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4 number 3 Associazione Scientifica Interdisciplinare per lo Studio delle Malattie Respiratorie june 2009 h) c r a N I ciSe ION TED S C ( A IT D TR D E S E D ES B N S A E A A D C N P B A EX /SCIEN DATA ED X X E E IND IND ORTS PHIC N P A O ATI ON RE LIOGR T I E C ITATI R BIB C N C IE IE - SC URNAL ELSEV - JO OPUS, - SC M u ltid is c ip lin a ry R e s p ira to ry M e d ic in e Poste Italiane Spa - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (convertito in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1, DCB MILANO ® Bayram M, Ozkan G, Oztekin E, Bakan ND, Acikmese B, Bes S, Gur A, Camsari G Role of serum and pleural fluid NT-proBNP levels in identifying pleural effusion due to heart failure Ruolo dei livelli di NT-proBNP nel siero e nel liquido pleurico per identificare i versamenti pleurici indotti da insufficienza cardiaca Dal Negro RW, Barian R, Cadinu R, Turco P La qualità percepita nei pazienti con insufficienza respiratoria grave in ossigenoterapia domiciliare a lungo termine (OTLT) e monitoraggio remoto telemetrico Perceived quality in patients with severe respiratory failure on home LTOT with telemonitoring Lusuardi M, Lucioni C, De Benedetto F, Mazzi S, Sanguinetti CM, Donner CF Stratificazione di gravità e rischio di ricovero per riacutizzazione di BPCO: i dati clinici dello studio ICE (Italian Costs for Exacerbations) Severity stratification and hospitalization risk in COPD exacerbations: clinical data from the ICE (Italian Costs for Exacerbations) study Multidisciplinary Focus on: HIV and the lung anno 4 - n. 3 - Reg.Trib. Novara n.120 dell’11/11/2005 ISSN 1828-695X Multidisciplinary Respiratory Medicine vol. 4 n.3/june 2009:165-240 volume MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:26 Pagina 165 MULTIDISCIPLINARY RESPIRATORY MEDICINE OFFICIAL SCIENTIFIC JOURNAL OF AIMAR An Italian scientific journal of AIMAR dedicated to the advancement of knowledge in all fields of respiratory medicine. MRM publishes - in Italian and English - original articles, new methodological approaches, reviews, points of view, editorials, states of the art, position papers and congress proceedings. Editors Fernando De Benedetto, Chieti Claudio F. Donner, Borgomanero (NO) Claudio M. Sanguinetti, Roma Associazione Scientifica Interdisciplinare per lo Studio delle Malattie Respiratorie Multidisciplinary Respiratory Medicine Managing Editor Gianfranco Sevieri, Viareggio (LU) Editorial Office Manager Stefano Nardini, Vittorio Veneto (TV) Editorial Board Coordinator: Mario Polverino, Cava de’ Tirreni (SA) Sabina Antoniu, Iasi, Romania Alberto Braghiroli, Veruno (NO) Mauro Carone, Cassano Murge (BA) Lucio Casali, Terni Mario Cazzola, Roma Stefano Centanni, Milano George Cremona, Milano Roberto Dal Negro, Bussolengo (VR) Filippo De Marinis, Roma Francesco Ioli, Veruno (NO) Giovanni Paolo Ligia, Cagliari Rasmi Magadle, Baka El-Garbia, Israel Riccardo Pela, Ascoli Piceno Luca Richeldi, Modena Roberto Torchio, Torino AIMAR Scientific Committee Coordinator: Luigi Allegra (MI) Allergology and Environmental Medicine: Emanuele Errigo† (PV) Cardiac Surgery: Mario Viganò (PV) Cardiology: Nazzareno Galié (BO), Alessandro Palmarini (MI) Endocrinology: Aldo Pinchera (PI) Epidemiology: Fernando Romano (CH) Formation and Quality: Maurizio Capelli (BO), Piera Poletti (PD) Gastroenterology: Gabriele Bianchi Porro (MI), Lucio Capurso (RM) General Medicine: Claudio Cricelli (FI) Geriatrics: Emanuele Tupputi (BA), Stefano M. Zuccaro (RM) Imaging: Alessandro Carriero (NO), Francesco Schiavon (BL) Immunology: Giuseppe Montrucchio (TO) Infectivology: Ercole Concia (VR) Intensive Care: Marco Ranieri (TO) Internal Medicine: Roberto Corinaldesi (BO) Microbiology: Giancarlo Schito (GE) Neurology: Luigi Ferini Strambi (MI) Occupational Medicine: Plinio Carta (CA), Giacomo Muzi (PG) Oncology: Filippo De Marinis (RM), Cesare Gridelli (AV) Otolaryngology: Michele De Benedetto (LE), Desiderio Passali (SI) Pediatrics: Angelo Barbato (PD), Fernando M. De Benedictis (AN) Pharmacology: Ilario Viano (VC) Pneumology: Francesco Blasi (MI), Lucio Casali (TR), Mario Cazzola (RM), Giuseppe U. Di Maria (CT), Giuseppe Girbino (ME), Carlo Grassi (MI), Dario Olivieri (PR), Pier Luigi Paggiaro (PI), Paolo Palange (RM), Riccardo Pela (AP), Mario Polverino (Cava de’ Tirreni, SA). Relationships with Patients’ Organizations: Mariadelaide Franchi (RM) Thoracic Surgery: Francesco Sartori (PD) Editorial Office Novamedia s.r.l. Via Monsignor Cavigioli 10, 28021 Borgomanero (NO) Tel +39 0322 846549 – Fax +39 0322 843222 Lilia Giannini [email protected] Elisa Rossi [email protected] Editorial Supervision Rosemary Allpress, Alberto Braghiroli [email protected] Marketing & Advertising Gaudenzio Nidasio Tel +39 346 6964117 [email protected] MRM 165 MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:26 Pagina 166 In memoria del Professore Emanuele Errigo Il giorno 30 Aprile è morto, in Pavia, dove si era trasferito da Roma, il Prof. Emanuele Errigo. Nato a Genova il 9 marzo 1929, ha conseguito la laurea in Medicina e Chirurgia presso l'Università di Roma nel 1952 con il massimo dei voti e la lode. Ha iniziato la propria carriera universitaria nell’Istituto di Clinica Medica dell’Università di Roma allora diretto dal Prof. Giovanni Di Guglielmo, frequentando come Medico interno il “Reparto Allergia”, diretto dal Prof. Umberto Serafini ed iniziando l’attività di ricerca scientifica. Dopo che il Prof. Serafini si è trasferito a Firenze, è passato, in qualità di Assistente e poi di Aiuto, nell’Istituto di Semeiotica Medica, e successivamente in quello di Patologia Speciale Medica, sotto la Direzione del Prof. Michele Bufano. Nel 1958 ha conseguito la specializzazione in Malattie dell’apparato Respiratorio, con il massimo dei voti e la lode. Nel 1960 ha conseguito la Libera Docenza in Semeiotica medica. Da allora ha svolto un’intensa attività didattica, tenendo in ogni anno accademico molte lezioni nel corso di Laurea in Medicina e Chirurgia e nelle Scuole di Specializzazione in Medicina Interna, Farmacologia e Igiene. Quando il Prof. Serafini è stato chiamato a Roma alla Direzione della Cattedra di Patologia Medica, si è trasferito presso questa Cattedra e, successivamente, presso la Cattedra di Clinica Medica. Nei vari Istituti ha svolto un’intensa attività clinica nelle corsie, dapprima come Assistente e poi come Capo Reparto, dirigendo anche l’Ambulatorio ed il Laboratorio di Allergologia e Immunologia Clinica. Nel 1980 ha vinto la prima tornata dei concorsi per Professore Associato ed è stato chiamato dalla Facoltà quale ‘Professore Associato di Allergologia e Immunologia Clinica presso l’Università “La Sapienza” di Roma’. In tale veste ha svolto un’intensa attività didattica, nel Corso di Laurea e soprattutto nella Scuola di Specializzazione in Allergologia e Immunologia Clinica, fino al 1 novembre 2001, quando è stato posto fuori ruolo per raggiunti limiti d’età. L’attività scientifica è iniziata con vari studi sperimentali sulla “tolleranza immunitaria” in diverse specie animali, a cui hanno fatto seguito numerosi studi clinici riguardanti gli “effetti della corticotropina ipofisaria e dei glicocorticoidi”. La sua produzione scientifica si è concretata in oltre 400 pubblicazioni, su vari argomenti di allergologia ed immunologia clinica, pneumologia e medicina interna. Molti studi clinici e sperimentali sono stati rivolti agli effetti indesiderati di vari farmaci, a vari aspetti patogenetici delle reazioni allergiche e sono stati anche esaminati alcuni aspetti clinici delle malattie autoimmuni. La maggior parte degli studi è stata condotta nel campo delle malattie allergiche. Per quanto riguarda l’asma bronchiale, sono stati esaminati molti aspetti di quest’affezione: studi epidemiologici sulla prevalenza dell’asma bronchiale in Italia, il ruolo dell’inquinamento atmosferico sulla prevalenza dell’asma ed il ruolo degli acari e dei pollini nella sensibilizzazione di tipo allergico. Ha inoltre studiato le variazioni circadiane della broncostruzione ed il ruolo delle prostaglandine nell’iperreattività bronchiale e nell’asma da analgesici. Ha partecipato a trial terapeutici con nuovi farmaci ed ha dedicato particolare attenzione ai glicocorticoidi; nonché ad errori di omissione e di commissione nel trattamento dell’asma e alle cause di morte per asma bronchiale. Ha dedicato molti studi alla pollinosi: (epidemiologia, agrobiologia e terapia). In particolare, i suoi studi hanno fornito la prima dimostrazione che la pollinosi da Parietaria, largamente diffusa in Italia come in altri Paesi mediterranei, è nel nostro Paese principalmente dovuta ai pollini di Parietaria judaica e non, come si riteneva in precedenza, ai pollini di Parietaria officinalis, pianta che non si ritrova nelle regioni centro-meridionali ed insulari italiane. Altri studi hanno riguardato lo shock anafilattico, la sindrome orticaria/angioedema, le reazioni avverse da alimenti (con speciale riguardo alle reazioni pseudo-allergiche da additivi alimentari), le reazioni allergiche e pseudoallergiche da farmaci, le reazioni da ipersensibilità a veleni di imenotteri (con particolare riguardo alla diagnostica ed al trattamento). Inoltre, molti studi sono stati dedicati all’immunoterapia specifica delle allergopatie, alle reazioni pseudo-allergiche (PAR), non immunologicamente mediate, da farmaci (antiflogistici non steroidei, mezzi di contrasto, anestetici, eccetera), da alimenti e da additivi alimentari. Più recentemente, molti studi sono stati rivolti alle metodiche diagnostiche in vitro, in particolare ai nuovi sistemi automatizzati per la ricerca di IgE specifiche. Altri studi su argomenti vari hanno riguardato l’AIDS (casistica clinica, con risultati di trattamento con estratti timici), la proteinosi alveolare polmonare, la cefalea di Horton, l’artropatia nel morbo di Basedow. L’attività editoriale è stata prestigiosa: nel 1990 ha pubblicato il Manuale pratico di Allergologia, che ha avuto larghissima diffusione (ne sono state edite 300.000 copie). È stato poi unico autore del trattato Malattie allergiche, giunto nel 1999 alla terza edizione, in due volumi (I volume: Etiopatogenesi e clinica, II volume: Diagnostica, prevenzione e terapia). MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:26 Pagina 167 Ha collaborato, su invito, a numerosi trattati di Medicina Interna (diretti dai Proff. Serafini, Bufano, Teodori, eccetera) ed alla redazione di numerose voci dell’Enciclopedia Medica Italiana. Ha collaborato sin dal primo numero, cioè dal 1954, alla redazione della rivista Folia allergologica (poi divenuta Folia allergologica et immunologica clinica e Giornale Italiano di Allergologia e Immunologia Clinica), di cui è stato Redattore-Capo e poi Direttore (1990-1992). È stato anche Redattore, dal 1956 al 1990, della rivista di Medicina Interna Il Progresso medico. È stato invitato a svolgere Relazioni, oltre che in tutti i Congressi nazionali della Società Italiana di Allergologia e Immunologia Clinica ed in numerosissimi Convegni svoltisi in Italia, tra cui quello della Società Italiana di Medicina Interna, in molti Congressi internazionali (Parigi, Londra, Berlino, Washington, Denver, Rio de Janeiro, Buenos Aires, Caracas, Tokyo, Osaka, eccetera). Per quanto riguarda la sua attività nelle Società scientifiche, è stato socio fin dalla fondazione della Società Italiana di Allergologia e Immunologia Clinica (SIAIC), di cui è stato per un decennio Segretario (1977-1987) e successivamente Vice-Presidente (1987-1989). È stato il Coordinatore della Commissione della Società per l’immunoterapia specifica delle allergopatie respiratorie, che ha poi elaborato tre “Position Statement” sull’argomento, e membro delle Commissioni per la diagnostica allergologica e per gli aspetti medico-legali in allergologia. Ha elaborato una bozza del nuovo Statuto della SIAIC, approvata poi all’unanimità dall’Assemblea dei Soci, con le nuove norme per l’elezione del Consiglio Direttivo e con l’istituzione delle Sezioni regionali ed interregionali della Società. È stato eletto Presidente della Società Italiana di Allergologia e Immunologia Clinica per il biennio 1990-1991. È stato membro di molte Società scientifiche, internazionali (European Academy of Allergology and Clinical Immunology, International Association of Allergology and Clinical Immunology, International Society of Internal Medicine) e nazionali (Società Italiana di Medicina Interna, Società Italiana di Medicina Respiratoria, Società Italiana di Aerobiologia, eccetera). È stato membro dei Comitati per l’immunoterapia specifica e per i test diagnostici dell’European Academy of Allergology and Clinical Immunology ed inoltre è stato membro del Comitato Scientifico di AIMAR. Ha anche fatto parte della Commissione del Ministero della Sanità per la prevenzione e la terapia delle malattie allergiche. La sua attività organizzativa si è espressa nella collaborazione all’organizzazione di tutti i Congressi della Società Italiana di Allergologia e Immunologia Clinica dal 1954 al 1991, dapprima come Segretario, poi come Segretario Generale e come Presidente del Congresso. Ha anche organizzato, come Segretario o Segretario Generale, vari Congressi internazionali, come quelli dell’Accademia Europea di Allergologia e Immunologia Clinica (Firenze, 1956; Roma, 1975; Roma, 1980), dell’Associazione Internazionale di Allergologia (Firenze, 1970), della Società Internazionale di Igiene e Medicina Preventiva (Roma, 1968) e della Società Internazionale di Medicina Interna (Roma, 1978). Emanuele Errigo è stato e sarà altissimo esempio di correttezza professionale e di amore per lo studio e per la didattica. A noi tutti che lo abbiamo conosciuto piace identificarlo come l’uomo giusto, dall’animo buono, che ha saputo conquistare grande stima ed affetti e che rivivrà sempre nei nostri ricordi. Renato Corsico MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:26 Pagina 168 EMERGENZA TERREMOTO IN ABRUZZO Cari Colleghi, riceviamo dal Dott. Francesco de Blasio, Regent del Capitolo Italiano dell'ACCP, la seguente comunicazione che AIMAR condivide e supporta totalmente. Riportiamo inoltre il messaggio ai membri italiani dell'ERS da parte del Presidente ERS Jorrit Gerritsen, a testimonianza della vicinanza e del sostegno da parte dei Colleghi europei alle famiglie e ai paesi colpiti dal sisma di questi giorni. In questo drammatico frangente è nostro auspicio l'essere il più vicini possibile, con la nostra testimonianza ed il nostro tangibile supporto, a tutta la popolazione dell'Abruzzo. Claudio F. Donner Presidente AIMAR Carissimi, in questo delicato momento il Consiglio Direttivo dell'ACCP Capitolo Italiano ha deciso di invitare la sua membership ad un gesto di concreta solidarietà, partecipando volontariamente con un contributo economico da devolvere interamente in favore della Croce Rossa Italiana, che si sta fattivamente adoperando nelle opere di soccorso in favore delle popolazioni così duramente colpite dal recente sisma. Conseguentemente, abbiamo divulgato ai nostri soci le coordinate bancarie della nostra Società e ci adopereremo nella raccolta e successivo invio della somma finale alla CRI. Vi chiedo ufficialmente di consentire alla nostra Segreteria Nazionale di poter divulgare il medesimo appello a tutta la Vostra membership, mettendo a disposizione anche dei Vostri soci la nostra collaborazione nel raccogliere i contributi che vorranno essere destinati per questa causa. Se, come spero, la Vostra Società Scientifica volesse aderire a questa iniziativa, Vi prego di adoperarVi a far contattare la nostra Segreteria Nazionale onde poter celermente disporre analoga newsletter. Con molti ringraziamenti, Dott. Francesco de Blasio Regent ACCP Capitolo Italiano Segreteria Nazionale ACCP Italia Dott. Stefano Picciolo mail: [email protected] sito web www.chest.it DATI BANCARI PER LA RACCOLTA DI FONDI PER LE POPOLAZIONI DELL'ABRUZZO: Banca Cariparma, Agenzia Napoli 7 Piazza Amedeo 8, 80121 Napoli Conto Corrente N. 56733192 ABI 06230, CAB 03549 IBAN - IT19O0623003549000056733192 Causale: PRO TERREMOTO ABRUZZO Dear Colleague, We are deeply touched by the news about the earthquake with so many casualties in the area of l' Aquila in Italy and are closely following the news reports. We fully realize the devastating consequences endured by the population. Please do know that the whole ERS as society, the officers, together with the staff of the ERS Offices, are with you in thought and feel deeply for you. Would you please let us know if there is some way for us to extend our support to you. We hope you will find comfort in knowing that your colleagues at the ERS are empathizing with you and your countrymen. With my best wishes, Jorrit Gerritsen ERS President MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:26 Pagina 169 INDICE / INDEX Editorial / Editoriale Early bronchial alterations in COPD and their long term consequences Alterazioni bronchiali precoci nella BPCO e loro conseguenze a lungo termine 172 Lucio Casali, Valentina Malafoglia, Ermanno Puxeddu Articoli Originali / Original Articles Role of serum and pleural fluid NT-proBNP levels in identifying pleural effusion due to heart failure Ruolo dei livelli di NT-proBNP nel siero e nel liquido pleurico per identificare i versamenti pleurici indotti da insufficienza cardiaca 175 Mehmet Bayram, Gulcihan Ozkan, Erkan Oztekin, Nur Dilek Bakan, Baris Acikmese, Senem Bes, Aygun Gur, Gungor Camsari La qualità percepita nei pazienti con insufficienza respiratoria grave in ossigenoterapia domiciliare a lungo termine (OTLT) e monitoraggio remoto telemetrico Perceived quality in patients with severe respiratory failure on home LTOT with telemonitoring 182 Roberto W. Dal Negro, Roberta Barian, Rita Cadinu, Paola Turco Rassegne / Reviews È possibile migliorare la prognosi dei pazienti con BPCO? Una storia di infiammazione, corticosteroidi, broncodilatatori e altro Improving the prognosis in COPD: is it possible? A story of inflammation, corticosteroids, bronchodilators and more 187 Claudio M. Sanguinetti, Claudio F. Donner Stratificazione di gravità e rischio di ricovero per riacutizzazione di BPCO: i dati clinici dello studio ICE (Italian Costs for Exacerbations) Severity stratification and hospitalization risk in COPD exacerbations: clinical data from the ICE (Italian Costs for Exacerbations) study 197 Mirco Lusuardi, Carlo Lucioni, Fernando De Benedetto, Silvio Mazzi, Claudio M. Sanguinetti, Claudio F. Donner Lymphangioleiomyomatosis: a rare disease Linfangioleiomiomatosi: una patologia rara 203 Mario Schiavina, Paola Contini, Aldo Guerrieri, Francesco Tavalazzi, Andrea Fabiani Edema polmonare in corso di nuoto ed immersione: una patologia emergente? Pulmonary edema in swimming and diving: a new disease? 208 Giuseppe Fiorenzano, Maurizio Schiavon Multidisciplinary Focus on: HIV and the lung edited by / a cura di Sabina Antoniu AIDS e polmone AIDS and the lung 214 Michela Conti, Angelo Cazzadori, Ercole Concia MRM 169 MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:26 Pagina 170 HIV and lung mycoses HIV e micosi polmonari 217 Stefania Cocchi, Roberto Esposito HIV and tuberculosis: dilemmas and challenges HIV e tubercolosi: dilemmi e sfide 221 Giovanni B. Migliori, Rosella Centis, Anna Scardigli, Lucica Ditiu, Alberto Matteelli HIV-related lung cancer in the age of HAART Il tumore polmonare associato ad HIV nell’epoca della terapia antiretrovirale ad elevata efficacia (HAART) 225 May Stancliffe, Tom Powles, Mark Bower RUBRICHE Interdisciplinary Pages Spotlight on Respiratory Endoscopy Completion of ERS/AIMAR Joint Fellowship: a short report Breve resoconto di un’esperienza di ERS/AIMAR Joint Fellowship 229 Michela Bezzi 230 AIMAR Newsletter CFC Pages / Angolo del CFC Primary coronary artery disease prevention in the era of plaque imaging La prevenzione primaria della malattia coronarica nell’era dell’imaging della placca 232 Cesare Rusconi L'Angolo della Cultura (non solo Medicina...) Triplice follia 235 Triple folly Francesco Iodice 238 Meeting Calendar Avviso importante ai Soci Si rammenta a tutti i Soci che, come più volte comunicato negli scorsi numeri di MRM, la rivista non sarà più inviata senza la regolarizzazione dell'iscrizione ad AIMAR. Le modalità di pagamento della quota societaria per l'anno 2009 sono riportate nella pagina a fianco. 170 MRM MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:26 Pagina 171 Certificazione ISO 9001-2000 N. IT-37575 Associazione Scientifica Interdisciplinare per lo Studio delle Malattie Respiratorie Modulo di Iscrizione da inviare alla segreteria * campi obbligatori Nome:* ________________________________________________________________________ Cognome:*_____________________________________________________________________ Specialità:* _____________________________________________________________________ Ente: ___________________________________________________________________________ Indirizzo:* ________________________________________________________ N. __________ Città:* _____________________________________ CAP:* ___________ Provincia:* ______ Regione:* __________________________________ Stato:* ____________________________ Tel. privato: _____________________________ Tel. Ente: _____________________________ Tel. mobile: _____________________________ Fax: _________________________________ e-mail:* ________________________________________________________________________ La quota per l’anno 2009 è: t 50.00 per pneumologi t 20.00 per non pneumologi Modalità di pagamento - barrare l’opzione desiderata: contanti assegno: Banca ___________________________________________ Carta di credito: intestata a: _____________________________________________________________________ numero carta: ___________________________________________ scadenza: _____ / _____ codice di sicurezza (cw2) (il codice è riportato sul retro della carta): ____________________________ Il codice di sicurezza (cw2) a tre cifre è riportato sul retro, in corsivo, immediatamente sopra il riquadro dela firma. Far riferimento alle illustrazioni a lato a seconda del tipo di carta posseduta. Bonifico Bancario Banca d'appoggio: Banca Intesa San Paolo - Filiale di Borgomanero (NO) IBAN IT67Y0306945221615290978770 Intestato a: Associazione Scientifica Interdisciplinare per lo Studio delle Malattie Respiratorie (AIMAR) Firma:* __________________________________________________ Data: _______________ Le ricordiamo che collegandosi al sito www.aimarnet.it, potrà accedere a tutti i servizi offerti ai Soci di AIMAR. Segreteria: Via Monsignor Cavigioli, 10 - 28021 Borgomanero (NO) Tel +39 0322 846549 Fax +39 0322 869737 e-mail: [email protected] Informativa art. 13, d. lgs 196/2003 I Suoi dati saranno trattati, con modalità anche informatiche, da AIMAR - titolare del trattamento - Via Monsignor Cavigioli 10, 28021 Borgomanero (NO) - per gestire la Sua iscrizione ad AIMAR e, laddove richiesto, per attivare la casella di posta elettronica, e per attività a ciò strumentali. Inoltre, previo consenso, i Suoi dati saranno trattati per l'invio di newsletter periodiche. Le categorie di soggetti incaricati del trattamento dei dati per le finalità suddette sono gli addetti alla registrazione, modifica ed elaborazione dati, al confezionamento e spedizione di nostre riviste e newsletter, all'amministrazione, alla segreteria soci. Ai sensi dell'art. 7, d. lgs 196/2003 può esercitare i relativi diritti fra cui consultare, modificare, aggiornare o cancellare i Suoi dati, nonché richiedere elenco aggiornato dei responsabili del trattamento rivolgendosi al titolare al succitato indirizzo. MRM 171 MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:26 Pagina 172 Editorial / Editoriale Early bronchial alterations in COPD and their long term consequences Alterazioni bronchiali precoci nella BPCO e loro conseguenze a lungo termine Lucio Casali, Valentina Malafoglia, Ermanno Puxeddu Università degli Studi di Perugia, Dipartimento di Medicina Interna, Sezione Malattie dell’Apparato Respiratorio, Perugia Chronic obstructive pulmonary disease (COPD) is a disease state characterized by poorly reversible airflow limitation that is usually progressive and associated with an abnormal inflammatory response of the lungs to noxious particles of gases, particularly cigarette smoke [1]. Today COPD is no longer seen as a disease involving exclusively the lungs, and the attention is now focused on its systemic effects and associated comorbidities. These aspects characterize the natural history of the disease and play a pivotal role in the clinical course of patients affected by COPD. Potentially, an effective prevention and treatment of these conditions might represent the major breakthrough in the approach to COPD patients in the coming future [2]. Metabolic syndrome with particular regard to type 2 diabetes, cardiovascular disease, osteoporosis and muscle dysfunction are the principal comorbidities associated to COPD. All these conditions share a common ground that is represented by a state of systemic inflammation [3] with increase of circulating cytokines (e.g. TNF-α and IL-6) and acute-phase reactants (e.g. CRP). As the origin of systemic inflammation and related comorbidities in COPD patients remains unclear, two different views are currently proposed. Firstly, systemic inflammation might be caused by ‘spillover’ of inflammatory mediators from the initially affected organ - the lungs - into the systemic circulation, resulting in an involvement of other organ systems [2]. Secondly, systemic inflammation in COPD might represent the underlying condition + Lucio Casali S.C. Malattie Apparato Respiratorio, Ospedale S. Maria Via T. di Joannuccio 1, 05100 Terni, Italia email: [email protected] Multidisciplinary Respiratory Medicine 2009; 4(3): 172-174 172 MRM rather than the consequence of the disease. This view proposes COPD as part, along with insulin resistance, dyslipidemia and endothelial dysfunction, of a complex inflammatory syndrome that recognizes cigarette smoke and other aspects, e.g. weight control, diet and exercise, as main risk factors. Recently, Fabbri and Rabe [4] suggested adding the term ‘chronic systemic inflammatory syndrome’ to the definition of COPD to reflect the complexity of the problem. Besides these considerations, what appears clear is that exposure to cigarette smoke, in the subset of subjects that develop COPD, causes early pathological alterations of the peripheral airways represented by inflammatory cell infiltrate in the wall, consisting predominantly of mononuclear cells and clusters of macrophage in the respiratory bronchioli [5]. Further, with the progression of the disease there is an increase of macrophages and T lymphocytes in the airway wall and of neutrophils in the lumen [6-8]. It is reasonable to think that these modifications, that take place well before the presentation of any clinical manifestation of disease, lead to an early alteration of the airway morphology with important functional consequences. In fact, on one hand they are accountable for the development of airflow limitation; on the other hand they cause alteration of the distribution of ventilation, with unbalance of the ventilation perfusion relationship. In the early stages of the disease the magnitude of these phenomena might be mild enough not to cause, under normal conditions, evident pathophysiological or clinical manifestations, but they MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:26 Pagina 173 cumulation of extravascular albumin [17]. At an extrapulmonary level, the activation of HIF-1 has been linked to chronic inflammation and reduced adiponectin levels in white adipose tissue, that contribute to the pathogenesis of insulin resistance, which links obesity to many complications such as type 2 diabetes and cardiovascular disease [18]. In obese patients the activation of HIF-1 is thought to take place in the adipose tissue mostly due to the presence of local chronic hypoxia secondary to inadequate vascularization of the hypertrophic tissue. The notion of a role of hypoxemia in the pathogenesis of insulin resistance in obesity is supported by evidence that affected subjects are more susceptible to insulin resistance in a hypoxic environment, such as high altitude [19-22]. Muscle dysfunction is another important feature of the systemic manifestations of COPD. One of the potential mechanisms that has been proposed as a cause of muscle dysfunction is exercise induced oxidative stress. Oxidative stress takes place when highly reactive oxygen species (ROS) overwhelm the antioxidant defences causing cell damage and tissue wasting [23]. Several studies on healthy subjects and on subjects affected by COPD suggest that hypoxemia is an important factor in the development and worsening of muscle oxidative stress. Martinelli and co-workers [24] reported a threefold increase in basal levels of lipofuscin, a pigment marker of cumulative oxidative stress, in the vastus lateralis of climbers after a high altitude expedition (over 5000 m) for 8 weeks. More recently, Lundby and colleagues [25] reported an increase in resting muscle oxidative DNA damage in seven healthy subjects after 2 weeks at 4100 m. In COPD, chronic hypoxemia is associated with poor tolerance of peripheral muscle exercise [26]. The literature on environmental hypoxia suggests that chronic hypoxemia in COPD could contribute to peripheral muscle oxidative stress under resting conditions and after exercise [24,25]. Furthermore, muscle oxidative stress might represent the cause of the enhanced systemic immunological response to exercise documented in patients with COPD [27] and therefore could represent an additional source for the production of inflammatory mediators in those patients. In conclusion, despite the wealth of evidence supporting the role of extrapulmonary organs in the pathogenesis of the systemic manifestations that characterize the natural history of COPD, we believe it important to stress the notion that COPD is a preventable disease that affects primarily the airways and that the high incidence of comorbidities and complications can be explained, at least in part, by the complex functional alterations that characterize the disease from its early stages, which mainly consists in persistent hypoxia at the level of peripheral organs. L Casali, V Malafoglia, E Puxeddu Editorial - Editoriale could cause important functional abnormalities under particular conditions, such as transient hypoxemia during exercise. In this context, it is a matter of fact that COPD can lead to periods of hypoxemia and consequently to periods of change of pressure in the right ventricle, accounting for the ventricular septum wall stress that is associated with the progress of heart dysfunction in affected subjects [9]. From the pathophysiological point of view, this cardiological complication of hypoxemia in COPD is a consequence of the well known hypoxic pulmonary vasoconstriction phenomenon that was described for the first time more than 60 years ago [10]. Recently, clinical studies on obstructive sleep apnea syndrome (OSAS), a highly prevalent disease that is often underdiagnosed and in many cases overlaps with COPD, have yielded interesting findings. It has been shown that in subjects affected by OSAS, which is characterized by periods of oxyhemoglobin desaturation during sleep, even transient hypoxemia can trigger the development of systemic complications, in particular cardiovascular disease, with a mechanism that goes beyond the Van Euler Liljestrand reflex. There is increasing evidence, indeed, that transient hypoxemia leads to an activation of inflammatory pathways. This promotes activation of various inflammatory cells, particularly lymphocytes and monocytes, with the downstream consequence of expression of pro-inflammatory cytokines, chemokines and adhesion molecules that may contribute to endothelial dysfunction [11]. Furthermore, the notion that hypoxia might be related to systemic inflammation in COPD has been already proposed [12]. Studies in vitro have revealed that hypoxia results in enhanced cytokine production by macrophages and that the systemic hypoxemia observed in COPD patients may contribute to the activation of the TNF system. Indeed, significant inverse correlation between PaO2 and circulating TNF-α and sTNF-R levels in patients with COPD were reported [13]. Similarly, a significant relationship was found between the reduced oxygen delivery and the TNF-α levels in the peripheral circulation, stressing the role of tissue hypoxia [14]. In this context, hypoxia inducible factor (HIF)-1α, a transcriptonal factor activated at the cellular level by hypoxia, plays a central and general role [12]. HIF-1 activates the expression of a number of target genes coding for proteins involved in angiogenensis, energy metabolism, erythropoiesis, cell proliferation and inflammation [15]. The activation of HIF-1α in the lung, that interestingly is regulated by the inspired oxygen concentration, plays a major role in pulmonary vascular remodeling [16]. Furthermore, recently it has been demonstrated that periods of even moderate hypoxia result, probably through the activation of the HIF-1α pathway, in mild lung injury characterized by the accumulation of macrophages, modest neutrophil influx, and ac- MRM 173 Multidisciplinary Respiratory Medicine 2009; 4(3): 172-174 MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:26 Pagina 174 174 MRM References 1. Boyd CM, Darer J, Boult C, Fried LP, Boult L, Wu AW. Clinical practice guidelines and quality of care for older patients with multiple comorbid diseases: implications for pay for performance. JAMA 2005;294:716-724. 2. Barnes PJ. Future treatments for chronic obstructive pulmonary disease and its comorbidities. Proc Am Thorac Soc 2008;5:857-864. 3. Fabbri LM, Luppi F, Beghé B, Rabe KF. Complex chronic comorbidities of COPD. 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MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:26 Pagina 175 Original Article / Articolo Originale Role of serum and pleural fluid NT-proBNP levels in identifying pleural effusion due to heart failure Ruolo dei livelli di NT-proBNP nel siero e nel liquido pleurico per identificare i versamenti pleurici indotti da insufficienza cardiaca Mehmet Bayram1, Gulcihan Ozkan1, Erkan Oztekin2, Nur Dilek Bakan1, Baris Acikmese1, Senem Bes1, Aygun Gur1, Gungor Camsari1 1 Yedikule Teaching Hospital for Chest Diseases and Thoracic Surgery, Chest Diseases Department, Istanbul, Turkey Sisli Etfal Teaching Hospital, Cardiology Department, Istanbul, Turkey 2 ABSTRACT Background & Aim: To evaluate the value of serum and pleural fluid (PF) N-terminal pro-B-type natriuretic peptide (NTproBNP) measurement as a diagnostic tool in identifying pleural effusions due to heart failure. Materials & Methods: Simultaneous PF and serum samples were collected. Levels of PF and serum NT-proBNP and other biochemical parameters were measured. All study participants underwent echocardiography. Receiver operating characteristics (ROC) curve analysis was generated to determine cut-off levels for PF and serum NT-proBNP to discriminate pleural effusion due to heart failure from other causes. Results: One-hundred and sixty-two consecutive patients with pleural effusion were enrolled in the study. Diagnostic or therapeutic thoracentesis was performed in all patients and 133 patients were eligible for the study. Fifty-one patients (38%) had effusions due to heart failure, 3 patients (2%) had transudative effusions due to other causes, 79 patients (60%) had exudative causes. A close correlation (R2: 0.91) was found between serum and PF NT-proBNP levels. Cut-off levels of 1040 ng/L for serum and 925 ng/L for PF NT-proBNP had sensitivities of both 94%, specificities of 98% and 95%, and accuracies of 96% and 95%, respectively. Nineteen patients with pleural effusions were misclassified by Light’s criteria. Among these patients, serum-PF albumin gradient and serum-PF protein gradient measurements corrected 14 and 13 patients respectively. Both serum and PF NT-proBNP correctly classified all these 19 patients. Conclusions: Both serum and PF NT-proBNP measurement have high diagnostic accuracy in differentiating pleural effusions due to heart failure from other causes. Both measurements might be valuable additional diagnostic tools in diagnosing pleural effusion due to heart failure. Keywords: Heart failure, natriuretic peptides, pleural effusion. RIASSUNTO Razionale e scopo: Valutare la validità della misurazione nel siero e nel liquido pleurico del peptide natriuretico di tipo pro-B N-terminale (NT-proBNP) come mezzo diagnostico nell’identificazione dei versamenti pleurici causati da insufficienza cardiaca. Materiali e Metodi: Sono stati raccolti simultaneamente campioni serici e di liquido pleurico. I livelli serici e pleurici di NTproBNP sono stati valutati assieme ad altri parametri biochimici. Tutti coloro che hanno partecipato allo studio sono stati sottoposti ad ecocardiografia. È stata effettuata un’analisi della curva ROC per determinare i livelli di cut-off di NTproBNP serico e pleurico in grado di discriminare i versamenti pleurici causati da insufficienza cardiaca da quelli ad altra eziologia. Risultati: Sono stati arruolati 162 pazienti consecutivi con versamento pleurico. In tutti i pazienti è stata effettuata una toracentesi diagnostica o terapeutica e 133 pazienti sono risultati adatti allo studio. 51 pazienti (38%) avevano un versamento secondario a insufficienza cardiaca, 3 pazienti (2%) avevano un trasudato dovuto ad altre cause, 79 pazienti (60%) presentavano un essudato. È stata riscontrata una + Mehmet Bayram Yedikule Teaching Hospital for Chest Diseases and Thoracic Surgery, Chest Diseases Department, Aydinli yolu Firin sk. No. 24/5 Pendik, Istanbul, Turkey email: [email protected] Data di arrivo del testo: 02/02/2009 – Accettato dopo revisione 21/04/2009 Multidisciplinary Respiratory Medicine 2009; 4(3): 175-181 MRM 175 Multidisciplinary Respiratory Medicine 2009; 4(3): 175-181 MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:26 Pagina 176 stretta correlazione (R2 = 0,91) tra livelli serici e pleurici di NT-proBNP. Livelli di cut-off di NT-proBNP a 1040 ng/L per il siero e 925 ng/L per il liquido pleurico hanno mostrato entrambi una sensibilità del 94%, specificità del 98% e 95%, ed accuratezza del 96% e 95%, rispettivamente. 19 pazienti con versamento pleurico sono risultati non correttamente classificati utilizzando i criteri di Light. Tra questi pazienti i gradienti tra siero e liquido pleurico di albumina e proteine hanno permesso di correggere la classificazione rispettivamente in 14 e 13 pazienti. Tutti i 19 pazienti sono stati correttamente classificati sia con il NT-proBNP serico che pleurico. Conclusioni: Il dosaggio del NT-proBNP sia serico che pleurico ha un’elevata accuratezza diagnostica nel differenziare i versamenti pleurici indotti da insufficienza cardiaca da quelli ad altra eziologia. Entrambe le misure possono rappresentare un mezzo diagnostico addizionale per la diagnosi di versamento pleurico causato da insufficienza cardiaca. Parole chiave: Insufficienza cardiaca, peptide natriuretico, versamento pleurico. INTRODUCTION Discrimination of pleural effusions due to heart failure is made using as a guide Light’s criteria in the presence of clinical findings. These criteria have very high sensitivity to detect exudative effusions [1-2]. On the other hand it is well known that some patients, in particular when receiving diuretic treatment, can be misclassified as exudates [3-5]. Detecting exudative effusions in these patients may lead to futile invasive and expensive diagnostic procedures. Besides, thoracentesis may cause not only discomfort but also complications. Therefore a strategy to detect pleural effusion due to heart failure avoiding unnecessary thoracentesis and/or further diagnostic procedures seems to be ideal and cost effective. B type natriuretic peptide (BNP) is a peptide secreted in response to an increased stretching of the heart ventricle wall. The precursor molecule proBNP is cleaved to form inactive NT-proBNP and active BNP. NT-proBNP is a sensitive marker in detecting cardiac dysfunction and has wide use in the diagnosis of acute or chronic, diastolic or systolic, left ventricle dysfunction [6-9]. There are studies focused on the role of NT-proBNP measurements in diagnosis of pleural effusion related to heart failure since 2004. Until recently, 5 studies with NT-proBNP and one study with BNP have been carried out to explore the effectiveness of these peptides to discriminate pleural effusions due to heart failure from other causes [10-15]. Retrospective design [10], selected patients [11] detection only in pleural effusion [10] or only in serum [12] are the limitations of some of the studies. It is clear that more studies are needed to define optimal cut-off levels and descriptive properties of these peptides and to compare this method with other diagnostic procedures. The present study was designed to verify the diagnostic value of NT-proBNP measured in serum and in PF to identify pleural effusions due to heart failure, to compare its diagnostic value with Light’s cri- 176 MRM teria, and with serum-PF protein gradient (SPPG) and serum-PF albumin gradient (SPAG), and to evaluate the correlation between serum and PF NTproBNP levels in a large group of patients. MATERIALS & METHODS Consecutive patients with pleural effusion were prospectively evaluated from December 2006 to August 2007. The following measurements were performed in PF and serum samples: NT-proBNP, glucose, protein, albumin, lactate dehydrogenase (LDH), creatinine, cholesterol, cell count, differential cell count, bacterial culture, acid-fast bacilli smear and culture, and cytology. Only the evaluation of the first thoracentesis was considered. Sampling of serum and PF were done simultaneously. The following biochemical parameters were estimated and calculated by Light’s criteria [1]: PF/serum protein ratio, PF/serum LDH ratio, PF LDH concentration; according to Light’s criteria PF/serum protein ratio higher than 0.5 or PF/LDH ratio higher than 0.6 or PF LDH concentration higher than 2/3 of upper limit indicate effusions as exudates. Additionally, if an exudative effusion is detected due to heart failure, albumin gradient (serum albumin concentration minus pleural effusion albumin concentration) and protein gradient (serum total protein concentration minus pleural effusion total protein concentration) should be calculated. If SPAG is higher than 1.2 g/dl and if SPPG is higher than 3.1 g/dl the effusion is considered as transudate. In this study, the investigators were blinded to NT-proBNP results until after the last patient’s diagnostic procedures had been completed. Echocardiography was performed in all patients in order to assess the presence of left ventricular dysfunction or severe valvular disease. The physician who performed the echocardiography was blinded to patients’ clinical and biochemical parameters. Further studies, including pleural biopsy, were done by discretion of the primary physician. Patients were excluded from the study if: i) pus or blood was aspirated by thoracentesis; ii) two or more diseases causing pleural effusion were detected; iii) definite diagnosis could not be made despite further investigations. All participants provided informed consent, and the study protocol was approved by the Regional Ethics Committee. Laboratory measurements Venous blood was taken from an antecubital vein from all patients and placed in tubes filled with ethylenediaminetetraacetic acid after a 15-min rest in supine position. LDH and albumin were measured on SYNCHRON LX® 20 analyzer using Konelab kits. Total protein concentration was estimated using the biuret method, LDH level was measured using a kinetic ultraviolet optimized standard method; the upper normal limit is defined as 450 IU/L. Albumin concentration was determined by bromcresol green method. NT-proBNP was measured by electrochemiluminescence immunoassay using an MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:26 Pagina 177 Diagnostic criteria The final clinical diagnosis was based on the results of all diagnostic studies and the decision of whether pleural effusion was transudate or exudate was blinded to measurements of NT-proBNP and based on Light’s criteria. Effusions were considered malignant if malignant cells were detected at cytological examination or in a biopsy specimen or if primary malignancy was proven with exclusion of any other causes associated with pleural effusion. A pleural effusion was considered to be parapneumonic when clinical findings and pulmonary infiltrate in the absence of malignancy or diseases causing transudates were detected. Tuberculous pleurisy was diagnosed with a positive culture finding for Mycobacterium tuberculosis in PF, pleural biopsy, or sputum, and/or the presence of caseous granulomas in pleural biopsy and/or high levels of adenosine deaminase in PF. Pleural effusion was considered as due to pulmonary emboli when there was a strong clinical suspicion and a high-probability ventilation perfusion scintigraphy and/or pulmonary angiography. Heart failure was diagnosed by history, cardiomegaly and pulmonary venous congestion on chest X-ray, peripheral edema, response to diuretic treatment and proven with echocardiography. Nephrotic syndrome was diagnosed when the patient had proteinuria, edema, and hypoalbuminemia. Effusions were considered secondary to liver cirrhosis when there was clinical or laboratory evidence of hepatic damage in the absence of heart failure or malignancy. Statistical analysis Medians of data obtained by biochemical analysis were compared using the Mann-Whitney U test. Qualitative variables were compared by Fisher’s exact test. Correlation of PF and serum NT-proBNP levels were tested by Spearman’s coefficient rank of correlation test. The sensitivity, specificity, positive predictive value (PPV), negative predictive value (NPV) accuracy and positive likelihood ratio (+LR) were calculated using Bayes’ theorem. Receiver operating characteristics (ROC) curves were generated to detect discriminative properties of various cut-off levels of PF and serum NT-proBNP. All tests were two-tailed, and a p-value of < 0.05 was considered significant. Analyses were performed with a statistical software package (SPSS version 15.0; Chicago, USA). RESULTS PF and serum samples were collected from 162 consecutive patients presenting with pleural effusion. Of these, 29 patients were excluded for the following reasons: 11 patients due to no definitive diagnosis despite further investigations; 7 patients with exudative effusions and coexisting heart failure (3 with lung cancer, 1 with postmyocardial injury syndrome, 1 with parapneumonic effusion, 1 with tuberculous pleurisy, 1 with pleural effusion due to hemodialysis); 7 patients with empyema; 4 patients due to missing laboratory results. Data of the remaining 133 patients were evaluated. Final diagnoses of the study population are presented in Table I. Clinical characteristics are summarized in Table II. As expected, older age, bilateral effusions, and lower left ventricle ejection fraction (EF) on echocardiography were associated with heart failure. Twentytwo (43.1%) patients in the cardiac effusion group were on diuretic therapy. Echocardiography findings of patients with heart failure were as follows; 27 had (52.9%) left ventricle systolic dysfunction (EF median level: 35%), 16 (31.4%) had valvular disease (grade II or III), 4 (7.8%) had left ventricle diastolic dysfunction. Median levels of serum and PF NT-proBNP of patients with cardiac effusion were significantly higher (p < 0.001). Two patients with transudative effusion had normal echocardiography findings despite presence of clinical findings of heart failure (cardiomegaly on chest x-ray, peripheral edema, venous stasis and S3 gallop rhythm on physical examination, and resolution of effusion with diuretics). Their serum NT-proBNP levels were 4973 ng/L and 4687 ng/L; pleural fluid NT-proBNP levels were 2517 ng/L and 6663 ng/L. Serum and PF NT-proBNP levels of the 3 patients with transudative but non-cardiac effusions were 88 M Bayram, G Ozkan, E Oztekin, ND Bakan, B Acikmese, S Bes, A Gur, G Camsari NT-proBNP and cardiac pleural effusions – NT-proBNP e versamento pleurico a genesi cardiaca Elecsys 2010 analyzer (Roche Diagnostics, Mannheim, Germany). According to the manufacturer, this test has an intra-assay and coefficient of variation of 0.8 – 3% and a detection range of 5 – 35,000 ng/L. TABLE I: DIAGNOSES OF THE STUDY POPULATION Type of pleural effusion n % Transudative Heart failure Liver cirrhosis Nephrotic syndrome Exudative Malignancy Tuberculosis Parapneumonic Pulmonary embolism Other* 54 51 2 1 79 31 31 10 4 3 40 38 1 1 60 24 24 7 3 2 MRM 177 Multidisciplinary Respiratory Medicine 2009; 4(3): 175-181 MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:26 Pagina 178 TABLE II: CLINICAL CHARACTERISTICS OF PATIENTS Characteristics N Age Male/female Bilateral effusions (%) Left ventricle ejection fraction Serum NT-proBNP (ng/L) PF NT-proBNP (ng/L) Heart failure Other Effusions p 51 71 (62-76) 35/16 27 (52.9) 43 (32-60) 4687 (2006-11974) 4468 (1802-11489) 82 49 (29-65) 55/27 6 (7.3) 64 (60-68) 119 (66-230) 187 (77-407) < 0.001 0.85 < 0.001 < 0.001 < 0.001 < 0.001 Data are presented as median (interquartile range). Definition of abbreviations: NT-proBNP, N-terminal proB-type natriuretic peptide; PF, pleural fluid. ng/L, 139 ng/L, 573 ng/L and 92 ng/L, 148 ng/L, 573 ng/L, respectively. Serum and PF NT-proBNP median levels of the study population final diagnoses are shown as box-plots in Figure 1. A close correlation was found between serum and PF NT-proBNP levels (R2: 0.91, Figure 2). Measurement of NT-proBNP levels in serum and PF had high diagnostic accuracy, as shown by ROC curve analysis (area under the curve 0.98 for serum and 0.97 for PF, Figure 3). Sensitivities, specificities, positive and negative predictive values and accuracies for various cut-off levels of serum and PF NT-proBNP as determined by ROC curve analysis are shown in Table III. Diagnostic values of Light’s criteria in the study population are summarized in Table IV. Light’s criteria misclassified 19 (35.3%) cardiac effusions as exudates. Ten of the 19 patients were receiving diuretics. Serum and PF albumin and protein gradients corrected 14 and 13 of the 19 effusions as transudates, respectively, whereas serum and PF NTproBNP levels correctly classified all of them as cardiac effusions. DISCUSSION Pleural effusion due to heart failure is usually diagnosed by revealing transudate effusion and interpreting the clinical findings. Light’s criteria are considered the standard method to discriminate exudative effusions from transudates, although it is well known that in some patients with heart failure who are receiving diuretics, LDH and protein concentrations are increased in PF and this causes a misclassification of transudates as exudates [3-5]. Parameters have been improved to overcome this problem. Serum-PF protein and albumin gradients are accepted as a cost-effective method to minimize this confusing effect of diuretic treatment. On the other hand, the single use of SPPG or SPAG can by itself lead to an overdiagnosis of transudative effusions [4]. Among the natriuretic family, BNP is released from the heart ventricles in response to an increase in pressure. Thus, for a long time it has been widely used in cardiovascular diseases as a marker to detect cardiac dyspnea, and asymptomatic left ventricular dysfunction in high risk population, to mon- 178 MRM itor the efficiency of treatment of heart failure, and to estimate the prognosis of heart failure and coronary artery disease. Porcel et al. first noticed that NT-proBNP measurement in PF has high diagnostic value in discriminating the pleural effusions due to heart failure from other causes in 2004 [10]. They examined PF of 117 patients in a retrospective study. Median level of PF NT-proBNP was 6931 ng/L for heart failure and 292 ng/L for other causes. They reported that AUC of ROC was 0.97 when they chose 1500 ng/L as the optimal cut-off level [10]. Tomscanyi et al. subsequently reported that levels of PF NT-proBNP between 599 ng/L and 1457 ng/L had a sensitivity and specificity of 100% to discriminate the effusions due to heart failure from the exudative ones [11]. Similarly, Gegenhuber et al. [12] investigated BNP in PF and concluded that it has a high diagnostic value to discriminate the cardiac effusions from the others (ROC AUC: 0.97). Kolditz et al. [13] investigated PF and serum NT-proBNP levels in 93 patients to evaluate its diagnostic accuracy in serum and PF. Median levels of serum and PF were 10791 ng/L and 10427 ng/L for cardiac effusion and 989 ng/L and 947 ng/L for non-cardiac effusions, respectively. ROC AUC was 0.97 for both PF and serum NT-proBNP measurement. They proposed 4000 ng/L as optimal cut-off level for both PF and serum NT-proBNP to discriminate effusions due to heart failure from exudates [13]. The high sensitivity, specificity and accuracy of serum and PF NT-proBNP found in the present study is consistent with previous studies. Optimal cut-off levels were found to be comparable with 1500 ng/L which is proposed for PF NT-proBNP by Porcel et al. [14]. High specificity and sensitivity values in a wide cut-off range were observed as detailed in Table III. This result is similar to that in Tomcsányi et al.'s study [11]. Unlike the previous and present studies, Kolditz et al. [13] proposed a much higher cut-off level (4000 ng/L) for PF and serum NT-proBNP. They performed echocardiography in patients with suspected pleural effusion due to heart failure and reported high median age (67 years), high bilateral effusion rates (22%) and heart failure history rates (40%) in the non-cardiac group. These findings made us suspect the presence of co- MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:26 Pagina 179 Serum NT-proBNP Pleural fluid NT-proBNP 30.000 25.000 NT-proBNP ng/L 20.000 15.000 10.000 5.000 0 Heart Failure Other Transudatives Malignity Tuberculosis Parapneumonic Pulmonary Effusion Emboli Other Exudatives Diagnosis existing heart failure in non-cardiac patients in the study of Kolditz et al. [13]. In the present study echocardiography was performed in all patients, in- cluding the 7 patients with non-cardiac effusion who also had co-existing heart failure and were excluded from the study. On the other hand, unlike M Bayram, G Ozkan, E Oztekin, ND Bakan, B Acikmese, S Bes, A Gur, G Camsari NT-proBNP and cardiac pleural effusions – NT-proBNP e versamento pleurico a genesi cardiaca FIGURE 1: BOX-PLOTS SHOW MEDIAN AND QUARTILES OF SERUM AND PLEURAL FLUID NT-proBNP ACCORDING TO THE DEFINITIVE DIAGNOSIS FIGURE 2: CORRELATION OF SERUM AND PLEURAL EFFUSION LEVEL OF NT-proBNP. SPEARMAN’S COEFFICIENT OF RANK CORRELATION IS 0.91 (P < 0.001). BOTH AXES HAVE A LOGARITHMIC SCALE. 100000,00 Serum NT-proBNP 10000,00 1000,00 100,00 10,00 10,00 100,00 1000,00 10000,00 100000,00 pleural fluid NT-proBNP MRM 179 FIGURE 3: RECEIVER OPERATING CHARACTERISTICS (ROC) CURVE OF NT-proBNP LEVELS IN SERUM AND PLEURAL FLUID FOR DIFFERENTIATING BETWEEN CARDIAC AND NON-CARDIAC PLEURAL EFFUSIONS (AREA UNDER THE CURVE 0.98 FOR SERUM AND 0.97 FOR PF) ROC Curve Serum NT-proBNP pleural fluid NT-proBNP 1,0 0,8 Sensitivity Multidisciplinary Respiratory Medicine 2009; 4(3): 175-181 MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:26 Pagina 180 0,6 0,4 0,2 0,0 0,0 0,2 0,4 0,6 0,8 1,0 1 - Specificity the previous investigations, the median age of patients with exudative effusion was comparably low. This was attributed to the 31 patients with tuberculous pleurisy. But it did not alter the optimal cut-off values. Another important finding was the high correlation between PF and serum NT-proBNP levels, that therefore have equivalent diagnostic values. These results are almost the same as those obtained by Tomcsányi et al. [11], Kolditz et al. [13], and Han et al. [15]. Serum NT-proBNP measurement may be a choice to exclude or identify the heart failure in patients with comorbid disease in whom we were unable to take PF for NT-proBNP or other biochemical markers. Porcel et al. [14] reported that 10 of the 35 effusions due to heart failure were misclassified as exudate according to Light’s criteria, while PF NT-proBNP measurements classified these patients correctly. Kolditz et al. [13] noticed that both serum and PF NT-proBNP levels of 9 patients with effusions due to heart failure, who were misclassified by Light’s criteria, were above the cut-off levels. In another study of Porcel et al. [14], 8 of 40 patients with pleural effusion due to heart failure were misclassified by Light’s criteria. Six of those 8 patients could be classified correctly by albumin gradient, serum and PF NT-proBNP. Therefore they concluded that serum and PF NTproBNP measurement are not superior to albumin TABLE III: DIAGNOSTIC INFORMATION OF SERUM AND PF NT-proBNP FOR VARIOUS CUT-OFF LEVELS IN THE DIAGNOSIS OF CARDIAC EFFUSION Cut-off level (ng/L) Sensitivity % (95% CI) Specificity % (95% CI) Accuracy % (95% CI) NPV % (95% CI) PPV % (95% CI) + LR (95% CI) Serum 614 1040* 1503 94 (86-97) 94 (88-96) 84 (78-86) 91 (87–94) 98 (94–99) 99 (95–99) 93 (87–95) 96 (91–98) 93 (88–94) 96 (91–98) 96 (92–98) 91 (87–92) 87 (81–91) 96 (90–99) 98 (90–99) 11 (6–16) 38 (14–117) 67 (15–381) Pleural fluid 642 925* 1457 96 (89-99) 94 (87-97) 84 (77-87) 87 (81–88) 95 (88–99) 98 (93–99) 89 (84–91) 95 (90–97) 92 (87–94) 97 (92–99) 96 (92–98) 96 (86–99) 80 (74–82) 92 (86–96) 91 (87–92) 6 (4–7) 19 (9–34) 34 (11–120) *Optimal cut-off level Definition of abbreviations: CI, confidence interval; NPV, negative predictive value; PPV, positive predictive value; +LR, likelihood ratio. 180 MRM MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:26 Pagina 181 Sensitivity % (95% CI) Specificity % (95% CI) Accuracy % (95% CI) 97 (94–99) 95 (90–97) 94 (85–97) 95 (89–98) 64 (54–62) 82 (74–86) 64 (57–65) 68 (60–73) 85 (79–87) 90 (84–93) 80 (72–85) 85 (78–88) Light’s criteria PF/serum total protein ratio PF/serum LDH ratio PF LDH level > 2/3 of normal upper limit of serum LDH level Definition of abbreviations: CI, confidence interval; LDH, lactate dehydrogenase; PF, pleural fluid. gradient. In a recently published study Han et al. [15] noticed that ten cases of 28 misclassified as exudative effusion due to heart failure showed serumeffusion protein gradient less than 3.1 g/dL. Of the 28 misclassified, 26 exhibited PF NT-proBNP level higher than the cut off level. In the present study serum and NT-proBNP measurements correctly detected heart failure in all 19 patients who were misclassified by Light’s criteria, whereas albumin gradient misclassified 5 and protein gradient misclassified 6 of them as exudate. It is obvious that measuring albumin gradient costs less than NTproBNP assay. In the present study NT-proBNP measurements seem to have higher diagnostic accuracy than protein and albumin gradients. Nevertheless these findings should be confirmed with further studies focused on this issue in a larger group of patients. CONCLUSION The present study demonstrated that serum and PF NT-proBNP levels are highly correlated and measurements of these parameters effectively discriminate pleural effusions due to heart failure from other causes. Serum NT-proBNP measurement may be a choice to exclude or identify the heart failure in patients in whom thoracentesis cannot be performed. When Light’s criteria reveal an exudative effusion in patients who have suspicion of heart failure, serum or PF NT-proBNP measurements may be a useful additional diagnostic tool. To definitively establish the usefulness and cost-effectiveness of NT-proBNP in comparison with the SPAG and SSPG methods, further studies in large populations are needed. CONFLICT OF INTEREST STATEMENT: None of the authors has any conflict of interest to declare in relation to the subject matter of this manuscript. M Bayram, G Ozkan, E Oztekin, ND Bakan, B Acikmese, S Bes, A Gur, G Camsari NT-proBNP and cardiac pleural effusions – NT-proBNP e versamento pleurico a genesi cardiaca TABLE IV: DIAGNOSTIC VALUES OF LIGHT’S CRITERIA IN THE PRESENT STUDY References 1. Light RW. Clinical practice. Pleural effusion. N Engl J Med 2002;346:1971-1977. 2. Romero S, Candela A, Martín C, Hernández L, Trigo C, Gil J. Evaluation of different criteria for the separation of pleural transudates from exudates. Chest 1993;104:399-404. 3. Chakko SC, Caldwell SH, Sforza PP. Treatment of congestive heart failure. Its effect on pleural fluid chemistry. Chest 1989;95:798-802. 4. Gotsman I, Fridlender Z, Meirovitz A, Dratva D, Muszkat M. The evaluation of pleural effusions in patients with heart failure. Am J Med 2001;111:375-378. 5. Heffner JE, Sahn SA, Brown LK. Multilevel likelihood ratios for identifying exudative pleural effusions. Chest 2002;121:1916-1920. 6. Januzzi JL Jr, Camargo CA, Anwaruddin S, Baggish AL, Chen AA, Krauser DG, Tung R, Cameron R, Nagurney JT, Chae CU, Lloyd-Jones DM, Brown DF, Foran-Melanson S, Sluss PM, Lee-Lewandrowski E, Lewandrowski KB. The N terminal Pro-BNP investigation of dyspnea in the emergency department (PRIDE) study. Am J Cardiol 2005;95:948-954. 7. Hobbs FD, Davis RC, Roalfe AK, Hare R, Davies MK, Kenkre JE. Reliability of N-terminal pro-brain natriuretic peptide assay in diagnosis of heart failure: cohort study in representative and high risk community populations. BMJ 2002;324:1498. 8. McDonagh TA, Holmer S, Raymond I, Luchner A, Hildebrant P, Dargie HJ. NT-proBNP and the diagnosis of heart failure: a pooled analysis of three European epidemiological studies. Eur J Heart Fail 2004;6:269-273. 9. Tschöpe C, Kasner M, Westermann D, Gaub R, Poller WC, 10. 11. 12. 13. 14. 15. Schultheiss HP. 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Porcel JM, Chorda J, Cao G, Esquerda A, Ruiz-González A, Vives M. Comparing serum and pleural fluid pro-brain natriuretic peptide (NT-proBNP) levels with pleural-toserum albumin gradient for the identification of cardiac effusions misclassified by Light's criteria. Respirology 2007;12:654-659. Han CH, Choi JE, Chung JH. Clinical utility of pleural fluid NT-pro brain natriuretic peptide (NT-proBNP) in patients with pleural effusions. Intern Med 2008;47:1669-1674. MRM 181 MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:26 Pagina 182 Articolo Originale / Original Article La qualità percepita nei pazienti con insufficienza respiratoria grave in ossigenoterapia domiciliare a lungo termine (OTLT) e monitoraggio remoto telemetrico Perceived quality in patients with severe respiratory failure on home LTOT with telemonitoring Roberto W. Dal Negro1,2, Roberta Barian1, Rita Cadinu1, Paola Turco2 1 2 UOC di Pneumologia, ULSS22 Regione Veneto, Ospedale Orlandi, Bussolengo (VR) CESFAR - Centro Studi Nazionale di Farmaco-Economia e Farmaco-Epidemiologia Respiratoria, Bussolengo, Verona RIASSUNTO La valutazione della qualità dei servizi erogati rappresenta un punto cruciale nel management a lungo termine delle patologie croniche, specie di quelle respiratorie. Lo scopo del presente studio è stato quello di valutare da questo punto di vista le percezioni e l’accettazione dei pazienti con BPCO grave e molto grave ammessi al programma gestionale dell’ossigenoterapia domiciliare a lungo termine (OTLT) nell’ultimo decennio, unitamente a quelle dei loro caregivers: ciò anche al fine di consentire un miglioramento continuo del protocollo di intervento terapeutico a loro favore. Il 92% dei pazienti ha sottolineato l’elevato valore sanitario del modello di gestione adottato; la loro consapevolezza sul valore della OTLT domiciliare è risultata nettamente aumentata rispetto ad un decennio prima (64 vs 46% fra i pazienti e 57 vs 39% dei caregiver, rispettivamente); i pazienti (con conferma dei loro caregiver) hanno anche confermato l’assunzione dell’ossigeno per una durata di almeno 17 ore al giorno. Le aspettative dei pazienti in tema di disabilità e qualità di vita correlate alla loro malattia è risultata migliorare nettamente durante il decennio di OTLT domiciliare (20% vs 39% nel caso dei pazienti; 19% vs 42% nel caso dei caregiver, rispettivamente). Inoltre, i pazienti ammessi a questo tipo di gestione e che hanno avuto modo di sperimentarlo per anni, hanno enfatizzato il fatto che personalmente lo consiglierebbero fortemente a tutti coloro che, nelle medesime condizioni, ne potrebbero beneficiare. I dati del presente studio confermano l’alto valore sanitario della OTLT domiciliare con gestione telemetrica dei parame- tri vitali e di alcuni parametri funzionali. I dati hanno anche dimostrato che le aspettative dei pazienti (e dei loro caregiver) possono modificarsi dinamicamente e positivamente anche in termini di disabilità percepita a seguito di questo particolare modello gestionale. Parole chiave: BPCO grave, home care, qualità percepita, telemedicina. ABSTRACT The assessment of quality of health services represents a crucial point in the long-term management of chronic patients at home, particularly those suffering from respiratory diseases. The aim of the present paper was to investigate the perceptions of patients with severe and very severe COPD admitted to home-managed long-term oxygen treatment (LTOT) in the last decade, and of their caregivers. Their acceptance of the telemetric LTOT protocol was investigated together with their conceptions about COPD and related disability, and their suggestions in order to improve the interventional protocol continuously. The value of home LTOT management with telemonitoring was perceived as high by 92% of patients; their awareness about the role of oxygen in their disease resulted higher than ten years ago (64% vs 46% in the case of patients, and 57% vs 39% in the case of caregivers); both patients and caregivers confirmed their use of oxygen for a duration of more than 17 hours daily. The patients’ perspective in terms of disability and quality of + Roberto W. Dal Negro UOC di Pneumologia, ULSS22 Regione Veneto, Ospedale Orlandi Via Ospedale 2, 37012 Bussolengo (VR), Italia email: [email protected] Data di arrivo del testo: 22/12/08 – Accettato per la pubblicazione: 20/2/09 Multidisciplinary Respiratory Medicine 2009; 4(3): 182-186 182 MRM MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:26 Pagina 183 Keywords: Home care, patients’ perspective, quality of care, severe COPD, telemedicine. INTRODUZIONE L’innalzamento qualitativo dei Servizi Sanitari è fattore cruciale sul quale agire per poter fornire risposte sempre più appropriate alla domanda crescente di salute dei pazienti, mentre la domiciliarizzazione dei pazienti cronici viene sempre più vista come opzione di grande interesse in ottica comunitaria allo scopo di unire vantaggi clinici a vantaggi gestionali e socio-economici. L’impiego delle tecnologie telematiche finalizzate alla gestione remota di alcune patologie croniche, e di quelle respiratorie in particolare, ha rivoluzionato i processi di monitoraggio e gestione terapeutica negli ultimi anni, abbattendo costi, visite non programmate, ospedalizzazioni e riducendo al contempo molti disagi per i pazienti e le loro famiglie. Un sistema di telemedicina per la gestione dell’ossigenoterapia domiciliare a lungo termine (OTLT) è attivo da oltre venti anni presso l’U.O.C.di Pneumologia dell’ASL 22 della Regione Veneto [1]. Tale sistema di monitoraggio e gestione remota del paziente respiratorio grave (il primo ingegnerizzato, installato e reso effettivamente operativo in Italia nel 1986) consente di rilevare e gestire a distanza (di solito al proprio domicilio) mediante dispositivi multiparametrici i soggetti con grave insufficienza respiratoria cronica, ammessi al programma di Ricovero Domiciliare specialistico secondo la normativa regionale vigente [2]. Nonostante siano stati periodicamente documentati i vantaggi ottenibili con tale programma assistenziale in termini di outcome clinici ed economici [3-8], gli aspetti correlati alla percezione e all’approccio psicologico del paziente in OTLT controllato mediante telemonitoraggio domiciliare rappresentano tuttavia un punto cruciale e non ancora indagato di questo particolare programma di Salute: è infatti fondamentale che i pazienti e i loro caregiver siano attivamente coinvolti e consapevoli nella gestione, ed è quindi altrettanto importante conoscere il loro punto di vista e le loro percezioni sul servizio erogato. Il presente studio è stato finalizzato allo scopo di rispondere all’esigenza di misurare gli elementi percettivi che contraddistinguono i soggetti ammessi al programma gestionale di OTLT con monitoraggio telemetrico ed i loro caregiver. OBIETTIVI Indagare il punto di vista soggettivo sulla malattia e la gestione dell’ossigeno sia da parte dei pazienti che di coloro che se ne prendono cura a domicilio (di solito i familiari), al fine di valutare l’accettazione del presente modello assistenziale, di migliorarlo e poter confrontare l’evoluzione dei convincimenti attuali con quelli ottenuti mediante un’indagine analoga condotta circa un decennio fa. MATERIALI E METODI Tutti i soggetti dello studio (103 pazienti; 58% di sesso maschile e 101 caregiver) hanno ricevuto un’intervista personalizzata condotta da uno psicologo esperto sulla base di una lista predefinita di 10 domande specificamente orientate ad indagare il dominio delle percezioni dei pazienti e dei loro caregiver e finalizzate a raccogliere una valutazione oggettiva del servizio erogato, oltre alle aspettative nei confronti del servizio stesso e della propria disabilità. RISULTATI Il 92% dei pazienti ha confermato esplicitamente l’elevato valore del presente modello per la teleassistenza domiciliare. Inoltre, la consapevolezza attuale del ruolo terapeutico dell’ossigeno è risultata assai maggiore rispetto a quanto fatto registrare nel decennio precedente (rispettivamente, per quanto riguarda i pazienti: 64% vs 46%, e per quanto riguarda i caregiver: 57% vs 39%). Non a caso, sia a detta del paziente che del caregiver, la durata media dell’assunzione giornaliera di ossigeno è risultata superiore alle 17 ore. Il telemonitoraggio continuo domiciliare è risultato inoltre ben accettato dalla grande maggioranza di entrambe le tipologie di intervistati, i quali hanno chiaramente precisato che tale sistema di gestione non risulta “per niente” o “minimamente” invasivo nei confronti della libertà e delle comuni attività quotidiane dei singoli pazienti e della loro famiglia. Il vantaggio che i soggetti respiratori cronici gestiti a domicilio in OTLT telemetrica hanno percepito è stato quantificato secondo una scala analogica (0 = nessun vantaggio; 10 = massimo vantaggio), il cui andamento distributivo dei valori registrati è riportato nella Figura 1. Come è facile evincere dalla Figura 1, la grande maggioranza dei soggetti ha attribuito al sistema un elevato valore medico-sanitario. Tale importante convinzione risulta comunque enfatizzata anche dalla percezione dimostrata, sia da parte dei pazienti che dei caregiver, del ruolo terapeutico dell’ossigeno, risultato significativamente più elevato in entrambi i casi rispetto a quanto fatto registrare dieci anni fa (Figura 2). Inoltre, il 74% dei pazienti ha affermato che consiglierebbe l’entrata nell’attuale sistema di gestione domiciliare della OTLT ad eventuali soggetti che si trovassero RW Dal Negro, R Barian, R Cadinu, P Turco Qualità percepita dell’OTLT con telemetria nella BPCO grave – Perceived quality of LTOT with telemonitoring in severe COPD life due the original illness was dramatically ameliorated with home telemonitoring (20% vs 39% in the case of patients; 19% vs 42% in the case of caregivers). Furthermore, patients admitted to the protocol and who experienced the practical results of this management confirmed that they would advise the same to other patients in the same conditions. The present data confirm the high value of home managed LTOT with telemonitoring for very severe COPD and that the patients’ perspective can change positively and dynamically in terms of their perceived disability by means of this interventional protocol. MRM 183 FIGURA 1: PERCEZIONE DEL VALORE DEL MODELLO TELEMETRICO PER LA GESTIONE DELLA OTLT 35 30 25 20 n. soggettti Multidisciplinary Respiratory Medicine 2009; 4(3): 182-186 MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:26 Pagina 184 15 10 5 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 punteggio espresso nelle loro stesse condizioni respiratorie originali. Anche la percezione della disabilità è risultata condizionare assai meno che in passato la vita quotidiana dei soggetti coinvolti nel sistema per la gestione remota della OTLT domiciliare (pazienti 20% vs 39%; caregiver 19% vs 42%): i dati relativi attuali confrontati con i precedenti sono riportati nella Figura 3. Inoltre, sia sulla base delle loro personali affermazioni, che sulla base di quanto riferito dai rispettivi caregiver, i pazienti attuali sono risultati meno socialmente isolati, e quindi più partecipi, all’ambiente che li circonda: si muovono autonomamen- te di più che in passato in casa e fuori ed esitano meno a mostrarsi a conoscenti e amici come portatori di handicap e/o di protesi a scopo terapeutico (cannule dell’ossigeno, borsello spallabile, ecc.). A questo proposito, attualmente l’81% dei soggetti esce di casa (49% regolarmene) contro il solo 58% di circa un decennio fa. È da segnalare come dato assolutamente rilevante il fatto che, mentre all’epoca dell’ammissione al programma di gestione domiciliare della OTLT tutti i pazienti (e i cargiver) affermano di accontentarsi di ottenere una parziale riduzione dei sintomi (prevalentemente della dispnea) grazie alla gestione te- FIGURA 2: RUOLO TERAPEUTICO DELL’OSSIGENO Caregiver Pazienti 100% 100% 80% 80% 64% 60% 60% 46% 57% 46% 39% 40% 40% 26% 30% 20% 20% 7% 14% 10% 0% 0% Si 2006 184 MRM 32% 28% No 2000 Si Non so 2006 No 2000 Non so MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:26 Pagina 185 Caregiver Pazienti 100% 100% 80% 80% 60% 60% 46% 40% 40% 40% 39% 40% 35% 32% 28% 28% 20% 20% 39% 32% 19% 20% 0% 0% Saltuariamente 2006 Regolarmente Saltuariamente Mai 2006 2000 lemetrica della OTLT e solo l’1% ambiva alla guarigione, dopo circa 3 anni di programma gestionale telemetrico oltre il 17% degli stessi pazienti ha dichiarato invece di ambire alla guarigione completa Regolarmente Mai 2000 della malattia, indicando in tal modo un chiaro innalzamento del livello di aspettativa di vita e di qualità della vita a seguito del protocollo terapeutico prolungato cui erano stati ammessi (Figura 4). FIGURA 4: VARIAZIONI DELLE ASPETTATIVE DEL PAZIENTE PRIMA E DOPO 3 ANNI DI OTLT TELEMETRICA Aspettative all’immissione alla OTLT 17% 0% 1% Riduzione dei sintomi Guarigione completa Miglioramento della QoL Riduzione dei farmaci RW Dal Negro, R Barian, R Cadinu, P Turco Qualità percepita dell’OTLT con telemetria nella BPCO grave – Perceived quality of LTOT with telemonitoring in severe COPD FIGURA 3: PERCEZIONE DI DISABILITÀ: QUANTE VOLTE AL GIORNO ESCE DI CASA? Aspettative attuali 5% 82% 41% 37% Riduzione dei sintomi Guarigione completa recover Miglioramento della QoL 17% Riduzione dei farmaci MRM 185 Multidisciplinary Respiratory Medicine 2009; 4(3): 182-186 MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:26 Pagina 186 Quest’ultimo dato apre un’interessante finestra interpretativa sul concetto di “non modificabilità” della situazione clinico-percettiva del paziente respiratorio cronico anche grave o molto grave, il quale, a differenza di quanto si riteneva fino ad un recente passato, manifesta invece una significativa dinamicità delle proprie percezioni di salute e della propria aspettativa di vita. CONCLUSIONI I dati del presente studio confermano la maggior consapevolezza attuale del paziente riguardo alla patologia cronico-invalidante che lo affligge, oltre a quella dei suoi familiari, che nella quasi totalità dei casi del nostro modello operativo rappresentano pressoché l’unica categoria di caregiver disponibile. A ciò va aggiunto il concetto che l’aspettativa di vita di tale genere di pazienti è positivamente modificabile in base alle azioni terapeutiche coordinate messe in atto nei loro confronti, senza interferire pesantemente nella loro personalità e nell’organizzazione familiare Infine, misurare periodicamente gli elementi percettivi relativi alla cura dei pazienti in ossigenoterapia domiciliare a lungo termine mediante protocollo gestionale telemetrico si rivela essenziale per: • confermare la validità del modello assistenziale; • sviluppare l’idea dell’ossigeno come terapia primaria in queste circostanze; • orientare il paziente alla cura della malattia primitiva, oltre che al controllo dei sintomi; • verificare l’affidabilità del caregiver; • migliorare e monitorare il livello di qualità di vita e di aspettativa di vita del paziente respiratorio cronico grave; • sottolineare il concetto di normalizzazione della condizione dell’utilizzatore. DICHIARAZIONE DI CONFLITTO DI INTERESSI: Gli autori non hanno relazioni finanziarie con un’entità commerciale che abbia interesse nell’oggetto di questo articolo. Bibliografia 1. Dal Negro RW, Turco P. Telemedicine and HLTOT in Italy: a 20 year experience. In: Dal Negro RW, Goldberg AI Eds, Home Long-Term Oxygen treatment in Italy: the additional value of telemedicine. Springer Verlag, 2005:69-83. 2. Dal Negro RW. Long term oxygen tele-home monitoring, the Italian perspective. Chest 2000 Companion Book, Oct. 22-26,2000:247-249. 3. Report of the Medical Research Council Working Party. Long term domiciliary oxygen therapy in chronic cor pulmonale complicating chronic bronchitis and emphysema. Lancet 1981;1:681-685. 4. Nocturnal Oxygen Therapy Trial Group. Continuous or nocturnal oxygen therapy in hypoxemic chronic obstructive lung disease: a clinical trial. Ann Intern Med 1980;93:391-398. 186 MRM 5. Crockett AJ, Cranston JM, Moss JR, Alpers JH. 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A story of inflammation, corticosteroids, bronchodilators and more Claudio M. Sanguinetti1, Claudio F. Donner2 1 2 UOC di Pneumologia, AO San Filippo Neri, Roma Mondo Medico, Centro diagnostico, terapeutico e riabilitativo multidisciplinare, Borgomanero (NO) RIASSUNTO La broncopneumopatia cronica ostruttiva è una malattia respiratoria prevenibile e trattabile, che diviene nel tempo altamente invalidante se non vengono adottati un adeguato stile di vita e corretti interventi terapeutici. La storia naturale di questa malattia è infatti caratterizzata da un declino progressivo della funzione polmonare che, nelle fasi terminali, sfocia nell'insufficienza respiratoria. La BPCO è sostanziata da una infiammazione polmonare, che aumenta durante le riacutizzazioni e che si estende anche a livello sistemico determinando temibili complicanze a carico di vari organi e apparati, fra cui quelli cardiovascolare, muscolare e osseo, che favoriscono l'incidenza di mortalità. Lo scopo principale della terapia della BPCO è di migliorare lo stato di salute e la qualità di vita dei pazienti, di ridurre l'incidenza delle riacutizzazioni e aumentarne l'aspettativa di vita. Per perseguire lo scopo di incidere sulla prognosi dei pazienti affetti da BPCO la malattia dovrebbe essere individuata al suo apparire, o addirittura ancor più precocemente, e qualificata nella sua entità, allo scopo di recuperare il più possibile la performance respiratoria e adottare ogni intervento atto ad arrestare la progressione del danno. Tuttavia la realtà dei fatti, al momento, non sembra affatto corrispondere a questi criteri, se è vero che la malattia è ampiamente sottostimata e spesso curata in modo inadeguato, o non curata affatto finché non assuma aspetti tali da rendere inevitabile l'intervento terapeutico, che a quel punto può spesso sortire effetti meramente palliativi. Relativamente all'obiettivo della modifica della prognosi, gli interventi che ad oggi dispongono delle maggiori evidenze sono essenzialmente la cessazione dell'abitudine tabagica e, limitatamente ai pazienti con quadro clinico ormai compromesso e caratterizzato da insufficienza respiratoria cronica, la somministrazione continuativa di ossigeno. Recentemente sono stati pubblicati studi clinici importanti per numerosità di pazienti e durata dell'osservazione, che hanno valutato l'impatto della terapia farmacologica con salmeterolo/fluticasone sia su obiettivi ambiziosi direttamente correlati con la prognosi (mortalità e riduzione del declino del FEV1) sia sui principali parametri clinici (stato di salute, qualità di vita, riacutizzazioni). I risultati di questi studi sembrano concordare sul fatto che la terapia farmacologica può incidere sulla prognosi dei soggetti affetti da BPCO, oltre che sulla sintomatologia. Parole chiave: BPCO, broncodilatatori long-acting, corticosteroidi inalatori, infiammazione respiratoria e sistemica, prognosi, riacutizzazioni. ABSTRACT Chronic obstructive pulmonary disease (COPD) is a preventable and treatable disease, that becomes progressively highly disabling if an adequate life style and correct therapeutic approach are not implemented. The disease history is characterized by a progressive decline in lung function that leads, in the terminal stages, to respiratory failure. COPD starts with an inflammatory process in the lungs, that increases during exacerbations and spreads also at systemic level causing significant consequences in various body sites, including the cardiovascular, skeletal muscle and bone systems, the impairment of which induces an increase in mortality. The main objective of COPD treatment is to improve patients’ health status and quality of life, reduce the exacerbation rate, and increase life expectancy. To achieve an impact on the prognosis of COPD patients, the disease needs to be identified when it first presents, or even earlier still, and its severity + Claudio M. Sanguinetti UOC di Pneumologia, AO San Filippo Neri Via Martinotti 20, 00135 Roma, Italia email: [email protected] Data di arrivo del testo: 15/01/2009 - Accettato per la pubblicazione: 25/02/2009 Multidisciplinary Respiratory Medicine 2009; 4(3): 187-196 MRM 187 Multidisciplinary Respiratory Medicine 2009; 4(3): 187-196 MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:26 Pagina 188 assessed, so that lung function can be recovered as far as possible and every measure undertaken to halt the disease progression. However, at present these criteria do not seem to be borne out by the reality, given that the disease is reported to be widely underestimated and often inadequately treated or not treated at all until it has reached such proportions that the therapeutic intervention is inevitable, at which point the effect of treatment is often only symptoms relief. Concerning the target of modifying prognosis, the interventions with the most evidence-based support today are essentially smoking cessation and, for the most severe patients affected by chronic respiratory failure, continuous oxygen therapy. Recently major clinical studies have been published based on large patient samples and long-term observation, that evaluated the impact of pharmacological therapy with salmeterol/fluticasone both on the ambitious goals directly linked to prognosis (mortality and reduction in FEV1 decline) and on the main clinical parameters (health status, quality of life, exacerbations). The results of these studies seem to agree on the fact that pharmacological therapy can have an influence on the prognosis of patients affected by COPD, in addition to its effect on symptoms. Keywords: Acute exacerbations, COPD, inhaled corticosteroids, long-acting bronchodilators, prognosis, respiratory and systemic inflammation. La broncopneumopatia cronica ostruttiva è una malattia prevenibile e trattabile, caratterizzata da limitazione del flusso nelle vie aeree non completamente reversibile e progressiva, supportata da un'anormale reazione infiammatoria ad agenti nocivi respirati, in particolare fumo di sigarette, e associata a importanti complicazioni di altri organi e apparati [1]. La malattia si presenta con caratteristiche di cronicità e spesso diviene nel tempo altamente invalidante, specie se non viene adottato un adeguato stile di vita, o non sono utilizzati farmaci e altri interventi terapeutici laddove essi siano necessari. La storia naturale della malattia è costellata da numerosi episodi di riacutizzazione (acute exacerbations of chronic obstructive pulmonary disease, AECOPD) che riconoscono per lo più un'origine infettiva e sono più frequenti nei pazienti in cui maggiore è l'alterazione anatomo-funzionale respiratoria [2], rappresentando anche un rischio aggiuntivo in termini di morbilità e mortalità [3]. Le basi infiammatorie della BPCO Alla base della BPCO vi è una flogosi polmonare che inizia a livello delle piccole vie aeree e ne provoca la progressiva ostruzione [5]; di fatto, probabilmente in risposta ad una cronica colonizzazione microbica, le vie aeree dei pazienti con BPCO presentano un aumento di cellule infiammatorie e immunitarie [6,7] che correla anche con il decadimento del valore di volume espiratorio forzato in un secondo (FEV1) [8]. Alcune di queste cellule, in particolare macrofagi, neutrofili ed eosinofili, sono responsabili della produzione di specie reattive dell'ossigeno (ROS) [9], enzimi proteolitici [10] e altri composti biologici [11] che provocano una marcata alterazione anatomo-funzionale respiratoria. I 188 MRM polmoni dei fumatori con BPCO hanno un maggior contenuto di neutrofili altamente attivati rispetto ai fumatori senza segni di BPCO [12] e tali cellule hanno un ruolo critico nella infiammazione polmonare, migrando in sede polmonare in risposta a molecole di adesione, citochine epiteliali e altri stimoli, e aumentando la loro capacità di “burst” respiratorio [13]. Il concetto della esistenza nei pazienti con BPCO di una infiammazione anche a livello sistemico è ormai ben consolidato, ma rimangono oggetto di discussione i rapporti causali tra i due processi infiammatori. Al riguardo è stata attribuita una potenziale responsabilità patogenetica al fumo di sigaretta, che si è dimostrato in grado di determinare effetti dannosi sia respiratori che sistemici [14,15]. Ma l'ipotesi più suggestiva è che la flogosi sistemica derivi da una estensione all'intero organismo dell'infiammazione polmonare per mezzo della circolazione sistemica (“spill-over”), mentre appare meno probabile, anche perché non supportata da alcuna chiara evidenza, quella che sostiene la flogosi sistemica come primum movens di alterazioni a carico di vari organi e apparati fra cui quello broncopolmonare [4]. Particolare attenzione ha negli ultimi tempi ricevuto la la proteina C reattiva (PCR), una proteina della fase acuta sintetizzata principalmente dagli epatociti in risposta a stimoli infiammatori e di altro genere, i cui valori sierici sono aumentati anche nei pazienti con BPCO non riacutizzata, indipendentemente dall’abitudine al fumo o dalla presenza di cardiopatia ischemica manifesta clinicamente già a riposo o diagnosticata sotto sforzo [16]. La PCR nei BPCO stabili è apparsa anche correlare con alcune variabili prognostiche, come il livello di PaO2, la distanza percorsa durante il test del cammino per 6 minuti [17], il valore di FEV1 e anche con l'alterazione della forza dei muscoli scheletrici e del metabolismo energetico [18,19]; è inoltre risultata fortemente implicata nella patogenesi dell’ ipertensione vascolare polmonare [20]. Una conseguenza di tutto questo movimento infiammatorio è che nei pazienti affetti da BPCO si possono riscontrare numerose alterazioni extrapolmonari a carico di vari organi e apparati, che riguardano in particolare lo stato nutrizionale, la funzionalità dei muscoli scheletrici, la massa del tessuto osseo, il sistema cardiovascolare e diversi altri. La perdita di peso corporeo, largamente attribuibile ad una diminuzione della massa magra, è stata frequentemente descritta nella BPCO, specie nelle forme di maggiore gravità associate a insufficienza respiratoria cronica [21,22], ed ha un valore prognostico negativo [23-25] (Figura 1). A parte le conseguenze dirette della stessa BPCO, dell'ipossia e del fumo di sigaretta sul sistema cardiovascolare, l'infiammazione sistemica è in grado di favorire l'insorgenza di una malattia cardiaca cronica (CHD), in quanto alcuni marker infiammatori come la PCR e il fibrinogeno sono associati con danno vascolare [26] e l'attivazione di processi immunitari e infiammatori rappresenta la base per MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:26 Pagina 189 Sostanze inquinanti derivanti da fumo di sigaretta Pancreas Muscolo Diabete tipo II da sindrome metabolica Astenia muscolare/cachessia TNF-α - IL-6 Infiammazione locale e sistemica ? Polmone +ve Eventi cardiovascolari Fegato PCR CM Sanguinetti, CF Donner Migliorare la prognosi della BPCO - Improving the COPD prognosis FIGURA 1: RUOLO DELL'INFIAMMAZIONE NELLA BPCO E NELLE DIVERSE COMORBILITÀ PCR L'infiammazione sembra giocare un ruolo centrale nella patogenesi della BPCO e di altre condizioni che sono sempre più riconosciute come malattie infiammatorie sistemiche. Parte del processo infiammatorio cronico, i polimorfismi recettoriali di TNF-α sono correlati alla maggiore gravità della malattia, possibilmente a causa degli aumentati effetti di TNF-α. Anche i livelli della PCR possono essere aumentati a causa direttamente di TNF-α ed altre citochine. Livelli elevati di PCR e fibrinogeno possono essere fondamentali nella patogenesi delle malattie cardiovascolari. Il rilascio delle ROS in conseguenza della BPCO può favorire lo sviluppo delle patologie cardiovascolari, del diabete e dell'osteoporosi. Legenda: BPCO, broncopneumopatia cronica ostruttiva; PCR, proteina C reattiva; TNF-α, fattore di necrosi tumorale alfa; ROS, specie reattive dell'ossigeno; IL, interleuchina; ?, sconosciuto; +ve, positivo. Tratto da [25] mod. alterazioni cardiovascolari [27]. Prova ne è che è stata dimostrata una stretta associazione fra aumento dei marker sierici di infiammazione e rischio di CHD [28], e inoltre nello scompenso cardiaco cronico sono stati evidenziati un'alterazione muscolare scheletrica simile a quella dei pazienti con BPCO [29], un'attivazione neuroumorale [30] e un’attivazione simpatica cardiaca [31], specie in quelli con insufficienza respiratoria cronica [32]. Quindi l'infiammazione sistemica può avere una profonda influenza negativa sul sistema cardiovascolare [33] e questo spiega anche perché sia stata trovata una stretta correlazione tra gravità della BPCO e mortalità cardiovascolare, indipendentemente dall'abitudine al fumo [34,35]. Strategie per migliorare lo stato di salute e aumentare l'aspettativa di vita È noto che i soggetti affetti da BPCO che persistono nell’abitudine al fumo hanno un'accelerata perdita di funzione respiratoria rispetto a quelli sani non fumatori ed anche agli ex-fumatori. Relativamente all'obiettivo della modifica della prognosi, l'intervento che ad oggi dispone delle maggiori evidenze è certamente la cessazione dell'abitudine tabagica. Esistono evidenze di una maggiore aspettativa di vita in sottogruppi di pazienti caratterizzati da un quadro clinico particolarmente compromesso grazie alla somministrazione continuativa di ossigeno a bassi flussi (in pazienti con insufficienza respiratoria ipossiemica stabile, con o senza segni di compromissione cardiaca) ed alla riduzione chirurgica del volume polmonare (in pazienti selezionati con grave enfisema prevalente nei lobi polmonari superiori). Allo scopo di incidere sulla prognosi della BPCO, l'obiettivo prioritario dovrebbe essere quello di MRM 189 Multidisciplinary Respiratory Medicine 2009; 4(3): 187-196 MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:26 Pagina 190 individuare la malattia al suo apparire, o addirittura ancor più precocemente, e di qualificarla nella sua entità, con l'obiettivo di recuperare il più possibile la performance respiratoria e adottare ogni intervento atto ad arrestare la progressione del danno. Tuttavia la realtà dei fatti, al momento, non sembra affatto corrispondere a questi criteri, se è vero che la malattia è ampiamente sottostimata e spesso curata in modo inadeguato, o non curata affatto finché non assuma aspetti tali da rendere inevitabile l'intervento terapeutico, che a quel punto può spesso sortire effetti meramente palliativi. In questo contesto assume valore fondamentale quell'esame diagnostico molto semplice ed eseguibile ambulatoriamente che è la spirometria, pochissimo o quasi mai utilizzato nella pratica della medicina generale, nonostante che le linee guida diffuse ampiamente in tutto il mondo e a tutti i livelli basino la classificazione di gravità anche e soprattutto sui valori spirometrici [1,36]. Si può discutere se tali classificazioni siano del tutto soddisfacenti, e probabilmente non lo sono anche alla luce di recenti studi [37] in cui si è dimostrata la necessità di un'analisi multiparametrica per una più completa e corretta caratterizzazione dei pazienti con BPCO, ma comunque la valutazione della funzione respiratoria rimane la base fondamentale per la diagnosi di questa malattia e deve essere senz'altro incentivata ed effettuata su tutti i pazienti a rischio. La cessazione del fumo rallenta la perdita di funzione respiratoria, migliorando la storia naturale della BPCO [38], ma una volta che la malattia sia affiorata alla soglia clinica, i sintomi sono persistenti e sempre più disturbanti, le riacutizzazioni sempre più frequenti, fino al rapido progredire verso l'exitus, per cui è necessario intervenire con un programma di trattamento articolato, comprendente sia presidi farmacologici che interventi riabilitativi [39]. Per quanto riguarda la terapia farmacologica, pur sembrando paradossale che un’alterazione caratterizzata da limitazione cronica del flusso aereo prevalentemente dovuta ad ostruzione bronchiale scarsamente o non reversibile, possa avvantaggiarsi della somministrazione di broncodilatatori, in realtà vi sono ampie dimostrazioni dell'utilità di questi farmaci per migliorare la sintomatologia e la qualità della vita, probabilmente perché provocano riduzione della iperinflazione polmonare e migliorano la meccanica respiratoria [40]. Sono state comunque pubblicate numerose evidenze che i broncodilatatori a lunga durata di azione, sia simpaticomimetici (LABA) che anticolinergici [41-45], possono determinare anche un moderato incremento del FEV1 e, soprattutto, sono efficaci nel migliorare la qualità della vita dei pazienti e nel ridurre l'incidenza delle riacutizzazioni della BPCO. Le nuove evidenze cliniche hanno inoltre dimostrato che il ICS trova il suo ruolo di impiego quando associato al LABA. Numerosi studi [46-48] hanno valutato in pazienti con BPCO l'effetto nel lungo termine di combinazioni preformate di ICS e LABA (Tabella I). Nello studio TORCH [49], nel quale 6.112 pazienti affetti da BPCO sono stati trattati per 3 anni con l'associazione salmeterolo/fluticasone propionato (SFC), o con i singoli farmaci, oppure ancora con placebo, il gruppo dei soggetti che avevano assunto la combinazione SFC mostrava un’incidenza di mortalità inferiore a quella determinata dal placebo e dai farmaci attivi assunti da soli. Questo effetto positivo di SFC sulla sopravvivenza dei pazienti con BPCO si traduceva in una riduzione del rischio di mortalità del 17,5% (p = 0,052). Sebbene non significativa dal punto di vista strettamente statistico (forse anche a causa dell'elevato tasso di abbandono del braccio placebo) l'entità della riduzione della mortalità osservata nel braccio in trattamento con SFC assume un indubbio rilievo da un punto di vista clinico, soprattutto se valutata nel contesto di una patologia multifattoriale come la BPCO. Lo studio TORCH dimostrava altresì un effetto significativo della combinazione SFC, sia verso placebo che verso i singoli farmaci in monoterapia, sui principali parametri clinici direttamente correlati con lo stato di salute del paziente BPCO. In particolare, con la combinazione SFC si è osservato un miglioramento della funzione respiratoria, una riduzione delle riacutizzazioni ed un miglioramento della qualità di vita per tutti i 3 anni di dura- TABELLA I: PRINCIPALI RISULTATI EMERSI DAGLI STUDI DI INALAZIONE NEL LUNGO TERMINE DELLA COMBINAZIONE PREFORMATA CORTICOSTEROIDI (ICS) / BRONCODILATATORI A LUNGA DURATA DI AZIONE (LABA) NELLA BPCO - Rischio relativo di riacutizzazioni ridotto del 30% (RR = 0,70; IC 95%: 0,62/0,78; RR = 0,90; IC 95%: 0,80/1,02 verso iCS da soli). - Miglioramento della qualità di vita (differenza media del punteggio del SGRQ) (Δ medio: -2,4; IC 95%: -3,4/-1,4). - Incremento del valore di FEV1: 101 mL/anno rispetto al placebo (IC 95%: 76/126), 50 mL/anno rispetto ai soli iCS (IC 95%: 26/74) e 34 mL/anno rispetto ai soli LABA (IC 95%: 11/57). - Tendenza alla riduzione della mortalità (RR = 0,52; IC 95%: 0,20/1,34). - Studio INSPIRE [50] riduzione della mortalità con SFC vs. T (HR: 0,48; IC 95%: 0,27/0,85; p = 0,012). Legenda: FEV1, volume espiratorio forzato in 1 secondo; HR, hazard ratio; IC 95%, intervallo di confidenza al 95%; RR, rischio relativo; SFC, combinazione preformata di salmeterolo e fluticasone propionato; SGRQ, St George’s Respiratory Questionnaire; T, tiotropio. Tratto da [38] mod. 190 MRM MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:26 Pagina 191 è stato lo studio INSPIRE (Investigating New Standards for Prophylaxis in Reducing Exacerbations; Ricerca di nuovi standard per la profilassi e la riduzione delle riacutizzazioni) [50]. Lo Studio INSPIRE è stato disegnato come studio multicentrico, randomizzato, in doppio cieco e con doppio controllo con placebo, per verificare, in un periodo di tempo di due anni, l'effetto della combinazione SFC in confronto a tiotropio, sulla percentuale di riacutizzazioni moderate o gravi (identificate in base alla necessità di utilizzo dell’assistenza FIGURA 2: RISULTATI DELLO STUDIO TORCH PER QUANTO CONCERNE: A) FEV1 E B) STATO DI SALUTE 100 Cambiamento medio aggiustato di FEV1 (ml) A 50 0 Terapia di combinazione -50 CM Sanguinetti, CF Donner Migliorare la prognosi della BPCO - Improving the COPD prognosis ta dello studio (Figura 2). In una analisi post-hoc dei pazienti dello studio TORCH [49], Celli e coll. hanno valutato l'impatto sul declino del FEV1 dei trattamenti attivi rispetto al placebo. Questa analisi ha dimostrato per la prima volta che il trattamento farmacologico è stato in grado di rallentare il declino del FEV1, e che con la combinazione SFC si otteneva il maggior impatto su questo parametro. Un’ulteriore evidenza a supporto del razionale di impiego dell'associazione ICS+LABA in BPCO Fluticasone Salmeterolo -100 Placebo -150 0 6 12 18 24 30 39 Mesi 1524 1521 1534 1533 B 3 Cambiamento medio aggiustato nel punteggio totale del SGRQ (unità) N. di pazienti Placebo Salmeterolo Fluticasone Terapia di combinazione 1248 1317 1346 1375 1128 1218 1230 1281 1049 1127 1157 1180 979 906 1054 1012 1078 1006 1139 1073 819 934 908 975 2 Placebo 1 Salmeterolo 0 Fluticasone -1 Terapia di combinazione -2 -3 -4 -5 0 6 12 18 24 30 39 675 723 751 773 635 701 686 731 569 634 629 681 Mesi N. di pazienti Placebo Salmeterolo Fluticasone Terapia di combinazione 1149 1148 1155 1133 854 906 942 941 781 844 848 873 726 807 807 814 Legenda: FEV1, volume espiratorio forzato ad 1 secondo; SGRQ, St George's Respiratory Questionnaire. Tratto da [49] mod. MRM 191 sanitaria). Altri obiettivi considerati nello Studio INSPIRE erano la variazione della funzione respiratoria (miglioramento di FEV1) e dello stato di salute quale espresso dal punteggio del questionario del St. George, l'incidenza di eventi avversi e la percentuale di interruzione dello studio. Il tasso di mortalità registrato nel periodo era un indicatore di efficacia e di sicurezza. Ambedue i trattamenti sono stati egualmente efficaci nel ridurre l'incidenza delle riacutizzazioni moderate o gravi totali, con una differenza statisticamente significativa a favore di tio- tropio per le riacutizzazioni che richiedevano l'uso di antibiotici e a favore di SFC per quelle che richiedevano l'uso di corticosteroidi orali. L'incremento nel tempo della funzionalità respiratoria era sovrapponibile nei due gruppi, e ciò conferma l'efficacia paragonabile in questo specifico ambito di due broncodilatatori con diverso meccanismo d'azione. Nel gruppo che usava la combinazione SFC si rendeva invece evidente una maggiore permanenza in trattamento ed un più spiccato miglioramento dello stato di salute rispetto a tiotropio (Figura 3). FIGURA 3: RISULTATI DELLO STUDIO INSPIRE PER QUANTO CONCERNE: A) L'ADERENZA MEDIANA AL TRATTAMENTO E B) LO STATO DI SALUTE, MISURATO CON IL QUESTIONARIO SGRQ, NEI DUE GRUPPI TRATTATI CON SFC E CON TIOTROPIO NEL CORSO DELLO STUDIO (2 ANNI) 44 A 40 36 Probabilità di interruzione (%) Multidisciplinary Respiratory Medicine 2009; 4(3): 187-196 MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:26 Pagina 192 32 28 24 20 16 Tiotropio 12 SFC 50/500 8 4 0 0 Numero 685 di soggetti 665 13 26 39 52 65 78 91 Tempo fino all'interruzione (settimane) 560 547 531 501 510 474 494 450 476 434 456 415 104 445 397 160 SFC 50/500 140 Tiotropio Tempo trascorso fino all'interruzione del trattamento nei gruppi trattati con SFC e con tiotropio. 55 Punteggio totale del SGRQ (unità) B 50 45 Tiotropio 40 SFC 50/500 0 -2 Numero di soggetti 650 665 10 22 34 46 58 70 Tempo (settimane) 565 569 498 458 82 94 453 415 106 431 SFC 50/500 389 Tiotropio Punteggio totale del SGRQ nel corso di 2 anni nei gruppi trattati con SFC e con tiotropio Legenda: SFC, salmeterolo + fluticasone propionato; SGRQ, St George's Respiratory Questionnaire. Tratto da [50] mod. 192 MRM MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:26 Pagina 193 mortalità cardiovascolare. Ne è ulteriore prova il fatto che nello Studio INSPIRE la differenza nel tasso di mortalità tra gruppo SFC e tiotropio era più elevata nei pazienti BPCO che all'inizio dello studio soffrivano di comorbidità cardiovascolare (incidenza di mortalità del 3% nel gruppo SFC e del 6% in quello tiotropio). In effetti il tiotropio, che pure ha dato risultati senz'altro positivi anche in pazienti di grado moderato (46% della popolazione) di efficacia sul controllo della sintomatologia clinica, sulla funzione respiratoria, sulla qualità di vita, sulla riduzione di incidenza delle riacutizzazioni e delle riacutizzazioni che portano ad una ospedalizzazione ed un effetto positivo sulla riduzione del rischio di mortalità [43,51,55], non ha dimostrato a tutt'oggi un impatto significativo, come peraltro tutti gli altri farmaci disponibili in questo ambito, sulla prognosi dei pazienti affetti da BPCO, né in termini di rallentamento del declino del FEV1 rispetto a placebo né in termini di aspettativa di vita [55, studio UPLIFT]. I dati dello studio TORCH [49] possono confermare che l'associazione SFC, insieme all'efficacia sui parametri clinici, ha sostanzialmente (ai limiti della significatività statistica) raggiunto anche l'obiettivo di influire sulla storia naturale della malattia nei pazienti con BPCO moderata-grave (FEV1 < 60% del teorico), sia in termini di riduzione della mortalità per tutte le cause sia in termini di rallentamento del declino del FEV1 (Figura 4). Quello che infine possiamo al momento affermare con certezza è sintetizzabile nei seguenti punti: - la scelta dei parametri di valutazione dell'effetto della terapia (outcome) è molto importante e deve andare oltre la semplice misurazione della sola funzione respiratoria, prendendo in considerazione anche parametri forse meno obiettivi, ma maggiormente incentrati sul paziente; - i corticosteroidi per via inalatoria e i broncodilatatori long-acting hanno un ruolo molto importante nel trattamento della BPCO, perché sono in grado di migliorare le condizioni di salute, la funzione respiratoria e la qualità di vita dei pazienti, specie quando questi farmaci siano utilizzati in combinazione; - Il trattamento cronico combinato SFC in pazienti con BPCO di media-elevata gravità (FEV1 < 60% del teorico) può rallentare la progressione naturale della patologia migliorando la prognosi e la qualità di vita. CM Sanguinetti, CF Donner Migliorare la prognosi della BPCO - Improving the COPD prognosis Non vi era un maggior numero di complicanze infettive delle basse vie aeree conseguenti alla riacutizzazione nei pazienti trattati con SFC e quindi è difficile spiegare la maggiore necessità di antibiotici in questo gruppo, ove peraltro si evidenziava anche una significativa maggiore incidenza di polmoniti diagnosticate su base clinica (senza necessaria conferma radiografica). Nel gruppo tiotropio invece, la maggiore necessità di corticosteroidi orali per raggiungere la stabilizzazione clinica dopo la riacutizzazione può essere stata causata dal fatto che il tiotropio non ha una dimostrata azione antinfiammatoria e quindi, verosimilmente nei casi più gravi, che sono poi la maggioranza di quelli arruolati in questo studio, per accelerare la stabilizzazione dell'episodio acuto deve essere associato lo steroide per os alla terapia broncodilatatrice. I pazienti affetti da BPCO, rispetto a soggetti normali, si caratterizzano già in condizioni di stabilità per la presenza di una infiammazione sistemica (incremento di marker infiammatori quali la PCR) [52] che aumenta ulteriormente durante le riacutizzazioni [53]. Inoltre essi sono ad aumentato rischio di complicanze cardiovascolari, che rappresentano la causa più frequente di mortalità in questi pazienti [54]. In questo contesto si inserisce quello che appare il dato forse più importante, in senso prospettico, dello studio INSPIRE, anche se considerato a priori una variabile secondaria di efficacia e sicurezza. Durante i due anni dello studio la mortalità per tutte le cause è risultata significativamente minore nel gruppo SFC rispetto a quello tiotropio, in quanto il rapporto della percentuale di rischio SFC vs tiotropio era di 0,48, corrispondente ad una diminuzione del rischio di mortalità del 52% nel gruppo in SFC rispetto al gruppo tiotropio. Come riconosciuto dagli stessi autori, lo studio non era stato preventivamente strutturato per controllare tale variabile, ma il dato è comunque di indubbio rilievo, anche perché le dimensioni e il disegno dell'indagine sono tali da conferire credito ai risultati ottenuti. Probabilmente dobbiamo supporre che nei pazienti con BPCO di una certa gravità il trattamento steroideo inalatorio abbia il potenziale per diminuire la flogosi a livello polmonare, diminuendo quindi l'incidenza delle riacutizzazioni, e di conseguenza anche a livello sistemico, con minore rischio di MRM 193 FIGURA 4: RISULTATI DEL TRATTAMENTO CON SFC SUL RISCHIO DI MORTALITÀ PER TUTTE LE CAUSE EMERSE DAI DUE STUDI: A) INSPIRE E B) TORCH A 8 7 Probabilità di decesso (%) Multidisciplinary Respiratory Medicine 2009; 4(3): 187-196 MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:26 Pagina 194 6 5 4 3 2 Tiotropio 1 SFC 50/500 0 0 Numero di soggetti 658 a rischio 665 13 26 39 52 65 78 91 104 445 398 160 SFC 50/500 141 Tiotropio Tempo fino al decesso (settimane) 560 548 531 502 510 474 494 477 451 435 456 416 Mortalità nello studio INSPIRE: tempo trascorso fino al decesso durante il trattamento nei due gruppi trattati con SFC vs. con tiotropio Tratto da [50] mod. B 18 Placebo Salmeterolo Fluticasone Combinazione SFC Probabilità di decesso (%) 16 14 12 10 8 6 4 HR, 0,825 (95% IC, 0,681 - 1,002) P = 0,052 (log-rank test) 2 0 0 6 12 18 24 30 39 1399 1417 1409 1426 1361 1368 1363 1393 1293 1316 1288 1339 Mesi N. di pazienti Placebo Salmeterolo Fluticasone Combinazione SFC 1524 1521 1534 1533 1500 1502 1512 1514 1464 1481 1487 1487 1428 1451 1450 1456 Mortalità nello studio TORCH per tutte le cause durante il corso dello studio nei 4 gruppi Tratto da [49] mod. Legenda: IC, intervallo di confidenza; HR, hazard ratio; SFC, salmeterolo + fluticasone propionato. DICHIARAZIONE DI CONFLITTO DI INTERESSI: Gli autori non hanno relazioni finanziarie con un’entità commerciale che abbia interesse nell’oggetto di questo articolo. Bibliografia 1. Celli BR, MacNee W; ATS/ERS Task Force. Standards for the diagnosis and treatment of patients with COPD: a summary of the ATS/ERS position paper. Eur Respir J 2004;23:932946. 194 MRM 2. 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Annunziata, Chieti 4 UOC di Pneumologia, AO San Filippo Neri, Roma 5 Mondo Medico, Centro diagnostico, terapeutico e riabilitativo multidisciplinare, Borgomanero (NO) 2 RIASSUNTO Nell’ambito dello studio ICE (Italian Costs for Exacerbations in COPD) multicentrico e prospettico di farmacoeconomia sui costi delle riacutizzazioni di BPCO in Italia, si è voluto determinare al follow up quali fattori considerati per l’analisi dei costi siano in grado di predire il rischio di nuove riacutizzazioni e nuovi ricoveri ospedalieri. Su una coorte di 570 pazienti idonei per l’analisi dei dati, età 70,6 ± 9,5 (media ± DS) anni, 69,2% maschi, la distribuzione di gravità secondo gli attuali criteri GOLD era: 36,4% moderata, 31,3% grave, 32,3% molto grave. Al follow up 282 pazienti presentarono almeno un episodio di riacutizzazione bronchitica, con necessità di ricovero in ospedale nel 42% dei casi. Non è stata trovata alcuna associazione significativa tra l’incidenza di riacutizzazioni e lo stadio di gravità GOLD, o le comorbidità, o i trattamenti, con la parziale eccezione della ossigenoterapia a lungo termine (OLT). Al contrario, lo stadio funzionale di gravità influenzava in modo altamente significativo l’incidenza di ricoveri in ospedale con rischio relativo (RR) di 2,6 (Intervallo di Confidenza al 95%, IC: 1,8-3,8) e 2,0 (IC: 1,3-2,8) nello stadio molto grave rispetto agli stadi moderato e grave rispettivamente, e 1,3 (IC: 0,85-2,1) per lo stadio grave nei confronti di quello moderato. Anche i trattamenti associati con condizioni di BPCO più gravi (corticosteroidi per via generale, teofillinici orali, OLT) presentavano un’associazione significativa con il numero di ricoveri ospedalieri. I dati clinici dello studio ICE ci permettono pertanto di concludere che la stratificazione di gravità dei pazienti BPCO per classi funzionali secondo GOLD e in base alla necessità di ossigenoterapia a lungo termine fornisce importanti indici predittivi di ricovero ospedaliero per riacutizzazione. Parole chiave: Broncopneumopatia cronica ostruttiva, fattori di rischio, riacutizzazioni, ricovero in ospedale, stratificazione di gravità. ABSTRACT In the context of the prospective, multicentre, pharmacoeconomic ICE (Italian Costs for Exacerbations in COPD) study, a secondary aim was to evaluate at follow up which clinical factors among those considered for the cost-analysis might predict at follow up the risk of a new exacerbation and re-admission to hospital. Among 570 patients eligible for data processing, age 70.6 ± 9.5 (mean ± SD) years, males 69.2%, the severity stratification according to the present GOLD classification was as follows: moderate 36.4%; severe 31.3%; very severe 32.3%. 282 patients experienced at least one exacerbation at follow up, 42% of exacerbations requiring hospitalisation. No significant association was seen between exacerbations and GOLD stage or comorbidities or treatments, except long-term oxygen ther- + Mirco Lusuardi UOC di Riabilitazione Respiratoria, Ospedale S. Sebastiano Via Mandriolo 11, 42015 Correggio (RE), Italia email: [email protected] Data di arrivo del testo: 29/01/2009 - Accettato per la pubblicazione: 13/03/2009 Multidisciplinary Respiratory Medicine 2009; 4(3): 197-202 MRM 197 Multidisciplinary Respiratory Medicine 2009; 4(3): 197-202 MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:26 Pagina 198 198 MRM apy (LTOT). Conversely, COPD functional severity influenced hospitalizations very significantly, with relative risk 2.6 (95% Confidence Interval, CI, 1.8-3.8) and 2.0 (CI, 1.3-2.8) (GOLD very severe versus moderate and severe, respectively), and 1.3 (CI, 0.85-2.1) (GOLD severe versus moderate). Hospitalizations were also significantly associated with treatments denoting more severe condition (oral corticosteroids, oral theophylline, and LTOT). In conclusion, clinical data from the ICE study confirm severity stratification of COPD patients according to GOLD respiratory function classes and the need for LTOT as important predictors of hospitalization for an exacerbation. Keywords: COPD, exacerbations, hospitalization, risk factors, severity stratification. La storia naturale della broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) è caratterizzata da ricorrenti fasi di riacutizzazione; nei pazienti con grado di compromissione da moderato a molto grave il rischio di ricovero in ospedale è significativo, con importanti costi individuali e sociali [1]. Dati della letteratura nazionale ed internazionale evidenziano che circa il 3% dei pazienti BPCO visti dal Medico di Medicina Generale per una riacutizzazione richiedono il ricovero e sono perciò i casi a maggior assorbimento di risorse nell’ambito della spesa generale per BPCO [2,3]. Lo studio multicentrico nazionale ICE (Italian Costs for Exacerbations in COPD) organizzato da AIMAR [4,5] ha consentito di evidenziare su un’ampia casistica le modalità di trattamento delle riacutizzazioni di BPCO ricoverate e i relativi costi. La fase prospettica dello studio ICE in particolare arruolò un totale di 635 pazienti di età media 71 anni (69% maschi). La percentuale di distribuzione dei pazienti con BPCO secondo le tre classi di gravità GOLD (2a: moderata; 2b: moderatamente grave; 3: grave) era approssimativamente simile. Due soli DRG coprivano più del 93% dei ricoveri: lo 088 (Malattia polmonare cronica ostruttiva) e lo 087 (Edema polmonare e insufficienza respiratoria). Ogni paziente sperimenta mediamente all’anno più di una riacutizzazione [1,4] oltre alla riacutizzazione causa di ricovero che ha portato all’arruolamento nello studio. Le riacutizzazioni richiesero il ricovero in ospedale nel 42% dei casi. La durata-tipo di un ricovero si componeva di 11,5 giorni di degenza in reparto e di 0,2 in terapia intensiva. I costi diretti sanitari, diretta emanazione delle modalità di gestione, rappresentavano il 97,4% ed erano costituiti per il 77% dal costo dei ricoveri. La seconda componente (9,6%) era data dal costo dei farmaci, di cui circa tre quarti destinato agli antibiotici (84,4%). Degli esami diagnostici, quello di maggior rilievo in termini di costo era l’emogasanalisi arteriosa (37,9%). Lo studio prospettico ICE ha consentito di formulare almeno quattro considerazioni fondamentali: 1. la BPCO (nei pazienti con almeno una riacutizzazione che abbia richiesto ricovero) è una malattia con un costo sociale elevato, soprattutto in termini sanitari; 2. la gravità della malattia cresce in funzione del fumo e i costi sanitari crescono in funzione della gravità (con un fattore di moltiplicazione pari a 2,6 se si passa dalla classe GOLD 2a alla classe 3, raddoppiando in presenza di insufficienza respiratoria). Un provvedimento terapeutico basilare dovrebbe dunque essere rivolto alla cessazione del fumo; 3. la maggior parte dei costi è costituita da quelli ospedalieri; è dunque necessario puntare su una strategia di riduzione delle riacutizzazioni (che nel 42% dei casi che hanno subito un ricovero in ospedale comportano nuovo ricovero), attraverso il miglioramento della diagnostica e delle terapie; 4. tra i costi extra-ospedalieri notevole è il costo dell’ossigenoterapia a lungo termine, dovuto soprattutto al fatto che in Italia l’uso del concentratore è molto limitato. Uno degli aspetti collaterali dello studio ICE era rappresentato dall’opportunità di valutare quali tra i fattori clinici considerati per le analisi sui costi potessero nel contempo essere utilizzati anche come indicatori utili al follow up per determinare il rischio di nuovi episodi di riacutizzazione e nuovi ricoveri ospedalieri [6]. METODI Ricordiamo brevemente alcuni aspetti metodologici, per la cui consultazione dettagliata si rimanda ai lavori originali [4-6]. Hanno partecipato allo studio le Unità Pneumologiche di 25 centri ospedalieri distribuiti abbastanza omogeneamente su tutto il territorio nazionale (vedi Ringraziamenti). Ogni centro doveva arruolare nell’ultimo trimestre del 2002 i primi 30 pazienti consecutivi di età oltre i 40 anni ricoverati per riacutizzazione di BPCO, a prescindere da precedenti ricoveri in ospedale. La definizione condivisa di riacutizzazione faceva riferimento a un aumento della dispnea e dell’espettorazione, associata o meno a variazioni del grado di purulenza. Era assolutamente richiesta la conferma spirometrica della diagnosi di BPCO con rapporto tra volume espiratorio forzato in un secondo e capacità vitale (FEV1/VC) ≤ 0,7 dopo broncodilatatore e la stratificazione funzionale di gravità secondo le linee guida GOLD [1]. Sono stati arruolati, previo consenso informato, solamente i pazienti con stadio di gravità da moderato a grave (da 2a a 3 secondo la classificazione GOLD del periodo di arruolamento) corrispondente agli attuali stadi GOLD da moderato a molto grave (2 → 4), in quanto i pazienti di grado lieve non presentano generalmente indicazione al ricovero per riacutizzazione di BPCO. Durante il ricovero sono stati raccolti i dati demografici e clinico-funzionali, con particolare riferimento alle comorbidità, in base ai quali la casistica è stata suddivisa per l’analisi statistica in quattro gruppi principali, secondo i dati di frequenza emersi nei primi lavori dello studio ICE [4,5]: patologie MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:27 Pagina 199 tici (p = 0,42). Analogo risultato è emerso dopo analisi per stadio GOLD di gravità [6]. Al contrario, la presenza di ossigenoterapia a lungo termine si associava ad un rischio di riacutizzazione (59% versus 43%) significativamente più elevato (p = 0,0002), in particolare nello stadio più avanzato (62 versus 47%) [6]. Ricoveri in ospedale. Sono stati ricoverati 124/282 pazienti (44%) con almeno un episodio di riacutizzazione durante i 6 mesi di follow up. La probabilità di ricovero per un episodio di riacutizzazione era associata in modo altamente significativo allo stadio di gravità (Figura 1). Le comorbilità non sembravano invece avere un impatto significativo sui ricoveri (p = 0,5). La durata media della degenza di 11,7 giorni (mediana 10 giorni) non era influenzata dallo stadio di gravità GOLD (p = 0,35) o dalla presenza di comorbilità (p = 0,74) [6]. Il rischio di ricovero ospedaliero per riacutizzazione di BPCO durante i 6 mesi di follow up risultava significativamente associato allo stadio di gravità GOLD (p < 0,0001) (Figura 2) con un rischio relativo (RR) di 2,6 (Intervallo di Confidenza al 95%, IC: 1,8-3,8) e 2,0 (IC: 1,3-2,8) nello stadio molto grave in confronto agli stadi moderato e grave rispettivamente, e 1,3 (IC: 0,8-2,1) per lo stadio grave in confronto a quello moderato [6]. Alcuni trattamenti solitamente associati agli stadi più avanzati della BPCO hanno evidenziato un’associazione significativa con un più elevato rischio di ricovero per riacutizzazione, in particolare: cicli regolari di corticosteroidi orali (42% versus 20%, p = 0,0003); teofillinici orali (39% versus 18%, p = 0,00001) ed ossigenoterapia a lungo termine (32% versus 15%, p = 0,00001). Al contrario i comuni trattamenti inalatori non sembrano avere influenzato la probabilità di ospedalizzazione (25 versus 20%, p = 0,19) [6]. RISULTATI Su 635 pazienti arruolati è stato possibile completare il follow up di 6 mesi con le tre interviste programmate solo per 570, età 70,6 ± 9,5 anni (media ± DS), 69% maschi. Tra i pazienti persi al follow up si registrava una mortalità a 6 mesi del 6,8% (43 pazienti). Riacutizzazioni. 282 erano i pazienti con almeno un episodio di riacutizzazione al follow up (49% della casistica). Un’apparente relazione tra lo stadio di gravità e il numero di riacutizzazioni non ha però raggiunto il livello convenzionale di significatività statistica (p = 0,07) (Tabella I). Per quanto riguarda le comorbilità, il 53,5% dei pazienti presentava una concomitante patologia cardiovascolare, il 6% diabete mellito, il 6% altre comorbilità e il rimanente 34,2% nessuna malattia concomitante. Anche in questo caso non si è trovata una significativa associazione tra comorbilità e incidenza delle riacutizzazioni (p = 0,29), nonostante una maggiore presenza di pazienti con associate BPCO e malattie cardiovascolari tra i soggetti con oltre 2 riacutizzazioni. Nessuna significatività statistica è stata trovata tra rischio di riacutizzazione e diversi tipi di trattamento: cicli regolari di corticosteroidi orali (p = 0,49), corticosteroidi inalatori+β2-agonisti long-acting (p = 0,2), teofillinici orali (p = 0,11), o cicli di antibio- M Lusuardi, C Lucioni, F De Benedetto, S Mazzi, CM Sanguinetti, CF Donner Gravità della BPCO e rischio di ricovero nello studio ICE - COPD severity and hospitalization risk in ICE study cardiovascolari (es. ipertensione, cardiopatia ischemica, scompenso cardiaco), diabete mellito, altre comorbilità (es. malattie gastro-intestinali e malattie osteo-articolari), nessuna comorbidità. Dopo la dimissione i pazienti sono stati inseriti in un programma di follow up della durata di 6 mesi (primo semestre 2003), con intervista telefonica ogni due mesi attraverso cui lo sperimentatore registrava i nuovi episodi di riacutizzazione bronchitica, i ricoveri ospedalieri per riacutizzazione e i trattamenti effettuati, con particolare riferimento ai cicli di corticosteroidi per via generale, agli antibiotici, alle terapie inalatorie, ai teofillinici e alla ossigenoterapia a lungo termine. Per le elaborazioni statistiche si rimanda al lavoro originale [6]. DISCUSSIONE I dati clinici dello studio ICE si prestano a una serie di commenti. La prevalenza dei casi arruolati nello studio ICE (BPCO da moderata a molto grave secondo GOLD) TABELLA I: NUMERO DI PAZIENTI STRATIFICATI SECONDO I CRITERI GOLD DI GRAVITÀ E NUMERO DI RIACUTIZZAZIONI AL FOLLOW UP Stadio GOLD Numero di riacutizzazioni Moderato Grave Molto grave Totale 0 124 94 70 288 1 72 53 61 186 2 25 23 30 78 >2 5 4 9 18 226 174 170 570 Totale p = 0,07 per correlazione tra numero di riacutizzazioni e stadio GOLD. Tratto da [6] mod. MRM 199 FIGURA 1: DISTRIBUZIONE PERCENTUALE DEI PAZIENTI BPCO CON ALMENO UN EPISODIO DI RIACUTIZZAZIONE IN RAPPORTO ALLA NECESSITÀ O MENO DI OSPEDALIZZAZIONE (NUMERO E %) SECONDO LO STADIO DI GRAVITÀ GOLD (NUMERO CASI). P = 0,0003 PER LA PROBABILITÀ DI RICOVERO IN RAPPORTO ALLO STADIO DI GRAVITÀ FIGURA 2: RISCHIO DI OSPEDALIZZAZIONE PER RIACUTIZZAZIONE DI BPCO IN RAPPORTO ALLO STADIO DI GRAVITÀ GOLD 100 BPCO Moderata BPCO Grave BPCO Molto grave 80 100 BPCO Moderata BPCO Grave BPCO Molto grave 60 % 80 40 60 % Multidisciplinary Respiratory Medicine 2009; 4(3): 197-202 MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:27 Pagina 200 20 40 0 Rischio % di ospedalizzazione 20 Tratto da [6] mod. 0 Riacutizzati ospedalizzati (124/44%) Riacutizzati non ospedalizzati (158/56%) Tratto da [6] mod. è di circa il 7% di tutti i pazienti BPCO e circa lo 0,5% della popolazione generale nei paesi occidentali, ma essi rappresentano la parte dei soggetti con BPCO a maggior rischio di riacutizzazione e ricovero ospedaliero e quindi a più elevato impegno di risorse [3,5-7]. L’elaborazione dei dati ICE ha cercato tra le altre cose di fare emergere quali fattori significativi per l’analisi farmaco-economica (stadio di gravità, comorbidità e trattamenti) possano darci informazioni utili anche dal punto di vista della gestione clinica a medio-lungo raggio, in termini di rischio di nuove riacutizzazioni, nuovi ricoveri e durata della degenza. È infatti facilmente comprensibile l’importanza di avere a disposizione pochi ma solidi indicatori che ci aiutino a migliorare l’appropriatezza clinica e l’efficienza degli interventi sanitari a medio-lungo termine su una fascia di popolazione globalmente ampia (se consideriamo tutti i pazienti con BPCO), ma in cui l’uso delle risorse dovrebbe essere ben calibrato in rapporto allo stadio di gravità. Stadio di gravità: la relazione tra lo stadio di gravità e l’incidenza di riacutizzazioni si è solamente avvicinata ai limiti di significatività. Al contrario, il rischio di ricovero per riacutizzazione di BPCO si correlava in modo altamente significativo con la stratificazione di gravità secondo GOLD [6]. Ricordiamo che la stadiazione GOLD di gravità si basa soprattutto su criteri funzionali (spirometria) [1], ma anche sulla presenza di cuore polmonare e insufficienza respiratoria cronica negli stadi più 200 MRM avanzati, nella nostra casistica equivalente alla presenza o meno di ossigenoterapia a lungo termine, considerando che nella serie ICE tutti i pazienti con insufficienza respiratoria cronica erano in trattamento con ossigenoterapia a lungo termine. Recenti pubblicazioni scientifiche hanno dimostrato che gli indicatori di outcome più attendibili sono gli score multifattoriali, come il BODE (Body mass index, airways Obstruction, Dyspnea, Exercise performance), e in effetti il BODE predice in modo significativo il rischio di ricovero ospedaliero [8]. In una situazione ideale quindi tutti i pazienti BPCO ricoverati dovrebbero essere stratificati secondo la gravità utilizzando degli score compositi. Se però facciamo una fotografia degli attuali standard di gestione verso quelli raccomandati dalle linee guida internazionali, ci rendiamo conto di come sia problematico nella pratica clinica quotidiana anche ospedaliera gestire al meglio i pazienti con BPCO, a prescindere da un’analisi delle cause. I risultati preliminari dello studio multicentrico nazionale SOS BPCO (Studio Osservazionale per la Stratificazione della BPCO) hanno evidenziato su di una coorte di 938 pazienti BPCO ricoverati che solo il 60% aveva una documentazione spirometrica e solo il 10% aveva eseguito un test del cammino, considerando solo i due dati strumentali inclusi nel BODE [9]. È quindi imperativo migliorare gli standard di gestione della BPCO iniziando dall’acquisizione generalizzata del dato spirometrico che comunque rappresenta un criterio diagnostico sine qua non [1]. Secondo i nostri dati la stratificazione spirometrica di gravità, ispirata alle linee guida GOLD, si presenta come un forte predittore di ricovero ospedaliero, sicuramente uno degli eventi critici maggiori nella storia naturale della BPCO e di per sé ulteriore fattore predit- MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:27 Pagina 201 - la stratificazione di gravità è fondamentale per una corretta ed equa gestione dei pazienti con BPCO; tutti i lavori pubblicati fanno in effetti sempre riferimento a classi di gravità ben definite [1]; è quindi assolutamente necessario migliorare gli attuali standard di gestione e far sì che a tutti i pazienti con sospetta BPCO sia offerta una corretta valutazione funzionale respiratoria; - la stratificazione di gravità secondo GOLD utilizzata nello studio ICE, con particolare riferimento alla spirometria, si è confermata come un semplice e solido indicatore prognostico di ricovero ospedaliero [1,6,15], uno dei principali outcome dal punto di vista sia clinico sia socio-economico; - le terapie croniche associate a condizioni di gravità più avanzata (in particolare l’ossigenoterapia a lungo termine ed i corticosteroidi per via generale) sono ulteriori indicatori per valutare il rischio di ricovero [6]. DICHIARAZIONE DI CONFLITTO DI INTERESSI: Gli autori non hanno relazioni finanziarie con un’entità commerciale che abbia interesse nell’oggetto di questo articolo. RINGRAZIAMENTI Lo studio ICE è un progetto multicentrico di AIMAR (Associazione Scientifica Interdisciplinare per lo Studio delle Malattie Respiratorie) finanziato con un contributo incondizionato di Pfizer, Roma e Boehringer-Ingelheim, Milano, Italia. Un particolare ringraziamento va alle seguenti istituzioni ospedaliere le cui divisioni di Pneumologia hanno partecipato allo studio: Az. Osp. San Luigi, Orbassano (TO); Spedali Civili, Brescia; Az. Osp. della Provincia di Lodi, Lodi; A.O. San Carlo Borromeo, Milano; Ospedale L. Sacco, Milano; P.O. S. Marta “Ospedale Maggiore di Crema”, Crema; Ospedale Santa Maria degli Angeli, Pordenone; Ospedale Civile di Treviso, ULSS n. 9, Treviso; Ospedale Civile di Piacenza, Piacenza; Arcispedale "S. Anna", Ferrara; Ospedale di Cisanello, Pisa; Ospedale Mazzoni, ASL 13, Ascoli Piceno; Ospedale Regina Apostolorum, Albano Laziale (Roma); A.C.O. S. Filippo Neri, Roma; P.O. S. Camillo De Lellis, Chieti; Centro Medico Italo-Australiano, Cava de' Tirreni (SA); Casa di Cura Clinic Center S.p.A., Napoli; Az. Osp. OO. RR. S. Giovanni di Dio, Salerno; Ospedale D’Avanzo, Foggia; Ospedale "A. Galateo", ASL LE/1, Lecce; Az. Osp. Pugliese Ciacco, Catanzaro; Ospedale "Mariano Santo", Cosenza; Ospedale Tommaselli, Catania; Ospedale R. Binaghi, USL 8, Cagliari; Università degli Studi di Sassari, Sassari. M Lusuardi, C Lucioni, F De Benedetto, S Mazzi, CM Sanguinetti, CF Donner Gravità della BPCO e rischio di ricovero nello studio ICE - COPD severity and hospitalization risk in ICE study tivo di sopravvivenza, recidiva di riacutizzazione e ri-ospedalizzazione [1,6]. Gli score compositi sono un punto di arrivo in un’ottica di ottimale gestione personalizzata del paziente BPCO (analogamente a tutte le condizioni di cronicità), ma nell’attuale contesto di risorse un punto di consolidamento essenziale resta la necessità di offrire a tutti i pazienti con sospetta BPCO un semplice esame spirometrico, problema che non è solamente italiano bensì riguarda anche altri Paesi occidentali con sistema sanitario avanzato [10-12]. La durata della degenza non veniva influenzata dallo stadio di gravità, probabilmente perché nel giustificare i giorni di degenza entrano in gioco importanti fattori extra-clinici di tipo organizzativo che nel nostro studio non erano presi in considerazione, trattandosi di multicentrica che coinvolgeva istituti con sistemi organizzativi non omogenei [6]. Comorbidità: nonostante abbiano un ruolo importante nel giustificare gli indici di mortalità dei pazienti BPCO [13], nel nostro lavoro non risultavano influenzare in modo significativo il rischio di nuove riacutizzazioni e riospedalizzazioni. Va però riconosciuto un problema metodologico nel rilevare le comorbidità, poichè quando fu pianificato lo studio ICE non si pensò di utilizzare degli score pesati di comorbidità, come il Charlson Index [14], in quanto poco conosciuti in ambito respiratorio. Trattamenti: solo l’ossigenoterapia a lungo termine, verosimilmente in quanto consistente spia di una condizione di particolare gravità, ha dimostrato di influenzare l’incidenza di nuove riacutizzazioni. Tutte le altre terapie prese singolarmente non riflettono necessariamente un particolare stadio di gravità, con la parziale eccezione dei cicli ricorrenti di corticosteroidi per via generale e dei teofillinici orali che generalmente vengono considerati di secondo impiego e quindi si utilizzano prevalentemente nei pazienti in cui le tradizionali terapie inalatorie non sono più sufficienti a garantire un adeguato controllo sintomatologico. In effetti, ossigenoterapia a lungo termine, corticosteroidi per via generale e teofillinici orali si associavano in modo significativo a un aumentato rischio di ricovero. Da questa rassegna sui dati clinici dello studio ICE [6] in rapporto anche alla letteratura più recente sulla BPCO possiamo concludere che: Bibliografia 1. Global Strategy for the Diagnosis, Management and Prevention of COPD, Global Initiative for Chronic Obstructive Lung Disease (GOLD). http://www.goldcopd.org. 2. 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I costi della broncopneumopatia cronica ostruttiva in Italia: la fase prospettica dello studio ICE. Presentazione della prima fase dello studio ICE. Pharmacoeconomics Italian Research Articles 2005;7,119134. MRM 201 Multidisciplinary Respiratory Medicine 2009; 4(3): 197-202 MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:27 Pagina 202 202 MRM 6. Lusuardi M, Lucioni C, De Benedetto F, Mazzi S, Sanguinetti CM, Donner CF. GOLD severity stratification and risk of hospitalisation for COPD exacerbations. Monaldi Arch Chest Dis 2008;69:164-169. 7. Mannino DM, Gagnon RC, Petty TL, Lydick E. Obstructive lung disease and low lung function in adults in the United States: data from the National Health and Nutrition Examination Survey, 1988–1994. Arch Intern Med 2000;160:1683-1689. 8. Ong KC, Earnest A, Lu SJ. A multidimensional grading system (BODE Index) as predictor of hospitalization for COPD. Chest 2005;128:3810-3816. 9. Lusuardi M, Blasi F, Allegra L, Donner CF. 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LAM is characterized by proliferation in the bronchioli, pulmonary veins and lymphatic vessels of cysts lined by atypical smooth muscle cells that show reactivity to the HMB-45 monoclonal antibody. Progressive occlusion of these structures most often leads to serious clinical manifestations including worsening dyspnea, often accompanied by cough, chest pain, hemoptysis, pneumothorax or chylothorax. The main treatment option is suppression of sexual hormones by various manipulation strategies. However, optimal treatment for LAM patients is still debated, although an effect of hormonal manipulation has been recently reported: these clinical findings also seem to be supported by in vitro data showing that LAM pathogenesis is at least in part directly related to an estrogen-driven mechanism. Keywords: Angiomyolipomas, HMB-45, hormonal manipulation, lymphangioleiomyomatosis, oophorectomy, tuberous sclerosis. RIASSUNTO La linfangioleiomiomatosi polmonare (LAM) è una rara malattia interstiziale ad eziologia sconosciuta che colpisce quasi esclusivamente donne, prevalentemente in età riproduttiva. Questa patologia può essere associata al complesso Sclerosi Tuberosa (TSC) o all’Iperplasia Pneumocitica Micronodulare (MNPH), una proliferazione circoscritta di pneumociti di II tipo. La LAM è caratterizzata dalla proliferazione nei bronchioli, nelle vene polmonari e nei vasi linfatici di cisti delimitate da cellule muscolari liscie che mostrano reattività all’anticorpo monoclonale HMB-45. La progressiva ostruzione di queste strutture molto spesso causa manifestazioni cliniche severe: dispnea, tosse, dolore toracico, emottisi, pneumotorace e chilotorace. La principale opzione terapeutica è la soppressione ormonale estrogenica attraverso diverse strategie. Il trattamento ottimale per i pazienti affetti da LAM è, tuttavia, ancora oggetto di studio e discussione sebbene vi siano dati recenti che dimostrano l’efficacia della manipolazione ormonale; questi risultati clinici sono supportati anche da dati in vitro che mostrano come la patogenesi della LAM sia almeno in parte direttamente correlata ad un meccanismo estrogeno-dipendente. Parole chiave: Angiomiolipoma, HMB-45, linfangioleiomiomatosi, manipolazione ormonale, ovariectomia, sclerosi tuberosa. INTRODUCTION Pulmonary lymphangioleiomyomatosis (LAM) is a rare interstitial disease of uncertain etiology that occurs almost exclusively in women, most often in childbearing age. This disease is sometimes associated with tuberous sclerosis complex (TSC), TSCLAM, or, more rarely, micronodular pneumocyte hyperplasia (MNPH), a circumscribed proliferation of type 2 pneumocytes. LAM is characterized by proliferation in the bronchioli, pulmonary veins and lymphatic vessels of cysts lined by atypical smooth muscle cells that show reactivity to the Human Melanoma Black (HMB)-45 monoclonal antibody [1,2]. Progressive occlusion of these structures most often leads to serious clinical manifestations including worsening dyspnea, often accompanied by cough, chest pain, hemoptysis, pneumothorax or chylothorax. The main treatment option is suppression of sexual hormones by various manipulation strategies. However, optimal treatment for LAM patients is still debated, although an effect of hormonal manipulation has been recently reported [3]: these clinical findings also seem to be supported by in vitro data showing that LAM pathogenesis is at least in part directly related to an estrogen-driven mechanism [4]. Prevalence of LAM LAM occurs sporadically in patients with no evidence of genetic disease and in about one third of women with tuberous sclerosis complex (TSC) [5- + Mario Schiavina UO Pneumologia e Terapia Intensiva Respiratoria, PAD 15, Centro di riferimento regionale per le Malattie rare polmonari, Policlinico Ospedaliero-Universitario S. Orsola-Malpighi Via Massarenti, 9, 40138 Bologna, Italia email: [email protected] Data di arrivo del testo: 15/01/2009 - Accettato per la pubblicazione: 16/03/2009 Multidisciplinary Respiratory Medicine 2009; 4(3): 203-207 MRM 203 Multidisciplinary Respiratory Medicine 2009; 4(3): 203-207 MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:27 Pagina 204 204 MRM 7], an autosomal dominant syndrome characterized by hamartoma-like tumor growths in various organs, cerebral calcifications, seizures, and mental retardation that occurs in 1 of 5,800 live births [8]. Sporadic LAM is a relatively uncommon disease with a prevalence that has been estimated at 2.6 per 1 million women [9]. Our group of patients represents one of the largest series with sporadic LAM ever reported in Italy (60 patients at time of writing). We described the first case of definite diagnosis of LAM in a karyotypically normal man without TSC (or MNPH) [10]. Diagnosis of LAM The diagnosis of LAM should be considered in a woman of any age who presents with recurrent pneumothorax, chylous pleural effusions, and/or ascites, or an unexplained decrease in exercise tolerance. The single most important diagnostic test is a CT scan of the thorax, with high resolution views to facilitate visualization of the cysts (Figure 1). If cysts are seen on the CT scan, if there is a history of pneumothorax or chylothorax, and if pulmonary function tests show airflow obstruction and impaired diffusion capacity, there is no need to perform a lung biopsy. In patients with TSC, the identification of lung cysts on the CT scan strongly suggests the diagnosis of LAM. The coexistence of angiomyolipomas (AMLs) and lung cysts is also virtually diagnostic of LAM. The presence of lung cysts on a CT scan with no evidence of TSC, AMLs, or chylothorax is not diagnostic of LAM. Other uncommon diseases presenting with lung cysts, such as Birt-Hogg-Dubé syndrome, Langerhans cell histiocytosis, and Sjögren’s syndrome, should be considered. Under these circumstances, a lung biopsy is recommended [11]. Special immunofluorescent stains for smooth muscle α-actin, vimentin, desmin, and HMB45 should be performed to establish a diagnosis. As this requires an adequate size biopsy specimen, transbronchial lung biopsy, in all probability, will not establish the diagnosis of LAM. Like the radiological pattern, the histological one is also characteristic in LAM, so that surgical lung biopsy and histological studies, integrated with immunohistochemistry, are necessary to confirm the diagnosis (Figure 2). The use of immunohistochemical staining with HMB45, a monoclonal antibody derived from melanoma hybridomas that stains LAM cells as well as melanocytic lesions, has improved the usefulness of transbronchial biopsy in the diagnosis of LAM [3]. Although most AMLs occur in the absence of LAM, the accidental finding of a kidney mass by abdominal sonogram or CT scan suggesting the presence of an AML mandates a CT scan of the lungs to look for lung cysts [11]. Extrapulmonary LAM can be observed in 3 major locations: the posterior mediastinum, the upper retroperitoneal areas close to the abdominal aorta, and the pelvic cavity. These predominant locations of LAM are related to the anatomic distribution of lymphatic vessels; the morphologic and immuno- FIGURE 1: HIGH RESOLUTION AXIAL CT IMAGE OF THE CHEST OF A PATIENT WITH LAM. NOTE DIFFUSE INVOLVEMENT OF THE LUNG PARENCHYMA, WITH NUMEROUS THIN-WALLED CYSTS histochemical heterogeneity of LAM cells in extrapulmonary LAM is similar to that in pulmonary LAM [12]. Matsui and collegues [12] described the lesions of lymphangioleiomyomatosis in patients with masses occurring in the mediastinum, in the retroperitoneum and in the pelvis; sometimes the diagnosis of pulmonary LAM was established after that of extrapulmonary LAM. Treatment As soon as the diagnosis is established, therapy should be initiated, because of the progressive nature of this disease. The predilection of LAM for fertile women and the exacerbations of the disease during pregnancies and treatment with exogenous estrogens have led to the assumption that hormonal factors play an important role in the pathogenesis of the disease. Optimal treatment for LAM patients is FIGURE 2: MORPHOLOGICAL PICTURE TYPICAL OF LAM MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:27 Pagina 205 sirolimus monotherapy, despite a high rate of adverse events, is associated with a reduction in angiomyolipoma volume of nearly 50%; in patients with LAM, improvements in airflow and gas trapping have been documented. Furthermore, the renal and pulmonary benefits of the treatment with sirolimus tended to reverse after the drug was withdrawn, though the improvements were persistent in some patients [31,32]. Natural history The natural history of the disease has been dramatically changed by hormonal treatment. Up to the ‘80s the survival rate was 20% at 10 years from the time of the onset; in more recent studies the survival has risen to 79% at 10 years and 71% at 15 years [33]. In our group of patients the survival is 97% at 5 years, 90% at 10 years and 71% at 25 years. Survival at 8.5 years, used as an endpoint in previous series [13,14], was 97% when analysed with the Kaplan-Meier method, and 95% when considering the actual number of patients with a determined outcome at 8.5 years. Our survival rate is higher than that reported by Taylor et al. [13], who found that 78% of patients were still alive 8.5 years after onset of disease. The probability of survival at 8.5 years was lower (38%) in the series by Kitaichi et al. [14]. M Schiavina, P Contini, A Guerrieri, F Tavalazzi, A Fabiani Lymphangioleiomyomatosis – Linfangioleiomiomatosi still debated, although results as our own show the efficacy of the treatment plan chosen by us [3]. We suggest sex hormonal manipulation as a therapeutic approach: discontinuation of preparations containing estrogens, avoiding pregnancy, eradication of estrogenic activity and induction of menopause. There are numerous reports of patients being treated with oophorectomy [13-16], progesterone [14,15], tamoxifen or other antiestrogen agents [13,14,17], luteinizing hormone releasing hormone agonists [18-20], or radioablation of the ovaries. In many reports, various combinations of these treatments have been tried, with variable response. The choice between the different approaches is largely dictated by the specific experience of the different authors. More recently, patients with end-stage lung disease related to LAM have been treated with lung transplantation [21-23]; some reports document LAM recurrence after single-lung transplantation [24-26], raising the possibility of some type of circulating mitogen in the pathogenesis of the disease. In our Centre patients have always been treated with hormonal therapy, following different protocols. In all cases the aim of the treatment is the suppression of estrogenic activity, through either the inhibition of its production, or release, or through antagonist activity. At present we use oophorectomy or gonadotropin releasing hormones (GnRH) agonists (triptoreline) to treat patients with LAM. The use of tamoxifen as antiestrogenic therapy was first described in 1982 [27] and since then it has been used, with varying results, in different studies. In some cases it led to a worsening of the symptoms [28]. The weak partial estrogen-agonist activity that tamoxifen is known to have might have caused the stimulation of estrogen receptors in those cases. Moreover, in some models tamoxifen acts as an estrogen antagonist, but may not produce the expected results because it is acting on atypical receptors of LAM muscular tissue. Because of these contradicting data tamoxifen is now not recommended in the treatment of LAM. Medroxyprogesterone acetate is used because of its effect as an estrogen antagonist; however, a higher incidence of meningiomas in patients treated with this drug compared to the general population has been recently reported [29], and this observation has raised some concern about the use of this medication. A case of symptomatic meningioma requiring surgical excision also occurred in one of our patients [30]. For this reason, during the last few months we have subjected all our patients treated with medroxyprogesterone to a brain CT scan. As an alternative to medroxyprogesterone it is possible to use letrozole, a pharmacological inhibitor of the enzyme aromatase, in order to inhibit the estrogenic activity in LAM patients. Lung transplant should not be regarded as the first choice treatment of LAM, but as the extreme measure only in patients at end-stage disease. A recent report on patients with the tuberous sclerosis complex or sporadic LAM showed that CONCLUSIONS LAM is a rare but invalidating disease which mainly affects young women and which leads to respiratory failure and death in the absence of an appropriate treatment. The presence of LAM should always be suspected in all women who present dyspnea and/or pneumothorax, as well as a radiologic pattern of interstitial lung disease associated to hyperinflation; the occasional finding of extrapulmonary manifestations, such as kidney angiomyolipomas and abdominal chilous effusion in young women should also suggest the diagnosis of LAM. The importance of obtaining an early diagnosis is dictated by the need to start the appropriate treatment as soon as possible. In fact the timely administration of estrogen suppression allows a dramatic improvement in the prognosis of these patients, as our data collected over a period of more than 20 years indicate, leading to high survival rates even at 15 years from onset [3]. In 1973 Silverstein et al. [34] reported that terminal respiratory failure and death in LAM patients occurred within 5 years from the clinical onset. In 1975 Corrin et al. [35] reported that most patients died within 10 years from the onset. Both studies appeared before hormonal treatment was introduced. In 1995, the Kyoto Congress report [14] showed a significant increase in the survival rate compared to those earlier studies. Significantly, in the latter study, 40 out of 46 patients were treated with hormonal therapy. MRM 205 Multidisciplinary Respiratory Medicine 2009; 4(3): 203-207 MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:27 Pagina 206 206 MRM We too can consolidate the view that hormonal therapy can actually change the natural history of the disease. CONFLICT OF INTEREST STATEMENT: None of the authors has any conflict of interest to declare in relation to the subject of this manuscript. References 1. Hohman DW, Noghrehkar D, Ratnayake S. Lymphangioleiomyomatosis: a review. Eur J Intern Med 2008;19:319-324. 2. McCormack FX. Lymphangioleiomyomatosis: a clinical update. Chest 2008;133:507-516. 3. Schiavina M, Contini P, Fabiani A, Cinelli F, Di Scioscio V, Zompatori M, Campidelli C, Pileri SA. Efficacy of hormonal manipulation in lymphangioleiomyomatosis. A 20 yearsexperience in 36 patients. Sarcoidosis Vasc Diffuse Lung Dis 2007;24:39-50. 4. Glassberg MK, Elliot SJ, Fritz J, Catanuto P, Potier M, Donahue R, Stetler-Stevenson W, Karl M. 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Giuseppe Fiorenzano1, Maurizio Schiavon2 1 Fisiopatologia Respiratoria, Centro Regionale Ad Alta Specializzazione, ASL SA1, Cava de’ Tirreni (SA) UO Medicina dello Sport e Attività Motoria, Dipartimento Socio Sanitario ai Colli, ULSS 16, Padova 2 RIASSUNTO L’edema polmonare è stato descritto in corso di nuoto e di immersione, in apnea e con autorespiratore. Il meccanismo patogenetico implicato è probabilmente la “stress failure” dei capillari polmonari. L’articolo esamina gli aspetti fisiopatologici e clinici di questa patologia poco frequente, indicando i settori che richiedono ulteriori studi. Parole chiave: Edema polmonare, immersione con autorespiratore, immersione in apnea, nuoto. ABSTRACT Pulmonary edema has been described during swimming, breath-hold diving and scuba diving. The underlying pathogenetic mechanism is probably “stress failure” of the pulmonary capillaries. This article reviews the pathophysiologic and clinical aspects of this uncommon disease, indicating the areas that need further study . Keywords: Breath-hold diving, pulmonary edema, scuba diving, swimming. Negli ultimi anni si è sviluppato un interesse dei ricercatori per un’entità misconosciuta in passato: l’edema polmonare che si sviluppa durante le attività acquatiche. Esso infatti è stato segnalato in varie situazioni: nuoto di superficie di lunga durata [1], immersione in apnea [2], immersione con auto respiratore [3]. Lo scopo del presente articolo è di passare in rassegna la letteratura riguardante questa patologia poco frequente e poco studiata, indicando quelle che potranno essere le linee di sviluppo per la ricerca. Sebbene non esistano dati sperimen- tali al riguardo, l’opinione condivisa dalla maggior parte degli Autori [1-3] è che il meccanismo patogenetico sia quello della cosiddetta “stress failure” dei capillari polmonari, descritta da West e collaboratori [4-6], ed implicata in varie patologie (Tabella I). Infatti la barriera alveolo-capillare è una struttura che deve far fonte a due esigenze contrapposte: deve essere la più sottile possibile per consentire al meglio gli scambi gassosi e nello stesso tempo molto resistente per sopportare le notevoli sollecitazioni pressorie alle quali è sottoposta. La Figura 1 illustra le due forze principali che possono provocare uno stress della barriera alveolo-capillare: la prima (1) è la differenza tra l’interno e l’esterno del capillare, la seconda (2) è la tensione che dipende dal livello di inflazione del polmone. L’edema polmonare da alta quota (HAPE) è una delle patologie nelle quali la stress failure dei capillari polmonari sembra svolgere un ruolo importante [7-10]. Si tratta di un edema polmonare non cardiogeno che insorge in soggetti che raggiungono in TABELLA I: STRESS FAILURE: CONDIZIONI ASSOCIATE •Sforzo strenuo in atleti •Emorragie alveolari dei cavalli da corsa •Edema da alta quota (HAPE) •Edema polmonare neurogeno •Sindrome di Goodpasture •Barotrauma da ventilazione •Insufficienza ventricolare sinistra + Giuseppe Fiorenzano Fisiopatologia Respiratoria, Cava de’ Tirreni (SA) Via M. Della Corte 5, 84013 Cava de' Tirreni (SA), Italia email: [email protected] Data di arrivo del testo: 29/10/2008 – Accettato per la pubblicazione: 5/12/2008 Multidisciplinary Respiratory Medicine 2009; 4(3): 208-213 208 MRM MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:27 Pagina 209 Endotelio ECM Epitelio Definizione delle abbreviazioni: ECM, matrice extracellulare; P, pressione. Tratto da [6] (mod.). breve tempo altitudini superiori ai 2000 – 2500 m. I soggetti suscettibili presentano una spiccata vasocostrizione ipossica, con conseguente ipertensione polmonare. Secondo la teoria di Hultgren [11], la vasocostrizione ipossica si distribuirebbe in modo disomogeneo nell’albero vascolare polmonare (ed esistono evidenze sperimentali a suffragare tale ipotesi), determinando un eccesso di perfusione (“overperfusion”) nelle zone non vasocostrette, che andrebbero così incontro ad un danno della barriera alveolo-capillare, con passaggio negli alveoli anche di proteine ed eritrociti (Figura 2) [7-11]. Nei soggetti che rimangono esposti all’ipossia in alta quota la mortalità è molto elevata, mentre una FIGURA 2: MICROFOTOGRAFIA DELLA BARRIERA ALVEOLO-CAPILLARE IN CORSO DI EDEMA POLMONARE DA ALTA QUOTA Definizione delle abbreviazioni: ALV, alveolo; CAP, capillare. Tratto da [6]. tempestiva evacuazione a bassa quota porta ad una completa risoluzione del quadro nella maggior parte dei casi [7-9]. Tale andamento clinico è compatibile con il modello sperimentale di West, nel quale si dimostra una rapida regressione del danno della barriera alveolo-capillare in seguito alla riduzione della pressione capillare [12]. Ma in che modo è possibile applicare il modello della “overperfusion” all’edema polmonare in corso di nuoto ed immersione? Bisogna prendere in considerazione alcuni aspetti fisiologici dell’immersione [13-15]: la semplice immersione in acqua a temperatura neutra rispetto a quella corporea, con la testa fuori dell’acqua determina significative variazioni a carico dell’apparato respiratorio e cardiocircolatorio (Figura 3). Infatti l’immersione con le suddette modalità provoca una riduzione del volume di riserva espiratoria di circa il 69%, del volume residuo di circa il 16% e della capacità vitale di circa il 9% [13-15]. Queste variazioni sono dovute, oltre che agli effetti diretti della pressione su addome e torace (risalita del diaframma, compressione toracica), alle variazioni emodinamiche. La compressione dei distretti venosi della parte inferiore del corpo determina una centralizzazione della circolazione (blood shift), con spostamento dai distretti periferici a livello intratoracico di circa 700 mL di sangue [13-15], con un incremento della portata cardiaca di almeno il 30%. Tali effetti sono accentuati dalla vasocostrizione in caso di bassa temperatura dell’acqua. Inoltre nelle condizioni descritte si ha un aumento del carico che i muscoli respiratori devono sopportare per espandere il torace di circa 20 cm H2O. In un soggetto che nuoti in posizione orizzontale, come nello snorkeling, tale pressione è stimata essere inferiore ai 10 cm H2O, ma il carico è aumentato in proporzione alla lunghezza dello snorkel, per l’aumento dello spazio morto [13-15]. L’aumento delle pressioni esercitate dai muscoli respiratori può essere un altro fattore implicato nella patogenesi dell’edema polmonare in corso di nuoto ed immersione. Infatti lo sforzo inspiratorio contro vie aeree occluse o con resistenze aumentate può causare un edema polmonare che è definito a pressione negativa o post-ostruttivo [16-20]. L’aumento della pressione transmurale a livello dei capillari polmonari, causato dalle forti oscillazioni pressorie generate dai muscoli respiratori, provocherebbero un danno a carico della barriera alveolo-capillare. Alcuni Autori ritengono che l’edema polmonare post-ostruttivo sia un edema su base emodinamica, con integrità della barriera alveolocapillare, sulla base del riscontro di basse concentrazioni di proteine nel liquido di lavaggio broncoalveolare [20]. In realtà, in molti dei casi descritti nelle più svariate circostanze (Tabella II) sono stati documentati episodi di emottisi e/o emorragie alveolari, prova evidente di un danno della barriera alveolo-capillare, che probabilmente può essere soggetta a lesioni di entità variabile da caso a caso. La casistica più numerosa di edema polmonare durante nuoto è quella descritta da Adir e coll. [1], G Fiorenzano, M Schiavon Edema polmonare e attività acquatiche - Pulmonary edema and water sports FIGURA 1. FORZE CHE POSSONO PROVOCARE UNO STRESS DELLA BARRIERA ALVEOLO-CAPILLARE MRM 209 Multidisciplinary Respiratory Medicine 2009; 4(3): 208-213 MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:27 Pagina 210 FIGURA 3. MODELLO DELLA “OVERPERFUSION” Aria Aria 1 ATM Acqua Pressione (ATM) 0 1,00 10 1,01 20 1,02 30 1,03 40 1,04 50 1,05 60 1,06 70 1,07 80 1,08 90 1,09 100 1,10 Tratto da [13] mod. che hanno riscontrato 70 casi di SIPE (SwimmingInduced Pulmonary Edema) in giovani (18 – 19 anni) non fumatori che partecipavano ad un programma di intenso allenamento al nuoto di lunga durata (da 2,4 a 3,6 Km). La temperatura dell’acqua era di circa 20° C, i partecipanti erano tutti in buone condizioni fisiche e sottoposti a visite preliminari. La diagnosi di SIPE veniva posta in seguito al riscontro di dispnea intensa e tosse durante o dopo il nuoto, con segni fisici compatibili con edema polmonare. La sintomatologia lamentata era la dispnea in tutti i soggetti, la tosse in 67 su 70, con espettorazione nel 90% dei soggetti. In 39 soggetti (55,7%) l’espettorato era roseo o era presente emottisi. Tutti presentavano una desaturazione ossiemoglobinica rispetto al valore pre-nuoto (88,4% di media contro 98%). Va detto che i 70 casi rappresentavano l’1,8% di tutte le sedute di allenamento TABELLA II: CAUSE DI EDEMA POLMONARE A PRESSIONE NEGATIVA O POST-OSTRUTTIVO • Laringospasmo 210 MRM 1 ATM Profondità (cm) • Artroscopia temporomandibolare • Strangolamento • Intubazione difficile • Epiglottidite • Ematoma • Aspirazione di corpo estraneo • Tumore alte vie aeree • Ipotiroidismo • Chirurgia orofaringea • Secrezioni tracheali • Angina di Ludwig • Singhiozzo • Obesità • Croup • Acromegalia • Gozzo tiroideo • Apnee ostruttive nel sonno • Tumore mediastinico • Mordere tubo tracheale o maschera laringea effettuate nell’arco di 3 anni e che in 16 casi l’episodio si era ripetuto e distanza di tempo. I radiogrammi del torace effettuati da 12 a 18 ore dopo erano risultati normali in tutti i casi. Tale riscontro va però riconsiderato alla luce di un recente studio relativo all’edema polmonare in corso di immersione con autorespiratore (Scuba diving) [21], che ha evidenziato una scarsa sensibilità della radiografia del torace, negativa in 4 casi su 19, rispetto alla tomografia computerizzata (TC) che documentava reperti patologici in tutti i casi. Decisamente più frequenti sembrano essere i casi di edema polmonare in corso di immersione in apnea: infatti, durante una competizione internazionale 12 su 19 partecipanti allo studio presentavano segni clinici di edema polmonare [2]; in uno studio italiano condotto su 212 apneisti, il 26% ha riferito dispnea, tosse, emottisi, o altri sintomi e segni riferibili ad edema polmonare [22]. Prediletto e coll. [23] hanno riscontrato un incremento della capacità di diffusione (DLCO) dopo immersione in apnea rispetto ai valori precedenti. In questo caso l’aumento della DLCO è espressione di un aumento della componente ematica polmonare e/o emorragia alveolare. Un dato analogo è stato riportato da Lindholm e coll. [24] in soggetti che per allenamento praticavano immersione in piscina a bassa profondità (2 – 3 m), dopo aver espirato fino a volume residuo per simulare una discesa ad elevata profondità. Tutti i soggetti hanno presentato mediamente una riduzione dei volumi polmonari (FEV1, FVC) ed un aumento della DLCO. In due casi è stata dimostrata la presenza di sangue proveniente dalle vie aeree. È opportuno a questo punto riassumere alcuni aspetti fisiologici dell’immersione in apnea: durante l’immersione il polmone è sottoposto a variazioni che seguono la legge di Boyle (P · V = K), in base MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:27 Pagina 211 alla TC del torace un pneumomediastino, del tutto asintomatico [28]. Inoltre va ricordato che dai dati sperimentali di West e coll. [5-6] l’aumento del volume polmonare è uno dei fattori che possono favorire la stress failure dei capillari polmonari. La Figura 4 evidenzia come l’incremento del volume polmonare aumenti il danno della parete, sia dal versante endoteliale, sia dal versante epiteliale [6]. L’immersione con autorespiratore (Scuba diving) pone problematiche fisiopatologiche del tutto diverse [3,13,14,21,30-32]. L’entità del blood shift è di entità minore rispetto all’immersione in apnea, in quanto l’autorespiratore è in grado di compensare la pressione esercitata sul torace, ma rimane comunque l’effetto dell’aumentato ritorno venoso dagli arti e dall’addome, eventualmente accentuato dalla vasocostrizione in caso di bassa temperatura dell’acqua. Per quanto riguarda il lavoro della respirazione ed il carico dei muscoli respiratori, sono aumentati per vari motivi (Tabella III) [3,13,14,21,30-32]. L’edema polmonare da “Scuba diving” è senz’altro una patologia piuttosto rara: infatti dalla prima descrizione [33] sono state pubblicate casistiche di pochi casi (complessivamente poco più di 30) (Tabella IV), includenti a volte casi insorti durante nuoto [33-34]. Va detto però che si tratta di una patologia decisamente grave, in quanto sono descritti casi fatali [21,31]. Inoltre, essa pone seri problemi di diagnosi differenziale con le altre cause di incidenti da immersione, in primo luogo il barotrauma e la malattia da decompressione [21,31,32]. Un dato interessante che emerge dagli studi più recenti [21,31] è la scarsa sensibilità della radiografia del torace, a volte negativa, rispetto alla TAC, che mostra pressoché in tutti i casi la presenza dell’edema polmonare. Inoltre, solo per questo tipo di edema, è stata riscontrata una maggior frequenza G Fiorenzano, M Schiavon Edema polmonare e attività acquatiche - Pulmonary edema and water sports FIGURA 4: VOLUME POLMONARE E “STRESS FAILURE” DEI CAPILLARI Volumi polmonari Basso Alto 12 Numero di rotture/mm di strato cellulare alla quale pressione e volume sono inversamente proporzionali [13-15]. Poiché la pressione aumenta di circa 1 atmosfera ogni 10 metri di profondità, il volume polmonare si riduce in modo proporzionale. In base a questi presupposti teorici, la massima profondità raggiungibile da un apneista dovrebbe essere esattamente calcolabile in base al rapporto tra la sua Capacità Polmonare Totale (CPT) ed il suo volume residuo (VR). Pertanto, nonostante i notevoli volumi polmonari di cui in genere dispongono questi atleti, difficilmente potrebbero essere raggiunte profondità superiori ai 50 metri, mentre in effetti gli attuali record di immersione in apnea hanno superato i 160 metri. Una delle ragioni principali di tale fenomeno è l’importanza delle variazioni emodinamiche che si verificano in queste condizioni. Infatti il fenomeno del blood shift, che è già presente con la semplice immersione in acqua con la testa al di fuori, è sempre più importante quanto più aumenta la profondità raggiunta e quindi la pressione che si esercita sul corpo [13-15]. Inoltre vanno aggiunte le variazioni determinate da quella che una volta veniva definita “diving reflex” e che oggi più correttamente è definita “diving response”. Si tratta di una risposta fisiologica tipica dei mammiferi marini (foche, balene), che si basa su di una notevole vasocostrizione periferica, accompagnata da bradicardia, aumento della pressione diastolica, ed altri adattamenti tesi a preservare il flusso sanguigno diretto al cuore ed al cervello [13-15]. Gli esseri umani presentano un meccanismo analogo, anche se di minore entità, attivato dall’immersione del volto in acqua (specie se a bassa temperatura) e dall’apnea. Recenti studi ecocardiografici hanno dimostrato in corso di immersione in apnea una riduzione delle dimensioni dell’atrio sinistro ed un pattern diastolico del ventricolo sinistro analogo a quello delle patologie cardiache restrittive/costrittive, confermando che tali meccanismi sono implicati nell’aumento del contenuto sanguigno intratoracico [25-26]. Anche nel caso dell’immersione in apnea la contrazione del diaframma, con conseguenti variazioni della pressione transpolmonare, può contribuire al danno della barriera alveolocapillare [27]. Inoltre, gli apneisti usano ricorrere a metodi in grado di espandere i volumi polmonari oltre i limiti fisiologici: molti impiegano il metodo della respirazione glosso-faringea per inalare ulteriori quantitativi di aria dopo aver raggiunto la capacità polmonare totale (CPT) e per espellere ulteriore aria dai polmoni dopo aver espirato a volume residuo [28]. In uno studio effettuato su quattro soggetti che praticavano tale tipo di metodica, la respirazione glosso-faringea espiratoria (GE) era in grado di ridurre ulteriormente il volume toracico di 0,09 – 0,44 L oltre il volume residuo, mentre quella inspiratoria (GI) era in grado di incrementare la CPT di 0,13 – 2,84 L [28]. Queste manovre determinano notevoli oscillazioni della pressione intratoracica [29], con il rischio di provocare un danno polmonare. Infatti, in uno dei quattro soggetti del lavoro citato è stato riscontrato 10 8 6 4 2 0 Endotelio Epitelio Tratto da [6] mod. MRM 211 Multidisciplinary Respiratory Medicine 2009; 4(3): 208-213 MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:27 Pagina 212 TABELLA III: APPARATO RESPIRATORIO ED IMMERSIONE CON AUTORESPIRATORE • Aumento della densità dell’aria • Aumento delle resistenze e dello spazio morto • Aumento della pressione idrostatica • Alterazioni della meccanica respiratoria • Necessità di elevate pressioni negative e positive per inspirare ed espirare nei soggetti di età superiore ai 40 anni rispetto a quelli di età inferiore. In una casistica [3] su 8 soggetti colpiti 4 erano asmatici. Questo pone il dubbio che un aumento delle resistenze in – espiratorie abbia contribuito in questi casi ad aumentare le oscillazioni pressorie intratoraciche, favorendo la comparsa dell’edema. La bassa temperatura dell’acqua, riportata in varie casistiche, sembra essere un fattore favorente, accentuando il blood shift verso la cavità toracica. Un lavoro recente [21] sembra mettere in discussione la rarità di tale patologia: infatti in uno studio dedicato in una regione piuttosto circoscritta (la Bretagna), sono stati riscontrati 19 casi di edema polmonare da immersione in 5 anni; nel periodo di studio tale patologia è risultata essere la prima causa di incidenti respiratori in corso di immersione con autorespiratore. In conclusione, l’edema polmonare in corso di nuoto ed immersione sembra essere un esempio di edema polmonare non cardiogeno nel quale sono implicati fenomeni del tipo che West ha definito stress failure dei capillari polmonari. I meccanismi implicati sembrano essere una combinazione variabile di due fattori: l’incremento del flusso sanguigno intratoracico (blood shift) e l’aumento della pressione esercitata dai muscoli respiratori (con meccanismo analogo a quello dell’edema polmonare a pressione negativa o post-ostruttivo). Ulteriori studi sono necessari per chiarire a fondo i meccanismi fisiopatologici e gli aspetti epidemiologici e clinici di questa patologia. DICHIARAZIONE DI CONFLITTO DI INTERESSI: Gli autori non hanno relazioni finanziarie con un’entità commerciale che abbia interesse nell’oggetto di questo articolo. TABELLA IV: RIASSUNTO DELLA LETTERATURA SULL’EDEMA POLMONARE SVILUPPATO DURANTE IMMERSIONE CON AUTORESPIRATORE Autore Wilmshurst, 1989 [33] N soggetti /maschi Età media range Temp. minima dell’acqua Profondità (m)/durata Sintomi H/LOC Ricorrenza (D, S) 11/8 45,6 (38-60) <12 °C nd 6/2 2(S) Pons, 1995 [34] 3/2 30,7 (26-39) <6 °C 24-42/nd 2/0 1(D,S) Roeggla, 1996 [35] 1/0 54 14 °C 5/10 min 1/0 0 Cosgrove, 1996 [36] 1/0 58 11 °C 10/5 min 1/0 0 Hampson, 1997 [37] 6/2 43,3 (24-60) 4-27 °C 4-30/5-20min 2/1 4(D) Gnadinger, 2001 [38] 1/1 52 25 °C 3/2 min 1/0 0 Slade, 2001 [3] 8/3 52,4 (45-61) 10-26 °C 4-34/nd 6/0 3(D) Halpern, 2003 [39] 1/1 50 media 12/25 min 0/0 0 Cochard, 2005 [31] 5/4 49,4 (37-56) 10-17 °C 43/7-24 min 3/1 2(D) Definizioni delle abbreviazioni: H, emottisi; LOC, perdita di coscienza; D, immersioni con autorespiratore; S, nuoto. Bibliografia 1. Adir Y, Shupak A, Gil A, Peled N, Keynan Y, Domachevsky L, Weiler-Ravell D. 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L’AIDS fu identificato per la prima volta quando alcuni soggetti precedentemente sani svilupparono una polmonite da Pneumocystis carinii, infatti il grado di deficit immunitario indotto dall’infezione da HIV è il fattore determinante del rischio di sviluppare specifiche patologie polmonari sia infettive che non infettive. Prima dell’avvento della terapia antiretrovirale combinata (cART) le polmoniti batteriche, la tubercolosi e la polmonite da Pneumocystis carinii (PCP) - oggi Pneumocystis jirovencii - erano le infezioni polmonari più frequenti. Con l’avvento della cART le infezioni polmonari opportunistiche sono rimaste appannaggio dei soggetti che non assumono terapia, perché ignorano il loro stato di infezione da HIV o perché rifiutano o non tollerano tali terapie polifarmacologiche, o che presentano un’infezione da virus polirestenti ai farmaci antiretrovirali. Tuttavia il bagaglio di conoscenze acquisito risulta utile nella gestione clinica dei sempre più numerosi pazienti con immunodepressione da chemioterapia onco-ematologica o da terapie antirigetto nei trapianti. Parole chiave: AIDS, HIV, infezioni polmonari opportunistiche, terapia antiretrovirale. ABSTRACT Despite the numerous bacteria, fungi, virus and protozoa present in the air we breathe, our respiratory system is equipped with such efficient defence mechanisms that lung infections are a rare event. AIDS was identified for the first time when some previously healthy subjects developed pneumonia from Pneumocystis carinii; in fact the level of immune deficit induced by HIV infection is the factor that determines the risk of developing specific lung diseases, both infective and non infective. Before the advent of combined antiretroviral therapy (cART) bacterial pneumonia, tuberculosis and pneumonia from Pneumocystis carinii (PCP) - today Pneumocystis jirovencii – were the most frequent lung infections. With the advent of cART, opportunistic lung infections now remain the heritage of those subjects who do not undergo therapy, either because they are unaware of their condition of HIV infection or because they refuse or do not tolerate such polypharmacological treatments, or because their infection is due to a virus that is polyresitant to antiretroviral drugs. In any case, the large body of knowledge now acquired is useful in the clinical management of the ever increasing number of patients with immunodepression due to onco-hematological chemotherapy or to anti-rejection therapies in organ transplantation. Keywords: AIDS, antiretroviral therapy, HIV, opportunistic lung infections. La superficie dell’apparato respiratorio si estende per circa 140 m2 e rappresenta la più estesa interfaccia tra l’ambiente esterno e quello interno del corpo umano. Tale superficie viene ventilata approssimativamente da oltre 12.000 litri di aria ogni giorno mentre un soggetto è a riposo e può essere raddoppiata o triplicata anche da una minima attività fisica. L’aria che noi respiriamo contiene numerosi microrganismi ed inquinanti gassosi e particolati che possono essere nocivi [1]. Nonostante la presenza di numerosi batteri, funghi, virus e protozoi nell’aria che respiriamo, il nostro sistema respiratorio è dotato di così efficienti meccanismi di difesa da rendere non comuni le infezioni polmonari. Questi meccanismi di difesa iniziano nel naso e si estendono fino agli alveoli e, per semplificare, possono essere distinti in due grandi gruppi: meccanismi di sorveglianza e meccanismi di amplificazione [2]. Tra i meccanismi di sorveglianza vengono considerati le barriere anatomiche come le angolazioni delle vie aeree, la clearance muco-ciliare, i riflessi della tosse e della broncocostrizione, la produzio- + Ercole Concia UO Malattie Infettive, Università di Verona Piazzale L. A. Scuro 10, 37134 Verona, Italia email: [email protected] Data di arrivo: 02/09/2008 – Accettato per la pubblicazione: 14/11/2008 Multidisciplinary Respiratory Medicine 2009; 4(3): 214-216 214 MRM MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:27 Pagina 215 che l’immunità decresceva e l’eziologia, che inizialmente era simile alle polmoniti che colpiscono la popolazione in generale, con la deplezione linfocitaria si modificava, con il riscontro sempre più frequente di polmoniti da germi Gram negativi, soprattutto Pseudomonas aeruginosa, mentre le polmoniti atipiche (Legionella spp, Chlamydia spp, Mycoplasma spp) risultavano assai rare [7]. Anche la tubercolosi, benché una delle prime malattie che possono comparire nella storia naturale dell’infezione da HIV, era più frequente quando il deficit immunitario era manifesto e assumeva aspetti clinici atipici spesso simili alle forme di tubercolosi primaria progressiva con coinvolgimento sia parenchimale che linfonodale o forme diffuse di tipo miliarico, mentre la tipica forma di tubercolosi polmonare cavitaria appariva più rara man mano che l’immunità decresceva [8]. La PCP di solito era la malattia che dava inizio alla sindrome dell’AIDS e compariva quando la deplezione linfocitaria era notevolmente ridotta (CD4+ < 200/µl) e rappresentava il primo gradino di quella sindrome che in breve tempo avrebbe condotto il soggetto con infezione da HIV ad una totale devastazione delle difese immunitarie [9]. Accanto a queste forme infettive polmonari, le localizzazioni viscerali di sarcoma di Kaposi, i linfomi non Hodgkin ed il carcinoma polmonare erano frequenti forme neoplastiche polmonari che complicavano l’infezione da HIV [10]. Altre malattie polmonari quali la polmonite interstiziale linfocitaria (LIP) nel bambino, la polmonite interstiziale non specifica e l’ipertensione polmonare idiopatica erano segnalate con una certa frequenza [11]. Con l’avvento della cART le infezioni polmonari opportunistiche sono rimaste appannaggio dei soggetti che non assumono terapia, perché ignorano il loro stato di infezione da HIV o perché rifiutano o non tollerano tali terapie polifarmacologiche, o che presentano un’infezione da virus polirestenti ai farmaci antiretrovirali [12]. Le infezioni polmonari non opportunistiche come le polmoniti batteriche e la tubercolosi, si sono notevolmente ridotte in frequenza nei soggetti trattati con farmaci antiretrovirali, così come alcune forme di neoplasie quali il sarcoma di Kaposi ed il “primary effusion lymphoma”, entrambe ritenute causate da infezione da HSV 8; sono invece rimasti invariati in frequenza i linfomi non Hodgkin ed il carcinoma polmonare, segno che tali neoplasie hanno un’eziologia multifattoriale più complessa [13]. La terapia combinata antiretrovirale ha messo in evidenza una patologia in precedenza non conosciuta, la sindrome da immunoricostituzione, definita come un peggioramento sintomatico acuto o paradosso di un’infezione o neoplasia correlato al recupero dello stato immunitario. La patogenesi di tale sindrome sembra dovuta allo smascheramento di un’infezione latente o in incubazione, o ad una risposta infiammatoria amplificata ad antigeni presenti in basse quantità nei tessuti. Il polmone è una delle sedi più frequenti e gravi del M Conti, A Cazzadori, E Concia Aids e polmone - Aids and the lung ne locale di immunoglobuline, il surfactante, i macrofagi alveolari. Questi meccanismi appaiono sufficienti a mantenere sterile il basso tratto respiratorio nella maggior parte delle circostanze e non dipendono necessariamente dallo stato immunitario del soggetto. Il meccanismo di amplificazione interviene quando il meccanismo di sorveglianza è meno efficiente o sopraffatto ed è caratterizzato da una risposta infiammatoria dovuta al reclutamento di cellule effettrici come polimorfonucleati e linfociti sotto controllo dell’immunità umorale e cellulare. È evidente che la sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS) conseguente all’infezione da virus dell’immunodeficienza umana (HIV), la quale deprime profondamente l’immunità cellulare mediante la progressiva deplezione dei linfociti T helper (CD4+) e altera l’immunità umorale mediante un’anomala iperproduzione di gammaglobuline, rende particolarmente suscettibile l’apparato respiratorio ad infezioni sostenute da qualsiasi microrganismo che si trovi nell’ambiente esterno capace di replicarsi nell’uomo [3]. L’AIDS fu identificato per la prima volta quando alcuni soggetti precedentemente sani svilupparono una polmonite da Pneumocystis carinii [4]. In seguito numerose infezioni polmonari, sia da patogeni comuni che da microrganismi opportunistici, e malattie polmonari non infettive risultarono frequenti nei soggetti con infezione da HIV [5]. Il grado di deficit immunitario indotto dall’infezione da HIV è il fattore determinante del rischio di sviluppare specifiche patologie polmonari sia infettive che non infettive. Nella fase precoce dell’infezione da HIV, quando il sistema immunitario non è gravemente compromesso, le infezioni polmonari che colpiscono i soggetti sieropositivi sono simili a quelle che colpiscono la popolazione generale, mentre in una fase avanzata della compromissione immunitaria risultano frequenti le infezioni opportunistiche, le neoplasie e le patologie infiammatorie. Questa ampia gamma di patologie polmonari sia infettive che non infettive che possono coinvolgere il polmone nelle fasi avanzate di immunodeficit HIVindotto fa sì che la diagnosi risulti assai complessa e si rendano spesso necessari approcci diagnostici invasivi (broncoscopia e biopsie chirurgiche). La conta dei linfociti T CD4+ è tuttora l’unico surrogato della valutazione della funzione immunitaria e del rischio di infezioni opportunistiche, mentre la carica virale misurata attraverso le copie di HIV-RNA presenti nel sangue sono il surrogato per valutare la progressione della malattia e l’effetto della terapia antiretrovirale [6]. Prima dell’avvento della terapia antiretrovirale combinata (cART) le polmoniti batteriche, la tubercolosi e la polmonite da Pneumocystis carinii (PCP) - oggi Pneumocystis jirovencii - erano le infezioni polmonari più frequenti. Sebbene le polmoniti batteriche potessero colpire il soggetto con infezione da HIV ad ogni livello di immunità, queste erano più frequenti man mano MRM 215 Multidisciplinary Respiratory Medicine 2009; 4(3): 214-216 MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:27 Pagina 216 manifestarsi della sindrome da immunoricostituzione soprattutto nelle infezioni micobatteriche e virali, ma anche nella PCP e nelle neoplasie polmonari. Il quadro clinico è quello di un peggioramento del quadro infettivo o neoplastico o la comparsa di quadri polmonari interstiziali simili alla sarcoidosi o alla fibrosi polmonare idiopatica. Il problema terapeutico è incentrato sul quesito se tale sindrome sia dovuta ad un’infezione attiva o ad una risposta infiammatoria anomala ad antigeni persistenti [14]. Spesso il dubbio rimane e viene instaurata sia una terapia antimicrobica che una terapia antinfiammatoria. In conclusione l’epidemia dell’infezione da HIV ha dato un enorme impulso alle conoscenze sulle infezioni opportunistiche polmonari sia da un punto di vista diagnostico che profilattico-terapeutico. Con l’avvento della terapia antiretrovirale queste infezioni si sono ridotte di frequenza, ma il bagaglio di DICHIARAZIONE DI CONFLITTO DI INTERESSI: Gli autori non hanno relazioni finanziarie con un’entità commerciale che abbia interesse nell’oggetto di questo articolo. Bibliografia 1. Skerrett SJ. 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In particular, pulmonary mycoses continue to be an important cause of illness and death among patients with acquired immunodeficiency syndrome (AIDS). In this setting, the most common opportunistic lung fungal infection is due to Pneumocystis jiroveci, especially as a presenting illness in patients not yet known to be infected with HIV. Although P. jiroveci pneumonia is the most common AIDS-associated lung mycosis, HIV-infected patients are considered to be at greater risk of developing other opportunistic pulmonary fungal infections such as aspergillosis, candidosis, cryptococcosis, and zygomycosis. Moreover, in specific populations or geographic areas, endemic mycoses are important causes of HIV-associated lung disease. Keywords: AIDS, HIV, fungal infections, lung, mycoses. RIASSUNTO In seguito all’introduzione di efficaci misure profilattiche nei confronti delle principali infezioni opportunistiche e alla disponibilità di potenti terapie antiretrovirali di combinazione, le complicanze polmonari nei pazienti con infezione da virus dell’immunodeficienza acquisita (HIV) hanno subito un netto decremento in termini di incidenza, pur continuando, tuttavia, a rappresentare i principali determinanti di morbilità e letalità. In particolare, le micosi polmonari rimangono importanti cause di malattia e morte nei pazienti con sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS). In questo contesto, la più comune infezione fungina opportunistica è la polmonite da Pneumocystis jiroveci (PCP), soprattutto come malattia di esordio in pazienti che non sono ancora a conoscenza della loro sieropositività per HIV. Sebbene la PCP sia la più comune micosi polmonare indicativa di AIDS, i pazienti con infezione da HIV presentano un rischio più elevato di sviluppare altre complicanze fungine pol- monari come l’aspergillosi, la candidosi, la criptococcosi e le zigomicosi. Inoltre, in popolazioni specifiche o in determinate aree geografiche, le micosi endemiche rappresentano cause significative di malattia polmonare associata ad HIV. Parole chiave: AIDS, infezioni fungine, HIV, micosi, polmone. The introduction of effective antimicrobial prophylaxis strategies against opportunistic infections and of potent combination antiretroviral therapies has changed the incidence and the epidemiology of pulmonary diseases associated with human immunodeficiency virus (HIV) infection [1-5]. In particular, the advent of protease inhibitors (PIs)-containing regimens in recent years had resulted in a dramatic decrease of HIV-related morbidity and mortality in industrialized countries [6]. As a result of the reconstitution of the immune system under antiretroviral therapies, the incidence of pulmonary infections has also declined substantially among persons living with HIV in countries where these regimens are available [7]. Nevertheless, lung disease remains the leading cause of morbidity and mortality in patients infected with HIV [2,8-9]. Bacterial pneumonia and Mycobacterium tuberculosis infection are the most important HIV-related pulmonary disorders in industrialized and developing countries, respectively, especially where appropriate prophylaxis is unavailable or when compliance with such therapy is poor [9,10]. Along with the progression of HIV disease, the incidence and severity of acquired immunodeficiency syndrome (AIDS)-associated respiratory infections appear to increase as well as their mortality rate. In this setting, lung mycoses continue to be an important cause of illness and death among patients with AIDS [11]. + Stefania Cocchi Clinic of Infectious and Tropical Diseases, University of Modena and Reggio Emilia Via del Pozzo 71, 41100 Modena, Italy email: [email protected] Data di arrivo: 02/09/2008 – Accettato per la pubblicazione 14/11/2008 Multidisciplinary Respiratory Medicine 2009; 4(3): 217-220 MRM 217 Multidisciplinary Respiratory Medicine 2009; 4(3): 217-220 MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:27 Pagina 218 Fungal respiratory involvement consists of fungal colonization, allergy, and infections of respiratory tract and lungs. Fungi may cause lung disease through direct infection of pulmonary tissue, through infection of pulmonary air spaces/lung cavities, or through their ability to trigger an immunological reaction when fungal material is inhaled. The latter mechanism operates in cases of allergic bronchopulmonary aspergillosis, aspergillusinduced asthma and extrinsic allergic alveolitis due to fungi, while the diseases caused by direct fungal infection of the lung are different clinical entities (fungal pneumonias). Table I shows the main endemic and opportunistic fungal pathogens responsible for pneumonia in HIV-infected patients. In this setting, the most common opportunistic lung infection is due to Pneumocystis jiroveci, especially as a presenting illness in patients not yet known to be infected with HIV. P. jiroveci is widespread in nature and rarely causes disease except in people such as those with AIDS who have a severe impairment of their immune system. About 80% of HIVinfected individuals will experience an episode of Pneumocystis pneumonia (PCP) at some time [12]. Early in the HIV epidemic, it was noted that the principal risk factor for development of HIV-related PCP was a reduced CD4+ cell count. Data from the Multicentre AIDS Cohort Study (MACS) showed that the risk of developing PCP in patients with CD4+ cell count below 200 cells/µL was significantly higher compared to those with CD4+ cell count between 200 and 350 cells/µL (6% versus 0.5%) [13]. After the widespread use of P. jiroveci prophylaxis, patients with PCP are usually severely immunosuppressed. Stansell and colleagues in the Pulmonary Complications of HIV Infection Study (PCHIS) showed that 95% of the 145 cases of PCP occurred in subjects whose median CD4+ cell count was 29 cells/µL [14]. These data confirmed the results already published by MACS group [13]. Recently, Fujii and colleagues described the clinical features of 34 episodes in 32 patients with AIDSassociated PCP and reviewed the existing literature. As for symptoms, the frequency of fever, cough, and TABLE I: FUNGAL PATHOGENS RESPONSIBLE FOR PULMONARY DISEASES ASSOCIATED WITH HIV-INFECTION Opportunistic fungal pneumonia pathogens: • Aspergillus species causing aspergillosis • Candida species causing candidiasis • Cryptococcus neoformans causing cryptococcosis • Pneumocysti jiroveci causing pneumocystosis • Rhizopus, Absidia, Mucor, Rhizomucor, and Cunninghamella species causing zygomycosis Endemic fungal pneumonia pathogens: • Blastomyces dermatitidis causing blastomycosis • Coccidioides immitis causing coccidioidomycosis • Histoplasma capsulatum causing histoplasmosis • Penicillium marneffei causing penicilliosis marneffei • Paracoccidioides brasiliensis causing paracoccidioidomycosis 218 MRM dyspnea was 74%, 74%, and 65%, respectively, but the complete triad was present in only 14 of the 34 episodes on first examination. Nevertheless, PCP tended to have an insidious clinical course. Laboratory findings were generally nonspecific, and a wide variety of other radiographic findings were observed, although typical radiographic features of PCP are bilateral, symmetrical ground-glass opacities. Familiarity with the clinical features of PCP is crucial for prompt diagnosis, even if the patient is unaware of his HIV serostatus [15]. Thus, care providers need to be aware that PCP remains a frequent sentinel opportunistic infection for patients who are not aware of their HIV seropositivity and that this is also a risk factor for severe disease. Recrudescence of "treated" infection as a manifestation of the immune reconstitution syndrome may become more commonly encountered, as more patients are treated with potent PIs combination therapies [12]. Although PCP is the most common AIDS-associated lung fungal disease, HIV-infected patients (especially those having CD4+ cell counts in the range of 100/µL) are considered to be at greater risk of developing other opportunistic pulmonary mycoses such as aspergillosis, cryptococcosis, and zygomycosis [16]. Moreover, in specific populations or geographic areas, endemic fungal diseases are important clinical conditions (Table I); in non-endemic regions these infections are rarely a cause of HIVassociated pulmonary disease [17]. Among opportunistic lung mycoses, aspergillosis is now recognized as a significant problem in patients with advanced AIDS although it was removed from the list of AIDS-defining illnesses by the Centers for Disease Control and Prevention (CDC) since very few cases were reported [17]. Aspergillosis is a clinicopathological entity that is difficult to diagnose (since it requires the availability of tissue samples, normally of the lung where the pathogenic effect of the fungi may be seen) and thus a consistent number of cases are found only at necropsy. In patients with HIV infection, the real incidence has not been clearly defined; it may be higher than reported, but this infection continues to be associated with poor outcome. González and colleagues published a series of necropsy reviews performed in Spain over a five year period (January 1993 to December 1997) in 23 patients with HIV infection. Of these, 4 (17.3%) presented invasive aspergillosis, 3 of whom with disseminated involvement. Premortem diagnosis had not been performed in any of the cases. The recognised risk factors for aspergillosis were: CD4+ cell count less than 50 cells/µL (in 3 patients), use of glucocorticoids (in 2 cases) and severe neutropenia (in one other patient). They concluded that invasive aspergillosis is found at autopsy with relative frequency in HIV-infected patients with severe immunodepression [18]. Serological and molecular detection of Aspergillus spp. antigens or fungal DNA may improve the diagnosis of pulmonary aspergillosis, but the sensitivity of these tests is variable and more studies are need- MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:27 Pagina 219 diagnosis. Patients with apparently isolated cryptococcal pneumonia should be evaluated for meningeal involvement through cerebrospinal fluid even in the absence of neurologic signs or symptoms [23,24]. Zygomycetes, such as Rhizopus, Absidia, Mucor, Rhizomucor, and Cunninghamella species, commonly cause rhinocerebral disease or pneumonia in patients with predisposing conditions such as diabetes, neutropenia, lymphoproliferative disorders, immunosuppression after organ transplantation, severe burns, chronic steroid use, chemotherapy, and deferoxamine administration [25]. Coinfection with zygomycosis and HIV is rare: it occurs primarily in patients with low CD4+ cell counts, does not always require the usual predisposing conditions for zygomycosis, and may be the presenting opportunistic infection among HIV-infected persons. As the widespread use of PIs combination therapies can predispose to diabetes, zygomycosis may become more common in this population [24,26]. Transient episodes of neutropenia occurring within 4 months before presentation may be a risk factor for this disease [27]. Zygomycosis may arise in multiple sites including the basal ganglia, cutaneous tissue, kidney, liver, spleen, respiratory tract, and stomach [28,29]. Occurring more commonly in, but not restricted to, injection drug users, it is significantly associated with sites other than basal ganglia in those patients with advanced HIV disease or AIDS. The presenting symptoms are related to the site of involvement, and the illness may develop insidiously or progress rapidly to a fulminant course. Disseminated infection may also occur; it tends to be aggressive and has a poor outcome, with an overall mortality rate of 80% or more, and it is significantly associated with sites of disease inaccessible to surgical debridement [27]. Because of the significant morbidity and mortality associated with pulmonary mycoses, knowledge of the clinical syndromes, early diagnosis, and prompt institution of therapy are crucial for a favourable outcome. In the case of disseminated or invasive fungal infections, suppressive therapy must be continued to prevent relapse [11]. Development of new early diagnostic tools and well-designed multicentre evaluations of diagnostic methods and therapeutic regimens available at present must be accomplished in the next future [16]. S Cocchi, R Esposito HIV and lung mycoses - HIV e micosi polmonari ed [16]. Pulmonary candidiasis can be acquired either by haematogenous dissemination causing a diffuse pneumonia or by bronchial extension in patients with oropharyngeal candidiasis. Aspiration of yeasts from the oral cavity has also been reported in infants. Candida pneumonitis is rare, and the diagnosis should not be made in the absence of tissue invasion seen on biopsy specimen. Because oral thrush is common, identification of Candida species on smear or culture of respiratory specimens is nonspecific and blood cultures may also be negative. The diagnosis is difficult to establish due to non-specific radiological and culture findings, and in most patients, especially those with granulocytopenia, lung involvement is documented at autopsy [17]. Unfortunately, only histopathology can provide a definitive diagnosis and this is not always possible in patients with coagulation disorders. In an autopsy series, Candida pneumonia was not diagnosed antemortem in four of four patients [19]. Cryptococcosis is a common opportunistic infection in AIDS patients. Severe meningoencephalitis is the commonest presentation in this setting. Although the lung is most likely the entry portal of Cryptococcus neoformans, isolated pulmonary cryptococcosis is underdiagnosed in HIV-infected patients and without appropriate treatment the fungal infection leads to severe dissemination [20,21]. It is unclear if disseminated cryptococcosis always represents the progression of lung infection, because many individuals have no evidence of pulmonary involvement at the time of diagnosis of systemic disease [21]. Given the relatively nonspecific clinical signs and symptoms, variable radiographic signs, and increased frequency of other lung opportunistic infections, it is likely that pulmonary cryptococcosis is not recognized until dissemination. In a retrospective study aimed at determining the etiology of pulmonary symptoms in HIV-infected patients with cryptococcal meningitis, 14 of 18 patients (78%) reported respiratory symptoms within 4 months prior to the diagnosis of meningeal involvement [22]. Other reviews suggest that a high proportion (63-90%) of HIV-infected patients with pulmonary cryptococcosis have concomitant extrapulmonary disease [20,21]. Lung involvement is manifested primarily by cough and fever, and most but not all the patients have diffuse interstitial abnormalities on chest radiographs. Cryptococcal antigen in serum can be negative in patients with pulmonary disease, especially in the absence of meningitis. Demonstration of the organism by smear or culture in sputum or, more commonly, in bronchoalveolar lavage fluid generally provides the CONFLICT OF INTEREST STATEMENT: The authors have no conflict of interest to declare in relation to the subject of this manuscript. MRM 219 Multidisciplinary Respiratory Medicine 2009; 4(3): 217-220 MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:27 Pagina 220 220 MRM References 1. Wolff AJ, O’Donnell AE. Pulmonary manifestations of HIV infection in the era of highly active antiretroviral therapy. Chest 2001;120:1888-1893. 2. Selik RM, Chu SY, Ward JW. Trends in infectious diseases and cancers among persons dying of HIV infection in the United States from 1987 to 1992. Ann Intern Med 1995;123:933-936. 3. Centers for Disease Control and Prevention (CDC). Update: trends in AIDS incidence, deaths, and prevalence – United States, 1996. MMWR Morb Mortal Wkly Rep 1997;46:861867. 4. Masur H, Holmes KK, Kaplan JE. Introduction to the 1999 USPHS/IDSA guidelines for the prevention of opportunistic infections in persons infected with human immunodeficiency virus. Clin Infect Dis 2000;30(Suppl 1):S1-S4. 5. Moore RD, Chaisson RE. Natural history of opportunistic disease in an HIV-infected urban clinical cohort. 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J Am Acad Dermatol 1994;30:904-908. MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:27 Pagina 221 Multidisciplinary Focus on: HIV and the lung edited by / a cura di Sabina Antoniu HIV and tuberculosis: dilemmas and challenges HIV e tubercolosi: dilemmi e sfide Giovanni B. Migliori1, Rosella Centis1, Anna Scardigli2, Lucica Ditiu3, Alberto Matteelli4 1 WHO Collaborating Centre for TB and Lung Diseases, Fondazione S. Maugeri, Care and Research Institute, Tradate, Italy 2 International Center for AIDS Care and Treatment Programs (ICAP), Mailman School of Public Health, Columbia University, Maputo, Mozambique 3 Tuberculosis Control, WHO Regional Office for Europe, Copenhagen, Denmark 4 University of Brescia, Brescia, Italy ABSTRACT Tuberculosis (TB) and human immunodeficiency virus (HIV)/acquired immunodeficiency syndrome (AIDS) infection have been defined as the ‘cursed duet’ because of their capacity to influence and potentiate each other. The epidemiological relationship between the two diseases is well known, and an adequate control strategy was proposed more than 15 years ago. The aim of this article is to briefly discuss the epidemiology of TB, HIV and TB/HIV co-infection and, then, the co-infection control strategy proposed by the World Health Organization (WHO). Finally, the core elements relevant for the control of this co-infection in Italy will be discussed. Keywords: Co-infection, collaborative activities, HIV, tuberculosis. RIASSUNTO Tubercolosi (TB) e infezione da HIV/AIDS (acquired immunodeficiency syndrome) sono stati precocemente definiti “duetto maledetto” per la loro capacità di influenzarsi a vicenda. I rapporti epidemiologici tra le due malattie sono noti da tempo e una strategia di controllo è stata proposta più di 15 anni or sono. Verranno rapidamente discusse l’epidemiologia della TB, dell’HIV e della co-infezione e, successivamente, la strategia di controllo della co-infezione proposta dalla World Health Organization (WHO). Infine verranno discussi gli elementi chiave per il controllo della co-infezione in Italia Parole chiave: Attività collaborative, coinfezione, HIV, tubercolosi. INTRODUCTION Tuberculosis (TB) and HIV/AIDS infection (acquired immunodeficiency syndrome) have been defined as the ‘cursed duet’ because of their capacity to influence and potentiate each other [1]. The epidemiological relationship between the two diseases is well known [2-5], and an adequate control strategy was proposed more than 15 years ago [6]. The aim of this article is to briefly discuss the epidemiology of TB, HIV and TB/HIV co-infection and, then, the co-infection control strategy proposed by the World Health Organization (WHO). Finally, the core elements relevant for the control of this co-infection in Italy will be discussed. Tuberculosis WHO estimates that about one third of the global population is currently infected by Mycobacterium tuberculosis. Every year 8.8 million cases (corresponding to 141 cases per 100,000 inhabitants) are affected by TB disease, and more than 2 million people die [6]. 75% of cases affect the most productive age-groups, i.e. in the age range of 15 to 54 years. More than 95% of deaths occur in developing countries (DC), where TB is responsible for 26% of the preventable deaths in adults. Over 80% of the TB cases notified + Giovanni B. Migliori WHO Collaborating Centre for TB and Lung Diseases, Fondazione S. Maugeri, Care and Research Institute/ TBNET Secretariat (TuBerculosis Network in Europe Trialsgroup)/ Stop TB Italy Via Roncaccio 16, 21049 Tradate (VA), Italy email: [email protected] Data di arrivo: 03/03/2008 – Accettato per la pubblicazione 14/11/2008 Multidisciplinary Respiratory Medicine 2009; 4(3): 221-224 MRM 221 Multidisciplinary Respiratory Medicine 2009; 4(3): 221-224 MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:27 Pagina 222 are concentrated in 22 countries, called “high burden countries”. In the top positions are India, China, Indonesia and South Africa, with the number of cases ranging from 1.2 million to 250,000. In Europe, the top position is occupied by the Russian Federation, placed in the 12th position in this overall list, with possibly more than 124,689 TB cases (all?) notified in 2006. In 2006, the global TB incidence was still growing by about 1% per year, as a result of the rapid case growth registered in subSaharan Africa and Eastern Europe coupled with a decrease in the other WHO Regions. Preliminary 2007 data seem to indicate that a plateau in TB case notifications had probably been reached, and a decline might be obtained if the global effort against the disease will be further potentiated. In 2006, in the 53 member states of the European Region of WHO, 359,735 TB cases were notified, of which 26% were from member states of the European Union. In Italy the most updated data available (2005) are as follows: 3,975 new cases (7 per 100,000 pop.), of whom 1,764 were sputum smear positive (3 per 100,000) and 1,275 were new pulmonary sputum smear positive; 242 were HIV-seropositive (< 1 per 100,000), 85 being sputum smear positive; 462 died (< 1 per 100,000), 27 being HIV seropositive. New sputum smear positive cases account for 46% of pulmonary cases, and the extrapulmonary cases are 27% of the total number [6,7]. WHO estimates that Italy presently notifies 72% of infectious cases and 96% of the overall number of existing cases (estimated case detection rate) [6]. HIV/AIDS infection According to the latest global data available [8], a plateau situation has been reached as regards both the prevalence of HIV infection in adults (in the age-group 15-49 years the proportion is close to 1%) and the number of individuals affected by HIV/AIDS (33.2 million). A peak in prevalence of HIV has been observed in sub-Saharan Africa (1549 year age-group): since 2001 the prevalence has gradually decreased from 5.8% in 2001 to 5% in 2007. While in the other WHO Regions the prevalence is below 1% in this age-group, in the Carribean the prevalence remains as high as 1% without showing signs of a possible decrease [8]. WHO/UNAIDS estimate that 6,800 HIV infections per day (2.5 million per year) occurred in 2007, > 95% of them in countries with low or intermediate income. Among them, 1,200 cases occur in paediatric age and 5,600 in the adult population (40% in the 15-24 year age-group). The number of deaths is estimated to be 3.1 million [8]. In Europe the 2007 estimated number of HIV infected individuals ranges between 760,000 (Central and Western Europe) and 1.6 million (Eastern Europe and Central Asia). In Central and Western Europe, in particular, the newly notified HIV infections in adults and children are 31,000 per year, with a prevalence of HIV infection of 0.3% in adults 222 MRM and a mortality for AIDS yielding 12,000 deaths per year. The situation in Central and Western Europe has slightly improved in comparison to 2001: in spite of a modest increase of the total number of infected individuals and of HIV prevalence in adults, the number of new HIV infections per year has decreased (32,000 per year in 2001). In Eastern Europe and Central Asia, however, the number of AIDS cases notified is 150,000 per year, with a 0.9% prevalence in adults and a mortality corresponding to 55,000 deaths per year. In comparison to 2001, in this region, unfortunately, the total number of individuals affected by HIV is increasing regularly, while the number of new infections has decreased to 230,000/year. The number of deaths has also increased from 8,000 in 2001 to 55,000 in 2007 [8]. HIV-TB co-infection The increase of TB notifications still observed in Sub-Saharan Africa is stricly related to the HIV pandemic [9]. Three mechanisms have been described to explain how HIV infection is able to increase the HIV pandemic: 1) HIV infection triggers the progression of latent TB infection (or of a recently acquired infection) to active TB disease; 2) HIV infection increases the probability of relapse (through partial suppression of the pool of bacilli following anti-TB chemotherapy or exogenous re-infection); 3) HIV infection increases the number of TB cases in the general population, with increased risk of transmission of TB infection to other individuals [2]. According to the data available, the risk of developing active TB disease given infection in HIVseronegative individuals, is 5-10% lifelong. This risk in HIV-seropositive individuals is as high as 10% per year, with an overall lifetime risk of 50% [3]. A linear relationship between the HIV prevalence in the general population and the incidence of TB has been described: the TB incidence increases by 26 new cases per 100,000 population for each increase of 1% of HIV seroprevalence in the general population [10]. TB is still the HIV-related disease with the highest impact in terms of both morbidity and mortality [11-16]. WHO estimates that approximately one third of the 40 million persons living globally with HIV infection are co-infected by Mycobacterium tuberculosis [11,13]. The number of deaths due to TB/HIV coinfection is estimated to be over 1 million. The prevalence of HIV in TB patients in Africa has been estimated to be approximately 40%; the incidence of TB disease is > 8 times higher in HIV-seropositive patients than in HIV-seronegative ones [13,14]. Unfortunately, the management of TB/HIV co-infection is becoming more and more complicated also in Asia and Eastern Europe [17]. In western countries the prevalence of HIV infection in TB patients ranges from 8 to 15% [18]. In Europe, after the introduction of effective, com- MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:27 Pagina 223 The New “Stop TB Strategy” and the WHO Interim Policy on TB/HIV collaborative activities In order to tackle effectively the new HIV/AIDS challenge (as well as other burning emergencies, e.g. multidrug resistance TB/Extensively DrugResistant Tuberculosis) WHO has expanded the classical “DOTS (Directly Observed Treatment Short-Course) Strategy” within a more comprehensive strategy including several other interventions on top of a quality implementation of DOTS. One of the 6 strategic elements of the new strategy is represented by the implementation of TB/HIV collaborative activities [27]. A recent document jointly published by WHO, CDC, American Thoracic Society and other partners [28,29], known as International Standards for TB Care, emphasizes the role and contribution of quality in applying the principles of diagnosis, treatment and control of TB. These principles are summarized in a series of 17 practical standards. Four of these standards describe how to manage patients diagnosed or suspected to be TB/HIV coinfected. They include standard 8 (treatment of TB/HIV co-infected cases), standard 12 (counselling and testing), standard 13 (antiretroviral treatment) and standard 17 (treatment of latent TB infection). WHO has recently developed specific recommendations to manage TB/HIV co-infection through 12 specific activities (Table I). In spite of the initial progress achieved, much still needs to be done. At TABLE I: TB/HIV COLLABORATIVE ACTIVITIES A. Establish mechanisms for collaboration 1. Set up a coordinating body for TB/HIV activities at all levels 2. Conduct surveillance of HIV prevalence among tuberculosis patients 3. Carry out joint TB/HIV planning 4. Conduct monitoring and evaluation B. Decrease the burden of tuberculosis in people living with HIV/AIDS 1. Establish intensified tuberculosis case-finding 2. Introduce isoniazid preventive therapy 3. Ensure tuberculosis infection control in health care and congregate settings C. Decrease the burden of HIV in tuberculosis patients 1. Provide HIV testing and counselling 2. Introduce HIV prevention methods 3. Introduce co-trimoxazole preventive therapy 4. Ensure HIV/AIDS care and support 5. Introduce antiretroviral therapy G Migliori, R Centis, A Scardigli, L Ditiu, A Matteelli HIV and tuberculosis - HIV e tubercolosi bined, antiretroviral therapy (HAART), TB incidence has been estimated to be 4.7 cases per 1,000 person-year for the first three years following HAART prescription [19]. Although a stable increase of the prevalence of HIV infection is still observed in Western Europe and North America, in these countries the TB incidence is, on the contrary, slowly decreasing after antiretroviral treatment (ART) has been widely introduced [20-26]. In general the HIV impact on TB has several consequences, including: 1) an increase in the number of cases of TB (confirmed or suspected), implying an extraordinary burden on the health system in terms of needs for human resources development, implementation of adequate preventive, diagnostic, treatment and control measures, mainly for the prevention of nosocomial transmission; 2) an increase of HIV prevalence among TB cases; 3) a diagnostic delay coupled with missed diagnoses as the identification of cases is more challenging (larger numbers of sputum smear-negative and extrapulmonary TB); 4) an increase in the overall clinical complexity of these cases. the global level, under international pressure, 53% of 211 WHO member states adopted a policy including the systematic offer of HIV testing of TB patients in 2004, although only 4.2% of the 4.4 million individuals notified as affected by TB/HIV coinfection had been tested [31]. The proportion of HIV patients undergoing “counselling” (125,000 estimated in Africa at the end of 2005) is expected to increase (according to the Global Plan) in coming years to reach 600,000 in 2006 and 25 million in 2015 [7]. At the global level, also the administration of cotrimoxazole and isoniazid preventive therapy are expected to increase as well as the availability of ARVs. WHO estimated that at the end of 2006 only 15,000 co-infected patients had been treated with ARVs in Sub-Saharan Africa, and have put the target for this at 3 million patients to be treated by 2015 [7]. The European Region of WHO has recently published a European-adapted version of the recommendations to manage TB/HIV co-infection [32]. In countries like Italy, the minimum public health intervention is represented by implementation of a working group on the co-infection as well as the set-up of an effective surveillance system. The first activity is essential to analyse the epidemiological situation and to define the need for specific interventions. The second activity is essential to inform the first one. Surveillance is also essential to allow effective public health planning and cost-effective allocation of resources [33]. CONFLICT OF INTEREST STATEMENT: The authors have no conflict of interest to declare in relation to the subject of this manuscript. MRM 223 Multidisciplinary Respiratory Medicine 2009; 4(3): 221-224 MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:27 Pagina 224 224 MRM References 1. Chretien J. Tuberculosis and HIV. The cursed duet. Bull Int Union Tuberc Lung Dis 1990;65:25-28. 2. Styblo K. The potential impact of AIDS on the tuberculosis situation in developed and developing countries. Bull Int Union Tuberc Lung Dis 1988;63:25-28. 3. Selwyn PA, Hartel D, Lewis VA, Schoenbaum EE, Vermund SH, Klein RS, Walker AT, Friedland GH. 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The effects of HAART on the non-AIDS defining malignancies is, however, less clear. This review focuses on the effects of HAART on the incidence and outcome of lung cancer in people living with HIV. Keywords: AIDS, HIV, HAART, lung cancer, NSCLC. RIASSUNTO Nel corso dell’epidemia di infezione da virus dell’immunodeficienza acquisita (HIV) si è notato ben presto che il rischio di neoplasie era incrementato nelle persone portatrici di HIV e che questo includeva un aumentato rischio di tumore al polmone. L’introduzione della terapia antiretrovirale ad elevata attività (HAART) circa un decennio fa è stato seguito da un decremento di incidenza e mortalità sia del sarcoma di Kaposi che dei linfomi non-Hodgkin, i tumori più comuni associati all’infezione da HIV. Tuttavia gli effetti dell’HAART sui tumori non indotti da AIDS sono assai meno chiari. Questa rassegna si incentra sugli effetti dell’HAART su incidenza e conseguenze del tumore polmonare nelle persone che convivono con l’HIV. Parole chiave: AIIDS, cancro al polmone, HIV, HAART, tumore polmonare non a piccole cellule INTRODUCTION Since the early days of the human immunodeficiency virus (HIV) pandemic, it became apparent that a number of specific cancers occur more frequently in individuals with HIV. These cancers include Kaposi’s sarcoma and non-Hodgkin’s lymphoma. Both are strongly linked to viral oncogenes, and their incidence is related to the degree of immune suppression. These cancers became acquired immune deficiency syndrome (AIDS) defining diagnoses and along with cervical cancer they are designated as AIDS defining cancers. Data from immuno-suppressed organ transplant patients suggest that a number of other malignancies, including lung cancer, also occur with increased frequency in the setting of immune suppression [1]. Lung cancer is not known to be associated with a viral oncogene but the incidence increases with age and is strongly associated with cigarette smoking. Therefore it was somewhat of a surprise to find an increased incidence of lung cancer in people living with HIV prior to the introduction of highly active antiretroviral therapy (HAART) [2,3]. It has been speculated that this increase is unrelated to either immune suppression or HIV, but due to an increased proportion of HIV positive individuals smoking cigarettes [2,4,5]. However, recent work casts doubt on this explanation [6,7]. Moreover, the observation that immune suppressed organ transplant recipients have an increased incidence of lung cancer also brings into + Mark Bower Department of Oncology, Imperial College School of Medicine, The Chelsea and Westminster Hospital 369 Fulham Road, London SW10 9NH, United Kingdom email: [email protected] Data di arrivo: 17/04/2008 – Accettato per la pubblicazione: 14/11/2008 Multidisciplinary Respiratory Medicine 2009; 4(3): 225-228 MRM 225 Multidisciplinary Respiratory Medicine 2009; 4(3): 225-228 MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:27 Pagina 226 question this assumption [1]. In addition, it has been suggested that patients with HIV-related lung cancer have more advanced and aggressive tumours, which are refractory to therapy [8-10]. Whilst it is clear that HAART has improved the outcome of patients with AIDS defining cancers, it remains less certain whether this is the case for the non-AIDS defining cancers, particularly lung cancer. This review aims to consider the incidence and aetiology of lung cancer in the era of HAART and the outcome of treatment for lung cancer in the era of HAART. The incidence and aetiology of lung cancer in people with HIV Although early studies showed no increase in the incidence of lung cancer in HIV, a recent meta analysis published in The Lancet shows a relative risk of 2.72 (95% confidence interval [CI]: 1.913.87) compared to matched populations [1]. This is similar to the risk for immune suppressed allograft organ transplant recipients with a relative risk of 2.18 (95% CI: 1.85-2.57) [1], suggesting that immune suppression itself may be responsible for the increased risk of lung cancer, rather than other factors such as smoking or mode of HIV transmission. There are, however, limitations to the published data on the incidence of lung cancer in people with HIV. For example, many of the larger studies only included individuals with an AIDS defining diagnosis [3] and nowadays the majority of patients with HIV who have access to HAART have not had an AIDS defining illness. Nevertheless, smaller more recent cohort studies that included all HIV positive individuals have consistently found an increased risk of the disease [4,11,12]. This increased risk occurs irrespective of gender, age or race [4,6]. The disease appears confined to nonsmall cell lung cancer (NSCLC), particularly adenocarcinoma, as opposed to small cell lung cancer which does not occur with increased frequency in this population [9,11], although it should be recalled that adenocarcinoma is more common in younger adults, as is HIV infection [13]. Why does lung cancer occur with increased incidence in people with HIV? Most of the epidemiological hypotheses to account for the increased risk of lung cancer have focused on cigarette smoking as the cause. It is known that people with HIV smoke more than their HIV negative counterparts, which accounts for at least part of the increased risk of the disease [14]. Indeed, some authors speculate that smoking accounts for all of the excess risk and changes in smoking habits are responsible for any change in incidence in the HAART era [2,4]. However, a detailed investigation by Engels et al. published in the Journal of Clinical Oncology investigated this issue specifically by controlling for cigarette smoking and showed that the excess risk with HIV persisted (standardized incidence ratio 2.5; 95% CI: 1.6 – 3.5) [6]. A further published study also found that smoking may 226 MRM account for some, but not all, of the excess risk [7]. Engles et al. went on to speculate that there may be an amplification of the carcinogenic effect of tobacco smoke in people with HIV [6]. This is supported by the observation that these patients have reduced glutathione and antioxidant levels as well as elevated levels of lysosomes and RANTES in bronchoalveolar fluid [15-18]. In addition, work with tumour samples has shown that HIV-related lung cancers have increased genetic instability which in turn could predispose to the development of lung cancer [19]. It is expected that this process would take place over a number of years [11]. Whether exposure to other carcinogens, such as tobacco, is essential in this setting is unknown and this is an area for further investigation. The effect of HAART on the incidence of the disease In 1996 HAART became widely available in Europe and the United States. These drugs revolutionised the outcome of patients and slashed the number of AIDS-related illnesses. At the same time mortality related to non-AIDS related cancers increased substantially [20,21]. However the effect of HAART on the incidence of HIV-related lung cancers is not clear because the published cohort studies are small with short follow up in the HAART era [4,10,12,22,23]. What data is available is contradictory, with reports showing the incidence as either stable or increasing. However, the most recent data for people with HIV includes 9 years of follow up in the HAART era and gives a standardized incidence ratio (SIR) of 5.5 (95% CI 3.7-8.1) [12]. It may be premature to draw firm conclusions but it appears that HAART has not dramatically reduced the risk of lung cancer, unlike the reduction in risk of Kaposi’s sarcoma and non-Hodgkin’s lymphoma. One reason for this disparity may be that the incidence of AIDS defining cancers is proportional to the degree of immune suppression [24,25], whilst this is not the case for HIV-related lung cancer, where the degree of immune suppression appears irrelevant to the development of the disease [6]. The outcome of treatment for lung cancer in the era of HAART Lung cancer in HIV positive patients has been described as a more aggressive and extensive disease; it also occurs in younger people [8-10,26,27]. The outcome in the pre-HAART era was poor, although these studies were not well matched to control populations [8,9,27]. Nevertheless in the pre-HAART era the median length of survival reported was just 2 months. This is short by any standard and consistently lower than that for the general population with lung cancer. The published data from the pre-HAART era paints a picture of patients presenting with advanced disease, who were not necessarily immune suppressed [2,8,9,27]. It is striking that less than 10% of these patients were offered potentially curative treatment with either radiotherapy or surgery. The reasons put MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:27 Pagina 227 previous data, we can presume that the small number of patients who were offered potentially curative surgery had significantly prolonged survival and that the combination of early diagnosis and radical curative treatment is the key to survival for these patients. Whilst late diagnosis remains a recurrent issue in lung cancer, the results of radiological screening studies with low dose CT scans remain controversial and no national screening program has been instituted. However, the higher risk of lung cancer amongst patients with HIV infection may make this approach more successful in this population. CONFLICT OF INTEREST STATEMENT: The authors have no conflict of interest to declare in relation to the subject of this manuscript. References 1. Grulich AE, van Leeuwen MT, Falster MO, Vajdic CM. Incidence of cancers in people with HIV/AIDS compared with immunosuppressed transplant recipients: a metaanalysis. 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Since the introduction of HAART, a thorough investigation has shown that the survival of these patients has improved [29], although it is not clear from the data if HAART use in itself was responsible for this improvement. This publication also showed that patients with localized disease had extended survival, underlying the importance of early diagnosis. The largest cohort study from the HAART era reported a median survival of 8 months. However the duration was only 5 months for those with advanced disease which is comparable to some pre-HAART studies [8,9,26,27]. Therefore, as with MRM 227 Multidisciplinary Respiratory Medicine 2009; 4(3): 225-228 MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:27 Pagina 228 228 MRM 22. Engels EA, Pfeiffer RM, Goedert JJ, Virgo P, McNeel TS, Scoppa SM, Biggar RJ; for the HIV/AIDS Cancer Match Study. Trends in cancer risk among people with AIDS in the United States 1980-2002. AIDS 2006;20:1645-1654. 23. 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I felt nonetheless the urge to experience something new, possibly in a different country. During the ERS meeting in Stockholm in 2007 I met Prof. Marc Noppen in a session focusing on new techniques in pulmonary endoscopy. He spoke about the endoscopic treatment of emphysema and giant bullae using the Emphasys valves. Thereafter we kept in contact and shared opinions about a few patients who could benefit from that particular kind of device. Finally I asked Prof. Noppen if I could spend a few months at his Institution in Brussels. I applied for an ERS/AIMAR Joint Fellowship grant, and was accepted. I left for Brussels (my host institution was the Endoscopy Unit at the UZ Brussel) on April 1st 2008 and returned to Italy after completion of the full term of the fellowship in July 2008. I used to attend my host department every day. The Endoscopy Unit at the UZ Brussel in Brussels is equipped with outstanding and unique technology that was immediately made available to me. I assisted in the VENT trial (Endoscopic treatment of emphysema) on course in that period in the Unit. Even if the principal objective of my fellowship was to be trained in the bronchoscopic treatment of emphysema, I also learnt a lot about thoracoscopy, attending the operating room twice weekly and taking part in the medical team meetings. During my fellowship I was also introduced to Prof. V. Ninane (St Pierre Hospital) who initiated me in the technique of echoendoscopy (EBUS) and twice a week, in the afternoon, I used to assist him during his echoendoscopy sessions. Prof. Noppen and his colleagues took part in the VENT trial; thanks to Prof. Ninane I also had the possibility to be introduced to a different kind of device aimed at the endoscopic treatment of pulmonary emphysema: the Spiration IBV. Once back in Italy I became principal investigator for the Italian site of investigation in the SPIRATION multicenter international trial. I am learning a lot about clinical trials and research through my work in this trial. The ERS/AIMAR Joint Fellowship gave me the opportunity to be actively engaged in clinical research in pulmonary medicine and clinical pulmonary practice. I am the first author of a paper on the endoscopic treatment of giant bullae using the Emphasys valves, which has now been submitted for publication. Thanks to the fellowship, I have been well trained in a lot of different “new” techniques: Emphasys and Spiration valves, EBUS and also thoracoscopy which were almost new to me. I would like to thank prof. Marc Noppen and his team, as well as prof. Vincent Ninane for providing me with such a wonderful clinical and research environment. I would also like to thank the ERS and AIMAR associations: my ERS/AIMAR Fellowship has undoubtedly strengthened my passion for clinical research and allowed me to improve my clinical practice. MRM 229 RUBRICA MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:27 Pagina 230 AIMAR Newsletter / Notiziario AIMAR EDITED BY /A CURA DI STEFANO NARDINI email: [email protected] Associazione Scientifica Interdisciplinare per lo Studio delle Malattie Respiratorie Dopo il Congresso di Napoli (vedi Notiziario AIMAR del numero scorso di MRM) l’Associazione non è stata con le mani in mano. Il primo atto è stato la convocazione della prima riunione del nuovo direttivo, eletto al congresso AIMAR di Napoli. La riunione si è svolta il 1 aprile 2009, all’Hotel Regina Palace di Stresa. Durante i lavori si è proceduto alle elezioni del nuovo esecutivo: sono risultati eletti CF. Donner, Presidente, F. De Benedetto e CM. Sanguinetti Vicepresidenti e S. Nardini Segretario-tesoriere. Si è quindi passati all’esame e all’approvazione della proposta di regolamento organizzativo redatto da F. De Benedetto e si è giunti alla designazione delle rimanenti posizioni societarie. Sono stati nominati coordinatori, rispettivamente: delle Assemblee scientifiche il prof. Lucio Casali, delle sezioni regionali il dr. Mario Polverino, dell’ECM il prof. Giorgio W. Canonica; Direttore scientifico è stato nominato il prof. Luigi Allegra e si è convenuto che egli dovrà riformulare la lista dei Professionisti che fanno parte del comitato scientifico, al fine di garantire la massima operatività del comitato stesso. Dopo una relazione del presidente sulla conferenza di Napoli e una discussione sugli eventi scientifici successivi, De Benedetto ha relazionato i presenti sui contenuti di una riunione, cui ha partecipato, sulla riforma dell’ECM, oramai in dirittura di arrivo. Il secondo atto è stato bandire una gara per l’assegnazione dell’esclusiva per l’organizzazione degli eventi nazionali AIMAR, in programma per il 2010 (la Seconda Consensus Conference e la rete dei convegni regionali). Alla gara hanno partecipato nove agenzie di servizi, che si sono ridotte a cinque dopo un primo processo di scrematura. A queste cinque agenzie è stato chiesto di rispondere ad alcuni quesiti nati dall’esame delle rispettive proposte, e, dopo di ciò, è stata convocata una riunione 230 MRM con ciascuna di loro, che ha avuto luogo nei primi giorni di giugno. La scelta della gara per affidare l’organizzazione degli eventi a una agenzia esterna si è resa necessaria perché le due iniziative citate (Consensus Conference e Congressi regionali/interregionali) sono di elevato profilo e ad esse è prevista un'ampia e articolata partecipazione di Colleghi, afferenti a diverse specialità: l’entità del budget e la complessità dell’organizzazione hanno costituito l’elemento che l’esecutivo AIMAR ha preso in considerazione, ma – ovviamente - AIMAR continuerà, con il suo ufficio di Borgomanero, a organizzare corsi, convegni ed eventi di medie e piccole dimensioni, in particolare i seminari di esperti che sono diventati oramai una costante dell’attività di formazione e aggiornamento portata avanti da AIMAR. Un esempio di quest’ultimo tipo di evento ECM è per l’appunto il convegno, parte del progetto AIMAR TOP SEMINARS, che si è tenuto a Stresa dall’1 al 4 aprile su: “Infiammazione ed infezione delle alte e basse vie respiratorie” organizzato di concerto con la Società Italiana di Otorinolaringoiatria (SIO). Il successo del seminario, superiore a ogni aspettativa, ha ancora una volta sottolineato la bontà della scelta dell’interazione interdisciplinare alla base di tutte le azioni di AIMAR. I punti a favore di questi seminari sono diversi: contenuto numero di partecipanti, relatori e "discussant" di profilo internazionale, scelti sulla base della consultazione dei principali database medici, argomenti non consueti affrontati con approccio interdisciplinare, ampio spazio destinato alla discussione interattiva. Non ultimo: l’impegno alla pubblicazione degli atti, comprendenti sia relazioni che discussioni. La formula, assolutamente innovativa, piace e ci sembra destinata a continuare. Nel frattempo, l’idea dell’approccio multidisciplinare fa proseliti e al congresso nazionale della SIO, tenutosi a Rimini MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:27 Pagina 231 dal 13 al 16 maggio, è stata organizzata una tavola rotonda tra AIMAR e SIO sulla gestione delle patologie rino-bronchiali, che ha visto la nutrita partecipazione dei Colleghi ORL. Il propagarsi dell’influenza “messicana” ha impedito all’Esecutivo AIMAR di partecipare al Congresso ATS, in programma a San Diego e quindi di presentare gli abstract che erano stati inviati e accettati da parte della nostra società. Si trattava dei report sullo studio ICE, sui progetti SOS-Respiro, Foxter, Primavera AIMAR, e, non ultimo, ICEPERG. A proposito di quest’ultimo, si è svolto a Milano, sempre nella sede dell’Istituto Nazionale dei Tumori, il secondo seminario del progetto, comprendente sia Colleghi già intervenuti al primo seminario, sia Colleghi che iniziavano l’apprendimento delle raccomandazioni ERS per la disassuefazione dal fumo nei malati pneumopatici. Che l’argomento sia assolutamente importante è testimoniato anche dal fatto che alla fine dello scorso maggio l’Osservatorio Fumo, Alcol e Droga dell’Istituto Superiore di Sanità ha diffuso i dati dell’abitudine al fumo nell’ultimo anno, rilevando che, dopo un periodo di progressivo seppure lento calo della prevalenza di fumatori, nel nostro Paese si è registrato un aumento. Questo dato non può non sottolineare il ruolo fondamentale degli specialisti in medicina respiratoria sia nella prevenzione che nella terapia del fumo e la necessità di continuare sulla strada intrapresa dal progetto ICEPERG. Non si può terminare questo notiziario senza un accenno alla partecipazione di AIMAR alla oramai prossima (al momento in cui scriviamo) assemblea mondiale della GARD, che quest’anno, anche per merito della nostra Associazione, si terrà a Roma il 12 e il 13 giugno 2009. Come è noto AIMAR ha partecipato a tutte le Assemblee mondiali fin dal varo di GARD, avvenuto nel 2006, presentando nel 2007 e nel 2008 relazioni sulle attività portate avanti in Italia. La nostra partecipazione all’assemblea di Roma sarà ancora più convinta che alle precedenti dato che si tratta di un’occasione speciale: contemporaneamente verrà anche varata la GARD italiana (denominata dal Ministero GARD-I). Non si può sottovalutare questo impegno del Ministero - del resto già comunicato nella sessione dedicata alla GARD del congresso AIMAR di Napoli - che consentirà di portare all’attenzione della popolazione italiana il problema delle malattie respiratorie attraverso un’idonea campagna di comunicazione. Un impegno a dedicare risorse alla medicina respiratoria che peraltro ne chiama un altro, a dedicare impegno all’unità di intenti da parte di tutte le società e associazioni che fanno parte della galassia pneumologica. Il fatto che moltissime abbiano già aderito alla GARD italiana è un segnale che fa ben sperare e che va nella direzione che AIMAR ha sempre auspicato. MRM 231 RUBRICA MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:27 Pagina 232 CFC Pages / Angolo del CFC Prosegue su Multidisciplinary Respiratory Medicine, a fronte della collaborazione tra AIMAR e Collegio Federativo Cardiologia (CFC), la pubblicazione di review, opinioni, informazioni e notizie pertinenti al Collegio e di comune interesse per la Medicina Respiratoria email: [email protected] Primary coronary artery disease prevention in the era of plaque imaging La prevenzione primaria della malattia coronarica nell’era dell’imaging della placca Cesare Rusconi Former Chief of Cardiology/Cardiac Rehabilitation Unit and Director Department of Medical Sciences, S. Orsola Hospital, Brescia; President of the International Research Center Gino Giribardi Gymnasium Science and Prevention of Cardiovascular Aging, Brescia, Italy; President of the European Society for Non Invasive and Preventive Cardiology e-mail: [email protected] ABSTRACT It has been demonstrated that atherosclerosis is present from the early decades of life and responsible for major cardiovascular events and the associated high morbidity/mortality. However, conventional risk factor assessment predicts only 6065% of future events. As atherosclerosis is a diffuse disease it follows that its presence in one vascular territory predicts its presence in other segments of the arterial tree. In recent years ultrasound imaging of the carotid/femoral arteries has become a distinct noninvasive opportunity for identifying subjects at highest risk. By means of this approach a more effective primary prevention of cardiovascular events is possible. Keywords: Atherosclerosis, cardiovascular risk, coronary calcium score, imaging, plaques. RIASSUNTO È stato dimostrato che l’aterosclerosi è presente sin dai primi decenni di vita e responsabile dei maggiori eventi cardiovascolari e dei relativi alti tassi di comorbidità/mortalità. Tuttavia, la valutazione del fattore di rischio convenzionale è in grado di prevedere solo il 60-65% degli eventi futuri. Poiché l’aterosclerosi è una malattia diffusa essa ne consegue che la sua presenza in un territorio vascolare predice la sua comparsa in altri segmenti del sistema arterioso. Recentemente la tomografia a ultrasuoni delle arterie carotidi/femorali è diventata una nuova opportunità non invasiva per identificare soggetti a rischio. Grazie a questo approccio è possibile una prevenzione primaria più efficace degli eventi cardiovascolari. Parole chiave: Aterosclerosi, coronary calcium score, imaging, placche, rischio cardiovascolare. Atherosclerosis begins early in life and then remains clinically silent for decades. Autopsy and angiographic studies in western countries show that at an 232 MRM age of less than 50 years this process, usually in the absence of flow limiting lesions, is a common finding in the general population and that a diffuse atherosclerotic process is present since the early decades of life [1,2]. This process is in the end responsible for major and premature morbidity and mortality. During the past decades many efforts have been made to improve our ability to identify patients who may benefit from preventive strategies based on risk factor assessment and control. As a consequence, in the last three decades in most western countries there has been a gradual decrease in the number of people developing coronary artery disease (CAD) and in mortality rates from cardiovascular disease [3,4]. This reduction has mainly been achieved through nationwide atherosclerotic risk factor control programs. Nevertheless cardiovascular diseases still remain the major cause of premature death both in USA and in Europe, and the prevention of CAD events in the large population of asymptomatic individuals (primary prevention) needs to be further improved and implemented. In fact, despite the above reported success it has become progressively clear that conventional risk factor assessment predicts only 60-65% of future events and that approximately one third of vascular events cannot be attributed to conventional risk factors [5]. Currently, a number of non-invasive approaches are available for plaque imaging and they include B-mode ultrasonography of carotid (and femoral) arteries, computed tomography (CT) for coronary calcium score (CCS), CT coronarography, and magnetic resonance imaging. A number of MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:27 Pagina 233 high-quality studies have demonstrated that these tests can predict the risk [6]. Developments in non invasive diagnostic procedures enabling direct visualization of the arterial lesions have recently put forward the logical idea that, compared with risk factor assessment, atherosclerotic plaque imaging could allow more specific and effective preventive measures against future plaque-related events. Among these techniques, carotid intimal media thickness (IMT) and plaque imaging by B-mode ultrasound scanning, first introduced in the mid eighties by Tremoli’s group [7] from Milan, have become largely available in the last fifteen years. Moreover, the finding that in the course of time the atherosclerotic plaques mineralize (by calcium deposition) has prompted the use of multislice computed tomography (MSCT) measurement of CCS as a quantitative index of the amount of preclinical CAD in the individual subject. Both these techniques have demonstrated a graded and strong predictive power for future coronary events. Thus, identification of subclinical stages of the disease has recently become a distinct opportunity for early interventions, and the concept that atherosclerosis must be viewed as a preventable disease which should be approached not only in terms of risk-factor control but also in terms of early disease detection, plaque stabilization and even plaque regression, has rapidly gained acceptance. These developments have prompted the paradigm shift in primary prevention strategy from risk factor assessment to direct plaque imaging and from vulnerable plaque to vulnerable patient [8]. According to these findings, it has become clear that many young adults, even though classified at a low short-term risk by traditional risk factor assessment, have a much higher lifetime risk if preclinical atherosclerosis is demonstrated by carotid or femoral arteries ultrasound scanning or by CCS with MSCT. As a consequence, an aggressive treatment for risk factor control with use of statins targeted to atherosclerosis stabilisation and regression has become a real opportunity to prolong the life and well being of these subjects. On the other hand, these improved diagnostic abilities have been paralleled by results in many trials indicating that risk factor control combined with statin treatment can reduce disease progression and even induce atherosclerosis regression in patients with established coronary artery disease. Both observational and intervention studies indicate the appropriateness of using carotid atherosclerosis as a surrogate marker for CAD and its application in studies is based on the assumption that carotid plaques and changes in carotid IMT are related to the presence of coronary atherosclerosis and the incidence of CAD events, respectively. Accordingly, carotid plaque imaging by ultrasound has become an integral component of CAD events risk prediction and occupies a unique position in atherosclerosis research. Recently, in the St. Francis Heart Study [9], CCS was performed in 4,903 healthy individuals who were followed up for an average of 4.3 years. The CCS predicted CAD events independently of standard risk factors and was superior to the Framingham risk score in the prediction of CAD events. Compared with individuals with a CCS score less than 100, individuals with a CAC score of 100 or higher had a 9.2- to 11.1-fold increased risk of all cardiovascular events and CAD events. Randomised trials using carotid ultrasonography have demonstrated that intensive lipid-lowering therapy can induce atherosclerosis regression or reduce its progression even in low-risk individuals. This occurred also in patients with known CAD despite normal/below average cholesterol levels. Accordingly, noninvasive atherosclerosis imaging has evolved into a central method in clinical cardiology. Expert recommendations have endorsed the use of these imaging modalities in the primary prevention setting, allowing a step-up progression towards an individualised CAD prevention program through more effective use of drugs. Finally, for the assessment of preclinical atherosclerosis in the primary prevention setting an abbreviated protocol of carotid (and femoral) arteries scanning has been suggested [10]. I strongly support this approach (Figure 1). The assessment of CCS adds FIGURE 1: PROPOSED ALGORITHM FOR CARDIOVASCULAR RISK ASSESSMENT USING AN ABBREVIATED CAROTID (AND FEMORAL) ULTRASOUND CLINICAL SCREENING FOR PRECLINICAL ATHEROSCLEROSIS IN SUBJECTS AT LOW-INTERMEDIATE RISK BY TRADITIONAL RISK FACTORS Carotid scanning Plaque absent Normal Optimize RFC Increased Optimize RFC and consider to start treatment IMT Low-Intermediate Risk Subjects (by traditional risk factors) Carotid scanning Plaque present Optimize RFC and start treatment (statins) Definition of abbreviations: IMT, intimal medial thickness; RFC, risk factor control. From [10] mod. MRM 233 MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:27 Pagina 234 specific information about the plaque burden at coronary level. However, due to the radiation risk and the need for repeated examination, I do not suggest the use of CCS which, differently from carotid ultrasound scanning, has also the limit of false negative results due to its inability to identify early non-calcified plaques. References 1. McNamara JJ, Molor MA, Stremple JF, Cuttiong RT. Coronary artery disease in combact casualties in Vietnam. JAMA 1971;216:1185-1187. 2. Enos WF, Holmes RH, Beyer J. Landmark article, July 18, 1953: Coronary disese among United States soldiers killed in action in Korea. Preliminary report. By Williams F. Enos, Robert H. Holmes and James Beyer. JAMA 1986:256:28592862. 3. Castelli WP. The fact and the fiction of lowering cholesterol concentrations in the primary prevention of coronary artery disease. Br Heart J 1993;69:S70-S73. 4. European Guidelines on cardiovascular disease prevention in clinical practice: executive summary. Fourth Joint Task Force of the European Society of Cardiology and Other Societies on Cardiovascular Disease Prevention in Clinical Practice (Constituted by representatives of nine societies and by invited experts). Eur Heart J 2007;28:2375-2414. 5. Geroulakos G, O'Gorman D, Nicolaides A, Sheridan D, Elkeles R, Shaper AG. Carotid intima-media thickness: correlation with the British Regional Heart Study risk score. J Intern Med 1994;235:431-433. 6. Greenland P, Smith S Jr, Grundy SM. Improving coronary artery disease risk assessment in asymptomatic people: role of traditional risk factors and noninvasive cardiovascular tests. Circulation 2001;104:1863-1867. 7. Pignoli P, Tremoli E, Poli A, Oreste P, Paoletti R. Intimal plus medial thickness of the arterial wall: a direct measurement 234 MRM with ultrasound imaging. Circulation 1986;74:1407-1415. 8. Naghavi M, Libby P, Falk E, Casscells SW, Litovsky S, Rumberger J, Badimon JJ, Stefanadis C, Moreno P, Pasterkamp G, Fayad Z, Stone PH, Waxman S, Raggi P, Madjid M, Zarrabi A, Burke A, Yuan C, Fitzgerald PJ, Siscovick DS, de Korte CL, Aikawa M, Juhani Airaksinen KE, Assmann G, Becker CR, Chesebro JH, Farb A, Galis ZS, Jackson C, Jang IK, Koenig W, Lodder RA, March K, Demirovic J, Navab M, Priori SG, Rekhter MD, Bahr R, Grundy SM, Mehran R, Colombo A, Boerwinkle E, Ballantyne C, Insull W Jr, Schwartz RS, Vogel R, Serruys PW, Hansson GK, Faxon DP, Kaul S, Drexler H, Greenland P, Muller JE, Virmani R, Ridker PM, Zipes DP, Shah PK, Willerson JT. From vulnerable plaque to vulnerable patient: a call for new definition and risk assessment strategies: Part I. Circulation 2003;108:1664-1672. 9. Arad Y, Goodman KJ, Roth M, Newstein D, Guerci AD. Coronary calcification, coronary disease risk factors, Creactive protein, and atherosclerotic cardiovascular disease events: the St. Francis Heart Study. J Am Coll Cardiol 2005;46:158-165. 10. Gepner AD, Wyman RA, Korkarz C, Aesclimann SE, Stein JH. An abbreviated carotid intima-media thickness scanning protocol to facilitate clinical screening for subclinical atherosclerosis. J Am Soc Echocardiogr 2007;20:12691275. MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:27 Pagina 235 RUBRICA L'Angolo della Cultura (non solo Medicina...) A CURA DELLA REDAZIONE La redazione intende lasciare questo spazio a disposizione per la presentazione di contributi culturali, anche non strettamente inerenti l'area medica. Gli interessati possono pertanto sottoporre alla redazione qualunque contributo (articolo, poesia, ecc.) che possa essere di interesse per i lettori e/o stimolare una riflessione ed un eventuale dibattito culturale. email: [email protected] Triplice follia Triple folly Francesco Iodice Già Direttore U.O. s.c. di Fisiopatologia Respiratoria, Ospedale A. Cardarelli, Napoli e-mail: [email protected] Lasciami andare a vedere il sogno, non fermarmi con uno sguardo triste, questa notte lasciami vivere laggiù, solo questa notte, poi tornerò. Alessandro Baricco, T-shirt “Scrivere”, 2007 La professione di “dottore” raggiunse la punta numerica più alta negli anni ‘60 e ‘70: tutti (pure chi scrive) scelsero come facoltà universitaria quella di medicina (un collega confessò di aver esaminato una candidata che aveva trovato accesso alla facoltà con l’inverosimile diploma di ‘figurista commerciale’; e così ora abbiamo un poco invidiabile primato mondiale: 607 medici ogni 100.000 abitanti); il dottore diventò il sogno matrimoniale di ogni ragazza (un ricco proprietario terriero riuscì a far impalmare le sue cinque figliole da altrettanti medici; un portiere licenziò in malo modo il suo medico curante, appena le sue tre daughters si laurearono in medicina). A distanza di 40 anni le conseguenze di questo afflusso scriteriato alla facoltà di medicina (furono gli anni del “grande parcheggio” nelle università) ci appaiono in tutta la loro drammatica evidenza: oggi i medici in circolazione sono tanti – il numero chiuso produrrà i suoi effetti solo tra alcuni anni – che ad ognuno dovrebbero toccare come clienti i suoi parenti o condomini, sempre che nel fabbricato non ci siano le tre dottoresse del portiere! Dal punto di vista economico, nella maggior parte dei casi – escludendo alcuni luminari con superonorari – solo uno stipendio ospedaliero o dell’ASL può consentire di arrivare dignitosamente alla fine del mese. Se consideriamo poi l’aspetto psicologico della professione, sentiamo sempre più parlare di “infelicità”, “frustrazione”, “demotivazione”. Certamente non tutti sono completamente infelici (e non lo sono sempre), ma quando i medici si riuniscono, la loro conversazione verte prima o poi sui disagi della professione medica e sulla voglia di pensionamento anticipato. In realtà le cause di insoddisfazione sono molteplici. Stipendio e carico di lavoro, questi i primi imputati chiamati in causa; turni ospedalieri – talvolta massacranti, specie nei reparti di terapia intensiva e di rianimazione – sono spesso al di sopra delle normali possibilità umane. Ma da soli non sono sufficienti a spiegare l’insoddisfazione, tanto è vero che sono comuni anche a sistemi sanitari a miglior retribuzione e che garantiscono più tempo al rapporto medico-paziente. La vera ragione è stata la tragica decisione di portare la medicina sotto il controllo gestionale ed economico di governi ed imprenditori, cioè di non-medici. Quando nel 1970 un magistrato divenne presidente del più grande ospedale del Mezzogiorno, il saggio e intuitivo primario sussurrò nell’orecchio di un suo collaboratore: “Oggi i medici hanno perduto, e per sempre; in futuro, saremo sempre più subordinati. Non sarà più un primario a nominare altri primari, ma un fantoccio asservito a questo o a quel partito politico”. Ipse dixit: parole profetiche. La perdita di autonomia della professione medica cominciò subito a manifestarsi e si aggravò sempre di più fino al punto che oggi qualche direttore generale nega qualsiasi appuntamento al personale medico, asserendo che lui riceve solo ‘categorie’ – per lo più, boriose e aggressive sigle sindacali – e non ‘persone singole’ - anche quando queste rappresentano le esigenze di un intero reparto -. E così, aumentano le linee guida, i controlli, le ispezioni e molti vivono questo fatto come una perdita di stima e considerazione verso la propria vita professionale. Non mancano peraltro i benefici di questa situazione perché alcuni medici – i cosiddetti “aziendalisti” – sono molto soddisfatti ed il loro rapporto con i dirigenti maximi è decisamente migliorato, con conseguente aumento dell’efficienza della produttività. Ma la condizione generale dei medici – ed è queMRM 235 MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:27 Pagina 236 Un medico raccoglie l’anamnesi di un paziente nel suo studio. sto l’aspetto che in questa Sarabanda vogliamo considerare – si è notevolmente aggravata perché il rapporto con il paziente (ed i suoi familiari) è peggiorato, anche per colpa dei media che hanno fomentato un clima decisamente ostile, a seguito di casi di malasanità. Il punto principale è la crescente insostenibilità di una relazione fra soggetti (medico, paziente, familiare) che potremmo definire una follia a tre. Il primo folle è il malato che, quando si rivolge al medico, crede di essere andato da Dio, per cui ha una irrealistica aspettativa sull’efficacia degli interventi; la seconda follia è quella del medico che ha paura – pena la perdita di potere e credibilità verso il malato – di ammettere che una parte importante di queste aspettative andrà delusa; il terzetto viene completato dai familiari che interferiscono, talvolta in modo pesante e disastroso, nel già precario rapporto medico-paziente con le loro ansie, le loro paure e la loro aggressività (specie quando sono loro a pagare l’onorario). Come esempio, si può citare il caso di quel medico che, al capezzale di una malata, nel tentativo di familiarizzare e di stabilire comunque un approccio con lei, cominciò a raccontare che l’aveva conosciuta molti anni prima ad una riunione familiare (i famosi e mai tanto deprecati “balletti” di una volta!) e che bruscamente fu interrotto da un figlio nevrotico e angosciato con queste parole: “ Invece di perdere tempo in chiacchiere, fate quello che dovete fare e visitate mamma!”; e, continuando con gli esempi, il medico ospedaliero prova ancora spavento quando pensa a quella terribile notte in cui, chiamato nel reparto X per un malato con emoftoe, trovò tre mammasantissimi dei mazzoni del basso Volturno (quelli della mozzarella di bufala doc e della onorata società) intorno al letto e fu così apostrofato: “Se papà muore, ti uccidiamo!”). Pertanto, da una parte c’è il medico che si rende conto dei limiti della medicina, della sua potenziale pericolosità, della difficoltà di accedere ad una informazione credibile, ma per lo più non lo dice. Dall’altra il malato (ed i suoi familiari) che identifi236 MRM ca – anche perché a ciò lo porta il continuo bombardamento dei media, qualche volta strumentalizzati – nella scienza medica (e quindi nel medicopersona) la soluzione di tutti i problemi della sua salute e ritiene che il medico sappia tutto quello che c’è da sapere e sia aggiornato su utilità e controindicazioni di test diagnostici e trattamenti. Ma quali sono oggi le possibili soluzioni di queste gravi problematiche? Innanzitutto, la medicina promette sempre nuovi rimedi e fa intravedere la possibilità di progressi illimitati; il mercato della salute d’altra parte ha bisogno di creare nuove malattie per assicurarsi margini di profittabilità. In questo scenario il medico non sempre è in grado di essere il broker delle conoscenze e delle informazioni per conto del paziente, anche perché non ha la necessaria indipendenza culturale in quanto, di fatto, è escluso dal processo di produzione della conoscenza e dal campo della ricerca di alcuni farmaci. Inoltre, il medico oggi vive alcuni conflitti di interesse tra cui uno da rimozione – che porta, come abbiamo già detto, a negare l’incertezza, massimizzando i benefici degli interventi e sottovalutandone i rischi – e un altro da corporazione – che lo spinge al rifiuto di accettare la pratica della multi-disciplinarietà e della multiprofessionalità. Infine, c’è il problema dell’appropriatezza (clinica, organizzativa, economica, etc.) che deve obbligare il medico a riconoscere i diversi ‘punti di vista’ e confrontarsi cioè con quelli dei colleghi, del paziente e dei responsabili dell’amministrazione della sanità. Alcuni possibili e parziali rimedi potrebbero consistere sul piano culturale nel recupero della consapevolezza dei limiti della medicina: questo dovrebbe divenire centrale per l’Università che forma gli operatori sanitari; la formazione di questi ultimi dovrebbe cambiare rotta: la creazione di corsi, master, etc., posti rigorosamente a lato dell’insegnamento ufficiale e destinati a far restare l’attività universitaria un business, non deve essere spacciata per un Una delle tante vignette che contribuisce al clima ostile al medico: è spiritosa, perfino divertente, ma acida e sarcastica. MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:27 Pagina 237 nuovo modo di fare informazione. Al centro dovrebbe andare la valutazione critica delle informazioni, ma soprattutto, la consapevolezza della loro parzialità. Sul piano strutturale bisognerebbe adoperarsi per agire su formazione, ricerca e comunicazione tra mondo scientifico e rappresentanze dei cittadini/pazienti. Accanto alla ricerca, cosiddetta commerciale, andrebbe sviluppata la ricerca indipendente o no-profit, le cui priorità cioè vengono definite in ambiti interdisciplinari e multiprofessionali, a partire dai quesiti di reale interesse. In conclusione, “sapere, sapere essere, saper fare” sembrano essere i tre dogmi che sintetizzano le qualità che dovrebbe avere un medico del ventunesimo secolo, evitando di reinventarsi superspecialista con il rischio reale di considerare il paziente so- lo come patologia e non come persona, accettando il confronto intra- e interspecialistico, sforzandosi di migliorare i rapporti interpersonali con tutti i colleghi e, principalmente, mettendo da parte le beghe interne che, specie in epoca di dirigenza medica (tutti ‘uguali’, tutti “purtualli” = fine dell’équipe medica!) fanno pensare a vicende che nulla hanno a che spartire con la vita del malato e delle sue necessità. La triplice follia potrebbe così lasciare il posto ad un confronto sereno tra il medico ed il paziente (più i suoi familiari); ne guadagnerebbero tutti: il medico, che sarebbe molto meno infelice e la cui autostima aumenterebbe; il paziente, che sarebbe curato meglio; i familiari, che vedrebbero svanire – quando possibile – le loro angosce. E soprattutto, i malati si affiderebbero di meno a maghi, guaritori e medicine alternative. MRM 237 RUBRICA MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:27 Pagina 238 Meeting Calendar Questa rubrica informa i lettori dei prossimi eventi congressuali, nazionali ed internazionali, nell’ambito della Medicina Respiratoria; fornisce un recapito a cui rivolgersi per ottenere ulteriori informazioni. email: [email protected] WHEN WHERE WHAT WHO TO CONTACT June 5-6 Rome (Italy) June 6 Pollenzo, CN (Italy) Warsaw (Poland) Aspen, CO (USA) Napoli (Italy) Rome (Italy) Bari (Italy) Corso di aggiornamento: “Approccio multidisciplinare a BPCO e Polmoniti. L’internista, lo specialista e il paziente” Convegno: Riabilitazione nelle Malattie Cardio-Polmonari Croniche XXVIII Congress of the European Academy of Allergology and Clinical Immunology Thomas L. Petty Aspen Lung Conference 2009 June 6-10 June 10-13 June 11-12 June 13-14 June 18-20 June 25-27 Perugia (Italy) June 26 Telese Terme, BN (Italy) Mannheim (Germany) June 27-30 July 31-August 4 August 9-13 September 11-12 September 12-16 September 18-20 September 20 238 MRM X Corso nazionale di Biologia Cellulare e Molecolare in Pneumologia – BIOCERFirst World Conference of COPD Patients Congresso: “Errore in Medicina. Appropriatezza diagnostica e terapeutica. Programma Strategico BPCO” Convegno Nazionale: “La Medicina dello Sport e la Società: lo sport non solo per i campioni” Seminario: "Aggiornamenti sull'ossigenoterapia a lungo termine" 1st Meeting of the European Academy of Oto-Rhino-Laryngology, Head and Neck Surgery (EAORL-HNS) San Francisco, CA 13th World Conference on Lung Cancer (USA) Bonn 2nd International Congress of Respiratory (Germany) Science (ICRS) Rome Congresso: “…ancora Attualità e Controversie (Italy) in Orl” Vienna European Respiratory Society (Austria) Annual Congress 2009 Issyk-Kul Central Asian International Conference Respiratory (Kyrgyz Republic) Support and Rehabilitation of Lung Disease Ravenna Convegno: “Rinite ed Asma” (Italy) September 30October 3 Trieste (Italy) October 2-3 Capoliveri Isola d’Elba, LI, (Italy) I Congresso Nazionale della Federazione delle Società Italiane di Immunologia, Allergologia ed Immunologia Clinica (IFIACI) II Raduno di Otorinolaringoiatria Subacquea = evento AIMAR Full Day, Roma [email protected] www.fullday.com Granda Esprit Convegni, Cuneo [email protected] [email protected] www.congrex.com/eaaci2009 [email protected] www.aspenlungconference.org Aim, Firenze www.aimgroup.it [email protected] www.internationalcopd.org Intermeeting, Bari tel. +39 080 5482005 [email protected] Euromeeting, Perugia [email protected] www.euromeetingeventi.it [email protected] [email protected] www.eaorl-hns.org [email protected] www.2009worldlungcancer.org [email protected] www.respiratory-science.org Nord Est Congressi, Udine [email protected] ERS, Lausanne (Switzerland) www.ersnet.org [email protected] www.thorax.ed.kg Mael Impruneta, Firenze +39 055 2373684 [email protected] Aim, Firenze www.aimgroup.eu/2009/ifiaci [email protected] = evento patrocinato da AIMAR MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:27 Pagina 239 WHEN WHERE WHAT WHO TO CONTACT October 6-8 Baltimore, MD (USA) Johns Hopkins Medical Asthma and Allergy Center – Critical Care and ILD Lecture Series [email protected] www.aimarnet.it October 8-10 Roma (Italy) 7° Congresso Nazionale Collegio Federativo Cardiologia - ICCP Nadirex International Srl, Pavia [email protected] www.nadirex.com October 12-15 Tehran (Iran) The 4th International Congress on Pulmonary Disease, Intensive Care and Tuberculosis [email protected] congress.nritld.ac.ir October 15-17 Alexandropoulis (Greece) Course: “Medical Thorascopy” [email protected] www.ersnet.org October 23-24 Rome (Italy) 4th GRACE Workshop [email protected] www.ersnet.org November 12-14 Venice (Italy) EAACI 2009 Pediatric Allergy & Asthma November 14-18 Seoul (Korea) 14th Congress of the APSR and 3rd Joint Congress of the APSR/ACCP [email protected] www.apsr2009.org/ November 25-27 London (UK) New Drugs and Targets for Asthma and COPD [email protected] Milano (Italy) X Congresso UIP – XL Congresso Nazionale AIPO Certezze Scientifiche e Criticità Organizzative in Pneumologia iDea Congress, Roma Buenos Aires (Argentina) XXI World Allergy Congress Ana Juan Congress, Buenos Aires www.anajuan.com December 2-5 December 6-10 [email protected] www.eaacipediatrics-venice20 www1.imperial.ac.uk/medicine [email protected] www.ideacpa.com 2010 May 14-19 = evento AIMAR New Orleans, AL (USA) ATS 2010 International Conference [email protected]. = evento patrocinato da AIMAR MRM 239 MRM 03-2009_def:Layout 1 24/06/09 11:27 Pagina 240 Cara/o Collega, il Consiglio Direttivo di AIMAR mi ha incaricato qualche tempo fa di curare l'organizzazione di un sistema assembleare interno all'Associazione, analogamente a quanto già presente in altre Società Scientifiche nazionali ed internazionali (ad esempio European Respiratory Society). Nell’accingermi al lavoro ho rilevato che circa il 40% degli iscritti non ha dichiarato la propria attività corrente e questo elemento è imprescindibile da un tentativo di costituire Assemblee con caratteristiche dottrinali e pratiche soddisfacenti. Poiché la nostra Associazione è largamente multidisciplinare appare fondamentale inquadrare al meglio il “corpus” societario prima di formulare delle proposte che dovrebbero per quanto possibile venire incontro alle attese. Chiederei pertanto a tutti i soci di rispondere a questo breve e semplice questionario al fine di impostare i passi successivi prima di sottoporli al vaglio del Consiglio Direttivo. Un cordiale saluto Lucio Casali Coordinatore delle Aree Scientifiche e di Ricerca Da restituire alla segreteria AIMAR Fax +39 0322 869737 QUESTIONARIO INFORMATIVO Cognome e Nome: ______________________________________________________________________________________________________________ Età:____________________________________________________________________________________________________Sesso: ___________________ via:_______________________________________n: __________cap: ____________città: _________________prov:_______________________ e-mail: ________________________________________________ telefono ___________________________________________________________ Anno di laurea: __________________________________________________________________________________________________________________ Titolo e anno delle specializzazioni conseguite (possibilmente in ordine cronologico): 1) ________________________________________________________________________________________________________________________________ 2) ________________________________________________________________________________________________________________________________ 3) ________________________________________________________________________________________________________________________________ 4) ________________________________________________________________________________________________________________________________ 5) ________________________________________________________________________________________________________________________________ Quale di queste specialità viene esercitata quotidianamente? ________________________________________________________________________________________________________________________________ ________________________________________________________________________________________________________________________________ ________________________________________________________________________________________________________________________________ ________________________________________________________________________________________________________________________________ ________________________________________________________________________________________________________________________________ In quale delle seguenti categorie collochi la tua attività? o o o o o o o Università Ospedale Territorio Medico di Medicina Generale Specialista convenzionato Sanità Pubblica Altro (specificare): _____________________________________________________________________________________________________________ N.B. è possibile indicare più di una categoria (ad es. Università + Ospedale) Oltre alla tua attività corrente svolgi anche ricerca? o o o o SI NO Saltuariamente In caso affermativo, in quale campo? ________________________________________________________________________________________________________________________________ ________________________________________________________________________________________________________________________________ Come vorresti sviluppare in futuro la vita di un’Associazione come AIMAR? ________________________________________________________________________________________________________________________________ ________________________________________________________________________________________________________________________________ ________________________________________________________________________________________________________________________________ ________________________________________________________________________________________________________________________________ #