Giornata del ricordo 2016 - ICS San Martino di Lupari

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Giornata del ricordo 2016 - ICS San Martino di Lupari
16 febbraio 2016
GIORNATA DEL RICORDO:
L’INCONTRO CON LA TESTIMONE ANNAMARIA FAGARAZZI
“Oggi voglio raccontarvi una storia. E’ una storia di sangue, di dolore, di
speranza e ha l’odore di terre “aldelà del mar”: l’Istria e la Dalmazia,
territori che da sempre hanno allacciato stretti rapporti commerciali e
culturali con l’Italia e che sono state italiane.
Ma guardate che io
racconto Storia, non storie”.
Così inizia il suo intervento Annamaria Fagarazzi, esule giuliana, nativa di
Parenzo d’Istria e ora residente a Vicenza, consigliere dell’Associazione
Esuli della Venezia Giulia e della Dalmazia. Ad ascoltarla, per tre ore di
fila, gli alunni di terza media del nostro Istituto. Nessuno chiacchiera.
Tutti bevono con il fiato sospeso ogni sua parola. Parla a braccio, senza
microfono. Da ventidue anni va nelle scuole, per tener fede alla promessa
fatta all’Annamaria bambina, che a nove anni, di fronte ad un episodio di
crudeltà inaudita, ha giurato a se stessa che nessuno le avrebbe più
messo i piedi in testa. E che non avrebbe permesso che l’oblio cadesse
sulle vicende della sua gente.
La storia istriana e dalmata è costellata di avvenimenti importanti, che
hanno reso gli abitanti di queste terre italiani, prima di tutto nell’anima.
Ed Annamaria narra le vicende storiche nei particolari, grazie a minuziose
ricerche d’archivio che le hanno permesso di colmare i vuoti dei manuali:
la conquista da parte di Cesare, la donazione alla Serenissima, la Prima e
la Seconda Guerra Mondiale.
A partire dal settembre 1943, la Storia diventa drammatica: arrivano in
Istria “strani uomini”, come li definisce la gente del posto: sono
i
partigiano di Tito. Da allora iniziano a sparire misteriosamente alcune
persone,
che, ben presto si scopre, vengono torturate e gettate nelle
cavità di origine carsica presenti nel suolo istriano, le foibe. L’unica loro
colpa? Essere italiani. Durante la prima fase delle aggressioni, avvenute
fino ad ottobre del 1943, ci sono numerose vittime; in tutto, poi, saranno
fra le venti e le trentamila. La guerra intanto continua. Ma se per l’Italia
finisce il 25 aprile 1945, da maggio inizia, invece, nelle terre istriane il
secondo genocidio.
Proprio in quel periodo viene portato via anche il
padre di Annamaria. Per un mese non se ne sa più nulla. La madre riesce
poi a farlo tornare a casa procurandosi un attestato che prova l’onestà
dell’uomo, ma la tranquillità durerà poco: dovrà ancora scappare per
sfuggire alla morte e Annamaria, a nove anni, sarà costretta ad
attraversare un bosco in piena notte per portare i documenti al padre.
Abbiamo sentito la sua paura e l’angoscia nel dover affrontare una
situazione così pericolosa. Così come abbiamo avvertito il suo dolore e la
sua rabbia nel dover assistere all’uccisione di due ragazzi nella piazza del
suo paese, costretta ad osservare la scena con un coltello sotto il mento.
“Quel giorno sono diventata adulta” ricorda. “Non ho più avuto un’infanzia
né un’adolescenza”. A quel giorno, però, risale anche la promessa che l’ha
portata nella nostra scuola. Affinché neppure noi possiamo dimenticare
nulla. Nemmeno l’ostilità con cui gli esuli che decisero di lasciare le loro
terre vennero accolti al porto di Trieste. O la valigia di venti chili che
doveva contenere tutto ciò che una famiglia poteva portare con sé ( e tra
i pochi averi non mancava il tricolore). O la stanzetta fatiscente di pochi
metri quadrati in cui hanno vissuto per otto anni assieme agli altri. Ma
ricorderemo invece la tenacia con cui Annamaria e gli altri hanno studiato,
senza libri né quaderni: la cultura, infatti, è il bene più importante e, anche
in condizioni estreme, l’hanno sempre considerata tale.
Nonostante siano passati molti anni, la signora Annamaria si emoziona
ogni volta e ci dice che, anche se il raccontare può farla star male, non
mancherebbe mai alla promessa fatta in quel caldo giorno di maggio:
“Perché la patria è un ideale grande e lo capisce solo chi non ce l’ha più.
Noi esuli torniamo lì per amore di una terra che loro abitano, ma che noi
viviamo ogni giorno. Le nostre spiagge sono di mare e di roccia e anche
noi siamo fatti di mare e di roccia”.
(Articolo elaborato dalla classe 3^A con la prof.ssa Daminato)