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Marika Borrelli – Januaria Piromallo
COME PESCI NELLA RETE
Trappole, tentacoli e tentazioni del Web
ARMANDO
EDITORE
Sommario
Presentazione di GIANNI PERRELLI
11
Prefazione di MARIA LUISA AGNESE
13
Premessa
15
Italiani, siete connessi?
17
L’Italia vista dai social media
19
Quando finisce un amore?
22
Il tasso di popolarità (alle stelle o alle stalle?)
24
Stai su FB?
27
Che foto metto?
30
Chi cucca di più?
33
Fèisbuk, il film. La storia vera di Mark il lentigginoso
34
Cazzeggiare su FB è come essere innamorati
37
Telefonare è preistoria o fa VIP?
39
LGBT
41
Ehi, sto su fèisbuk!
43
Si può cambiare il mondo attraverso il Web?
45
L’acchiappanza via internet (primo tempo)
49
Altrove si è migliori. Specie sul Web
51
All’inizio fu il tamagotchi
53
L’ora e il giorno di punta
55
Mamme nella rete (atto primo)
57
Gli apocalittici
58
Bannati
60
Amici, ex-amici e conoscenti
63
Come ti riaggiusto un matrimonio
66
Nascita e morte di Second Life
68
E-baizzàti
70
Youtubati
72
Twitter no?
74
E tu sei un fan di BB o di iP?
(ovvero: La guerra della frutta. Mirtilli contro mele)
77
Esse-emme-esse
78
Un pubblico per tutti
84
Quelle del day-after
86
Facebookisti (un catalogo provvisorio)
87
Le mimose fioriscono a gennaio. Sul Web
89
Ti scippo su Twitter (la Banda Bassotti on line)
91
Lunga vita al gossip?
92
Ke nobile gossip!!!
94
La conduttanza del grafo (sic)
95
Sorelle dietro la rete
97
Turn off, slow down, unplug: spegni, rallenta, stacca
99
La suadente voce del GPS
102
Decluttering (ma che significa?)
105
Occhio agli occhi
109
Il Web come la spiaggia di Rimini
111
Come fu che mia moglie rimase incinta…
113
Un anno di email (ovvero: spam, catene, bufale e affini)
115
South Park prende in giro anche FB
118
Anche Kissinger. Non solo Nichi
120
Lettori 3.0
123
Dillo ad Obama
126
Le ciacole della vicina
128
Coltivare la distrazione con la cyber-fuffa. Farmville aiuta
130
Il divorzio ai tempi di FB
132
“I social network non fanno la felicità” (Z. Baumann)
135
Lie to me. Ma non troppo
138
Le vite degli altri
140
Una relazione complicata
142
Appaio, dunque sono
146
Se mi accetteraiii…
149
Retrosexuals
153
Quando FB dà ai nervi
155
Gente della nostra età. Il disimpegno
156
Gente della nostra età. L’impegno
159
Il 13 febbraio
161
Proprio non lo voglio sapere
163
Per una netiquette
164
Sulla pràiv’si. Ovvero le impronte digitali
(non nel senso di polpastrelli)
168
It’s a small world (è un piccolo mondo)
174
Dare i numeri
177
La “singolarità”
180
Aver compagno a duolo
182
La maledizione del Karma pesante
185
Di umore blu
187
Di matrimoni e tradimenti
190
Piccoli Fratelli
196
Centoeuno da eliminare
198
Nuove professioni: il troll
203
Politici in rete: british-style o Totò?
210
L’acchiappanza sul Web. Secondo tempo
212
Fèisbukaioli
215
Uno tsunami di informazioni
216
Commento o non commento?
223
Son tutte blogger le mamme del mondo
226
L’insulto corre sul network
234
Rivoluzioni e social media
236
Il mondo del lavoro attraverso i social media
243
Dunbar. Chi è costui?
248
L’adolescenza 3.0
256
Fèisbuk, più che mai
263
Psicoanalisi digitale
267
I Quattro Cantoni
269
Donna tecnologica
271
Avvertenze e ringraziamenti
275
Postfazione di BRUNO GIURATO
277
Glossario
281
Possiamo dedicare il libro a qualcosa e non a qualcuno?
Sì?
Alla nostra amicizia, allora.
E al rooibos che beviamo assieme.
Marika e Januaria
Presentazione
Quando mi è giunto l’amichevole invito a presentare un libro che
è un po’ la summa dell’universo telematico, confesso di aver pensato
a una provocazione. In fatto di blog e social network sono ancora alle
aste. Non vivendo nelle caverne, ho ovviamente consapevolezza della
rilevanza rivoluzionaria di Facebook e Twitter. Ma tra l’omologazione all’obbligo di presenza sulle lavagne elettroniche e il piacere della
privacy ho sempre scelto la seconda opzione. Il computer continuo a
usarlo come un ferrovecchio, per pratiche rudimentali come la stesura
di testi, caute perlustrazioni su Google, banali invii di mail. Come se
mettessi in moto la macchina solo per fare il giro dell’isolato.
Questo istintivo rigetto per le potenzialità smisurate del Web mi ha
procurato una reputazione di snob. O di fossile insensibile all’evoluzione dei rapporti umani. Fra i miei amici, solo i dietrologi più fantasiosi
ipotizzano che una così irriducibile resistenza celi in realtà il disegno
di non venire spiato dalla Cia. La prospettiva giurassica non ha però
mai limitato la mia innata curiosità per i fenomeni virtuali. Se rilutto a
viverli da protagonista, non disdegno di osservarli da spettatore. Forse
solo per compiacermi di rimanerne fuori.
Non mi costa però confessare che la lettura di questo libro ha un po’
incrinato le mie granitiche sicurezze. Seguendo come un apprendista
Ulisse il rocambolesco viaggio delle due autrici nel variopinto mondo
dei tentacoli e delle tentazioni sono rimasto anch’io impigliato come un
pesce nella Rete. Stordito dagli intrecci romanzeschi che si sviluppano
nel cyberspazio ma anche dai numeri. Se 800 milioni di individui non
ne possono prescindere nelle loro relazioni sociali; se le rivolte contro
le tirannie anziché le armi adottano le nuove tecnologie; se la metà della
giornata degli utenti del primo mondo, dagli adolescenti brufolosi ai top
manager, si dipana davanti a un display vuol dire che il mondo virtuale
per una larga fetta di umanità è diventato reale. Oggi si fanno più affari
davanti al computer che nei meeting al vertice; ci si fidanza più col Web
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che coi corteggiamenti bocca a bocca; si fa più politica con il tam tam
telematico che con i comizi. Sì, la vita è tutta un click. E il mondo reale
sta diventando solo un surrogato, o meglio un sottoprodotto, di quello
virtuale.
Mentre riflettevo sulle conseguenze di queste rivoluzionarie frontiere, ho ricevuto l’ennesimo invito di alcuni amici a unirmi al magico
mondo di Facebook. Dopo la descrizione degli straordinari benefici che
avrei ricavato iscrivendomi al club, mi veniva comunicato l’elenco di
una serie di persone che avrei potuto finalmente conoscere. In cima alla
lista c’era il profilo di mio figlio Lorenzo. È stato in quel momento che
ho deciso di rimanere giurassico per sempre. Sarebbe stato troppo doloroso dover ammettere di aver vissuto invano. Perfino come padre.
GIANNI PERRELLI1.
1
12
Inviato speciale e grande “penna” de «L’Espresso».
Prefazione
In principio fu Januaria, napoletana verace e zingara chic, innamorata del dettaglio sociale non malevolo che raccoglie nel suo nomadismo
compulsivo, facendo svolazzare di festa in festa i riccioli tizianeschi.
Poi arrivò Claudio Sabelli Fioretti che una sera a cena le consigliò,
dato il suo pendolarismo fra Napoli, Milano e la svizzera Gstaad, di
farsi un blog: “Ne avrai di cose da raccontare”, deve averle detto. E lei
che – a ragione – considera Sabelli un maestro, prese il titolo azzeccato
di un suo libro, Bella e d’annata, lo scrisse tutto di seguito senza spazi
e si fece “il blog”.
Ma siccome Januaria ha sempre paura di non aver fatto abbastanza e veleggia verso la perfezione, allenata com’è stata anche lei alla
scuola del «Panorama» d’antan, chiamò Marika, la versione sociale
del suo interesse per la società, ad aggiungere un più serio lato B ai
suoi racconti. E proprio per non essere accusata di vedere la storia solo
dal buco della serratura (paura futile perché la storia, si sa, si capisce
meglio dal dettaglio), le ha chiesto di inserirli in una cornice di dati e
interpretazioni.
Così, alla fine, è venuto fuori quello che state leggendo, un campionario della contemporaneità, uno specchio delle nostre brame, dei nostri
cambiamenti, delle nostre paure tutte precipitate nella Rete, in cui le
nostre due autrici si autodichiarano intrappolate. E difatti Come Pesci
nella Rete è l’azzeccato titolo: lo so, Sabelli non è d’accordo, ma per
una volta dissento dal mio/nostro maestro.
Perché nella Rete ormai ci siamo tutti, gli invasati e i recalcitranti,
chi ne ha fatto una ragione di vita e chi la prende a dosi omeopatiche
aiutato da un pizzico di snobismo. A volte mi chiedo: senza Facebook
(ma qui, vi avverto, lo troverete sempre scritto “fèisbuk”, interpretato con leggera saggezza partenopea), Twitter, iPad, iPhone, e il nostro
amato Google come sarebbero le nostre vite: più semplici o più complicate? Ma subito accantono il dilemma alla voce domande retoriche.
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La Rete pervade le nostre vite e per capirlo basta scorrere i titoli e i
capitoli del libro di Marika e Januaria, un mondo parallelo dove tutto si
può fare/aggiustare/comporre e le tappe di una vita, dall’acchiappo al
matrimonio al divorzio, vengono riformattate in ironici neologismi.
E ancora più ci cascheremo in questa Rete globale quando gli strumenti saranno ancora più accessibili ed estesi a numeri sempre più
grandi: il miliardario indiano Azim Premji sta studiando, nel centro di
ricerca della Wipro a Bangalore, un iPad ultraeconomico, che costerà
25 euro, e assicura che ce la farà entro il prossimo anno: pensate voi
cosa potrà significare, e non solo per l’India.
Il problema semmai è quello di usarla con giudizio, la tecnologia, di
saperla pilotare e non farsi mangiare la vita da lei: il popolo della Rete
è già a caccia di nuove regole di autolimitazione, stanno nascendo galatei (non leggere email almeno a tavola, prendersi un giorno di riposo
sabbatico a settimana, e via inventando) perché la Rete sia strumento
facilita-vita e non trappola per mentire non solo agli altri ma, quel che
è più grave, a se stessi.
Il Truman Show insegna: saper di essere in gabbia è già qualcosa,
no?
Tutto quello che corre sul Web ci ha cambiati irreversibilmente in
una rivoluzione silenziosa che proprio perché ancora in atto fatichiamo
a comprendere fino in fondo. Ma con la guida di queste due critiche
appassionate si comincia a capire come e quanto la Rete abbia agito
dentro ognuno di noi.
E chi la conosce non la evita, ma impara ad usarla.
MARIA LUISA AGNESE2.
2
14
Strepitosa e autorevole giornalista del “Corriere della Sera”.
Premessa
Abbiamo accumulato per mesi tutto il materiale che si poteva trovare in giro, sul Web, sui settimanali o sui quotidiani che (io, Marika)
divoro nelle mie ansimanti rassegne stampa, ogni mattina con mug di
caffè bollente d’ordinanza, prima di andare in ufficio a guadagnarmi il
pane (con la scrittura, si sa, non si mangia).
In questi mesi io e Januaria abbiamo affastellato in un raccoglitore
tanti fogli sparsi, acchiappati qua e là, preso appunti e ritagliato articoli
con un unico denominatore: Facebook, i social network e i social media
più in generale.
La voglia di metterci a scrivere ci è venuta però quando abbiamo
visto un micro-video del «TIME Magazine», relativo alla Person of the
Year del 2010, Zuckerberg, l’inventore di Facebook ovviamente. Mark
il rosso è la persona più giovane che abbia avuto l’onore di diventare
POY, dopo Lindbergh, il trasvolatore.
In questo velocissimo – ma ben fatto – filmato (si trova facilmente
digitando su Google “POY 2010”), si apprende che ogni 60 secondi, sul
social network più usato del mondo, con più di 8003 milioni di utenti,
succedono migliaia e migliaia di cose. Tipo: si scrivono 510.404 commenti, e si approvano (click su “mi piace”) 382.861 post, si confermano 98.604 richieste di amicizie, si pubblicano 79.364 post in Bacheca,
come pure s’inviano 74.204 inviti ad eventi. Ecco cosa fa il più grande
markettificio on line.
Numeri impressionanti, come pure è impressionante il grafico luminoso delle transazioni e dei reticoli di amicizia tra le aree geografiche
del pianeta: più relazioni, più luminosità. Così, brillano di più l’America e l’Europa – dove primeggia l’Islanda, con l’86% della popolazione collegata (e ci credo! Spersi come sono nell’Atlantico ) – mentre
l’Africa è quasi spenta, come lo sono intere distese dell’Asia centrale.
3 Alla
data di uscita di questo libro non so a quanti saranno arrivati. Come l’India?
Come la Cina?
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“Uàu!”, ci siamo strizzate l’occhio con complicità. Ed è così che abbiamo iniziato il nostro viaggio su internet. Abbiamo preso carta e penna,
pardon (e chi lo fa più!), abbiamo aperto il nostro Word.
Ultimamente, più che la nazionale di calcio o su chi vincerà il Grande Fratello, in famiglia o tra amici si finisce a parlare di fèisbuk. Apocalittici contro integrati. Chi è a favore (per lo più donne) suscita sospetti
di incipiente tradimento del partner. Chi è contro (per lo più uomini),
di converso, vuole confermare per vie “moraliste” la propria fedeltà
al partner. Nulla di più sbagliato. Negli USA, Cedric Miller, il Pastore
accanito contro Zuckerberg, è stato sconfessato con la scoperta di ben
tre sue relazioni adulterine contemporanee, di cui una omosex («Huffington Post» del 23 nov 2010). Quindi, non è una questione di internet.
Insomma, fèisbuk (da adesso in poi lo chiamiamo così, alla napoletana) è un fenomeno ed una fenomenologia. Oggigiorno, non si può
considerare correttamente il panorama delle relazioni sociali senza considerare lo speculare mondo dei social network, quei luoghi-non-luoghi
in cui le persone un po’ si re-inventano, un po’ si ritrovano, magari
diverse e migliori. Un po’ dietro lo specchio e un po’ attraverso il buco
della serratura.
Ne parleremo in questo libro, un post alla volta. Un po’ alla volta.
Seriamente o scanzonatamente.
Questo libro è appunto pensato come una raccolta di post (inediti al
97%) suggeriti dalla lettura di notizie e curiosità, scritto a due voci, la
mia e di Januaria. Io (l’occhialuta) e lei (la bellissima) ci scambiamo la
tastiera, lo stile e gli argomenti un po’ come già facciamo da qualche
tempo sul blog semi-serio, dove ci sfoghiamo o ci raccontiamo (www.
bellaedannata.it), un po’ dedite al petteguless e un po’ a fare le pulci a
quello che ci capita.
Chiudiamo la premessa con un sarcastico aforisma, trovato su fèisbuk (where else?), dedicato a tutti quelli che si scoprono scrittori e,
quindi, aprono un blog:
“Non sei un intellettuale. Non sei un artista. Non sei un critico. Non
sei un poeta. Hai semplicemente un accesso ad internet (qualche fesso
che ti legge lo troverai sempre4)”.
Ecco, a noi sarà successo così.
M&J
4
16
Questa chiosa fulminante è di Januaria.
Italiani, siete connessi?
La risposta è “assolutamente sì”. Siamo pronte a dare i numeri. Circa la metà della popolazione italiana (26 milioni e 600 mila persone) si
è collegata almeno una volta al mese alla Rete nel mese di maggio 2011
(dati Audiweb). Tredici milioni di Italiani sono naviganti attivi continuativi. Nonostante questi dati, però, la possibilità di collegamento non
è tra le migliori tra i Paesi industrializzati. Gli Italiani telematicamente
attivi, però, passano sette ore al mese (in media) connessi a fèisbuk, risultando i primi al mondo. Secondo vari report, noi Italiani siamo abbastanza in ritardo su molte cose socio-culturali (lettura di libri e giornali,
digital divide5, maschilismo imperante), ma su fèisbuk non abbiamo
rivali: ci vanno tutti. Dall’operaio al cassintegrato, dal nonno al nipote,
dal manager alla casalinga di Voghera. I numeri dei profili che parlano italiano aumenteranno (almeno nel prossimo biennio) e lentamente
aumenterà anche la media del tempo trascorso a cazzeggiare sul social
network. Contrariamente a quello che si dice (ma forse non si pensa),
fèisbuk è più di una moda (quindi non declinerà nell’immediato): è una
dipendenza, una second life non troppo immaginaria, ma comoda e accogliente, sempre aperta, mai respingente.
In Italia ci sono più di 21 milioni di iscritti (pari all’80% degli utilizzatori di internet e al 90% dei giovani fino a 24 anni) e le statistiche ci
dicono che il boom dei nuovi profili è ora tra gli over 55, desiderosi di
contatti e forse di sentirsi “vivi”.
Sembra assurdo, ma fèisbuk dà questa impressione: sentirsi vivi
perché inseriti in un flusso di informazioni e condivisioni. Altro che
i vagheggiamenti sul sesso virtuale e Second Life (ormai defunto): è
fèisbuk il luogo più simile alla vita che vorremmo. Qualcuno (del Poli5
Più che differenza digitale, quello italiano è un vero e proprio tracollo digitale:
niente internet libero, niente banda larga per tutti (penultimi nella UE), nessun piano
né soldi per le reti digitali nazionali (51° posto nella classifica mondiale). A che titolo
stiamo ancora nel G8?
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tecnico di Milano) ha detto che per gli Italiani fèisbuk è un ecosistema,
tanto vivo e vitale che oramai come concetto si è sovrapposto al Web
nella sua globalità. Più che su Google, la vita scorre nel “pianeta Zuckerberg” dove troviamo tutto quello che ci serve, nel modo in cui ci
piace averlo.
Con i dovuti accorgimenti, possiamo modificare il tipo di cose che
vogliamo sapere e condividere, nascondere tutti i rompiscatole (ne parliamo in un paragrafo a parte) che ci mandano “cuori”, “baci”, “abbracci” e paccottiglia varia, pretendendo pure di essere ricambiati, come
una sublimazione delle “catene di Sant’Antonio”.
Nonostante tutto, anche sciocchezze simili (del tipo “Condividi se
vuoi una sorpresa entro 30 secondi”. Ma va?) diventano caramelle per
l’anima e finché stiamo attaccati a quello schermo acquietiamo le ansie.
Perché ci sembra tutto sotto controllo. Almeno questo piccolo mondo (o
meglio, palinsesto) che ci siamo illusi di creare.
Qualche psicologo apocalittico ci avverte dei pericoli di questa irrealtà, in cui abbiamo abdicato alla privacy.
Ma siamo davvero sicuri che è così pericoloso? Siamo proprio sicuri
di non voler assalti alla nostra privacy? Abbiamo una privacy da difendere, noi, scienziati della ropografia (filosofia delle piccole cose)?
Pensiamo per un attimo a quelle massacranti riunioni tra amici e
parenti per vedere foto e filmini di nozze-vacanze-compleanni. Ora li
postiamo su fèisbuk con più comodità e ci sentiamo gratificati quando
qualcuno clicka “mi piace”. Andiamo in solluchero quando qualcuno
osa un commento di piacere e pensiamo che, sì, la vita è bella.
Caramelle per l’anima, appunto.
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L’Italia vista dai social media
WWW sta per “ragnatela grande quanto il mondo”.
L’idea della ragnatela restituisce un’immagine di uniformità della
Rete informatica che avvolge il pianeta.
In questo intrico di cavi e connessioni, in questi fili d’aria che spesso
rimbalzano dai satelliti o viaggiano sottomarini, si ritagliano, però, reti
dai confini più ristretti: i social networks.
Il più famoso è Facebook. Ha circa 800 milioni6 di utenti (di cui più
di mezzo miliardo attivi, cioè che frequentano regolarmente il social
network) e pare sia destinato a crescere ancora, se non altro perché sta
per essere quotato in borsa. Se fosse una nazione, starebbe tra l’India e
gli USA.
Orbene, all’interno di questa cyber-nazione chiamata Facebook,
inoltre, ognuno crea una personale e più piccola ragnatela in cui sono
presi gli “amici”, distinti in reali e virtuali. Sarebbero quelli con cui ci
si conosceva “prima” di fèisbuk e quelli che hai “incontrato” su fèisbuk.
Gli Italiani iscritti a questo social network sono circa 19 milioni. Gli
Italiani (lo abbiamo già scritto un attimo fa) sono il popolo che passa
più tempo connesso a FB (circa 7 ore al mese, ma pensiamo sia una
stima ribassata).
FB è l’unico posto dove, se vuoi, puoi evitare certe persone, oscurarne altre, bloccarne alcune, senza venir sanzionato più di tanto. Nonostante ciò che dicono gli apocalittici, un social network è un buon
sistema per normalizzare le relazioni interpersonali, peccato solo che
siano virtuali.
6 Sono un po’ tutti i social network che aumentano gli iscritti, tranne MySpace che
sta collassando di brutto. Da LinkedIn (+58% da maggio 2010 a maggio 2011) a Twitter, passando per l’esplosivo Tumblr (+166% stesso periodo).
19
Su FB, in particolare, ti puoi scindere da te stesso: puoi mostrare
l’altra faccia di te, spesso non la migliore, nonostante gli sforzi per apparire più accettabili. Non un fake, un’altra identità, ma uno uguale a
te, solo più sottolineato in taluni aspetti. Gli Italiani sono stra-bravi in
questo. Per tantissimi italioti il social network in bluette è una sorta di
armatura o corazza che li protegge mentre allegramente scrivono parolacce (tanto per sfogarsi), postano dichiarazioni che non farebbero
mai de visu, condividono filmati sconci, mettono come foto del profilo
il fotogramma dell’UomoTigre o la foto-tessera della patente presa a
diciott’anni. E nessuno in fin dei conti se ne cale più di tanto, tutt’al più
ride o sorride: è un gioco.
Trovi anche maschi tra i cumuli di stelline, di cuoricini e frasi da
coma diabetico. Rosari di aforismi, o idiozie, righe di canzoni e poesie,
roba che se fatta circolare in un ufficio o in fabbrica solleverebbe una
hola di pernacchi (al maschile, come c’insegnò Eduardo).
E che dire delle foto? La maggior parte delle italiche donne iscritte
a fèisbuk (giovanissime, giovani e diversamente tali) sono tutte in pose
da strappona, o da zambroccola (ma ne riparliamo più in là).
Non tutte le cyber-dissonanze degli Italiani, però, sono folk come
quelle appena descritte.
Su FB è più facile offendere i disabili, gli omosessuali, gli extracomunitari e i comunisti (minoranza da tutelare in riserva, tanto sono
sparuti e ormai irretiti) e si è scoperto che agli Italiani piace questa non
sanzionata attività.
Su FB i timidi iscritti del piddì possono (nascondendo la loro tessera) postare richieste tipo “Alemanno dimettiti” (più facile a metterci un
link che a dirlo in giro) o confessarsi su quello che davvero pensano di
Casini e succedanei. Magari, riescono pure a riflettere in autonomia sul
ricatto dell’ex compagno Marchionne, quello dal maglioncino casual,
convertito al SUV.
È su FB che gli Italiani dicono più spesso la verità o raccontano la
realtà, seppur sovraccaricata e kitsch. Ed è realtà anche quando gli inneggiatori del PDL postano con convinzione che “W la foca” è meglio
che “W la scuola (ma anche la sanità, l’acqua, la ricerca) pubblica”.
Gli Italians sono divisi tra le loro timidezze pubbliche e le loro
spavalderie mediatiche, tra le loro codardìe fattuali e il Web coraggio,
la loro confusione civica e la determinazione digitale. In bene ed in
male.
20
Nell’anno del 150º dell’Unità della nostra nazione, scopriamo che
la più grande divisione sta proprio qui, tra gli Italiani fuori e dentro un
social network di moda.
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