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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO La Corte di Appello del distretto di Palermo, 4a Sezione Penale Data Sentenza 05/12/2011 Composta dai Signori: Sentenza anno 2011 1. Presidente Dott. GAROFALO GIANFRANCO 2. Consigliere Dott. MARIA DANIELA BORSELLINO N. 42211 2011 Sent N. 18931201 1 R.G. N. 1025912008 N.R. 3. Consigliere Dott. GIUSEPPE SGADARI N. 50261 2009 R.G.T. il 05/12/2011 con l'intervento del Pubblico Ministero rappresentato dal Sostituto Procuratore Generale della Repubblica Dott. Ettore COSTANZO e con l'assistenza del Cancelliere Sig.ra Gaetana N. TANTI LLO. Reg. Mod. 31SG Ha emesso e pubblicato la seguente: SENTENZA Nel procedimento penale contro: 1. FIDANZATI GAETANO nato il 06/09/1935 in PALERMO, ivi residente VIA S. VINCENZO DE PAOLI, 15; detenuto presso la Casa Circondariale di PARMA; DETENUTO in data 05/12/2009; Sornpilata Scheda per il Zasellario e per l'elettorato 3ddi' lepositat in Cancelleria l 'I DETENUTO - in video-collegamento da Parma - ASSENTE; APPELLANTE Assistito e difeso dall'Avv. GIOACCHINO SBACCHI del foro di PALERMO, PRESENTE. 2. LIGA ANTONINO nato il 20/05/1947 in PALERMO , ivi residente VIA MONREALE, 14; domicilio eletto: Palermo - Via Monreale, 14; DETENUTO in data 31/07/2008, ARRESTI DOMICILIARI in data 25/09/2009; DET. ARR. DOM. - ASSENTE X RINUNZIA; APPELLANTE rrevocabile il Assistito e difeso dalllAvv. LUIGI MATTEI del foro di PALERMO, PRESENTE. 4 3. LO CICERO SALVATORE nato il 22/01/1931 in PALERMO , ivi residente - VIA VERGINE MARIA, 1; domicilio eletto: PALERMO -VIA VERGINE MARIA, 1; * - DETENUTO in data 16/12/2008, ARRESTI DOMICILIARI in data 3010112009; DET. ARR. DOM. - ASSENTE X RINUNZIA; APPELLANTE Assistito e difeso dalltAvv. NINO ZANGHI' del foro di PALERMO, ASSENTE. Il Presidente nominava difensore d'ufficio l'Avv. Luigi MATTEI del foro di Palermo stante l'urgenza e la necessità di reperire un difensore d'ufficio iscritto nelle liste speciali. 4. LO PICCOLO SALVATORE GIOVANNI nato il 20/07/1942 in PALERMO , ivi residente - VIA S. LORENZO, 53; DET. X ALTRO - in video-collegamento da Milano - PRESENTE; APPELLANTE Assistito e difeso dalllAvv. SALVATORE PETRONIO del foro di PALERMO ASSENTE, e dalllAvv. ALESSANDRO CAMPO del foro di PALERMO, ASSENTE; 5. LO PICCOLO SANDRO nato il 16/02/1975 in PALERMO residente in PALERMO VIA S. LORENZO 53; DET. X ALTRO - in video-collegamento da Milano - PRESENTE; APPELLANTE E APPELLATO DAL P.M. Assistito e difeso dalllAvv. SALVATORE PETRONIO del foro di PALERMO ASSENTE, e dalllAvv. ALESSANDRO CAMPO del foro di PALERMO, ASSENTE; 6. NUCCIO ANTONINO nato il 14/06/1961 in PALERMO; domiciliato in Roma - presso Servizio Centrale Protezione; LIBERO - CONTUMACE; APPELLANTE Assistito e difeso dalllAvv. VALERIA MAFFEI del foro di ROMA, ASSENTE, sostituita dall'Avv. Emilia CARUSO del foro di Palermo, come da delega che depositava. Parti Civili ASSINE COMITATO ADDIOPIZZO in pers. del leg. rappr. GENOVA R - ASSENTE; nato a PALERMO il 02/05/1977 , ivi residente - VIA A. DE GASPERI, 53; - domiciliato in PALERMO - C/O A W . SALVATORE FORELLO; rappr. e difesa dall'Avv. SALVATORE FORELLO del foro di PALERMO - ASSENTE; COMUNE DI PALERMO in persona del Sindaco Diego CAMMARATA nato a PALERMO , ivi residente - PIZZA PRETORIA; domiciliato in PALERMO - C/O A W . G.NNI AIRO' FARULLA; rappr. e difesa dall'Avv. GIOVANNI AIRO' FARULLA del foro di PALERMO - ASSENTE; PROVINCIA REGIONALE PALERMO in persona del Pres. Giovanni AVANTI nato a BELMONTE MEUAGNO (PA) il 1411111961 e residente in PALERMO; domiciliato in PALERMO - C/O A W . CONCETTA PILLITTERI: rappr. e difesa dall'Avv. CONCETTA PILLITTERI del foro di PALERMO - ASSENTE; TODARO GIUSEPPE in persona e nella qualità di proc. speclle della "IRIGEL S.R.L. " - ASSENTE; nato a PALERMO) il 12/02/1966 , ivi residente - VIA COSTANTINO, 28; domiciliato in PALERMO - C/ A W . SALVATORE FORELLO; rappr. e difesa dalllAvv. SALVATORE FORELLO del foro di PALERMO, ASSENTE; BONGIOVI' MARCELLO in persona e nella qualità di amministratore delle "BFG RICEVIMENTI" - ASSENTE; nato a PALERMO il 29/03/1969 , ivi residente -VIA DEGLI EMIRI, 57; domiciliato in PALERMO - C/O A W . SALVATORE CARADONNA; rappr. e difesa dall'Avv. SALVATORE CARADONNA del foro di PALERMO - ASSENTE; F.A.I. in persona del leg. rappr. pro-tempore GIUSEPPE SCANDURRA ASSENTE; nato a PAn-I (ME) il 24/12/1955 e residente in NAPOLI - CISO UMBERTO I, N. 22; domiciliato in PALERMO - C/O A W . SALVATORE CARADONNA; rappr. e difesa dal19Avv.SALVATORE CARADONNA del foro di PALERMO - ASSENTE; ASSINE INDUSTRIALI PROV. DI PALERMO in persona di A. SALERNO ASSENTE; h nato a PALERMO il 02/04/1951 , ivi residente - VIA XX SETTEMBRE, 64; - domiciliato in PALERMO - C/O A W . ETTORE BARCELLONA; - rappr. e difesa dalllAvv. ETTORE BARCELLONA del foro di PALERMO, PRESENTE. CENTRO STUDI PIO LA TORRE in persona del Pres. LO MONACO V. ASSENTE; nato a CASTELDACCIA (PA) il 19/02/1944 e residente in - PALERMO - VIA REMO SANDRON, 61; domiciliato in PALERMO - C/O A W . ETTORE BARCELLONA; rappr. e difesa dall'Avv. ETTORE BARCELLONA del foro di PALERMO - PRESENTE. CONFINDUSTRIA SICILIA in persona del Pres. I. LO BELLO - ASSENTE; nato a CATANIA il 21/01/1963 e residente in PALERMO - VIA A. VOLTA, 44; domiciliato in PALERMO - C/O A W . VINCENZO LO RE; rappr. e difesa dall'Avv. VINCENZO LO RE del foro di PALERMO, ASSENTE; ASSINE "SOLIDARIA SCS ONLUS" in persona dell'Amm/re S. CERNIGLIARO ASSENTE; nato a PALERMO il 04/10/1959, ivi residente - VIA MARCO POLO, 52; domiciliato in PALERMO C/O A W . FAUSTO MARIA AMATO; rappr. e difesa dall'Avv. FAUSTO MARIA AMATO del foro di PALERMO - ASSENTE; ASSINE "SOS IMPRESA" in persona del Pres. C. GARRAFFA - ASSENTE; nato a PALERMO il 03/02/1955 , ivi residente - VIA MALASPINA, 27; domiciliato in PALERMO - C/O A W . FAUSTO MARIA AMATO; rappr. e difesa dalllAvv. FAUSTO MARIA AMATO del foro di PALERMO - ASSENTE; CONFCOMMERCIO FEDERINE PROVILE DI PALERMO in per. del Pres. Dr. R. HELG - ASSENTE; nato a PALERMO il 05/05/1936 , ivi residente - VIA E. AMARI 11; . domiciliato in PALERMO - C/O A W . GAETANO FABIO LANFRANCA; I rappr. e difesa dalllAvv. GAETANO FABIO LANFRANCA del foro di PALERMO ASSENTE; - Avverso la sentenza emessa da TRIBUNALE (COL) d i PALERMO in data - 09/07/2010 con la quale dichiarava: Lo Piccolo Salvatore e L o Piccolo Sandro colpevoli del reato in concorso ascrittigli ai capi 2, 3, 8, 9, 13 e 15 unificati sotto il vincolo della continuazione; Liga Antonino, colpevole del reato di cui al capo 2); Fidanzati Gaetano e Lo Cicero Salvatore colpevoli del reato ascrittogli al capo 16), esclusa per Lo Cicero l'aggravante di cui all'art. 61, n. 6 C.P.; Nuccio Antonino colpevole del reato d i cui al capo 5) e condannava: Lo Piccolo Salvatore e Lo Piccolo Sandro alla pena d i anni sedici d i reclusione ed £. 5.000,00 d i multa ciascuno; Liga Antovino alla pena d i anni otto di reclusione ed £.2.000,00 d i multa; Fidanzati Gaetano alla pena d i anni ventiquattro d i reclusione; Lo Cicero Salvatore alla pena di anni quattordici d i reclusione; Nuccio Antonino, concesse le circostanze attenuanti generiche, nonché la circostanza attenuaqte di cui all'art. 8 D.L. n. 15211991, conv. i n Legge n. 20311991, alla pena d i anni tre e mesi quattro d i reclusione. Condannati i predetti al pagamento delle spese processuali e d i quelle della rispettiva custodia cautelare. Assolto Lo Piccolo Sandro dai reati d i cui ai capi: 4) art. 74 DPR 309190 co. I e Il - in Palermo fino alla data d i arresto, perché il fatto non sussiste e 5) art. art. 74 DPR 309190 co. I e Il - in Palermo fino alla data dell'arresto, per non avere commesso il fatto. Dichiarava Lo Piccolo Salvatore, Lo Piccolo Sandro, Liga Antonino, Fidanzati Gaetano e Lo Cicero Salvatore interdetti in perpetuo dai pubblici uffici e in stato d i interdizione legale durante - l'espiazione della pena, nonché il Nuccio interdetto dai pubblici uffici per anni cinque. Applicava al Fidanzati e al Lo Cicero la misura d i sicurezza della libertà vigilata per la durata minima di anni due a pena espiata. I I I I I l Condannava L o Piccolo Salvatore e Lo Piccolo Sandro, i n solido, al risarcimento delle parti civili Todaro Giuseppe e Bongiovi Marcello dei danni da liquidarsi in separato giudizio civile, assegnando agli stesi una C provvisionale immediatamente esecutiva d i E. 50.000,OO ciascuno. Condannava Lo Piccolo Salvatore, Lo Piccolo Sandro, il Fidanzati, il Lo - - Cicero e il Liga al risarcimento, in solido, in favore delle pgrti civili Comune di Palermo in persona del Sindaco pro-tempore, Associazione "S.O.S. Impresa Palermo", Confcommercio Federazione Provinciale di Palermo, Provincia Regionale d i Palermo, Associazione degli Industriali della Provincia di Palermo di Palermo, Confindustria Palermo, Confindustria Sicilia, Centro Studi "Pio La Torre" Onlus d i Palermo, F.A.I., Associazione Onlus Comitato "Addio Pizzo", Solidaria s.n.c. Onlus, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro-tempore, dei danni che liquidava in £. 200.000,OO (duecentomilal00) per il Comune d i Palermo, 6. 100.000,00 (centomila100) per la Provincia Regionale d i Palermo ed £. 20.000,OO (ventimila100) per ciascuna delle altre menzionate payti civile. Condannava i medesimi imputati, in solido, al pagamento delle spese processuali in favore delle menzionate parti civili, liquidate, oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge, nella misura di: 6. 9.600,OO complessivan.lente per Bongiovi Marcello e F.A.I.; E. 9.600,OO complessivamente per Todaro Giuseppe e Comitato Addio Pizzo; E. 9.600,OO complessivamente per Associazione Industriali Provincia di Palermo e Centro Studi Pio la Torre; E. 9.600,OO complessivamente per Solidaria s.n.c. Onlus e Associazione S.O.S. Impresa; C. 8.000,OO ciascuna per Comune di Palermo, Provincia d i Palermo e Confcommercio; £. 3.800,OO per Confindustria Sicilia. Indicava in gg. 90 il termine per il deposito della motivazione della sentenza. ASSOCIAZIONE MAFIOSA (artt. 416 bis commi I, Il, Il, IV e VI C.P.) ED ALTRO. IMPUTATI FIDANZATI1 GAETANO . 16) del reato di cui all' art. 416 bis co. I, 11, 111, IV e VI C.P.,61 n. 6 C.P. Con la recidiva reiterata specifica. Da epoca successiva e prossima al 16/12/87 (data della precedente condanna per il delitto di cui all'art. 416 bis emessa in primo grado), fino alla data odierna. Libertà vigilata per anni due a pena espiata LIGAI ANTONINO - 2) del reato di cui agli artt. 81 cpv, 110, 629 co. Il in relaz. al n. 3 co. Il dell'art. 628 C.P., art. 7 D.L. n. 152191 conv. nella Legge n. 203191. In Palermo dal 1997 e fino al giugno 2008. LO CICEROI SALVATORE 16) del reato di cui all'art. 416 bis co. I, 11, III, IV e VI C.P.,così qualificato. Fino al 14/12/2008 Libertà vigilata per anni due a pena espiata LO PICCOLO1SALVATORE GIOVANNI 2) del reato di cui agli artt. 81 cpv, 110, 629 co. Il in relaz. al n. 3 co. Il dell'art. 628 C.P.,art. 7 D.L. n. 152191 conv. nella Legge n. 203191 (in Palermo dal 1997 e fino al novembre 2007); 3) artt. 81 cpv., 110, 629 co. Il in relazione al n. 3 co. Il dell'art. 628 C.P.,art 7 D.L. n. 152191 conv. nella Legge n. 203191 (in Palermo dal 1997 e fino al novembre 2007); 8) art. 81 cpv., 110 e 629 co. Il in relazione al n. 3 co. Il dell' art. 628 C.P., art. 7 D.L. n. 152191 conv. nella Legge n. 203191 (in Palermo, dal 2003 e fino al 2007 e 2008); 9) artt. 81 cpv., 110, 629 co. Il in relazione al n. 32 co. Il dell' art. 628 C.P.,art. 7 D.L.. n. 152191 conv. nella Legge n. 203191. In Palermo, fino al 2007; 13) artt. 81 cpv., 110, 629 co. Il in relazione al n. 3 co. Il dell'art. 628 C.P.,art. 7 D.L. n. 152191 conv. nella Legge n. 203191 (in Palermo, dal 2006 fino al settembre 2007); 15) artt. 81 cpv., 110, 629 co. Il in relaz. al n. 3 co. Il dell'art. 628 C.P., art. 7 D.L. n. 152191 conv. nella Legge n. 203191 (in Palermo, nel 2007). Con le aggravanti per i capi 3), 8), 9), 13) e 15) di avere commesso il fatto avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416 bis C.P. e di avere operato al fine di avvantaggiare "Cosa Nostra". Nesso continuazione. LO PICCOLO1SANDRO 2) del reato di cui agli artt. 81 cpv, 110, 629 co. Il in relaz. al n. 3 co. Il dell'art. 628 C.P.,art. 7 D.L. n. 152191 conv. nella Legge n. 203191 (in Palermo dal 1997 e fino al novembre 2007); 3) artt. 81 cpv., 110, 629 co. Il in relazione al n. 3 co. Il dell'art. 628 C.P., art 7 D.L. n. 152191 conv. nella Legge n. 203191 (in Palermo dal 1997 e fino al novembre 2007); 4) del delitto d i associazione finalizzata al traffico illecito d i sostanze stupefacenti o psicotrope (p.e p. dall'art. 74 D.P.R. n. 309190 commi 1 e 2 (in Palermo sino alla data dell'arresto); 5) del delitto d i associazione finalizzata al traffico illecito d i sostanze stupefacenti o psicotrope (p. e p. dall' art. 74 D.P.R. n. 309190 commi 1 e 2 (in Palermo sino alla data dell'arresto) 8) art. 81 cpv., 110 e 629 co. Il in relazione al n. 3 co. Il dell' art. 628 C.P.,art. 7 D.L. n. 152191 conv. nella Legge n. 203191 (in Palermo, dal 2003 e fino al 2007 e 2008); 9) artt. 81 cpv., 110, 629 co. Il in relazione al n. 32 co. Il dell' art. 628 C.P., art. 7 D.L. n. 152191 conv. nella Legge n. 203191. In Palermo, fino al 2007; 13) artt. 81 cpv., 110, 629 co. Il in relazione al n. 3 co. Il dell'art. 628 C.P.,art. 7 D.L. n. 152191 conv. nella Legge n. 203191 (in Palermo, dal 2006 fino al settembre 2007); 15) artt. 81 cpv., 110, 629 co. Il in relaz. al n. 3 co. Il dell'art. 628 C.P., art. 7 D.L. n. 152191 conv. nella Legge n. 203191 (in Palermo, nel 2007). Con le aggravanti per i capi 3), 8), 9), 13) e 15) di avere commesso il fatto avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416 bis C.P. e di avere operato al fine di avvantaggiare "Cosa Nostra". Nesso continuazione. - - - NUCCIOI ANTONINO 5) del reato di cui all'art. 74 D.P.R. n. 309190 commi I e Il. In Palermo fino alla data dell'arresto. Attenuanti art. 62 bis C.P. e art. 8 D.L. 152191 conv. nella Legge n. 203191 - Udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Giuseppe SGADARI, nonch6 la lettura degli atti del processo. Avvertiti gli imputati della facoltà di chiedere la parola. Intesi il P.M. e la Difesa, i quali hanno concluso come segue: P.G.: chiedendo, in parziale riforma della sentenza di primo grado, che Lo Piccolo Alessandro venisse condannato per i capi 4) e 5) della rubrica, alla pena'di anni 24 di reclusione ed C. 5.000,00 di multa e confermarsi nel resto. Difensori delle PP.CC.: Avv. Giovanni BALSAMO, nell'interesse della Confindustria Sicilia, conie da comparsa conclusionale e nota spese che depositava. Avv. Davide MARTORANA, in sostituzione dell'Avv. Fausto Maria AMATO e Gaetano Fabio LANFRANCA, nell'interesse Confcommercio Fed. Prov. le di Palermo, Confindustria Sicilia, Associazione Solidaria e Associazioyie S.O.S. Impresa, come da comparse conclusionali e note spese che depositava. Avv. Salvatore FORELLO, nell'interesse della F.A.I. e BONGIOVI' klarcello, in sostituzione delllAvv. Salvatore CARADONNA e per Associazione Comitato Addio Pizzo, e TODARO Giuseppe, ed inoltre per Centro Studi Pio La Torre e Associazione Industriali Provincia di Palermo, in sostituzione dell'Avv. Barcellona, come da comparse conclusionali e note spese che depositava. Difensori degli imputati: e Avv. Valeria MAFFEI, nell'interesse di NUCCIO Antonino, discutendo la causa ed insistendo nei motivi d'appello. Avv. L. MATTEI, nell'interesse di Liga Antonino, discutendo la causa ed insistendo nei motivi d'appello. ' Avv. Bruna SPARACINO in sostituzione delllAvv. A. CAMPO, nell'interesse di Lo Piccolo Salvatore e Lo Piccolo Sandro, insistendo nei motivi d'appello. . Avv. S. PETRONIO, nell'interesse di Lo Piccolo Salvatore Giovanni e Lo Piccolo Sandro, discutendo la causa ed insistendo nei motivi d'appello; chiedendo, la conferma per i capi per cui vi è stata assoluzione e la riforma per gli altri capi d'imputazione, chiedendo l'assoluzione. - Avv. Davide GAUDESI, in sostituzione delllAvv. N. ZANGHI', nell'interesse di Lo Cicero Salvatore, discutendo la causa ed insistendo nei motivi d!appello e chiedendo l'assoluzione per non aver commesso il fatto. Avv. G. SBACCHI, nell'interesse di Fidanzati Gaetano, insistendo nei motivi di gravame. La Corte ha considerato: MOTIVAZIONE l. Con sentenza del 9 luglio 2010, il Tribunale di Palermo, in composizione - collegiale, dichiarava Fidanzati Gaetano, Liga Antonino, Lo Cicero Salvatore, Lo Piccolo Salvatore Giovanni, Lo Piccolo Sandro e Nuccio An tonino, colpevoli dei reati indicati in intestazione e meglio descritti più avanti, e condannava: - Fidanzati Gaetano, tenuto conto della recidiva contestata, alla pena di anni ventiquattro di reclusione; - Liga Antonino, alla pena di anni otto di reclusione ed euro 2.000,OO di multa; Lo Cicero Salvatore, alla pena di anni quattordici di reclusione, esclusa l'aggravante di cui all'art. 61 n. 6 C.P.; - Lo Piccolo Salvatore Giovanni e Lo Piccolo Sandro, alla pena di anni sedici di reclusione ed euro 5.000,00 di multa ciascuno; - Nuccio Antonino, alla pena di anni tre e mesi quattro di reclusione, concesse le circostanze attenuanti generiche, nonché la circostanza attenuante di cui all'art. 8 DL 152191. Gli imputati erano, altresì, condannati alle pene accessorie previste dalla legge, alle spese processuali ed al risarcimento del danno arrecato alle costituite parti civili ed alla rifusione delle spese processuali da costoro sostenute. Il Tribunale, inoltre, assolveva Lo Piccolo Salvatore e Lo Piccolo Sandro dalle imputazioni di cui ai capi 4 e 11 della rubrica (associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti ed estorsione aggravata) con la formula perché il fatto non sussiste, Nuccio Antonino dall'imputazione di cui allo stesso capo 4 perché il fatto non sussiste e Lo Piccolo Sandro dall'imputazione di cui al capo 5 della rubrica (altra associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti), con la formula per non avere commesso il fatto. Hanno proposto rituale appello il Procuratore della Repubblica ed difensori degli imputati, per i motivi descritti trattando delle singole posizioni. Citate le parti per il giudizio di secondo grado, nell'odiemo dibattimento è stata acquisita certificazione relativa allo stato detentivo di Fidanzati Gaetano e, dopo la 1 relazione della causa, il P.G. ed i difensori delle parti private, in più udienze, hanno rassegnato le conclusioni sopra trascritte ed è stata pronunciata la presente sentenza sulla base delle seguenti considerazioni. 2. Liga Antonino 2.a L'imputato è stato condannato dal Tribunale alla pena di anni otto di reclusione ed euro 2.000,OO di multa, in ordine al reato di estorsione aggravata e continuata di cui al capo n. 2) della rubrica (artt.81 cpv., 110 e 629 comma 11, in relazione al n. 3 comma I1 dell'art. 628 C.P. e art. 7 D.L. 152/91), contestato in concorso con i coimputati Lo Piccolo Salvatore e Lo Piccolo Sandro, per avere ottenuto, su incarico di questi ultimi (fino alla data del loro arresto), con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, anche in tempi diversi, con l'esercizio di violenza e minaccia derivante dalla loro appartenenza a Cosa Nostra, un ingiusto profitto ai danni di Basilio Settimo, amministratore unico della "Basilio Automobili s.r.l.", con sede in Palermo, via Tommaso Natale n. 78 e con attività di esposizione sita in viale Regione Siciliana N.O. n. 8560, richiedendogli il pagamento di una somma quale "messa a posto". Agendo su richiesta di Lo Piccolo Salvatore e Lo Piccolo Sandro, cui veniva rendicontata la detta attività estorsiva. Con la circostanza aggravante di avere commesso il fatto avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416 bis C.P. e di avere operato al fine di avvantaggiare l'organizzazione mafiosa Cosa Nostra. In Palermo, dal 1997 e sino al giugno del 2008 per Liga (sino al novembre del 2007 per i due Lo Piccolo). Si tratta, come vedremo, di una delle numerose estorsioni effettuate con metodo e finalità mafiose e capitanate dagli imputati Lo Piccolo, a ragione delle loro funzioni dirigenziali assunte in seno all'organizzazione Cosa Nostra nel periodo e nel territorio palermitano di riferimento (il mandamento mafioso di San Lorenzo-Tommaso Natale, fino alla fine del 2007). Il Tribunale perveniva all'affermazione di responsabilità dell'imputato, oltre che dei due Lo Piccolo, basandosi, in primo luogo, sul contenuto delle dichiarazioni rese in dibattimento dalla persona offesa dal reato, Basilio Settimo, amministratore unico della Basilio automobili s.r.l., il quale aveva precisato che, nell'anno 2005, presso il suo esercizio commerciale, ricevette la visita di un uomo che si presentò come - "Liga", il quale gli chiese di corrispondergli una somma di danaro pari ad euro 3.000,OO annui, da versare in due soluzioni, a Pasqua ed a Natale, che doveva servire per "i carcerati". Lo sconosciuto "Liga" precisò di essere stato delegato da altri soggetti, ai quali avrebbe dovuto riferire gli esiti della conversazione. I1 Basilio, comprendendo che si trattava di estorsione mafiosa e spaventandosi, pagò il pizzo fino all'aprile del 2008. La persona offesa aveva anche dichiarato che in fase di indagini gli fu mostrato un album fotografico ed egli riconobbe l'effigie del volto dell'odierno imputato come quella del soggetto che si recava a riscuotere il compendio dell'estorsione ai suoi danni e che utilizzava un'autovettura Renault Clio di colore grigio. La stessa positiva individuazione fotografica il Basilio aveva effettuato in udienza, senza che i difensori nulla opponessero. Peraltro, a conforto della correttezza dell'individuazione fotografica della persona, il Basilio aveva aggiunto di conoscere il Liga da epoca precedente al fatto, perché abitava nel suo stesso quartiere, di averlo incontrato in qualche occasione, di sapere che fosse dedito ad attività agricole e di giardinaggio (in qualche circostanza ebbe a regalargli anche arance e fiori, in concomitanza con la richiesta di pizzo). I1 Tribunale valorizzava, ancora sotto il medesimo profilo, alcune circostanze emerse dagli accertamenti di polizia giudiziaria e riferite dal teste De Sanctis (sentito all'udienza de11' 11.12.2009), quali quelle che l'imputato fosse stato avvistato all'interno di un residence ove svolgeva attività di giardinaggio, che possedesse effettivamente un'automobile Renault Clio e che fosse imparentato con alcuni soggetti omonimi di conclamato spessore mafioso (come, fra gli altri, Liga Salvatore, detto il barbone e Liga Salvatore, detto Tatuneddu). Inoltre, il Tribunale dava conto della circostanza che, in occasione dell'arresto dei latitanti Lo Piccolo Salvatore e Lo Piccolo Sandro, odierni coimputati, nel loro covo fossero stati rinvenuti molti documenti, in diversi casi riferibili ad estorsioni compiute dal forte gruppo criminale da costoro comandato. Tra essi, il Tribunale menzionava il "pizzino" contrassegnato con la sigla F5, nel quale risultava la seguente annotazione: - 3.000 € Basile Macchine Pasq+Nat. 2006 (013) 1.500 " Basile Macchine Pasqua 2006 (013) 3.000 " Basile Macchine Pasqua e Natale 2005 (013) ed il "pizzino" ZB6, nel quale stava scritto: Basile ok 1.500. Entrambe le annotazioni erano state attribuite alla mano del coimputato Lo Piccolo Sandro, all'esito di apposite consulenze grafologiche. Ancora, il Tribunale citava le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Franzese Francesco e Nuccio Antonino. Il Franzese aveva dichiarato che l'attività del Basilio fosse stata sottoposta a pizzo e che, in considerazione della zona della città ove essa ricadeva, se ne fosse occupato, in un primo tempo, un tale Liga Federico e, dopo l'arresto di questi, Liga Salvatore, inteso il barbone, quale referente dei Lo Piccolo, per come il collaborante apprese direttamente da Lo Piccolo Sandro. Il Nuccio Antonino aveva riferito, del pari, che, ad occuparsi delle estorsioni in quella medesima zona, erano "i Liga ", così come ai Liga era riferibile la sigla convenzionale (0 13) apposta nel pizzino sopra indicato. Infine, il Tribunale citava altra emergenza processuale, costituita dalle dichiarazioni di Avara Mario, un soggetto che possedeva un'attività commerciale nella stessa zona del Basilio e che, come quest'ultimo, subì estorsioni mafiose del tutto analoghe nelle modalità, da parte di un soggetto che, in occasione di un Natale, gli portò delle arance e dei fiori in dono. Tuttavia, l'Avara non aveva riconosciuto l'autore dell'estorsione tra le fotografie contenute nell'album esibitogli dal Tribunale. 2.b Con l'unico motivo di gravame, il difensore dell'imputato ha chiesto l'assoluzione del suo assistito con la formula per non avere commesso il fatto. Le doglianze di merito contenute nell'atto di appello non sono fondate. - Si osserva, infatti, che la sentenza di condanna avrebbe potuto basarsi anche soltanto sulle semplici e chiare dichiarazioni accusatorie della persona offesa dal reato, corredate dalla positiva individuazione fotografica dell'imputato, non essendo necessario, contrariamente a quanto dedotto dalla difesa, che dette dichiarazioni, una volta superato il vaglio della loro attendibilità intrinseca, siano corroborate da riscontri esterni ai sensi dell'art. 192 C.P.P.,norma applicabile a soggetti aventi altra veste processuale. Orbene, non possono sorgere dubbi sulla corretta individuazione del prevenuto quale autore dell'estorsione (dubbi che la difesa, non a caso, non ha inteso superare in primo grado chiedendo una ricognizione formale dell'imputato ad opera della persona offesa). Infatti, il Basilio aveva dichiarato che subì l'estorsione per alcuni anni e che la materiale esazione fu perpetrata sempre dalla stessa persona, che si chiamava Liga e che egli conosceva da diverso tempo, come abitante del suo stesso quartiere. E' da notare, peraltro, che nel corso del suo esame dibattimentale, il Basilio aveva saputo distinguere l'imputato da altri appartenenti alla famiglia Liga ritratti in foto, dimostrando assoluta padronanza di contesto. Inoltre, le circostanze riferite dal teste di polizia giudiziaria De Sanctis - sull'attività di giardinaggio svolta dall'imputato e, soprattutto, sul possesso di un'autovettura della stessa marca e modello indicati dalla persona offesa, nonché sulla parentela con i mafiosi Liga - devono ritenersi troncanti sul punto. Ancora, la definitiva conferma della genuinità delle dichiarazioni del Basilio si trae dal contenuto dei pizzini rinvenuti ai Lo Piccolo - quali capi mafiosi territorialmente competenti per l'estorsione e, per questo, da ritenere (cor) responsabili del reato laddove vengono indicati, in senso conforme a quanto riferito dalla vittima, i periodi di esazione e le somme estorte. A fronte di tali risultanze, non riveste alcun peso la dedotta circostanza che nessuno dei collaboratori di giustizia escussi al dibattimento avesse fatto specifico cenno alla persona de1170diernoimputato o non fossero emersi alle indagini contatti diretti tra quest'ultimo ed i Lo Piccolo. Infatti, è evidente che l'indicazione proveniente dai collaboranti Franzese e Nuccio, a proposito della circostanza che fossero stati gli esponenti mafiosi della famiglia Liga - ad occuparsi delle estorsioni nel territorio ove era posta l'attività commerciale del Basilio, induce a ritenere che il prevenuto, parente dei più titolati sodali referenti dei Lo Piccolo (come Liga Salvatore il Barbone o Liga Federico, per un certo periodo di tempo, come aveva precisato il Nuccio), avesse assunto solo il compito della materiale esazione del pizzo presso la persona offesa, probabilmente proprio a cagione del fatto di possedere un rapporto di conoscenza diretta con quest'ultima, di potersi muovere liberamente essendo incensurato e di non fare esporre i suoi parenti di più alto rango criminale segnalò al Basilio - - da individuare in quegli emissari la cui esistenza egli secondo una prassi operativa diffusa e nota alla polizia giudiziaria, come è stato riferito dall'investigatore De Sanctis. Per il che, non è significativo che la sigla 013, di cui al pizzino sopra indicato, non fosse riferita all'odierno prevenuto Liga Antonino, mentre è di rilievo che con essa Lo Piccolo Sandro, per come riferito dal Nuccio, volesse indicare genericamente "i Liga", vale a dire i referenti della famiglia Liga che erano in contatto diretto con i boss mafiosi citati e che "curavano", per loro conto, la perpetrazione delle estorsioni in quel determinato territorio cittadino, come, per un certo periodo, erano stati, fino al loro arresto, Liga Federico e Liga Salvatore, parenti dell'imputato. In tale contesto probatorio, così definito, le circostanze riferite dal teste Avara devono ritenersi di assoluto contorno e non servono a provare alcunché in favore del prevenuto ed in relazione allo specifico fatto per cui si procede. Per tutte le ragioni esposte, la sentenza di condanna deve essere confermata. 3. Lo Piccolo Salvatore Giovanni e Lo Piccolo Sandro 3.a Ai due noti boss mafiosi, condannati in vari contesti giudiziari ed arrestati insieme, dopo lunga latitanza, il 5 novembre del 2007 (Lo Piccolo Salvatore è padre di Lo Piccolo Sandro), sono stati contestati, in primo luogo, sette distinti reati di estorsione aggravata e continuata, attuati con metodi e finalità mafiose, descritti ai capi 2,3,8,9,11,13 e 15 della rubrica. - Con riguardo a dette imputazioni - salvo che per l'estorsione di cui al capo n. 11, in relazione alla quale è stata pronunciata sentenza di assoluzione, non oggetto del gravame del pubblico ministero - sono stati condannati alla pena di anni sedici di reclusione ed euro 5.000,00 di multa ciascuno. I fatti relativi all'estorsione di cui al capo n. 2 della rubrica, sono già stati analizzati a proposito dell'imputato Liga Antonino ed essi servono ad illustrare la posizione assunta dai due Lo Piccolo con riferimento a tutte le omologhe ipotesi di reato. Vale a dire quella di mandanti dei singoli fatti - quali capi indiscussi di Cosa Nostra nel territorio ove le singole attività commerciali delle vittime venivano esercitate cui andava rendicontata l'attività illecita del gruppo mafioso e verso i quali confluivano i proventi dei delitti estorsivi. Il Tribunale giungeva a tali conclusioni incrociando le emergenze probatorie inerenti ai singoli episodi, contraddistinte da dichiarazioni di collaboratori di giustizia, di persone offese e documenti ritrovati ai Lo Piccolo all'atto della loro cattura. 3.b Lungi dall'addentrarsi nell'analitica disamina delle precipue vicende e dei relativi elementi di prova specifici, con il primo motivo di gravame i difensori degli imputati si sono limitati laconicamente a contestare la sentenza di primo grado nella parte in cui avrebbe attribuito siffatta responsabilità agli imputati, derivandola dal loro ruolo apicale in seno a Cosa Nostra nel territorio di riferimento (l'enorme mandamento di San Lorenzo-Tommaso Natale, con i suoi aggregati), senza distinguere, nelle varie ipotesi, le condotte del padre da quelle del figlio, operando una sorta di generico giudizio "transitivo" in entrambi i sensi (dal padre al figlio e dal figlio al padre, secondo i casi), sul presupposto dell'esistenza, ad avviso della difesa non sufficientemente provata, di una "sostanziale diarchia" nel comando del mandamento mafioso. La qual cosa, anziché condurre a differenziare le posizioni dei due imputati con riguardo ai vari reati, avrebbe dovuto imporre una sentenza di assoluzione per entrambi. Al di là dell'irragionevolezza di tale ultimo assunto, deve osservarsi che il Tribunale dava conto, in modo niente affatto generico, della circostanza che i collaboratori di giustizia che avevano riferito sull'argomento, per essere stati particolarmente vicini ai Lo Piccolo durante la loro latitanza (Franzese, Pulizzi, Nuccio e Briguglio), avessero concordemente affermato come i due imputati (tra i quali il Lo Piccolo Salvatore aveva formalmente il ruolo di capo del mandamento), facessero "tutte cose assieme, parlavano, rispondevano ai pizzini" (sono parole del Franzese), che essi avessero lo stesso potere decisionale, che fossero "la stessa cosa "(sono parole del Briguglio e del Pulizzi) e che a costoro, senza distinzione concreta di ruolo, si dovesse fare il rendiconto di tutte le attività estorsive del mandamento e si dovessero consegnare i proventi che essi provvedevano ad amministrare (Nuccio e Franzese). E che ciò rispondesse a verità, era ulteriormente provato, secondo il condivisibile argomentare del Tribunale (cui può rinviarsi, fgg. 36 e segg. riepilogo ai fgg. 117-120 della sentenza di primo grado), dalla circostanza oggettiva che nel covo ove i due imputati, non a caso congiuntamente, decisero di trascorrere l'ultimo periodo della loro latitanza, fossero stati trovati dei documenti scritti relativi alle singole estorsioni loro contestate ed a molte altre (oggetto di diversi procedimenti penali); annotazioni ricondotte al Lo Piccolo Sandro - come si è potuto evidenziare a proposito dell'estorsione nei confronti della ditta Basilio Automobili (capo 2) e come risulta a proposito dell'estorsione alla ditta BFG (capo n. 8), di quella al "Baretto" (capo n. 9), di quella alla Puccio Materiali (capo n. 13) e di quella alla ditta L & S Company s.r.1. (capo n. 15)- ovvero lettere di altri sodali indirizzate a Lo Piccolo Salvatore (capo 3, estorsione alla ditta Iregel s.r.1.). Per queste ragioni, la doglianza difensiva non è fondata. Con il secondo motivo di gravame, gli appellanti hanno invocato, ancor più genericamente, sia una diminuzione della pena inflitta, sia l'applicazione della disciplina della continuazione con altri reati oggetto di diverse sentenze passate in giudicato, senza, tuttavia, specificare, per entrambe le richieste, né le ragioni positive che dovrebbero essere valutate dalla Corte ai fini di ridurre la pena - determinata dal Tribunale con criteri adeguati e per nulla eccessivi, tenuto conto della gravità dei fatti, della loro cornice di riferimento e della personalità degli imputati - né le sentenze i cui reati giudicati sarebbero avvinti dal nesso della continuazione con quelli oggetto del presente processo, che andavano prodotte a cura di parte, per una opportuna verifica delle condizioni sottese all'applicazione del beneficio di cui all'art. 8 1 capoverso del codice penale. Per tali motivi, anche queste doglianze devono essere respinte, con consequenziale conferma della sentenza di primo grado. 3.c Al solo Lo Piccolo Sandro sono state contestate, in secondo luogo, anche due distinte ipotesi di reato di cui all'art. 74, commi I e 11, D.P.R. 309190 (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti), di cui ai capi 4 e 5 della rubrica. La prima, in concorso con l'odierno coimputato Nuccio Antonino e con Chianchiano Fabio e Franzese Francesco (separatamente giudicati), per essersi stabilmente associato, anche con altri appartenenti all'associazione mafiosa, al fine di commettere più delitti relativi all'acquisto, detenzione, commercio e distribuzione di sostanza stupefacente del tipo cocaina, marijuana ed hashish. In particolare, provvedendo Chianchiano ad approvvigionarsi, insieme al Nuccio, di sostanze stupefacenti da portare e smerciare sulla piazza di Palermo, rivendendole poi per lo spaccio al minuto e ciò per conto di Lo Piccolo Sandro e Franzese. In Palermo, fino alla data del1'arresto. La seconda (capo 5), in concorso con Nuccio Antonino e con Davi Gabriele e Di Maio Rosolino (separatamente giudicati), per essersi stabilmente associato, anche con altri appartenenti all'associazione mafiosa, al fine di commettere più delitti relativi all'acquisto, detenzione, commercio e distribuzione di sostanza stupefacente del tipo cocaina e marijuana. In particolare, provvedendo il Davi ad approvvigionarsi, insieme al Nuccio, di sostanze stupefacenti da portare e smerciare sulla piazza di Palermo, occupandosi poi anche dello spaccio al minuto e ciò insieme al Di Maio e per conto di Lo Piccolo Sandro. In Palermo, fino alla data dell'arresto. 1'1 Tribunale assolveva Lo Piccolo Sandro dall'imputazione di cui al capo n. 4, perché il fatto non sussiste e da quella di cui al capo n. 5, per non avere commesso il fatto. Per quanto attiene alla prima associazione illecita (capo 4), la sentenza di prime cure evidenziava come dalle dichiarazioni dei collaboranti Nuccio e Franzese, ritenuti membri della contestata associazione, non fosse emersa la prova dell'esistenza del sodalizio criminale tra gli stessi, il Chianchiano ed il Lo Piccolo Sandro. Infatti, pur ammettendo nella loro carriera collaborativa fatti gravissimi, sia il Nuccio che il Franzese avevano espressamente negato di aver costituito siffatta organizzazione dedita al traffico di droga, pur riferendo circa il loro attivo coinvolgimento in detto settore illecito ed all'interno del territorio ove il Lo Piccolo Sandro ed il padre esercitavano la loro egemonia mafiosa (il Chianchiano sarebbe stato soltanto un soggetto con il quale il Nuccio avrebbe intessuto un rapporto di reciproche forniture di droga, nel resto autonomo). Né si può sostenere che siffatti dichiaranti non avessero avuto piena contezza della rilevanza giuridica dei loro comportamenti, dal momento che essi, come si vedrà, avevano saputo differenziare le due organizzazioni illecite volte allo smercio della droga, affermando l'esistenza soltanto di quella contestata al capo n. 5 della rubrica e negando l'altra. Tali acquisizioni probatorie - non scalfite da alcuna specifica deduzione di segno contrario - impediscono di ritenere sussistente il numero legale minimo di tre persone necessario per integrare il reato associativo contestato sub n. 4, prima ancora di approfondire l'aspetto principale del problema sollevato in ordine all'eventuale responsabilità di Lo Piccolo Sandro, vale a dire la sua compromissione nelle descritte associazioni illecite anche soltanto attraverso l'elargizione del suo placet o del suo divieto mafiosi a che taluni soggetti trafficassero droga nel territorio del mandamento da lui comandato. L'argomentazione, di portata centrale nell'atto di appello del pubblico ministero, merita approfondimento (nei limiti che si evidenzieranno di qui a breve) solo con riguardo all'associazione configurata al capo n. 5 della rubrica, rispetto alla quale il Tribunale riteneva l'estraneità del Lo Piccolo Sandro ma non l'oggettiva insussistenza del sodalizio criminoso (correttamente diversificando, nell'adottata prospettiva, le formule assolutorie utilizzate nei confronti dell'imputato e le statuizioni relative al Nuccio Antonino). Al proposito, il Nuccio Antonino, esaminato all'udienza dibattimentale del 16.4.2010, aveva ammesso di aver costituito una "società" volta al traffico di sostanze stupefacenti, con i correi indicati in rubrica (e separatamente giudicati) Di Maio Rosolino e Davì Gabriele, della quale fece parte anche altro soggetto a nome Serio Nunzio, immediatamente precisando che Lo Piccolo Sandro vi fosse estraneo. Tuttavia, addentrandosi nel racconto, il collaborante aveva precisato che nella prima metà del 2005, dopo un'operazione di polizia denominata San Lorenzo, nella quale venne arrestato un tale Barone Andrea, soggetto "responsabile del traffico degli stupefacenti", il Serio Nunzio gli propose di formare una "società" per spacciare droga in diversi quartieri cittadini ricadenti nel mandamento mafioso di San LorenzoTommaso Natale, sostenendo di aver chiesto "l'autorizzazione" a Lo Piccolo Sandro, quale referente mafioso, necessaria per potere trafficare senza problemi. Venne costituita la società tra Nuccio, Serio, Di Maio e Davi e, nei primissimi tempi del suo operato - nel quale le forniture vennero effettuate da soggetti diversi rispetto ai Lo Piccolo - il Serio disse ai soci che i proventi dovevano essere divisi in cinque quote anziché in quattro, poiché occorreva far pervenire una parte a Lo Piccolo Sandro. Questa divisione in cinque avvenne solo per le prime due o tre volte, ma il Lo Piccolo non partecipò ad esse: era Nunzio Serio che prendeva la parte di spettanza dell'imputato, dicendo ai sodali che l'avrebbe fatta avere a quest'ultimo (fg.9 della trascrizione). Dopo queste prime spartizioni, insorsero dei problemi con altri soggetti coinvolti nel traffico di stupefacenti e legati ai Lo Piccolo, di tal che dall'imputato, sempre tramite ed a detta del Serio, pervenne l'ordine, rivolto al gruppo del Nuccio, di "non muoversi". - Successivamente, la questione si appianò grazie alla mediazione del Franzese Francesco, ma non vi furono più elargizioni di danaro al Lo Piccolo. Nel luglio del 2005, Serio Nunzio venne arrestato e la societas sceleris continuò con gli altri associati fino al novembre-dicembre del 2006, allorquando il Di Maio ritenne di tirarsene fuori (fg.23 della trascrizione). Nel lasso di tempo nel quale il sodalizio ebbe ad operare, il Nuccio aveva riferito di una specifica fornitura di 100 chilogrammi di hashish dal Franzese, a detta del quale anche il Lo Piccolo Sandro era "interessato" e che, in diverse tranche, il gruppo del Nuccio pagò personalmente al Franzese e successivamente commerciò, senza ulteriori divisioni di somme né con Franzese, né con l'imputato (fg.47 della trascrizione). Quanto all'autorizzazione allo spaccio dell'hashish in generale, il collaborante aveva precisato che, dal momento che i loro fornitori erano soggetti, a loro volta in società, legati al Lo Piccolo e da questo autorizzati (tali Mimmo Barone e Giovanni Botta), anche il loro gruppo doveva ritenersi autorizzato (fg. 57 della trascrizione). Franzese Francesco, esaminato all'udienza del 19.1.2010, aveva precisato che il Lo Piccolo, a volte, si poneva quale fornitore di droga anche nei confronti del Nuccio ma non aveva guadagni ulteriori. Ciò avveniva solo quando l'imputato era in possesso di quantitativi di droga, poiché, in caso contrario, egli non poteva bloccare i traffici esistenti con altri canali di approvvigionamento. Il collaborante aveva confermato la fornitura di hashish della quale aveva riferito il Nuccio, precisando che si trattava di droga del Lo Piccolo e che il Nuccio la pagò regolarmente. Tuttavia, a proposito dell'autorizzazione e con specifico riguardo al periodo ed all'organizzazione criminosa individuata in rubrica, (cfr. fgg.64,65 della trascrizione), il Franzese non ha ricordato se il Lo Piccolo avesse elargito o meno il suo placet. Orbene, la circostanza riferita dal Nuccio, secondo cui 1"imputato avesse diviso i proventi con gli altri sodali, in sole tre occasioni, non ha ricevuto alcuna conferma estrinseca e, pertanto, non può essere valorizzata in suo danno, nel mentre è rimasto - incerto, con riguardo a quel precipuo ed iniziale periodo temporale in cui operò l'associazione rappresentata in rubrica, che il Lo Piccolo Sandro avesse autorizzato la società del Nuccio ad operare sul campo o l'avesse stoppata nell'occasione riferita dal solo Nuccio. Le successive vicende protrattesi oltre il 2006 - che videro un radicarsi sempre maggiore del Nuccio nell'alveo mafioso facente capo al Franzese e, tramite lui, al Lo Piccolo - alle quali si era riferito anche il collaborante Bonaccorso Andrea (comunque anche lui ignaro di cointeressenze dell'imputato), non devono essere confuse con questa prima fase delle condotte illecite dello stesso Nuccio nel settore degli stupefacenti, in cui egli operò con i sodali Di Maio, Davì e Serio; nella quale fase, e soltanto per l'occasione della fornitura di hashish dal Franzese, il Lo Piccolo si pose, tramite il Franzese, per l'appunto come semplice fornitore della droga, rimanendo dubbia la circostanza che egli si adoperasse anche ad autorizzare più generalmente l'operato del Nuccio e dei detti suoi sodali, con i quali non è confermato che spartì alcunché. Ma, in fin dei conti e detto per inciso, anche se ciò fosse avvenuto, la sola autorizzazione o il solo diniego a commerciare droga in un determinato territorio, espressi dal capomafia nei confronti di soggetti terzi rispetto all'organizzazione, non si ritiene possano costituire, se non accompagnati da altre condotte più specifiche, espressione di organicità al sodalizio criminoso eventualmente formatosi tra gli autorizzati, nello specifico settore illecito di che trattasi, quanto, piuttosto ed ove possa occorrere, manifestazione di intraneità alla diversa associazione criminale di stampo mafioso nella quale l'imputato ebbe un molo di comando. Le argomentazioni fin qui svolte assorbono ogni altra deduzione contenuta nell'atto di appello del pubblico ministero e portano a confermare la sentenza impugnata. 4. Nuccio Antonino L'imputato è stato condannato dal Tribunale alla pena di anni tre e mesi quattro di reclusione in ordine al reato di associazione finalizzata al traffico di sostanze . stupefacenti, di cui al capo n. 5 della rubrica ed assolto da omologa imputazione contestatagli al capo n. 4. Come è emerso dall'esaine della posizione del coimputato Lo Piccolo Sandro, oltre alle dichiarazioni di Franzese Francesco, in ordine alla sussistenza della prima associazione illecita e dell'inserimento in essa del Nuccio, militavano, a favore della condanna, le piene ed incondizionate ammissioni di responsabilità dell'imputato, risoltosi a collaborare con la giustizia. Per ciò, l'appello proposto dal difensore del Nuccio è stato indirizzato esclusivamente ad ottenere un trattamento sanzionatorio più favorevole, attraverso la concessione, nella massima estensione, della già riconosciuta attenuante di cui all'art. 8 DL 152191, congiunta alla diminuzione per le circostanze attenuanti generiche. L'appellante, tuttavia, non ha adeguatamente calcolato che la pena inflitta al Nuccio è già stata contenuta nel minimo assoluto, ponendo a base quella di dieci anni di cui all'art. 74, comma I1 DPR 309190, concedendo la riduzione massima della metà in applicazione dell'articolo 8 del DL 152191 (cinque anni) e riducendo ulteriormente la restante pena di un terzo, attraverso la concessione delle circostanze attenuanti generiche. Per tali ragioni, la sentenza di primo grado merita conferma. 5. Lo Cicero Salvatore e Fidanzati Gaetano Agli imputati è stato contestato il reato di associazione mafiosa di cui all'art. 416 bis, commi I, 11, IV, VI e 6 1 n.6 C.P. (capo 16), per avere fatto parte, in concorso con numerosi uomini d'onore, specificamente indicati in rubrica, dell'associazione mafiosa Cosa Nostra, promuovendone, organizzandone e dirigendone le relative illecite attività, avvalendosi delle condizioni di cui all'art. 4.16 bis C.P.. Più in particolare, Fidanzati Gaetano, per avere diretto la famiglia mafiosa dell'Acquasanta e per avere gestito gli affari illeciti delle famiglie del mandamento mafioso di Resuttana, anche su mandato di esponenti della famiglia Madonia a decorrere da epoca successiva alla cattura del latitante Lo Piccolo Salvatore; per avere mantenuto molteplici contatti finalizzati alla gestione di affari illeciti in tema di estorsioni e traffico di sostanze stupefacenti con esponenti di altri mandamenti mafiosi, tra i quali quello di Porta Nuova, in tal modo svolgendo funzioni direttive per l'organizzazione; Lo Cicero Salvatore, per avere diretto la famiglia mafiosa dell'Acquasanta svolgendo il molo di sostituto di Fidanzati Gaetano nei momenti di sua assenza; per avere mantenuto molteplici contatti finalizzati alla gestione di affari illeciti in tema di estorsioni e traffico di sostanze stupefacenti con esponenti di altri mandamenti mafiosi, tra i quali quello di Porta Nuova, in tal modo svolgendo funzioni direttive per l'organizzazione. Per Fidanzati Gaetano da epoca successiva e prossima al 16 dicembre 1987 (data della precedente condanna per il delitto di cui all'art. 416 bis C.P. emessa in primo grado), fino alla data odierna; per Lo Cicero Salvatore, fino al 14.12.2008. Con la recidiva reiterata specifica per Fidanzati Gaetano. I1 Tribunale condannava il Fidanzati alla pena di anni ventiquattro di reclusione ed il Lo Cicero alla pena di anni 14 di reclusione. La vastità delle doglianze difensive contenute negli atti di appello, impone una rivisitazione ragionata e sintetica degli elementi di prova che si ritengono più significativi in relazione alle censure mosse, traendoli dalla mole delle acquisizioni a carico degli imputati, trasfusa in modo assai esteso e letterale nella sentenza di primo grado e consistente in dichiarazioni di collaboratori di giustizia ed intercettazioni di conversazioni. Si cercherà di separare la posizione del Fidanzati da quella del Lo Cicero, anche se esse sono intrecciate dall'obbiettivo riferimento di entrambi gli imputati allo stesso contesto territoriale e mafioso. 5.a.l Per quanto attiene a Fidanzati Gaetano, occorre brevemente premettere che egli è stato condannato alla pena di anni dodici di reclusione (già in continuazione con reati in materia di traffico di sostanze stupefacenti giudicati con ulteriore decisione), in ordine al medesimo reato per cui si procede in questa sede, con la famosa sentenza emessa dalla Corte di Assise di Appello di Palermo il 10.12.1990, irrevocabile il 30.1.1992 (cosiddetto primo maxi-processo a Cosa Nostra, in atti per stralcio), essendo stato considerato, anche grazie alle chiamate in correità di pentiti del calibro di Tommaso Buscetta e Contorno Salvatore, come un "rispettabilissimo uomo d 'onore e caposaldo del trafico di stupefacenti", tanto da assumere, negli anni settanta, il "totale controllo di tale attività delittuosa per la zona di Milano e dintorn?', che venne ritenuta la "centrale operativa delle sue molteplici attività criminali" e luogo ove egli trasferì la sua residenza anagrafica e quella della sua famiglia, pur essendo originario del rione "Arenella" di Palermo (una circostanza, quest'ultima, di rilevante valenza interpretativa nell'esame dell'odierno addebito). Fin dal 1970, l'imputato venne in contatto con importanti mafiosi storici siciliani, come Greco Salvatore, Alberti Gerlando, Badalamenti Gaetano, Calderone Giuseppe, i fratelli Alfredo e Giuseppe Bono, quest'ultimo collocato da Tommaso Buscetta "a capo della cosca di Bolognetta, alla cui famiglia appartenevano i fratelli Fidanzati" (Gaetano e Stefano), "assai vicini ai gruppi emergenti facenti capo ai corleonesi" (per come precisato da Contorno Salvatore). In quel processo, l'odierno prevenuto venne ritenuto un soggetto dalla personalità e condotta di vita "totalmente improntate al delitto" e di "imponente statura criminale". Tanto premesso, la prospettiva da adottare con riguardo alla valutazione della posizione processuale dell'imputato - potendo essere utilizzate siffatte emergenze specifiche ai sensi (e nei limiti) di cui all'art. 238 bis C.P.P. - deve essere quella volta a verificare se il Fidanzati, dopo la sentenza di primo grado emessa nell'ambito di quel procedimento penale, il 16.12.1987, interruttiva della permanenza del reato per fictio iuris, abbia commesso ulteriori condotte illecite di rilevanza mafiosa, non coperte dal giudicato, sintomatiche della sua mai sopita intraneità all'organizzazione criminale Cosa Nostra. Più in particolare, per entrare nel vivo dell'odierno processo, avendo l'imputato subito lunghi periodi di detenzione, occorrerà stabilire se gli, a partire dalla data della sua ultima scarcerazione, avvenuta il 18 maggio del 2007 e fino alla data del 5 dicembre 2009, in cui era stato nuovamente tratto in arresto, sia o meno rimasto estraneo all'ambito associativo mafioso di Cosa Nostra del quale storicamente aveva fatto parte. L'attività investigativa della quale il Tribunale dava conto era iniziata proprio nella seconda metà del 2007 e si era snodata lungo il 2008, con particolare riguardo a ciò che si verificò all'interno dei mandamenti di Resuttana e Tommaso Natale dopo una serie di arresti avvenuti nel gennaio del 2008, tra i quali quello dell'allora "reggente" di Resuttana Genova Salvatore. I1 Tribunale evidenziava tutta una serie numerosissima di gruppi di intercettazioni, riportate pressoché per esteso, dalle quali emergevano, qua e là, dati rilevanti per la posizione degli imputati. Si tratta delle intercettazioni di conversazioni avvenute all'interno dell'autovettura di Caruso Antonino e dei colloqui tra costui e Pizzuto Agostino, ritenuti entrambi soggetti inseriti in quel contesto criminoso ed in rapporti con il Genova Salvatore, prima del suo arresto; ancora, delle conversazioni in carcere tra il detto Pizzuto Agostino ed il cognato Militano Carmelo (all'epoca detenuto), anch'egli affiliato all'organizzazione e soggetto legato ai Lo Piccolo; inoltre, delle intercettazioni presso una struttura sportiva gestita dall'imputato Lo Cicero; infine, delle intercettazioni acquisite da altro procedimento ("Perseo") e relative a conversazioni avvenute, in diversi contesti, tra importanti esponenti mafiosi di altri mandamenti palermitani e dei paesi limitrofi alla città. Inoltre, il Tribunale dava conto della rilevanza delle dichiarazioni accusatorie di alcuni collaboratori di giustizia, quali - - e per quel che riguarda la posizione degli imputati Fidanzati e Lo Cicero - Pasta Manuel, Spataro Maurizio, Visita Michele e Manno Fabio. L'insieme dei citati elementi, che si passeranno in rassegna nelle parti considerate di interesse in relazione ai motivi di appello, conduceva il Tribunale a ritenere che entrambi i prevenuti avessero assunto un ruolo direttivo in quell'alveo mafioso, il Lo Cicero quale "rappresentante" della "famiglia" dell'Arenella, aggregata al mandamento di Resuttana ed il Fidanzati quale capo del mandamento e, comunque, anch'egli con un ruolo direttivo nell'ambito della medesima famiglia dell'Arenella (territorialmente limitrofa a quella dell'Acquasanta, individuata in rubrica e parimenti inserita nel mandamento di Resuttana). Le doglianze contenute nei motivi di appello di entrambi gli imputati hanno investito, in primo luogo, il merito dell'accusa, la sussistenza di condotte penalmente rilevanti compiute dai prevenuti e riconducibili al paradigma dell'art. 416 bis C.P.. L'emergenza più significativa, che si ritiene opportuno evidenziare subito - anche al fine di escludere il reato di cui al comma I1 dell'art. 416 bis C.P., contestato al Fidanzati (oltre che al Lo Cicero) e sulla cui (in)sussistenza si è a lungo e ripetutamente soffermata la difesa del Fidanzati nei motivi di gravame - è costituita dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Pasta Manuel (sentito all'udicnza del 2 1.5.201O), che il Tribunale sintetizzava, ritenendone l'attendibilità, ai fgg. 3 53-359 della sentenza, specificando che si trattava di un soggetto ritualmente affiliato a Cosa Nostra, il quale assunse, tra il 2008 ed il 2009 (e, quindi, in concomitanza con lo stato di libertà dell'imputato Fidanzati), una posizione di rilievo, non contestata dalla difesa, all'interno del mandamento mafioso di Resuttana (detenendo la "cassa" della cosca, alimentata dai proventi delle estorsioni), a quell'epoca "inglobato" nell'ambito del più grande e limitrofo mandamento di San Lorenzo-Tommaso Natale, quest'ultimo posto sotto l'egemonia dei boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo e, dopo l'arresto di costoro, avvenuto il 5 novembre del 2007, "retto" dall'architetto Liga Giuseppe in posizione di continuità con i detti Lo Piccolo. Questi ultimi, infatti, avevano da tempo avviato, una politica espansionistica all'interno di Cosa Nostra e nel territorio della città di Palermo e dei paesi vicini, che li portò ad assumere posizioni di comando anche con riguardo alle decisioni da adottare rispetto ad altri mandamenti mafiosi, come il contiguo mandamento di Resuttana - i cui capi storici, individuabili nei componenti della famiglia di sangue dei Madonia, erano tutti in stato di detenzione - alla cui "reggenza", dal 2005, essi posero un loro uomo di fiducia, quale era Genova Salvatore, arrestato nel gennaio del 2008. Il Pasta aveva precisato che la sua militanza effettiva in Cosa Nostra iniziò nel 2007, attraverso il rapporto personale con Lo Piccolo Calogero (altro figlio di Lo Piccolo Salvatore) e con Genova Salvatore, nonché con Genova Bartolo, nipote di questi, che divenne "reggente" del mandamento di Resuttana dopo l'arresto dello zio, con il placet dell'architetto Liga ed anche dei Madonia, sebbene a quel tempo il Genova Bartolo non fosse ancora stato ritualmente "combinato" come uomo d'onore (cosa che sarebbe avvenuta successivamente, per mano dello stesso architetto Liga ed ai fini di legittimare ulteriormente, sul piano della forma, la figura del Genova, senza, tuttavia, mutare la sostanza delle cose e la qualificazione dei comportamenti). Proprio il Genova Bartolo fu il "padrino" della formale affiliazione del Pasta, successivamente avvenuta tra il dicembre del 2008 e gli inizi del 2009, circostanza che illustra l'alta qualità del rapporto tra i due mafiosi, estrinsecatosi in una costante interazione, lungo tutto il 2008, nella gestione delle attività mafiose del mandamento di Resuttana, consistente principalmente nella raccolta dei proventi delle estorsioni dai vari affiliati e nel sostentamento dei sodali detenuti e delle loro famiglie. Orbene, il collaborante aveva riferito che il Fidanzati (dal Pasta riconosciuto in fotografia) era un "soggetto storico aZZ7interno di Cosa Nostra", "nativo del1 'Arenella"; egli, durante l'egemonia dei Lo Piccolo e nel periodo precedente agli arresti del 16 gennaio 2008, non ebbe alcun ruolo concreto all'interno di Cosa Nostra, essendo anche malvisto da Genova Salvatore, che reggeva il mandamento. Invece, nel periodo successivo all'arresto di quest'ultimo, si verificò un fatto del tutto anomalo: Benedetto Capizzi, importante uomo d'onore di altra zona di Palermo ("si occupava di Santa Maria di Gesù e Villagrazia"), decise di mettere l'imputato Fidanzati Gaetano alla "reggenza di Resuttana", che comprendeva Arenella ed Acquasanta (sebbene per quest'ultima famiglia vi fossero altri due incaricati che il Pasta non aveva nominato). Ciò costituiva un'anomalia per due ragioni. La prima era quella che Benedetto Capizzi non avrebbe avuto il potere di investire Fidanzati di siffatta importante carica ed a ciò si risolse perché, in contemporanea, stava coltivando un progetto, approvato da alcuni uomini d'onore di altri mandamenti ma osteggiato da altri, di ricostituire, come in passato, la cosiddetta "commissione provinciale" di Cosa Nostra a Palermo (la "cupola"), della quale, probabilmente, voleva mettersi a capo ("si riteneva il numero uno"), nominando nei vari mandamenti persone di sua fiducia e tale era Fidanzati Gaetano (un progetto destinato ad arenarsi alla fine del 2008, con gli arresti di quasi tutti i partecipanti all'iniziativa nella cosiddetta operazione "Perseo"). La seconda ragione era che quest'ultimo era sì un uomo d'onore, ma di altra "famiglia" e, precisamente, della famiglia di Bolognetta (un paese non distante da Palermo ma del tutto distinto geograficamente dal territorio di Resuttana), di tal che, seguendo le regole mafiose, per assumere la carica occorreva un passaggio formale alla famiglia di Resuttana o dell'Arenella, anche attraverso il benestare di quella di provenienza, cosa che, nella specie, non era avvenuta. In ogni caso, tale investitura del Fidanzati, da parte del Capizzi, si rivelò, nei fatti, meramente "Jormale", in quanto l'imputato, sul territorio di Resuttana, non aveva alcuna disponibilità di uomini e quella zona del mandamento mafioso, la più estesa, era già gestita, dal periodo immediatamente successivo all'arresto di Genova Salvatore, dal Genova Bartolo, anche con l'ausilio del Pasta, ai quali erano collegati e fedeli gli altri affiliati attivi. Sicché al Fidanzati non rimase altro spazio che "tentare di far qualcosa " nel ben più ristretto ambito territoriale della famiglia dell' Arenella, unitamente ad alcuni soggetti, definiti dal collaborante - per distinguerli dal gruppo di persone che faceva capo a sé stesso ed al Genova - come una "armata brancaleone ",tra i quali vi erano i già citati Pizzuto Agostino (inteso basettone) e Caruso Antonino, nonché Patti Michele, Milano Riccardo e tale Ettorino. Ma se questa era la situazione dal punto di vista interno al mandamento di Resuttana (come da prospettiva del Pasta), ciò non toglieva che tale operazione del Capizzi avesse fatto circolare all'esterno, negli altri mandamenti, la notizia che Fidanzati fosse effettivamente il reggente di Resuttana (l'equivoco di cui Pasta aveva fatto cenno), fino a quando l'architetto Liga non chiari personalmente a tutte le famiglie, dopo alcuni mesi, che il vero reggente era Bartolo Genova. Approfondendo il concetto prima indicato ("tentò di far qualcosa all'Arenellam), il collaborante aveva precisato che il Fidanzati ed il suo gruppetto "cominciarono a fare qualche estorsione, ad andare in una costruzione, in un palazzo che stavano costruendo, ma il costruttore si rivolse subito a noi ...C 'era un accordo al1 'Arenella già ai tempi dei Lo Piccolo con Salvatore Genova e dove questo costruttore doveva dare centom ila euro per questa costruzione.. ..Fidanzati si presentò in prima persona direttamente dal costruttore ...si è occupato di alcune estorsioni e tentate estorsioni al1 'Arenella ". A questo specifico proposito dell'estorsione di centomila euro al costruttore non nominato, il Pasta aveva anche riferito che vi erano due soggetti, indicati in Spataro Maurizio (l'altro collaborante) e Giannusa Sergio, i quali erano "vicini" a Fidanzati ma, contemporaneamente, anche al gruppo del Pasta e del Genova, cui riferivano le mosse dell'imputato, sostanzialmente "tenendolo d'occhio", in una sorta di doppio gioco del quale neanche loro avevano piena consapevolezza (almeno lo Spataro). Nella seconda metà del 2008, l'architetto Liga fece sapere a Fidanzati che non avrebbe più dovuto "muoversi" ed "immischiarsi" in nulla, sicchè il gruppo a lui vicino si raccolse, alla fine del 2008, sotto l'ala di Troia Vincenzo, reggente della - famiglia di Pallavicino, zona limitrofa a Tommaso Natale e sempre ricadente in quel mandamento. Nel mentre il Fidanzati, rimasto solo, andò via da Palermo, anche a cagione del fatto di aver capitanato, nello stesso torno di tempo della seconda metà del 2008, una spedizione punitiva nei confronti del proprio genero, reo di sgarbi contro la figlia, il quale decedette in seguito alle lesioni subite; la vicenda gli creò ulteriori difficoltà ("la ciliegina sulla torta"), esponendolo nei confronti della giustizia ed anche all'intemo di Cosa Nostra, poiché egli non chiese alcuna "autorizzazione" a compiere tale delitto ("gli fu detto addirittura di andarsene"). E' da aggiungere, sul punto, che il Fidanzati risulta essere stato condannato in primo grado per omicidio preterintenzionale nei confronti del genero Bucaro, con ciò evidentemente dando contezza che l'epilogo della vicenda non era stato voluto dal suo ideatore e che il fatto avrebbe dovuto assumere una portata meno dirompente e più confacente alla sua conformazione "privata" e non mafiosa, non abbisognevole di alcuna "autorizzazione" (nella cui mancanza la difesa ha voluto leggere, erroneamente, una non aderenza del Fidanzati a Cosa Nostra). Con riguardo a Spataro Maurizio, il Pasta lo aveva definito come un soggetto in passato vicino a Bonanno Giovanni, il precedente reggente del mandamento di Resuttana fino alla fine del 2005, epoca nella quale venne soppresso con il metodo della lupara bianca e sostituito da Genova Salvatore. Spataro, dopo un periodo di fermo, fu riavvicinato al gruppo di Resuttana nel febbraio del 2008, poiché era al corrente delle estorsioni che si svolgevano sul territorio e venne ritenuto utile per indicare al nuovo reggente (il Genova Bartolo) i singoli esercizi commerciali sottoposti al pizzo. Tuttavia, Genova Bartolo continuava a nutrire diffidenza verso Spataro e non voleva che gli venissero fatte troppe confidenze. Anche Spataro - essendo a contatto con Fidanzati ma non al corrente delle dinamiche vere del mandamento in quanto si diffidava di lui - "si convinse che Gaetano Fidanzati era reggente di Resuttana ". Alle dichiarazioni del Pasta Manuel, come si è visto assai dettagliate e che dimostrano una penetrante conoscenza anche della pregressa collocazione mafiosa dell'imputato nella famiglia di Bolognetta (così come è stato irrevocabilmente provato dalla sentenza del 1990), si sommano quelle di Spataro Maurizio, esaminato nella medesima udienza del 21.5.2010 e già inquadrato dal primo collaborante all'interno del contesto cui si riferiscono le vicende narrate. Le dichiarazioni di Spataro sono sintetizzate ai fgg. 314-318 della sentenza impugnata, che ne ha ritenuto l'attendibilità pur senza approfondire il tema della compatibilità del suo apporto con le dichiarazioni del Pasta, correttamente ritenuta sussistente ma in modo piuttosto generico. L'approfondimento di siffatta compatibilità, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, non è scevra di conseguenze sotto il profilo della sussistenza del comma I1 dell'art. 4 16 bis C.P. contestato al Fidanzati. I primi importanti segnali della convergenza tra le dichiarazioni dei collaboranti sono dati dalle precisazioni dello Spataro in ordine al suo ruolo in Cosa Nostra, per ciò che attiene alla sua iniziale vicinanza con Bonamo Giovanni, fino alla scomparsa di questi avvenuta nel gennaio del 2006, al suo personale attivismo nel settore delle estorsioni in quel periodo, al suo "congelamento" durante la reggenza di Genova Salvatore, al suo recupero dopo l'arresto del Genova ed al fine di "mappare" le estorsioni, nonché allo stesso ruolo del Pasta come detentore della cassa del mandamento e come soggetto cui egli riferiva le notizie apprese. A proposito dell'imputato, lo Spataro (anch'egli in grado di riconoscerlo in fotografia), aveva riferito che, agli inizi del 2008, entrò in rapporti diretti con Giannusa Sergio (uno dei soggetti nominati dal Pasta tra quelli in contatto con Fidanzati e con il compito di "tenerlo d'occhio"), il quale gli disse che, essendosi creato un vuoto nella reggenza del mandamento dopo l'arresto di Genova Salvatore, il Gaetano Fidanzati era "interessato" ("dopo Salvo Genova in quel periodo C 'è stato un buco, che questo buco non si sapeva chi doveva essere la persona più precisa a gestire e in quel momento mi dissero che sarebbe stato Tanino Fidanzati ....che era la persona più anziana e titolata"). l'l collaborante aveva ritenuto di trarre conferma di questa informazione ricevuta dal fatto di essersi incontrato molte volte con l'imputato "sia per problemi estorsivi che erano nati nel mandamento di Resuttana", sia per altri scambi di informazioni su teini comunque di competenza del sodalizio, dei quali il Fidanzati si mostrava informato e sui quali, a sua volta, veniva anche aggiornato dallo Spataro ('praticamente il Fidanzati veniva messo a conoscenza di quello che succedeva nel mandamento di Resuttana"). E, però, lo stesso Spataro aveva precisato che il compendio delle singole estorsioni non veniva consegnato al Fidanzati ma al Pasta e che era quest'ultimo ad occuparsi di fare avere i soldi alle famiglie dei detenuti. In quello stesso periodo - durato pochi mesi, poiché il collaborante venne effettivamente arrestato nel luglio del 2008, come aveva riferito il Pasta - lo Spataro aveva precisato che assistette personalmente a due dirette ingerenze di Fidanzati in vicende estorsive a costruttori della zona dell'Arenella ed Acquasanta, indicati in Franco Sbeglia e tale Ferrara o Ferranti. L'importo che questo secondo costruttore doveva sborsare a titolo estorsivo, con riferimento alla costruzione di una palazzina a cinque piani, era di centomila euro "che si dovevano incassare e li avrebbe dovuti incassare direttamente Fidanzati; una vicenda della quale lo Spataro parlò con Manuel Pasta. I1 collaborante aveva, poi, accennato alla conflittualità esistita tra il Fidanzati ed il Lo Cicero Salvatore, a cagione del fatto che quest'ultimo - come verrà approfondito nel prosieguo con particolare riguardo alla sua posizione - era un altro anziano uomo d'onore della medesima zona dell'Arenella, che ebbe ad assumere, fin da periodi precedenti a quello in discorso e sotto la diretta egemonia prima dei Madonia e poi dei Lo Piccolo, funzioni di comando della "famiglia", creando contrasti di potere tra lui ed il Fidanzati. Infine, lo Spataro aveva riferito in ordine agli ottimi rapporti esistiti tra l'imputato e Capizzi Benedetto, circostanze riferitegli dallo stesso Fidanzati, che gli precisò anche di avere avuto degli incontri sia con lo stesso Capizzi, sia con altri uomini d'onore di diversi mandamenti, come Spera di Belmonte Mezzagno o Tanino Lo Presti di Porta Nuova, per discutere affari di Cosa Nostra, tra i quali, con lo Spera, quello relativo ad un progetto di "riorganizzare Cosa Nostra provinciale", al quale era interessato anche Capizzi e che suscitò delle diatribe "a causa di Tanino Lo Presti che non voleva aderire". Ritiene la Corte che la sussistenza del reato di cui all'art. 416 bis C.P., in relazione alle condotte del Fidanzati, potrebbe trarsi anche soltanto attraverso la lettura incrociata delle dichiarazioni dei due citati collaboratori di giustizia, che si riscontrano vicendevolmente nella descrizione dell'imputato come di un soggetto che, pochi mesi dopo la sua scarcerazione, approfittando del vuoto di potere determinatosi all'interno del mandamento di Resuttana a causa dell'arresto del reggente Genova Salvatore, si fece avanti per sostituire il Genova, forte del suo rispettabile passato in Cosa Nostra e dell'appoggio di Capizzi Benedetto, venendo, tuttavia, osteggiato dal gruppo più direttamente collegato al Genova Salvatore, capeggiato dal nipote di questi, Bartolo Genova, e del quale faceva parte il Pasta. Il Fidanzati non riuscì, in concreto, a porsi quale reggente del mandamento di Resuttana, anche se formalmente assunse quella carica agli occhi di molti intranei al sodalizio (tra i quali lo stesso Syataro) ed anche all'esterno del mandamento (per come vedremo trattando delle altre acquisizioni probatorie). Tale conclusione, intesa a privilegiare, nella sostanza, il resoconto del Pasta, si giustifica avuto riguardo al ruolo assai più rilevante, assunto da questo collaboratore rispetto allo Spataro, nella fluida conformazione del vertice del mandamento di Resuttana in quel torno di tempo, che lo portò a conoscenza di dinamiche sotterranee del tutto sfuggite allo Spataro, interamente confermate dagli altri dati disponibili (per quel che si dirà), come, ad esempio, la conclamata rilevanza rnafiosa di Genova Bartolo, per nulla focalizzata dallo Spataro, il quale, rispetto al Pasta, ebbe anche molto meno tempo a disposizione (da febbraio a luglio del 2008) per comprendere le vicende. Ma entrambi i collaboranti rimandano ad un comportamento evidentemente attivo del Fidanzati all'interno di Cosa Nostra (che verrà, infatti, ulteriormente dimostrato più avanti), in quel difficile momento storico nel quale egli trovò forti resistenze alla sua ascesa al vertice del mandamento, nonché contrasti interni alla "famiglia" dell'Arenella per la presenza, si può dire storica, del coimputato Lo Cicero Salvatore che ne era formalmente a capo. Altrimenti opinando - e cioè non considerando tutte le sottointese condotte necessariamente volte a tessere accordi per potere addirittura auspicare a diventare capo di un mandamento mafioso, come lo schierarsi con Benedetto Capizzi nel suo progetto di ricostituzione della cupola di Cosa Nostra (altrimenti provato), del quale entrambi i delatori hanno riferito, con specifica indicazione di rapporti diretti ed indiretti tra il Fidanzati ed il citato mafioso - sarebbe impossibile immaginare che l'imputato potesse aver coltivato siffatta prospettiva ed il Capizzi l'avesse potuto eleggere a tale ruolo, rimasto poi privo di concretezza sul campo per cause interne allo stesso mandamento. Anche soltanto questa emergenza, con la connessa valutazione che ne deve - prima ancora di individuare condotte più specifiche, pure risultanti dalle dichiarazioni dei due collaboranti - se consente, in conseguire logicamente, appena evidenziata sintonia con le corpose deduzioni difensive, di escludere il reato di cui al comma I1 dell'art. 416 bis C.P.(ritenuto in giurisprudenza quale fattispecie autonoma rispetto al I comma), permette, nello stesso tempo, di ritenere configurato il reato di semplice partecipazione mafiosa del Fidanzati a Cosa Nostra, organizzazione cui egli aveva aderito formalmente e con un ruolo di tutto rispetto fin dagli anni settanta, come è stato accertato con la sentenza irrevocabile citata all'inizio. E ciò in quanto le delineate condotte non possono ritenersi affatto inerti ed asintomatiche, come è stato sostenuto dalla difesa e come solo avrebbe potuto essere considerata quella di un anziano uomo d'onore, quale il Fidanzati, che tornato a vivere nella borgata della quale era nativo (l'Arenella), dopo lunghi periodi di carcerazione ed una altrettanto lunga militanza mafiosa, fosse rimasto del tutto estraneo alle nuove dinamiche della cosca della zona, ai suoi accoliti ed alle vicende criminali che riguardavano quel determinato contesto e, più in generale, alle evoluzioni progettuali di tutta l'organizzazione nel territorio di Palermo. Ma, ove non bastasse, le dichiarazioni dei due collaboratori individuano anche, in sintonia tra loro, un molo attivo del Fidanzati in qualche vicenda estorsiva mafiosa, legata al più ristretto ambito territoriale dell'Arenella - dove egli ebbe agio di muoversi incontrando meno ostacoli da parte del gruppo del Pasta - quale quella del pizzo al costruttore di una palazzina sita in quella zona della città, che avrebbe dovuto versare il denaro direttamente all'imputato, vicenda riferita da entrambi i collaboratori, con la conforme indicazione della somma di centomila euro che bisognava estorcere alla vittima in quella occasione e della quale, secondo il resoconto del Pasta, solo una prima tranche (contrariamente a quanto dedotto in appello) era stata incassata dal gruppo. Con il che, le doglianze difensive, volte a sottolineare l'indeterminatezza del costrutto dichiarativo dei due collaboranti, l'assenza di comportamenti qualificanti o di riscontri incrociati, non possono trovare accoglimento, come ulteriormente apparirà evidente dall'esame delle altre risultanze, a conforto della conclusione cui è pervenuta la Corte. Giova segnalare, prima di passare oltre, che non può ritenersi indebolita, come vorrebbe l'appellante, la conforme indicazione dei collaboranti circa gli ottimi rapporti che esistevano tra Fidanzati e Capizzi Benedetto e la precisazione dello Spataro che i due si incontravano, dalla circostanza che il Capizzi si trovasse, nello stesso torno di tempo delle vicende narrate, in stato di detenzione. Dagli atti emerge, in primo luogo, coine quest'ultimo mafioso, proprio a partire dal 3 1 gennaio del 2008 e fino al 20 gennaio del 2009, fosse stato scarcerato e sottoposto a detenzione domiciliare per motivi di salute. Tale vincolo restrittivo, specie in soggetti di così elevato spessore criminale, non è mai stato di ostacolo ai contatti esterni non autorizzati, tenuto conto del sistema saltuario dei controlli, come è notorio agli addetti ai lavori. Ma qui, in secondo luogo, si ha la prova specifica, come meglio si evidenzierà nel prosieguo dall'esame di alcune intercettazioni, che il Capizzi Benedetto stesse personalmente coltivando, nonostante fosse agli arresti domiciliari, addirittura quell'ambizioso progetto di ricostituire la cupola di Cosa Nostra, del quale si è già detto, non soltanto avvalendosi dell'intermediazione del proprio figliolo Sandro, libero di muoversi senza timori, ina anche attraverso incontri diretti con uomini d'onore, come risulta, per esempio, dalla conversazione del 4 giugno del 2008, riportata ai fgg. 296 e segg. della sentenza, relativa ad incontri awenuti, ad onta del suo stato detentivo domiciliare, tra il medesimo Capizzi ed alcuni sodali, tra i quali anche un soggetto dello spessore mafioso di Lo Presti Gaetano, reggente del mandamento di Porta Nuova e protagonista del dialogo di cui a fg.298 della sentenza ("iddu(Capizzi n.d.r.) mi cercava a mia e io fici passare cincu iorna e C 'arrivavu cu Massimo rintra a casa"). Pertanto, non si vede la ragione per la quale debba ritenersi inverosimile che il Capizzi avesse potuto incontrare l'imputato, per come riferito dallo Spataro, la cui dichiarazione è, al contrario, genericamente confermata sul punto dall'inquietante riferimento appena citato. Infine, non può indebolire la credibilità del Pasta, la circostanza che egli fosse stato al corrente delle dichiarazioni precedentemente rese dallo Spataro, come è stato dedotto dalla difesa. Infatti, l'evidente diversità di impostazione degli argomenti narrati dai due collaboranti - sfnrttata dalla stessa difesa per escludere l'ipotesi di reato più grave ascritta al Fidanzati - sebbene conduca ad un giudizio sintonico nei termini detti, dimostra che il Pasta fosse portatore di sue personali conoscenze, parte delle quali del tutto ignorate dallo Spataro, e non si fosse a costui omologato. Peraltro, le dichiarazioni del Pasta e dello Spataro sono confortate dagli altri elementi di prova che ci si appresta ad evidenziare qui di seguito, circostanza che conduce ad un giudizio positivo in ordine alla loro attendibilità, nel solco della decisione di prime cure. Si cercherà di rispettare la cronologia degli eventi nell'ambito delle numerosissime e lunghe conversazioni, riportate pressoché per esteso nella sentenza impugnata e citando solo quelle che si ritengono di sicuro interesse. I passaggi e gli argomenti delle conversazioni che non verranno segnalati da qui in avanti, sono stati considerati dalla Corte di spessore probatorio non significativo e non influiranno in negativo nel giudizio sulla posizione dell'imputato, con consequenziale irrilevanza delle censure specifiche contenute nell'appello e relative ai punti tralasciati, senza mancare di sottolineare come dall'esame di siffatte emergenze e di dette censure non emergono, di contro, elementi favorevoli per la posizione dell'imputato ma, al più neutri e, comunque, inidonei ad inficiare le conclusioni fondate sulle risultanze appresso sintetizzate. E'da precisare che vi è un primo gruppo di conversazioni che ineriscono alla seconda metà del 2007, periodo immediatamente antecedente all'arresto dei Lo Piccolo e di Genova Salvatore. Detto primo arco temporale, che corrisponde ai primissimi mesi di libertà dell'imputato (scarcerato, come si è già precisato, a maggio del 2007), è quello nel quale, secondo il Pasta (nulla provenendo dallo Spataro, ancora non richiamato agli ordini della cosca), il Fidanzati non avrebbe avuto alcun ruolo, neanche meramente formale, la sua figura venendo osteggiata da Genova Salvatore, reggente del mandamento di Resuttana per conto dei Lo Piccolo. Si tratta di conversazioni captate all'interno dell'autovettura in uso a Caruso Antoriino ed effettuate tra costui e Pizzuto Agostino, soggetti dei quali si è evidenziata la rilevanza mafiosa in quel contesto territoriale (insieme ai collegamenti con Genova Salvatore) e che il Pasta aveva entrambi indicato tra i componenti di quel gruppo che si legò a Fidanzati nel 2008 ma non ebbe spazio se non nel ristretto ambito di competenza della "fainiglia" dell'Arenella e con i limiti detti. Sui contenuti di contesto dell'indagine, aveva riferito il teste di polizia giudiziaria Corselli Salvatore, escusso all'udienza del 26.3.2010, in grado anche di offrire rilevanti chiarimenti sulle singole conversazioni e la prima notazione importante relativa all'imputato, vale a dire la circostanza che egli, subito dopo la scarcerazione, si fosse stabilito nella borgata natia dell'Arenella ed avesse immediatamente preso contatto proprio con Caruso e Pizzuto, come risulta dalla prima conversazione del 19.10.2007 (ore 17.15), riportata ai fgg. 363-366 della sentenza, nella quale i due facevano esplicito riferimento allo "zio Tanino" (in tale modo, o anche semplicemente come "Tanino ", sarà ripetutamente chiamato il Fidanzati dai due interlocutori nelle conversazioni successive e non essendo risultati alla indagini altri soggetti così indicati nei dialoghi tra i citati sodali) ed al fatto che "si fosse fatto quarant'anni", alludendo con ogni probabilità alla sua lunga militanza mafiosa (si tratta di un dato che non lascia dubbi sull'identificazione del soggetto di riferimento, anche a motivo dell'età dell'imputato). Deve, peraltro, sottolinearsi che neanche l'appellante ha contestato, con il gravame, che il Fidanzati fosse entrato in rapporti con Caruso e Pizzuto (e la ragione sarà presto chiara), sostenendo, di contro, che costoro avrebbero voluto coinvolgerlo nei loro traffici mafiosi, dai quali l'imputato si sarebbe tirato espressamente fuori (cfr. fg.3 1 atto di appello); una prospettazione, quest'ultima, non condivisibile, per ciò che si evidenzierà e fermo restando che la circostanza della immediata presa di contatto diretto tra l'imputato ed i due sodali mafiosi, si ritiene di significato indiziante alla luce delle dichiarazioni del Pasta. Si può convenire con la difesa, ma solo per quanto attiene a questo primo gruppo di conversazioni del 2007 (molte delle quali di difficile o incerta interpretazione), sul fatto che in esse non si evidenziano "azioni delittuose specifiche" (fg.32 dell'appello); la qual cosa, dopo tutto, conferma indirettamente le dichiarazioni del citato collaborante, relative all'assenza di un ruolo concreto dell'imputato in questa fase storica della vicenda, solo successivamente destinato ad accrescersi. Deve, però, sottolinearsi che già dalle conversazioni del 2007: - emergono anche contatti indiretti (tramite Caruso) tra Fidanzati e tale Ettore (vedi conversazione del 22.10.2007 a fg.368 della sentenza impugnata), altro soggetto ricollegabile a quello con lo stesso nome che il Pasta aveva indicato come appartenente al gruppo coalizzatosi attorno all'imputato nella zona dell'Arenella, identificato nelle indagini in Ruvolo Letterio (vedi teste Corselli). E proprio per il tramite di questo soggetto, secondo l'inequivocabile testo della conversazione, si sarebbe dovuto organizzare un incontro tra lo "zio Tanino "e lo "zio Totò ", identificato nel coimputato Lo Cicero Salvatore (vedi sempre teste Corselli), a quel tempo a capo della famiglia dell'Arenella, per come meglio si evidenzierà trattando più specificamente della sua posizione processuale. Anche questa circostanza riscontra le dichiarazioni di Pasta nella parte in cui aveva attribuito al tale Ettore (o Ettorino) proprio il ruolo di tramite degli incontri effettuati da Lo Cicero ("portava gli appuntamenti"). La successiva parte della conversazione non smentisce tale assunto, come sostenuto dalla difesa, perché il Caruso interloquisce con un terzo uomo e non con Pizzuto, chiedendogli notizie di dove fossero "Stefano" e "Tanino", cosa che non aveva nulla a che vedere con la precedente parte del dialogo, peraltro anche staccata dalla seconda da un silenzio di trenta secondi. L'incontro tra Fidanzati e Lo Cicero, filtrato da "Ettore" e Caruso, alla maniera mafiosa, è un dato che si ritiene indiziante nel coacervo degli elementi di prova a carico dell'imputato (oltre che del Lo Cicero); - emerge l'interesse di Pizzuto e Caruso ad avvicinare a loro stessi la persona del Fidanzati, tuttavia con una prudenza che denota come tale interesse fosse da riconnettere non a fatti leciti o ameni (vedi conversazione del 29.1 1.2007, fg. 403 della sentenza impugnata, dove l'identificazione del prevenuto nel "Tanino" di cui si discute è sicura, contrariamente a quanto dedotto dall'appellante, attraverso il riferimento immediatamente precedente del dialogo al fatto che il soggetto si fosse stabilito a Palermo e non volesse più tornare a Milano, città ove si erano per lo più svolte le pregresse attività delinquenziali del Fidanzati, come emerge dalla sentenza irrevocabile a suo carico): "a Tanino c 'è di tirarisillu..valutando.. .valutandolo...e virennu chi c 'è attorno..E' meglio di certuni". Si tenga presente che tale conversazione era avvenuta pochi giorni dopo l'arresto dei Lo Piccolo e, dunque, in un momento di grande confusione per gli affiliati alle varie famiglie mafiose, alla ricerca di solidi punti di riferimento. Di ben altra pregnanza probatoria risultano i dialoghi avvenuti successivamente all'arresto di Genova Salvatore, se messi in pendant con le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia su cui ci si è già soffennati. Primi fra tutti, in ordine di tempo, quelli del 3 1 gennaio del 2008, tra Caruso, Pizmto e lo stesso imputato Fidanzati Gaetano, a suggello degli innegabili e non negati rapporti diretti che intercorrevano tra costoro (i dialoghi sono riportati, quasi per esteso, nella sentenza di primo grado, ai fgg. 406-420). Tenuto conto delle doglianze difensive, anche sulla dinamica delle conversazioni e sulla reale presenza o meno dell'imputato, occorre segnalare (anche seguendo le spiegazioni fornite in proposito dal teste Corselli) che il Caruso, alle ore 17.39, si recava con la sua autovettura, da solo, a cercare il "Tanino", chiedendo informazioni ad uno sconosciuto a nome Giovanni su dove questi potesse trovarsi ("Giovà, ca Tanino s 'ha vistu? ") e ricevendo le auspicate precisazioni, che lo inducevano a spostarsi con l'automobile verso il liiogn indicatogli, raggiunto il quale scendeva dal suo mezzo, poiché si sentiva aprire e chiudere lo sportello della macchina (fg. 160 trascrizione integrale, decreto 2699107). Dopo circa un minuto, si avvertiva di nuovo il rumore degli sportelli dell'auto del Caruso ed ivi entravano due soggetti che iniziavano una conversazione, uno dei quali da identificare nell'imputato, come verrà successivamente confermato e che in un passaggio del dialogo veniva, infatti, chiamato dal Caruso "zu Tani", sintesi discorsiva di "zu Tanino" (nella trascrizione integrale della conversazione, e non in sentenza, a fg. 161, si trova scritto: "Tanino sale"). Deve, pertanto, escludersi ogni perplessità sulla presenza dell'imputato in quel frangente, dentro l'automobile del Caruso. Mentre si svolgeva la conversazione, il mezzo era in movimento verso casa di . - quest'ultimo, come si deduce dalle dichiarazioni del teste Corselli (vedi infra). Durante questo primo dialogo, si comprendeva che di lì a poco vi sarebbe stato un incontro tra il Fidanzati ed altri soggetti non nominati, rispetto al quale il Caruso teneva ad anticipare all'imputato qualche circostanza, nella speranza di poter trarre "cose buone" ("a Vassia - storpiatura dialettale palermitana del tipico appellativo, Vossia, attribuito in Sicilia alle persone cui si deve rispetto, il significato essendo "vostra signoria" -già canticipo qualche cosa..accussi già uno ...pi cose buone"). 11 Fidanzati rispondeva con un anelito di speranza (Ma.. speramu") ed il Caruso si riprometteva di dire a tutti di stare "quieti". Anche da queste prime battute, si comprende che dovevano essere trattate questioni delicate, difficilmente riconducibili, tenuto conto del contesto, ad affari leciti dei quali il prevenuto (in ipotesi difensiva oramai in pensione come mafioso) dovesse discutere ed occuparsi in prima persona con altri soggetti a casa del Caruso. Successivamente, i due constatavano il "macello" che stava succedendo, con un chiaro riferimento al "pentito Francuzzo" (da identificare, con ogni probabilità, nel collaboratore di giustizia Franzese Francesco) e, dunque, a questioni genericamente di mafia ed il Caruso informava il Fidanzati di avere utilizzato in passato "parole dolci" in tutti i posti ove si era recato. Nel prosieguo della conversazione, dopo aver toccato argomenti non significativi, l'imputato, dimostrando di essere molto conoscitore delle dinamiche più recenti intorno al fenomeno delle estorsioni ai costruttori, specificando di avere "una discussione in piedi", affermava che, visti i tempi che correvano, non era più possibile andare a chiedere soldi, poiché era troppo pericoloso anche per chi li versava ("appena incocciano uno che paga..Caruso:ci ci chiuiunu l attività.. Tanino: u processo ci fanno"), suggerendo che la strada più consona in quei casi doveva essere quella di rivolgersi ai costruttori chiedendo loro di assumere operai ("sintiti cca ...viriti di pigghiari operai"), come una sorta di "cortesie" (Caruso: "uno deve chiedere se mai cortesie se C 'è la possibilità se non C 'è è lo stesso ...arrivederci"). Con diretto riferimento a questo tema, il Fidanzati precisava, di nuovo, di avere "discorsi" in corso e di avere chiesto, evidentemente ad un costruttore, se aveva "bisogno di operai"; nel frattempo, tuttavia, la sua trama era stata interrotta da altri, i - quali, molto più bruscamente, erano andati dal medesimo costruttore a chiedere soldi ("ci vanno p i trecento..") ed egli, prendendo atto di ciò, aveva detto al costruttore di portare questi soldi all'Arenella e quando costui si era recato là, gli aveva comunicato, rassicurandolo, che in quella zona soldi non ne chiedeva nessuno, "solo posti di lavoro". Così terminava la conversazione ed i due dialoganti scendevano dalla macchina, aprendo e richiudendo gli sportelli (era il minuto 19.18 dall'inizio dell'intercettazione e, quindi, le ore 18.00 circa). Nel frattempo, il maresciallo Corselli, allertato dalla sala operativa dell'esistenza di questo dialogo in corso, con la sua moto si recava sotto casa del Caruso, dove si appostava, successivamente vedendo con i suoi occhi, dopo circa due ore, che lo stesso Caruso, in compagnia del Pizzuto e dell'imputato, si reintroducevano nell'autovettura del primo e si mettevano in movimento, intrattenendo la seconda conversazione, a conferma della sicura identificazione del prevenuto quale protagonista dei due dialoghi. Tornando al contenuto della prima conversazione, è evidente, secondo la Corte, che Fidanzati fosse stato coinvolto personalmente nella vicenda raccontata al Caruso, nella quale erano stati chiesti ad un costruttore sconosciuto "posti di lavoro" anziché somme di denaro. E ciò implica, contrariamente a quanto a lungo dedotto dalla difesa sul punto, che si fosse trattato, in quella precipua occasione (inserita nel precedente discorso generale sull'argomento affrontato dai dialoganti), di una estorsione, soltanto posta in essere in maniera più elegante e meno cruenta, in adesione alla filosofia di azione dell'imputato, il quale riteneva essere diventato troppo pericoloso richiedere soldi in quelle circostanze, dovendosi sostituire tale richiesta con quella indicata. I1 riferimento, poi, "all'Arenella" e, cioè, ad una zona geografica e non a se stesso, non lascia dubbi sulla matrice mafiosa che ispirava siffatta condotta compiuta dal1'imputato. L'emergenza costituisce prova specifica della commissione del reato per cui si procede, anche laddove la vicenda estorsiva si fosse fermata allo stadio del tentativo. Inoltre, essa costituisce riscontro pieno alle indicazioni del Pasta, anche con particolare riguardo alla circostanza, da questi riferita, secondo la quale l'imputato, nel territorio dell'Arenella, ove era più libero di muoversi, avesse posto in essere (o tentato di porre in essere) delle estorsioni mafiose. Ed è il caso di notare, dopo questo passaggio, quanto la raffigurazione difensiva del prevenuto come di un soggetto inerte sotto il profilo criminale ed all'interno di Cosa Nostra, vada diventando sempre più inverosimile. La seconda lunga conversazione, si verificava, quindi, dopo la riunione, sulla cui verificazione non possono sorgere quei dubbi che pure la difesa ha sollevato, ove si consideri che il Caruso, all'esordio del dialogo, quando si era introdotto Pizzuto dentro l'auto (pochi attimi dopo degli altri, vedi fg.168 della trascrizione integrale) espressamente manifestava, rivolgendosi all'ultimo arrivato, il suo compiacimento per il risultato raggiunto: "ci stava riciennu au Zu Taninu ca stu incontru ci vulieva". Compiacimento dovuto al fatto di poter finalmente estromettere qualche persona inutile "dal mezzo". E' fin troppo ovvio che il contesto di riferimento ("il mezzo") non potesse essere che quello mafioso, nel quale ad altri innominati soggetti poteva giovare il fatto di avere lo zio Tanino accanto ("a chiddi di aviri u zu Taninu o lato"), come il Caruso ed il Pizzuto mostravano da tempo di desiderare, rifacendosi alla grande esperienza dell'imputato. Anche qui, l'unica esperienza che Fidanzati Gaetano potesse vantare, agli occhi di quel tipo di interlocutori ma anche in generale, era quella in campo mafioso, come veniva confermato dalla successiva parte del dialogo, nella quale l'imputato iniziava a pontificare sul suo illustre passato criminale, sulle belle e leali dinamiche comportamentali tra i membri del sodalizio che erano esistite ai tempi di Pippo Bono, sul valore del rispetto e dell'onestà all'interno della "$?famiglia", che consentiva al rappresentante, al sotto-capo, al capo-decina, al consigliere, di essere tutti d'accordo ed uniti. Alla domanda del Pizzuto se fosse contento di quello che si stava facendo in quel momento, il Fidanzati rispondeva "io voglio vedere com 'è la situazione". I1 che trova perfetto pendant in quella fase di incertezze dovuta all'arresto di Genova Salvatore e di altri sodali, alla necessità di ricostruzione interna alla compagine mafiosa che la perdita del reggente del mandamento inevitabilmente determinava, aggravata dalla mancanza di sintonia tra le fazioni che si trae dalle dichiarazioni di Pasta e dai dialoghi detti e che induceva, all'evidenza, il Fidanzati ad essere prudente ed a guardarsi attorno nel perseguire i suoi obbiettivi, così ancora una volta riscontrando le affermazioni del citato collaborante ed il contesto generale da questi tratteggiato, in modo da escludere che quelle pronunciate dall'imputato possano essere interpretate come parole in libertà o come vaneggiamenti nostalgici, anziché un modo per accattivarsi la fiducia e la stima degli interlocutori. Nell'ottica dei dialoganti, era anche necessario che lo "zio Totò" si defilasse ("s 'avi a ghiri a infilari dintra"), riferimento senza dubbio pertinente al coimputato Lo Cicero Salvatore ed al suo attuale ruolo dirigenziale (come meglio si dirà sul suo conto) e che dimostra che in quella circostanza si stesse parlando, come volevasi dimostrare, di concreti progetti attinenti all'organismo associativo, ai quali l'imputato partecipava con autorevolezza rispetto ai suoi interlocutori (Pizzuto: "nno zu Tanino io viu u patr?'), ribadendo, da mafioso all'antica, che la cosa più importante era che andasse avanti l'onestà nelle relazioni interpersonali tra gli associati. L'imputato continuava illustrando la sua linea di pensiero - assai sintonica al suo passato criminale fuori dalla Sicilia - secondo cui, in quel frangente temporale, data la pochezza delle attività remunerative gestite ("viri ca nuatri ccà nun avemu nenti..una lira unn'ha pigghiamu"), sarebbe stato ineglio orientare le iniziative illecite fuori, "per esempio cu Milano, cu Genova". Subito dopo si sentivano rumori di sportelli e dal prosieguo della conversazione si - comprendeva che Fidanzati non si trovava più in automobile, poiché il dialogo continuava tra i soli Caruso e Pizzuto. L'ultima parte della conversazione avvenuta con la presenza dell'imputato, dà contezza di come quest'ultimo, ad onta della sua l'età e degli acciacchi, coltivasse ancora ambiziosi progetti dentro Cosa Nostra, verso i quali incanalava i suoi sodali, accreditandosi ai loro occhi come un vecchio saggio: ed anche questa è una condotta tutt'altro che passiva o indotta - di stimolo, guida e rafforzamento morale e pratico negli interlocutori per il perseguimento di fini mafiosi - indifferente al profilo dei risultati concreti raggiunti (dei quali, peraltro, si avrà traccia più avanti). Quanto al rilievo difensivo secondo cui la frase relativa alla mancanza di denari dovrebbe significare estraneità all'organizzazione e mancata gestione delle estorsioni, è appena il caso di rimarcare che si tratta solo di un parallelismo posto dall'imputato tra la scarsa o nulla rimuneratività delle attività illecite in loco e quella che il nni_ppo avrebbe potuto ottenere fuori dalla Sicilia, in ciò esprimendosi appartenenza e non distacco. Che il Fidanzati, poi, concretamente, gestisse poco delle ricche estorsioni perpetrate nel territorio di Resuttana - tanto da volgere il suo sguardo altrove - è un dato che conferma, un'altra volta, le dichiarazioni del Pasta sul punto, ma rimane di nuovo indifferente, alla stregua di quanto evidenziato, rispetto alla prospettiva difensiva volta a dimostrare, tramite esso, l'insussistenza del reato di cui all'art. 416 bis C.P.. Nella successiva parte della conversazione tra Caruso e Pizzuto, di minore interesse, si comprende che i due sodali facevano riferimento, con rammarico, alle diatribe interne al gruppo, emerse anche nella riunione ed ai pericoli che queste comportavano per tutti ("ci jìci capiri ccà siamo contraddittori, stassi attentu ...p icchi scuppamu tutti in terra.. .stamu iennu contra Dio.. ...iddu au purtatu au paisi e chiddi vinnunu a droga), così confermando, ove ve ne fosse bisogno, quali potessero essere stati gli - argomenti affrontati durante quella seduta appena conclusasi, alla quale aveva partecipato il Fidanzati. Assai significativa - e del tutto consequenziale al delineato contesto - è da ritenersi la conversazione tra Caruso e Pizzuto di pochi giorni dopo, 5 febbraio 2008, riportata per intero ai fgg.420-423 della sentenza. 11 Pizzuto Agostino riferiva al Caruso, suscitando l'approvazione di questi, di avere riferito ad altro affiliato (si citava un Giovanni), che egli (Pizzuto) aveva bisogno di mettersi accanto a "Tanino", per poter continuare a garantire ancora qualcosa ai "picciotti". Se questo disegno fosse riuscito, continuava Pizzuto, sarebbe stata una cosa buona per tutti ("Se mi metto o lato aTanino..u Signuri vi aiuta a tutti"). 11 dialogo non può essere semplicisticamente liquidato sostenendo che si trattava solo di propositi del Pizzuto, poiché esso deve essere messo in relazione con quanto emerso dalle conversazioni solo di qualche giorno precedenti, rivelative della inequivocabile volontà del Fidanzati, speculare a quella del Pizzuto, di porsi come punto di riferimento, di accrescere la sua posizione mafiosa all'interno del sodalizio in quel momento di incertezze, in questa ambizione sostenuto dai fedeli Caruso e Pizzuto ma non da altri compartecipi, verso i quali quest'ultimo adottava manovre di convincimento circa il fatto che quella di tenersi accanto lo "zio Tanino" sarebbe stata la soluzione migliore per tutti. Qualche passo più avanti, si comprendeva che il nuovo assetto auspicato dal Pizzuto, doveva comportare che l'anziano e sofferente coimputato Lo Cicero, espressamente nominato, si dovesse mettere da parte, venendogli attribuite dal detto Pizzuto delle responsabilità per quella situazione conflittuale che si era creata ("questo per colpa di Lo Cicero...). Si tratta di un passaggio che significativamente illustra la compromissione mafiosa anche di questo imputato, al quale il Pizzuto riconnetteva funzioni di comando che quegli possedeva ma che avrebbe dovuto abbandonare (in favore del Fidanzati, come è corretto aggiungere per logica deduzione tratta dal raccordo tra la prima e la seconda parte delle affermazioni del Pizzuto in quella medesima conversazione). Ancora significativa risulta la conversazione del 20 febbraio del 2008 (trasfusa a fg.426 della sentenza), nella quale, rispondendo al Caruso che gli chiedeva notizie dello "zio Tanino"(espressamente nominato), il Pizzuto riferiva che questi era intento a farsi dare il "nulla-osta", affinché potesse passare "da quel lato" e mettersi alla testa dello schieramento, cosa che avrebbe risolto i problemi ("si sta fannu rare u nulla osta e sta passannu i cca sta banna..chiddi mi stannu dannu u nulla osta pi mittirici a iddu cca. ..stop.E iddu ...e semu a posto"). I1 dato è di tutto rilievo, se posto in relazione alle dichiarazioni del Pasta, il quale aveva spiegato che il Fidanzati non avrebbe potuto assumere alcuna carica direttiva all'interno del mandamento di Resuttana, in quanto apparteneva ad altra famiglia mafiosa di diverso territorio, quella di Bolognetta (come da sentenza irrevocabile a suo carico). Tanto è vero che il collaborante aveva lamentato l'irregolarità dell'investitura dell'imputato promossa da Capizzi Benedetto, che non era stata posta in essere adottando una procedura formale di "trasferimento" da quell'altra famiglia. La conversazione rivela, invece - senza che, ad evidenza, il Pasta ne fosse al corrente - come il Fidanzati si stesse muovendo in tal senso, corroborando l'assunto della Corte che all'assunzione di quella importante carica di comando egli effettivamente mirò il suo intento e non potesse auspicarvi se non attraverso il compimento di rilevanti condotte preparatorie; dando contezza, contrariamente a quanto dedotto dall'appellante, di un ennesimo comportamento attivo di compromettente spessore mafioso, quale deve ritenersi quello di essersi mosso all'interno dell'organizzazione criminale per ottenere quel "nulla-osta" che gli avrebbe consentito, anche formalmente, di rivestire il ruolo di capo-mandamento, rimanendo a questo punto ininfluente l'esito della procedura ai fini della sussistenza della fattispecie di cui al comma I dell'art. 416 bis C.P.. Ed i contenuti di questa conversazione, come anche l'appellante ha riconosciuto, sono da porre in relazione con l'altro importantissimo dialogo, di poco più di un mese successivo, intrattenuto dal Pizzuto con il cognato Militano Carmelo, intercettato in occasione di un colloquio tra i due, avvenuto all'interno del carcere Ucciardone di Palermo, ove il Militano si trovava detenuto (la lunghissima conversazione del 26.3.2008, è riportata per esteso ai fgg. 442-465 della sentenza). - Sulla caratura mafiosa del Militano Carmelo, occorre rifarsi alle dichiarazioni del teste Corselli, il quale aveva precisato come costui fosse una persona di fiducia dei Lo Piccolo, già condannato con sentenza irrevocabile, che si occupava della gestione mafiosa del quartiere Zen di Palermo, per conto del mandamento di San LorenzoTommaso Natale, comandato dai predetti boss, odierni coimputati per altri reati. I1 raccordo tra le due conversazioni, si coglie nel passaggio in cui il Pizzuto, riferendosi al Fidanzati, informava il cognato che questi stava chiedendo il "trasferimento" e che la cosa era stata discussa nelle "opportune sedi" (in altro passo del dialogo sembrerebbe che il "trasloco" fosse già stato ottenuto da chi di dovere: "nni Jicimu dare u trasloco e manca p i nuatri trasferirli"). Ciò che rispondeva al proposito (dell'imputato e non del Pizzuto, cui quest'ultimo accedeva) di volersi "godere la borgata" dell'Arenella nella vecchiaia (espressione pittoresca assai efficace a rendere l'idea di cosa volesse intendersi, se calata in quel contesto dialettica mafioso) dove c'era un poco di "travagghiu"(lavoro), il Pizzuto attribuendo al prevenuto il potere di fare arrivare vantaggi (in questo senso deve intendersi l'altra colorita frase: "lui l 'acqua la porta") del tipo rappresentato, l'unico lugicaii~ei~te plausibilc nel descritto ambito colloqiiiale. Ma la conversazione - sulla quale conviene a questo punto soffermarsi, saltando di poco la cronologia tra i vari dialoghi - è ricca di dati significativi, che l'appellante ha sottovalutato. All'inizio del dialogo si comprendeva la confusione che si era creata all'interno della grossa compagine criminale governata dai Lo Piccolo, a seguito dell'inglobamento, nel mandamento di San Lorenzo-Tommaso Natale, di altri territori appartenenti a mandamenti mafiosi originariamente distinti, come Resuttana, con la conseguenza che anche un soggetto come il Pizzuto stentava a comprendere le giuste differenze di collocazione "geografica" di alcuni territori e dei loro appartenenti, chiaritegli dall'esperto Militano, con il richiamo alle più datate distinzioni più risalenti nel tempo e precedenti all'unificazione delle zone sotto l'egida dei Lo Piccolo. In questo quadro, il Militano rivendicava la propria appartenenza, e quella del - cognato, suo interlocutore, a "San Lorenzo", puntualizzando la differenza con i Genova di Resuttana ("u Genova cu nuatri un c'entra niente .....Resuttana è una cosa.. .San Lorenzo è un.. ." altra, si aggiunge anche attraverso la decifrazione della gestualità, fg. 12 trascrizione integrale, decreto 423/08). Seguendo tale ottica, anche il Fidanzati non "c'entrava niente" con loro, perché apparteneva "all' Arenella"; una zona significativamente poco distinguibile dal punto di vista del territorio, anche per un mafioso inserito come Militano, "dall' Acquasanta" (Militano: "chiddi sunnu i dda.. .Acquasanta ...Arenedda"), circostanza sulla quale si tornerà a proposito dei rilievi difensivi sulla forma del capo di imputazione contestato. Il Pizzuto riferiva al cognato di avere avuto un colloquio con il nipote di Genova (da identificarsi in Bartolo Genova, il soggetto individuato dal Pasta come successore del Genova Salvatore al comando del mandamento, per come riferito dal citato collaborante), al fine di potere discutere il fatto di fare emergere la figura del Fidanzati ("pi fare acchianare u Zu Tanino nna sta situazione"), così confermando tutto il contesto fin qui evidenziato e le raffigurazioni del medesimo Pasta. I1 Militano scoraggiava (o, comunque, invitava alla prudenza) il Pizzuto, ritencndo che ciò avrebbe comportato, dal suo punto di vista precedentemente evidenziato, un opinabile carr~biamentodi schieramento. Ma il Pizzuto continuava a ritenere proficuo lo schierarsi accanto all'imputato, perché vi sarebbero stati affari importanti da fare ("business"), altra significativa circostanza che troverà il suo completamento nel prosieguo dell'analisi. Anche qui, i propositi del Pizzuto devono essere posti in relazione con l'atteggiamento propositivo dell'imputato, prima evidenziato, così non potendosi interpretare coine fatui, come ha sostenuto l'appellante. Quanto, poi, al rilievo difensivo secondo cui il Pizzuto, nel riferirsi al Fidanzati, avesse detto al cognato che l'imputato, in passato, aveva avuto un ruolo a "Baucina" anziché a Bolognetta, si tratta, all'evidenza, di un'erronea indicazione che nulla - inficia del costrutto in danno del prevenuto fin qui rappresentato e che trova giustificazione sia nella vicinanza lessicale tra i nomi dei due distinti paesi siciliani (peraltro neanche troppo distanti geograficamente), sia nel fatto di riferirsi a vicende alquanto pregresse nel tempo, delle quali il Pizzuto non era a diretta conoscenza. Ritornando un po' a ritroso nel tempo, deve essere segnalata la conversazione, ingiustamente ritenuta di nessuna pregnanza nell'atto di appello, intrattenuta tra Caruso e Fidanzati il 23.2.2008 (in sentenza ai fgg. 433,434). In essa il Caruso relazionava quest'ultimo circa il fatto di avere fatto sapere ad altro soggetto che lo stesso imputato voleva lavorare ("vuole travagghiare"), con ovvia allusione, dato il contesto, allo svolgimento di attività illecite (di lavori leciti del Fidanzati, alla sua età e con i suoi problemi di salute, non vi è alcuna traccia agli atti). Ma è altamente significativa la circostanza che lo stesso prevenuto - impedendo definitivamente l'accesso alla tesi difensiva che lo vorrebbe inerte rispetto ai meri propositi di Caruso e Pizzuto, per come sostenuto lungo tutto l'atto di appello ribadiva che era necessario che coloro che frapponevano ostacoli allo sviluppo delle sue "attività", si fossero messi bene in testa che si dovevano fare investimenti ("s 'hanno a mettere yiccioll"') e clie, solo cosl, si sarebbero poìuìe "ct-eut-edelle cose che si può campare". Solo di poco successive a quelle esaminate, sono le intercettazioni svolte in altri contesti mafiosi (come quello di Bagheria o di Porta Nuova), che il Tribunale riportava pedissequamente e che, in qualche circostanza, sono significative per la posizione processuale del Fidanzati (oltre che del Lo Cicero). In particolare, esse dimostrano che l'imputato coltivasse rapporti con esponenti - mafiosi di grosso calibro (coine Lo Presti Gaetano, del mandamento di Porta Nuova) e come fosse fondata la raffigurazione del Pasta circa l'esistenza di quel progetto di ricostituzione della commissione provinciale di Cosa Nostra, nell'ambito del quale il Fidanzati era stato investito da Benedetto Capizzi del ruolo dirigenziale di capo del mandamento di Resuttana, poi non esercitato in concreto. In particolare, così come aveva riferito il Pasta, dalle conversazioni del maggio del 1 2008, effettuate in un garage di Bagheria ove si riunivano personaggi mafiosi come Scaduto Giuseppe, Adelfio Salvatore, Adelfio Giovanni, Capizzi Sandro, dei mandamenti di Bagheria e Villagrazia-Santa Maria di Gesù, emergeva che quel progetto portato avanti da Capizzi Benedetto fosse effettivamente in corso in quel torno di tempo (vedi conversazioni riportate ai fgg. 123-181 della sentenza) e fosse andato avanti, incrementandosi, per tutto il 2008 (come dimostrano le conversazioni del 10.9.2008, ai fgg. 183-212 della sentenza e del 15.11.2008, ai fgg. 2 15-294 della sentenza). Ma su di esso non vi era l'accordo di tutti i capimafia, poiché alcuni ritenevano che ogni mandamento dovesse curare i propri affari, mantenendo solo un rapporto di rispetto e, se del caso, di reciproca collaborazione con gli altri agglomerati. Per esempio, il ridetto boss Lo Presti Gaetano, del mandamento di Porta Nuova, era contrario all'iniziativa, esattamente come aveva riferito il collaborante Spataro Maurizio, per avere appreso la circostanza direttamente da Fidanzati. Ciò si evince, a chiare lettere, da altro gruppo di conversazioni tra sodali del mandamento di Porta Nuova, riportate in sentenza ed, in particolare, dalla conversazione del 4 giugno del 2008 (ai fgg.296-306 della sentenza). In essa, proprio Lo Presti Gaetano, discorrendo, fin dall'inizio del dialogo, dell'argomento con i suoi sodali (in quel caso Lipari Giovanni e Manno Fabio), faceva esplicito riferimento all'imputato (fg.306), indicandolo con il termine di '~acciolo", per il fatto che, sorprendentemente (dal punto di vista del Lo Presti), avesse cambiato la sua opinione rispetto all'importante tematica, passando dall'originaria condivisione della linea del boss di Porta Nuova ("prima ci riceva no . nuatri vulemu stare tranquilli ...vulemu stare quieti ...ognuno pi fatti sua...), alla incondizionata adesione a quella del Capizzi Benedetto ("tutti i riscursi che faceva prima.. riguardo a certe cose...ora è tutto.. ..arriversa "). Negli esatti termini interpretativi così riportati, e già evidenziati dal Tribunale, si e l - pongono le dichiarazioni del collaborante Manno Fabio, (ex) mafioso della famiglia di Porta Nuova che di quella conversazione era stato protagonista (esaminato all'udienza del 5 febbraio 2010), ricordandone il contenuto e l'argomento di fondo, siccome ricostruito (non è corretto, pertanto, l'assunto difensivo che Manno avesse conoscenze de relato sul "progetto Capizzi", anch'egli avendo preso attiva a conversazioni con quell'oggetto). In buona sostanza, come si desume dal testo del dialogo, l'imputato era in rapporti diretti con il boss Gaetano Lo Presti, come viene confermato dalla successiva conversazione del 20.6.2008, a fg.353 della sentenza, e come concordemente dichiarato dai collaboratori di giustizia Spataro e Manno (quest'ultimo aveva specificato di avere accompagnato diverse volte Tanino Lo Presti all'Arenella per incontri con il Fidanzati, cui egli non prese parte e che si verificarono qualche mese prima che l'imputato si desse alla latitanza e, cioè, per quel che si dirà a breve, proprio nel tomo di tempo in cui vi era stato il dialogo citato del 4 giugno 2008). Con Lo Presti affrontava tematiche di estrema rilevanza per gli interessi del sodalizio mafioso nel suo insieme, addirittura relative alla sua complessiva riorganizzazione interna, personalmente schierandosi a favore del "progetto Capizzi", del quale si discuteva in quel periodo all'interno di Cosa Nostra con estremo interesse. Rimane, dunque, provato, aliunde rispetto alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia ed in sintonia con esse, la personale partecipazione del Fidanzati a quella iniziativa, al seguito di Benedetto Capizzi, colui dal quale l'imputato, non a caso, era stato formalmente investito del molo di reggente del mandamento di Resuttana, poi risultato privo di attuazione concreta (il che serve solo ad escludere la sua qualità di capo ma non la compenetrazione organica in Cosa Nostra). Stando così le cose, si sono individuate precise condotte attive e concrete compiute dal prevenuto, dimostrative della sua rinnovata intraneità a Cosa Nostra dopo la sua scarcerazione del 2007, rimanendo in questa valutazione assorbita ogni altra doglianza difensiva volta a ritenere insussistente il reato contestato (inconsistenza del progetto Capizzi, suo successivo arenarsi, estraneità ad esso del Fidanzati, assenza di incontri tra l'imputato ed altri mafiosi, genericità degli argomenti trattati, loro carattere di mere opinioni, irrilevanza di eventuali comportamenti rispetto all'imputazione, mancata presentazione rituale dell'imputato al Manno Fabio). A ciò si deve aggiungere, suggellando tale conclusione - e reputando superfluo l'esame delle dichiarazioni del collaboratore Visita Michele, in linea con l'accusa ma più generiche di quanto fin qui evidenziato, in relazione alle quali si può rinviare ai fgg. 359-361 della sentenza di prime cure - che da una successiva conversazione tra i cognati Pizzuto e Militano, avvenuta sempre all'interno del carcere il 6 settembre del 2008 (riportata per esteso ai fgg.48 1-505 della sentenza), il Pizzuto riferiva al suo affine di avere in corso un "affare" con Fidanzati ed altri sodali, relativo ad una fornitura di qualcosa ("mi stannu purtannu.. .ni sta furnennu") che avrebbe consentito al gruppo di togliersi dai guai (le espressioni usate dal Pizzuto sono al plurale), più avanti chiarendo a cosa realmente stesse facendo riferimento, con le espressioni "a roba a consegnano.. a tandiarno" (la tagliamo), cosa che suscitava positività nel Militano, il quale raccomandava al cognato di mandare i propri saluti allo zio Tanino e di ringraziarlo perché stava facendo affari con il gruppo (" e lo ringraziamo che sta facendo affari cu nuavutri"). Nessun dubbio, quindi, che quello che deve ritenersi essere stato, ad evidenza, un traffico di droga del quale riferiva il Pizzuto al Militano, attribuendone la promozione al prevenuto (in linea con la sua famigerata esperienza in quel settore illecito), fosse da inserire quale reato-scopo dell'organizzazione mafiosa, della quale il Fidanzati era (ed era stato sempre) parte, costituendo ciò definitiva prova della sussistenza del delitto associativo. Poco tempo dopo l'ultimo dialogo riportato, l'imputato andò via da Palermo, a seguito dell'omicidio del genero Bucaro del quale si è detto, come ricordato dal Pasta. A questo proposito, il Manno aveva riferito che il Fidanzati, nel novembre del 2008, si trovava a Milano e ciò viene riscontrato dalla conversazione del 15.11.2008, avvenuta tra Capizzi Sandro, Adelfio Giovanni, Scaduto Giuseppe e Spera Antonino, - conferrnativa del fatto che, ancora a fine 2008, il progetto Capizzi era stato tutt'altro che abbandonato, ma che "Tanìno" non avrebbe potuto partecipare ad un incontro per conto di "Resuttana" (sebbene in quel mandamento vi fosse una situazione particolarmente fluida e gli stessi sodali non avessero certezze su chi fosse il capo) e che, in sua sostituzione, sarebbe stato convocato il coimputato Lo Cicero Salvatore (in sentenza ai fgg. 2 15-294). Questa circostanza, per quel che può desumersi dagli atti (interpretando le parole del Pasta "glifu detto dì andarsene"), segna la fine della rinnovata ed attiva militanza in Cosa Nostra dell'imputato, che si concluse prima che venisse emesso nei suoi confronti il decreto di latitanza del 18.12.2008, agli atti; di tal che, deve escludersi la contestata aggravante di cui all'art. 61 n. 6 C.P.. Infine, va fatto breve cenno ad una doglianza difensiva, emergente a tratti dai motivi di gravame ed attinente all'asserito mancato rispetto, da parte del Tribunale, del perimetro dell'imputazione, con consequenziale mancata correlazione tra accusa contestata e fatto ritenuto in sentenza. I1 rilievo non è conducente e non potrebbe valere ad integrare alcuna nullità ai sensi dell'art. 522 C.P.P., tenuto conto che nell'epigrafe vi è, in primo luogo, pieno riferimento all'associazione mafiosa Cosa Nostra ed a molti, forse anche troppi, dei suoi componenti, così da rendere chiaro di quale organizzazione criminale l'imputato era accusato di aver fatto parte. Nel descrivere la condotta specifica attribuitagli, in secondo luogo, è azzeccato il periodo di riferimento (da epoca successiva alla cattura del latitante Lo Piccolo Salvatore), nonché le tipologie di reati-fine perseguiti (estorsioni e traffico di droga) ed i collegamenti con altri sodali di differenti mandamenti mafiosi, tra i quali quello di Porta Nuova (si ricordino gli accertati contatti con Lo Presti Gaetano). Pertanto, a fronte di una aderenza così globale all'imputazione di quanto - effettivamente accertato, l'unico ed inconsistente appiglio della critica difensiva, che non ha causato alcuna menomazione alle possibilità di difesa del prevenuto, è costituito dal fatto che nel testo è specificata l'appartenenza del Fidanzati alla - famiglia mafiosa dell'Acquasanta e non dell'Arenella, le quali, tuttavia, come è emerso e come è il caso di ribadire sotto il punto di vista in esame, costituiscono agglomerati geograficamente vicini, facenti parte dell'unico mandamento mafioso palermitano di Resuttana, peraltro espressamente richiamato in rubrica, tanto difficilmente distinguibili tra loro che gli stessi mafiosi (Militano Carmelo e quelli che parlavano del Fidanzati e del Lo Cicero nella conversazione del 15.11.2008) li confondevano con riferimento alla collocazione in essi degli imputati. Per il resto, ancora sotto quest'ultimo profilo formale di doglianza, a nulla vale non aver provato che il Fidanzati avesse ricevuto l'imprimatur dai componenti della famiglia Madonia per gestire le attività del mandamento, poiché tale specifica della rubrica attiene soltanto alla già ritenuta insussistenza del reato di cui al comma I1 dell'art. 416 bis C.P.. 5.a.2 Atteso il ruolo di rilievo assunto dall'imputato nei termini posti, pienamente organico a Cosa Nostra ed in tale stato da renderlo interlocutore di strategie organizzative di livello, deve escludersi che non vadano applicate, come invocato con il secondo motivo di gravame, le circostanze di cui all'art.416 bis commi IV e VI C.P., correttamente ritenute sussistenti dal primo giudice e che, in relazione alla conformazione, ormai storicamente accertata, della detta associazione criminale, sono sostanzialmente di natura oggettiva, in quanto ad essa riferibili e non al singolo esponente, rispetto al quale potrebbero escludersi solo provando la sua ignoranza non dovuta a colpa (il che sarebbe fortemente incongruo rispetto ad un uomo d'onore di così risalente esperienza come l'imputato). La pervicacia delittuosa del Fidanzati, ad onta delle pesanti condanne già ricevute, della non giovine età e dello stato di salute, in uno con la sua conseguente pericolosità sociale, deducibile anche dalla gravità dei delitti scopo perseguiti, - comporta l'applicazione della recidiva, nella specie obbligatoria e l'impossibilità di concedere qualsivoglia ulteriore beneficio, come le circostanze attenuanti generiche, parimenti richieste con il gravame. Deve, invece, riconoscersi la continuazione tra gli odierni fatti e quelli di cui alla precedente sentenza di condanna, avendo l'imputato perpetrato nel tempo un unico programma criminoso, quello di appartenere a Cosa Nostra. La violazione più grave è quella odierna, nel frattempo divenuta molto più aspra del passato quanto a trattamento sanzionatorio e, pertanto, si ritiene equo determinare, per essa, la pena di anni dodici di reclusione (ex art. 416 bis C.P. comma I, calcolando le aggravanti ad effetto speciale dei commi IV e VI della norma), aumentata di anno uno di reclusione per la recidiva (ulteriore aggravante ad effetto speciale per cui si applica la regola dell'art. 63, comma IV, C.P.) e di anni quattro di reclusione in relazione alla precedente condanna, per un totale di anni diciassette di reclusione, oltre alla rifusione delle spese sostenute dalle costituite parti civili, liquidate come da dispositivo. La pena base così determinata, tiene conto degli ultimi aumenti introdotti con la legge 24 luglio del 2008 n.125, poiché la conversazione del 6.9.2008, sopra riportata, dà contezza della perpetrazione della fattispecie contestata in periodo successivo all'ingresso delle ultime modifiche normative sul trattamento sanzionatorio. 5.b.l Per quanto attiene alla posizione di Lo Cicero Salvatore, seguendo lo stesso schema utilizzato per Fidanzati, occorre sintetizzare gli elementi di prova, molti dei quali già emersi trattando di quest'ultimo, iniziando il resoconto dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Pasta Manuel e Spataro Maurizio, anche in questo caso da ritenere pienamente attendibili sulla scia del giudizio del Tribunale. I1 Pasta, pur avendo dichiarato di non aver mai personalmente conosciuto l'anziano imputato, ne aveva tratteggiato l'importante e risalente ruolo in Cosa Nostra, quale uomo d'onore e persona già di estreina fiducia di Madonia Francesco - lo storico capo del inandamento di Resuttana, padre degli importanti e tristemente noti boss Antonino, Giuseppe e Salvatore, da lunghi anni in stato di detenzione - del quale era stato "da sempre" un prestanome; il Lo Cicero aveva mantenuto il suo ruolo di capo della famiglia dell'Arenella anche sotto la unificazione territoriale dei Lo Piccolo e la reggenza del mandamento da parte di Genova Salvatore, continuando, nel periodo - successivo, ad avere rapporti ed incontri con Genova Bartolo, il nuovo reggente dopo l'arresto dello zio nel gennaio del 2008. Tali notizie il collaborante aveva appreso dagli stessi Genova e dall'architetto Liga Giuseppe, fonti, come si vede, assai autorevoli. Nell'ultimo periodo, tuttavia, anche a causa delle sue precarie condizioni di salute, si era un po' defilato e non correva buon sangue con Fidanzati. Nell'ambito del "progetto Capizzi", anche con riguardo al Lo Cicero, a motivo della sua anzianità di ruolo e di esperienza, si era pensato di mettere questi alla reggenza di Resuttana, ma l'idea naufragò quando l'architetto Liga spiegò a tutti i rappresentanti delle famiglie quali erano i veri rapporti di forza all'interno del mandamento, vale a dire che il reggente di fatto era Genova Bartolo. Il collaborante Spataro, in grado di riconoscere l'imputato in fotografia, aveva confermato le dichiarazioni del Pasta, a proposito del fatto che fosse il prevenuto, "in precedenza" e per conto dei Lo Piccolo, ad aver "curato" la zona dell'Arenella e di Vergine Maria, nonché a proposito dei dissapori che si erano venuti a creare in un secondo tempo con Fidanzati, forieri del tentativo di relegamento del Lo Cicero, dovuto anche al fatto che fosse troppo anziano, la qual cosa, tuttavia, non gli impediva di prendere parte a delle riunioni aventi ad oggetto l'iniziativa del Capizzi. Ma lo Spataro aveva saputo fornire una descrizione più dettagliata del passato criminale dell'imputato, da lui conosciuto fin dai tempi di Giovanni Bonanno (reggente del mandamento di Resuttana fino alla soppressione del gennaio 2006), con il quale l'iinputato aveva un ottimo rapporto, non soltanto in quanto gli metteva a disposizione dei locali di un impianto sportivo da lui gestito all'Arenella perché quegli vi fissasse degli appuntamenti con mafiosi ma, soprattutto, perché "Totò Lo Cice70 era la persona che era messa in quel posto per gestire le estorsioni e garantire i detenuti". Anche lo Spataro, accompagnando il Bonanno, era stato a qualche appuntamento nei locali annessi ai campi di calcetto del Lo Cicero, ove aveva conosciuto Nino Tarantino, parente dell'imputato. - Lo Spataro aveva ricordato anche l'interessamento di quest'ultimo per delle * specifiche estorsioni nel territorio del17Arenella(citando un esercizio commerciale, il Moro). Osserva la Corte che, come per il Fidanzati, anche per Lo Cicero Salvatore potrebbero essere sufficienti a delineare la sua partecipazione a Cosa Nostra, con le risalenti funzioni di capo della famiglia dell'Arenella, le dichiarazioni dei citati collaboratori di giustizia, assolutamente sintoniche, sebbene in parte de relato, con riguardo a tale ruolo organico ricoperto dall'imputato all'interno del sodalizio mafioso. A questo proposito, le doglianze dell'appellante, contenute nel primo motivo di gravame e volte ad inficiare il contenuto delle dichiarazioni accusatorie, non sono fondate, poiché non hanno focalizzato tale importante punto di specifica convergenza tra loro. Non è da confondere, infatti, il ruolo di capofamiglia dell'Arenella con quello di reggente del mandamento di Resuttana, che il Lo Cicero non assunse mai, né prima, né in epoca successiva all'arresto di Genova Salvatore. Che in una conversazione, quella del 15.1 1.2008, citata a proposito del Fidanzati e della quale più avanti si tornerà a parlare, egli possa essere stato inquadrato da soggetti mafiosi di altri mandamenti quale sostituto del Fidanzati, stante l'assenza di questi, a rappresentare il mandamento di Resuttana nell'ambito del "progettoCapizzi", è circostanza che non inficia la qualità mafiosa dell'imputato assunta in epoca precedente e fino al gennaio del 2008, siccome concordemente affermato da entrambi i collaboratori, nel mentre la sussistenza del comma I1 dell'art. 416 bis C.P. si fonda su tale sua qualità di capo della famiglia dell'Arenella, articolazione del mandamento di Resuttana, ma non quale reggente di quest'ultimo. Nessuna contraddizione può, in secondo luogo, rinvenirsi nella circostanza che il Pasta, atteso il suo ruolo, non avesse mai conosciuto il Lo Cicero, dal momento che nel periodo in cui il collaborante accrebbe la sua funzione all'interno della compagine mafiosa, quale detentore della cassa delle estorsioni del mandamento di Resuttana C - (2008), era Genova Bartolo, il nuovo reggente, ad avere avuto qualche incontro con s Lo Cicero; ma, a quel tempo, il peso mafioso dell'imputato, comunque limitato alla zona dell'arenella, era già diminuito (senza però scomparire), sia a causa dell'età e dello stato di salute, sia in conseguenza dei contrasti con Fidanzati, di tal che il mancato rapporto personale tra accusatore ed accusato, candidamente ammesso dal primo - che, per altro verso, serve a comprendere l'assoluta assenza di interesse del collaborante a rendere dichiarazioni contro il prevenuto - non può e non deve sorprendere. Con riferimento alle dichiarazioni dello Spataro, l'appellante ha rimarcato la loro provenienza de relato, trascurando, tuttavia, che il collaborante aveva riferito di avere personalmente conosciuto l'imputato al tempo di Giovanni Bonanno, avendolo accompagnato ad incontri con l'imputato, soggetto che ha saputo riconoscere in fotografia e del quale ha dimostrato di conoscere la circostanza del possesso da parte sua di campi di calcetto nei cui annessi locali si svolgevano le riunioni mafiose, importante e veritiera circostanza (per quel che si dirà) non smentibile dall'appellante, non ricavabile dai mass-media e da tenere distinta dalla nota attività del prevenuto nell'ambito della gestione di un cimitero palermitano. Quanto alla presunta fonte giornalistica delle conoscenze dello Spataro, i riscontri estrinseci alle indicazioni accusatorie, che si trarranno dalle intercettazioni, lasciano ritenere tale assunto difensivo del tutto apodittico, nel mentre la convergenza dei due collaboranti sul ruolo de Lo Cicero prima dell'arresto di Genova Salvatore, esclude la rilevanza di quanto dedotto a proposito della conversazione del 15.1 1.2008. Le dichiarazioni dei due collaboranti sono, inoltre, confortate da riscontri specifici contrariamente a quanto ritenuto nel gravame l - tratti da diverse intercettazioni agli atti, non confutate da alcuna argomentazione difensiva, poiché nell'atto di appello è stato soltanto dedotto sul punto, in generale e troppo semplicisticamente, come non possa ritenersi certa l'identificazione nell'odierno imputato del soggetto indicato dai l . vari interlocutori come 1o"zio Totò". - Invece, le intercettazioni danno contezza della verità di quanto riferito da Pasta e O Spataro ed alcune di esse costituiscono, inoltre, prova autonoma della sussistenza del reato contestato, senza che si ponga in dubbio la riferibilità all'imputato delle circostanze di volta in volta oggetto dei dialoghi. Del resto, l'inconsistenza di tale assunto difensivo si ricava anche dall'unica precisazione a sostegno, tratta dal contenuto di due intercettazioni (quella del 6.5.2008 e quella del 12.5.2008), avvenute in altro contesto mafioso, diverso da quello direttamente riferibile all'imputato (come le conversazioni tra Caruso e Pizzuto), nel quale poteva effettivamente esservi altro "Totò" che non fosse l'odierno prevenuto. Invece, nelle conversazioni tra i due citati sodali mafiosi, delle quali si è dato ampio atto a proposito del Fidanzati, più volte ed in sintonia con le dichiarazioni dei collaboranti (specie con riferimento a quanto aveva riferito Spataro Maurizio), si coglieva la conflittualità esistente tra il medesimo Fidanzati, desideroso di ascendere a posizioni di comando all'Arenella ed a Resuttana, e lo "zio Totò", da identificare, per la detta sincronia di contesto con le propalazioni dei collaboratori, con l'odierno imputato, come aveva precisato anche il teste di polizia giudiziaria Corselli, anche in considerazione del riferimento nei dialoghi ad un soggetto di età avanzata e con problemi fisici, come risulta essere il Lo Cicero (Totò, in dialetto siciliano, è diminuitivo di Salvatore). Si richiamano, sul punto, le emergenze già evidenziate ai fgg. 24, 26, 3 1, 36 e 38 di questa sentenza, a proposito dell'evidente ruolo mafioso del Lo Cicero, al fatto che si predisponessero incontri tra questi e Fidanzati (mediati da quell'Ettore indicato dal Pasta in quel preciso ruolo), al fatto che il Lo Cicero si dovesse defilare e che in qualche modo, secondo il punto di vista del Pizzuto, egli fosse responsabile di quelle conflittualità all'interno della cosca mafiosa (peraltro, in quest'ultima conversazione, avvenuta il 5.2.2008, il Pizzuto faceva espresso riferimento non allo "zio Totò" ma proprio a "Lo Cicero"). Dal che si deduce l'esistenza di un ruolo mafioso di comando nella zona T - dell'Arenella da parte dell'imputato, mai venuto meno ina soltanto attenuatosi per i * fattori contingenti che si sono evidenziati (età, problemi di salute, contrasti con il più intraprendente Fidanzati). Inoltre, la difesa ha trascurato del tutto il peso probatorio di due conversazioni nelle quali era stato protagonista lo stesso imputato, avvenute il 19.4.2008 ed il 12.5.2008 e che sono riportate per esteso nella sentenza di primo grado ai fgg. 5 13-518 e 543-549 cui può rinviarsi, la prima delle quali effettuata presso i locali annessi a quel campo sportivo gestito dall'imputato del quale aveva parlato il collaborante Spataro. Nella prima, come correttamente rilevava il Tribunale, alla presenza di Ruvolo Letterio (l'Ettore indicato dal Pasta), l'odierno prevenuto intratteneva un dialogo con un soggetto non identificato che si era recato colà per "mettere a posto" un'impresa che doveva fare un lavoro stradale nella zona; dal dialogo si comprendeva chiaramente l'esistenza di una richiesta di danaro proveniente dal Lo Cicero, necessaria per "dare una mano ai carcerati" e che l'argomento importava molta attenzione ed il rischio di venire arrestati, di tal che la cosa doveva essere discussa tra poche persone, tra le quali l'imputato indicava il proprio "nipote Nino", soggetto da identificare i11 quel Tarantino del quale aveva rifcrito lo Spataro in relazione al suo ruolo rispetto allo zio e che l'imputato definiva nel dialogo "la sua stessa persona". Durante la conversazione, l'imputato faceva esplicito riferimento alla "Jiamiglia" (non di sangue) ed ai rapporti tra sodali, al fatto di potere scambiare liberamente opinioni e critiche, il tutto nel1'ambito di una gestione "al1 'antica" dei rapporti (evidentemente di natura mafiosa, dato il contesto). Nella seconda conversazione, avvenuta tra il Lo Cicero, il Ruvolo ed il ridetto nipote dell'imputato Tarantino Nino, all'interno di un capannone di pertinenza del Ruvolo Letterio, vicino al fainoso campo sportivo del Lo Cicero, il prevenuto autorizzava il nipote alla riscossione del pizzo ed inoltre veniva da questi informato che due soggetti mafiosi (tale Pinuzzo Lo Verde ed altro non palesatosi) avrebbero voluto v - incontrare il Lo Cicero per discutere questioni mafiose, avuto riguardo all'interesse manifestato dai dialoganti a che l'incontro avvenisse senza farsi intercettare dalle L telecamere presenti nella zona. Nella stessa conversazione, il Lo Cicero riferiva al nipote che sarebbe andato all'Acquasanta a riscuotere soldi, facendo esplicito riferimento proprio al Pizzuto, allo Zu Vicè ed a "Bartolo" (da identificare nel Genova Bartolo del quale si è detto). Deve, pertanto, ritenersi pienainente confermata l'ipotesi accusatoria fatta propria dal giudice di prime cure, anche con riferimento al ruolo dirigenziale assunto dal Lo Cicero, ancora nel 2008 e nell'ambito della famiglia dell'Arenella, nonostante l'interferenza del Fidanzati, senza che tuttavia quest'ultimo fosse mai assurto, in quell'ultimo periodo, al ruolo di capofamiglia dell'Arenella, ruolo rispetto al quale non vi fu mai una netta abdicazione da parte del Lo Cicero in favore dell'altro coimputato, come dimostrano le ultime intercettazioni citate. 5.b.2 Con il secondo motivo di gravame, si è affermata, invero assai genericamente, l'insussistenza delle aggravanti di cui al commi IV e VI dell'art. 416 bis C.P., contestate a117imputato,in relazione alle quali possono valere - anche sotto il profilo soggettivo relativo alla personalità dell'imputato Lo Cicero, alla sua lunga militanza in Cosa Nostra e, quindi, al suo livello di conoscenza delle caratteristiche e delle potenzialità di detta associazione mafiosa - le stesse considerazioni già espresse con riguardo alla posizione di Fidanzati Gaetano, nel mentre la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche si giustifica in ragione del lungo percorso mafioso dell'imputato e della sua pewicacia criminale dimostrata fino ad epoca recente, nonostante la ragguardevole età. l Infine, non può essere accolta la doglianza difensiva relativa alla condanna dell'imputato al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili, priva, secondo l'assunto, di indicazioni relative all'entità ed al criterio adottato per la quantificazione. Infatti, il Tribunale ha correttamente motivato sul punto (vedi fgg. 585-588 della 5 - sentenza), stabilendo degli importi che si ritengono congrui in relazione alla gravità degli addebiti mossi all'imputato, al suo ruolo dirigenziale collegato alla nefasta a incidenza dell'organizzazione criminale Cosa Nostra rispetto alle attività di enti territoriali come quelli costituitisi in giudizio, che le associazioni odierne parti civili intendono lottare come loro prerogativa statutaria essenziale, meritando la liquidazione disposta in loro favore. * * * Tutti gli imputati devono essere condannati al pagamento delle spese processuali sostenute dalle parti civili costituite in appello e liquidate come da dispositivo in euro duemila per ciascuna (oltre IVA e cpa), nonché, ad eccezione del Fidanzati, anche a quelle del presente grado di giudizio. Tenuto conto del numero degli imputati e delle gravi imputazioni, si indica in giorni novanta il termine per il deposito della sentenza, sospendendo per la stessa durata i termini della custodia cautelare degli imputati detenuti. P.Q.M. Letto l'art. 605 C.P.P., in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale in composizione collegiale di Palermo, Sezione Terza Penale, in data 9 luglio 201 0, appellata da Fidanzati Gaetano, Liga Antonino, Lo Cicero Salvatore, Lo Piccolo Salvatore Giovanni, Lo Piccolo Sandro e Nuccio Antonino, nonché dal Procuratore Generale, diversamente qualificata l'imputazione contestata a Fidanzati Gaetano in quella di partecipazione ad associazione mafiosa di cui all'art. 416 bis, comma I, C.P., esclusa la circostanza aggravante di cui all'art. 61 n. 6 C.P.,ridetermina la pena inflitta al Fidanzati in anni tredici di reclusione e, ritenendo sussistente il vincolo della continuazione con i fatti di cui alla sentenza emessa dalla Corte di Assise di Appello di Palermo il 10.12.1990, irrevocabile il 30.1 .l992 e più grave il reato per cui oggi si procede, eleva la pena inflitta in questa sede di anni quattro di reclusione, rideterminando la pena v complessiva da scontare inflitta con la presente sentenza e con quella citata, in anni diciassette di reclusione. 3 Conferma nel resto l'impugnata sentenza e condanna Liga Antonino, Lo Cicero Salvatore, Lo Piccolo Salvatore Giovanni, Lo Piccolo Sandro e Nuccio Antonino al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, nonché tutti gli imputati alla rifusione delle spese sostenute dalla parti civili costituite in appello, che liquida in complessivi euro duemila/00 oltre IVA e cpa per ciascuna parte civile. Indica in giorni novanta il termine per il deposito della sentenza, sospendendo per la stessa durata i termini della custodia cautelare degli imputati in stato di detenzione. Palerino, 5 dicembre 20 1 1 I1 consigliere estensore