Giovani si diventa

Transcript

Giovani si diventa
dell'amarezza di Woody, Crimini
e
misfatti,
richiamato
esplicitamente anche da diversi
elementi
della
trama
(il
documentario
irrealizzabile,
l'inganno del purismo e il trionfo
della menzogna e del vanesio).
Diversamente dall'Alan Alda di
allora, però, l'Adam Driver di
oggi non è un personaggio
(solo) negativo: fa quello che fa
perché naturalmente portato a
farlo. A guidarlo è l'istinto del
mescolatore e del manipolatore
di influenze, che centrifuga idee
e contatti di lavoro superando il
concetto di "furto" e la barriera
del cinismo, dove Stiller/Josh
appartiene a un mondo in cui
esiste ancora un codice, con
delle leggi morali, che spesso
sono un mero paravento sotto
cui nascondere la propria
timidezza creativa o l'accettazione un po' perdente (e molto
Generazione X) del concetto di
irrealizzabile. La generazione
(che si sente) "saltata" e che
vede materializzato il proprio
incubo quando il suocero e
decano
del
documentario
incontra l'ambizioso Jamie e
scocca la scintilla. Baumbach
gioca con l'ossimoro anagrafico
in
chiave
di
commedia
intellettuale newyorkese e lo
trasforma (apparentemente) in
thriller sull'arte della truffa.
Mentendo in entrambi i casi e
ingannando
Josh
almeno
quanto lo spettatore. L'unico
limite di un'analisi spietata,
meticolosa e assai divertente,
benché
in
agrodolce,
è
rappresentato dai personaggi
femminili, che non godono dello
stesso trattamento approfondito
di quelli maschili - specie quello
di Darby, irrisolto e al più
funzionale come gancio dello
script. Preziosa la colonna
sonora di James Murphy (LCD
Soundsystem), che chiude sul
David Bowie più funk e su un
muro di mattoni rossi un'altra
storia della Grande Mela, di
sogni in frantumi e di vite che
rinascono da quelle ceneri.
Emanuele Sacchi
www.mymovies.it
Mercoledì 27 gennaio, ore 16.30-19-21
Giovedì 28 gennaio, ore 19.00-21.00
Un film di Nadav Schirman,
con M. Hassan Yousef e G. Ben Yitzhak
I
Mosab Hassan Yousef è figlio di uno
dei capi di Hamas che gli instilla un
odio profondo nei confronti di Israele e
il desiderio di poter un giorno
vendicarsi. Arrestato per detenzione
illegale di armi viene affidato a Gonen
Ben Yitzhak, un agente dello Shin Bet
che ha un compito preciso: farlo
passare dalla parte di Israele per
utilizzarlo come agente infiltrato.
Venerdì 29 gennaio, ore 21.00
Versione originale sottotitolata
MERCOLEDí 20 GENNAIO 2016, ORE 16.30-19.00-21.00
GIOVEDí 21 GENNAIO 2016, ORE 19.00-21.00
VENERDí 22 GENNAIO 2016, ORE 21.00 (VERS. ORIG.)
Il cast tecnico.
Regia e sceneggiatura: Noah
Baumbach. Fotografia: Sam
Levy.
Montaggio:
Jennifer
Lame.
Scenografia:
Adam
Stockhausen. Costumi: Ann
Roth. Musiche: James Murphy.
Origine: USA, 2014.
Durata: 1h37.
Gli interpreti.
Ben Stiller (Josh Srebnick),
Naomi
Watts
(Cornelia
Srebnick), Adam Driver (Jamie),
Amanda
Seyfried
(Darby),
Charles
Grodin
(Leslie
Breitbart),
Adam
Horovitz
(Fletcher),
Maria
Dizzia
(Marina), Brady Corbet (Kent),
James Saito (Dott. Kruger).
La trama.
Invecchiare bene non è mai
facile e per un artista può
essere deleterio. Il quarantenne
Josh
Srebnick
è
un
documentarista di New York
convinto di non avere ottenuto
abbastanza dalla sua carriera.
L'uomo è alle prese con una
crisi creativa e anche nel
rapporto con la moglie sente
che manca qualcosa. L'incontro
con Jamie e Darby, due spiriti
liberi e indipendenti, aprirà a
Josh lo spiraglio di una ritrovata
giovinezza.
Diceva Picasso che ci vogliono
molti anni per diventare giovani.
Alcuni muoiono giovanissimi: De
Oliveira, Buñuel e Ronconi. Al
tema, la paura di diventare adulti,
il newyorkese Noah Baumbach
(...) dedica il suo film migliore,
una
commedia
hip-ster,
sofisticata e cinica su uno
scontro generazionale tagliato
finissimo (...). C'è nell'ottimo
impasto lo stock d'odio amore,
nostalgia del futuro, voglia
faustiana di fermare più che un
attimo e non accettare che
l'artrite arrivi per tutti. Si ride e
sorride molto, anche amaro,
perché di fronte c'è un buco nero
che la sceneggiatura riempie di
solleciti, ideali, ricordi sulla fatica
di scalare le rocce generazionali.
Gli attori sono magnifici per
doppia complicità (...): da un lato
patologicamente
depressi,
dall'altro patologicamente felici.
Maurizio Porro
Il Corriere della Sera
9 Luglio 2015
(…) È un film a budget più alto,
più patinato, formalmente più
convenzionale,
che
intesse
alcune delle ossessioni di
Baumbach (autobiografia, crisi di
identità
generazionale,
misantropia, metacinema...) in
una storia ambientata sullo
sfondo dell'attuale moda del
documentario.
(...)
In
osservanza
del
corrente
dibattito culturale, Baumbach ha
fatto del personaggio di Stiller
un documentarista da dieci anni
idealisticamente al lavoro sullo
stesso progetto, di Driver quello
del
giovane,
spregiudicato,
arrivista che gli ruba l'idea e la
gloria; e ha affidato a Charles
Grodin il ruolo di un mitico,
ineffabile,
pioniere
della
professione, una sorta di Al
Maysles o DA Pennebaker, che
alla fine (...) fa un lungo
discorso sul cinema e la verità.
Ambientata in una New York
che da Manhattan si protende
verso Brooklyn, incarnazione
della 'coolness' suprema di
Jamie e Derby, il film parte
molto bene (...). Baumbach, che
ha un magnifico orecchio per il
linguaggio, un'ironia acida e un
buon
senso
del
ridicolo,
tratteggia a pennellate veloci e
molto divertenti la clamorosa
cotta dei quarantaequalcosa per
i ventenni e la loro vita marziana
(...). Se - ci dice Baumbach l'insicurezza e il narcisismo
sono gli ingredienti principali
della crisi di mezza età della
middle
class
intellettuale
newyorkese delle generazione
di Josh e Cornelia, le «nuove
leve» hanno un Dna tutto a
base di ambizione spregiudicata
e superficialità. Dipinto com'è su
uno sfondo urbano, popolato di
molti personaggi, 'Giovani si
diventa' (con Stiller che è un
buon alter ego del regista) è
una commedia di maniere e
nevrosi che ricorda quelle di
Woody Allen. Che però non
avrebbe mai tradito il film con il
paraculissimo colpo di scena
finale che si vede qui. Un
compromesso tutto dei nostri
tempi.
Giulia D’Agnolo Vallan
Il Manifesto
9 Luglio 2015
Quartetto di attori impeccabili,
soprattutto
Adam
Driver,
stralunato solo in apparenza,
perfetta
ambientazione
nel
cuore
della
«bohemian
Brooklyn»,
ma
soprattutto
sguardo
imparziale,
mai
schierato, sempre problematico,
sono i punti di forza di «Giovani
si diventa». Un film pieno di
domande, immerso nell'aria del
tempo, insieme autentico e
paradossale.
Fulvia Caprara
La Stampa
9 Luglio 2015
"(...) tra bamboccioni con un
piede nell'età di mezzo e 20enni
rivolti all'indietro verso VHS e
vinili, il ritorno al futuro crossgenerazionale opta per la
commedia corale, l'analisi delle
idiosincrasie del campo artistico
e lo studio dei caratteri, gente
come Baumbach e i suoi amici
fighetti (ma con sentimento).
Problema, Noah ha fatto assai
di meglio, come il precedente
'Frances Ha', viceversa, qui
perde l'equilibro tra generazioni
(20enni a rischio caricatura),
generi (donne fuori fuoco) e
registri, ma conserva il fascino
cinefilo: da Woody Allen a Peter
Bogdanovich, passando per
Wes Anderson, si respira aria
buona.
Federico Pontiggia
Il Fatto Quotidiano
9 Luglio 2015
Al solito il prodotto hollywoodiano intercetta, e traduce in
pillole, tendenze e mode. (...)
La morale: meglio non fidarsi
troppo delle virtù anagrafiche, si
può essere giovani ma marci
dentro. Ma non è che i
quarantenni facciano una gran
figura. Il più fico è il vecchio
marpione.
Paolo D’Agostini
La Repubblica
9 Luglio 2015
Dopo aver analizzato con
realismo e affetto l'inconcludenza di una ragazza di fronte alla
maturità in Frances Ha, Noah
Baumbach osserva il suo
contrario,
l'incapacità
di
accettare il trascorrere del
tempo. E per farlo perfeziona il
suo studio post-alleniano di tipi
sociali e intellettuali incentrato
sulla
Grande
Mela:
a
confrontarsi sono una coppia di
Millennials (nati tra gli anni '80
e gli Zero) e una di Gen-Xers
(nati tra gli anni '60 e gli '80),
ambedue tratteggiate con dovizia
di particolari. Come in un gioco di
carte, Jamie e Darby recuperano
gli scarti della generazione
precedente e li riutilizzano per
realizzare qualcosa e affermare
la propria identità: non solo i vinili
e le macchine da scrivere, ma
persino le Vhs cancellate dal
progresso tecnologico diventano
uno status symbol, diventano
cool. Ma la voracità intellettuale
dei Millennials, il loro sincretismo
del riuso, che spazia ovunque
senza approfondire mai, entra
ben presto in contrasto con la
verticalizzazione esasperata e
l'approccio rigoroso di Josh.
Attento al dettaglio come un
pittore fiammingo, Baumbach
non abbandona mai il lavoro di
cesello. Non c'è angolo di
sceneggiatura o di dialogo,
seppur rapido fino all'inudibile,
che
non
sia
studiato
e
perfettamente
consono
alla
situazione: il Cd dei quarantenni
rassegnati e felici non può che
essere quello di Wilco, così
come i primi nomi di artisti citati
non
possono
che
essere
Wiseman,
Albert
e
David
Maysles e Pennebaker, i padri
spirituali
del
documentario
contemporaneo. Lo spettatore
intellettuale e smaliziato è così
appagato
e
obbligato
al
coinvolgimento. Un Woody Allen
2.0 con qualcosa in più, benché
la fedeltà nello spirito al regista di
Manhattan sia totale: sarebbe
impossibile pensare a Giovani si
diventa tralasciando il capolavoro