Torino Auditorium Giovanni Agnelli Lingotto Lunedì 17.IX.07

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Torino Auditorium Giovanni Agnelli Lingotto Lunedì 17.IX.07
Torino
Auditorium
Giovanni Agnelli
Lingotto
Lunedì 17.IX.07
ore 21
Staatskapelle Dresden
Fabio Luisi direttore
Hélène Grimaud pianoforte
Beethoven
Strauss
Ludwig van Beethoven
(1770-1827)
Concerto n. 5 in mi bemolle maggiore op. 73
per pianoforte e orchestra “Imperatore”
Allegro
Adagio un poco mosso
Rondò. Allegro ma non troppo
Richard Strauss
(1864-1949)
Ein Heldenleben
poema sinfonico per grande orchestra op. 40
Staatskapelle Dresden
Fabio Luisi, direttore
Hélène Grimaud, pianoforte
l Concerto in mi bemolle maggiore op. 73 è l’ultimo dei cinque dedicati da
Iorchestra:
Beethoven al pianoforte, e l’ultimo di tutti i suoi Concerti per strumento solista e
è anche il più grandioso, il più spettacolare, forse il più popolare. Tale lo
rende anzitutto la ricchezza delle idee melodiche: spartite fra la solennità, propria
quasi di un corteo regale, dei temi del primo movimento (l’ultima grande apparizione, come notò Alfred Einstein, della tipologia “marziale” del Concerto per pianoforte e orchestra, quale si era affermata nel Settecento di Mozart e anche in alcuni dei primi confronti di Beethoven con questo genere), la purezza estrema del
canto del secondo e il bizzarro scatto ritmico del terzo. Ma gli garantiscono presa
immediata sull’ascoltatore anche il prevalere quasi ininterrotto del modo maggiore
e il carattere fastoso della partitura orchestrale, cornice di un cospicuo e aristocratico, ma tipicamente concertistico virtuosismo della parte del pianoforte, qui spinta verso l’estroversione atletica forse più che in tutti gli altri lavori destinati da
Beethoven alla tastiera. Risale al 1809: un anno difficile, che vide Vienna assediata, bombardata e infine, in maggio, invasa dai francesi, durante il quale Beethoven,
profondamente disturbato dalla “maledetta guerra” sia per il fracasso delle cannonate che feriva in modo specialmente crudele le sue povere orecchie ammalate, sia
per le ristrettezze economiche che ne erano derivate, non produsse altri pezzi per
orchestra; limitandosi in sostanza alla musica da camera, con il Quartetto op. 74,
e al pianoforte, fra l’altro con la Sonata “Les Adieux”, esplicitamente ispirata all’abbandono di Vienna ai primi di maggio, insieme con tutta la corte imperiale, dell’Arciduca Rodolfo, suo allievo e protettore. Partiti i francesi e rientrato l’Arciduca,
il 4 febbraio 1810 Beethoven, in una lettera in cui si lamentava delle restrizioni alimentari lasciate dal passaggio della guerra e dall’occupazione francese, offriva il
concerto a Breitkopf & Härtel, i suoi editori di Lipsia, insieme a gran parte della
produzione degli ultimi mesi. L’autografo reca qualche traccia della situazione storica: al principio del secondo movimento Beethoven scrive: «L’Austria ripaghi Napoleone!». Breitkopf lo pubblicò con un bel frontespizio in francese: Grand CONCERTO
Pour le Pianoforte avec Accompagnement de l’Orchestre composé et dédié à Son
Altesse Impériale Roudolphe Archi-Duc d’Autriche etc. par L. v. Beethoven. Per la
sola Inghilterra il Concerto fu pubblicato da un pianista ammiratissimo da Beethoven, Johann Baptist Cramer, che si era messo a fare l’editore a Londra. Pare si
debba a lui il titolo apocrifo di “Emperor” che identifica il pezzo nei paesi di lingua
inglese come in molte incisioni, e di riflesso anche in Italia. Ormai sordo, Beethoven non poté suonare in pubblico il suo ultimo Concerto per pianoforte, a differenza di quanto aveva fatto per i precedenti: lo eseguì il 28 novembre 1811 al
Gewandhaus di Lipsia il venticinquenne Friedrich Schneider. Beethoven non era
presente. La prima viennese, affidata al fedelissimo Carl Czerny il 15 febbraio 1812
nel ridotto del Burgtheater non fu un successo, né di pubblico né di critica. In seguito, invece, il Concerto conquistò vasta e duratura fortuna, anche grazie a Franz
Liszt che lo eseguì spesso.
Composto nel 1898, Ein Heldenleben chiude la serie dei grandi poemi sinfonici di
Strauss, aperta dieci anni prima da Don Juan. Intessuto con una solidità compositiva non inferiore alla strepitosa maestria della strumentazione, è anche la conclusione simbolica della sua giovinezza e di un suo Ottocento vulcanico, dalle prospettive sonore sterminate, golosamente espresse nell’impiego di orchestre enormi
e traboccanti di colore. Da qui il suo carattere esplicitamente riepilogativo, in apparenza improbabile in un musicista di appena trentaquattro anni. Dopo di allora
Strauss non sarebbe più stato il Superuomo nietzscheano della composizione che il
mondo musicale aveva imparato ad ammirare e a temere, monello apparentemente indisciplinato e ribelle piombato ad agitare una fase storica che invece trovava in
lui il più genuino e attuale protagonista, bensí il raffinatissimo interprete di un
Novecento alessandrino, intellettualistico, chiuso in un inestricabile groviglio di
ironie e nostalgie. Il senso romantico (e lisztiano) dell’autobiografia ideale in origine era reso esplicito soltanto dal titolo: più tardi Strauss ne chiarì il percorso con
sottotitoli applicati ai sei episodi in cui si suddivide la partitura. L’eroe è presentato
in apertura in termini affermativi, supremi, da un materiale tematico definito, in
positivo e con estrema energia, anche dal ritmo e dalla strumentazione. Deformi
graffiti disegnano Gli avversari dell’eroe come creature inferiori e meschine (se l’eroe è un compositore, è lecito temere che i suoi nemici siano anche i critici musicali, i “Personnages à longues oreilles” bollati come asini nel Carnevale degli animali dipinto poco tempo prima da Camille Saint-Saëns). Un tema ampio e di calda
effusione lirica, con magnifici e ardui soli del primo violino, fotografa La compagna dell’eroe. Ma il tempo dedicato ai sentimenti è breve, e presto subentra l’episodio più vasto e spettacolare, Il campo di battaglia dell’eroe, momento di virtuosismo compositivo, non meno che di orchestrazione, fra i più celebrati di tutta la
letteratura sinfonica, sigla, a distanza di mezzo secolo, di uno sviluppo smisurato
delle intuizioni di Franz Liszt nei Préludes (capostipite ufficiale, mezzo secolo
prima, di quella dinastia illustre dei poemi sinfonici del secondo Romanticismo che
proprio in Ein Heldenleben trova il suo ultimo legittimo discendente). Di una successione quasi non censibile di autocitazioni – la meglio riconoscibile è quella di
uno dei temi principali e di più leggendaria gestualità del Don Juan – si nutre il
penultimo episodio, Le opere pacifiche dell’eroe: rilettura, dilatata in una prospettiva epicizzata, di un’attività creativa in realtà poco più lunga di un decennio, innalzata qui appunto a simbolo di un capitolo personale e storico prossimo, forse non
senza consapevolezza, a una conclusione irreversibile. Poi resta spazio soltanto per
una Fuga dell’eroe dal mondo e compimento del suo destino, omaggio ai miti del
ritiro e della morte come ulteriore sublimazione di una già sublime esistenza.
Per fortuna Strauss si guardò bene dall’imitare concretamente il suo eroe, e si concesse altri cinquant’anni di vita e di “opere di pace” in un secolo del tutto diverso
da quello del quale aveva saputo interpretare così bene le ultime ambizioni, ma
forse ancora più suo.
Daniele Spini
Il 22 settembre 1998 la Sächsische Staatskapelle Dresden ha festeggiato i 450
anni dalla fondazione, avvenuta nel 1548 a opera dell’Elettore di Sassonia Moritz:
un’attività ininterrotta e di primo piano che dura da più di quattro secoli.
Grandi Kapellmeister e strumentisti di fama internazionale hanno aiutato a formare la Staatskapelle Dresden, da Heinrich Schütz a Carl Maria von Weber, Richard
Wagner ed Ernst von Schuch. I nomi più importanti del Novecento sono stati Fritz
Reiner, Fritz Busch, Karl Böhm, Joseph Keilberth, Rudolf Kempe, Otmar Suitner,
Kurt Sanderling e Herbert Blomstedt. Giuseppe Sinopoli è stato direttore principale dal 1992 al 2001, seguito da Bernard Haitink dal 2002 al 2004. Direttore onorario è Sir Colin Davis. Nel 2007 Fabio Luisi ha assunto la posizione di direttore musicale di Sächsische Staatsoper e Staatskapelle Dresden.
Un forte legame è esistito tra l’Orchestra e Richard Strauss, tanto che ancora oggi viene
chiamata “l’orchestra di Strauss”. Il sodalizio è durato oltre sessant’anni e a Dresda si
sono tenute le prime rappresentazioni di nove delle sue opere, tra cui Elektra, Salome
e Der Rosenkavalier. All’Orchestra Strauss ha dedicato Eine Alpensinfonie.
L’elenco delle prime esecuzioni affidatele e delle dediche è lunghissimo e comprende opere di Vivaldi, Schumann, Liszt, Wagner, Hindemith, Weill e, più di recente, Zimmermann, Matthus, Rihm e Kancheli.
Con l’insediamento di Fabio Luisi è stata introdotta la figura annuale del compositore residente, scelto per assicurare la lunga tradizione di eseguire musiche in
prima assoluta. Nella stagione 2007/2008 in residenza sarà la compositrice tedesca
Isabel Mundry.
Nell’ultimo mezzo secolo la Staatskapelle Dresden è stata diretta da Karajan, Kleiber, Sawallisch, Prêtre, Harnoncourt, Ozawa, Levine, Mehta, Maazel, Eschenbach,
Chung, Salonen, Thielemann, Gatti e Harding.
Storicamente anche orchestra operistica, suona abitualmente alla Semperoper con
un repertorio che va dal Barocco al contemporaneo. Un fitto calendario porta oggi
l’Orchestra e Fabio Luisi nei più importanti centri musicali del mondo.
Fabio Luisi è nato a Genova, dove ha effettuato i primi studi, proseguiti poi a Graz
con Milan Horvat e a Parigi con Aldo Piccolini. Dal 1983 al 1987 ha lavorato all’Opera di Graz come maestro collaboratore, ottenendo poi la promozione a Kapellmeister; sempre a Graz, dal 1990 al 1995 è stato direttore artistico della locale
Orchestra Sinfonica.
Dal 1997 al 2000 ha rivestito l’incarico di direttore principale della Niederösterreichisches Tonkünstlerorchester di Vienna; in seguito, negli anni 1997-2000, ha
diretto l’Orchestre de la Suisse Romande di Ginevra.
Dal 1999 è direttore principale della MDR Sinfonieorchester di Lipsia e dal 2005
dei Wiener Symphoniker; direttore ospite dei più grandi teatri d’opera, delle
orchestre e dei festival di tutto il mondo, dirige regolarmente al Metropolitan di
New York; la sua prima collaborazione con la Staatskapelle Dresden risale al
Festival di Salisburgo del 2002, seguita da numerose esibizioni a Dresda, dove ha
diretto Turandot di Puccini, Die Liebe der Danae di Richard Strauss e Der Ring
des Nibelungen di Wagner alla Semperoper, la Missa Solemnis di Beethoven per la
riapertura della Frauenkirche di Dresda (novembre 2005), il Requiem di Fauré nel
Giorno della Memoria di Dresda (2006). È dell’estate 2007 il debutto a Bayreuth con
Tannhäuser.
Hélène Grimaud ha studiato musica nella sua città, Aix-en-Provence, poi a Marsiglia con Pierre Barbizet e in seguito a Parigi con Jacques Rouvier, György Sándor
e Leon Fleischer. Nel 1987 vinse il Cannes Classical Award al MIDEM: in seguito
alla sua esibizione Daniel Barenboim la segnalò all’Orchestre de Paris e da qui seguì
una serie di importanti inviti, tra cui il primo concerto a La Roque d’Anthéron
Piano Festival e un recital a Tokyo.
Da allora Hélène Grimaud si è esibita in tutti i più grandi centri musicali del mondo
e con le più importanti orchestre, tra cui Berliner Philharmoniker, Philharmonia
Orchestra, Filarmonica di San Pietroburgo e NHK Symphony Orchestra; negli Stati
Uniti suona regolarmente con le migliori compagini. Nel campo della musica da
camera collabora con Emmanuel Pahud, Truls Mørk, Jan Vogler, Jörg Widmann e
Albrecht Mayer.
Nel 2002 ha ricevuto il titolo di Officier de l’Ordre des Arts et des Lettres dal Ministero della Cultura francese; nel 2004 ha ottenuto la Victoire d’honneur ai Victoires de la Musique.
Hélène Grimaud è autrice di due libri, Variazioni selvagge e Leçons particulières.
Entrambi stanno ottenendo un grandissimo successo in Francia, dove hanno raggiunto la lista dei best-seller. Nel 1999 ha fondato il Centro di Conservazione per i
lupi, una causa che continua a sostenere. Più recentemente ha dato il suo nome e
il suo supporto a molte altre associazioni quali Amnesty International, International Children’s Camp Villa Sans Souci e Worldwide Fund.
Se desiderate commentare questo concerto, potete collegarvi al
calendario presente sul sito www.mitosettembremusica.it dove è
attivo uno spazio destinato ai commenti degli spettatori
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