La donna nell`arte dell`800
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La donna nell`arte dell`800
1 LA DONNA NELL’ ARTE DELL’OTTOCENTO COLTA, EMANCIPATA, OPERAIA Prima di addentrarci nell’argomento vero e proprio, è necessario accennare al contesto storico e delineare le correnti artistiche del tempo Quadro storico La "questione femminile" era già emersa alla fine del secolo precedente, ma è nell'Ottocento che le donne cominciano a essere più consapevoli dei loro diritti, pur perdurando lo stereotipo che le vedeva ancora nel ruolo di madre e angelo del focolare. L'Illuminismo e la rivoluzione industriale crearono un clima favorevole. Le donne cominciarono a entrare in fabbrica, anche se ricevevano una remunerazione appena superiore alla metà di quella maschile; per la donna dei ceti medi e medio-alti ci fu una maggiore possibilità d'istruzione, di libertà di movimento, di vita sociale e ricreativa, e si moltiplicarono le opportunità per le giovani donne di conquistare una propria indipendenza economica. In Italia il movimento di emancipazione è stato più lento rispetto agli altri paesi industrializzati. Il Codice di Famiglia del 1865 sanciva che le donne non potevano esercitare la tutela sui figli, né essere ammesse ai pubblici uffici, e se sposate, la gestione dei loro guadagni spettava al coniuge. Soggette alla patria potestà, col matrimonio passavano alla potestà maritale. I primi moti rivoluzionari, del 1820, reclamavano l’autodeterminazione dei popoli: furono tutti repressi; nuove rivoluzioni scoppiarono nel 1830: portarono sul trono francese Luigi Filippo d’Orléans che concesse la costituzione; un’altra ondata rivoluzionaria nel 1848 scatenò in Italia la Prima guerra di indipendenza; sempre nel 1848 Marx ed Engels pubblicarono il Manifesto del Partito Comunista; la borghesia cominciò a sviluppare la produzione capitalistica; nacque il proletariato industriale; in filosofia si affermò il Positivismo; in letteratura il Naturalismo si interessò ai problemi sociali – in Italia il Verismo ebbe una connotazione più pessimistica; nacque la fotografia. Panorama artistico Il primo Ottocento è dominato in ambito culturale dal ROMANTICISMO, che esalta la spontaneità e il sentimento del soggetto, opponendosi al razionalismo illuministico dell’arte neoclassica, che aveva dominato la fine del Settecento, perdurando nei primi decenni del secolo seguente. Il Romanticismo nasce in Germania, sviluppando i presupposti già presenti nello Sturm und Drang, accogliendo il concetto del “sublime” formulato da Kant e seguendo l’intuizione del monaco tedesco Wackenroder, che invitava a rivolgere lo sguardo all’interno dell’anima umana, per cogliere Dio. “La radice dell’arte è il nostro cuore” Dante Gabriele Rossetti (1828-1882) è il principale esponente della Confraternita dei Preraffaelliti, costituita in Inghilterra nel 1848, che predicava un ritorno all’epoca tardomedioevale, in particolare alla spiritualità e allo stile tardo-gotico e primo rinascimentale del Trecento e del Quattrocento, e rifiutava quel rinascimento maturo che trovava in Raffaello l’esponente più tipico. 2 Le opere preraffaellite sono silenziose e malinconiche, tutte permeate di un dolore comune; la figura femminile è sempre presente e svolge un ruolo simile a quello di Beatrice per Dante, ha il compito di svelare la dimensione trascendentale. Beata Beatrix, Dante Gabriele Rossetti, 1864-70 Qui l’immagine di Beatrice, la donna amata da Dante, si confonde con quella di Elizabeth Siddal, la moglie dell’artista anch’essa morta giovane. La donna, infatti, riceve nelle mani da un uccello rosso, simbolo di morte, un papavero bianco. Elizabeth Siddal morì infatti per una overdose di laudano, una droga che si estrae anche dal papavero. In secondo piano compaiono due figure: sono di nuovo Beatrice, la cui testa è circondata da un’aureola, che riceve Dante nel Paradiso. Sullo sfondo si apre uno squarcio luminoso che fa intravedere il Ponte Vecchio a Firenze. Tutto in quest’opera rimanda ad una dimensione trascendentale, anche l’espressione assorta della donna e la luce mistica che le illumina i capelli. Proserpina, Dante Gabriele Rossetti, 1874 Ad essere ritratta è Jane, moglie di William Morris, il fondatore della Confraternita, che in anni precedenti aveva già posato per Rossetti. In questa tela è ritratta come Proserpina, la fanciulla rapita da Ade, signore dell’oltretomba, per farla sua sposa, con un melograno in mano, simbolo di matrimonio ma anche di prigionia. In alto, all’interno di un cartiglio, Rossetti scrive anche una breve poesia, in italiano, per sottolineare la condizione di infelicità in cui era costretta Proserpina. Un ulteriore elemento che evidenzia la sua condizione di prigionia è il gesto di cingersi il polso, come se fosse imprigionata. PROTAGONISTI DEL REALISMO IN FRANCIA: Jean-Francois Millet, Honoré Daumier MILLET (1814-1875), pittore paesaggista della scuola di Barbizon, descrisse la fatica del lavoro nei campi, con l’intento di denunciarne gli stenti. Ne Le Spigolatrici, 1857, tre donne, curve nei campi, raccolgono le spighe sfuggite alla mietitura, mentre alle loro spalle la luce del sole illumina il campo. Nascondono i volti stanchi e sudati per la fatica della giornata e per il sole che splende sulle loro teste; i loro abiti sono sporchi e vecchi, le loro mani gonfie e nodose: così Millet denuncia gli stenti a cui era costretta la classe di contadini . Sono le più misere tra i miseri, probabilmente sono vedove, che hanno perso il sostentamento che l’uomo portava a casa, 3 eppure ci appaiono piene di dignità. Millet, infatti, le rappresenta con una monumentalità solenne, e le dispone in uno spazio estremamente ordinato. Tra i dipinti di DAUMIER (1808-1879) IL VAGONE DI TERZA CLASSE, 1862, affronta un tema di vita quotidiana con accenti di intensa poesia. Anche Daumier denuncia le condizioni sociali delle classi più povere, che viaggiano stipate in un vagone affollato: le due donne in primo piano sono ritratte con lo sguardo perso nel vuoto, la vecchia contadina, al centro, tiene un paniere tra le mani nodose, la giovane allatta il neonato, il ragazzo si accascia addormentato. L’IMPRESSIONISMO Nel 1874, a Parigi, un gruppo di pittori che si riunivano al Caffè Guerbois e si definivano “Artisti Indipendenti”, tenaci oppositori dell’arte accademica, decise di organizzare una mostra collettiva autonoma presso lo studio del fotografo Nadar. La mostra fu visitata dal giornalista Louis Leroy che, con intento denigratorio, coniò il termine “impressionismo”, desumendolo dal titolo di un quadro di Monet “Impression: soleil levant”. Nonostante lo scarso gradimento del pubblico, gli artisti, che accettarono volentieri di definirsi “impressionisti”, organizzarono dopo la prima altre sette mostre, tutte autofinanziate, fino al 1886, anno in cui il movimento può ormai considerarsi esaurito NOVITA’ L’attenzione che gli impressionisti hanno a raffigurare la realtà non è nuova: gran parte della pittura francese dell’Ottocento, nel clima culturale positivistico, era orientata in tal senso, dai pittori della Scuola di Barbizon, a Courbet, a Daumier; l’impressionismo invece vuole rappresentare la realtà per come la percepisce, cogliendone soprattutto gli effetti di luce. Rifiuta i soggetti storici, mitologici, religiosi, in nome di un rapporto diretto con il vero. I nuovi temi sono desunti dall’osservazione diretta della natura e da scene di vita quotidiana, soprattutto lo spettacolo della città con la folla che anima le strade, le stazioni, i caffè, i teatri GLI IMPRESSIONISTI ÉDOUARD MANET (1832-1883) fu il maestro e l’anticipatore; con le sue opere suscitò la reazione scandalizzata della critica e del pubblico. COLAZIONE SULL’ERBA rappresenta la conversazione tra una donna nuda e due giovani vestiti, e sul prato un cesto di frutta. Il dipinto fu considerato, per il soggetto, una sfida alla morale borghese e, per l’assenza del disegno e l’impressione di sommarietà, anche alla pittura accademica perfettamente rifinita. In OLYMPIA è raffigurata una giovane prostituta che, distesa nuda nel suo letto, guarda con aria di sfida lo spettatore, mentre riceve dalla serva di colore un omaggio floreale 4 PIERRE – AUGUSTE RENOIR (1841-1919) definito “il pittore della gioia di vivere”, concentrò la sua attenzione, oltre che sui paesaggi, che dipingeva sempre dal vero, anche sulla vita quotidiana, riuscendo a rendere la vivacità della vita parigina. La sostanza dei suoi dipinti è la vibrazione cromatica, lo studio degli effetti atmosferici della luce, che diventa parte integrante degli oggetti. EDGAR DEGAS (1834-1917) Ebbe una formazione accademica e visitò l’Italia per ammirarne la pittura classica, ma poi conobbe gli impressionisti e cominciò a rappresentare il mondo dei caffè, delle corse dei cavalli e delle scuole di ballo. Preferiva però lavorare nello studio e considerava essenziale il disegno. Ne “L’assenzio”, seduti immobili al tavolo di un bar, una 5 prostituta e un vagabondo, abbrutiti dall’alcol, si ignorano. Degas è stato anche un attento osservatore del mondo del lavoro. Il suo interesse è rivolto soprattutto alle condizioni di modiste e di stiratrici. L'artista affronta questo tema ritraendo figure isolate viste in controluce, messe in risalto dal candore della biancheria. In questa versione, del 1884/86, sono raffigurate due donne all'interno della stireria, una sbadiglia, l'altra continua a stirare energicamente. HENRI DE TOULOUSE-LAUTREC (1864 – 1901) fu un artista post-impressionista e rappresentò spesso la vita nei locali e teatri di Montmartre e di Parigi e, in particolare, nei bordelli, dove a varie riprese fissò anche la sua dimora-studio. Ballerine come Yvette Guilbert, Jane Avril, Louise Weber vivono ancora grazie ai suoi dipinti. Al Moulin Rouge 1892/ 1895 - E’ qui rappresentata la vita notturna parigina, all’interno del locale più alla moda del tempo, il Moulin Rouge. Al centro della tela, sullo sfondo, si vede lo stesso Lautrec, riconoscibile dalla bassa statura; al tavolo sono seduti amici del pittore, la ballerina spagnola detta La Macarona e un’altra ballerina, Jane Avril, con i suoi capelli rosso fiammante. Sullo sfondo, la donna che si sistema la capigliatura conversando con un'altra dama è la ballerina detta La Goulue, che inventò la mossa. Nelle affiches Toulouse Lautrec ha pubblicizzato le grandi vedette del tempo. L’arte dell’Ottocento in Italia Nell’arte italiana, agli inizi dell’ottocento, si hanno ancora raffigurazioni di donne aristocratiche, come il “Ritratto della contessa Teresa Zumali Masili con il figlio Giuseppe” di Francesco Hayez (1833). Francesco Hayez (Venezia, 1791 – Milano, 1882) massimo esponente del romanticismo pittorico italiano, veneziano di nascita, a Roma fu allievo del Canova, maestro neoclassico. Lasciò poi Roma e venne chiamato a Milano a insegnare 6 all'Accademia di Belle Arti di Brera. La sua arte, basata su eccellenti doti di disegnatore, non è esente da una certa freddezza e artificiosità. Il suo romanticismo è sempre stato considerato infatti più formale che sostanziale. La sua miglior produzione artistica è considerata quella dei ritratti che egli fece ad alcuni degli uomini più famosi dei suoi tempi: Gioacchino Rossini, Ugo Foscolo, Alessandro Manzoni, Antonio Rosmini, Massimo d'Azeglio e Cavour. La sua opera più nota è “Il Bacio” (1858), ambientata in epoca medioevale, dove un giovane, che saluta baciando la sua innamorata, allude ad un patriota che sta per andare in guerra contro gli Austriaci. E’ conservato nella Pinacoteca dell'Accademia di Brera; altre tre repliche, che l’artista realizzò sono in collezioni private. In questo quadro l'autore riunisce le principali caratteristiche del romanticismo storico italiano. L'uomo, mentre bacia la sua amata, appoggia la gamba sul gradino: in questo modo suggerisce che sta partendo e saluta fugacemente la sua amata in un angolo appartato. I volti dei giovani sono nascosti e l'intensità e la sensualità della scena coinvolgono emotivamente l’osservatore: l’uomo con le gambe asseconda la sensuale inclinazione del corpo della donna. Capolavoro di grande maestria è l’abito della donna, azzurro cangiante, con una sensazione tattile di una stoffa lucida e pesante, dovuto certamente alla tradizione coloristica veneta, assimilata dall’artista nella sua formazione. L'intera scena, a giudicare dagli abiti e dall'architettura, si svolge in un'ambientazione medioevale, ma in realtà è del tutto immersa nel presente a causa del significato e del soggetto iconografico (il bacio) del tutto nuovo. Curiosità: Federico Seneca, direttore artistico della Perugina negli anni ’20, rielaborando l'immagine del quadro, creò la tipica scatola blu con l'immagine dei due innamorati dei Baci Perugina. In Italia la corrente realistica si afferma soprattutto in Toscana col gruppo dei MACCHIAIOLI. Si riuniscono a Firenze al Caffè Michelangelo e si ispirano alle vicende risorgimentali, ma soprattutto alla realtà quotidiana, con scene di vita domestica, dando largo spazio alle figure femminili. Il termine “Macchiaioli” deriva dalla peculiare tecnica cosiddetta a “macchia” utilizzata dagli artisti della corrente. Questa consiste nell’adozione di colori puri giustapposti che permettono la definizione dell’immagine attraverso il contrasto cromatico spesso molto acceso nel rifiuto di linee decise per contornare i propri soggetti, in modo che sono soltanto il colore e la luce a costruire la realtà. GIOVANNI FATTORI (1825-1908) è considerato il rappresentante più autorevole. 7 SILVESTRO LEGA (1826-1895) – La Visita (1868) Silvestro Lega (Modigliana, 1826-Firenze, 1895) è considerato, insieme a Giovanni Fattori e a Telemaco Signorini, fra i maggiori esponenti del movimento dei macchiaioli. E’ una scena comune di vita quotidiana: davanti ad una sobria casa di campagna due ragazze, probabilmente due sorelle, perché hanno un abito uguale, salutano la padrona che è uscita loro incontro, mentre una signora più matura è leggermente indietro. L’atmosfera invernale contribuisce a rendere alla scena una pacata serenità. Sia il paesaggio che la casa richiamano un casolare nella campagna toscana. Nel corso dell’Ottocento, accanto ad una grande rivoluzione nei confronti della pittura accademica, ci fu anche una notevole innovazione nei soggetti. Le donne non sono più raffigurate con grandi vestiti sfarzosi, ingioiellate, sempre colte nel momento migliore della loro bellezza; non sono raffigurate, spesso nude, a dar vita a personaggi del mito. Ma sono colte nella vita di tutti giorni, in momenti intimi, mentre scrivono una lettera o leggono un libro, ricamano, lavorano. Non più quindi donne auliche e solenni, senza espressioni, ma donne che provano tutta la sfera dei sentimenti, anche i più semplici, come il piacere della lettura (Gioacchino Toma - La lettrice), la complicità fra due donne, anche di livello sociale diverso, della padrona che si mette a disposizione della domestica per insegnarle a leggere (Borrani - L'analfabeta), la sensualità (Domenico Morelli - Donna con ventaglio) la semplicità della vita quotidiana (Le ricamatrici e La lezione di piano di Adriano Cecioni); la maternità (Gioie materne di Cristiano Banti); la dedizione ai lavori anche i più umili (In risaia di Angelo Morbelli). Spesso modelle privilegiate dei propri compagni, le giovani donne degli artisti definiscono negli anni del Realismo una nuova iconografia, legata non più solo alle tradizionali occupazioni domestiche cucito e cura dei bambini - ma ampliata alla lettura, all’arte, alla musica e inserite in una sfera di contemporaneità. DONNA COLTA Silvestro Lega - La lettura, 1864 La donna, seduta su una panchina di pietra di un'appartata villa toscana, è assorta nella lettura; nitida è la scansione spaziale; misurati i valori della luce e dei colori. 8 Gioacchino Toma - La lettrice (o Donna che legge sdraiata), 1870 Gioacchino Toma (Galatina, 1836 – Napoli, 1891) è stato tra i maggiori pittori dell'Ottocento napoletano. La sua Lettrice è una figura di donna, seduta in poltrona, ritratta di profilo e intenta alla lettura. L’ampia blusa nera che copre l’abito bianco rosato, contrasta fortemente con la carta da parati rossa a motivo floreale e il cuscino bianco; la gradazione del bianco passa dal bianco puro (nel rivestimento della poltrona, nella gorgiera e nel polsino dell’abito) al bianco rosato, e all’incarnato, dove il bianco va nell’arancio. Nera è anche la copertina del libro. La gamma cromatica prevalente, che si esprime attraverso la triade bianco-rosso-nero, è una delle primissime gamme cromatiche utilizzate fin dal neolitico. Federico Faruffini - La lettrice (o Clara), 1865 Federico Faruffini (Sesto San Giovanni, 1833 – Perugia, 1869), pittore e incisore, è considerato un anticipatore dei modi degli Scapigliati lombardi. A livello figurativo e di tematica evidenti sono le analogie con la Donna che legge sdraiata del Toma. Questo però, anche se è stato dipinto cinque anni prima, è più moderno nel taglio prospettico obliquo e nel soggetto: una giovane donna ritratta di spalle legge un libro comodamente seduta su un divano rosso, davanti a un tavolino ricolmo di altri volumi, e allontana da sé il fumo della sigaretta accesa, che tiene tra le dita della mano. Clara è stata definita “un esempio di bovarismo”. Il bovarismo è una corrente di pensiero sviluppatasi durante la seconda metà dell’800; il termine deriva dal celebre romanzo dello scrittore francese Gustave Flaubert, Madame Bovary, e definisce l’inquietudine di chi avverte il divario tra la sua condizione esistenziale e le sue aspirazioni, e, disdegnando la monotonia della vita di provincia, insegue fantasie romantiche e cerca l’evasione dalla realtà anche attraverso la lettura. Il dipinto ha caratteristiche profondamente intimistiche. E’ una “posa rubata” del tutto inconsueta per l’epoca; Clara fuma, legge, è adagiata sul divano e sembra non accorgersi dello sguardo del pittore, sfidando le convenzioni e la moralità borghese. E’ un piccolo capolavoro che l’artista non ha mai esposto nella sua vita. 9 Adolfo Belimbau - Sfogliando i disegni, 1894 Qui la donna è sorpresa mentre ammira compiaciuta dei disegni, forse di moda. L’attenzione dell’artista è tutta concentrata nella resa luministica del vestito bianco con riflessi argentei. Belimbau, (Il Cairo, 1845 - Firenze 1938) il pittore “ buono, bello e bravo”, giunto a Livorno nel 1862, partecipò con regolarità alle manifestazioni artistiche dei macchiaioli, esponendo paesaggi e quadri di genere; trattò anche i temi legati alla vita contadina e a quella popolare. Oscar Ghiglia - Donna che scrive- 1908 Oscar Ghiglia (Livorno, 1876 – Firenze, 1945), sostanzialmente autodidatta, è stato un pittore tra i maggiori esponenti della corrente dei postmacchiaioli, nata in seguito all'influenza dei macchiaioli. La presenza delle donne nella tradizione letteraria– peraltro fino all’Ottocento a carattere quasi esclusivamente religioso – conferma un variegato panorama di poetesse, martiri, viaggiatrici, visionarie, pedagoghe, mistiche, predicatrici, narratrici, regine, che ci hanno consegnato un patrimonio di esperienze e di testimonianze, per lo più finora sepolto. Odoardo Borrani L'analfabeta, 1869 Odoardo Borrani (Pisa, 1833 – Firenze, 1905), pittore macchiaiolo, fu tra i primi a dipingere all'aperto; si distinse per una instancabile ricerca di effetti di luce, frutto di continui spostamenti e appostamenti a contatto con la natura. La sua arte fu influenzata dallo stile quattrocentesco, per i contrasti luminosi, per la narrazione compositiva e per la puntigliosità dei contorni. La sua pittura “di macchia”, tesa alla sintesi di luce-colore, è sempre controllata dal disegno, secondo la più schietta tradizione toscana. L'analfabeta rappresenta un interno borghese molto ben arredato in cui la padrona di casa, forse la moglie del pittore, scrive una lettera per conto della domestica analfabeta. DONNA ANGELO DEL FOCOLARE Adriano Cecioni – La Lezione di piano, 1866/67 10 Adriano Cecioni (Fontebuona, 1836 – Firenze, 1886), pittore e scultore, vicino ai macchiaioli, nel 1863 si trasferisce a Portici, dove diede vita insieme a Giuseppe De Nittis alla cosiddetta Scuola di Resìna. L'intento del gruppo era quello di integrare le istanze macchiaiole con il naturalismo della scuola napoletana. Serenità e raccoglimento sono i caratteri comuni della scenetta domestica. La lezione di piano, impartita a un gruppetto di tre bambini attenti, è ambientata in un salotto con la vista sul mare, motivo in cui gli studiosi riconoscono un omaggio all'ambiente partenopeo, probabile luogo di esecuzione del dipinto. Adriano Cecioni - Le ricamatrici, 1866 Nel dipinto due giovani donne su un terrazzo sono intente a ricamare, mentre una terza lavora all’uncinetto. Sedute in un angolo appartato e silenzioso, lavorano senza parlare. Cristiano Banti, Signora in terrazzo, 1882 Cristiano Banti (Santa Croce sull'Arno, 1824 – Montemurlo, 1904), pittore di formazione accademica, è stato un esponente di spicco del movimento dei Macchiaioli toscani. La donna, ritratta di profilo, e con un taglio prospettico dal basso verso l’alto, ricama all’aperto sui gradini davanti a una casa, che si percepisce agiata. Accanto alla nuova visione della donna, emancipata, colta, persiste una visione più tradizionale, che vede la donna ancora madre, contadina, pastorella. Felix Mestres y Borrell (Barcellona 1872/1933)– La madre orgogliosa 11 Adriano Cecioni – Gioie materne, 1880 ca Giuseppe Palizzi,Pastorella nell’ovile,1860 ca – Giovanni Fattori, Contadina nel bosco 1861 12 DONNA MONDANA, TRASGRESSIVA, SENSUALE Domenico Morelli - Donna col ventaglio, 1873 Domenico Morelli (Napoli 1826 - 1901) fu una delle figure dominanti dell'ambiente artistico napoletano nella seconda metà del sec. XIX; docente all'accademia di Napoli, educò tutta una generazione di pittori. Portò la rivolta antiaccademica nel seno stesso dell'Accademia, prediligendo il realismo e lo studio dal vero. Il tono della sua arte, tipicamente romantico, fu caratterizzato dall'interesse psicologico del soggetto e dalla ricerca di effetti drammatici, talvolta teatrali. Raffinato colorista, fu erede della migliore tradizione napoletana. La tela ritrae nel sensuale personaggio femminile Anna Cutolo, modella prediletta dell’ambiente artistico napoletano e futura moglie di Vincenzo Gemito. Il dipinto mostra quanto Morelli fosse attratto dalla cosiddetta “moda orientalista”, molto apprezzata a Napoli in quegli anni. I pittori orientalisti, che spesso non avevano mai visitato l'oriente, tendevano a ritrarre figure, ambienti, scene di vita, del mondo arabo o mediorientale, sempre carichi di fascino, di esotico mistero e anche di una certa sensualità, per la tendenza romantica a vedere nel mondo esotico un ambiente libero dalle convenzioni borghesi occidentali. Vito D'Ancona, Donna che fuma, 1878 Vito D'Ancona (Pesaro 1825 - Firenze 1884) cominciò dipingendo quadri storici , si accostò poi ai macchiaioli, ma conservando al suo stile solidità di costruzione e di chiaroscuro. Ebbe modo di conoscere e apprezzare G. Courbet, durante un lungo soggiorno a Parigi (1865-74). Dipinse di preferenza ritratti femminili in interni borghesi. Il dipinto raffigura una giovane modella nell'atto di espirare il fumo di una sigaretta. Insieme a quella della lettrice, l'immagine della fumatrice appartiene all'iconografia della donna moderna, e qui si presenta in un atteggiamento di seduzione. Giuseppe De Nittis - Il salotto della Principessa Mathilde, 1883, 13 Giuseppe De Nittis (Barletta, 1846 – Saint-Germain-en-Laye, 1884) è stato un pittore vicino alla corrente artistica del verismo e dell'Impressionismo. Fu amico della principessa Mathilde Bonaparte, a cui regalò anche due ventagli di stile giapponese da lui dipinti. Mathilde era stata fidanzata con Luigi Napoleone Bonaparte e poi aveva si sposato il granduca di Toscana. La nobildonna è rappresentata sullo sfondo, al centro della composizione, nell'atto di conversare con un anziano signore con la barba bianca. La scena è ambientata nell'Hôtel in rue de Berri, ultima residenza della principessa a Parigi; l'elegante soirée vede come protagonista l'anonima donna raffigurata di spalle in primo piano, sulla destra: la donna, dai capelli rossi raccolti in uno chignon, indossa un abito nero scollato ed elegante, come si addice alle donne del tempo. Il salotto, così sfarzoso e raffinato, accoglie molti ospiti, comodamente seduti su poltrone di gran lusso. Accanto alla donna un tavolo illuminato e una composizione di fiori; di grande effetto è il gioco di luci e di ombre delle lampade sulle tende, sui mobili, sulle nere marsine e i bianchi sparati degli uomini e sulle tolette da ballo dalle ampie scollature delle signore. L’autore era molto legato a questo dipinto che non fu donato alla principessa e rimase in possesso dell'artista. Altre opere del De Nittis sono dedicate ai luoghi della mondanità, ai teatri come ai prestigiosi salotti, dove le donne dominano la scena provenendo quasi sempre dalla ricca borghesia impegnata nei rituali della socialità e del divertimento che egli rende attraverso la ricercatezza dell’eleganza, nei ricchi addobbi degli interni, nelle conversazioni sussurrate, delineando i primi tratti della donna moderna. Giovanni Boldini – Mademoiselle Lanthelme, 1907 Giovanni Boldini, (Ferrara, 1842 – Parigi, 1931) è stato uno straordinario cantore della bellezza femminile e protagonista indiscusso della Belle Epoque parigina. Affermato e richiestissimo dal cosiddetto bel mondo, nel ritrarre le donne, ne esaltava le caratteristiche migliori, ne allungava le gambe, ne affusolava le mani, le disegnava flessuose e avvolte in fruscianti abiti alla moda; disinibite, apparivano naturali, ma consapevoli del proprio fascino. Donne inquiete e insoddisfatte, dagli sguardi, ora struggenti, ora malinconici, donne vanitose, compiaciute della loro immagine. Mathilde Fossey, più nota col nome di Geneviève Lanthelme, fu attrice e cantante di grande bellezza, famosa agli inizi del XX secolo. Sposò un ricchissimo uomo d’affari. Giovanni Boldini – La signora in rosa, 1916 14 Boldini fece questo ritratto a 74 anni, sull’orlo della cecità, mentre l’Europa era funestata dalla guerra. Ma nulla nel dipinto trasmette negatività. La giovane appare fresca, spontanea, sorridente. L’arte di Boldini si esalta nel rendere l'abito modernissimo e sciolto di velluto di seta cangiante in mille sfumature di rosa ciclamino, che riprende e riverbera i colori dei fiori posati sul divano di raso e appuntati alla scollatura. Olivia, marchesa di Casa Concha, la signora in rosa, o meglio la signorina in rosa, perché nel 1916 non era ancora sposata, era nata in Cile e venuta in Europa per godere della frizzante vita di società, aveva poi sposato un brillante avvocato cileno. DONNA CONTADINA E OPERAIA La donna che viveva in campagna, la mattina, dopo aver riassettato la casa e preparata la colazione, seguiva gli uomini nel lavoro sui campi. La presenza femminile era costante in quasi tutte le operazioni principali: dalla cura delle culture cerealicole, delle vigne, degli olivi, alla semina, alla fienagione, alla mietitura, alla trebbiatura e alla raccolta. Compito di donne e di ragazzi (pastori e pastorelle) erano particolari attività, prima fra tutte la custodia dei piccoli greggi familiari di pecore, di maiali o di altri animali domestici, da condurre al pascolo. Alle donne di casa era affidato il compito di andare a far legna nei boschi per il focolare domestico, e di confezionare fascine. L’operazione del bucato spesso era completata al torrente o al fiume più vicini, o a un lavatoio pubblico. Le donne aiutavano inoltre nella stalla, nel preparare e somministrare il vitto al bestiame; badavano al pollaio, allevavano conigli, polli, piccioni, e gli altri animali da cortile. 15 Francesco Paolo Michetti- La raccolta delle olive, 1885 (ca) Francesco Paolo Michetti (Tocco da Casauria 1851 - Francavilla al Mare 1929) è certamente il più grande pittore che l'Abruzzo possa vantare, nonché uno dei maggiori esponenti del "realismo napoletano". Le sue opere furono esposte e apprezzate in Italia e all'estero, ma egli rimarrà profondamente legato alla sua terra. Le sue opere mostrano l'Abruzzo dei contadini e dei pastori, con i loro variopinti costumi, le loro usanze, tradizioni e la loro superstiziosa religiosità; nelle sue opere riproduce spesso abbigliamenti e gioielli tipici (la "presentosa", ciondolo, pegno di fidanzamento) della cultura abruzzese. Il suo grande successo è dovuto all'esuberanza della tavolozza, oltre che ai soggetti dei suoi quadri: grandi tele ricche di particolari, affollate di figure, sfavillanti di colori. La raccolta delle olive, omaggio all'amata terra nativa, rievoca le bellezze del paesaggio abruzzese, aperto sullo sfondo verso il mare adriatico; il mondo incontaminato, l'armonia tra la donna e la natura e i colori ridenti che sotto l'effetto della luce del sole acquistano un’intensa luminosità. Segantini Giovanni 1889/98 La raccolta del fieno, Giovanni Segantini (Arco, 1858 – Schafberg, 1899) attinge i suoi soggetti dalla vita agreste, dove uomini e animali vivono una vita comune, immersi in una natura che è sempre amica; i suoi temi sono quelli del lavoro nei campi, del pascolo, della tosatura e della filatura, intrisi di una religiosità discreta, tradizionale. E proprio la ricerca di questi ambienti, splendenti di luce e di aria, lo porta, nel 1886, a trasferirsi con la famiglia in un villaggio delle Alpi a 1213 metri d'altezza. Aderisce alla tecnica divisionista, con cui riesce a esprimere al meglio la sua sensibilità per i temi naturali. 16 Ludovico Tommasi - Due donne al fiume, 1897 Silvestro Lega, a causa delle sue sfortunate risorse finanziarie, viene ospitato a lungo nelle ricche residenze dei livornesi Tommasi. Nella villa di Bellariva, Silvestro Lega tra il 1880 e il 1885, insegna la sua maniera di dipingere ai due fratelli Angiolo e Ludovico e, al cugino Adolfo. (18511933). Sono quelli gli anni delle divergenze tra Lega e Fattori poiché quest’ultimo è molto critico nei confronti dell’indirizzo liberamente “impressionista” assunto dall’arte toscana. I Tommasi sono naturalmente con Lega, come dimostrano i dipinti di Angiolo e di Lodovico. Ludovico Tommasi (Livorno 1866 – Firenze 1941), annoverato nel gruppo dei cosiddetti "impressionisti livornesi", è la personalità più decisa dei tre. Pur aderendo ancora al motivo dello studio dal vero, è aperto a un forte sperimentalismo, soprattutto nell’uso dei colori, e alle istanze divisioniste. Ci restituisce in questo dipinto un'immagine femminile di carattere intimista; la mancanza di descrizione fìsiognomica della figura che volge le spalle allo spettatore, con la testa reclinata, isola il personaggio. Fare il bucato è da sempre un'attività tipicamente femminile, un’attività in passato dura e faticosa, svolta a mano. In città le donne usavano le fontane pubbliche o i lavatoi comunali. In campagna, dove mancavano fontane e lavatoi, erano solite andare sulle rive dei torrenti, dei fiumi o di piccoli ruscelli. Pur essendo un lavoro pesante, rappresentava un importante momento di aggregazione perché era vissuto dalle donne con vivo spirito di gruppo e di solidarietà. Numerosi dipinti rappresentano lavandaie, sono istantanee della realtà quotidiana, autentici ritratti della fatica fisica delle donne. I volti sono sfocati, nessuna sembra emergere con la propria soggettività, ciò che le caratterizza è soltanto il lavoro. L’attenzione dei pittori si concentra sula luce naturale che si riflette sui bianchi di lenzuola, camicie e sulle increspature dell’acqua. Angiolo Tommasi, Lavandaie sull’Ema, 1883 Angiolo Tommasi (Livorno 1859 - Torre del Lago 1923) svilupperà la sua tecnica macchiaiola e dai primi esiti leghiani evolverà verso opere caratterizzate da una fattura veloce e dalla luce abbagliante, in sintonia con il gruppo di artisti che si radunava attorno alla figura di Giacomo Puccini . Angiolo Tommasi – Lavandaie sull’Ema, 1884 La scena risulta particolarmente felice per il complesso impianto e l’articolata composizione. Il faticoso lavoro femminile si trasforma, infatti, in un’elegante danza che, innescata dalla statuaria figura della donna in primo piano, indugia sui vigorosi dorsi chini e si propaga in profondità. E’ un gioioso e corale inno all’impegno 17 quotidiano. Il soggetto è pervaso da una profonda vena lirica, resa nei sottili e meditati accorgimenti pittorici e nella trama luministica chiara e diffusa, punteggiata dal biancore dei panni stesi al sole. Francesco Gioli - Le boscaiole di San Rossore, 1887 Francesco Gioli (San Frediano a Settimo, 1846 – Firenze, 1922) è stato un pittore italiano della corrente artistica dei Macchiaioli. Nella sua ricca produzione un filone interessante è rappresentato dagli studi dal vero, scene di vita campestre, rese sempre con una sapiente partitura metrica dello spazio. Francesco Gioli – Le Renaiole - L’alzaia Le renaiole provvedevano all’estrazione della rena dal fiume. L’alzaia è la fune per trainare controcorrente barche, battelli ecc 18 Morbelli Angelo, In risaia, 1901 Angelo Morbelli (Alessandria, 1854 – Milano, 1919) cominciò progressivamente ad adottare la scomposizione dei colori e intorno al 1890 abbracciò il divisionismo. Trattò prevalentemente paesaggi e scene di vita popolare ispirate a ideali socialisti e umanitari. Fece oggetto di molti suoi quadri i paesaggi delle risaie del casalese. La vita delle mondine fu segnata da soprusi e sofferenze; dovevano affrontare ogni anno l’incertezza di ottenere un posto di lavoro e con esso, un contratto. Quando il lavoro c’era, in cambio di alcune settimane di salario, si doveva accettare il distacco dalla famiglia, una lenta trasferta in vagoni merci e le notti da passare in cameroni senza la minima garanzia di dignità. Il dipinto, realizzato nel 1901, denota quell'interesse per le tematiche sociali che caratterizza molte delle opere di Angelo Morbelli, che qui denuncia la condizione lavorativa assai dura delle donne nelle risaie. In primo piano si notano donne chine a piantare il riso, l'una accanto all'altra e rappresentate in prospettiva, ognuna compie lo stesso gesto, la terza invece si alza per si sistemarsi il copricapo. In secondo piano un’altra fila di donne in prospettiva obliqua, anch’esse compiono gli stessi gesti. Il campo di riso è molto vasto, sul fondo si notano gruppi di alberi che chiudono la risaia, che tanto più si percepisce immensa in quanto al cielo è riservata una sottile striscia. Il taglio obliquo, gli effetti di luce, gialla e abbagliante, i riflessi sulla superficie dell’acqua danno all’inquadratura un effetto cinematografico e conferiscono al dipinto una verosimiglianza quasi fotografica. Angelo Morbelli – Per ottanta centesimi, 1895 Il dipinto documenta la dura attività delle mondine, coi piedi nell’acqua, curve, raffigurate allineate e di spalle. Nel titolo la denuncia sociale per il misero compenso.