Linguaggi culturali - Toponomastica femminile

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Linguaggi culturali - Toponomastica femminile
Linguaggi culturali
Il genere nelle lingue, nella letteratura,
nella cultura straniera e nell’arte
Percorsi didattici realizzati da:
Irene Giacobbe
Laura Silvestri
Livia Capasso
Formia
Liceo classico Vitruvio Pollione
Martedì 12 febbraio 2015
in precedenza) bensì usando il titolo o il
cognome personale, o semplicemente con
nome e cognome.
Irene Giacobbe
la fo rm a d e l l a l ingu a e il
ling u a g g i o se ssi s t a
Molti di questi cambiamenti non sono avvenuti spontaneamente.
Viceversa, essi sono il frutto di una precisa
azione e di un intervento sociopolitico che
prendono atto delle trasformazioni intervenute nella società e nella realtà quotidiana,
e dell’importanza della parola rispetto alla
realtà che deve comunicare.
Uno dei suggerimenti contro gli stereotipi
della lingua ha riguardato l’inversione dei
termini.
È questo un uso del linguaggio radicato in
molti paesi d’Europa e del Mondo; si usa
per aprire una frase, anteponendo i termini
al maschile in frasi che iniziano con maschi,
uomini, figli, eccetera.
Si suggerisce quindi di invertire i termini:
non males and females (“maschi e femmine”),
ma females and males;
non husbands and wifes (“mariti e mogli”),
ma wifes and husbands;
non men and women (“uomini e donne”), ma
women and men;
non sons and daughters (“figli e figlie”), ma
daughters and sons;
non descendants of Adam and Eve (“discendenti di Adamo ed Eva”), ma descendants of
Eve and Adam.
i i i i i
Anche nei paesi anglosassoni si sono avuti
interventi sul sessismo linguistico.
I primi interventi sono stati avviati intorno
agli anni Sessanta su sollecitazione dei
movimenti femministi.
Uno dei più conosciuti e rilevanti ha comportato la modifica dell’indicazione Mr.,
Miss., Mistress.
Nell’indicare un uomo si usava indistintamente Mr, sia che fosse celibe o sposato;
per le donne si operava la distinzione Miss
per “signorina”, anche per le ottantenni
non maritate, e Mistress (Msr), per le donne
sposate.
La trasformazione operata ha portato
all’adozione di Mr per uomini e Ms (leggere
“miz”) per le donne, nubili o sposate.
MS è il nome della testata femminista
(presente ancora oggi negli Usa) che diede
l’avvio a questa riforma della lingua inglese.
Per i pronomi è stata adottata la distinzione
he per uomini she per le donne.
Nelle indicazioni di Language Bias Against
Gender troviamo al primo posto tra le regole
quella di evitare l’uso del solo pronome he
quando la frase riguarda entrambi i generi.
Esempio:
Give each student his paper (sessista);
Give students their paper (non sessista)
Negli Stati Uniti, il Dipartimento del Lavoro
ha introdotto modifiche per una serie di vocaboli dedicati alle professioni che finivano
con il suffisso -man per adattarli alla mutata
realtà e alla presenza diffusa delle lavoratrici
in settori in precedenza quasi esclusivamente maschili:
non più mailmen per postino bensì
mailperson;
non più firemen per vigile del fuoco bensì fire
fighter.
Sono state adottate norme anche per la
trasformazione di una pratica molto diffusa:
quella di avviare la corrispondenza rivolgendosi all’interlocutore con un generico Dear
Sir, Dear Gentleman, Dear Mr. Green, Dear Mrs
Green.
Il suggerimento adottato invita a rivolgersi
al proprio corrispondente con il titolo che
gli spetta : Colleague, Professor, Editor, Doctor,
Member of Congress, eccetera, e, se si tratta
di una donna, di rivolgersi a lei non usando
più il cognome del marito (come avveniva
Si è intervenuti anche rispetto alle professioni:
non più lady lawyer, bensì semplicemente
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Un uomo ambizioso e una donna ambiziosa: nel
primo caso sembra opportuno che un uomo
sia ambizioso, ma un senso leggermente
spregiativo si attribuisce ad una donna con
ambizioni.
Un uomo prudente una donna timida; un
governante e una governante… eccetera.
Attraverso la scelta di aggettivi stereotipati
noi attribuiamo tratti e caratteri diversi ai
due sessi e chi legge tende a valutare diversamente i due generi.
lawyer. (Esempio: Ms Clinton is one of the most
important lawyer in US);
non più male nurse per infermiere ma nurse;
non poetess bensì poet;
non stewardess bensì flight attendant;
non Chairman bensì Chairperson.
Egualmente sono state adottate norme
per i termini che indicano alti incarichi in
politica:
congressman e congresswoman sono stati
superati perchè ritenuti sessisti;
è preferito l’uso di member of Congress oppure
di US representatives;
e al termine the Founding fathers si deve
preferire the Founders.
Come per l’inglese, altre lingue conservano
termini sessisti originati dalla lunga esclusione delle donne dai luoghi del sapere e del
potere.
La realtà odierna e la sua corretta rappresentazione hanno bisogno di essere riportate e trasmesse dalla lingua in maniera
esente da errori
Quanto al termine fratellanza usato come
elemento onnicomprensivo:
invece di the brotherhood of man si usi the
human family;
invece di feelings of brotherhood or fraternity
è più appropriato feelings of solidarity,
collegiality.
Sono state introdotte indicazioni anche su
terreni consolidati da lunga tradizione.
Per ciò che riguarda il pensiero filosofico
l’essere uomo, ciò che pensa e fa l’uomo della
strada, l’uomo comune (common man).
In Aristotele, per esempio, il termine uomo
(man) diventa l’essere umano (human being).
Nel caso dell’uomo comune (common man)
si preferisce usare il termine la gente o gli
individui (people, individuals).
Sulla scelta degli aggettivi, le linee guida
hanno sollecitato l’attenzione di studenti,
docenti e media su termini che, anche al di
là della volontà di chi li usa, tendono a non
mantenere lo stesso significato quando vengono attribuiti a un uomo o a una donna.
In italiano possiamo fare l’esempio di
un buon uomo e di una buona donna. Nel primo caso pensiamo a un uomo mite dotato
di bontà e buone intenzioni, nel caso di una
donna pensiamo invece a una donna che
spesso è di facili costumi.
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conta solo sei donne) che ha scatenato una
valanga di commenti, a favore e contro, nel
web e nei giornali. Nel suo articolo, Ignacio
Bosque critica le guide e le raccomandazioni per un uso non sessista della lingua in
quanto, dice, il maschile generico esiste da
sempre e quindi non c’è nessun motivo per
censurarlo. E chi lo fa, deve essere tacciato
di “dispotismo etico” in quanto non tiene
conto di coloro, donne comprese, che non
considerano discriminatoria una frase come
“Tutti gli studenti devono” (invece che “Tutti gli studenti e le studentesse devono”). E
per mostrare quanto sia pesante e assurdo
tale sdoppiamento cita la costituzione della
Repubblica Bolivariana del Venezuela che
declina al maschile e femminile tutte le alte
cariche dello stato (magistrado-magistrada,
ministro-ministra ecc.). Infatti, conclude lo
studioso, se si applicassero alla lettera le
raccomandazioni, non si potrebbe più parlare in quanto le loro proposte si adattano
solo al linguaggio ufficiale (testi legali e
amministrativi, conferenze stampa, discorsi
pubblici, ecc.) il quale, sottolinea Bosque,
diventerebbe ancora più artificioso e lontano dalla realtà. Non c’è quindi da stupirsi,
aggiunge, se moltissime istituzioni non
seguono affatto le indicazioni suggerite dai
comitati che hanno al loro interno. Forse
perché, suggerisce, hanno preferito sacrificare la visibilità delle donne a favore di un
modo di parlare più naturale ed efficace. Ed
è proprio in quest’ultima frase che si vede il
punto debole delle sue critiche: il fatto cioè
di prendere per “naturale” quello che è solo
una convenzione accettata da sempre.
Se nello spagnolo, come nell’italiano e nelle
altre lingue romanze, il maschile comprenda anche il femminile è perché da sempre
il mondo gira attorno agli uomini e la
prospettiva di genere (il ripensamento delle
complesse relazioni donna-uomo) è una
conquista recente. È per questo, infatti, che
le raccomandazioni trovano tante resistenze
(sia in Spagna che in Italia) e non vengono
seguite dalle stesse istituzioni che le hanno
approvate. E non per essere più “naturali ed
Laura Silvestri
il ling u a g g i o n o n s es s is t a
in s pag n a
i i i i i
Come l’italiano, anche lo spagnolo, pur
disponendo di due generi grammaticali, enfatizza il maschile mentre oscura il
femminile. Questo uso, chiamato maschile
generico o maschile neutro, è sempre sembrato scontato, ma con l’emancipazione
femminile, e soprattutto con gli studi di
genere degli anno ‘70, ha cominciato a essere messo in discussione. In Italia, una tappa
fondamentale di questa presa di coscienza è
stato Il sessismo nella lingua italiana di Alma
Sabatini, pubblicato nel 1987 a cura della
Presidenza del Consiglio dei Ministri. E da
allora sempre più amministrazioni pubbliche hanno cercato di seguirne l’esempio.
Qualche anno dopo, anche in Spagna,
sull’esempio del libro di Sabatini sono
proliferate raccomandazioni e guide varie
per l’uso non sessista della lingua. C’è da
sottolineare però, che a differenza dell’Italia
dove si fa ancora fatica a dire sindaca, architetta, chirurga, rettrice, in Spagna l’uso del
femminile per tutte le professioni è ormai
consolidato, tanto che si dice perfino jefa
(capa). E Bibiana Aído, ministra delle Pari
Opportunità sotto il governo Zapatero nel
giugno 2008 ha parlato addirittura di miembros y miembras de esta Comisión (“membri e
membre di questa Commissione”).
Un’ altra differenza rispetto all’Italia è che
mentre da noi il dibattito è ristretto a coloro
che si occupano di questioni di genere, o
comunque sono sensibili a tali questioni, in
Spagna il linguaggio politicamente corretto è spesso oggetto di critiche feroci nei
media. Un caso eclatante è stato l’articolo
di Ignacio Bosque, Sexismo lingüistico y
visibilidad de la mujer pubblicato il 4 marzo
2012 nel Boletín de información lingüística
de la RAE (ovvero la Real Academia de la
Lengua Española che vigilia sulla lingua
dal 1713 e che tra i suoi quarantatré membri
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efficaci”, come sostiene Bosque, ma perché
si è sempre fatto così e si sa che rompere
la fitta trama delle abitudini è difficile e
faticoso.
D’altro canto, l’ insistenza di Bosque sul
fatto che la lingua ha le sue leggi, che
esulano dalla volontà degli individui, trova
una smentita nell’uso dei neologismi. Non
suonano strani all’inizio e non si affermano
a mano a mano che la gente li usa? Il che
significa che il linguaggio può essere forzato
e che le forzature possono a buon diritto
entrare a far parte dell’uso comune.
Nessuno nega che la duplicazione lessicale portata all’estremo sia faticosa e anche
noiosa, ma l’efficacia di un messaggio non
sessista non richiede solo la ridondanza del
lessico maschile-femminile.
Per segnalare il punto di vista di genere c’è
anche l’invito a far precedere il femminile al
maschile nelle coppie oppositive (“le bambine e i bambini”), a usare la concordanza
al femminile se ci sono più soggetti donne
(“Mario, Giovanna ed Elisa sono partite”), a
sostituire i sostantivi che richiamano il maschile con altri più generali e comprensivi
(questi sì) di entrambi i sessi (“solidarietà”
per “fratellanza”, ad esempio). Insomma le
raccomandazioni per l’uso non sessista della
lingua vogliono semplicemente indirizzare
a un uso consapevole delle parole e non certo a distruggere la struttura delle lingue.
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dell’abito della donna.
Tuttavia, a metà del secolo, la corrente realistica si afferma soprattutto in Toscana col
gruppo dei Macchiaioli, che ispirandosi alla
realtà quotidiana, con scene di vita domestica, dà largo spazio alle figure femminili.
Livia Capasso
la do n n a n e l l ’ a rt e
dell’o t t o ce n t o ,
colt a , e m a n ci pa t a , o p er a ia
i i i i i
☛ Silvestro Lega – La Visita, 1868
Parlare di genere nel linguaggio artistico
può significare andare alla riscoperta di artiste donne (e tante sono state dimenticate!),
ma anche riflettere sull’immagine che della
donna hanno dato gli artisti dei vari periodi
storici.
Ho scelto di esaminare la concezione della
donna come viene fuori dall’arte dell’Ottocento, perché è in questo secolo che le
donne cominciano a essere più consapevoli
dei loro diritti, pur perdurando lo stereotipo
che le vede nel ruolo di madri e angeli del
focolare.
L’Illuminismo e la rivoluzione industriale
crearono un clima favorevole. Le donne
cominciarono a entrare in fabbrica, anche
se ricevevano una remunerazione appena
superiore alla metà di quella maschile; per
la donna dei ceti medi e medio-alti ci fu una
maggiore possibilità d’istruzione, di libertà
di movimento, di vita sociale e ricreativa,
e si moltiplicarono le opportunità per le
giovani di conquistare una propria indipendenza economica.
Il primo Ottocento è dominato in ambito
culturale dal Romanticismo, che esalta la
spontaneità e il sentimento. “La radice dell’arte è il nostro cuore” affermava
Wackenroder, iniziatore del Romanticismo
tedesco. A metà del secolo si afferma il
Realismo, che fa entrare nel mondo dell’arte
contadini, emarginati, persone comuni della vita di ogni giorno; l’Ottocento si chiude
poi con l’Impressionismo.
Nell’arte italiana, agli inizi dell’Ottocento, si
hanno ancora raffigurazioni di donne aristocratiche, in pose formali e ufficiali, come il
Ritratto della contessa Teresa Zumali Masili con
il figlio Giuseppe di Francesco Hayez (1833),
dove la novità è data dalla grande attenzione al colore, alla luce, e alla resa materica
È una scena comune di vita quotidiana:
davanti ad una sobria casa di campagna due
ragazze, probabilmente due sorelle (hanno
un abito uguale), salutano la padrona che
è uscita da casa per andare loro incontro,
mentre una signora più matura, forse la
madre, è leggermente indietro. L’atmosfera
invernale contribuisce a rendere alla scena
una pacata serenità. Sia il paesaggio sia la
casa richiamano un casolare della campagna toscana.
Con i Macchiaioli, accanto ad una grande
rivoluzione nei confronti della pittura accademica, ci fu anche una notevole innovazione nei soggetti. Le donne non sono più
raffigurate con vestiti sfarzosi, ingioiellate,
sempre ritratte nel momento migliore della
loro bellezza; non sono raffigurate, nude,
a dar vita a personaggi del mito, ma sono
colte nella vita di tutti giorni, in momenti
intimi, mentre scrivono una lettera o leggono un libro, ricamano, lavorano. Non più
quindi figure auliche e solenni, senza espressioni ma persone che provano tutta la sfera dei
sentimenti, come il piacere della lettura, la
complicità fra due donne, anche di livello
sociale diverso (la padrona che si mette a
disposizione della domestica per insegnarle
a leggere), la sensualità, la maternità, la
dedizione ai lavori anche i più umili.
Spesso modelle dei propri compagni, le
giovani donne degli artisti definiscono una
nuova immagine femminile, legata non più
solo alle tradizionali occupazioni domestiche cucito, ricamo, cura della casa e dei
bambini ma ampliata alla lettura, all’arte,
alla musica e inserita nel sociale, ben oltre
l’ambiente chiuso della famiglia.
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Donna colta
☛ Silvestro Lega – La lettura, 1864
La donna, seduta su una panchina di pietra
di un’appartata villa toscana, è assorta nella
lettura. Contribuiscono a creare un’atmosfera di raccoglimento la nitida scansione
spaziale e i misurati valori della luce e dei
colori.
☛ Gioacchino Toma – La lettrice (o Donna
che legge sdraiata), 1870
La lettrice di Gioacchino Toma, uno tra i
maggiori pittori dell’Ottocento napoletano,
è seduta in poltrona, ritratta di profilo e
concentrata. Il pittore sembra lasciarla al
suo impegno e interessarsi invece di valori
cromatici: l’ampia blusa nera che copre
l’abito bianco rosato, contrasta fortemente
con la carta da parati rossa a motivo floreale
e il cuscino bianco.
☛ Federico Faruffini – La lettrice (o Clara),
1865
Federico Faruffini, anticipatore dei modi
degli Scapigliati lombardi, dipinge la sua
lettrice cinque anni prima della Lettrice di
Toma; ma il suo dipinto è più moderno nel
taglio prospettico obliquo e nel soggetto:
una giovane ritratta di spalle legge un libro,
comodamente seduta su un divano rosso,
davanti a un tavolino ricolmo di altri volumi, e allontana da sé il fumo della sigaretta
accesa, che tiene tra le dita della mano.
Clara è stata definita “un esempio di bovarismo”, in quanto si avverte in lei la donna
inquieta, che disdegna la vita monotona e
insegue fantasie romantiche, attraverso la
lettura.
È ritratta in una “posa rubata” del tutto inconsueta per l’epoca: fuma, legge, è adagiata
sul divano e sembra non accorgersi dello
sguardo del pittore, sfidando le convenzioni
e la moralità borghese. È un piccolo capolavoro che l’artista non ha mai esposto nella
sua vita.
☛ Mosè Bianchi – La lettrice, 1867
Ancora un’altra lettrice che, immersa nella
lettura, diviene occasione per virtuosismi
luministici concentrati soprattutto nella
capigliatura raccolta e arricchita di perle.
Federico Faruffini – La lettrice (o Clara), 1865
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Mosè Bianchi – La lettrice, 1867
☛ Adolfo Belimbau – Sfogliando i disegni,
riflessi argentei.
☛ Oscar Ghiglia – Donna che scrive, 1908
1894
Qui la donna è sorpresa mentre ammira
compiaciuta dei disegni, forse di moda.
L’attenzione dell’artista è tutta concentrata
nella resa luministica del vestito bianco con
La presenza delle donne nella tradizione
letteraria – peraltro fino all’Ottocento a carattere quasi esclusivamente religioso – conferma un variegato panorama di poetesse,
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martiri, viaggiatrici, visionarie, pedagoghe,
mistiche, predicatrici, narratrici, regine,
che ci hanno consegnato un patrimonio di
esperienze e di testimonianze, per lo più
finora sepolto.
☛ Odoardo Borrani – L’analfabeta, 1869
In un interno borghese molto ben arredato, la padrona di casa, forse la moglie del
pittore, scrive una lettera per conto della
domestica analfabeta.
Adriano Cecioni – Le ricamatrici, 1866
Serenità e raccoglimento sono i caratteri
comuni della scenetta domestica. La lezione
di piano, impartita a un gruppetto di tre
bambini attenti, è ambientata in un salotto
Odoardo Borrani – L’analfabeta, 1869
Donna angelo del focolare
Accanto alla nuova visione della donna,
emancipata, colta, persiste una visione più
tradizionale, che la vede ancora intenta a
occupazioni femminili e nel ruolo materno.
☛ Adriano Cecioni – La Lezione di piano,
1866/67
Adriano Cecioni – Gioie materne, 1880
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Henri de Toulouse-Lautrec – Al Moulin Rouge
☛ Adriano Cecioni – Gioie materne, 1880
con vista sul mare.
☛ Adriano Cecioni – Le ricamatrici, 1866
Due giovani donne su un terrazzo sono intente a ricamare, mentre una terza si dedica
all’uncinetto. Sedute in un angolo appartato
e silenzioso, lavorano senza parlare.
☛ Cristiano Banti, Signora in terrazzo, 1882
La donna, ritratta di profilo e con un taglio
prospettico dal basso verso l’alto, ricama
all’aperto sui gradini davanti a una casa, che
si percepisce agiata.
☛ Felix Mestres y Borrel – La madre orgogliosa
In un interno medio-borghese, una giovane
madre mostra la sua creatura probabilmente a un’amica venuta in visita, sotto
lo sguardo compiaciuto di una donna di
servizio.
(circa)
Qui la madre gioca col bambino tenuto in
braccio da una balia.
Donna mondana, trasgressiva, sensuale
☛ Édouard Manet – Olympia, 1863
Manet fu il maestro e l’anticipatore dell’Impressionismo; con le sue opere suscitò
spesso la reazione scandalizzata della critica
e del pubblico. Olympia è una prostituta,
distesa nuda in una posa classica su un letto
sfatto; una serva di colore le porge un mazzo
di fiori, donatole forse da un corteggiatore.
☛ Pierre-Auguste Renoir – Ballo al Moulin de
la Galette, 1876
☛ Pierre Auguste Renoir – Colazione dei
canottieri, 1882
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Renoir fu definito “il pittore della gioia di
vivere”, concentrò la sua attenzione, oltre
che sui paesaggi, che dipingeva sempre dal
vero, anche sulla vita quotidiana, riuscendo
a rendere la vivacità della vita parigina.
Giovani donne con i loro compagni sono
raffigurate in momenti spensierati, mentre
ballano all’aperto o discorrono tra di loro
dopo aver mangiato e vogato in canoa. La
vibrazione cromatica dei dipinti, lo studio
degli effetti atmosferici della luce, bene
rendono il dinamismo, la vivacità, l’allegria
di quei momenti.
☛ Edgar Degas – Classe di danza, 1871/74
Motivo ricorrente nei dipinti di Degas
furono i caffè, le corse dei cavalli, le scuole
di ballo. In quest’opera l’artista raffigura la
conclusione di una lezione: le allieve, stanche, si riposano, alcune si stiracchiano, altre
si grattano la schiena o si sistemano un fiocco, un orecchino, prestando poca attenzione
all’insegnante. Anche le ballerine sono viste
nella loro quotidianità, nel duro lavoro di
preparazione che compiono ogni giorno, e
raramente sono raffigurate nel momento
della loro esibizione pubblica.
☛ Henri de Toulouse-Lautrec – Al Moulin
Rouge, 1892/1895
Toulouse-Lautrec fu un artista post-impressionista e rappresentò spesso la vita nei
locali e teatri di Parigi e, in particolare, nei
bordelli, dove a varie riprese fissò anche la
sua dimora-studio. Ballerine come Yvette
Guilbert, Jane Avril, Louise Weber vivono
ancora grazie ai suoi dipinti. Qui è rappresentata la vita notturna parigina, all’interno
del locale più alla moda del tempo, il Moulin Rouge. Al centro della tela, sullo sfondo,
si vede lo stesso Lautrec, riconoscibile dalla
bassa statura; al tavolo sono seduti amici
del pittore, la ballerina spagnola detta La
Macarona e un’altra ballerina, Jane Avril,
con i suoi capelli rossi fiammanti. Sullo
sfondo, la donna che si sistema la capigliatura conversando con un’altra signora è la
ballerina detta La Goulue, che inventò la
mossa.
☛ Domenico Morelli – Donna col ventaglio,
Domenico Morelli – Donna col ventaglio
1873
La tela ritrae, nel sensuale personaggio femminile col ventaglio, Anna Cutolo, modella
prediletta dell’ambiente artistico napole-
Vito D’Ancona, Donna che fuma
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Giuseppe De Nittis – Il salotto della Principessa Mathilde
pressionismo, fu amico della principessa
Mathilde Bonaparte, cui regalò anche due
ventagli di stile giapponese da lui stesso dipinti. Mathilde era stata fidanzata con Luigi
Napoleone Bonaparte e poi aveva sposato
il granduca di Toscana. La nobildonna è
rappresentata sullo sfondo, al centro della
composizione, nell’atto di conversare con
un anziano signore dalla barba bianca. Protagonista è invece l’anonima signora raffigurata di spalle in primo piano, sulla destra:
una donna, dai capelli rossi raccolti in uno
chignon, vestita di un abito nero scollato ed
elegante. Accanto a lei un tavolo illuminato
e una superba composizione di fiori. Nel
salotto, sfarzoso e raffinato, gli ospiti sono
comodamente seduti su poltrone di gran
lusso, gli uomini con i frac neri e i bianchi
sparati, le donne con abiti da sera dalle
generose scollature. De Nittis ha spesso
raffigurato i luoghi della mondanità, teatri
tano e futura moglie di Vincenzo Gemito.
La donna, a seno scoperto, guarda languidamente verso il pittore. Il dipinto mostra
quanto Morelli fosse attratto dalla cosiddetta “moda orientalista”, molto apprezzata a
Napoli in quegli anni. I pittori orientalisti,
che spesso non avevano mai visitato l’oriente, tendevano a ritrarre figure, ambienti,
scene di vita, del mondo mediorientale,
carichi di fascino, esotico e di sensualità
libera da convenzioni borghesi.
☛ Vito D’Ancona, Donna che fuma, 1878
Il dipinto raffigura una giovane modella
nell’atto di espirare il fumo di una sigaretta. L’immagine della fumatrice appartiene
all’iconografia della donna moderna, e qui si
presenta in un atteggiamento di seduzione.
☛ Giuseppe De Nittis – Il salotto della Principessa Mathilde, 1883
Giuseppe De Nittis, pittore vicino alla
corrente artistica del verismo e dell’Im-
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e sorridente, è avvolta in un modernissimo
abito di velluto di seta cangiante in mille
sfumature di rosa ciclamino, che riprende
i colori dei fiori posati sul divano e appuntati alla scollatura. Olivia, marchesa di
Casa Concha, la signora in rosa, o meglio la
signorina in rosa, perché nel 1916 non era
ancora sposata, era nata in Cile e, venuta in
Europa per godere della spumeggiante vita
di società, aveva poi sposato un brillante
avvocato cileno.
Donna comune, contadina, operaia
Accanto alla donna del bel mondo, che
vive di balli e di feste, c’è anche la donna
comune, quella che in città lavora duramente, o che è costretta a prostituirsi per la
miseria. Ritratta spesso la contadina, che
segue gli uomini nel lavoro sui campi. La
presenza femminile era costante in quasi
tutte le principali operazioni agricole: dalla
cura del grano, delle vigne, degli olivi, alla
semina, alla fienagione, alla mietitura,
alla trebbiatura e alla raccolta. Compito di
donne e di ragazzi erano inoltre particolari attività, prima fra tutte la custodia e il
pascolo di pecore, di maiali o di altri animali
domestici. Alle donne di casa era affidato
il compito di andare a far legna nei boschi
per il focolare domestico, e di confezionare
fascine. L’operazione del bucato spesso
avveniva al torrente o al fiume più vicino, o
a un lavatoio pubblico. Le donne aiutavano
inoltre nella stalla, nel preparare e somministrare il vitto al bestiame; badavano al
pollaio, allevavano conigli, polli, piccioni, e
altri animali da cortile.
☛ Edgar Degas – L’assenzio, 1875/76
Sono qui raffigurati, seduti immobili al
tavolo di un bar, una prostituta e un clochard, abbrutiti dall’alcool, che si ignorano.
È questa l’altra faccia della medaglia della
Belle Époque: accanto alla vita mondana e
frizzante che una società benestante poteva
condurre, c’erano risvolti problematici e
tristi. Qui sono due diseredati, emarginati,
consumati e intorpiditi dall’alcool, con gli
sguardi vuoti e assenti, a incarnare due
Giovanni Boldini – La signora in rosa
come prestigiosi salotti, dove a dominare la
scena sono ricche ed eleganti signore.
☛ Giovanni Boldini – Mademoiselle Lanthelme, 1907
Il dipinto ritrae Mathilde Fossey, più nota
col nome di Geneviève Lanthelme, attrice e
cantante di grande bellezza, che aveva sposato un ricchissimo uomo d’affari. Boldini
è stato uno straordinario interprete della
bellezza femminile nel periodo della Belle
Époque. Nel ritrarre le donne, ne esaltava
le caratteristiche migliori, ne allungava le
gambe, ne affusolava le mani, le disegnava
flessuose e avvolte in fruscianti abiti alla
moda; disinibite, e naturali, apparivano
consapevoli del proprio fascino; inquiete e
insoddisfatte, dagli sguardi, ora struggenti,
ora malinconici, ma sempre compiaciute
della loro immagine.
☛ Giovanni Boldini – La signora in rosa, 1916
Boldini fece questo ritratto a settantaquattro anni, sull’orlo della cecità, mentre
l’Europa era devastata dalla guerra. Ma
nulla traspare nel dipinto. La giovane, fresca
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Edgar Degas – Le stiratrici, 1884
solitudini.
☛ Edgar Degas – Le stiratrici, 1884
Degas è stato anche un attento osservatore
del mondo del lavoro. Qui sono raffigurate
due donne all’interno di una stireria: una
sbadiglia, impugnando con una mano una
bottiglia e portandosi l’altra mano al volto;
l’altra continua a stirare energicamente,
piegata sul ferro da stiro con tutto il peso del
proprio corpo.
☛ Jean-François Millet – Le spigolatrici, 1857
Millet descrisse la fatica del lavoro nei campi, con l’intento di denunciarne gli stenti.
Tre donne, curve, raccolgono le spighe
sfuggite alla mietitura, nascondendo i volti
stanchi e sudati per la fatica della giornata
e per il sole che picchia sulle loro teste; i
loro abiti sono sporchi e vecchi, le loro mani
gonfie e nodose. Sono le più misere tra i miseri, probabilmente vedove che hanno perso
il sostentamento, eppure ci appaiono piene
di dignità, in una dimensione di solenne
monumentalità.
☛ Honoré Daumier – Il vagone di terza classe,
1862
Anche Daumier denuncia le condizioni
sociali delle classi più povere, che viaggiano
stipate in un vagone affollato: le due donne
in primo piano sono ritratte con lo sguardo
perso nel vuoto, la vecchia contadina, al
centro, tiene un paniere tra le mani nodose,
la giovane allatta un neonato, il ragazzo si
accascia addormentato.
☛ Francesco Paolo Michetti– La raccolta
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Francesco Paolo Michetti– La raccolta delle olive
no Adolfo. Ludovico è la personalità più
decisa dei tre. In questo dipinto ci restituisce un’immagine femminile di carattere
intimista; la mancanza di descrizione
fìsiognomica della figura che volge le spalle
allo spettatore, con la testa reclinata, isola
il personaggio. Fare il bucato è da sempre
un’attività tipicamente femminile, un’attività in passato dura e faticosa, svolta a
mano. In città le donne usavano le fontane
pubbliche o i lavatoi comunali. In campagna, dove mancavano fontane e lavatoi,
erano solite andare sulle rive dei torrenti,
dei fiumi o di piccoli ruscelli. Pur essendo
un lavoro pesante, rappresentava un importante momento di aggregazione perché
era vissuto dalle donne con vivo spirito di
gruppo e di solidarietà. Numerosi dipinti
rappresentano lavandaie: sono istantanee
della realtà quotidiana, autentici ritratti
della fatica fisica delle donne. I volti sono
sfocati, nessuna sembra emergere con la
propria soggettività, ciò che le caratterizza è
soltanto il lavoro. L’attenzione dei pittori si
concentra sulla luce naturale che si riflette
sui bianchi di lenzuola, camicie e sulle
increspature dell’acqua.
☛ Angiolo Tommasi – Lavandaie sull’Ema,
1883
delle olive, 1885
Michetti è certamente il più grande pittore
che l’Abruzzo possa vantare, nonché uno
dei maggiori esponenti del realismo napoletano. Le sue opere mostrano l’Abruzzo dei
contadini e dei pastori, con i loro variopinti
costumi, le loro usanze, tradizioni e la loro
superstiziosa religiosità. La raccolta delle
olive, omaggio all’amata terra nativa, rievoca la bellezza di un mondo incontaminato,
quella del paesaggio abruzzese, aperto sullo
sfondo verso il mare Adriatico.
☛ Giovanni Segantini – La raccolta del fieno,
1889/98
Segantini attinge i suoi soggetti dalla vita
agreste, dove uomini e animali vivono una
vita comune, immersi in una natura che è
sempre amica; i suoi temi sono quelli del
lavoro nei campi, del pascolo, della tosatura
e della filatura. E proprio la ricerca di questi
ambienti, splendenti di luce e di aria, lo porta a trasferirsi con la famiglia in un villaggio
delle Alpi a 1200 metri di quota.
☛ Ludovico Tommasi – Due donne al fiume,
1897
Nelle ricche residenze dei fratelli livornesi
Tommasi, Silvestro Lega, tra il 1880 e il
1885, insegna la sua maniera di dipingere ai
due fratelli Angiolo e Ludovico e al cugi-
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Angiolo Tommasi – Lavandaie sull’Ema, 1883
In questo dipinto il faticoso lavoro femminile si trasforma in un’elegante danza
che, innescata dalla statuaria figura della
donna in primo piano, continua sui vigorosi
dorsi chini e si propaga in profondità. È un
gioioso e corale inno all’impegno quotidiano, esaltato dalla trama luministica chiara e
diffusa, punteggiata dal biancore dei panni
stesi al sole.
☛ Francesco Gioli – Le boscaiole di San Rossore, 1887
Francesco Gioli, pittore della corrente
artistica dei Macchiaioli, ha nella sua produzione tanti studi dal vero, scene di vita
campestre come questa, dove le donne sono
curve sotto il peso della legna che hanno
appena raccolto.
☛ Francesco Gioli – Le Renaiole – L’alzaia
Le renaiole provvedevano all’estrazione
della rena dal fiume. L’alzaia è la fune per
trainare controcorrente barche, battelli ecc.
☛ Angelo Morbelli – In risaia, 1901
Angelo Morbelli trattò prevalentemente
paesaggi e scene di vita popolare ispirate a
ideali socialisti e umanitari. Fece oggetto di
molti suoi quadri i paesaggi delle risaie del
casalese. La vita delle mondine era segnata
da soprusi e sofferenze; dovevano affrontare
ogni anno l’incertezza di ottenere un posto
di lavoro e con esso, un contratto. Quando il
lavoro c’era, in cambio di alcune settimane
di salario, si doveva accettare il distacco
dalla famiglia, una lenta trasferta in vagoni
merci e le notti passate in cameroni senza
la minima garanzia di dignità. Il dipinto
Angelo Morbelli – In risaia
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denuncia la condizione lavorativa assai
dura delle donne nelle risaie. In primo piano
si notano le mondine chine a piantare il
riso, l’una accanto all’altra; ognuna compie
lo stesso gesto; la terza invece si alza per
sistemarsi il copricapo e rompe l’ordine e
la monotonia. In secondo piano, un’altra
fila di donne in prospettiva obliqua compie
gli stessi gesti. Il campo di riso è molto
vasto, sul fondo gruppi di alberi chiudono la
risaia, che tanto più si percepisce immensa
in quanto al cielo è riservata una sottile
striscia. Il taglio obliquo, gli effetti di luce,
gialla e abbagliante, i riflessi sulla superficie
dell’acqua danno all’inquadratura un effetto
cinematografico e conferiscono al dipinto
una verosimiglianza quasi fotografica.
☛ Angelo Morbelli – Per ottanta centesimi,
1895
Anche questo dipinto documenta la dura
attività delle mondine, raffigurate con i
piedi nell’acqua, curve, allineate e di spalle.
Il titolo sottolinea la denuncia sociale per il
misero compenso.
Le immagini citate sono visibili a questo indirizzo online: http://goo.gl/BlToKO
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Progetto grafico e impaginazione
Mauro Zennaro
Determinazione n. G05009 del 16.12.2013
Regione Lazio
Avviso pubblico concessione di contributi
economici a sostegno di progetti da attuare
nelle Scuole del Lazio
Progetto n. 184 “Linguaggi di Genere”
CUP H82D14000000002