esteso ricorso alla fibra ottica come linea di accesso digitale nel cosiddetto “ultimo miglio”, e
prevedono ingenti investimenti in una serie pervasiva di opere civili, cavi in fibra ottica e apparati
elettronici serventi per sostituire, o almeno ridurre di lunghezza, il tradizionale cavo in rame
(“doppino”) a bassa capacità usato dal servizio telefonico di base.
Purtroppo, il primo dei traguardi infrastrutturali sulla BL fissati dall’ADE è stato già
mancato. Occorrerebbe quindi analizzare i caratteri del ritardo dell’Italia, e porvi rimedio, prima che
sia di nuovo troppo tardi visto che, per la logica sistemica dell’ADE, ogni ritardo infrastrutturale ne
innesca a catena altri: infatti la BL (sia quella “di base” che quella “ultra”) è una condizione
necessaria capacitante per altri traguardi di tipo “comportamentale” (sottoscrizione e uso dei
servizi). In tal senso, occuparsi dell’evoluzione del divario digitale infrastrutturale2 italiano (d’ora in
poi, semplicemente, divario digitale) rappresenta un’evidentissima priorità per l’agenda di ricerca e
di policy, tanto più urgente quanto più grave si mantiene il suo ritardo rispetto alla situazione
europea.
Inoltre, questo tema possiede forti connotazioni territoriali, che come tali richiedono una
disaggregazione spinta delle dinamiche di offerta. Tale dimensione territoriale, se da un lato è una
delle riscoperte più recenti ed essenziali dell’agenda di ricerca dell’economista applicato (Cappellin
et al., 2014), dall’altro è ancor più richiesta dal tema del divario digitale, che possiede forti tipicità
geografiche: esempi emblematici sono la demografia e la natura oro-geografica di un particolare
territorio. D’altro canto, anche la recente letteratura sulla regolamentazione settoriale sta assumendo
il dato territoriale come criterio specifico di intervento, visto che con le NGAN le differenze
geografiche in termini di reti esistenti possono giustificare decisioni sull’accesso regolamentato
territorialmente differenziate (per un modello in tal senso, cfr. Bourreau, Cambini e Doğan, 2014).
Questo lavoro assume una tale ottica disaggregata di indagine, e si focalizza sul Nord del
paese per studiarne il divario digitale in termini di penetrazione delle reti NGAN, i piani di
intervento e le relative strategie di finanziamento, anche avendo in mente i traguardi dell’ADE. La
scelta di focalizzarsi sull’Italia del Nord è dettata da varie motivazioni. Innanzitutto, essa è l’area
trainante dell’economia del paese, non solo per l’export manifatturiero, ma anche per il terziario
avanzato, oltre a possedere una forte vocazione turistica con “stagione lunga”3: un esempio
emblematico sia per potenzialità che criticità è il Nord-Est (si pensi al Veneto), notoriamente
caratterizzato da un modello produttivo disperso sul territorio e basato su reti di PMI e di distretti
industriali. Per questi caratteri, e alla luce della corrente transizione ad architetture di rete a
memoria centralizzata, come nel caso del cloud computing e del consolidamento dei datacentre
pubblici, il Nord abbisogna di un investimento in reti di ultra BL pervasivo ed esteso a molte aree
semi-urbane e rurali4, dove si concentrano primarie attività produttive. Del resto, sempre più in
2
Definito come l’assenza di copertura del servizio di BL, nelle sue varie specificazioni, in un determinato territorio.
Caratterizzata da flussi turistici presenti lungo un ampio arco annuale (estivi ed invernali). Essa legittima investimenti
infrastrutturali più ambiziosi di quelli sostenibili in aree a stagione “corta”. Esempi emblematici della prima sono i
grandi laghi del Nord (Como, Garda, Maggiore, etc.), gioielli come la laguna di Venezia o l’arco alpino settentrionale.
4
Seguendo la letteratura prevalente e la normativa comunitaria, in questo lavoro definiamo il carattere di ruralità con la
bassa densità di popolazione, piuttosto che con il peso del settore primario - come nell’accezione classica ormai
minoritaria.
3
2
letteratura (ad es., Vicente e Gil-de-Bernabé, 2010) si parla di un quality divide, che si affianca a
quello tradizionale che guarda solo alla presenza del servizio di BL di base. Conseguentemente,
sono palesi le ripercussioni negative che il divario digitale da NGAN possiederebbe in tali aree del
paese. Infine, da recenti studi (ad es., Matteucci, 2014) emerge come il Nord-Est sia già l’area più
arretrata d’Italia (in particolare il Friuli Venezia Giulia, seguito a ruota dal Veneto) con riguardo ad
un particolare tipo di divario digitale, quello “di base” - sia cablato che complessivo5; e la
situazione del Nord-Ovest è in parte simile.
Di conseguenza, a fronte dei cospicui investimenti infrastrutturali richiesti dall’ADE entro il
2020, è doveroso interrogarsi sull’adeguatezza dei mezzi rispetto ai fini, e sulla bontà delle strategie
pubbliche fin qui elaborate. Evidenti sono quindi le implicazioni di politica industriale (latu sensu)
e territoriale della presente analisi, come pure le sue intersezioni con l’attuale pianificazione dei
fondi strutturali europei, che insisteranno sullo stesso periodo (2014-20).
Il paragrafo 2, dopo una breve introduzione tecnico-metodologica, presenta un quadro
ragionato sullo stato di copertura delle reti NGA e del divario digitale nel Nord Italia,
evidenziandone le principali problematicità infrastrutturali. Su queste basi, il paragrafo 3 ripercorre
le tappe della policy italiana sulle NGAN, per poi focalizzarsi sulla fattibilità finanziaria degli
obiettivi di copertura al 2020, e sul finora tanto decantato ruolo dei fondi strutturali europei.
Seguono le conclusioni, che evidenziano le sfide poste dagli interventi di politica industriale
nell’alternativa stato-mercato, i nodi irrisolti e le più vistose implicazioni di policy.
2. Presente e futuro (prossimo) delle reti NGA: il caso dell’Italia del Nord
2.1. Tecno-economia delle reti NGA
L’evidenza accumulata sui benefici connessi alla diffusione ed uso intensivo della BL e delle varie
ICT per la competitività dell’economia e l’inclusione socio-istituzionale è solida ed ormai
indiscussa6. Molteplici sono i vantaggi, dal macro al micro: dall’elevato effetto moltiplicatore degli
investimenti sulla domanda7, passando per gli spillover intersettoriali di produttività connessi
all’impiego di tecnologie “general purpose”, fino all’introduzione di nuovi prodotti e processi
produttivi. In particolare, come recentemente verificato da Seri, Bianchi e Matteucci (2014) su un
panel di paesi europei, la dotazione di BL è significativamente correlata con i progressi nazionali
nella diffusione e nell’uso di eService pubblici, sia per i cittadini che le imprese. Questi vantaggi si
moltiplicano con le NGAN, perché solo la più alta performance di queste reti può supportare la
diffusione dei servizi digitali più avanzati, specie tra le imprese e la Pubblica Amministrazione
(d’ora in poi, PA). Questi ultimi soggetti, infatti, sono utenti di BL più evoluti ed esigenti, in quanto
abbisognano tipicamente di un accesso multi-utente ed in mobilità, ed usano tipologie di ICT (come
il cloud computing) che presuppongono la stretta continuità di performance della connessione
telematica - pena il mancato funzionamento. Similmente, le NGAN sono essenziali per le crescenti
esigenze di digitalizzazione della PA e di razionalizzazione territoriale dei datacentre degli Enti
pubblici - specie locali.
Tra le varie tecnologie di NGAN, in Italia un ruolo pressoché dominante è assunto dal
VDSL (attualmente VDSL2), che è stata introdotta commercialmente solo alla fine del decennio
scorso, in ritardo rispetto ai principali paesi UE. Ad oggi, la rete a tecnologia VDSL (nota anche
5
Ossia quello di rete cablata al netto della copertura di rete non cablata, o wireless
Per un recente rapporto di sintesi si veda Analysys Mason e Tech4i2 Ltd (2013); per test empirici focalizzati, si
rimanda a Czernich et al. (2011) e Koutroumpis (2009).
7
AGCOM (2010), ad esempio, stima per l’Italia un moltiplicatore di domanda pari a circa 1,3, misurato a 10 anni
tenendo conto dell’effetto tassazione; esso non varia sostanzialmente rispetto al tipo di NGAN realizzata. Da altre fonti
e per altri paesi sono stati calcolati effetti finanche maggiori.
6
3
come architettura FTTC, ossia “fibra stesa fino all’armadio di strada” – in inglese cabinet)
rappresenta la principale opzione considerata dagli operatori per sviluppare le reti NGA cablate nel
paese. Ciò accade perché il FTTC, riutilizzando buona parte della rete in rame esistente nell’ultimo
miglio, è una architettura di rete economicamente meno costosa da sviluppare rispetto all’accesso
integrale in fibra ottica (FTTH, “fibra fino a casa”, ossia la soluzione tecnica di first best), e offre
comunque un certo margine di “scalabilità” (miglioramento incrementale prospettico). Inoltre,
secondo gli operatori, la lunghezza media dei doppini italiani (pari a circa 300 metri, con una
mediana di circa 200, cfr. Caio, Marcus e Pogorel, 2014) favorirebbe l‘impiego di questo tipo di
architettura ibrida, in quanto tale lunghezza cade proprio all’interno del suo range funzionale
migliore.
All’aumentare della distanza dell’utente dall’armadio di strada, però, la performance teorica
del VDSL2 si degrada vistosamente ed in modo più che proporzionale (logistico rovesciato),
avvicinandosi a quella dell’ADSL2+ (la versione premium della BL di base) già con distanze pari o
superiori a 1,6 Km. Quindi, per la sua sostituzione con fibra, il doppino in rame pone costi crescenti
rispetto alla sua lunghezza e ciò, assieme alla bassa densità di popolazione e alla eventuale
marginalità economica dell’area interessata, ne causa il fallimento del mercato, ossia la mancata
copertura attuale del servizio di BL (o ultra BL) e l’indisponibilità prospettica di esso nel prossimo
futuro. Questa è infatti la base per la definizione di un’“area bianca”, ossia una porzione di territorio
(infracomunale, comunale, intercomunale, etc.) per cui le regole vigenti sugli aiuti di stato
legittimano l’impiego di denaro pubblico, sia per infrastrutturare la rete di backhauling8 che quella
di accesso, sia primario che secondario9. Le aree rurali e quelle semi-urbane che, lungo un
continuum, hanno densità di popolazione più basse di quelle urbane, tendono ad avere centrali di
attestazione del servizio di BL non connesse da fibra ottica, o doppini troppo lunghi, oppure linee
tecnicamente problematiche (per difetto di manutenzione, incidenti, etc.). Queste aree sono
tipicamente “bianche” o al più “grigie”10.
Avendo Telecom Italia e gli OLO rinunciato ai piani iniziali per il FTTH11, e mancando da
sempre la rete di TV via cavo, in Italia attualmente non ci sono alternative tecniche al VDSL2
comparabili per prestazioni. Infatti, la principale alternativa alla BL cablata di base (ADSL) è la rete
mobile, nelle sue generazioni (3G, 3G+ e 4G, poggianti rispettivamente sugli standard di
trasmissione UMTS, HSPA, LTE). Tuttavia, nemmeno con la 4G - la sola che al momento ha
performance nominali (massime) tecnicamente assimilabili alla ultra BL – si arriva al requisito
minimo dei 30 Mbs, nelle condizioni di uso prevalente12. Non è un caso che le principali statistiche
sulle NGAN escludano il 4G/LTE, o comunque lo conteggino a parte; o che lo stesso rapporto di
Caio, Marcus e Pogorel (2014) lo reputi efficace solo per le aree rurali, da qui al 2020, mostrando
sul punto una visione molto ottimistica. Questo stesso punto, lungi dall’essere marginale, è invece
nevralgico per le strategie e le prospettive delle reti a ultra BL in molte aree produttive del Nord del
paese, localizzate in aree rurali, che nell’ipotesi peggiore potrebbero essere destinate ad
accontentarsi, come oggi già fanno con la BL di base, di una NGAN mobile la quale, di fatto, non
può garantire alcuna performance minima.
8
La rete di backhauling, nel caso della rete fissa, collega le centrali urbane con la rete dorsale di lunga distanza.
Per altri dettagli circa la definizione di area bianca, diversa a seconda che si tratti di un servizio di BL normale o di
ultra BL (NGA), si rimanda alla più recente versione delle linee guida della Commissione UE (cfr. EC, 2013).
10
Nelle grigie esiste un solo operatore, ma l’aiuto di stato è comunque possibile, anche se più complesso da autorizzare,
se si rinvengono forti problematicità di servizio.
11
Di fatto ormai in Italia si ha una sorta di equilibrio strategico di “bassa qualità” nelle NGAN (ossia, tendente alla
minimizzazione degli oneri di infrastrutturazione). La copertura in FTTH, fatta nel passato da Fastweb e Telecom Italia,
si è fermata da tempo a soli 2,6 milioni di unità residenziali, in 7 grandi città italiane.
12
Questo accade per la distanza terminale utente-antenna variabile quando la connessione è usata in mobilità, ed è ad
accesso condiviso tra gli utenti istantaneamente serviti dalla medesima antenna cellulare, che se ne suddividono la
capacità totale. Il nostro scetticismo circa le potenzialità attuali della BL mobile, peraltro, riflette quello di altri
autorevoli osservatori (ad es. Noam, 2011).
9
4
I principale indicatori sul divario digitale che esamineremo sono quelli basati sul concetto di
copertura del servizio di BL: come noto, esso misura la sola presenza tecnica dello stesso presso
l’utente residenziale o business, e non da indicazioni ulteriori rispetto alla sua effettiva qualità
tecnica (conoscibile solo in fase di connessione effettiva dell’utente potenziale), né rispetto alle sue
condizioni economiche, che variano tra operatori, aree geografiche e offerte commerciali.
Analizzando l’evoluzione recente della copertura delle reti NGA in Italia in prospettiva
comparata (cfr. grafico 1), emerge il forte gap già accumulato dal nostro paese (solo 20,8% delle
famiglie coperte nel 2013), sia rispetto alla media UE (pari a 61,8%, in un rapporto 1 a 3), sia,
ovviamente, rispetto agli altri componenti del gruppo dei “big 5” (includente, oltre l’Italia,
Germania, Regno Unito, Francia e Spagna; questi ultimi, hanno tutti livelli di ultra BL da doppi a
quadrupli di quello italiano).
Grafico 1. Copertura delle reti NGA cablate nella UE (media e big-5) – 2011-13
Legenda: valori % di fine anno sul totale delle famiglie residenti nelle aree coperte. Le tecnologie ricomprese nell’aggregato NGA
sono: VDSL, Cable Docsis 3.0 e FTTP (FTTH o FTTB), e altre residuali assimilate. Vengono quindi espressamente escluse le reti
mobili LTE.
Fonte: dataset Digital Agenda Scoreboard, anno 2014.
Questa stessa fonte (Digital Agenda Scoreboard), purtroppo, non fornisce dati territorialmente
disaggregati (ad esempio, a livello di NUTS 2); per essi, occorre utilizzare fonti nazionali, che
forniscono maggiori informazioni anche sulla performance effettiva. La tabella 1 presenta, fatta 100
la popolazione di ciascuna area geografica, le quote percentuali della copertura delle reti cablate di
ultra BL e BL, nonché, per il residuo non ancora coperto da alcuna rete cablata, la quota di divario
digitale. Questa tabella, differentemente da quelle usate nei confronti armonizzati internazionali, è
più ricca e verosimile, in quanto consente di distinguere tra performance nominale (velocità
contrattuale) e performance controllante per la lunghezza del doppino (più realistica). In tal senso,
almeno per la BL “normale” (quella fino a 20Mbs), il dato MISE abbatte la copertura delle stime
UE anche se, come evidenziato da Matteucci (2013), anche esso rimane una stima ex-ante soggetta
a errori, che comportano una tendenziale sottostima del divario digitale effettivo.
Dalla tabella 1 emergono varie risultanze di estremo interesse per il Settentrione - soprattutto
per l’area del Nord-Est. Una prima risultanza riveste carattere generale, ed è che la quota nazionale
di copertura di ultra BL con dati MISE risulta molto inferiore a quella teorica - più che doppia
(20,8%) – contemporaneamente rilevata dal Digital Agenda Scoreboard europeo. Oltre alla diversa
fonte statistica, è probabile che vi sia una diversa considerazione del problema delle linee lunghe e
tecnicamente problematiche. Che quello delle linee lunghe sia poi un problema particolarmente
accentuato nel Nord-Est è suggerito da vari segnali. Ad esempio, il Nord-Est ed il Centro sono le
uniche due aree con degrado dell’offerta ADSL premium (quella a 20 Mbs) nettamente superiore al
5
dato medio nazionale (cfr. colonna “2~20M”: 17,8 per Nord-Est, e 17,5 per Centro, a fronte di un
dato Italia del 14,8). Ovviamente, la problematica delle linee lunghe in parte si manterrà anche nel
passaggio alle NGA, rendendo più lungo, complesso e costoso il ricablaggio in fibra della linea in
rame attualmente impedente per l’ADSL. Va infine sottolineata la perdurante ampiezza del divario
digitale di rete cablata del Nord-Est, maggiore di tutte le aree geografiche, pari a più di un decimo
(10,9%) della sua popolazione residente (equivalente a circa 1,2 milioni di persone). Anche qui, è
da attendersi che molte delle aree nordestine attualmente prive di BL cablata incontreranno
problemi simili - se non peggiori - in fase di passaggio alle reti NGA, vista la somiglianza dei
trade-off tecno-economici tra le architetture di BL di tipo cablato (xDSL e superiori).
Tabella 1. Copertura di BL cablata secondo tipologia, entità del divario digitale ed area geografica
(popolazione residente, % e valori assoluti) – Dicembre 2013.
Area
30~100M
Nord-Ovest
Nord-Est
Centro
Sud
Isole
Italia
Divario digitale
di rete cablata #
BANDA LARGA
NGAN
20M
2~20M
7M
2~7M
Popol. residente
(milioni)
15,2
7,8
10,6
4,8
7,9
54,6
52,4
56,8
58,1
58,4
14,0
17,8
17,5
13,0
10,3
9,5
10,3
7,6
14,3
17,5
0,6
1,0
0,7
1,0
0,7
6,1
10,9
6,8
8,7
5,2
15,979
11,563
11,713
13,973
6,636
9,6
55,9
14,8
11,3
0,8
7,7
59,866
Legenda: NGA: limitatamente a connessioni fisse di tipo(20,6
FTTH
“30~100M”: accesso nominale uguale o superiore a
) o FTTC/VDSL.
(12,8 )
(0,9%
30Mbps; “20M” e “7M”: accesso rispettivamente a 20 e 7 Mbs. “2~20M” e “2~7M”: accesso nominale rispettivamente a 20 e 7Mbs,
con degrado per linea lunga fino a velocità non inferiori a 2Mbs. #: assenza di servizio minimo di BL a 2 Mbs per vari problemi
tecnici: linee lunghe, apparati limitanti, assenza di DSLAM, presenza di mini-DSLAM.
Fonte: Dati MISE e Infratel
2.2. Le facce del divario digitale del Nord
Il principale limite dei dati rappresentati in tabella 1 è il loro esclusivo riferimento al parametro
della popolazione residente: esso, come vedremo infra, non coglie bene il divario digitale che
affligge molte aree produttive del paese, localizzate in aree semi-urbane e rurali. Una mappatura
territoriale più precisa della copertura è consentita dai dati dalla consultazione periodica del MISE
(d’ora in poi, Consultazione) con gli operatori di telecomunicazione, realizzata ai sensi della
normativa comunitaria sugli aiuti di stato per le reti a BL (EC, 2013). Per il segreto industriale sul
dato fornito dagli operatori, lo stato attuale e i piani di copertura triennali sono disponibili solo in
modo aggregato: in particolare, useremo la Consultazione del 2012. Essa, fatta prima del concreto
avvio del Piano strategico banda ultra larga (cfr. infra), fornisce una fotografia “al tempo 0”
dell’entità del fallimento del mercato NGAN.
La tabella 2 illustra una prima faccia del divario digitale – la chiameremo “estensiva”. La
definiamo (cfr. quarta colonna) come la quota (sul totale) dei comuni che al 2012 sono considerati
“aree bianche”: ossia, dove gli operatori hanno dichiarato di non avere copertura NGAN e di non
essere interessati a farlo con propri fondi nel triennio successivo alla rilevazione (2013-2015).
Questa stessa percentuale ci darà anche una prima proxy estensiva del grado di fallimento del
mercato NGAN. Va aggiunto che anche questo dato va preso come prima approssimazione, sia
perché è soggetto ad aggiornamento periodico, sia perché è concepito per registrare proprio i
comuni economicamente meno interessanti per gli operatori - ossia quelli demograficamente più
6
piccoli e/o con meno densità di popolazione. Al tempo stesso, questo dato sovrastima la copertura
effettiva del territorio, in quanto identifica i pochi comuni “non bianchi” (ossia quelli “grigi” e
“neri”) in modo piuttosto generoso, accontentandosi del requisito minimalista che almeno un (mero)
10% delle unità immobiliari totali di un determinato comune siano o saranno interessate dalla
copertura. Per questo, questa proxy è doppiamente estensiva.
Dalla tabella 2 emerge innanzitutto che il grado di fallimento di mercato NGAN misurato
con la proxy estensiva è molto alto, essendo pari a ben il 95,3% dei comuni italiani, che risultano
non coperti da privati – neppure a piano. Inoltre, la stessa svela l’ambivalente realtà del Nord-Est,
che mostra un grado di fallimento di mercato inferiore alla media del paese (82,7%): tuttavia, il dato
medio nordestino cela performance regionali estremamente eterogenee, che vanno da (solo) il
34,5% della Provincia autonoma di Trento a ben il 98,6% del Friuli e, a ruota, il 97,4% del Veneto –
entrambi superiori alla media Italia.
Tabella 2. Divario digitale estensivo e fallimento del mercato NGAN al 2015 (comuni).
Piemonte
n. comuni
"bianchi" (A)
1.197
n. comuni
totali (B)
1.206
% fallimento mercato
NGAN (A/B)
99,3
Valle d’Aosta
73
74
98,6
Liguria
231
235
98,3
Lombardia
1.513
1.544
98,0
Nord-Ovest
3.014
3.059
98,5
P.A. Trento
115
333
34,5
Veneto
566
581
97,4
Friuli Venezia G.
215
218
98,6
Emilia Romagna
328
348
94,3
Nord-Est
1.224
1.480
82,7
Nord-Est (-Trento)
1.109
1.147
96,7
Toscana
273
287
95,1
Umbria
90
92
97,8
Marche
234
239
97,9
Lazio
364
378
96,3
Centro
961
996
96,5
Abruzzo
301
305
98,7
Molise
135
136
99,3
Campania
541
551
98,2
Puglia
251
258
97,3
Basilicata
129
131
98,5
Calabria
405
409
99,0
1.762
1.790
98,4
Sicilia
380
390
97,4
Sardegna
373
377
98,9
753
767
98,2
7.714
8.092
95,3
Sud
Isole
ITALIA
Fonte: nostre elaborazioni su dati MISE e Infratel, relativi alla Consultazione 2012.
Un primo approfondimento va fatto sul basso tasso di fallimento di mercato della Provincia di
Trento. Esso è peculiare in quanto non è quello misurato all’origine (ossia, imputabile ai soli
7
operatori privati), come avviene per tutte le altre regioni: questo dato, infatti, registra già un
massiccio piano di intervento gestito da Trentino Network (società a capitale pubblico della
Provincia), riguardante ben 217 comuni (su 333) - anche tra i meno popolosi13. Questa spinta
propulsiva pubblica nelle aree bianche si è materializzata proprio in seguito all’abbandono della
società mista inizialmente costituita dall’Ente provinciale insieme a Telecom Italia (tra gli altri),
chiamata “Trentino NGN”, creata nel 2011 ma poi entrata in stallo e successivamente abbandonata
in conseguenza della lunga indagine della Commissione UE sulla liceità del relativo piano di
investimento pubblico-privato.
Tabella 3. Divario digitale intensivo e copertura NGAN al 2015. Quota privata e pubblica (unità
immobiliari).
U.I. coperte
dai privati
U.I.
totali
Piemonte
732
2361
% U.I. a
copertura
privata*
31
% copertura
privata +
pubblica
-
Valle d’Aosta
12
100
12
-
Liguria
444
1057
42
-
Lombardia
1515
4456
34
-
Nord-Ovest
2703
7974
33,9
-
P.A. Trento
107
486
22
-
Veneto
512
2048
25
-
Friuli Venezia G.
186
600
31
-
Emilia Romagna
839
2098
40
-
Nord-Est
1644
5232
31,4
-
Nord-Est (-Trento)
Toscana
1537
591
4746
1738
32,4
34
-
Umbria
83
377
22
-
Marche
117
688
17
-
Lazio
1541
2704
57
-
Centro
2332
5507
42,3
-
Abruzzo
96
640
15
-
Molise
16
178
9
23,2
Campania
537
2238
24
56,3
Puglia
388
1848
21
-
Basilicata
39
279
14
57,8
Calabria
115
1150
10
41,4
Sud
1191
6331
18,8
38,3
Sicilia
595
2587
23
39,1
Sardegna
127
794
16
-
Isole
722
3381
21,4
33,7
ITALIA
8592
28426
30,2
36,0
Legenda: U.I.: unità immobiliari dei rispettivi comuni. * per la Provincia di Trento, trattasi di copertura privata + pubblica.
Fonte: nostre elaborazioni su dati MISE e Infratel, relativi alla Consultazione 2012.
13
Residualmente, gli operatori privati in nella Provincia di Trento hanno evidenziato un solo comune non bianco, su
333 totali.
8
In sintesi, per le precedenti considerazioni sulla peculiare demografia dei comuni bianchi e sulla
generosa definizione di copertura per i comuni grigi e neri, è chiaro che un esame più approfondito
del divario digitale può solo venire da una sua connotazione intensiva. In tal senso, con la tabella 3,
ribaltando la logica di osservazione dello stesso fenomeno (passando dal fallimento all’intervento di
mercato), calcoliamo una proxy basata sulle unità immobiliari (d’ora in poi, U.I.) coperte dai
privati, attualmente o a piano. Inoltre, per 5 regioni del Sud cumuliamo la copertura privata con
quella che sarà assicurata dal primo intervento attuativo del Piano strategico banda ultra larga (per
una spesa pubblica pari originariamente14 a 383 milioni di euro).
Un primo aspetto emergente dalla tabella 3 (quarta colonna) è macroscopico. Il fallimento
del mercato - anche quando misurato intensivamente - avrà rilevanza maggioritaria: visto che la
copertura al 2015 sarà pari a solo il 30,2% delle U.I., esso finirà per riguardare circa il 70% del
paese15. In valori assoluti, la copertura riguarderà circa 17 milioni di cittadini potenzialmente serviti
(pari a solo circa il 28% della popolazione italiana).
Con questo indicatore, le situazioni del Nord-Ovest e Nord-Est risultano ora piuttosto simili.
Si nota anche che la loro situazione relativa si capovolge: mentre con la misura estensiva era il
Nord-Ovest a risultare più svantaggiato, con la misura intensiva lo diviene il Nord-Est. Infatti, la
minore incidenza di grandi aree metropolitane e l’inferiore densità demografica dei suoi territori lo
rendono meno appetibile per i piani d’investimento privati. Va anche osservato che sia il Nord-Est
che il Nord-Ovest pagano pegno al Centro. Ancora, si scopre che la performance del Nord-Est è
abbassata dalla Provincia di Trento e dal Veneto (con coperture rispettivamente del 22% e 25%
delle U.I. totali), mentre il Friuli supera l’asticella media e l’Emilia svetta in classifica di area.
Vale la pena di ribadire che queste evidenze sul più alto divario digitale del Nord si
stagliano grazie all’uso di metriche diverse dalla popolazione residente (le U.I. includono infatti
anche le imprese e la PA). Ovviamente, per una migliore misurazione del divario digitale da NGAN
dell’utenza business e della PA occorrerebbe una rilevazione sistematica e focalizzata, che
purtroppo non è offerta dal sistema statistico nazionale (SISTAN). Tra le pochissime evidenze
disponibili, più o meno strutturate e rappresentative, vale la pena di citare almeno due recenti
iniziative: la prima, dedicata alla rilevazione della dotazione di BL di 90 distretti industriali italiani,
ad opera di Between (2012), e la seconda, focalizzata sui distretti e le aree produttive della propria
regione, ad opera di Confindustria Veneto (2014). In entrambi i casi emergono segnali di forte
preoccupazione per lo stato effettivo della dotazione di BL delle più importanti aree produttive del
paese, ed in particolare dei distretti industriali, che risulta sistematicamente sovrastimata dalle
statistiche ufficiali16, sia per la BL di base che per quella su tecnologia VDSL; in particolare,
l’offerta di quest’ultima, ove presente, risulta di frequente contingentata per la saturazione di
capacità della centrale, e le performance effettive non sono stabili. In definitiva, anche per i primi
avvii delle NGAN - almeno per quanto concerne il Nord-Est - emergono problematicità di qualità e
dilemmi strategici simili a quelli evidenziati da Matteucci (2013, 2014) per la BL di base, a
conferma della somiglianza tra i due divari digitali di rete cablata.
Infine, vale la pena di notare che l’intervento pubblico previsto in 5 regioni meridionali a
regime incrementerà la copertura immobiliare del’area “Sud” di ben 20 punti percentuali (e quasi raddoppierà quella della Sicilia), portandola al 36% del totale a livello di paese (cfr. ultima colonna
della tabella 3). Con riferimento invece alla popolazione, l’impiego di questi fondi di tipo FESR17
14
Dati con aggiornamento giugno 2013. Alla quota pubblica (70%) dovrà corrispondere un esborso privato pari al 30%
dell’investimento totale, essendo pari quest’ultimo a 547 milioni.
15
Ricordiamo che esso viene qui misurato come il complemento a 100 della quota percentuale di copertura NGA.
16
Come già evidenziato da Matteucci (2013), anche Confindustria Veneto (2014) registra per pressoché tutte le
provincie venete problemi sfuggenti alle statistiche ufficiali, perfino a quelle di fonte MISE, che almeno correggono per
le linee lunghe. Ad avere problemi sono innanzitutto le aree produttive, più periferiche, che sono attestate su centrali
obsolete o sotto-dimensionate, mentre la dotazione delle aree comunali di tipo residenziale e urbano è in genere
migliore.
17
Fondo europeo di sviluppo regionale.
9
genererà un ulteriore 6% di popolazione coperta (cfr. MISE, 2012). Questo risultato tuttavia non
deve giustificare facili ottimismi: a motivo dell’alta densità demografica delle aree metropolitane
meridionali interessate, questa prima parte di divario digitale sarà molto più facilmente aggredibile
a costi contenuti – un caso emblematico è la Campania, il cui balzo di copertura è di fatto
imputabile alla copertura di Napoli.
Questi dati, nella loro crudezza, non possono non nutrire forti dubbi sulla fattibilità degli
ambiziosi traguardi DAE al 2020, specie per il Nord del paese. A tale proposito, un nostro ulteriore
elemento di preoccupazione, finora ignorato in letteratura, è che in molte aree del Nord l’intervento
pubblico finanziabile con fondi strutturali UE potrà contare su cifre molto più ridotte – in
particolare in quelle regioni a statuto ordinario, che non godono nemmeno dei fondi e delle
prerogative riservate a quelle a statuto speciale.
3. L’investimento nelle reti NGA, tra stato e mercato
3.1. Cronistoria essenziale della policy recente18
Se gli ultimi Governi della Repubblica, presi nel loro complesso, non hanno certo brillato per
concretezza e tempestività nell’Agenda digitale nazionale – formulata solo nel 2012 e subito entrata
in stallo assieme alla governance della sua ultima Agenzia responsabile (Agenzia per l’Italia
Digitale, d’ora in poi AgID) - nell’ultimo quinquennio qualche timido passo lo hanno fatto, almeno
sotto il profilo della trasparenza. Basti qui ricordare che, mentre il primo rapporto Caio (Caio, 2009)
inizialmente non era stato nemmeno reso pubblico, il secondo (Caio, Marcus e Pogorel, 2014) lo è
stato sin da subito nei minimi dettagli, ad opera del Governo di Enrico Letta. A tale riguardo, è utile
ripercorrere brevemente la recente policy nazionale per quella che è poi diventata la parte di
connettività a BL dell’Agenda Digitale italiana.
A fine 2008 il MISE formula il “Piano nazionale banda larga” (cfr. MISE, 2010); esso viene
poi recepito con legge n. 69/2009, la quale assegna al MISE il compito di coordinamento di tutte le
iniziative di investimento attuabili sul territorio nazionale con vari assi di finanziamento (comunitari
e nazionali, pubblici e privati). Di concerto con il Ministero delle politiche agricole, alimentari e
forestali (MIPAAF) e le Regioni19, viene così creata una regia sistemica per tutti gli interventi per la
BL, finanziabili con vari fondi (FESR, FEASR, FAS20 e regionali). Questo quadro di intervento
unitario è successivamente approvato dalla Commissione europea sotto forma di due distinte misure
di aiuto di stato (Progetto nazionale "Banda larga nelle aree rurali d’Italia", n. 646/2009, e Piano
nazionale banda larga, n. SA 33807 (2011/N)). La beffa, purtroppo, arriva da lì a poco, quando
l’allora Governo in carica, adducendo l’incongruente motivazione della crisi economica in corso e
l’emergenza occupazionale21, congela i fondi statali CIPE da tempo stanziati per il Piano nazionale
banda larga (ex fondi FAS), lasciando quest’ultimo totalmente dipendente dalla più modesta quota
di fondi strutturali europei e dal loro più lungo e complesso iter di spesa e rendicontazione. Tale
congelamento, ipotizzato come di ‘breve’ durata, sarà in realtà sbloccato, per una parte minoritaria,
solo a partire dal 2012: ossia, nell’anno in cui il suddetto piano si sarebbe dovuto completare. E’
18
Questa sezione si fonda su una nostra ampia rassegna delle cronache della stampa, specialistica e non, oltre che di
vari blog tematici.
19
Con l’esclusione del Trentino Alto Adige e della Valle d’Aosta, che non aderivano sulla base delle loro prerogative
autonomistiche.
20
Per il secondo ed il terzo acronimo, rispettivamente, Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e Fondo per le
aree sottoutilizzate.
21
Il lettore ricorderà dai precedenti riferimenti che, per l’elevato moltiplicatore macroeconomico e fiscale posseduto
dagli investimenti a BL, questi ultimi sono tra le categorie di spesa pubblica e privata maggiormente efficaci ed
efficienti per il rilancio dell’occupazione, del PIL e più in generale della capacità competitiva dell’economia. Come tale,
la motivazione ufficiale del Governo, ipotizzando la buona fede, denota quantomeno una profonda ignoranza della
materia.
10
quindi possibile affermare che il depotenziamento del Piano nazionale banda larga, la perdurante
entità del divario digitale di BL di base e il ritardo nel conseguimento del primo obiettivo sulla BL
dell’ADE sono principalmente imputabili all’ambivalente atteggiamento della politica nazionale a
cui, residualmente, si sono aggiunte complessità burocratiche, inerzie ed incapacità strutturali della
PA italiana anche nella gestione dei fondi per lo sviluppo e la coesione territoriale (comunitari e
non), presenti a più livelli22.
La strategia nazionale per le NGAN racchiusa nel Piano strategico banda ultra larga viene
formulata a partire del 2010, quando ancora sono lontani i traguardi del Piano nazionale banda
larga. Mentre il secondo piano, essendo orientato a fornire la BL di base in termini universalistici,
enfatizza primariamente gli interventi per l’infrastrutturazione in fibra della rete di backhauling
(modello di intervento A) e solo residualmente quelli dei tratti deficitari della rete di accesso23, il
primo piano consiste essenzialmente nell’infrastrutturazione ad alta capacità (in fibra ottica) della
rete di accesso, essendo stata già assicurata (almeno in teoria) quella della rete a monte. In
particolare, una parte largamente maggioritaria dei suoi interventi (per un 60-90% dei costi totali, a
seconda dei casi) prevede opere di ingegneria civile (scavi e ripristino, cavidotti, stesa di fibra
ottica, tralicci per antenne) – cosiddette opere di infrastrutturazione passiva; il loro costo
complessivo, ovviamente, aumenta con la lunghezza della fibra stesa (raggiungendo il massimo con
il FTTH). Pertanto, ogni piano che si focalizzi su queste infrastrutture passive riguarderà la parte
maggioritaria degli investimenti totali; la parte rimanente, dedicata agli apparati elettronici e di
stretta competenza degli operatori, è anche soggetta a continua innovazione tecnologica, esibendo
nel tempo importanti economie di apprendimento e quindi costi decrescenti.
Nell’estate del 2011 il Piano strategico banda ultra larga viene recepito in legge24, e viene
destinato a coprire le aree a fallimento di mercato (nel senso delle NGAN). Tuttavia, a conferma
dell’attitudine dei governi italiani a formulare piani ambiziosi per il digitale senza allocazione di
risorse specifiche, anche la sua legge istitutiva (all’art. 30) specifica che detto piano non comporterà
“nuovi o maggiori oneri al bilancio dello Stato”: esso sarà finanziato attraverso la
riprogrammazione di fondi strutturali e nazionali della programmazione 2007-13, dalle risorse
comunitarie della nuova programmazione 2014-20 e da non meglio precisati altri finanziamenti
bancari (cfr. MISE, 2012). Anche con questo secondo piano, come già avvenuto con il Piano
nazionale banda larga, i problemi iniziano dopo l’approvazione formale, in fase di concreto
reperimento e utilizzo dei fondi. Come anticipato in tabella 3, il primo intervento attuativo viene
bandito in tranche regionali nel corso del 2013, ed è finanziato dalla rimodulazione di fondi
strutturali (non spesi) della programmazione 2007-13: esso è dedicato interamente al Sud d’Italia ed
Isole - essendo queste le aree più penalizzate dal fallimento di mercato e con più dotazione di fondi.
Complementariamente, nel biennio 2013-14, si svolgono le procedure della nuova programmazione
2014-20, imperniate sull’Accordo di Partenariato25 (d’ora in poi, AdP): tali fondi dovranno
rappresentare, assieme all’associato cofinanziamento nazionale, il fulcro del finanziamento
pubblico delle NGAN per le regioni del Nord e Centro.
22
Conseguentemente, è probabile che non si riesca ad utilizzare una parte non marginale dei fondi strutturali disponibili
nella Programmazione 2007-13 entro il loro termine ultimo di scadenza (2015), come peraltro già verificatosi in
passato.
23
Ivi inclusa la spesa per apparati di linea nel modello B, che prevede anche il cofinanziamento degli operatori, e il
Modello C, dedicato al sussidio pubblico dei terminali di ricezione wireless nelle aree più remote.
24
Esso è previsto dall’art. 30 del D.L. n.98 del 6 luglio 2011, convertito con modificazioni dalla L. 111 del 15 luglio
2011.
25
L’Accordo di Partenariato è il documento cardine previsto dal Regolamento (UE) N. 1303/2013 (avente ad oggetto i
Fondi strutturali e di investimento europei), con cui ogni Stato membro definisce la propria strategia, le priorità e le
modalità di impiego di tali fondi per il periodo 2014-2020. Il testo dell’Accordo, prima di essere deliberato dal CIPE e
inviato alla Commissione come testo negoziale, recepisce un ampio processo di consultazione estesa a Ministeri,
Regioni, Enti locali e partenariato economico sociale, nonché una parallela interlocuzione informale aperta a revisioni
con la stessa Commissione.
11
Già a livello nazionale, il processo di redazione dell’AdP si scontra presto con una serie di
ostacoli e ritardi, che confermano la cronica incapacità del paese nell’assicurare unità di indirizzo
politico alle sue strategie pluriennali di investimento; al tempo stesso, molte vicende rappresentano
efficacemente l’intrico normativo-burocratico che ostacola l’operatività quotidiana della PA. A
novembre, il governo incaricato, insediato da pochi mesi, annuncia l’intenzione di rilanciare
l’Agenda Digitale italiana, specificando che allo sviluppo delle infrastrutture digitali sarebbe stato
riservato ben il 10% dei fondi strutturali in corso di assegnazione all’Italia (allora stimati pari a 35
miliardi). Sorprendentemente, da lì a poche settimane, alcune fonti giornalistiche riferiscono che
nella prima bozza di AdP (d’ora in poi “bozza Trigilia”, dal nome dell’allora Ministro per la
Coesione territoriale) nessun fondo strutturale viene assegnato alle infrastrutture per la ultra BL, il
cui finanziamento è interamente demandato al Fondo Sviluppo e Coesione, e solo dal 201726.
Successive precisazioni dello stesso Ministero rettificano che in realtà 630 milioni di fondi FESR
vengono destinati alle reti di BL ed ultra, anche se comunque l’intero budget per l’Obiettivo
Tematico 2 (OT2; dedicato all’Agenda digitale) si ferma a 1,8 miliardi (raddoppiato in 3,6 dal
cofinanziamento nazionale), a fronte dei 10 richiesti dall’AgID per tutta l’Agenda Digitale. Da lì a
poco, a febbraio 2014, il Governo di Matteo Renzi subentra al Governo Letta. A marzo 2014 arriva
il primo feedback della Commissione UE, che critica pesantemente tutto l’impianto della strategia
sottesa alla bozza Trigilia. In particolare, la parte riguardante l’OT2 viene giudicata come
caratterizzata da interventi eterogenei mancanti di una strategia di fondo concentrata sulle reali
priorità - specificamente per quanto riguarda la preliminare necessità di fondarsi su un’infrastruttura
di rete digitale abilitante gli eService e la domanda. Ancora, circa l’infrastruttura di rete27, secondo
la Commissione non vengono dettagliati piani temporali cogenti di sviluppo: in particolare, questa
bozza non menzionerebbe affatto come si intenda raggiungere il terzo traguardo dell’ADE - quello
dei 100 Mbs. Più in generale, la Commissione rileva mancanza di coordinamento tra Ministeri, e tra
Ministeri e Regioni.
In definitiva, i rilievi della Commissione travalicano ampiamente la prassi fisiologica dei
processi negoziali, e coinvolgono la stessa sostanza dell’Agenda Digitale italiana, mettendo in
dubbio la capacità del paese di attuare quanto (vagamente) delineato. Una seconda bozza dell’AdP
viene ripresentata sotto il nuovo Governo Renzi alla scadenza del 22 aprile, mantenendo la sostanza
della precedente circa l’allocazione delle risorse per l’Agenda Digitale, e la scelta di finanziamento
delle infrastrutture ad ultra BL primariamente con il Fondo Sviluppo e Coesione. Poco prima,
all’inizio dello stesso mese, era apparso il primo documento organico su “La strategia italiana per
l’Agenda Digitale” (AgID, 2014). L’ulteriore fase di negoziazione si protrae fino ad inizio luglio,
quando l’Italia riceve un’ulteriore lettera di feedback in cui la Commissione ribadisce parte delle
precedenti critiche sull’impianto strategico dell’OT2. Tra l’altro, viene rimarcata la perdurante
lacunosità e mancanza di dettaglio degli interventi previsti per la rete a ultra BL - anche riguardo
alla dimostrazione della capienza dei fondi allocati rispetto al fabbisogno infrastrutturale28 - e
l’assenza di meccanismi di efficienza della spesa pubblica e dei costi di infrastrutturazione, secondo
le buone pratiche esistenti nella UE. Successivamente, il processo di revisione del testo dell’AdP in
negoziazione recepisce i Piani Operativi Regionali (POR), consegnati dalle Regioni a fine luglio
2014 (al momento non pubblicamente disponibili). Anche su questa nuova base, secondo alcune
fonti giornalistiche, l’ultima versione dell’AdP registrerebbe che i fondi assegnati all’OT2 del
FESR scendono a soli 1,35 miliardi, dai circa 1,8 della (già incapiente) bozza iniziale.
26
Questo fondo nazionale, trasformazione degli ex fondi FAS, è di più incerta attivazione, essendo soggetto alle
variabili politiche di bilancio nazionali (e periodiche emergenze), come già accaduto con la vicenda degli 800 milioni di
fondi FAS-CIPE attribuiti per il Piano nazionale banda larga e subito cancellati a fine 2009.
27
Gli spunti critici coinvolgevano, ovviamente, anche alcuni aspetti dell’Agenda digitale italiana e del Piano strategico
banda ultra larga.
28
In particolare, per gli interventi FEASR veniva sottolineato esplicitamente il sottodimensionamento del budget
assegnato rispetto agli interventi pianificati, mentre per il FESR un parere in tal senso formulato da DG Connect non
veniva fatto proprio da DG Regio.
12
Quindi, sulla base dei dati finora disponibili, considerando che il budget dei due principali
fondi strutturali (FESR e FSE) sarà di circa 31,1 miliardi, ne deduciamo che il policy-maker italiano
(Governo e Regioni) abbia deciso di destinare all’Agenda digitale solo il 4,3% delle risorse europee
– un impegno ben distante dal 10% promesso inizialmente dal Premier Letta. In valore assoluto,
aggiungendo il cofinanziamento nazionale, il budget totale dell’Agenda Digitale sarebbe di soli 2,7
miliardi: anch’esso sarebbe molto lontano dai 10 miliardi richiesti dall’AgID.
Di questo budget totale, al momento, non si conosce quale sarà la parte specificamente
destinata allo sviluppo infrastrutturale a BL, anche se probabilmente anche essa si sarà ridotta
rispetto ai 630 milioni della bozza Trigilia (più cofinanziamento): anche in quest’ultimo e più
favorevole caso, comunque, si sarebbe destinato alla ultra BL appena il 2% dei fondi strutturali
disponibili29. Se poi anche il FEASR dovesse allocare alla BL una simile quota percentuale, dato il
suo budget di 10,4 miliardi, si aggiungerebbero soltanto altri 208 milioni per i fabbisogni delle aree
rurali – davvero poco per il divario digitale delle aree eligibili per i fondi FEASR (cfr. infra).
Infine, va anche osservato che, dati i futuri fondi strutturali disponibili per l’OT2, non è
affatto scontato che siano poi le regioni più carenti di BL ad allocarne di più allo sviluppo
infrastrutturale NGAN, come vorrebbe la logica della politica di coesione UE: al contrario, come
rilevato da Reggi e Scicchitano (2014), l’esperienza della programmazione 2007-2013 mostra che le
scelte regionali di destinazione dei fondi strutturali per l’Agenda digitale hanno tendenzialmente
privilegiato gli ambiti in cui si detenevano già buone performance.
3.2. Il finanziamento dei piani per le NGAN: un esercizio contabile
Su queste basi, viene spontaneo chiedersi come si arriverà agli ambiziosi obiettivi di copertura
universalistica con NGAN previsti dall’ADE per il 2020. Il principale documento ufficiale di
pianificazione di riferimento è il rapporto di Caio, Marcus e Pogorel (2014), aggiornato a fine 2013,
in cui vengono riportati gli elementi meno confidenziali dei piani degli operatori privati. Come
sottolineato dai suoi redattori, molti dei piani privati sono disponibili nel dettaglio fino al 2016-17,
mentre per il periodo successivo la loro vaghezza non supporta scenari sufficientemente definiti. Da
essi emerge una situazione piuttosto complessa e differenziata, da noi sinteticamente condensata
nella tabella 4.
A grandi linee, la tabella 4 mostra che, ad oggi, i maggiori investitori in reti cablate di tipo
NGA saranno principalmente Telecom Italia e, residualmente, Fastweb e Metroweb, mentre gli altri
OLO, oltre a continuare con l’accesso regolamentato alle linee altrui (ad es., con il VULA30), si
concentreranno sulla rete mobile, o attueranno investimenti in NGAN cablate circoscritti a poche
città più popolose. Va però evidenziato che una larga parte di questi investimenti in reti cablate
insisteranno in modo concorrente su un simile insieme di città ed aree maggiormente remunerative
(considerate ex ante). Essendo questo contesto raffigurabile come un gioco dinamico a forte
interdipendenza strategica, con mosse variabili in base al contesto territoriale, è al momento troppo
complesso prevederne l’esito totale in equilibrio, e il suo grado di ottimalità. Inoltre, l’ottimalità di
un tale equilibrio “con copertura NGAN concorrente ma a macchia di leopardo” andrebbe sempre
giudicata in relazione ad uno o più criteri fissati esogenamente, tra i vari possibili.
29
Stiamo qui ipotizzando che anche nel budget del FEASR le cifre per Agenda Digitale e infrastrutture di ultra BL
siano attestate su pesi percentuali simili; in realtà, per i rilievi critici mossi dalla Commissione, nel FEASR essi
potrebbero essere addirittura inferiori.
30
Virtual umbundling local access. A dispetto della parola che ricorda il local loop unbundling, questo prodotto di
accesso all’ingrosso è molto più simile al bitstream.
13
Tabella 4. Piani di investimento in NGAN cablate degli operatori privati.
Operatore
1° target/Anno
Telecom Italia
50% fam.
(FTTC)/2016*
20% fam.
(FTTC+FFTH)/(2014)
5,6 mil. lin.(FTTH), 30
città (20% popol.)§
Fastweb
Metroweb
Vodafone
Wind
3
Infratel
stime)
(solo
26% fam.
(FTTC)/2017, a: 3%
fam.(FTTH)/2016
0,15 lin. (FTTH)/2017
31% pop. (FTTC)
2° target/Anno
80% pop./2020*
Investimento
(miliardi €) / Anno,
1° target
1,7-1,8 /2016
Investimento
(miliardi €) / Anno,
2° target
n.d.
50% fam./2018
0,4./2014
a: 1,6/2018
a: 30% pop. (FTTC)
a: 50%
(ADSL/LTE/altro)
-
4,5 mil.
-
-
-
50% pop. (FTTC)
3° target: 95% pop.
(8000 città) (FTTC)
1.
1,6.
3° target: 4,2.
*=Include il contributo dei fondi pubblici MISE. Per le note metodologiche e le precisazioni sulle stime, si veda la fonte
n.d.= non disponibile.§=Piano del 2012, attualmente sospeso. A:= target/investimento addizionale. Questa tabella non considera
investimenti in LTE. Pop.=popolazione- Fam.= famiglie. Lin.=linee.
Fonte: nostra sintesi su dati Caio, Marcus e Pogorel (2014; pp.30-1).
Pur nella fluidità degli eventi e dell’attuale paradigma regolamentare, è tuttavia possibile avanzare
alcune considerazioni preliminari di macro-livello. Risulta innanzitutto (cfr. Bourreau, Cambini e
Doğan, 2012) che i principali obiettivi regolamentari siano tendenzialmente idiosincratici, specie
qualora affrontati con un solo strumento: lo è di sicuro l’alternativa tra il perseguimento
dell’efficienza statica con termini di accesso regolamentato orientati ai costi (data la copertura
esistente) versus quella dinamica, che invece stimola lo sviluppo infrastrutturale concorrente. In tal
senso, prima di scegliere la policy per le NGAN occorrerebbe stabilire quale(i) sia(no) l’obiettivo(i)
maggiormente auspicabile(i), date le priorità dell’Italia. Ad esempio, in termini di crescita delle
sottoscrizioni e benessere dei consumatori nelle aree (prevalentemente urbane) interessate dalla
attuale copertura concorrente, è probabile che quest’ultima, ancorché effettuata a macchia di
leopardo, abbia un primo impatto positivo e pro-concorrenziale. Allo stesso tempo, però, questa
stessa concorrenza infrastrutturale finanziariamente impegnativa31 potrebbe allontanare
sensibilmente il break-even point per gli stessi investitori, sia via ricavi che costi, e quindi ridurre la
loro capacità/volontà di copertura addizionale, che dalle statistiche viste fin qui pare nel complesso
già bassa. Andrebbe quindi verificato se un tale tipo di concorrenza infrastrutturale sia davvero
capace di stimolare l’efficienza dinamica e la copertura NGAN oltre le aree interessate dagli attuali
piani privati, per estendersi a zone dove tra l’altro i costi di sviluppo sono crescenti: la questione
non è peregrina, visto che le circostanze in cui un tale effetto della infrastructure-based competition
è stato finora verificato paiono diverse32. A conferma di questo ragionamento, va ricordato che al
momento, in mancanza di intervento pubblico, nessun piano privato si spinge con certezza oltre il
target del 50% della popolazione coperta da FTTC (solitamente al 2016-17), che è essenzialmente
quella urbana.
31
Il relativo onere dipende certo dalle tipologie di sviluppo in parallelo impiegate, ma è comunque più alto dei costi
largamente affondati connessi ad una rete di legacy come il cavo che viene adattata per le NGAN.
32
Per un recente test sull’efficacia della concorrenza infrastrutturale ai fini dei progressi della copertura NGAN in un
panel di paesi EU27 nel periodo 2005-11, si veda Briglauer, Ecker e Gugler (2013). Gli autori trovano un impatto
inizialmente positivo (relazione ad U invertita) tra concorrenza infrastrutturale con la rete di legacy via cavo e la rete
mobile e lo sviluppo delle reti NGAN più performanti (FTTH).
14
Al tempo stesso, emerge che l’esito in corso di materializzazione in Italia pare molto meno
auspicabile qualora valutato in termini di welfare complessivo, assegnando un peso maggiore alle
esigenze della clientela business e della PA: infatti, l’equilibrio precedente vedrebbe zone urbane
soggette a sovra-investimento privato (e magari elevata efficienza statica) e zone periferiche (di cui
molte ad alta vocazione produttiva) in completo fallimento di mercato - per di più per un periodo
che potrebbe anche essere molto lungo, visto il termine ultimo per l’impiego dei nuovi fondi (2023).
In questo tipo di situazioni, ci sembra che, accanto agli strumenti più opportuni, che anche in
Europa sembrano andare verso una sostanziale deregolamentazione e che comunque scontano
un’attivazione fisiologicamente lenta, assuma priorità procedere con un “robusto” e celere piano di
investimento pubblico in tutte le aree consentite dalla normativa comunitaria, cominciando da
quelle a più alta vocazione produttiva (per l’efficacia di un simile approccio, cfr. anche Briglauer e
Gugler, 2013), imitando i noti modelli interventisti asiatici per le NGAN.
Giunti a questo punto, occorrerebbe capire quale sia l’entità della spesa richiesta da un tale
piano “robusto” di investimenti pubblici, che porti ad una copertura in fibra più ambiziosa e quasiuniversale, e che consenta di centrare ex ante i due traguardi dell’ADE nella ultra BL. Varie sono le
stime disponibili, anche se le stesse divergono ampiamente, essendo basate su ipotesi e criteri
diversi. Tra le più recenti, uno studio Point Topic33 esteso all’Europa calcola che,
complessivamente, il CAPEX (capital expenditure) totale per raggiungere con il servizio di ultra
BL (a 30 Mbs) il 100% delle famiglie italiane sarebbe pari a ben 12,2 miliardi di euro, di cui solo
2,4 miliardi per le aree urbane, 3,1 per le suburbane e ben 6,7 per le aree rurali. Tuttavia, un tale
genere di studio tra paesi presenta il difetto di dovere adottare ipotesi generiche che non riflettono le
specificità locali, che per l’Italia, nelle aree urbane, sono particolarmente favorevoli, a motivo della
bassa lunghezza media delle linee della rete secondaria. Inoltre, Point Topic prende a riferimento un
universo (100% delle famiglie) che nessun operatore, né privato né pubblico, considererebbe come
obiettivo per la copertura integrale in fibra, vista la crescita esponenziale del costo marginale di
connessione per le aree più rurali (cosiddette “frazioni isolate” e “case sparse”), per cui la copertura
più ragionevole rimane quella di tipo wireless.
A questo proposito, a nostro giudizio i dati più utili sono quelli già elaborati da Infratel,
società in-house del MISE incaricata della gestione dei bandi sugli investimenti a BL. Un vantaggio
connesso a questa fonte è che Infratel, avendo accesso ai micro-dati della Consultazione MISE per
le aree bianche NGAN, può elaborare piani di sviluppo e stime di CAPEX al netto degli interventi
già realizzati o a piano da parte. Il CAPEX complessivo relativo alla sola costruzione di
un’infrastruttura in fibra ottica passiva di tipo FTTC34, calibrato su 8000 comuni (su un totale di
8057, corrispondenti a ben il 95% della popolazione totale abilitata - quindi poco sotto il 3° target di
copertura), a fine 2013 veniva stimato da Infratel essere pari a ‘soli’ 4,2 miliardi di euro (cfr. terza e
quinta colonna della tabella 4).
Le tabelle seguenti approfondiscono queste stime Infratel per macro-area geografica,
elaborando dati sul fabbisogno finanziario totale (seconda colonna), sulla parte copribile con fondi
“FEASR”35 (terza), e su quella residua al netto della precedente (quarta), aggiornati al primo
semestre 2014. Anche qui si fa riferimento solo all’infrastruttura passiva di rete ottica, e si prende
come requisito di copertura una vicinanza dell’U.I rispetto al più vicino cabinet rispettivamente pari
a 400 metri (o meno) per la NGA a 30 Mbs, e 50 metri (o meno) per la 100 Mbs. Queste stime di
CAPEX, a differenza di quelle Infratel di tabella 4, hanno già scorporato i costi per la copertura
effettuata o a piano da parte degli operatori privati, e quelli per il primo intervento attuativo del
Piano strategico banda ultra larga nel Sud. Nello specifico, con la tabella 5 elaboriamo il fabbisogno
33
Citato in Caio, Marcus e Pogorel (2014; p.57).
La rete ottica passiva verrebbe poi concessa in uso/affittata agli operatori interessati ad operare nelle varie aree i
quali, a tal fine, provvedono a dotarla di propri apparati elettronici (cabinet, celle LTE per i tratti mobili, etc) per
l’erogazione del servizio di connettività.
35
Ossia, tenendo conto della potenziale copertura raggiungibile con i fondi FEASR per le aree rurali, qualora essi
vengano effettivamente allocati.
34
15
per la rete a 30 Mbs (FTTC), mentre con la tabella 6 replichiamo lo stesso esercizio per la rete a 100
Mbs. In entrambe, pertanto, il fabbisogno “totale” (seconda colonna) è la stima del costo del
fallimento di mercato residuale per l’infrastruttura di rete passiva, da finanziare con fondi da
reperire nel prossimo futuro. Sarà quindi agevole verificarne la capienza rispetto alle previste
assegnazioni di fondi comunitari della programmazione 2014-20, e di altri eventuali.
La tabella 5 evidenzia come il CAPEX per la soluzione del divario digitale di rete NGA
passiva sia pari ‘solo’ a circa 2,5 miliardi, anche se la sua distribuzione geografica insiste in modo
maggioritario sulle regioni del Nord-Ovest e del Nord-Est (rispettivamente, con il 35,7% e 23,8%
dei fondi complessivamente necessari, cfr. seconda colonna). Tale eterogeneità di area non si
verifica invece per la parte di divario digitale “più rurale”36 (terza colonna), per cui i fabbisogni
territoriali sono piuttosto omogenei, con il Nord che ne esprime poco più del 40%. Al contrario, le
regioni del Nord ritornano ad essere le più scoperte quando si vada ad esaminare la parte di divario
digitale “meno rurale” (cfr. quarta colonna), finanziabile con il FESR: qui i relativi fabbisogni di
area rappresentano oltre l’80% del fabbisogno totale residuo. L’ultima colonna conferma come in
queste stesse due aree il fabbisogno finanziabile con il FESR rappresenti ben oltre la metà
(nell’ordine, il 67% e il 53,5%) del fabbisogno totale di area, e correlativamente le fette maggiori
rispetto al fabbisogno totale di paese (nell’ordine, 23,9% e 12,7%). In sintesi, la tabella 5 certifica
che il fallimento di mercato calcolabile ad oggi si pone come un problema particolarmente spinoso
per il Nord del paese. Ancora, Il Nord è particolarmente scoperto nelle aree “a media ruralità”,
rispetto al Centro e Sud-Isole: in esse si attesta la maggioranza dei distretti produttivi e delle zone a
vocazione turistica più strutturata.
Tabella 5. Fabbisogno finanziario per soluzione divario digitale di rete NGA a 30 Mbs, per fondi
strutturali
Nord-Est
Nord-Ovest
Centro
Sud
Isole
Italia
Fabbisogno totale
Valori assoluti
e % di colonna
607
Fabbisogno FEASR
Valori assoluti
e % di colonna
282
Fabbisogno residuo
Valori assoluti
% “residuo su totale area”
e % di colonna
e % “residuo su Italia”
324
(53,5)
(23,8)
(20,1)
(28,3)
(12,7)
910
301
609
(67)
(35,7)
(21,4)
(53,2)
(23,9)
404
320
84
(20,7)
(15,9)
(22,8)
(7,3)
(3,3)
357
257
101
(28,2)
(14)
(18,3)
(8,8)
(4)
270
243
27
(10,1)
(10,6)
(17,3)
(2,4)
(1,1)
2.548
1.403
1.145
-
Legenda: dati percentuali tra parentesi
Fonte: nostre elaborazioni su dati Infratel (2014)
36
Infatti, il FEASR si rivolge alle aree rurali più remote, svantaggiate e meno popolate. Non stupisce che per esse le
macro-zone italiane siano più simili tra loro.
16
Tabella 6. Fabbisogno finanziario per soluzione divario digitale di rete NGA a 100 Mbs, per fondi
strutturali
Fabbisogno
totale
Valori assoluti
e % di colonna
3.352
Fabbisogno
FEASR
Valori assoluti
e % di colonna
1.143
Valori assoluti
e % di colonna
2.209
% “residuo su totale area”
e % “residuo su Italia”
(65,9)
(22,6)
(17,4
(26,7)
(14,9)
3827
1110
2717
(71,0)
(25,8)
(16,9
(32,9)
(18,3)
2.708
1.310
1.398
(51,6)
(18,3)
(20)
(16,9)
(9,4)
3.144
1.748
1.395
(44,4)
(21,2)
(26,7)
(16,9)
(9,4)
Isole
1.791
1.245
546
(30,5)
(12,1)
(19)
(6,6)
(3,7)
Italia
14.820
6.556
8.265
-
Nord-Est
Nord-Ovest
Centro
Sud
Fabbisogno residuo
Fonte: nostre elaborazioni su dati Infratel (2014)
La tabella 6 evidenzia come l’obiettivo della copertura con reti NGA di tipo superiore (FTTB,
FTTH) necessiti al momento di sforzi pubblici ben maggiori. Il fabbisogno totale per l’intero paese,
infatti, è pari a ben 14,8 miliardi di euro, registrando di fatto un pressoché totale disinteresse attuale
degli operatori privati, al netto dei pionieri investimenti fatti in poche grandi città più di un
decennio fa; tale congettura viene confermata anche dal fatto che la quota di fabbisogno per la rete a
100 Mbs meno rurale (8,3 mld.) in questo caso è superiore a quella più rurale (6,6 mld.). A livello di
aree geografiche, i fabbisogni del Nord-Ovest e del Nord-Est in questo caso non paiono
significativamente superiori a quelli delle altre aree del paese (cfr. seconda colonna); tuttavia, a
livello di peso del fabbisogno residuo su quello totale, le due aree del Nord evidenziano bene come,
pure nel caso della rete a 100 Mbs, siano le loro zone meno rurali ad essere particolarmente toccate
dal divario digitale: ciò rafforza le precedenti considerazioni.
A fronte dei fabbisogni, occorrerebbero dati definitivi sulle disponibilità finanziarie
complessive e quelle specifiche per l’OT2 che tuttavia, nelle more del processo di negoziazione
comunitaria, non sono ancora disponibili. Ciononostante, il loro ordine di grandezza visto supra
non lascia ben sperare circa un celere superamento del divario digitale del Settentrione e, più in
generale, delle regioni “sviluppate” (secondo la nuova e più esplicita dizione comunitaria). Infatti,
va anche ricordato che queste aree sono destinatarie di un’assegnazione di fondi strutturali pro
capite molto inferiore alle regioni in transizione (Abruzzo, Molise e Sardegna), e soprattutto a
quelle meno sviluppate (la restante parte del Sud). Ad oggi, si stima che al complesso delle regioni
sviluppate andrà complessivamente solo 7,6 miliardi, 1,3 alle tre regioni in transizione e ben 22,2
miliardi arriveranno alle meno sviluppate (budget FESR-FSE complessivo). Semplici calcoli
mostrano che, ceteris paribus, il fabbisogno residuo di tabella 5, che per l’aggregato Nord-Centro
rappresenta l’88,8% del paese, dovrebbe essere finanziato da una quota di risorse allocata a partire
da un monte-fondi (quello, appunto, attribuito alle regioni sviluppate) che non arriva neppure ad un
quarto del budget complessivo. Dunque, la sproporzione tra le poste contabili attive e passive di
questo ipotetico bilancio pubblico per le NGAN è di una evidenza imbarazzante.
Quali considerazioni di politica industriale discendono da queste cifre? Pur con gli
inevitabili margini di approssimazione, le nostre previsioni mostrano che i costi di una strategia
pubblica di investimento FTTC rapida e volitiva (anche se non rivoluzionaria, come sarebbe il
FTTH) sono molto superori all’impegno pubblico atteso, anche se certo essi non sarebbero fuori
17
della portata di un paese come l’Italia, né del Nord del paese. A livello Italia, si pensi che l’attuale
fabbisogno pubblico per la rete passiva - 2,5 miliardi – è sensibilmente inferiore, per rimanere sul
tema, all’importo rivalutato con cui poco meno di dieci anni fa, nel 2005, era stata aggiudicata la
gara d’appalto per l’esecuzione del Ponte sullo stretto di Messina37: un’infrastruttura unica e
ingegneristicamente molto complessa, e quindi molto più rischiosa, sia tecnicamente che per
lievitazione di costi, delle NGAN. E comunque, nel caso del Ponte, i benefici attesi in termini di
incrementi di produttività non erano assolutamente comparabili con quelli oggi derivabili dalle
NGAN, essendo i primi limitati all’economia fisica e ad una porzione molto circoscritta del
territorio nazionale, al contrario dei secondi (per essi, rimandiamo ai riferimenti del paragrafo
2.1)38.
Ancora, basti ricordare che l’ammontare di risorse pubbliche (fondi comunitari + nazionali)
destinate all’Agenda Digitale nel periodo 2007-13 è stato di soli 2,4 miliardi di €, su un totale di
risorse per le politiche regionali di coesione di quasi 100 miliardi (per l’esattezza, 99,3), di cui una
parte rilevante spesa in utilizzi clientelari, o quantomeno discutibili39, o comunque in interventi a
basso impatto (moltiplicatore) di crescita e produttività, a differenza di quanto accadrebbe
procedendo con investimenti infrastrutturali in BL. Di questi 2,4 miliardi, poi, la quota
specificamente destinata alle infrastrutture (principalmente, realizzazione di reti in BL) è
ammontata a soli 383,7 milioni di €, di cui solo il 43% già in pagamento40, con un possibile rischio
di perdita, anche in questo caso, per una parte della fetta residua. In definitiva, in Italia l’impiego
più produttivo dei fondi (scientificamente dimostrato come tale) pare sistematicamente scavalcato
da utilizzi logicamente sotto-ordinati (gli eService prima delle infrastrutture abilitanti), legati alle
dinamiche di ciclo politico-elettorale, quando non da incompiute o vere e proprie malversazioni.
In sintesi, gli investimenti futuri in NGAN in Italia sembrano veleggiare tra le insidie di
Scilla e Cariddi, prefigurando un rischioso quanto deleterio rimpallo tra stato e mercato. Da un lato,
dai timidi piani privati sembra desumersi che il rendimento atteso delle NGAN rimanga ancora una
questione aperta: queste reti, pur non avendo un elevato grado di rischio esecutivo41, hanno
comunque un ritorno diluito nel tempo. In particolare, per il principale investitore italiano, la
questione della redditività – attenuata dall’assenza di concorrenti temibili come il cavo - si cumula
con quella molto più cogente del cronico indebitamento. Per questo, sono molti i segnali che
lasciano ritenere che in Italia, prima ancora che l’incertezza regolatoria – pur presente - sia il
contesto concorrenziale e le sue barriere all’entrata a condizionare al ribasso le strategie di
investimento degli operatori, con gli OLO che sembrano seguire Telecom Italia in un processo
adattivo di complementarietà strategica (cfr. Bulow, Geanakoplos e Klemperer, 1985).
D’altro lato, al fallimento di mercato finora si è aggiunto un altrettanto evidente fallimento
dell’intervento pubblico, che ha operato poco, tardi e male. La rassegna della policy fatta nel
paragrafo 3.1 ha illustrato le emblematiche piroette del policy-maker italiano, soprattutto
governativo, nell’assicurare una guida strategica convinta e un’efficace implementazione per
l’Agenda Digitale del paese. Questo tema richiederebbe ben altro spazio; qui ci limitiamo a rilevare
37
L’importo di aggiudicazione ad euro correnti nel 2005 era stato pari a 3,88 miliardi di euro, e l’opera era stata
motivata in quanto, tra l’altro, capace di mobilizzare ulteriori finanziamenti privati di tipo project financing.
38
Inoltre ad oggi le penali e gli oneri connessi pagabili dallo Stato per la cancellazione del progetto del Ponte superano
già il fabbisogno totale NGA del Nord-Est, e con i costi progettuali ci si avvicinerebbe al fabbisogno del Nord-Ovest.
39
Per una recente analisi sulla precedente programmazione, centrata sui discutibili utilizzi dei fondi per la formazione
forniti dal Fondo Sociale Europeo, si rimanda a Perotti e Teoldi (2014).
40
Le cifre comprendono i fondi strutturali UE e l’eventuale cofinanziamento nazionale, i fondi nazionali appartenenti al
Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (ex FAS), e quelli gestiti con il Fondo di Azione per la Coesione. Dati DPSOpencoesione, aggiornati a luglio 2012.
41
Ad esempio, i costi di realizzazione delle opere civili sono tra i più preventivabili, e la componente di spesa per
l’elettronica esibisce finanche una dinamica decrescente nel tempo.
18
che gli annosi problemi di miopia e mancanza di volontà politica nella promozione della BL42 oggi
si intersecano con la proverbiale inefficienza ed inefficacia della macchina della PA italiana,
mostrata emblematicamente dall’incapacità di spesa dei fondi strutturali: ciò produce un cocktail
micidiale per l’efficacia della policy più tradizionale.
Guardando oltre quella più tradizionale, i pochi strumenti residui per fare una politica
industriale di sistema nelle NGAN paiono ormai difficilmente attivabili. Un caso emblematico ci
pare essere quello della Cassa Depositi e Prestiti. Essa, dopo aver a lungo negoziato negli ultimi
anni per acquisire un ruolo di maggiore spessore nello sviluppo delle NGAN (dalle voci di sua
partecipazione al progetto “FiberCo” del Ministro Romani ai progetti di scorporo della rete
dell’incumbent, poi tramontati), pare ora immersa e distratta in una diversificazione di portafoglio
talora discutibile e non funzionale ad una politica industriale ambiziosa nei settori più strategici e
high-tech (sul punto si veda anche Ninni, 2013). Spiace davvero constatare come oggi, al di là della
sua partecipazione di minoranza in Metroweb, la Cassa pare difficilmente coinvolgibile in un
settore davvero cruciale come le NGAN. Anche qui, da un lato il principale motivo ‘ufficiale’ è che
il suo management troverebbe ostacoli ad intervenire in un settore piagato da fallimenti di mercato,
data la sua mission di Spa vincolata alla redditività; d’altro canto, però, alla luce del suo avvenuto
coinvolgimento in altri settori meno strategici e non meno rischiosi, si potrebbe pure ipotizzare che
l’ostacolo dirimente in fin dei conti sia quello dell’assenza della politica, garante di ultima istanza,
che per le NGAN tarda a manifestarsi.
4. Conclusioni ed implicazioni di policy
L’ambizione fondamentale di questo lavoro era di conoscere lo stato presente e di prevedere il
futuro sviluppo delle reti NGA nel Settentrione d’Italia e, più in generale, nelle aree trainanti per
l’economia e l’export del paese. Nel valutare lo stato dei piani di sviluppo di mercato e quelli
residuali dell’intervento pubblico, abbiamo voluto proporre una prima riflessione di tipo sia positivo
che normativo sui margini di manovra esistenti per rilanciare il ciclo degli investimenti
nell’economia digitale.
Pur con i limiti posti dalla frammentarietà dei dati disponibili, emergono comunque segnali
robusti circa uno stato di particolare svantaggio del Nord del paese nella dotazione di reti NGA, sia
in termini di copertura corrente che di piani di investimento futuri. Senza timore di usare toni
retorici, ci sembra che la scarsità dei fondi attivati (pubblici e privati) rispetto ai fabbisogni dello
sviluppo infrastrutturale possa prefigurare una vera e propria “questione settentrionale” - ricorrendo
ad un’efficace analogia evocativa della letteratura sul dualismo strutturale italiano. In tal senso, la
nostra analisi evidenzia regolarità largamente coincidenti con quelle recentemente evidenziate per le
stesse aree nel caso del divario digitale di base, il quale a sua volta si innesta in chiari ostacoli
demografici e oro-geografici.
Purtroppo, se il futuro delle strategie nazionali pubbliche e degli incentivi privati sarà simile
al recente passato, si può già da ora recitare il de profundis dei traguardi dell’ADE, senza aspettare
il 2020: non è infatti realistico attendersi un trend di assorbimento del divario digitale delle NGAN
sostanzialmente diverso da quello avutosi con la BL di base, lento e poggiante principalmente sulla
progettualità di attori regionali ‘illuminati’ e su un uso accorto e parsimonioso dei pochi fondi
comunitari disponibili. Al momento, sul tavolo politico nazionale, come indirettamente registrato
dallo stesso rapporto di Caio, Marcus e Pogorel (2014), sembra primeggiare la proverbiale strategia
italica del rimando del problema, concretizzantesi nel lasciare per alcuni anni al mercato la prima
mossa nelle aree più redditizie, e di intervenire gradualmente solo in quelle marginali, basandosi su
42
A cui, invece, fa riscontro l’inedito attivismo e risorse che vari Governi hanno profuso nella promozione di una
tecnologia sub-ottimale e ormai superata come la trasmissione wireless su protocollo DVB-TV (cosiddetto digitale
terrestre).
19
un mix di risorse ancora incerto - almeno per la quota di fabbisogno eccedente i fondi comunitari
(ipotizzando che almeno questi ultimi vengano attivati come da stime). Questo scenario, che magari
a qualche lettore potrà pure sembrare soddisfacente, contiene una serie di implicazioni, che è bene
esplicitare.
Il primo insieme di punti è che, nel progettare le notifiche degli interventi sulla ultra BL alla
Commissione UE, l’Italia ha deciso di investire fondi pubblici soltanto nelle aree NGA “bianche”
(per esse, del resto, l’autorizzazione di un aiuto di stato è proceduralmente più semplice e facile da
ottenere). Le aree bianche, però, essendo numerose e territorialmente molto estese, potranno porre
un problema di capienza di fondi pubblici disponibili, di fatto accertabile solo ex post, a bandi
conclusi e rendicontati. Ulteriormente, vale la pena di notare che le aree bianche includono solo una
parte di quello che oggi resta dei principali distretti industriali e delle zone a vocazione turistica più
importanti: la parte residuale, essendo “grigia”, da un lato rimarrà esclusa dai fondi pubblici, mentre
non avrà grosse certezze sugli investimenti privati. Infine, anche nelle aree destinatarie, i fondi
pubblici arriveranno, ma gradualmente e in parte probabilmente molto tardi, entro il termine di
spesa dei fondi (2023): il timing esatto dipenderà essenzialmente dalle capacità delle
Amministrazioni regionali e dagli esiti di riforma dei processi di spesa, che nelle intenzioni
dell’attuale Governo dovrebbero migliorare con l’attivazione di appositi Piani di riorganizzazione
amministrativa e dell’ennesima neonata Agenzia - quella per la coesione territoriale.
Un secondo tema è che, nella particolare situazione italiana di elevato potere di mercato
presente nella BL fissa43, i piani di investimento privati nella rete cablata degli OLO di fatto già da
ora seguono (in una relazione di complementarietà strategica) quelli di Telecom Italia: le vicende
recenti dell’abbandono dei piani FTTH di Metroweb e Fastweb ne sono un esempio emblematico.
Ora, l’immediata implicazione di questo quadro è che, complice la complessa e travagliata
situazione finanziaria e di governance di Telecom Italia, finora fluttuante senza uno stabile
ancoraggio al paese, non emergono sul fronte dell’incumbent elementi che lascino pensare ad un
maggiore impegno in quello che di fatto è un mercato in declino – specie per la componente di rete
fissa. Va infine ribadito che, scegliendo il FTTC anziché il FTTH, il principale operatore nazionale
di rete fissa ha di fatto già imposto al paese la sua strategia innovativa, consistente in una rete di
ultra BL di second best a più rapida obsolescenza.
Pertanto, la non-scelta governativa di aspettare che il mercato NGAN risolva da solo il suo
fallimento, prima di valutare se e come intervenire con soluzioni più drastiche (ad esempio, con la
separazione della rete e la sua ri-nazionalizzazione), reca in sé gradi di rischio che, alla luce della
gravità del quadro macroeconomico e competitivo del paese, non ci paiono dissimili da quelle del
gioco d’azzardo. Con una battuta finale, riteniamo che il Nord del paese, e più in generale le sue
aree produttive trainanti, non possano permettersi di aspettare, rischiare e resistere tanto a lungo.
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