Le antiche usanze del matrimonio

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Le antiche usanze del matrimonio
Le antiche usanze del matrimonio
I matrimoni si celebravano nei mesi estivi, quando gli uomini tornavano
con le greggi, dopo aver svernato in Puglia.
Un anno prima della celebrazione, il padre dello sposo si recava in casa
della futura nuora per chiedere il consenso dei genitori di costei.
Poi vi tornava con il figlio ed i parenti che portavano doni alla
promessa.
Questa usanza si chiamava “l’affedamento” e si concludeva con
“Ju Cumpl’ment”, piccolo rinfresco a base di buon vino e frutta
secca, mostacciuoli bianchi e neri, pasticciotti farciti e rosoli fatti in
casa.
Prodotto dagli alunni della Scuola Secondaria di 1° grado “Romualdo Parente” di Scanno (AQ)
Nell’ultima visita prima della partenza per la Puglia, il futuro sposo
lasciava alla sposa una moneta d’oro o d’argento chiamata
“cinquina”.
Era l’impegno e la promessa di mantenere la futura famiglia per tutto il
resto della vita.
Con il ritorno dei pastori nel mese di giugno, ai promessi non restava
che fissare il giorno del matrimonio.
Alcuni giorni prima della data fissata, le due consuocere con gran
pompa e pubblicità trasferivano il corredo nella casa dei futuri sposi.
Il giorno fissato i parenti si riunivano nelle rispettive case da dove
muovevano in due distinti cortei per incontrarsi davanti alla Chiesa.
Dopo la cerimonia, c’era “Ju Catenacce”, Corteo Nuziale per
recarsi alla casa maritale.
Lungo il percorso, chiamato “ciambella”, ovvero il giro del paese, si
ripetevano scene rituali come quello dell’ “Attacco i zite” che
Prodotto dagli alunni della Scuola Secondaria di 1° grado “Romualdo Parente” di Scanno (AQ)
consisteva nello sbarrare il passo agli sposi con un nastro teso attraverso
la strada e legarli. Per essere sciolti bisognava pagare il pedaggio.
Gli amici ringraziavano e promettevano di bere alla salute degli sposi e
di portare la serenata cantando la “penesella” (canto popolare fatto di
“insinuanti note e sapidi versi” – da “Eustachio e Tecanera” di Marco
Notarmuzi).
Una volta che il Corteo giungeva a destinazione, l’altro rituale era
quello della “Sciarra”: la madre dello sposo gettava dalla finestra
della casa confetti, dolci, noci e monetine, per augurare prosperità e
benessere agli sposi.
Entrati nella casa ricevevano i doni da parte degli invitati: buste
contenenti denaro e gioielli che venivano riposti dalla suocera della
sposa in un cesto di vimini coperto da un fazzoletto bianco ricamato.
La sposa cambiava l’abito e si dava inizio al banchetto nuziale durante il
quale non mancavano brindisi, scherzi e le allegre canzonette di
un’orchestrina.
Prodotto dagli alunni della Scuola Secondaria di 1° grado “Romualdo Parente” di Scanno (AQ)