Scheda Le vite degli altri
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Scheda Le vite degli altri
Le vite degli altri di Florian Henckel von Donnersmarck Il regista - Fare un film sulle atrocità del regime comunista nei confronti dei tedeschi non è stato affatto facile. I ricordi di un'infanzia agiata passata tra la Germania 'libera' e lo sfarzo dell'America sono stati solo lo spunto per una riflessione che mi ha portato a cercare di comprendere non tanto i meccanismi del regime, quanto le personalità e le relazioni dei veri protagonisti di quel tempo, dagli 'aguzzini' alle vittime. Proprio per questo mi sono avvalso dell'aiuto di storici e testimoni del tempo, molti dei quali, dato l'enorme numero di persone controllate all'epoca dalla STASI, sono miei diretti collaboratori in questo film. - Tutti i protagonisti bramano il potere, come mezzo per ottenere gli scopi più diversi, secondo i propri ideali e aspirazioni. Il potere conferisce stabilità e sicurezza. Il potere dà successo, prestigio, controllo sulla vita degli altri, libertà. Ma questa ricerca affannosa sarà anche la miccia che farà esplodere la bomba. E' esercitando il controllo sulle persone che il Capitano Wiesler subisce un' inesorabile frattura emotiva, che lo porterà a vedere i propri nemici come persone normali, molto più simili a lui di quanto potesse e volesse credere, frantumando l'immaginario di ideali a cui è stato fedele, quasi come fosse una premonizione di ciò che stava per accadere intorno a lui. La recensione Sono gli ultimi anni del comunismo a Berlino prima della caduta del muro e tutti i cittadini sono sospettati, lo stato controlla tutti i sovversivi o sospetti tali: soprattutto gli intellettuali. In questa situazione di paranoia statale il regista risveglia lo spirito di “1984” di Orwell e rievoca i meccanismi e le ansie di un governo che desidera tenere tutto sotto controllo. “La vita degli altri” approfondisce, con i suoi tre personaggi principali, temi importanti come il disinganno e la colpa, il compromesso, la lealtà, l’amicizia e il dovere; il tutto nella DDR sfatata e disillusa del 1984. L'organizzazione di sicurezza e spionaggio della Germania Est (Stasi) controlla che tra i cittadini non ci siano sovversivi. Il compito di sorvegliare e spiare uno scrittore famoso viene assegnato a uno dei migliori funzionari detto anche HGW XX/7: freddo e arido, lui ha il metodo infallibile, le domande precise e il tempo necessario per cui qualunque sospettato, se è colpevole, finisce per confessare e tradire i suoi amici. Aldilà delle idee, del comunismo e del socialismo, esistono le persone, e come tali reagiscono agli stimoli; difatti, dopo ore e ore di ascolto, HGW XX/7 si scompone man mano che invade le vite altrui e ne rimane partecipe, cambia la sua percezione sull’applicazione di alcuni metodi che lui considerava giusti e necessari; in altre parole assistiamo al processo di umanizzazione del freddo ed implacabile poliziotto della Stasi. L’attore Ulrich Mühe ha il compito di dare vita a quest’essere grigio che ha trascorso la sua vita a spiare gli altri e ad interrogare per estorcere informazioni, ha sempre controllato la vita degli altri tralasciando o forse evitando di vivere la propria. E’ un individuo secco, arido, noioso e perso in un mondo in cui vede sgretolarsi gli ideali in cui credeva. I protagonisti sono condannati a non trovarsi mai faccia a faccia: da un lato Georg Dreyman il grande scrittore che in un clima di oppressione non riesce a scrivere quello che desidera, e dall’altra Gerd Wiesler/HGW, l’uomo della Stasi. Ma qualcosa spezza questo equilibrio, Dreyman rompe il suo silenzio letterario e Wiesler mette in discussione le sue convinzioni. Un film genuino, delimitato in un contesto carico di suspence e intensità. Tutto è rappresentato in modo razionale come la freddezza del regime tedesco. E’ una riflessione sulla difficoltà di sopravvivere, sulle conseguenze della mancanza di libertà, sull’ossessione per il controllo assoluto e sulle debolezze personali; dove i buoni denunciano e altri si redimono. Lo spettatore si identifica con il personaggio nonostante il lavoro che svolge e gli ideali che ha, perché riesce a vedere quello che c’è dietro l’uniforme: l’uomo triste che alla fine non sarà più un numero ma una “persona”. La ricostruzione dell’ambiente della Germania comunista è eccellente, gli esterni riproducono perfettamente quella sensazione di vuoto con le strade deserte e con poche macchine quasi tutte uguali. “La vita degli altri” racconta di un uomo solo che si aggrappa alla disciplina del partito poiché non ha altra cosa in cui credere … prima di scoprire la vita degli altri, o in altre parole, quella che lui non aveva. Gabriela Saraullo www.cinedetour.it