e già pensa alle politiche

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e già pensa alle politiche
d’Italia
BERLUSCONI: «SONO VITTIMA DI UNA SENTENZA MOSTRUOSA
MA RESTO IN CAMPO». E GIÀ PENSA ALLE POLITICHE
ANNO LXII N.92
Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76
Redazione
«In questi ventʼanni passati
sono sempre stato candidato
alle europee, questa volta
sono stato colpito da unʼingiustizia enorme, una sentenza
mostruosa, frode fiscale, io
che sono il primo contribuente
italiano. Ma ho assoluta fiducia che la Corte dei diritti europei annullerà la sentenza».
Dai microfoni del Tg5 Silvio
Berlusconi torna a ruggire
aprendo la campagna elettorale più difficile nella storia di
Forza Italia. DallʼEuropa monopolizzata dalla Merkel alle
critiche ai giudici, dal governo
Renzi alle prossime elezioni
politiche: quello del Cavaliere
è un intervento a tutto campo
per rassicurare lʼelettorato
contro i detrattori dentro e
fuori casa. «Nella scheda elettorale ci sarà il nostro simbolo
e anche il nome Berlusconi:
questo garantisce ai moderati
che io sono in campo». Sicuro
di avere un ottimo risultato
alle europee, guarda alle politiche convinto che «non si
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andrà avanti più di un anno, un
anno e mezzo. Pensiamo di
avere una grande vittoria e una
grande maggioranza in Parlamento, magari senza alleati,
per eleggere un governo con
ministri tutti appartenenti a
Forza Italia», ha detto Berlusconi prima di affrontare il tema
scottante dellʼEuropa. «Dobbiamo riscrivere tutti i trattati
europei firmati con la pistola
alla tempia dello spread. LʼEuropa a trazione tedesca ha im-
stagione, manco fosse un Crozza in
tv o una Littizzetto a Sanremo. Peraltro lo fa con le stesse parole che
usano i vecchi militanti della sinistra
nostalgica, quelli che si riuniscono al
bar del paese, attorno a un tavolo, davanti a un fiasco di vino. Nel giro di
due o tre giorni ne ha sparate una
dopo lʼaltra. Lʼesordio, prima della decisione dei giudici sui servizi sociali:
«I giornali e i dirigenti della destra
sono preoccupati che Berlusconi
possa finire in carcere non avendo più
la protezione da parlamentare. Io, al
posto loro, starei sereno. Le carceri
sono pieni di poveracci e di gente in
attesa di giudizio. Berlusconi non è né
lʼuno né lʼaltro». Unʼoffesa gratuita
che un presidente di Regione
avrebbe potuto risparmiarsi. Qual-
cuno però ha ricordato a Sua Eccellenza Enrico Rossi che nel carcere ci
sarà anche qualche poveraccio, ma
nella maggior parte dei casi ci sono
delinquenti, assassini, ladri, stupratori
e quantʼaltro. Secondo post su Facebook, scritto dopo aver saputo che il
Cav era destinato ai servizi sociali:
«La sensazione è che gli sia stato
fatto un trattamento di favore. Come
ne La fattoria degli animali, dove tutti
gli animali sono eguali ma qualcuno,
come il maiale, è più eguale degli
altri». Ma chi avrebbe “regalato” il trattamento di favore? Quei giudici che
sono sì bravi, ma solo se massacrano
il Cav. Il massimo della coerenza.
Anche stavolta, il post su Facebook
mostrava un governatore ansioso e
un poʼ in preda al rancore politico.
domenica 20/4/2014
posto una politica di rigore che
ha portato solo crisi». Nessuno
sconto poi allʼamico-nemico
Matteo Renzi al netto dellʼintesa sullʼItalicum che ha rimesso in pista lʼex premier.
«Non cʼè stata alcuna riduzione
delle tasse – dice il Cavaliere in
versione elettorale – i governi
della sinistra le hanno mantenuto sulla casa, poi hanno aumentato lʼimposizione sulle
rendite finanziarie. Anche presentando i provvedimenti con
brio e con le slide non si riesce
a evadere la ricetta sempiterna
della sinistra: sempre più
tasse». Inevitabile il passaggio
sulla sua vicenda personale
dopo lʼaffidamento ai servizi sociali deciso dal Tribunale di Sorveglianza: «Andare a una
residenza di anziani a Cesano
Boscone non mi ha fatto assolutamente dispiacere perché ho
sempre cercato di aiutare chi
ha bisogno, e sono andato
spesso accompagnato dalla
mia mamma a portare conforto
e aiuti concreti».
Il Signor Rossi (Enrico) affetto da “nevrosi da Cav”.
Una camomilla gli farebbe bene
Francesco Signoretta
Guai a confonderlo con il signor
Rossi. Lui non è uno qualsiasi, si
chiama Enrico ed è nientepopodimeno che il governatore della Toscana. E come tale sentirebbe come
unʼoffesa lʼessere paragonato a quel
personaggio partorito dal fumettista
Bruno Bozzetto, che rappresentava
lʼitaliano medio e i suoi problemi, dal
troppo lavoro alla nevrosi. Ma ultimamente Sua Eccellenza Enrico Rossi
ha un problema di visibilità e ha trovato il modo di superarlo con lʼaiuto di
Facebook: scrive qualche frase, usa
toni accesi e spera che venga ripresa
dalle agenzie di stampa e dai quotidiani. Ma cosa dire per far notizia?
Naturalmente esterna su Berlusconi,
lʼargomento che va bene in qualsiasi
Terzo intervento: «Berlusconi trasforma una punizione in uno spot elettorale». Non gli va bene niente, a Sua
Eccellenza Enrico Rossi, nemmeno
lʼassurdità di vedere il leader del centrodestra mortificato con una “punizione” che molti leggono come una
vendetta. Proprio per questo, dovrebbe essere il Signor Rossi di Bruno
Bozzetto a non gradire il paragone:
meglio essere un italiano medio, affaticato e magari nevrotico, che un governatore rancoroso. Che ripete la
monotona canzonetta dellʼantiberlusconismo, distorcendo un poʼ la celebre canzone di Gaber con un “chi fa
la doccia è contro il Cav, chi fa il
bagno è a favore“. La politica ha bisogno di altro e qualcuno dovrebbe cominciare a rendersene conto.
Sotto scorta i giudici del processo No Tav: Torino
come ai tempi delle Br. Vietato abbassare la guardia
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Secolo
d’Italia
Aldo Di Lello
A Torino sembrano tornati i tempi
delle Br. Giudici popolari e giudici
togati del processo ai No Tav accusati terrorismo, che terrà
presso la Corte dʼAssise il 22
maggio, saranno scortati nellʼaula bunker. Il provvedimento si
è reso necessario a causa dei tumulti provocati da una quarantina di estremisti durante
lʼudienza del 10 aprile scorso. Gli
anarchici hanno fatto irruzione in
aula gridando insulti e pesanti
minacce nei confronti dei pm e
dei giudici. Il clima è pesante. Il
comitato per lʼordine pubblico e
la sicurezza sta anche valutando
la possibilità di mettere sotto
scorta i gip chiamati a giudicare
sulle vicende dei “disobbedienti”
della Val di Susa.
Gli eventi di questi giorni ricordano molto da vicino quanto accadde nel 1976, sempre a
Torino, nel processo a carico del
nucleo storico delle Br: Curcio,
Franceschini, Ognibene, Ferrari
insieme ad altri quarantadue im-
putati. Gli accusati –come ricostruisce Andrea Rosso – si autoproclamano accusatori dello
«Stato imperialista delle multinazionali», revocarono il mandato ai
propri difensori, minacciarono
chiunque avesse assunto quellʼincarico. La situazione si trascinò
fino al 1978, quando i giudici popolari continuavano a rifiutarsi di
accettare lʼincarico a seguito delle
minacce brigatiste. La situazione
si bloccò quando la radicale Adelaide Aglietta, estratta a sorte,
accettò di fare parte della giuria
popolare.
Oggi, fortunatamente, non siamo
a quel punto. Ma il principio “antagonista” di sfida allo Stato – e
di non riconoscimento della sua
autorità – è lo stesso. Stessa è la
tracotanza degli accusati che rifiutano ogni autorità e si ergono
essi stessi ad accusatori. La si-
Antonio La Caria
E ora / e ora / potere a chi lavora.
Ma proprio per questo vanno in
tilt i rapporti consolidati tra le due
creature che sono sempre state
nel cuore del vecchio Pci: la Cgil
di Di Vittorio e Lama e la coscienza sociale di bertinottiana
memoria. La guerra è aperta,
compagni contro compagni, parenti serpenti. Il pomo della discordia? I festivi lavorati. E sì,
perché la Coop, storico braccio
cooperativo del partito (ora “democratico”, di fronte alla concorrenza che si fa più agguerrita
anche nelle zone tradizionalmente rosse, ha deciso di tenere
aperto uno dei suoi supermercati
anche nella giornata di Pasquetta, facendo andare su tutte
le furie Susanna Camusso e i
suoi. E a darsele di santa ragione sono il sindacato “rosso” e
il colosso “rosso” della distribuzione. Da una parte la Cgil, dallʼaltra la Coop. Tutto ruota
attorno allʼipermercato situato nel
centro commerciale “Le Terrazze” alla Spezia, nel giorno
della gita fuori porta. La decisione della cooperativa di aprire
nel lunedì dellʼAngelo ha trovato
la ferma contrapposizione di
Corso dʼItalia, pronto a far scioperare i suoi iscritti. «È grave
che lʼazienda abbia deciso unilateralmente lʼapertura, il giorno
di Pasquetta – afferma Luca Comiti, Segretario Filcams Cgil
della Spezia –. A tal proposito è
stato proclamato uno sciopero
per lʼintero turno di lavoro nella
giornata di Pasquetta: invitiamo
i lavoratori di tutti gli ipermercati
a partecipare al presidio che si
terrà per tutta la giornata, davanti allʼipermercato, in solidarietà con i colleghi della
Spezia». Pronta la replica di
Coop: «Il lavoro festivo assicura
anche allʼoccupazione un contributo ormai determinante: nel
2013 abbiamo retribuito oltre
200mila ore di lavoro in giornate
festive, pagato sino al doppio
della paga normale. Si tratta di
lavoro aggiuntivo per oltre 100
persone a tempo pieno, di cui il
30% nella sola provincia spezzina. Voler ridurre questa opportunità aggiuntiva, in piena
recessione, è una azione pericolosa e contraria alla necessità
di salvaguardare occupazione e
reddito. Abbiamo cercato di trovare per Pasquetta un accordo
sindacale, offrendo condizioni
migliorative, ma il sindacato ha
posto il veto. Sorprende che non
ci siano analoghe iniziative
verso i nostri principali concorrenti, pressoché tutti aperti in
questa e in altre festività prossime». E il perché è semplice.
Secondo la Coop il 17% dei liguri fa acquisti nei giorni festivi
ed è stupido regalare questi
consumatori ai merci concorrenti. Tutto chiaro, se non fosse
che a sinistra lʼideologia la fa ancora da padrone e gli interessi
dei lavoratori non sempre riescono a prevalere su di essa.
Dalle lotte operaie alla Pasquetta: la Coop “rossa”
e la Cgil se le suonano di santa ragione
DOMENICA 20 APRILE 2014
tuazione può sempre degenerare, se una parte dellʼopinione
pubblica e della stessa politica,
continua a guardare con simpatia agli estremisti incendiari, non
comprendendo la gravità contenuta nelle loro minacce. Devastante sarebbe in tal senso
lʼindiretto appoggio che dovesse
venire da Grillo e dalle componenti più esagitate del M5S. Speriamo che non si diffonda la
perniciosa teoria del “né né”. In
questo caso sarebbe “né con lo
Stato né con i No Tav”. Vale la
pena ricordare che gli estremisti
sono accusati di aver pianificato
un attacco paramilitare al cantiere di Chiomonte. Furono lanciate bombe incendiarie a pochi
metri da un tunnel. I fumi che si
sprigionarono dalla distruzione di
un generatore provocarono un
principio di intossicazione agli
operai che vi stavano lavorando
allʼinterno. Il fanatismo No Tav
non esita a mettere a repentaglio
anche la vita di innocenti lavoratori.
I comunisti italiani esclusi
dal voto. Per Marco Rizzo
è un complotto delle toghe
I comunisti italiani restano fuori dalle
europee e cosa fa il loro leader? Parla
di un complotto di giudici politicamente
schierati. È una situazione dallʼepilogo
sorprendente quella in cui si è ritrovato
Marco Rizzo. Dopo aver incassato il no
allʼammissibilità della lista, prima dalla
Corte dʼAppello e poi dalla Cassazione,
il leader del Pci se lʼè presa con le
toghe, parlando di disparità di trattamento rispetto ai Verdi che invece potranno correre. Disparità che, a suo
avviso, si spiegherebbe tutta con questioni squisitamente politiche. «I Verdi
(a favore della Ue) ammessi, i comunisti (contro la Ue) esclusi. Vergogna!»,
ha tuonato il segretario del Pci, per il
quale «questo sistema non perde occasione per dimostrare la sua parzialità». Il caso del Partito comunista è
simile a quello dei Verdi: le liste sono
state presentate senza la raccolta delle
firme perché sono state collegate a partiti europei rappresentati a Bruxelles. Il
caso non è previsto dalla normativa italiana, ma da quella europea sì e, facendo leva su questo, i Verdi sono
riusciti a farsi riammettere. Il Partito comunista no.
Un italiano su quattro in viaggio per il ponte
di Pasqua. Federalberghi: segnali incoraggianti
DOMENICA 20 APRILE 2014
Secolo
d’Italia
Redazione
Sono quasi quindici milioni (14,4
milioni) gli italiani decisi a trascorrere le vacanze pasquali in trasferta, dormendo almeno una notte
fuori casa tra Pasqua e i ponti del
25 aprile e del 1° maggio (+5% rispetto al 2013). Di questi, quasi 11
milioni rimarranno in Italia mentre
3,4 milioni sceglieranno località
estere per un giro d'affari di 6,3 miliardi. I dati arrivano da Federalberghi. «Sono segnali incoraggianti
quelli che si registrano per le previsioni turistiche degli italiani in occasione della Pasqua, quasi a
confermare un recupero della fiducia delle famiglie e la speranza che
la grande crisi cominci ad allontanarsi». È il commento del presidente di Federalberghi, Bernabò
Bocca, alla lettura dei risultati dell'indagine previsionale sui consumi
turistici degli italiani svolta in queste
ultime ore. «La favorevole coincidenza temporale – prosegue Bocca
– che quest'anno raccoglie in poco
più di due settimane ben tre momenti di pausa dal lavoro e dagli
obblighi scolastici, sembra spingere
quasi un italiano su quattro a recarsi in qualche località di villeggiatura, scegliendo nel 75% dei casi il
Bel Paese e nel restante 25% una
meta estera». Numeri che non si registravano da tempo e che, se affiancati al buon andamento degli
arrivi in Italia anche di stranieri per
lo stesso periodo, confermano
quante potenzialità economiche ed
occupazionali il settore possa determinare. «A questo punto il governo – conclude il numero uno di
Federalberghi – non può non cogliere un segnale così vitale di uno
dei gangli del sistema produttivo del
nostro Paese e deve mettere subito
mano a quanto indicato nel Def, attuando con urgenza la modifica del
Titolo V della Costituzione per ridare centralità al settore e varare
l'introduzione di specifici strumenti
finanziari per incentivare gli imprenditori alberghieri ad ammodernare
le strutture». Tra le destinazioni di
viaggio più gettonate, come sempre, le città d'arte e le capitali della
cultura ma anche le mete esotiche.
In pole position troviamo ovviamente Roma, la capitale attira sempre tantissimi turisti; seguono
Firenze, Verona e Napoli. Secondo
i dati di Trivago, il motore di ricerca
di hotel più famoso, invece per questa Pasqua gli italiani avrebbero
nettamente preferito Assisi, la città
umbra infatti avrebbe superato
mete più blasonate come Roma e
Firenze.
Redazione
Gli italiani non rinunciano alla cucina ma optano per il pranzo casalingo. Più di due italiani su tre
(67%), infatti, non hanno tagliato
la spesa a tavola per il tradizionale pranzo di Pasqua. Di questi
il 62% ha mantenuto lo stesso
budget del passato mentre il 5%
lo ha addirittura aumentato. È
quanto emerge da un'indagine
Coldiretti/Ixè sui comportamenti
degli italiani dalla quale risulta
peraltro che il 23% ha invece
contenuto le spese mentre il
10% non ha risposto al questionario. La stragrande maggioranza ha optato comunque per il
pranzo casalingo con il 79%
degli italiani a casa propria o in
quella di parenti e amici senza allontanarsi dalla propria città. Il risultato è che quest'anno la
spesa complessiva delle famiglie
italiane per il menù pasquale
scenderà – stima la Coldiretti –
sotto il miliardo di euro. Un aiuto
decisivo al contenimento delle
spese – spiega la Coldiretti in
una nota – «è venuto anche dal
calo dei prezzi con i listini delle
carni ovine e caprine in diminuzione dello 0,3% su base congiunturale, quelli del pesce
fresco di mare di pescata in calo
dell'1,2% ed infine quelli di verdure e frutta vendute in picchiata
del 6 e del 3,7% rispetto allo
scorso anno». Le rinunce hanno
riguardato però i prodotti simbolo
della festa con ben il 24% degli
italiani che non ha acquistato
l'uovo o la colomba industriale
ma per fare economia - sottolinea la Coldiretti - si è puntato sopratutto sul contenimento degli
sprechi, sulla scelta più oculata
dei menu e sulla preparazione
casalinga. Secondo il Codacons,
infatti, i prodotti che più di tutti risentono del taglio alle spese
sono i dolciumi. Se i consumi di
uova di cioccolato calano del 9%
rispetto allo scorso anno, un vero
record negativo si registra per le
classiche colombe, per le quali
gli italiani ridurranno gli acquisti
del 12%.
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Da Pompei al Colosseo:
tutti i siti aperti
per il "ponte" pasquale
Coldiretti: due italiani su tre non tagliano le spese a tavola
ma scelgono il pranzo casalingo
Redazione
A zonzo fra i templi di Paestum.
O a Pompei per ammirare le tre
nuove splendide domus appena riaperte al pubblico. Persino a Capri, in barca nella
Grotta Azzurra. O a Roma, dal
Colosseo al Maxxi, per una full
immersion dall'archeologia all'architettura. Ormai è una tradizione, che ci sia il sole oppure
no, a Pasqua e Pasquetta la
cultura resta aperta, con occasioni da pescare nell'elenco
lunghissimo di musei, monumenti e siti archeologici di proprietà dello Stato. Mentre per il
1 maggio le trattative con i sindacati sono ancora in corso,
anche se al Collegio Romano si
dicono ottimisti. A Roma sono
aperti tutti i monumenti archeologici, dal Colosseo ai Fori, gli
Scavi di Ostia Antica, Palazzo
Altemps, Palazzo Massimo e
Terme di Diocleziano, le Terme
di Caracalla, l'area archeologica di Veio. Aperti anche i
musei, dalla Galleria Borghese
a Castel Sant'Angelo, la Galleria Corsini, la Galleria Spada,
Palazzo Barberini, Palazzo Venezia, la Galleria Nazionale di
Arte Moderna, e il Museo Etrusco di Villa Giulia. Tra le chicche a Caserta si può visitare la
splendida Reggia mentre a
Reggio Calabria porte aperte
per i Bronzi al Museo Archeologico Nazionale.
L'aria non è uguale per tutti: i neri
respirano più veleni dei bianchi....
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Secolo
d’Italia
Redazione
L'aria che respiriamo non è uguale
per tutti: dagli Stati Uniti uno studio
dell'università del Minnesota ha
quantificato che poveri e minoranze
sono più esposti dei bianchi al biossido di azoto, gas inquinante molto
tossico a cui sono attribuiti problemi
cardiaci e respiratori. La ricerca,
pubblicata sulla rivista Plos One, dimostra che l'analisi è vera per tutto
il Paese, anche negli Stati rurali e
nelle città più pulite: i neri inalano
veleni più dei bianchi, principalmente a causa della maggiore
esposizione delle zone dove risiedono. «Il livello di disparità è alto
con probabili conseguenze sulla salute», ha detto Julian Marshall, professore di ingegneria ambientale
dell'ateneo americano. Il biossido di
azoto proviene da scarichi di auto e
emissioni industriali. In media - ha
riscontrato lo studio basato sui dati
del censimento del 2000 - i neri ne
respirano il 38% in più dei bianchi.
La differenza è maggiore nelle
grandi città. Secondo i ricercatori
sarebbe responsabile di circa 7.000
casi di morte all'anno per problemi
cardiaci tra la popolazione di colore.
L'area metropolitana di New York e
Newark è risultata quella dove l'aria
respirata discrimina di più tra isolati
popolati da minoranze a basso reddito e i quartieri dei bianchi ricchi.
New York è seguita da Filadelfia,
Bridgeport/Stamford in Connecticut,
Boston, Providence, Detroit, Los
Angeles e New Haven. Per corre-
lare dati demografici del censimento
alla presenza dell'azoto inquinante
gli studiosi hanno usato dati da satellite e misurazioni sul terreno incrociati con informazioni sulla
destinazione d'uso della regione: la
presenza di autostrade a grande
traffico, discariche, impianti industriali, cementificazione, copertura
arborea.
Gli alberi sono una parte integrante
del modello non tanto perché mitigano la presenza del biossido ma
perché sono il segnale dell'assenza
di auto o altre fonti di inquinamento.
La mappa dell'inquinamento paragona comunità nere a basso reddito
con comunità bianche ricche o middle class: le differenze, sia pure mitigate, restano tuttavia alte anche
quando si elimina il fattore ricchezza. «Non è solo questione di
ricchi e poveri», ha commentato
Marshall, «c'è qualcosa che avvelena nelle zone dove vive la gente
di colore». Le ragioni sono tante, radicate nella storia urbanistica degli
Usa: le maggiori autostrade urbane,
le grandi discariche sono state costruite in zone dove vivono comunità di colore.
Chi non poteva permettersi di lasciarle è rimasto a respirarne le conseguenze.
Redazione
Il nome "sherpa" è diventato sinonimo
di portatore o guida di alta quota, ma
in realtà indica uno specifico gruppo
etnico di ceppo tibetano e di religione
buddista che abita le montagne orientali dell'ex regno himalayano del
Nepal. Non sono nati scalatori, ma lo
sono diventati per vivere, soprattutto
quelli che abitano nel distretto di
Khumbu, dove sorge l'Everest o il
monte Sagarmatha come è chiamato
dalla popolazione locale. Almeno 12 di
loro sono morti nei giorni scorsi sotto
una valanga sull'Everest: «Un incidente sul lavoro, non alpinistico», ha
commentato il re degli ottomila, Reinhold Messner.
L'abilità degli sherpa come alpinisti deriva proprio dalla necessità di adattamento al luogo dove vivono. E per
questo sono stati determinanti nel successo di molti alpinisti stranieri e nelle
loro conquiste delle mitiche vette himalayane.
La loro resistenza è eccezionale. Due
anni fa, un super sherpa di 51 anni riu-
scì a battere l'insolito record di salire
sulla vetta dell'Everest per ben tre
volte in otto giorni per accompagnare
tre diverse spedizioni. Un altro, Apa
Sherpa, tre anni fa, collezionò la sua
21esima ascensione a quota 8.848
metri battendo un suo precedente primato. Il più famoso di loro è senza
dubbio lo sherpa Tenzing Norgay, che
il 29 maggio 1953 accompagnò
l'esploratore neozelandese Edmund
Hillary sul tetto del mondo. Ancora
oggi ci si domanda chi dei due fu il
primo a mettere piede sulla cima. È
morto nel 1986 all'età di 71 anni e la
sua tomba si trova nel Museo della
Montagna di Darjeeling, nell'India nord
orientale.
Con l'esplodere del turismo di alta
quota, come lo definisce sempre Messner, e la presenza di sponsor che pagano i costosissimi permessi, il lavoro
degli sherpa si è fatto sempre più prezioso e anche più remunerativo.
A ogni stagione, tra aprile e maggio, i
portatori sgomitano per accaparrarsi i
clienti e anche per fornire migliori servizi, tra cui le piste su pareti rocciose e
crepacci per facilitare la scalata.
Spesso la competizione è forte e si
creano delle tensioni come quella che
lo scorso anno ha portato al linciaggio
dello scalatore bergamasco Simone
Moro e di altri due suoi compagni al
campo 2 dell'Everest per un diverbio
durante l'apertura di una nuova via.
Sono gli "sherpa" i veri conquistatori dell'Himalaya
DOMENICA 20 APRILE 2014
Bielorussia, giustiziato 23enne
che viaggiava in treno
con la testa della sua vittima
Redazione
Prima condanna a morte di
quest'anno in Bielorussia,
l'unico Paese in Europa ad applicare la pena capitale. Un
23enne, riconosciuto colpevole
di avere ucciso la moglie e il
suo amante, è stato giustiziato,
ha riferito l'ong locale Viasna
per la difesa dei diritti umani. Il
giovane, un ex studente della
facoltà di Storia dell'Università
statale della Bielorussia, era
stato condannato a morte nel
giugno 2013 per l'uccisione
della moglie a coltellate e del
suo amante, un coetaneo dell'assassino il cui cadavere era
stato fatto a pezzi e gettato in
un container dei rifiuti. L'omicida, ha spiegato la ong, aveva
tenuto la testa dell'uomo, che
portava ancora con sé quando
è stato arrestato a bordo di un
treno. Il giovane aveva giustificato il duplice omicida con la
gelosia. Altrettanto agghiacciante il crimine di un americano di 39 anni giustiziato nei
giorni scorsi in Texas: triplice
omicidio della sua ex fidanzata, del figlio e della madre di
lei. José Villegas, di origine
ispanica, era stato condannato
a morte per l'omicidio a coltellate nel gennaio 2002 della
sua ex fidanzata di 24 anni,
ispanica anche lei, del figlio di
3 anni e della madre cinquantunenne della giovane. Secondo la stampa locale, era
sotto l'influenza della cocaina
al momento del crimine. Si
tratta della diciassettesima
esecuzione quest'anno negli
Stati Uniti, la settima in Texas
nel 2014.
Scambio di embrioni, due i precedenti
in Italia: a Modena e a Torino
DOMENICA 20 APRILE 2014
Secolo
d’Italia
Redazione
Da Modena a Torino passando
per New York e Hong Kong, gli
episodi di errori nelle tecniche di
fecondazione assistita di cui si
ha notizia coprono tutto il
mondo. Il caso più vicino, sia
geograficamente che come modalità, a quello dell'ospedale
Pertini di Roma è quello modenese, datato 1996 ma emerso
solo nel 2004, che ha portato tra
le altre cose a un risarcimento
milionario della coppia che ha
subito il danno. All'epoca la coppia che si era rivolta alla clinica
del Policlinico del capoluogo
emiliano aveva dato alla luce
due figli mulatti, che poi aveva
tenuto denunciando l'ospedale
otto anni più tardi. «Il caso di
Roma mi sembra un po' diverso
- afferma Annibale Volpe, che all'epoca dirigeva la clinica - dalle
nostre indagini era emerso che
a causare l'errore è stato l'uso di
una pipetta che era stata utilizzata poco prima per una coppia
nordafricana, in cui erano rimasti alcuni spermatozoi, che sono
stati poi quelli scelti per fecondare l'ovulo». Un po' più a nord,
a Torino, nel 2004 ci fu uno
scambio di materiale genetico
tra due coppie. In quel caso fu
uno dei due padri ad accorgersi
che la provetta usata nell'intervento aveva il cognome sbagliato, ed entrambe le mamme
decisero di interrompere subito
la gravidanza. Almeno tre casi
sono invece stati riportati negli
Usa, in cui la vicenda ha avuto
esito sempre diverso. In uno di
questi Carolyn Savage, una
donna dell'Ohio, ha dato alla
luce per errore il figlio di Shannon and Paul Morell, un'altra
coppia che si era rivolta allo
stesso centro per la sterilità, e
ha deciso di restituire loro il
bambino, anche se le coppie
sono diventate amiche tanto da
crescerlo insieme. Molto meno
gioioso è stato nel 1999 il caso
di Richard e Donna Fasano di
New York, che hanno avuto due
gemelli di cui uno però di colore
per un embrione impiantato erroneamente. I genitori biologici
del piccolo hanno ottenuto l'affidamento del bimbo che è quindi
stato separato dal fratello. Nel
2011 a Hong Kong invece sono
stati impiantati in una donna due
embrioni “sbagliati”, e la vicenda
si è conclusa con un aborto e un
risarcimento, oltre che con una
consulenza psicologica per entrambe le mamme.
Redazione
L'Associazione verace pizza napoletana (Avpn) sbarca in Inghilterra mettendo il suo marchio alla pizzeria gestita
da un partenopeo doc come Gennaro
Esposito a Herne Bay, nel Kent. Lo chef
ha aperto già da qualche tempo il ristorante "A casa mia" che diventa, quindi,
il primo locale nel Regno Unito a fregiarsi del bollino dell'Associazione che
promuove, in Italia e all'estero, la valorizzazione e la conoscenza della tradizione gastronomica legata alla pizza
doc. Ed è un pezzo della Napoli delle
produzioni di eccellenza quella che Antonio Pace e Massimo Di Porzio, presidente e vice dell'Avpn, hanno promosso
con tanto di certificazione nel Kent dopo
aver valutato le caratteristiche di processo e di prodotto. Gennaro Esposito,
40 anni, infatti, è figlio di Ugo, uno dei
più noti "pastorai" di San Gregorio Armeno. Dal presepe alla pizza, quindi,
nella logica di valorizzazione di una Napoli che mette in vetrina il meglio di sé,
in un laboratorio tra terracotta e colori o
dietro i fornelli. Non a caso Gennaro ha
sistemato nel locale anche alcuni pezzi
dell'artigianato di qualità dell'arte presepistica napoletana. Dopo quasi venti
anni in Inghilterra vissuti preparando
pietanze anche per Lady Diana e Dustin Hoffman, lo chef - dopo aver frequentato a Napoli i corsi dell'Avpn - sta
portando avanti la sua sfida, dunque,
annunciata all'avvio, qualche mese fa,
della sua attività a Herne Bay, quella
cioè di far sentire i clienti a loro agio utilizzando la pizza e gli altri prodotti tipici
della cucina napoletana. «Quale migliore strumento per sentirsi a casa con
una pizza?. Certo - dice Gennaro - non
è stato facile mantenere l'equilibrio tra
la necessità di tutelare la tradizione
della pizza napoletana e i gusti britannici, ma, alla fine, il sapore della tipicità
vince tutte le diffidenze e affascina i diversi palati. L'importante è mantenere
un'identità, essere sé stessi, anche in
cucina». «Gennaro ha creduto nelle
sue capacità e nelle virtù ammaliatrici
della nostra pizza - dice Antonio Pace ed è significativo che sempre più si diffonda, in Italia e nel mondo, la necessità di tutelare le nostre radici
gastronomiche». E Massimo di Porzio,
dal canto suo, aggiunge: «L'Avpn ora
punta ad innalzare il livello di qualità
degli associati al fine di offrire standard
sempre più elevati in termini sia di prodotto che di offerta del servizio. Saranno sempre più decisivi, quindi, i corsi
di formazione che intendiamo incentivare e Gennaro è un esempio in tal
senso».
La pizza verace napoletana
finalmente sbarca in Inghilterra
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Nuova funzione di FB
avviserà se ci sono “amici”
nelle vicinanze
Redazione
Una notifica, a mo' di "ultim'ora", ci
avvertirà sul cellulare se qualcuno
dei nostri "Amici" di Facebook si
trova nei dintorni. La nuova funzione, annuncia il social network,
sarà implementata da ora e nelle
prossime settimane negli Usa con
un aggiornamento nelle applicazioni
mobili per iOS e Android. "Nearby
Friend", questo il nome, sarà "opzionale": gli utenti potranno decidere se abilitarla o meno. Ma
intanto alcune associazioni hanno
già sollevato preoccupazioni sulla
privacy. La novità, spiega il product
manager Andrea Vaccari, permetterà agli utenti di sapere quando i
propri amici si trovano nei dintorni in
modo da incontrarli. Facebook pare
insomma aiutare i suoi iscritti a restare in contatto nel ''mondo reale''
oltre che in quello virtuale. La funzione, sottolinea la compagnia, è discrezionale e se attivata terrà
traccia della posizione "sempre",
anche quando non si sta navigando
sul social. Ogni utente potrà decidere a chi far arrivare le notifiche,
anche per un periodo di tempo limitato. L'opzione potrà essere disattivata in qualsiasi momento.
Nonostante queste precauzioni,
negli Usa alcune associazioni
hanno già sollevato preoccupazioni
per i risvolti sulla privacy della
nuova funzione che amplifica le potenzialità della registrazione in luoghi e località già possibile su
Facebook. Jeffrey Chester, direttore
esecutivo del Center for Digital Democracy, riporta il Wall Street Journal, ha chiesto alla Federal Trade
Commission di rivedere il prodotto.
Un portavoce di Facebook ha spiegato che gli iscritti riceveranno dei
promemoria periodici sulle impostazioni di Nearby Friends.
Clinica “Santa Lucia": la Regione
Lazio è “immobile e superficiale”
6
Secolo
d’Italia
Redazione
«In commissione Salute sono stati
ascoltati i vertici della fondazione
Santa Lucia, una eccellenza della sanità laziale, che sta incontrando pesanti difficoltà. Il quadro emerso è
serio e preoccupante – lo dichiara il vicepresidente della commissione
stessa Antonello Aurigemma, di Forza
Italia – È stato evidenziato lʼatteggiamento immobile che denota una certa
superficialità della Regione Lazio,
visto che i dirigenti della fondazione
hanno inviato nel mese di febbraio una
lettera, dai contenuti chiari e precisi,
allʼamministrazione regionale, senza
però ricevere risposte. Inoltre, la fon-
dazione ha sì avuto lʼaccreditamento,
ma la somma che riceve ha subito un
taglio di oltre il 40%. Quindi, le risorse
finanziarie assegnate sono completamente inadeguate per il futuro della
stessa, impedendole di mantenere in
vita una struttura che fornisce un servizio di alta qualità, con oltre 700 dipendenti. Inoltre, è emerso un
particolare incomprensibile e incredibile. Nella lettera inviata a febbraio dal
direttore generale della fondazione,
Amadio, a Zingaretti, il dg scrive che
la dottoressa De Grassi e il dottor Di
Virgilio (dirigenti della Regione Lazio)
in una nota avrebbero fornito indicazioni allʼAvvocatura regionale per il ri-
corso proposto dalla fondazione dinanzi al Tar contro i decreti di assegnazione del budget per lʼanno 2013 e
di approvazione dello schema di contratto. In tale nota, come scritto nella
lettera da Amadio, vengono riportate
due affermazioni palesemente false e
in particolare che: la fondazione ha accettato il budget assegnato per il 2013
e ha sottoscritto lʼaccordo/contratto
con la Regione; la fondazione non ha
impugnato dinanzi al Tar la dgr
206/2008, relativa alla remunerazione
del 2008. Quello che è emerso, al di là
di tutto, dimostra una totale confusione
da parte dellʼamministrazione regionale, visto che è assurdo – innanzitutto – far passare mesi senza
rispondere ad una lettera su un argomento molto delicato. La fondazione,
poi, chiede di vedersi garantito ciò che
le spetta, in pieno rispetto della legge.
Nulla di più. Come ho affermato in
commissione – conclude Aurigemma
– sarà mia premura fare incontrare nel
più breve tempo possibile la Regione,
la Cabina di Regia e i vertici della Fondazione al fine di affrontare i numerosi
quesiti posti che, ad oggi, rimangono
senza risposta. Inoltre, ho chiesto al
presidente Lena di aggiornare a fine
maggio la seduta per verificare lʼesito
di tali incontri e le risultanze che da
essi emergeranno».
Redazione
«Non passa giorno senza che
la cronaca porti alla ribalta notizie su centri estetici gestiti da
cittadini cinesi o asiatici che
dopo i controlli vengono chiusi.
Queste attività in provincia di
Modena sono spuntate come
funghi negli ultimi tempi. Tra le
varie cause che portano alla
chiusura emerge che il personale che svolge l'attività di
estetista non ha seguito e non
ha ottenuto lʼabilitazione necessaria. È necessario intensificare i controlli per contrastare
questo abusivismo che attanaglia il settore e che danneggia
le attività che rispettano le regole». A tal proposito il consigliere di Forza Italia Andrea
Leoni ha presentato unʼinterrogazione alla Regione Emilia
Romagna per sollecitare la
Giunta Errani, di concerto con
enti locali, autorità di pubblica
sicurezza e associazioni di categoria del settore, a promuovere un tavolo di lavoro per
affrontare con maggiore forza
la tematica e mettere in campo,
per quanto di competenza,
tutte le iniziative del caso per
tutelare gli esercenti che invece rispettano la legge e che
da tale situazione sono pesantemente danneggiati. «Spesso
in questi centri estetici - continua Leoni - le attività si svolgono in assenza di norme
igienico-sanitarie e chi vi esercita lo fa senza averne lʼabilitazione professionale. Sono
modalità di lavoro al di fuori
delle normative che diventano,
nei fatti, un mezzo per una
spietata concorrenza sleale rispetto a chi segue le leggi del
settore per quanto riguarda il
personale, i materiali utilizzati,
gli orari, le prescrizioni igienicosanitarie e non meno importante il fisco. Una concorrenza
sleale anche rispetto alla qualifica di estetista, visto che in
Emilia Romagna per diventare
estetista sono richiesti precisi e
impegnativi requisiti tra i quali:
fare un corso di qualificazione
biennale (minimo 900 euro)
presso un ente di formazione
autorizzato per poi fare
lʼesame; prestare servizio con
contratto di apprendistato
presso un centro estetico autorizzato; svolgere tre anni di lavoro qualificato e frequentare
un corso di formazione di 300
ore per sostenere lʼesame».
Nel Modenese troppi centri estetici fuorilegge:
intervenga il presidente della Regione Emilia
DOMENICA 20 APRILE 2014
Torino, Fratelli dʼItalia:
no alla pedonalizzazione
di corso De Gasperi
Redazione
«È passato circa un anno da
quando il Comune di Torino decise
di effettuare una sperimentazione
di pedonalizzazione in alcune vie
della nostra città, tra cui anche
corso De Gasperi. Già allora ci opponemmo fortemente come Fratelli d'Italia perché si trattò di una
scelta non condivisa ma di un percorso univoco imposto dal Comune che avrebbe avuto
ripercussioni pesantissime sulle
attività commerciali e sulla viabilità
nelle vie limitrofe». Lo afferma
Paolo Ambrogio, consigliere comunale, che così prosegue: «Oggi
le attività economiche, già in ginocchio a causa della crisi, non
possono subire passivamente
nuovi slanci di mobilità creativa o
soluzioni capestro che scimmiottano le tanto care (ed inutili) domeniche a piedi. Le migliaia di
firme presentate ed il relativo flop
della fase sperimentale applicata
sono la cartina al tornasole di un
rifiuto netto, ancorché non aprioristico e preconcetto. È evidente
che, se il territorio, i suoi residenti
e chi li esercita le proprie attività
commerciali e artigianali si oppongono ad un intervento di pedonalizzazione, il Comune non può fare
orecchie da mercante soprattutto
considerato che l'assessore Lubatti aveva garantito si trattasse
esclusivamente di una delibera
spot "per sondare il terreno”. Per
queste ragioni ho presentato una
mozione per impegnare il Consiglio comunale a non procedere
con la pedonalizzazione di corso
De Gasperi ed abbandonare ogni
idea di chiusura della via alle
auto».
In vista del 21 aprile, Roma rinverdisce antichi
fasti e si ripopola di gladiatori e vestali
Secolo
DOMENICA 20 APRILE 2014
7
d’Italia
Priscilla Del Ninno
Nell'approssimarsi del 21 aprile è quasi inevitabile rimettersi sul cammino storico-celebrativo alla riscoperta di Roma, rivisitando,
sulle orme del passato, il fascino incorruttibile della “città eterna”. E allora, per esempio, tra le tante iniziative intestate a Roma
e al giorno della sua fondazione, a ricordare
i fasti dell'antichità sulla via Appia Antica,
provvederà tra gli altri il Gruppo Storico Romano, associazione culturale fondata nel
1994. L'associazione avrà un ruolo molto
attivo negli eventi patrocinati dal Comune
ogni anno per celebrare le origini della città.
«Faremo un grande corteo di rievocazione
storica che partirà dal Circo Massimo»,
spiegano dall'associazione, «e con noi ci
saranno oltre 1600 persone provenienti da
tutta Europa». E poi il pubblico vedrà il
Tracciato del solco, l'accensione del fuoco,
l'antica festa della Palilia, combattimenti e
danze, il tutto con la supervisione scientifica del dipartimento di Scienze Storiche di
Tor Vergata. Nella sede dell'associazione,
del resto, non manca davvero nulla per far
rivivere la Roma imperiale (precisamente
quella di Nerone del I secolo d.C.): un ca-
strum per gli eventi, vessilli e statue, l'armeria – le armi e gli elmi in ferro sono fabbricati dai soci stessi –, la sala per le attività
delle donne romane, per non parlare del
museo storico-didattico, che annovera migliaia di visite ogni anno tra studenti e turisti stranieri. Ma il fiore all'occhiello del
Gruppo Storico Romano è la scuola per
gladiatori, dove ci si può specializzare in
tutte le categorie: dal mirmillone al secutor,
dal retiarius al provocator, dal dimachero al
trace. E non è un gioco da ragazzi, al contrario. Chi partecipa alle lezioni segue un
iter molto rigoroso: prima di usare il gladio
in ferro, bisogna passare per il rudis, la
spada di legno. Poi si apprende l'uso della
rete, dello scudo e del tridente. Ma non ci
sono soltanto gladiatori. Perché l'associazione, con i suoi 150 iscritti, vuole rappresentare tutta la società romana: legionari,
pretoriani, senatori, vestali, matrone, a coprire un arco sociale che va dagli schiavi all'imperatore. E allora, oltre a forgiare le
armi, qui si fa tutto come un tempo, cercando di recuperare anche la manualità tipica dei mestieri della tradizione di “Roma
caput mundi”.
Nel 40° anniversario dell'uscita, “Carrie” di Stephen King torna in libreria
Bianca Conte
È uno tra gli autori di letteratura
fantastica più prolifici del Novecento. Una delle firme più gettonate del jet set hollywoodiano in
quanto a rivisitazione cinematografica dei suoi lavori, superato in questo particolare primato solo da
Shakespeare, Agatha Christie e
Conan Doyle. Uno degli scrittori più
snobbati dalla critica, ma anche tra
i professionisti più rivalutati degli ultimi decenni. Ma, soprattutto, è il
padre artistico di Carrie, il romanzo
del 1974 che ha definitivamente
sdoganato, al grande pubblico e
alla critica specializzata, il talento
di Stephen King.
Una fama notoriamente amplificata
poi dal remake sul grande schermo
diretto da Brian De Palma. E allora,
nel quarto decennale della nascita
del libro che ha cambiato vita e carriera del suo autore, sei dei primi
romanzi di Stephen King, originariamente pubblicati da Doubleday
tra il 1974 and 1983, stanno per essere ristampati singolarmente, in
un'edizione di lusso a tiratura limitata da Cemetery Dance Publications,
l'editore
americano
specializzato in narrativa horror,
con cui lo scrittore ha collaborato in
anni recenti.
Così, torneranno in libreria alcuni
dei fiori all'occhiello della bibliografia di King, da Carrie, a Le notti
di Salem, da Shining a Night Shift e
L'ombra dello scorpione, fino a Pet
Sematary. L'elegante edizione deluxe, appositamente “coniata” e rimessa
sul
mercato,
sarà
accompagnata da un testo di Tabitha King, moglie dello scrittore, incentrato sulle paure degli
adolescenti e sulla sessualità: tematiche che il romanzo intreccia in
chiave horror. Nella ristampa di
Carrie, infine, spiccano sei disegni
a firma dell'illustratore fantasy To-
Quotidiano della Fondazione di Alleanza Nazionale
Editore
SECOLO DʼITALIA SRL
Fondatore
Franz Turchi
d’Italia
Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76
Consiglio di Amministrazione
Tommaso Foti (Presidente)
Alberto Dello Strologo (Amministratore delegato)
Alessio Butti
Antonio Giordano
Antonio Triolo
Ugo Lisi
mislav Tikulin, uniti alla riproduzione del telegramma che fu spedito dall'editore Doubleday a King,
in cui si anticipava l'imminente pubblicazione del suo primo libro. Il
primo volume dal titolo Carrie: The
Deluxe Special Edition, sarà in distribuzione negli Usa a partire dal
mese di agosto, in tre differenti versioni.
Dalla casa editrice, peraltro, fanno
sapere che King firmerà con autografo 60 copie, già vendute su prenotazione. Che un'edizione di 750
copie, con cofanetto, sarà in vendita a 225 dollari.
E infine, che 3.000 copie con custodia saranno in commercio per
85 dollari. La lussuosa ristampa dei
rimanenti cinque romanzi di King
avverrà invece a intervalli regolari
di sei mesi.
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7 agosto 1990 n. 250