Avvocato, professionista senza frontiere. L`esercizio in Italia della

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Avvocato, professionista senza frontiere. L`esercizio in Italia della
Avvocato, professionista senza frontiere.
L’esercizio in Italia della professione d’avvocato da parte dei cittadini comunitari.
- Michele Lucherini - avvocato del foro di Lucca -
Sommario
Le direttive Europee, p. 1
Esercizio occasionale e saltuario dell’attività professionale d’avvocato, p. 1
La direttiva sul riconoscimento dei diplomi, p. 2
L’esercizio permanente dell’attività professionale degli avvocati europei in Italia, p. 3
L’avvocato stabilito, p. 4
L’avvocato integrato, p. 10
L’avvocato semi-integrato, p. 12
De iure condendo, p. 13
Appendice normativa, p. 14.
Le direttive europee
Il decreto legislativo 2 febbraio 2001 n. 96 dà attuazione alla direttiva europea del 16 febbraio 1998
(n. 5/98 - Ce), sulla libertà di stabilimento degli avvocati.
Si tratta della conclusione di un procedimento per l’integrazione dell’attività professionale forense
in Europa, iniziato con la direttiva sulla libera prestazione dei servizi da parte degli avvocati[1] e
proseguito con la più recente direttiva sul riconoscimento dei diplomi[2].
Esercizio occasionale e saltuario dell’attività professionale d’avvocato
Con la prima direttiva - 77/249/CEE - si è consentito agli avvocati l’esercizio di un’attività
professionale saltuaria e occasionale in ogni nazione europea, utilizzando il titolo professionale del
Paese d’origine.
La legge italiana - che ha recepito la citata direttiva - prevede che l’avvocato debba rispettare le
norme legislative, professionali e deontologiche dello stato italiano, osservando pure le
incompatibilità previste per gli avvocati italiani.
Per svolgere l’attività giudiziale, devono essere rispettate le seguenti semplici condizioni:
a) l’assunzione dell’incarico deve essere tempestivamente comunicata all’autorità giudiziaria
ed al presidente dell’Ordine degli avvocati competente per territorio;
b) le prestazioni connesse con l’incarico devono essere svolte di concerto con un avvocato
italiano iscritto all’albo ed abilitato all'esercizio della professione dinanzi all’autorità adita;
c) l’avvocato od il procuratore di cui alla precedente lettera b) assicura i rapporti con il
giudice e s’impegna, nei confronti del medesimo e nello svolgimento delle prestazioni
professionali, all’osservanza dei doveri imposti ai difensori dalle norme vigenti.
Per l’attività stragiudiziale o di consulenza, tali condizioni ulteriori non sono previste ed è quindi
sufficiente l’osservanza delle prescrizioni ordinarie, delle norme che garantiscono il corretto
esercizio dell'attività professionale e la dignità della professione, ivi comprese le norme riguardanti
il segreto professionale, la riservatezza ed il divieto di pubblicità.
E’ consentito anche l’esercizio della professione avanti le giurisdizioni superiori (Corte di
Cassazione e Consiglio di Stato ed altre), purché l’avvocato estero abbia l’anzianità richiesta agli
avvocati italiani (dodici anni di professione).
La direttiva sul riconoscimento dei diplomi
La direttiva n. 89/48 CEE riguarda tutte le professioni.
Il Decreto legislativo che l’ha accolta in Italia consente ai singoli professionisti di ottenere il
riconoscimento nel Paese ospitante del proprio diploma e, quindi, di esercitare a tutti gli effetti con
lo stesso titolo del collega autoctono, dopo aver sostenuto una prova attitudinale per la verifica
dell’idoneità, oppure lo svolgimento di un tirocinio di tre anni.
Per la professione d’avvocato, è richiesto in ogni caso il superamento della prova (piccolo
esame)[3].
L’esercizio permanente dell’attività professionale degli avvocati europei in Italia
Oggi il decreto legislativo 2001/96 - che ha accolto la direttiva n. 98/5/CEE - riconosce
definitivamente il diritto per gli avvocati di esercitare stabilmente in ogni Paese europeo e di
ottenere, dopo tre anni d’attività, il riconoscimento del titolo del Paese ospitante.
In estrema sintesi, dunque, i punti salienti sono:
a)
L’avvocato straniero che intende stabilirsi in Italia (in altre parole, esercitare
stabilmente la professione forense) deve richiedere l’iscrizione in una sezione speciale
dell’albo costituito nella circoscrizione del tribunale ove ha fissato stabilmente la sua
residenza o domicilio: diventa in tal modo avvocato stabilito. Dopo tre anni d’esercizio
effettivo e regolare della professione, l’avvocato stabilito diventa avvocato integrato. Vale a
dire, può utilizzare il titolo d’avvocato italiano;
b) L’attività professionale in Italia può essere esercitata in forma individuale oppure
comune, secondo il tipo della società tra professionisti (STP);
c)
Gli avvocati stabiliti possono essere soci di tale società e anche le società costituite
all’estero possono svolgere attività in Italia, nel rispetto delle condizioni fissate.
Il decreto legislativo 96/2001 precisa anzitutto che l’esercizio permanente in Italia della professione
d’avvocato è consentito ai cittadini membri dell’Unione europea e dello Spazio economico
europeo[4], che siano in possesso del relativo titolo professionale.
Rimangono certamente in vigore la disciplina per la prestazione dei servizi in forma occasionale e
saltuaria[5], e la disciplina sul riconoscimento dei diplomi[6], che riguarda tutte le professioni,
come ho già detto.
L’avvocato stabilito
La richiesta d’iscrizione all’albo - L’avvocato europeo, dunque, in possesso di un titolo
riconosciuto dal suo Stato, può stabilirsi in Italia e chiedere di esercitare l’attività[7], utilizzando il
proprio titolo professionale d’origine[8].
Egli è tenuto ad iscriversi in una sezione speciale dell’albo costituito nella circoscrizione del
tribunale in cui ha fissato stabilmente la sua residenza o domicilio; a questo fine, egli deve
presentare una specifica domanda[9] corredata di vari documenti in lingua italiana o dichiarazioni
sostitutive e cioè:
Certificato di cittadinanza;
Certificato di residenza o una dichiarazione con indicazione del domicilio professionale;
Attestato d’iscrizione all’organizzazione professionale (Consiglio dell’Ordine) dello Stato
membro d’origine.
Come si vede, il requisito della residenza è alternativo a quello del domicilio professionale.
L’avvocato europeo che intenda stabilirsi in Italia deve rispettare le norme sulle incompatibilità
(quali fissate dall’articolo 3 della legge professionale forense) e, in genere, tutte le norme
legislative, professionali e deontologiche che disciplinano la professione d’avvocato in Italia.
La delibera del Consiglio dell’ordine - Sulla domanda dell’interessato provvede il Consiglio
dell’ordine (entro trenta giorni), ordinando l’iscrizione nella sezione speciale dell’albo, ove
sussistano le condizioni richieste. Di quest’iscrizione è data comunicazione alla corrispondente
autorità dello Stato membro d’origine.
Qualora, invece, non sussistano i requisiti, la domanda può essere rigettata, ma soltanto dopo aver
convocato l’interessato.
La decisione di rigetto deve essere motivata ed essere notificata entro quindici giorni all’interessato
e al procuratore della Repubblica. Se il Consiglio dell’Ordine non provvede entro trenta giorni dalla
presentazione della domanda, l’interessato può proporre impugnativa al Consiglio nazionale
forense, il quale decide sul merito dell’iscrizione.
I diritti e i doveri conseguenti all’iscrizione - Una volta iscritto nella sezione speciale dell’albo,
l’avvocato stabilito acquisisce i seguenti diritti (molto spesso collegati ai corrispondenti doveri):
a) Ha diritto d’elettorato attivo, con esclusione di quello passivo. L’avvocato può
partecipare quindi alle elezioni forensi, ma non può essere eletto;
b) Ha diritto di far uso del titolo professionale del Paese d’origine, indicato per intero nella
lingua della citata nazione, in modo comprensibile e tale da evitare confusione con il titolo
d’avvocato; può essere aggiunta anche l’indicazione dell’organizzazione professionale
ovvero della giurisdizione presso la quale l’avvocato è ammesso a patrocinare nel suo Paese
d’origine. Si tratta di un diritto, ma anche di un dovere, laddove s’impone di non creare
«confusione» con il titolo corrispondente d’avvocato italiano;
c) Ha diritto di esercitare l’attività di rappresentanza, assistenza e difesa nei giudizi civili,
penali, amministrativi e disciplinari, ma deve agire «d’intesa con un professionista abilitato
ad esercitare la professione con il titolo d’avvocato». Questo professionista assicura i
rapporti con l’amministrazione adita ed è responsabile del rispetto dei doveri imposti ai
difensori. Questa intesa deve risultare da scrittura privata autenticata o da dichiarazione resa
da entrambi gli avvocati al giudice adito o all’autorità procedente. Per l’attività
stragiudiziale, invece, non vi sono limitazioni e quindi l’avvocato può agire senza
alcun’intesa con avvocati italiani. L’avvocato stabilito può fornire in particolare la
consulenza legale sul diritto dello Stato membro d’origine, sul diritto comunitario e
internazionale, nonché sul diritto nazionale[10].
d) Ha diritto di esercitare avanti la Corte di cassazione e altre giurisdizioni superiori,
sempre d’intesa con un avvocato italiano, ma dimostrando di aver esercitato la professione
d’avvocato per almeno dodici anni in uno Stato europeo (tenendo conto anche degli anni di
stabilimento in Italia). A tal fine è previsto che il Consiglio nazionale forense provveda alla
creazione di una sezione speciale dell’albo, inserendovi gli avvocati stabiliti che ne facciano
richiesta e abbiano i requisiti[11].
Gli specifici doveri imposti all’avvocato stabilito
L’avvocato stabilito:
a)
Ha il dovere di rispettare le norme legislative, professionali e deontologiche che
disciplinano la professione d’avvocato in Italia;
b)
Deve rispettare le norme sull’incompatibilità;
c)
Deve assicurarsi contro la responsabilità professionale e deve frequentare i corsi di
formazione previsti, ove tali obbligazioni siano stabilite a carico degli avvocati italiani[12];
d)
Ha l’obbligo di presentare annualmente al Consiglio dell’Ordine un attestato
d’iscrizione all’organizzazione professionale d’appartenenza, rilasciato in data non
antecedente a tre mesi dalla data di presentazione, ovvero una dichiarazione sostitutiva;
e)
Non può utilizzare il titolo d’avvocato italiano;
f)
11).
Deve sottostare al potere disciplinare del Consiglio dell’Ordine competente (articolo
Il procedimento disciplinare.[13] L’articolo 11 prevede disposizioni specifiche e stabilisce che,
prima di avviare il procedimento, il Consiglio dell’Ordine ne dia immediata comunicazione alla
competente organizzazione professionale dello stato membro d’origine, fornendo ogni informazione
utile.
Le informazioni necessarie possono anche essere richieste al competente organo professionale del
Paese d’origine e questo può assistere alle udienze del procedimento per mezzo di rappresentanti,
presentando osservazioni. Analogo potere di partecipazione e di difesa spetta anche nel
procedimento avanti il Consiglio nazionale forense.
Le decisioni adottate in materia disciplinare dai Consigli dell’Ordine e dal Consiglio Nazionale
Forense sono immediatamente comunicate all’organizzazione professionale dello Stato membro
d’origine (con l’avvertenza che i dati non possono essere utilizzati al di fuori degli scopi propri
dell’organizzazione).
I provvedimenti dell’organizzazione professionale dello Stato membro d’origine, che comportano il
divieto definitivo o temporaneo d’esercizio della professione, determinano automaticamente il
divieto definitivo o temporaneo di esercitare in Italia; in modo analogo, se il procedimento
disciplinare è iniziato in Italia contro un avvocato stabilito all’estero, il Consiglio dell’ordine
italiano comunica la notizia al corrispondente organo professionale del Paese ospitante.
L’avvocato integrato
Dopo tre anni d’attività effettiva e regolare in Italia (esercizio reale d’attività professionale senza
interruzioni, che non siano quelle dovute agli eventi della vita quotidiana), l’avvocato stabilito:
a)
E’ dispensato dalla prova attitudinale (prevista dalla legge sul riconoscimento dei
diplomi[14]);
b)
Può iscriversi nell’albo degli avvocati;
c)
Può esercitare la professione con il titolo d’avvocato[15];
d)
È equiparato a tutti gli effetti all’avvocato italiano.
La domanda è presentata al Consiglio dell’Ordine presso il quale l’avvocato stabilito è iscritto e
deve essere corredata dalla documentazione attestante il numero e la materia delle pratiche trattate,
con riguardo al diritto nazionale, ivi compreso il diritto comunitario; devono essere date al riguardo
tutte le informazioni utili, anche sull’eventuale esistenza di procedimenti disciplinari pendenti o
definiti nel Paese d’origine[16].
Il Consiglio dell’Ordine verifica la sussistenza delle condizioni e decide sulla domanda nel termine
di tre mesi, con tutte le garanzie formali e sostanziali secondo le modalità già enunciate (notifica
all’interessato e al procuratore della Repubblica, che riferisce al Procuratore Generale; diritto
d’impugnativa al Consiglio Nazionale Forense). Il ricorso del pubblico ministero ha effetto
sospensivo. La deliberazione deve essere anche comunicata al ministero della Giustizia per
l’esercizio delle funzioni di vigilanza.
La domanda di dispensa (e quindi d’iscrizione all’albo) può essere rigettata in pendenza di
procedimenti disciplinari o per altri gravi motivi, qualora sussistano ragioni d’ordine pubblico.
Con l’avvenuta iscrizione all’albo, l’avvocato stabilito acquisisce il diritto di utilizzare il titolo
d’avvocato italiano, al quale ha il diritto di aggiungere quello professionale d’origine nella lingua
ufficiale dello Stato.
Ugualmente, l’avvocato integrato deve rispettare tutte le disposizioni legislative, professionali e
deontologiche che disciplinano la professione d’avvocato.
L’avvocato semi-integrato
Nel caso in cui l’avvocato stabilito abbia esercitato la professione per tre anni, ma abbia trattato
pratiche riguardanti il diritto nazionale per un periodo di tempo inferiore, la dispensa dalla prova
attitudinale non è automatica, ma è sottoposta alla condizione del superamento di un colloquio
presso il Consiglio dell’ordine[17].
Si tratta dunque di un avvocato stabilito, ma soltanto semi-integrato, poiché non ha completamente
soddisfatto alla previsione legislativa per tutto il periodo determinato.
Pure in questo caso, tuttavia, il colloquio può essere sufficiente ad attestare le conoscenze e le
esperienze professionali acquisite nel diritto italiano anche con la partecipazione a corsi e seminari;
in tale ipotesi, il Consiglio dell’Ordine accoglie la domanda secondo le modalità già esaminate.
De iure condendo
Oggi dobbiamo plaudire alla volontà di realizzare compiutamente l’integrazione europea.
Per il futuro, possiamo auspicare la prevedibile eliminazione del termine di tre anni per
l’integrazione e che si risolvano i rimanenti problemi legati soprattutto alla formazione ed
all’aggiornamento permanente di tutti gli avvocati nazionali, stabiliti od integrati.
Ciò al fine di attenuare, con una cultura comune, le disarmonie professionali che possiamo ancora
riscontrare nelle differenti tradizioni dei paesi europei.
Appendice normativa
Legge 9 febbraio 1982, n. 31 (in Gazz. Uff., 12 febbraio, n. 42).
- Libera prestazione di servizi da parte degli avvocati cittadini degli Stati membri delle Comunità
europee.
Preambolo
(Omissis).
-
Articolo 1
Qualifica professionale.
Sono considerati avvocati, ai sensi ed agli effetti del presente titolo, i cittadini degli Stati membri
delle Comunità europee abilitati nello Stato membro di provenienza ad esercitare le proprie attività
professionali con una delle seguenti denominazioni:
ovact-advocaat (Belgio);
advokat (Danimarca);
rechtsanwalt (Repubblica [federale] di Germania);
avocat (Francia);
barrister-solicitor (Irlanda);
avocat-avoué (Lussemburgo);
advocaat (Paesi Bassi);
advocate-barrister-solicitor (Regno Unito).
-
Articolo 2
Prestazione di servizi professionali.
Le persone di cui all'art. l sono ammesse all'esercizio delle attività professionali dell'avvocato, in
sede giudiziale e stragiudiziale, con carattere di temporaneità a secondo le modalità stabilite dal
presente titolo.
Omissis (1) .
(1) Comma abrogato dall'articolo 18 della legge 3 febbraio 2003, n. 14 -
Articolo 3
Uso del titolo.
Gli avvocati indicati all'art. 1 debbono fare uso del proprio titolo professionale, espresso nella
lingua o in una delle lingue dello Stato membro di provenienza, con indicazione dell'organizzazione
professionale cui appartengono ovvero dell'autorità giurisdizionale presso la quale sono ammessi ad
esercitare la professione a norma delle disposizioni vigenti in detto Stato.
-
Articolo 4
Doveri.
Per l'esercizio delle loro attività professionali, gli avvocati indicati all'art. 1sono tenuti
all'osservanza delle vigenti norme legislative, professionali e deontologiche, ad eccezione di quelle
riguardanti il requisito della cittadinanza italiana, il possesso del diploma di laurea in
giurisprudenza, il superamento dell'esame di Stato, l'obbligo della residenza nel territorio della
Repubblica, l'iscrizione in un albo degli avvocati e l'obbligo del giuramento.
-
Articolo 5
Incompatibilità.
Si estendono agli avvocati indicati all'art. l le norme sull'incompatibilità previste dall'art. 3 del regio
decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, nella legge 22 gennaio
1934, n. 36, e ulteriormente modificato con la legge 23 novembre 1939, n. 1949.
La disposizione di cui alla lettera b) del quarto comma del predetto art. 3 del regio decreto-legge n.
1578 del 1933 si applica agli avvocati legati da un contratto di lavoro ad un ente pubblico o privato
corrispondente, nello Stato membro di provenienza, a quelli indicati nella citata lettera b) .
-
Articolo 6
Prestazioni giudiziali.
Nell'esercizio delle attività relative alla difesa nei giudizi civili, penali ed amministrativi, gli
avvocati indicati all'art. 1 sono tenuti all'osservanza, oltre che delle prescrizioni di cui agli artt. 4 e5,
delle seguenti condizioni:
a) l'assunzione dell'incarico deve essere tempestivamente comunicata all'autorità adita
nonché al presidente dell'ordine degli avvocati competente per territorio;
b) le prestazioni connesse con l'incarico debbono essere svolte di concerto con un avvocato
o procuratore iscritto all'albo ed abilitato all'esercizio della professione dinanzi all'autorità
adita;
c) l'avvocato od il procuratore di cui alla precedente lettera b) assicura i rapporti con
l'autorità adita e si impegna, nei confronti della medesima e nello svolgimento delle
prestazioni professionali considerate, all'osservanza dei doveri imposti ai difensori dalle
norme vigenti.
-
Articolo 7
Prestazioni stragiudiziali.
Nello svolgimento delle prestazioni stragiudiziali, gli avvocati indicati all'art. 1 sono tenuti
all'osservanza, oltre che delle prescrizioni di cui agli articoli 4 e5, delle norme che garantiscono il
corretto esercizio dell'attività professionale e la dignità della professione, ivi comprese le norme
riguardanti il segreto professionale, la riservatezza ed il divieto di pubblicità.
-
Articolo 8
Patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori.
Gli avvocati indicati all'art. 1 sono ammessi al patrocinio davanti alla Corte di cassazione ed alle
altre giurisdizioni di cui all'articolo 4, secondo comma, del regio decreto-legge 27 novembre 1933,
n. 1578, convertito, con modificazioni, nella legge 22 gennaio 1934, n. 36, indipendentemente
dall'iscrizione nell'albo speciale di cui all'art. 33 del predetto regio decreto-legge n. 1578, purché
dimostrino di aver esercitato la professione per almeno dodici anni ovvero di essere ammessi ad
esercitare la professione nello Stato membro di provenienza dinanzi ad autorità giuridisdizionali
corrispondenti. (1)
(1) Comma modificato dall'art. 16, l. 1° marzo 2002, n. 39.
-
Articolo 9
Obbligo e contenuto della comunicazione.
Prima dell'inizio delle attività professionali nel territorio della Repubblica, gli avvocati indicati
all'art. 1sono tenuti ad inviare, direttamente al presidente dell'ordine degli avvocati nella cui
circoscrizione l'attività stessa deve essere svolta, apposita comunicazione in lingua italiana
contenente:
1) nome, cognome, luogo e data di nascita, cittadinanza e residenza o domicilio professionale;
2) titolo professionale posseduto ed organizzazione professionale cui sono iscritti ovvero
autorità giurisdizionale presso la quale esercitano la professione a norma delle disposizioni
vigenti nello Stato di provenienza;
3) recapito in Italia nel periodo di permanenza;
4) dichiarazione, sotto la propria responsabilità, di non trovarsi in alcuna delle condizioni di
incompatibilità indicate al precedente art. 5, e di non aver riportato sanzioni penali,
amministrative o professionali che possano influire sull'esercizio della attività professionale;
5) eventuale appartenenza a società professionali;
6) per lo svolgimento delle attività di rappresentanza e difesa in giudizio, indicazione
dell'avvocato o procuratore di cui alla lettera b) dell'art. 6 nonché della durata prevista
dell'attività da svolgere.
-
Articolo 10
Documentazione.
Ove lo ritenga opportuno, e comunque nel caso che le attività professionali da svolgere siano
relative alla rappresentanza e difesa in giudizio o dinanzi alle autorità pubbliche, il presidente
dell'ordine degli avvocati richiede all'avvocato che ha trasmesso la comunicazione di cui all'articolo
precedente idonea documentazione riguardante il possesso di uno dei titoli professionali indicati
all'art. 1ed il legale esercizio nello Stato membro di provenienza delle attività in questione.
-
Articolo 11
Disciplina professionale.
Nell'esercizio delle loro attività professionali, gli avvocati indicati all'art. 1 sono soggetti, per ogni
violazione delle disposizioni contenute o richiamate nel presente titolo, al potere disciplinare del
consiglio dell'ordine competente per territorio. Sono ad essi applicabili, con le modalità e le
procedure previste dall'ordinamento professionale, le sanzioni disciplinari contemplate dalle norme
vigenti.
Per l'istruttoria nei procedimenti disciplinari, il consiglio dell'ordine può richiedere direttamente le
informazioni necessarie all'organizzazione professionale di appartenenza dell'interessato ovvero
all'autorità giurisdizionale presso cui è ammesso a esercitare la professione.
Le decisioni adottate, in materia disciplinare, dai consigli dell'ordine degli avvocati e dal Consiglio
nazionale forense sono immediatamente e direttamente comunicate all'organizzazione o all'autorità
di cui al comma precedente.
-
Articolo 12
Adempimenti dei consigli dell'ordine e del Consiglio nazionale forense.
I consigli dell'ordine degli avvocati trasmettono al Consiglio nazionale forense copia delle
comunicazioni di cui all'art. 9 e lo informano delle determinazioni adottate nei confronti degli
avvocati indicati all'art. 1.
Sia i consigli dell'ordine sia il Consiglio nazionale forense prendono nota, in apposito registro, degli
avvocati che svolgono attività professionale in applicazione della presente legge e delle decisioni
adottate, in materia disciplinare, nei loro confronti.
-
Articolo 13
Tariffe.
Per le attività professionali svolte sono dovuti agli avvocati indicati all'articolo 1 gli onorari, i diritti
e le indennità nella misura stabilita in materia giudiziale e stragiudiziale a norma del vigente
ordinamento professionale.
-
Articolo 14
Adempimenti dei consigli dell'ordine degli avvocati.
I consigli dell'ordine degli avvocati rilasciano, su istanza degli avvocati iscritti all'albo che svolgono
attività professionale negli altri Stati membri delle Comunità europee oppure su richiesta delle
competenti autorità degli Stati predetti, attestati, certificazioni e notizie concernenti la posizione
professionale degli interessati.
-
Articolo 15
Disciplina professionale.
I consigli dell'ordine degli avvocati, non appena vengano a conoscenza di abusi o mancanze o
comunque di fatti non conformi alla dignità ed al decoro professionale, commessi nell'esercizio
dell'attività professionale in un altro Stato membro delle Comunità europee da avvocati iscritti
nell'albo, iniziano d'ufficio - indipendentemente dai provvedimenti adottati dalle autorità di detto
Stato - procedimento disciplinare con l'osservanza delle norme vigenti. L'esito del procedimento e
le decisioni adottate sono comunicate direttamente alla competente autorità di detto Stato.
Decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 115 (in Gazz. Uff., 18 febbraio, n. 40)
- Attuazione della direttiva n. 89/48/CEE relativa ad un sistema generale di riconoscimento dei
diplomi di istruzione superiore che sanzionano formazioni professionali di una durata minima di tre
anni.
Preambolo
(Omissis).
-
Articolo 1
Riconoscimento dei titoli di formazione professionale acquisiti nella Comunità europea.
1. Alle condizioni stabilite dalle disposizioni del presente decreto, sono riconosciuti in
Italia i titoli rilasciati da un Paese membro della Comunità europea attestanti una
formazione professionale al cui possesso la legislazione del medesimo Stato
subordina l'esercizio di una professione.
2. Il riconoscimento è concesso a favore del cittadino comunitario ai fini dell'esercizio
in Italia, come lavoratore autonomo o dipendente, della professione corrispondente a
quella cui è abilitato nel Paese che ha rilasciato i titoli di cui al precedente comma.
3. I titoli sono ammessi al riconoscimento se includono l'attestazione che il richiedente
ha seguito con successo un ciclo di studi postsecondari di durata minima di tre anni o
di durata equivalente a tempo parziale, in una università o in un istituto di istruzione
superiore o in altro istituto di livello di formazione equivalente (1) .
4. Se la formazione è stata acquisita, per una durata superiore a un terzo, in un Paese
non appartenente alla Comunità europea, il riconoscimento è ammissibile se il Paese
membro che ha riconosciuto i titoli acquisiti nel Paese terzo certifica, oltre al
possesso del titolo formale, che il richiedente è in possesso di una esperienza
professionale di tre anni.
(1) Comma così modificato dall'articolo 1 del D.LGS. 8 luglio 2003, n. 277.
-
Articolo 2
Professioni.
1. Ai fini del presente decreto si considerano professioni:
a) le attività per il cui esercizio è richiesta la iscrizione in albi, registri ed elenchi, tenuti da
amministrazioni o enti pubblici, se la iscrizione è subordinata al possesso di una formazione
professionale rispondente al requisito di cui al comma 3 dell'art. 1;
b) i rapporti di impiego pubblico o privato, se l'accesso ai medesimi è subordinato, da
disposizioni legislative o regolamentari, al possesso di una formazione professionale
rispondente al requisito di cui al comma 3 dell'art. 1;
c) le attività esercitate con l'impiego di un titolo professionale il cui uso è riservato a chi
possiede una formazione professionale rispondente al requisito di cui al comma 3 dell'art. 1;
d) le attività attinenti al settore sanitario nei casi in cui il possesso di una formazione
professionale rispondente al requisito di cui al comma 3 dell'art. 1 è condizione determinante
ai fini della retribuzione delle relative prestazioni o della ammissione al rimborso.
-
Articolo 2 Bis
Formazione regolamentata (1) .
1. Si definisce formazione regolamentata qualsiasi formazione: direttamente orientata
all'esercizio di una determinata professione e consistente in un ciclo di studi postsecondari di durata minima di tre anni oppure di durata equivalente a tempo parziale
in un'università o in un altro istituto di livello di formazione equivalente e, se del
caso, nella formazione professionale, nel tirocinio o nella pratica professionale
richiesti oltre il ciclo di studi post-secondari: la struttura e il livello di formazione
professionale, del tirocinio o della pratica professionale devono essere stabiliti dalle
disposizioni legislative, regolamentari o amministrative dello Stato membro
interessato o soggetti al controllo o all'autorizzazione dell'autorità designata a tal fine
.
(1) Articolo inserito dall'articolo 1 del D.LGS. 8 luglio 2003, n. 277.
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Articolo 3
Formazioni professionali non abilitanti nel Paese di provenienza.
1. Il cittadino comunitario può ottenere il riconoscimento ai sensi dell'art. 1anche nel
caso in cui la professione da esercitare in Italia corrisponde, nel Paese di
provenienza, ad una professione il cui esercizio non è subordinato al possesso di
titoli di formazione professionale. A tal fine è necessario che il richiedente:
a) sia in possesso di titoli rispondenti al requisito di cui all'art. 1, comma 3, di cui sia
attestata la idoneità ad assicurare la sua formazione professionale;
b) abbia esercitato a tempo pieno la professione per la durata di due anni negli ultimi dieci
anni.
1-bis. Il requisito di cui al comma 1, lettera b), non si applica se il richiedente è in possesso
di una formazione regolamentata (1) .
2. L'esercizio professionale di cui alla lettera b) del precedente comma è computabile
anche ai fini dell'applicazione dell'art. 5, secondo comma.
3. Il requisito di cui alla lettera a) del primo comma è ugualmente soddisfatto se il
richiedente possiede titoli riconosciuti equivalenti dal Paese di provenienza ed il
riconoscimento è stato notificato alla Commissione delle Comunità europee e alla
Repubblica italiana.
4. I titoli ammessi ai sensi dei precedenti commi devono attestare una formazione
integralmente acquisita nella Comunità europea.
(1) Comma inserito dall'articolo 1 del D.LGS. 8 luglio 2003, n. 277.
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Articolo 4
Titoli professionali assimilati.
1. Sono ammessi al riconoscimento i titoli che abilitano all'esercizio di una professione
a parità di condizioni con altri titoli rispondenti al requisito di cui all'art. 1, comma 3,
e che sono riconosciuti di livello equivalente ai titoli predetti.
2. I titoli ammessi ai sensi del comma 1 devono attestare una formazione integralmente
acquisita nella Comunità europea.
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Articolo 5
Composizione e durata della formazione professionale.
1. La formazione professionale attestata dai titoli oggetto di riconoscimento rispondenti
ai requisiti di cui all'art. 1, comma 3, o all'art. 4 del presente decreto può consistere:
a) nello svolgimento con profitto di un ciclo di studi post-secondari;
b) in un tirocinio professionale effettuato sotto la guida di un istruttore e sanzionato da un
esame;
c) in un periodo di attività professionale pratica sotto la guida di un professionista
qualificato.
2. Quando la formazione professionale attestata dai titoli è inferiore di almeno un anno
a quella prevista in Italia, ai fini del riconoscimento è necessaria la prova di una
esperienza professionale di durata doppia del periodo mancante, se questo si riferisce
alle lettere a) e b) del comma precedente, e di durata pari al periodo mancante se
riferito alla lettera c) del precedente comma. In ogni caso, non può richiedersi la
prova di una esperienza professionale superiore ai quattro anni.
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Articolo 6
Misure compensative.
1. Il riconoscimento è subordinato, a scelta del richiedente, al compimento di un
tirocinio di adattamento della durata massima di tre anni oppure al superamento di
una prova attitudinale:
a) se la formazione professionale attestata dai titoli di cui all'art. 1e all'art. 3 verte su materie
sostanzialmente diverse da quelle contemplate nella formazione professionale prescritta
dalla legislazione vigente;
b) se la professione cui si riferisce il riconoscimento dei titoli comprende attività
professionali che non esistono nella professione corrispondente del Paese che ha rilasciato i
titoli o nella professione esercitata ai sensi dell'art. 3, lettera b) .
1-bis. Quanto previsto al comma 1 è subordinato alla verifica del fatto che le conoscenze
acquisite dal richiedente nel corso della propria esperienza professionale non colmino in
tutto o in parte la differenza sostanziale di cui al primo comma, lettera a) (1) .
2. Il riconoscimento è subordinato al superamento di una prova attitudinale se riguarda
le professioni di procuratore legale (2), di avvocato, di commercialista e di
consulente per la proprietà industriale.
3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per il
coordinamento delle politiche comunitarie, di concerto con i Ministri interessati,
osservata la procedura comunitaria di preventiva comunicazione e in assenza di
tempestiva opposizione della Commissione delle Comunità europee, possono essere
individuati, con riferimento alle situazioni previste dagli articoli 3 e 4, altri casi di
obbligatorietà della prova attitudinale.
4. Nei casi in cui è richiesto il tirocinio o la prova attitudinale, non si applica il secondo
comma dell'art. 5 del presente decreto.
(1) Comma inserito dall'articolo 1 del D.LGS. 8 luglio 2003, n. 277.
(2) In luogo di "procuratore legale" leggasi "avvocato" ex art. 3, l. 24 febbraio 1997, n. 27, di
soppressione dell'albo dei procuratori legali.
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Articolo 7
Tirocinio di adattamento.
1. Il tirocinio di adattamento consiste nell'esercizio in Italia dell'attività corrispondente
alla professione in relazione alla quale è richiesto il riconoscimento, svolto sotto la
responsabilità di un professionista abilitato.
2. Il tirocinio può essere accompagnato da una formazione complementare.
2-bis. La durata nonché le materie oggetto del tirocinio di adattamento sono stabilite nella
fase di attuazione della procedura di cui all'articolo 12. Le materie sono scelte in relazione
alla loro valenza ai fini l'esercizio della professione (1).
3. Il tirocinio è oggetto di valutazione finale.
4. In caso di valutazione finale sfavorevole, il tirocinio può essere ripetuto.
(1) Comma inserito dall'articolo 1 del D.LGS. 8 luglio 2003, n. 277.
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Articolo 8
Prova attitudinale.
1. La prova attitudinale consiste in un esame volto ad accertare le conoscenze
professionali e deontologiche ed a valutare la capacità all'esercizio della professione,
tenendo conto che il richiedente il riconoscimento è un professionista qualificato nel
Paese di origine o di provenienza.
2. Le materie su cui svolgere l'esame devono essere scelte in relazione alla loro
importanza essenziale per l'esercizio della professione.
3. In caso di esito sfavorevole, la prova attitudinale può essere ripetuta non prima di sei
mesi.
3-bis. L'esame di cui al comma 1, si articola in una prova scritta o pratica e orale o in una
prova orale da svolgersi in lingua italiana sulla base dei contenuti delle materie stabilite a
seguito della procedura di cui all'articolo 12 (1).
(1) Comma inserito dall'articolo 1 del D.LGS. 8 luglio 2003, n. 277.
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Articolo 9
Disposizioni applicative delle misure compensative (1) .
1. Con decreto del Ministro competente di cui all'articolo 11, sono definite, con
riferimento alle singole professioni, le eventuali ulteriori procedure necessarie per
assicurare lo svolgimento e la conclusione delle misure di cui agli articoli 7 e 8. (2) .
(2) In materia di prova attitudinale per l'esercizio della professione di avvocato, vedi il regolamento
di cui al D.M. 28 maggio 2003, n. 191.
(1) Articolo sostituito dall'articolo 1 del D.LGS. 8 luglio 2003, n. 277.
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Articolo 10
Requisiti formali dei titoli.
1. I documenti da esibire ai fini del riconoscimento devono essere accompagnati, se
redatti in lingua straniera, da una traduzione in lingua italiana certificata conforme al
testo originale dalle autorità diplomatiche o consolari italiane del Paese in cui i
documenti sono stati redatti, oppure da un traduttore ufficiale.
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Articolo 11
Competenze per il riconoscimento.
1. Sulle domande di riconoscimento sono competenti a pronunciarsi:
a) il Ministero titolare della vigilanza sulle professioni di cui all'art. 2, lettera a) , individuato
nell'allegato A del presente decreto, fatta eccezione di quanto previsto alla lettera d) .
L'allegato può essere modificato o integrato, tenuto conto delle disposizioni vigenti o
sopravvenute nei vari settori professionali, con decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri (1) ;
b) il Ministro per la funzione pubblica, per le professioni consistenti in rapporti di pubblico
impiego, salvo quanto previsto alle successive lettere c) , d) ed e) ;
c) il Ministero della sanità per le professioni sanitarie;
d) il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per il personale ricercatore e per
le professioni di pianificatore territoriale, paesaggista, conservatore dei beni architettonici ed
ambientali, architetto junior e pianificatore junior (2) ;
e) il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per i docenti di scuola materna,
di scuola elementare e di istituti di istruzione secondaria di primo e secondo grado (2);
f) il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, in ogni altro caso.
(1) Lettera così modificata dall'articolo 1 del D.LGS. 8 luglio 2003, n. 277.
(2) Lettera sostituita dall'articolo 1 del D.LGS. 8 luglio 2003, n. 277.
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Articolo 12
Procedura di riconoscimento.
1. La domanda di riconoscimento deve essere presentata al Ministero competente,
corredata della documentazione relativa ai titoli da riconoscere, rispondente ai
requisiti indicati all'art. 10.
2. La domanda deve indicare la professione o le professioni di cui all'art. 2, in relazione
alle quali il riconoscimento è richiesto.
3. Entro trenta giorni dal ricevimento della domanda, il Ministero accerta la
completezza della documentazione esibita, comunicando all'interessato le eventuali
necessarie integrazioni.
4. Per la valutazione dei titoli acquisiti, il Ministero competente indice una conferenza
di servizi ai sensi della legge n. 241/90 alla quale partecipano i rappresentanti:
a) degli altri Ministeri di cui all'allegato A;
b) del Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie;
c) del Ministero degli affari esteri;
d) del Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica;
e) del Dipartimento per la funzione pubblica.
Nella conferenza sono sentiti un rappresentante dell'ordine o della categoria professionale ed un
docente universitario in rappresentanza delle università designato dal Ministero dell'università e
della ricerca scientifica e tecnologica.
5. Sul riconoscimento provvede il Ministro competente con decreto da emettersi nel
termine di quattro mesi dalla presentazione della domanda o della sua integrazione a
norma del precedente comma 3.
6. Nei casi di cui all'art. 6, il decreto stabilisce le condizioni del tirocinio di
adattamento o della prova attitudinale, individuando l'ente o organo competente a
norma dell'art. 15.
7. I decreti di cui al precedente comma 5 sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale .
8. I precedenti commi 4 e 7 non si applicano se la domanda di riconoscimento ha per
oggetto titoli identici a quelli su cui è stato provveduto con precedente decreto.
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Articolo 13
Effetti del riconoscimento.
1. Il decreto di riconoscimento attribuisce al beneficiario il diritto di accedere alla
professione e di esercitarla, nel rispetto delle condizioni richieste dalla normativa
vigente ai cittadini italiani, diverse dal possesso della formazione e delle qualifiche
professionali.
2. Resta salvo il requisito della cittadinanza italiana per l'accesso ai rapporti di pubblico
impiego e per l'esercizio di professioni nei casi previsti dagli articoli 48, 55 e 66 del
Trattato istitutivo della Comunità economica europea.
3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro per la
funzione pubblica, di concerto con il Ministro per il coordinamento delle politiche
comunitarie, del Ministro interessato e del Ministro del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica, sono individuati i rapporti e le qualifiche di pubblico
impiego ai quali i cittadini comunitari sono ammessi a parità di condizioni con i
cittadini italiani.
4. Alla individuazione si provvede secondo criteri conformi alla interpretazione dell'art.
48, ultimo comma, del trattato CEE risultante dalle sentenze che la Corte di giustizia
delle Comunità europee emette.
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Articolo 14
Uso del titolo professionale e del titolo di studio.
1. I cittadini di uno Stato membro della Comunità europea che sono stati ammessi
all'esercizio di una professione ai sensi del presente decreto, fermo il diritto all'uso
del corrispondente titolo professionale previsto in Italia, hanno diritto di far uso del
titolo di studio conseguito nel Paese di origine o di provenienza nella lingua di tale
Stato. Il titolo di studio deve essere seguito dal nome e dalla sede dell'istituto o della
commissione che lo ha rilasciato.
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Articolo 15
Esecuzione delle misure compensative.
1. Gli adempimenti relativi alla esecuzione e valutazione del tirocinio di adattamento e
della prova attitudinale sono di competenza degli enti e degli organi che presiedono
alla tenuta degli albi, elenchi o registri professionali.
2. In assenza degli enti o degli organi di cui al precedente comma 1 provvedono:
a) il Ministro per la funzione pubblica in relazione all'accesso a rapporti o qualifiche di
pubblico impiego e il Ministro della pubblica istruzione nei casi di cui alla lettera e) dell'art.
11;
b) il Ministero della sanità in relazione alle professioni sanitarie;
c) il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica in ogni altro caso.
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Articolo 16
Prova dei requisiti non professionali.
1. Nei casi in cui per l'ammissione all'esercizio della professione sono richiesti requisiti
di onorabilità, di moralità, di assenza di dichiarazione di fallimento, di assenza di
condanne penali, i soggetti che hanno ottenuto il riconoscimento ai sensi dell'art. 1
possono avvalersi, ai fini della relativa prova, di documenti rilasciati dalle autorità
competenti del Paese di origine o di provenienza, che attestano il possesso dei
requisiti medesimi.
2. I documenti di cui al precedente comma, se non ne è previsto il rilascio nel Paese di
origine o di provenienza, possono essere sostituiti da un attestato rilasciato da un
organo giurisdizionale o amministrativo, da un notaio o da un organismo
professionale, certificante il ricevimento di una dichiarazione giurata, o, se non
ammessa, di una dichiarazione solenne, del soggetto interessato sul possesso del
requisito per l'ammissione all'esercizio della professione.
3. La sana costituzione fisica o psichica del richiedente, può essere provata con il
corrispondente documento prescritto nel Paese di origine o di provenienza; se tale
documento non è prescritto, con attestato rilasciato da autorità competente del Paese
medesimo, conforme a quanto richiesto dalle disposizioni vigenti in Italia.
4. Al momento della loro presentazione, i documenti di cui ai precedenti commi non
devono essere di data anteriore a tre mesi e debbono altresì soddisfare a quanto
disposto dal precedente art. 10.
4-bis. Nei casi in cui per l'ammissione all'esercizio della professione è richiesto il requisito
della capacità finanziaria, i soggetti che hanno ottenuto il riconoscimento di cui all'articolo
1, possono avvalersi di un attestato rilasciato da una banca dello Stato membro d'origine o di
provenienza (1) .
4-ter. Nei casi in cui per l'ammissione all'esercizio della professione è richiesta una
copertura assicurativa contro le conseguenze pecuniarie della responsabilità professionale, i
soggetti che hanno ottenuto il riconoscimento di cui all'articolo 1, possono avvalersi degli
attestati rilasciati dagli Istituti assicurativi di altri Stati membri ove venga precisato che
l'assicuratore rispetta le prescrizioni legislative e regolamentari in vigore nello Stato membro
ospite per quanto riguarda le modalità e l'estensione della garanzia. Tali attestati non devono
essere di data anteriore a tre mesi dal momento della loro presentazione (1).
(1) Comma aggiunto dall'articolo 1 del D.LGS. 8 luglio 2003, n. 277.
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Articolo 17
Certificazioni per il riconoscimento dei titoli rilasciati in Italia.
1. Ai fini del riconoscimento in altri Paesi della Comunità europea, il valore abilitante
all'esercizio della professione dei titoli di formazione professionale di cui agli articoli
1 e 4 conseguiti in Italia è certificato dai Ministeri competenti a norma dell'art. 11.
2. I predetti Ministeri sono altresì competenti ad individuare le formazioni professionali
equi valenti a norma del precedente art. 3, quarto comma, da notificare alla
Commissione e agli altri Paesi della Comunità europea a cura del Ministero degli
affari esteri.
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Articolo 18
Relazione alla Commissione delle Comunità europee.
1. Al fine di predisporre la relazione alla Commissione delle Comunità europee
sull'applicazione del presente decreto, i Ministeri competenti mettono a disposizione
del Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie le informazioni e i
dati statistici necessari.
2. Il Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie assolve altresì ai
compiti:
a) di coordinatore nazionale presso la Commissione delle Comunità europee;
b) di informazione sulle condizioni e procedure di riconoscimento dei titoli di formazione
professionale ai sensi del presente decreto.
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Articolo 19
Materie non regolate.
1. Le disposizioni del presente decreto non si applicano alle professioni regolate da
direttive della Comunità economica europea relative al reciproco riconoscimento di
diplomi.
Allegato 1
Allegato unico.
ALLEGATO A (1)
Professione
Agente di Cambio
Agrotecnico
Assistente Sociale Specialista
Assistente Sociale
Attuario
Attuario Junior
Avvocato
Biologo
Biologo Iunior
Ministero vigilante
Ministero della Giustizia
Chimico
Chimico Junior
Consulente del Lavoro
Dottore Agronomo e Dottore
Forestale
Agronomo Forestale Iunior
Zoonomo
Biotecnologo Agrario
Dottore Commercialista
Geometra
Geologo
Geologo Iunior
Ingegnere Civile e Ambientale
Ingegnere Industriale
Ingegnere dell'informazione
Ingegnere Civile e Ambientale Iunior
Ingegnere Industriale Iunior
Ingegnere dell'informazione Iunior
Perito Agrario
Perito Industriale
Psicologo
Psicologo Iunior
Ragioniere e Perito Commerciale
Revisore Contabile
Tecnologo Alimentare
Pianificatore Territoriale
Ministero dell'istruzione Università e Ricerca
Paesaggista
Conservatore dei beni architettonici e ambientali
Architetto Iunior
Pianificatore Iunior
Docente di Scuola Materna
Docente di Scuola Elementare
Docente di Istituti di Istruzione Secondaria di
Primo Grado
Docente di Istituti di Istruzione Secondaria di
Secondo Grado
Tecnico Sanitario di Radiologia Medica
Ministero della Salute
Inferimere Pediatrico (già Vigilatrice d'infanzia)
Assistente Sanitario
Consulente Proprietà Industriale
Ministero delle Attività Produttive
(1) Allegato prima modificato dall'art. 1, d.m. 22 aprile 1993 e, successivamente, sostituito
dall'articolo 1 del D.LGS. 8 luglio 2003, n. 277.
Decreto Legislativo 2 febbraio 2001, n. 96 (in Suppl. ordinario alla Gazz. Uff., 4 aprile, n. 79)
- Attuazione della direttiva 98/5/CE volta a facilitare l'esercizio permanente della professione di
avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquisita la qualifica professionale.
Preambolo
Il Presidente della Repubblica
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Visto l'articolo 19 della legge 21 dicembre 1999, n. 526, recante delega al Governo per l'attuazione
della direttiva n. 98/5/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, relativa a
misure dirette a facilitare l'esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro
diverso da quello in cui è stata acquisita la qualifica professionale;
Vista la deliberazione preliminare del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 17
novembre 2000;
Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della
Repubblica;
Sentito il Consiglio nazionale forense;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 2 febbraio 2001;
Sulla proposta del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro della giustizia, di concerto
con i Ministri degli affari esteri, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e
dell'industria, del commercio e dell'artigianato e del commercio con l'estero;
Emana il seguente decreto legislativo:
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Articolo 1
Ambito di applicazione
1. L'esercizio permanente in Italia dalla professione di avvocato da parte di cittadini di
uno Stato membro dell'Unione europea, in possesso del titolo professionale, è
disciplinato dai titoli I e III del presente decreto.
2. La prestazione di servizi con carattere di temporaneità da parte di avvocati cittadini
degli Stati membri dell'Unione europea è disciplinata dalla legge 9 febbraio 1982, n.
31.
3. Le disposizioni dei titoli I e III del presente decreto sono applicabili anche ai
cittadini di uno degli altri Stati aderenti all'accordo sullo Spazio economico europeo.
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Articolo 2
Qualifica professionale
1. Ai fini del presente decreto, i titoli professionali che i cittadini degli Stati membri
possono utilizzare per l'esercizio in Italia della professione di avvocato sono i
seguenti:
Avocat-Advocaat Belgio);
Advokat (Danimarca);
Rechtsanwalt (Repubblica federale di Germania);
Dikegoros (Grecia);
Abogado-Advocat-Avogado-Abokatu (Spagna);
Avocat (Francia);
Barrister-Solicitor (Irlanda);
Avocat (Lussemburgo);
Advocaat (Paesi Bassi);
Rechtsanwalt (Austria);
Advogado (Portogallo);
Asianajaja-Advokat (Finlandia);
Advokat (Svezia);
Advocate-Barrister-Solicitor (Regno Unito).
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Articolo 3
Definizioni
1. Ai fini del presente decreto si considera:
a) Stato membro di origine, lo Stato membro dell'Unione europea nel quale il cittadino di
uno degli Stati membri ha acquisito il titolo professionale che lo abilita all'esercizio della
professione di avvocato in detto Stato;
b) titolo professionale di origine, uno dei titoli professionali di cui all'articolo 2, acquisito in
uno degli Stati membri prima dell'esercizio in Italia della professione di avvocato;
c) titolo di avvocato, il titolo professionale acquisito in Italia, mediante iscrizione nell'albo
degli avvocati;
d) avvocato stabilito, il cittadino di uno degli Stati membri dell'Unione europea che esercita
stabilmente in Italia la professione di avvocato con il titolo professionale di origine e che è
iscritto nella sezione speciale dell'albo degli avvocati;
e) avvocato integrato, il cittadino di uno degli Stati membri dell'Unione europea che ha
acquisito il diritto di utilizzare in Italia il titolo di avvocato.
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Articolo 4
Esercizio delle attività professionali
1. L'avvocato stabilito ha diritto di esercitare la professione di avvocato di cui al regio
decreto-legge 27 novembre 1933, n.1578, convertito, con modificazioni, dalla legge
22 gennaio 1934, n. 36, e ulteriormente modificato con legge 23 novembre 1939, n.
1949, e con legge 24 febbraio 1997, n. 27, utilizzando il titolo professionale di
origine, alle condizioni e secondo le modalità previste nel presente titolo.
2. L'avvocato integrato ha diritto di esercitare la professione di avvocato alle stesse
condizioni e secondo le stesse modalità previste per il professionista che esercita la
professione in Italia con il titolo di avvocato.
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Articolo 5
Norme applicabili
1. L'avvocato stabilito e l'avvocato integrato sono tenuti all'osservanza delle norme
legislative, professionali e deontologiche che disciplinano la professione di avvocato.
2. All'avvocato stabilito e all'avvocato integrato si applicano le norme sulle
incompatibilità che riguardano l'esercizio della professione di avvocato. La
disposizione di cui al quarto comma dell'art. 3 del regio decreto-legge n. 1578 del
1933 si applica anche agli avvocati legati da un contratto di lavoro ad un ente
corrispondente, nello Stato membro di origine, a quelli indicati in detta disposizione.
3. In materia di assicurazione contro la responsabilità professionale l'avvocato stabilito
è tenuto agli stessi obbighi previsti per legge a carico del professionista che esercita
con il titolo di avvocato.
4. L'avvocato stabilito è tenuto a frequentare i corsi di formazione permanenti, anche se
già previsti nello Stato membro di origine, ove tale frequenza sia obbligatoria per il
professionista che esercita con il titolo di avvocato.
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Articolo 6
Iscrizione
1. Per l'esercizio permanente in Italia della professione di avvocato, i cittadini degli
Stati membri in possesso di uno dei titoli di cui all'articolo 2, sono tenuti ad iscriversi
in una sezione speciale dell'albo costituito nella circoscrizione del tribunale in cui
hanno fissato stabilmente la loro residenza o il loro domicilio professionale, nel
rispetto della normativa relativa agli obblighi previdenziali.
2. L'iscrizione nella sezione speciale dell'albo è subordinata alla iscrizione dell'istante
presso la competente organizzazione professionale dello Stato membro di origine.
3. La domanda di iscrizione deve essere corredata dai seguenti documenti:
a) certificato di cittadinanza di uno Stato membro della Unione europea o dichiarazione
sostitutiva;
b) certificato di residenza o dichiarazione sostitutiva ovvero dichiarazione dell'istante con la
indicazione del domicilio professionale;
c) attestato di iscrizione alla organizzazione professionale dello Stato membro di origine,
rilasciato in data non antecedente a tre mesi dalla data di presentazione, o dichiarazione
sostitutiva.
4. Se l'interessato fa parte di una società nello Stato membro di origine, è tenuto ad
indicare nella domanda la denominazione, la relativa forma giuridica e i nominativi
dei membri che operano in Italia.
5. La domanda di iscrizione deve essere redatta in lingua italiana; i documenti, ove
redatti in una lingua diversa da quella italiana, devono essere accompagnati da una
traduzione autenticata.
6. Il Consiglio dell'ordine, entro trenta giorni dalla data di presentazione della domanda
o dalla sua integrazione, accertata la sussistenza delle condizioni richieste, qualora
non ostino motivi di incompatibilità, ordina l'iscrizione nella sezione speciale
dell'albo e ne dà comunicazione alla corrispondente autorità dello Stato membro di
origine.
7. Il rigetto della domanda non può essere pronunciato se non dopo avere sentito
l'interessato. La deliberazione è motivata ed è notificata in copia integrale entro
quindici giorni all'interessato ed al procuratore della Repubblica ai sensi e per gli
effetti di cui al quinto comma dell'art. 31 del regio decreto-legge n. 1578 del 1933,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 36 del 1934, e successive modificazioni.
8. Qualora il Consiglio dell'ordine non abbia provveduto sulla domanda nel termine di
cui al comma 6, l'interessato può, entro dieci giorni dalla scadenza di tale termine,
presentare ricorso al Consiglio nazionale forense, il quale decide sul merito
dell'iscrizione.
9. Con l'iscrizione nella sezione speciale dell'albo, l'avvocato stabilito acquista il diritto
di elettorato attivo, con esclusione di quello passivo.
10. Successivamente all'iscrizione, l'avvocato stabilito è tenuto a presentare annualmente
al Consiglio dell'ordine un attestato di iscrizione all'organizzazione professionale di
appartenenza, rilasciato in data non antecedente a tre mesi dalla data di
presentazione, ovvero dichiarazione sostitutiva.
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Articolo 7
Uso del titolo
1. Nell'esercizio della professione l'avvocato stabilito è tenuto a fare uso del titolo
professionale di origine, indicato per intero nella lingua o in una delle lingue ufficiali
dello Stato membro di origine, in modo comprensibile e tale da evitare confusione
con il titolo di avvocato.
2. Alla indicazione del titolo professionale l'avvocato stabilito è tenuto ad aggiungere
l'iscrizione presso l'organizzazione professionale ovvero la denominazione della
giurisdizione presso la quale è ammesso a patrocinare nello Stato membro di origine.
3. L'avvocato stabilito, se esercita la professione quale membro di una società costituita
nello Stato membro di origine, è tenuto ad aggiungere al titolo professionale la
denominazione di tale studio, nonché la forma giuridica e i nominativi dei membri
che operano in Italia.
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Articolo 8
Prestazioni giudiziali
1. Nell'esercizio delle attività relative alla rappresentanza, assistenza e difesa nei
giudizi civili, penali ed amministrativi, nonché nei procedimenti disciplinari nei quali
è necessaria la nomina di un difensore, l'avvocato stabilito deve agire di intesa con
un professionista abilitato ad esercitare la professione con il titolo di avvocato, il
quale assicura i rapporti con l'autorità adita o procedente e nei confronti della
medesima è responsabile dell'osservanza dei doveri imposti dalle norme vigenti ai
difensori.
2. L'intesa di cui al comma 1 deve risultare da scrittura privata autenticata o da
dichiarazione resa da entrambi gli avvocati al giudice adito o all'autorità procedente,
anteriormente alla costituzione della parte rappresentata ovvero al primo atto di
difesa dell'assistito.
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Articolo 9
Patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori
1. Nei giudizi dinanzi alla Corte di Cassazione ed alle altre giurisdizioni indicate
nell'articolo 4, secondo comma, del regio decreto-legge n. 1578 del 1933, convertito,
con modificazioni, dalla legge n. 36 del 1934, e successive modificazioni, l'avvocato
stabilito può assumere il patrocinio se iscritto in una sezione speciale dell'albo di cui
all'art. 33 del regio decreto-legge n. 1578 del 1933, convertito, con modificazioni,
dalla legge n. 36 del 1934, e successive modificazioni, ferma restando l'intesa di cui
all'articolo 8, commi 1 e 2, con un avvocato abilitato ad esercitare davanti a dette
giurisdizioni.
2. Per l'iscrizione nella sezione speciale dell'albo indicato al comma 1, l'avvocato
stabilito deve farne domanda al Consiglio nazionale forense e dimostrare di avere
esercitato la professione di avvocato per almeno dodici anni in uno o più degli Stati
membri, tenuto conto anche dell'attività professionale eventualmente svolta in Italia.
Alle deliberazioni del Consiglio nazionale forense in materia di iscrizione e
cancellazione dalla sezione speciale dell'albo si applica la disposizione di cui all'art.
35 del regio decreto-legge n. 1578 del 1933, convertito, con modificazioni, dalla
legge n. 36 del 1934, e successive modificazioni.
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Articolo 10
Prestazioni stragiudiziali
1. L'avvocato stabilito ha diritto di esercitare, senza le limitazioni di cui all'articolo 8,
l'attività professionale stragiudiziale, fornendo in particolare consulenza legale sul
diritto dello Stato membro di origine, sul diritto comunitario ed internazionale,
nonché sul diritto nazionale.
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Articolo 11
Procedimenti disciplinari
1. Nell'esercizio dell'attività professionale, l'avvocato stabilito è soggetto, per ogni
violazione delle disposizioni contenute o richiamate nel presente titolo, al potere
disciplinare del Consiglio dell'ordine competente. Sono ad esso applicabili, con le
modalità e le procedure previste dall'ordinamento professionale, le sanzioni
disciplinari contemplate dalle norme in materia vigenti.
2. Prima di avviare un procedimento disciplinare, il Consiglio dell'ordine ne dà
immediata comunicazione alla competente organizzazione professionale dello Stato
membro di origine, fornendo ogni informazione utile, con l'avvertenza che i dati non
possono essere utilizzati al di fuori dei fini propri dell'organizzazione.
3. Per l'istruttoria dei procedimenti disciplinari il Consiglio dell'ordine può richiedere
direttamente le informazioni necessarie alla competente organizzazione
professionale dello Stato membro di origine ovvero all'autorità giurisdizionale
davanti alla quale l'avvocato stabilito è ammesso ad esercitare la professione.
4. L'organizzazione professionale dello Stato membro di origine, a mezzo di
rappresentanti, può assistere alle udienze del procedimento disciplinare e può
presentare osservazioni, anche dinanzi al Consiglio nazionale forense nel caso di
ricorso avverso la decisione del Consiglio dell'ordine.
5. Le decisioni adottate in materia disciplinare dai Consigli dell'ordine e dal Consiglio
nazionale forense sono immediatamente comunicate all'organizzazione professionale
dello Stato membro di origine con l'avvertenza di cui al comma 2.
6. I provvedimenti dell'organizzazione professionale dello Stato membro di origine che
comportano il divieto definitivo o temporaneo di esercizio della professione
determinano automaticamnte il divieto definitivo o temporaneo di esercitare in Italia
la professione con il titolo professionale di origine. Per i provvedimenti che
comportano effetti diversi, il Consiglio dell'ordine competente adotta i
provvedimenti opportuni, sulla base delle norme di carattere sostanziale e
procedurale previste dall'ordinamento forense e dal presente decreto.
7. Se il procedimento disciplinare riguarda un avvocato che esercita stabilmente la
professione in altro Stato membro con il titolo di avvocato, il Consiglio dell'ordine
dà le comunicazioni di cui ai commi 2 e 5 all'organizzazione dello Stato membro
presso la quale l'avvocato è iscritto.
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Articolo 12
Condizioni
1. L'avvocato stabilito che per almeno tre anni, a decorrere dalla data di iscrizione nella
sezione speciale dell'albo degli avvocati, abbia esercitato in Italia, in modo effettivo
e regolare, la professione con il titolo professionale di origine è dispensato dalla
prova attitudinale di cui all'art. 8 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 115.
2. Per esercizio effettivo e regolare della professione di cui al comma 1 si intende
l'esercizio reale dell'attività professionale esercitata senza interruzioni che non siano
quelle dovute agli eventi della vita quotidiana. Nel caso di interruzioni dovute ad
eventi di altra natura, l'attività svolta è presa in esame se la stessa ha avuto una
durata almeno triennale, senza calcolare il periodo di interruzione, e se non vi siano
ragioni che ostino ad una valutazione dell'attività come effettiva e regolare.
3. L'avvocato stabilito che è stato dispensato dalla prova attitudinale, se concorrono le
altre condizioni previste dalle disposizioni in materia di ordinamento forense, può
iscriversi nell'albo degli avvocati e per l'effetto esercitare la professione con il titolo
di avvocato.
4. Sono fatte salve le disposizioni del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 115,
emanato in attuazione della direttiva n. 89/48/CEE relativa ad un sistema generale di
riconoscimento dei diplomi di istruzione superiore che sanzionano formazioni
professionali di una durata minima di tre anni.
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Articolo 13
Procedimento per la dispensa
1. La domanda di dispensa si propone al Consiglio dell'ordine presso il quale l'avvocato
stabilito è iscritto.
2. La domanda è corredata dalla documentazione relativa al numero e alla natura delle
pratiche trattate, nonché dalle informazioni idonee a provare l'esercizio effettivo e
regolare dell'attività professionale svolta nel diritto nazionale, ivi compreso il diritto
comunitario, per il periodo minimo di tre anni. L'interessato è tenuto a dichiarare
l'eventuale esistenza di procedimenti penali o disciplinari a suo carico, pendenti o già
definiti nello Stato membro di origine, fornendo al Consiglio ogni ulteriore utile
informazione.
3. Il Consiglio dell'ordine verifica la regolarità e l'esercizio effettivo dell'attività
esercitata, anche mediante richiesta di informazioni agli uffici interessati e, ove
ritenuto opportuno, invita l'avvocato a fornire chiarimenti o precisazioni in ordine
agli elementi forniti e alla documentazione prodotta.
4. La deliberazione in merito alla dispensa è assunta dal Consiglio dell'ordine nel
termine di tre mesi dalla data di presentazione della domanda o dalla scadenza del
termine per la sua integrazione. La deliberazione è motivata e notificata entro
quindici giorni all'interessato e al Procuratore della Repubblica, al quale sono altresì
trasmessi i documenti giustificativi.
Nei dieci giorni successivi il Procuratore della Repubblica riferisce con parere
motivato al Procuratore generale presso la Corte di appello. Quest'ultimo e
l'interessato possono presentare, entro venti giorni dalla notificazione, ricorso al
Consiglio nazionale forense. Il ricorso del pubblico ministero ha effetto sospensivo.
La deliberazione è altresì comunicata al Ministero della giustizia per l'esercizio delle
funzioni di vigilanza.
5. Anche prima della verifica dell'attività professionale svolta, il Consiglio dell'ordine
può rigettare la domanda in pendenza di procedimenti disciplinari per altri gravi
motivi, qualora sussistano ragioni di ordine pubblico.
6. Qualora il Consiglio non abbia deliberato nel termine stabilito nel comma 4, gli
interessati e il pubblico ministero possono presentare ricorso, entro venti giorni dalla
scadenza di tale termine, al Consiglio nazionale forense, il quale decide sul merito
delle iscrizioni.
7. Tutti i soggetti che, in ragione del loro ufficio, vengono a conoscenza degli elementi
e delle informazioni comunque acquisiti nel corso dell'istruttoria della domanda di
dispensa sono tenuti al segreto.
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Articolo 14
Attività di durata inferiore nel diritto nazionale
1. L'avvocato stabilito che per almeno tre anni, a decorrere dalla data di iscrizione nella
sezione speciale dell'albo, ha esercitato la professione con il titolo professionale di
origine, ma ha trattato pratiche attinenti al diritto nazionale per un periodo inferiore,
è dispensato dalla prova attitudinale se l'attività effettiva e regolare svolta e la
capacità di proseguirla, da valutare sulla base di un colloquio, consentono di ritenere
verificata la condizione di cui all'articolo 12, comma 1.
2. Ai fini della dispensa, oltre all'attività effettiva e regolare svolta, si considerano le
conoscenze e le esperienze professionali acquisite nel diritto italiano, nonché la
partecipazione a corsi o seminari sul diritto italiano, anche relativi all'ordinamento
forense e alla deontologia professionale.
3. Il colloquio si svolge davanti al Consiglio dell'ordine di cui all'articolo 13, comma 3.
4. Il procedimento per la dispensa è disciplinato dalle disposizioni di cui all'articolo 13.
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Articolo 15
Uso del doppio titolo
1. L'avvocato integrato il quale ha ottenuto l'iscrizione nell'albo degli avvocati ed
esercita la professione con il titolo di avvocato, ha diritto di aggiungere a tale titolo
quello professionale di origine, indicato nella lingua o in una delle lingue ufficiali
dello Stato membro nel quale è stato acquisito.
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Articolo 16
Disposizioni generali
1. L'attività professionale di rappresentanza, assistenza e difesa in giudizio può essere
esercitata in forma comune esclusivamente secondo il tipo della società tra
professionisti, denominata nel seguito società tra avvocati.
2. La società tra avvocati è regolata dalle norme del presente titolo e, ove non
diversamente disposto, dalle norme che regolano la società in nome collettivo di cui
al capo III del titolo V del libro V del codice civile. Ai fini dell'iscrizione nel registro
delle imprese, è istituita una sezione speciale relativa alle società tra professionisti;
l'iscrizione ha funzione di certificazione anagrafica e di pubblicità notizia ed è
eseguita secondo le modalità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7
dicembre 1995, n. 581.
3. La società tra avvocati non è soggetta a fallimento.
4. La società tra avvocati è iscritta in una sezione speciale dell'albo degli avvocati e alla
stessa si applicano, in quanto compatibili, le norme, legislative, professionali e
deontologiche che disciplinano la professione di avvocato.
5. é fatto salvo quanto disposto dalla legge 23 novembre 1939, n. 1815, e successive
modificazioni, per la costituzione di associazioni tra professionisti.
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Articolo 17
Costituzione e oggetto
1. Ai fini della iscrizione all'albo, la società tra avvocati è costituita con atto pubblico o
scrittura privata con sottoscrizioni autenticate dei contraenti.
2. La società tra avvocati ha per oggetto esclusivo l'esercizio in comune della
professione dei propri soci. La società può rendersi acquirente di beni e diritti che
siano strumentali all'esercizio della professione e compiere qualsiasi attività diretta a
tale scopo.
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Articolo 18
Ragione sociale
1. La società tra avvocati agisce sotto la ragione sociale costituita dal nome e dal titolo
professionale di tutti i soci ovvero di uno o più soci, seguito dalla locuzione "ed
altri", e deve contenere la indicazione di società tra professionisti, in forma
abbreviata s.t.p.
2. Non è consentita la indicazione del nome di un socio avvocato dopo la cessazione
della sua appartenenza alla società, salvo diverso accordo tra la società e il socio
cessato o i suoi eredi. In tal caso la utilizzazione del nome è consentita con la
indicazione "ex socio" o "socio fondatore" accanto al nominativo utilizzato, purchè
non sia mutata l'intera compagine dei soci professionisti presenti al momento della
cessazione della qualità di socio.
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Articolo 19
Modificazioni
1. L'atto costitutivo può essere modificato con deliberazione adottata da tutti i soci o
con deliberazione della maggioranza di essi qualora l'atto costitutivo lo preveda e ne
stabilisca le modalità.
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Articolo 20
Invalidità della società
1. La nullità della società per vizi di costituzione può essere pronunciata solo nei casi
previsti dalle disposizioni che disciplinano la nullità dei contratti.
2. La dichiarazione di nullità o la pronuncia di annullamento non pregiudicano
l'efficacia degli atti compiuti in nome della società.
3. La sentenza che dichiara la nullità o che pronuncia l'annullamento nomina uno o più
liquidatori, in persona dei soci o di terzi, purchè professionisti esercenti con il titolo
di avvocato.
4. La invalidità non può essere pronunciata quando la causa di essa è stata eliminata per
effetto di una modificazione dell'atto costitutivo iscritta nella sezione speciale del
registro delle imprese.
5. La responsabilità dei soci non è esclusa dalla dichiarazione di nullità o
dall'annullamento dell'atto costitutivo.
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Articolo 21
Requisiti soggettivi dei soci e situazioni di incompatibilità
1. I soci della società tra avvocati devono essere in possesso del titolo di avvocato.
2. La partecipazione ad una società tra avvocati è incompatibile con la partecipazione ad altra
società tra avvocati.
3. La incompatibilità di cui al comma 2 si applica fino alla data in cui la dichiarazione di recesso
produce i suoi effetti ovvero per tutta la durata della iscrizione della società nell'albo.
4. é escluso il socio che è stato cancellato o radiato dall'albo. La sospensione di un socio dall'albo è
causa legittima di esclusione dalla società.
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Articolo 22
Subentro di nuovi soci
1. Le quote di partecipazione alla società tra avvocati possono essere cedute per atto tra
vivi solo con il consenso di tutti i soci, salvo diversa disposizione dell'atto
costitutivo.
2. In caso di morte di uno dei soci, gli altri devono liquidare la quota agli eredi, a meno
che preferiscano sciogliere la società ovvero continuarla con gli eredi e questi
abbiano i requisiti professionali richiesti e vi acconsentano.
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Articolo 23
Amministrazione
1. L'amministrazione della società tra avvocati spetta ai soci e non può essere affidata a
terzi.
2. Salvo diversa pattuizione, l'amministrazione della società spetta a ciascuno dei soci
disgiuntamente dagli altri.
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Articolo 24
Incarico professionale e obblighi di informazione
1. L'incarico professionale conferito alla società tra avvocati può essere eseguito solo
da uno o più soci in possesso dei requisiti per l'esercizio dell'attività professionale
richiesta.
2. La società deve informare il cliente, prima della conclusione del contratto, che
l'incarico professionale potrà essere eseguito da ciascun socio in possesso dei
requisiti per l'esercizio dell'attività professionale richiesta; il cliente ha diritto di
chiedere che l'esecuzione dell'incarico sia affidata ad uno o più soci da lui scelti sulla
base di un elenco scritto con la indicazione dei titoli e delle qualifiche professionali
di ciascuno di essi.
3. In difetto di scelta, la società comunica al cliente il nome del socio o dei soci
incaricati, prima dell'inizio dell'esecuzione del mandato.
4. La prova dell'adempimento degli obblighi di informazione prescritti dai commi 2 e 3
e il nome del socio o dei soci indicati dal cliente devono risultare da atto scritto.
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Articolo 25
Compensi
1. I compensi derivanti dall'attività professionale dei soci costituiscono crediti della
società.
2. Se la prestazione è svolta da più soci, si applica il compenso spettante ad un solo
professionista, salvo espressa deroga pattuita con clausola approvata per iscritto dal
cliente.
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Articolo 26
Responsabilità professionale
1. Il socio o i soci incaricati sono personalmente e illimitatamente responsabili per
l'attività professionale svolta in esecuzione dell'incarico. La società risponde con il
suo patrimonio.
2. In difetto della comunicazione prevista dall'articolo 24, comma 3, per le obbligazioni
derivanti dall'attività professionale svolta da uno o più soci, oltre alla società, sono
responsabili illimitatamente e solidalmente tutti i soci.
3. Per le obbligazioni sociali non derivanti dall'attività professionale rispondono inoltre
personalmente e solidalmente tutti i soci; il patto contrario non ha effetto nei
confronti dei terzi.
4. La sentenza pronunciata nei confronti della società fa stato ed è efficace anche nei
confronti del socio o dei soci incaricati ovvero nei confronti dei soci illimitatamente
responsabili, i quali possono intervenire nel giudizio e possono impugnare la
sentenza.
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Articolo 27
Iscrizione
1. La società tra avvocati è iscritta in una sezione speciale dell'albo del Consiglio
dell'ordine nella cui circoscrizione è posta la sede legale.
2. Le sedi secondarie con rappresentanza stabile sono iscritte presso il Consiglio
dell'ordine nella cui circoscrizione le sedi sono istituite: se la istituzione non è
contenuta nell'atto costitutivo, devono inoltre essere denunciate al Consiglio
dell'ordine presso il quale la società è iscritta per l'annotazione.
3. La società deve mantenere nella propria sede e nelle eventuali sedi secondarie un
ufficio nel quale almeno uno dei soci svolga in tale qualità l'attività professionale.
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Articolo 28
Procedimento di iscrizione
1. La domanda di iscrizione nella sezione speciale dell'albo è rivolta al Consiglio
dell'ordine ed è corredata dai seguenti documenti:
a) atto costitutivo in copia autentica;
b) certificato di iscrizione nell'albo dei soci non iscritti presso il Consiglio dell'ordine cui è
rivolta la domanda o dichiarazione sostitutiva.
2. Il Consiglio dell'ordine, verificata l'osservanza delle disposizioni di legge, nel
termine di trenta giorni dalla domanda dispone l'iscrizione della società in una
sezione speciale dell'albo, con la indicazione della ragione sociale, dell'oggetto, della
sede legale e delle sedi secondarie eventualmente istituite, del nominativo dei soci
che hanno la rappresentanza, dei soci iscritti nell'albo, nonché dei soci iscritti in altro
albo.
3. Per la iscrizione delle sedi secondarie con rappresentanza stabile, la domanda è
corredata da un estratto dell'atto costitutivo ovvero dalla delibera di istituzione della
sede in copia autentica, con la indicazione del Consiglio dell'ordine presso il quale la
società è iscritta e la data di iscrizione, nonché dal certificato di iscrizione all'albo dei
soci che operano nell'ambito della sede secondaria, se iscritti presso altro Consiglio
dell'ordine.
4. L'avvenuta iscrizione deve essere annotata nella sezione speciale del registro delle
imprese, su richiesta dei socio che ha la rappresentanza della società.
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Articolo 29
Annotazioni
1. Le deliberazioni che importano modificazioni dell'atto costitutivo, le variazioni della
composizione sociale ed ogni fatto incidente sull'esercizio dei diritti di voto, sono
comunicati al Consiglio dell'ordine entro il termine di trenta giorni dal momento in
cui si verificano.
2. Il Consiglio dell'ordine, verificata l'osservanza delle disposizioni di legge, nel
termine di trenta giorni dispone l'annotazione della variazione nella sezione speciale
dell'albo.
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Articolo 30
Responsabità disciplinare
1. La società tra avvocati risponde delle violazioni delle norme professionali e
deontologiche applicabili all'esercizio in forma individuale della professione di
avvocato.
2. Se la violazione commessa dal socio è ricollegabile a direttive impartite dalla
società, la responsabilità disciplinare del socio concorre con quella della società.
3. Nel caso previsto dal comma 2, il Consiglio dell'ordine presso il quale è iscritta la
società è competente anche per il procedimento disciplinare nei confronti del socio,
benchè iscritto presso altro Consiglio dell'ordine, salvo che l'illecito disciplinare
contestato al professionista riguardi un'attività non svolta nell'interesse della società.
4. La previsione di cui al comma 3 si applica anche nel caso in cui l'illecito disciplinare
contestato riguardi un'attività professionale svolta dal socio nell'ambito di una sede
secondaria.
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Articolo 31
Situazioni di incompatibilità o di conflitto
1. Chiunque vi abbia interesse può segnalare al Consiglio dell'ordine la sussistenza di
situazioni di incompatibilità o di conflitto con il corretto esercizio della professione
riferibili a tutti i soci.
2. Il Consiglio dell'ordine, sentito il rappresentante della società, delibera sulla
fondatezza della segnalazione e, se la ritiene fondata, chiede alla società di far
cessare la situazione di incompatibilità o di conflitto, fissando un termine congruo, e
comunque non inferiore a trenta giorni, decorso il quale può adottare i provvedimenti
disciplinari previsti dall'ordinamento professionale.
3. l provvedimenti previsti dal presente articolo possono essere adottati anche su
richiesta del Pubblico ministero.
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Articolo 32
Cancellazione dall'albo per difetto sopravvenuto di un requisito
1. Il Consiglio dell'ordine presso il quale è iscritta la società provvede alla
cancellazione della stessa dall'albo, qualora sia venuto meno uno dei requisiti
previsti dal presente titolo e la situazione di irregolarità non sia stata sanata nel
termine perentorio di tre mesi dal momento in cui si è verificata.
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Articolo 33
Elezioni dei consigli locali e nazionali
1. La società tra avvocati non ha diritto di elettorato nè attivo, nè passivo.
2. Non può essere eletto contemporaneamente nel Consiglio locale e nel Consiglio
nazionale più di un socio della stessa società.
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Articolo 34
Disposizioni generali
1. Gli avvocati stabiliti, anche se provenienti da Stati membri diversi, possono associarsi tra loro
ovvero con uno o più professionisti, per la migliore organizzazione della propria attività, nel rispetto
della legge 23 novembre 1939, n. 1815.
2. Gli avvocati stabiliti che si associano sono tenuti ad usare la dizione di studio associato, seguito
dal nome e dal cognome degli associati, con le indicazioni di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 7.
3. Gli incarichi sono assunti direttamente dagli associati; l'associazione non può assumere incarichi
in proprio.
4. Le associazioni non sono soggette all'obbligo di iscrizione nell'albo.
5. La disposizione di cui all'art. 7 si applica anche nel caso in cui l'avvocato stabilito esercita la
professione in Italia come membro di uno studio associato costituito nello Stato membro di origine.
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Articolo 35
Partecipazione a società tra avvocati
1. Gli avvocati stabiliti, provenienti anche da Stati membri diversi, possono essere soci
di una società tra avvocati costituita ai sensi e per le finalità di cui all'art. 16, comma
1, purchè almeno uno degli altri soci sia in possesso del titolo di avvocato.
2. Per l'esercizio dell'attività di rappresentanza, assistenza e difesa in giudizio il socio
che sia avvocato stabilito è tenuto ad agire di intesa con altro socio in possesso del
titolo di avvocato, abilitato ad esercitare davanti all'autorità adita o procedente.
L'intesa è disciplinata dalle disposizioni di cui all'articolo 8.
3. La società tra avvocati cui partecipano avvocati stabiliti è soggetta alle disposizioni
del titolo II del presente decreto e a tutte le disposizioni legislative, professionali e
deontologiche ivi richiamate.
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Articolo 36
Sede secondaria di società
1. Le società costituite in uno degli altri Stati membri, anche secondo tipi diversi da
quello indicato nell'articolo 16, possono svolgere in Italia l'attività professionale di
rappresentanza, assistenza e difesa in giudizio tramite propri soci, nell'ambito di una
sede secondaria con rappresentanza stabile, purchè tutti i soci siano professionisti
esercenti la professione di avvocato.
2. La società si considera costituita tra persone non esercenti l'attività professionale di
avvocato, qualora il capitale sociale sia detenuto in tutto o in parte ovvero la ragione
sociale sia utilizzata o il potere decisionale venga esercitato, anche di fatto, da
persone prive di uno dei titoli professionali di cui all'articolo 2 ovvero del titolo di
avvocato.
3. Per l'esercizio dell'attività professionale di cui al comma 1, la società deve inoltre
assicurare, anche mediante specifica previsione dell'atto costitutivo, la personalità
della prestazione; il diritto del cliente di scegliere il proprio difensore, la piena
indipendenza dell'avvocato nello svolgimento dell'attività professionale e la sua
responsabilità personale, la soggezione della società ad un concorrente regime di
responsabilità e alle regole deontologiche proprie delle professioni intellettuali e
specifiche della professione di avvocato.
4. Per l'attività di rappresentanza, assistenza e difesa in giudizio il socio che sia
avvocato stabilito è tenuto ad agire d'intesa con altro socio in possesso del titolo di
avvocato, abilitato ad esercitare davanti all'autorità adita o procedente.
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Articolo 37
Norme applicabili
1. Le società di cui all'articolo 36, comma 1, le quali stabiliscono in Italia una o più
sedi secondarie con rappresentanza stabile per l'esercizio dell'attività professionale di
rappresentanza, assistenza e difesa in giudizio sono tenute, per ciascuna sede, alla
iscrizione nella sezione speciale dell'albo degli avvocati presso il Consiglio
dell'ordine nella cui circoscrizione è posta la sede secondaria.
2. Ai soci che esercitano con il titolo professionale di origine nell'ambito della sede
secondaria con rappresentanza stabile, nonché alle sedi secondarie si applicano
rispettivamente le disposizioni di cui ai titoli I e II del presente decreto e le altre
disposizioni che disciplinano l'istituzione di una o più sedi secondarie in Italia da
parte di società costituite all'estero.
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Articolo 38
Attività professionale pregressa
1. L'attività professionale di avvocato svolta in Italia a decorrere dalla data del 14
marzo 1998 e fino alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché la
partecipazione in detto periodo a corsi o seminari sul diritto italiano, anche relativi
all'ordinamento forense e alla deontologia professionale, sono valutate ai fini della
dispensa dalla prova attitudinale di cui all'articolo 12, comma 1, nel rispetto di
quanto previsto dagli articoli 12 e 14.
2. La domanda per la dispensa deve essere presentata nel termine di un anno dalla data
di entrata in vigore del presente decreto.
Note
[1] Direttiva del Consiglio delle Comunità Europee del 22 marzo 1977 (G.U. 77/249 CC), recepita
con Legge dello stato italiano del 9 febbraio 1982 n. 31 (G.U. 12 febbraio 1982 n. 42).
[2] Direttiva del Consiglio delle Comunità Europee del 21 dicembre 1988 (G.U. 89/48/CEE),
recepita con il Decreto Legislativo dello stato italiano del 27 gennaio 1992 n. 115 (G.U. 18 febbraio
1992 n. 40).
[3] Decreto Legislativo 27 gennaio 1992 n. 115. Articolo 4. Prova attitudinale.
1. La prova attitudinale consiste in un esame volto ad accertare le conoscenze
professionali e deontologiche ed a valutare la capacità all'esercizio della
professione, tenendo conto che il richiedente il riconoscimento è un
professionista qualificato nel Paese di origine o di provenienza.
2. Le materie su cui svolgere l'esame devono essere scelte in relazione alla
loro importanza essenziale per l'esercizio della professione.
3. In caso di esito sfavorevole, la prova attitudinale può essere ripetuta non
prima di sei mesi.
3-bis. L'esame di cui al comma 1, si articola in una prova scritta o pratica e orale o in
una prova orale da svolgersi in lingua italiana sulla base dei contenuti delle materie
stabilite a seguito della procedura di cui all'articolo 12.
[4] Decreto Legislativo 2 febbraio 2001, n. 96. Articolo 1. Ambito di applicazione.
1. L'esercizio permanente in Italia dalla professione di avvocato da parte di cittadini di uno
Stato membro dell'Unione europea, in possesso del titolo professionale, è disciplinato dai
titoli I e III del presente decreto.
2. La prestazione di servizi con carattere di temporaneità da parte di avvocati cittadini degli
Stati membri dell'Unione europea è disciplinata dalla legge 9 febbraio 1982, n. 31.
3. Le disposizioni dei titoli I e III del presente decreto sono applicabili anche ai cittadini di uno
degli altri Stati aderenti all'accordo sullo Spazio economico europeo.
[5] Legge 9 febbraio 1982 n. 31.
[6] Decreto Legislativo 27 gennaio 1992 n. 115.
[7] Decreto Legislativo 2 febbraio 2001, n. 96. Articolo 4. Esercizio delle attività professionali.
1. L'avvocato stabilito ha diritto di esercitare la professione di avvocato di cui al regio decretolegge 27 novembre 1933, n.1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio
1934, n. 36, e ulteriormente modificato con legge 23 novembre 1939, n. 1949, e con legge
24 febbraio 1997, n. 27, utilizzando il titolo professionale di origine, alle condizioni e
secondo le modalità previste nel presente titolo.
2. L'avvocato integrato ha diritto di esercitare la professione di avvocato alle stesse condizioni
e secondo le stesse modalità previste per il professionista che esercita la professione in Italia
con il titolo di avvocato.
[8] Decreto Legislativo 2 febbraio 2001, n. 96. Articolo 7. Uso del titolo.
1. Nell'esercizio della professione l'avvocato stabilito è tenuto a fare uso del titolo
professionale di origine, indicato per intero nella lingua o in una delle lingue ufficiali dello
Stato membro di origine, in modo comprensibile e tale da evitare confusione con il titolo di
avvocato.
2. Alla indicazione del titolo professionale l'avvocato stabilito è tenuto ad aggiungere
l'iscrizione presso l'organizzazione professionale ovvero la denominazione della
giurisdizione presso la quale è ammesso a patrocinare nello Stato membro di origine.
3. L'avvocato stabilito, se esercita la professione quale membro di una società costituita nello
Stato membro di origine, è tenuto ad aggiungere al titolo professionale la denominazione di
tale studio, nonché la forma giuridica e i nominativi dei membri che operano in Italia.
[9] Decreto Legislativo 2 febbraio 2001, n. 96. Articolo 6. Iscrizione.
1. Per l'esercizio permanente in Italia della professione di avvocato, i cittadini degli Stati
membri in possesso di uno dei titoli di cui all'articolo 2, sono tenuti ad iscriversi in una
sezione speciale dell'albo costituito nella circoscrizione del tribunale in cui hanno fissato
stabilmente la loro residenza o il loro domicilio professionale, nel rispetto della normativa
relativa agli obblighi previdenziali.
2. L'iscrizione nella sezione speciale dell'albo è subordinata alla iscrizione dell'istante presso la
competente organizzazione professionale dello Stato membro di origine.
3. La domanda di iscrizione deve essere corredata dai seguenti documenti:
a) certificato di cittadinanza di uno Stato membro della Unione europea o dichiarazione
sostitutiva;
b) certificato di residenza o dichiarazione sostitutiva ovvero dichiarazione dell'istante con la
indicazione del domicilio professionale;
c) attestato di iscrizione alla organizzazione professionale dello Stato membro di origine,
rilasciato in data non antecedente a tre mesi dalla data di presentazione, o dichiarazione
sostitutiva.
4. Se l'interessato fa parte di una società nello Stato membro di origine, è tenuto ad indicare
nella domanda la denominazione, la relativa forma giuridica e i nominativi dei membri che
operano in Italia.
5. La domanda di iscrizione deve essere redatta in lingua italiana; i documenti, ove redatti in
una lingua diversa da quella italiana, devono essere accompagnati da una traduzione
autenticata.
6. Il Consiglio dell'ordine, entro trenta giorni dalla data di presentazione della domanda o dalla
sua integrazione, accertata la sussistenza delle condizioni richieste, qualora non ostino
motivi di incompatibilità, ordina l'iscrizione nella sezione speciale dell'albo e ne dà
comunicazione alla corrispondente autorità dello Stato membro di origine.
7. Il rigetto della domanda non può essere pronunciato se non dopo avere sentito l'interessato.
La deliberazione è motivata ed è notificata in copia integrale entro quindici giorni
all'interessato ed al procuratore della Repubblica ai sensi e per gli effetti di cui al quinto
comma dell'art. 31 del regio decreto-legge n. 1578 del 1933, convertito, con modificazioni,
dalla legge n. 36 del 1934, e successive modificazioni.
8. Qualora il Consiglio dell'ordine non abbia provveduto sulla domanda nel termine di cui al
comma 6, l'interessato può, entro dieci giorni dalla scadenza di tale termine, presentare
ricorso al Consiglio nazionale forense, il quale decide sul merito dell'iscrizione.
9. Con l'iscrizione nella sezione speciale dell'albo, l'avvocato stabilito acquista il diritto di
elettorato attivo, con esclusione di quello passivo.
10. Successivamente all'iscrizione, l'avvocato stabilito è tenuto a presentare annualmente al
Consiglio dell'ordine un attestato di iscrizione all'organizzazione professionale di
appartenenza, rilasciato in data non antecedente a tre mesi dalla data di presentazione,
ovvero dichiarazione sostitutiva.
[10] Decreto Legislativo 2 febbraio 2001, n. 96. Articolo 8. Prestazioni giudiziali.
1. Nell'esercizio delle attività relative alla rappresentanza, assistenza e difesa nei giudizi civili,
penali ed amministrativi, nonché nei procedimenti disciplinari nei quali è necessaria la
nomina di un difensore, l'avvocato stabilito deve agire di intesa con un professionista
abilitato ad esercitare la professione con il titolo di avvocato, il quale assicura i rapporti con
l'autorità adita o procedente e nei confronti della medesima è responsabile dell'osservanza
dei doveri imposti dalle norme vigenti ai difensori.
2. L'intesa di cui al comma 1 deve risultare da scrittura privata autenticata o da dichiarazione
resa da entrambi gli avvocati al giudice adito o all'autorità procedente, anteriormente alla
costituzione della parte rappresentata ovvero al primo atto di difesa dell'assistito.
[11] Decreto Legislativo 2 febbraio 2001, n. 96. Articolo 9. Patrocinio davanti alle giurisdizioni
superiori.
1. Nei giudizi dinanzi alla Corte di Cassazione ed alle altre giurisdizioni indicate nell'articolo
4, secondo comma, del regio decreto-legge n. 1578 del 1933, convertito, con modificazioni,
dalla legge n. 36 del 1934, e successive modificazioni, l'avvocato stabilito può assumere il
patrocinio se iscritto in una sezione speciale dell'albo di cui all'art. 33 del regio decretolegge n. 1578 del 1933, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 36 del 1934, e
successive modificazioni, ferma restando l'intesa di cui all'articolo 8, commi 1 e 2, con un
avvocato abilitato ad esercitare davanti a dette giurisdizioni.
2. Per l'iscrizione nella sezione speciale dell'albo indicato al comma 1, l'avvocato stabilito deve
farne domanda al Consiglio nazionale forense e dimostrare di avere esercitato la professione
di avvocato per almeno dodici anni in uno o più degli Stati membri, tenuto conto anche
dell'attività professionale eventualmente svolta in Italia. Alle deliberazioni del Consiglio
nazionale forense in materia di iscrizione e cancellazione dalla sezione speciale dell'albo si
applica la disposizione di cui all'art. 35 del regio decreto-legge n. 1578 del 1933, convertito,
con modificazioni, dalla legge n. 36 del 1934, e successive modificazioni
[12] Decreto Legislativo 2 febbraio 2001, n. 96. Articolo 5. Norme applicabili.
1. L'avvocato stabilito e l'avvocato integrato sono tenuti all'osservanza delle norme legislative,
professionali e deontologiche che disciplinano la professione di avvocato.
2. All'avvocato stabilito e all'avvocato integrato si applicano le norme sulle incompatibilità che
riguardano l'esercizio della professione di avvocato. La disposizione di cui al quarto comma
dell'art. 3 del regio decreto-legge n. 1578 del 1933 si applica anche agli avvocati legati da un
contratto di lavoro ad un ente corrispondente, nello Stato membro di origine, a quelli indicati
in detta disposizione.
3. In materia di assicurazione contro la responsabilità professionale l'avvocato stabilito è tenuto
agli stessi obbighi previsti per legge a carico del professionista che esercita con il titolo di
avvocato.
4. L'avvocato stabilito è tenuto a frequentare i corsi di formazione permanenti, anche se già
previsti nello Stato membro di origine, ove tale frequenza sia obbligatoria per il
professionista che esercita con il titolo di avvocato.
[13] Decreto Legislativo 2 febbraio 2001, n. 96. Articolo 11. Procedimenti disciplinari.
1. Nell'esercizio dell'attività professionale, l'avvocato stabilito è soggetto, per ogni violazione
delle disposizioni contenute o richiamate nel presente titolo, al potere disciplinare del
Consiglio dell'ordine competente. Sono ad esso applicabili, con le modalità e le procedure
previste dall'ordinamento professionale, le sanzioni disciplinari contemplate dalle norme in
materia vigenti.
2. Prima di avviare un procedimento disciplinare, il Consiglio dell'ordine ne dà immediata
comunicazione alla competente organizzazione professionale dello Stato membro di origine,
fornendo ogni informazione utile, con l'avvertenza che i dati non possono essere utilizzati al
di fuori dei fini propri dell'organizzazione.
3. Per l'istruttoria dei procedimenti disciplinari il Consiglio dell'ordine può richiedere
direttamente le informazioni necessarie alla competente organizzazione professionale dello
Stato membro di origine ovvero all'autorità giurisdizionale davanti alla quale l'avvocato
stabilito è ammesso ad esercitare la professione.
4. L'organizzazione professionale dello Stato membro di origine, a mezzo di rappresentanti,
può assistere alle udienze del procedimento disciplinare e può presentare osservazioni,
anche dinanzi al Consiglio nazionale forense nel caso di ricorso avverso la decisione del
Consiglio dell'ordine.
5. Le decisioni adottate in materia disciplinare dai Consigli dell'ordine e dal Consiglio
nazionale forense sono immediatamente comunicate all'organizzazione professionale dello
Stato membro di origine con l'avvertenza di cui al comma 2.
6. I provvedimenti dell'organizzazione professionale dello Stato membro di origine che
comportano il divieto definitivo o temporaneo di esercizio della professione determinano
automaticamnte il divieto definitivo o temporaneo di esercitare in Italia la professione con il
titolo professionale di origine. Per i provvedimenti che comportano effetti diversi, il
Consiglio dell'ordine competente adotta i provvedimenti opportuni, sulla base delle norme di
carattere sostanziale e procedurale previste dall'ordinamento forense e dal presente decreto.
7. Se il procedimento disciplinare riguarda un avvocato che esercita stabilmente la professione
in altro Stato membro con il titolo di avvocato, il Consiglio dell'ordine dà le comunicazioni
di cui ai commi 2 e 5 all'organizzazione dello Stato membro presso la quale l'avvocato è
iscritto.
[14] Ex articolo 8 del Decreto Legislativo 27 gennaio 1992 n. 115.
[15] Decreto Legislativo 2 febbraio 2001, n. 96. Articolo 12. Condizioni.
1. L'avvocato stabilito che per almeno tre anni, a decorrere dalla data di iscrizione nella
sezione speciale dell'albo degli avvocati, abbia esercitato in Italia, in modo effettivo e
regolare, la professione con il titolo professionale di origine è dispensato dalla prova
attitudinale di cui all'art. 8 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 115.
2. Per esercizio effettivo e regolare della professione di cui al comma 1 si intende l'esercizio
reale dell'attività professionale esercitata senza interruzioni che non siano quelle dovute agli
eventi della vita quotidiana. Nel caso di interruzioni dovute ad eventi di altra natura,
l'attività svolta è presa in esame se la stessa ha avuto una durata almeno triennale, senza
calcolare il periodo di interruzione, e se non vi siano ragioni che ostino ad una valutazione
dell'attività come effettiva e regolare.
3. L'avvocato stabilito che è stato dispensato dalla prova attitudinale, se concorrono le altre
condizioni previste dalle disposizioni in materia di ordinamento forense, può iscriversi
nell'albo degli avvocati e per l'effetto esercitare la professione con il titolo di avvocato.
4. Sono fatte salve le disposizioni del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 115, emanato in
attuazione della direttiva n. 89/48/CEE relativa ad un sistema generale di riconoscimento dei
diplomi di istruzione superiore che sanzionano formazioni professionali di una durata
minima di tre anni.
[16] Decreto Legislativo 2 febbraio 2001, n. 96. Articolo 13. Procedimento per la dispensa.
1. La domanda di dispensa si propone al Consiglio dell'ordine presso il quale l'avvocato
stabilito è iscritto.
2. La domanda è corredata dalla documentazione relativa al numero e alla natura delle pratiche
trattate, nonché dalle informazioni idonee a provare l'esercizio effettivo e regolare
dell'attività professionale svolta nel diritto nazionale, ivi compreso il diritto comunitario, per
il periodo minimo di tre anni. L'interessato è tenuto a dichiarare l'eventuale esistenza di
procedimenti penali o disciplinari a suo carico, pendenti o già definiti nello Stato membro di
origine, fornendo al Consiglio ogni ulteriore utile informazione.
3. Il Consiglio dell'ordine verifica la regolarità e l'esercizio effettivo dell'attività esercitata,
anche mediante richiesta di informazioni agli uffici interessati e, ove ritenuto opportuno,
invita l'avvocato a fornire chiarimenti o precisazioni in ordine agli elementi forniti e alla
documentazione prodotta.
4. La deliberazione in merito alla dispensa è assunta dal Consiglio dell'ordine nel termine di tre
mesi dalla data di presentazione della domanda o dalla scadenza del termine per la sua
integrazione. La deliberazione è motivata e notificata entro quindici giorni all'interessato e al
Procuratore della Repubblica, al quale sono altresì trasmessi i documenti giustificativi.
Nei dieci giorni successivi il Procuratore della Repubblica riferisce con parere motivato al
Procuratore generale presso la Corte di appello. Quest'ultimo e l'interessato possono
presentare, entro venti giorni dalla notificazione, ricorso al Consiglio nazionale forense. Il
ricorso del pubblico ministero ha effetto sospensivo. La deliberazione è altresì comunicata al
Ministero della giustizia per l'esercizio delle funzioni di vigilanza.
5. Anche prima della verifica dell'attività professionale svolta, il Consiglio dell'ordine può
rigettare la domanda in pendenza di procedimenti disciplinari per altri gravi motivi, qualora
sussistano ragioni di ordine pubblico.
6. Qualora il Consiglio non abbia deliberato nel termine stabilito nel comma 4, gli interessati e
il pubblico ministero possono presentare ricorso, entro venti giorni dalla scadenza di tale
termine, al Consiglio nazionale forense, il quale decide sul merito delle iscrizioni.
7. Tutti i soggetti che, in ragione del loro ufficio, vengono a conoscenza degli elementi e delle
informazioni comunque acquisiti nel corso dell'istruttoria della domanda di dispensa sono
tenuti al segreto.
[17] Decreto Legislativo 2 febbraio 2001, n. 96. Articolo 14. Attività di durata inferiore nel
diritto nazionale.
1. L'avvocato stabilito che per almeno tre anni, a decorrere dalla data di iscrizione nella
sezione speciale dell'albo, ha esercitato la professione con il titolo professionale di origine,
ma ha trattato pratiche attinenti al diritto nazionale per un periodo inferiore, è dispensato
dalla prova attitudinale se l'attività effettiva e regolare svolta e la capacità di proseguirla, da
valutare sulla base di un colloquio, consentono di ritenere verificata la condizione di cui
all'articolo 12, comma 1.
2. Ai fini della dispensa, oltre all'attività effettiva e regolare svolta, si considerano le
conoscenze e le esperienze professionali acquisite nel diritto italiano, nonché la
partecipazione a corsi o seminari sul diritto italiano, anche relativi all'ordinamento forense e
alla deontologia professionale.
3. Il colloquio si svolge davanti al Consiglio dell'ordine di cui all'articolo 13, comma 3.
4. Il procedimento per la dispensa è disciplinato dalle disposizioni di cui all'articolo 13.