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COR RI E RECONO M I A
LUNEDÌ 4 LUGLIO 2016
PATRIMONI & FINANZA
Come investire
e risparmiare
Strategie/1 Da gennaio oro e petrolio guadagnano oltre il 20%, la peggiore è Piazza Affari (-27%)
Risparmi Borse, bond, oro, liquidità:
dove investire nei prossimi sei mesi
Wall Street torna al centro della scena ma è cara, Btp ancora interessanti:
la prima metà dell’anno ha smentito le previsioni. Ecco gli scenari possibili
I
l divorzio di Londra dall’Unione europea prenderà molto tempo. E ci
vorranno settimane,
mesi, affinché il groviglio di
implicazioni economiche e
finanziarie scaturito dalla
Brexit venga dipanato, fino a
trovare un punto di equilibrio sui mercati. Ma l’esito
inatteso del referendum britannico è solo l’ultima sferzata, in un semestre che ha
visto il vento cambiare direzione più volte, scompigliando i portafogli degli investitori. Basta guardare l’andamento delle principali classi
di attivo in questa prima metà anno.
LE TAPPE
s.F.
DI PIEREMILIO GADDA
Così i guadagni e la perdite su 10 mila euro dopo il crollo
dei primi mesi e il recupero di primavera
PERFORMANCE DA INIZIO ANNO AL:
27
io
magg6
201
11
febbraio
2016
In euro
Rend.
In euro
Rend.
28
giugno
2016
In euro
Rend.
Oro
11.182 11,8%
11.155 11,5%
12.185 21,9%
Titoli di Stato Usa
9.950
-0,5%
10.076
0,8%
10.408
Btp
9.929
-0,7%
Azioni Usa
8.570 -14,3%
Azioni area euro
Azioni Italia
4,1%
10.192
1,9%
10.241
2,4%
10.020
0,2%
9.740
-2,6%
8.220 -17,8%
9.620
-3,8%
8.391 -16,1%
7.364 -26,4%
8.491 -15,1%
7.284
-27,2%
Le cifre
Diecimila euro investiti in
oro a inizio gennaio avrebbero fruttato il 22%. Chi avesse
destinato una somma analoga all’acquisto di un paniere
di azioni italiane, invece, oggi si ritroverebbe in tasca solo 7.288 euro (-27%), nonostante i 10 punti percentuali
recuperati tra l’11 febbraio,
punto minimo degli ultimi
tre anni, e il 27 maggio, vigilia di un nuovo scivolone per
i listini azionari, sui timori
crescenti di un’uscita di Londra dall’Ue.
Intanto, al netto del rimbalzo messo a segno all’indomani del referendum, il
biglietto verde si è leggermente indebolito, rispetto alla moneta unica, -1,33% da
inizio anno. Le azioni globali
hanno perso quasi sei punti
percentuali, Tokyo il 6,5%,
l’Europa è a quota -16% e
Wall Street cede il 2,5%. A
ben guardare, l’istantanea
delle performance di metà
anno fotografa un mondo alla rovescia rispetto a quello
ipotizzato dagli operatori a
gennaio: quando BofA Merrill Lynch registrava una preferenza dei grandi gestori di
fondi per Europa e Giappone, a scapito dell’azionario
americano. E (quasi) tutti
scommettevano su un rialzo
del dollaro, alla luce di ciò
che era ritenuto il probabile
sentiero di risalita dei tassi:
vale la pena ricordare che i
78 economisti interpellati
dal Wall Street Journal ai
primi di gennaio nel consueto sondaggio mensile, avevano previsto in media tre ritocchi da parte della Federal
Reserve nel corso del 2016.
La frenata
Il seguito è storia nota:
l’avvitamento dei mercati nel
circolo vizioso che lega dollaro forte, materie prime e
Paesi emergenti ha costretto
la Fed a rimodulare i piani di
normalizzazione della politica monetaria. L’atteggiamento più accomodante della presidente, Janet Yellen,
ha attenuato le pressioni sul
dollaro, innescato il rally di
materie prime e mercati
azionari, favorendo la sovraperformance degli Emergenti.
E adesso? Brexit ha rimescolato di nuovo le carte. Potrebbe trascinare Londra in
recessione. Eserciterà un impatto negativo sulla crescita
della zona euro, fino a mezzo
punto percentuale di Pil, secondo le stime di Mario Draghi, presidente della Bce.
Senza dubbio, peserà sulla
fiducia di consumatori, imprese, investitori, europei e
non. È anche per tale motivo,
del resto, che la Fed molto
probabilmente posticiperà il
prossimo intervento sui tassi
americani. Secondo la banca
Bce Mario Draghi.
Tassi bassi
ancora lungo con
il quantitative easing
d’affari Morgan Stanley, rimarranno congelati nella
forbice tra 0,25 e 0,50 almeno fino alla fine del 2017. «In
questo quadro, i titoli di Stato europei e americani
avranno poco da offrire. Nei
Btp c’è più valore. Ma il mercato dice che se vuoi accedere a rendimenti appetibili,
devi alzare l’asticella del rischio — spiega Mario Spreafico, responsabile investimenti di Schroders wm —.
Dimissionario
Il premier inglese
David Cameron: pesa sui
risultati la scossa di Brexit
Le obbligazioni high yield
europee hanno subito una
correzione eccessiva. Anche
il debito emergente in valuta
locale può rappresentare
un’opportunità d’acquisto».
A sua volta, secondo Chris
Iggo, capo del reddito fisso
di Axa im, il debito emergente in valuta forte beneficerà
di un calo dei rendimenti sui
titoli del Tesoro Usa. «Il credito di qualità investment
grade sembra sicuro — aggiunge —. Anche le obbligazioni indicizzate all’inflazione sono interessanti, perché
le banche centrali continuano a immettere liquidità».
Nel frattempo, le Borse
della zona euro — e i titoli finanziari in particolare —
potrebbero restare sotto
pressione. «Le autorità europee devono trovare con urgenza una soluzione efficace
e credibile per mettere in sicurezza il sistema finanzia-
IL BILANCIO
10 mila euro investiti a inizio anno
sono diventati al 28/6/2016
I GUADAGNI PIÙ ALTI...
PETROLIO
23,22%
ORO
21,85%
YEN
16,10%
TITOLI DI STATO MONDIALI
8,41%
TITOLI DI STATO GERMANIA
6,70%
TITOLI DI STATO USA
4,07%
BTP
2,41%
FONDI COMUNI
OBBLIGAZIONARI
0,66%
AZIONI PAESI EMERGENTI
0,36%
CTZ
0,06%
... E LE MAGGIORI PERDITE
-0,01% BOT
-0,07% CCT
COMUNI
-0,28% FONDI
LIQUIDITÀ
-0,30% INFLAZIONE
-1,12% TITOLI DI STATO UK
-1,33% DOLLARO USA
USA
-2,62% AZIONI
(IND.S&P 500)
Contro tutte le
ipotesi i bond
hanno fatto meglio
delle azioni
FONDI COMUNI
-2,94% BILANCIATI
-3,19% FONDI COMUNI
FLESSIBILI
MONDIALI
-5,86% AZIONI
(IND.MSCI WORLD)
rio. Non hanno scelta. A quel
punto, Piazza Affari si candida a realizzare una probabile
sovra-performance». Per
adesso è Wall Street a mettersi in evidenza, come possibile rifugio per gli investitori azionari spaventati dall’esito del referendum che rischia di scoperchiare il vaso
di Pandora delle spinte centrifughe nel Vecchio Continente. «Anche i mercati
emergenti potrebbero attirare flussi di capitale — ipotizza Spreafico —. Rappresentano infatti una possibile valvola di sfogo per chi vuole
stare alla larga dall’Europa,
epicentro della nuova fase
d’incertezza, e al tempo stesso diffida delle elevate valutazioni del mercato azionario americano».
-6,53% AZIONI GIAPPONE
-8,61% AZIONI HI TECH
-9,58% FONDI COMUNI
AZIONARI
-10,78% STERLINA
BLUE CHIPS
-16,09% 50
AREA EURO
AZIONI ITALIANE
-26,14% (IND.FTSE ALL SHARE)
BORSA DI MILANO
-27,16% (40 BLUE CHIPS)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Strategie/3 I conti in tasca a un investimento azionario: più si allarga l’orizzonte e si accetta la sfida della diversificazione più i risultati migliorano
Portafogli Quello globetrotter ha guadagnato il 56%, quello chiuso in casa è rimasto a zero
Negli ultimi 15 anni puntare tutto su Piazza Affari e le Euroborse sarebbe stata una mossa perdente. Mentre Wall Street e gli Emergenti....
Q
uanto conta la diversificazione nei portafogli? Moltissimo. E fa la
differenza sul rendimento.
L’ufficio studi di MoneyFarm
ha messo a confronto i risultati
ottenuti in quindici anni (dal
2000 al 2015) dai portafogli investiti esclusivamente in titoli
azionari domestici (un approccio tipico di gran parte degli investitori privati di tutto il
mondo) e quelli che, allargando l’orizzonte, hanno azzardato una scommessa su più Paesi, portando a casa i risultati
più brillanti. «Quindici anni
non è un arco di tempo lunghissimo — spiega Paolo Galva n i , p re s i d e n te d i M o neyFarm — ma è sufficiente-
mente esteso per permettere al
comparto azionario di lavorare
a favore dell’investitore e simulando l’andamento di diversi portafogli è stato dimostrato che la non diversificazione, o meglio la concentrazione dell’investimento su
un’unica area geografica, è
perdente».
Chi quindici anni fa avesse
investito l’intero capitale su
Piazza Affari avrebbe perso
annualmente l’1,5% e complessivamente il 20,3%, con una
volatilità vicina al 20%. «In
pratica — commenta Galvani
— una perdita secca pari a un
quinto dell’investimento, condito con forti sbalzi all’insù e,
soprattutto, all’ingiù». Perdita
La lunga sfida Come cambiano i rendimenti azionari in base alla diversificazione
PORTAFOGLIO
Rendimento*
Italia (100%)
Italia (50%) + Eurozona (50%)
Italia (30%) + Eurozona (50%) + Uk (20%)
Eurozona (70%) + Uk (30%)
Eurozona (50%) + Uk (20%) + Usa (30%)
Eurozona (50%) + Uk (10%) + Usa (30%)
+ Emerging Market (10%)
Eurozona (40%) + Uk (10%) + Usa (30%)
+ Emerging Market (10%) + Giappone (10%)
Msci World (Borse mondiali)
Totale
Annualizzato Volatilità annualizzata*
-20,3%
-2,50%
11,0%
26,0%
38,7%
-1,5%
-0,2%
0,7%
1,6%
2,2%
19,8%
18,8%
17,5%
17,0%
15,9%
50,2%
2,8%
16,2%
52,5%
56,6%
2,9%
3,0%
15,4%
14,4%
*valori calcolati sugli ultimi 15 anni
ridotta, ma sempre perdita,
anche nel caso in cui l’investimento fosse stato suddiviso
equamente tra Italia (50%) e
gli altri listini dell’Eurozona
(50%). «Perché – osserva Galvani — investire nell’Eurozona
per noi significa rimanere in
casa». Per guadagnare bisogna guardare oltre confine.
Rimanendo nel Vecchio
Continente, ad esempio, una
buona strategia avrebbe potuto essere l’inserimento in portafoglio di azioni britanniche.
Riducendo del 20% l’investimento sulle azioni tricolore a
favore dei titoli del Regno Unito e mantenendo inalterato il
50% del portafoglio nell’Eurozona, l’investitore avrebbe cominciato a guadagnare, portando a casa un profitto dell’11% complessivo.
Il rendimento aumenta progressivamente con l’ampliamento della diversificazione a
più aree geografiche. Imperdonabile sarebbe dimenticare
Wall Street, dove sono quotate
le maggiori multinazionali della tecnologia (Apple, Google,
Microsoft), i leader della old
economy (Exxon Mobil, General Electric) e della finanza.
Un portafoglio azionario di-
versificato sulle tre importanti
aree geografiche (Usa, Eurozona e Regno Unito) nei quindici
anni presi in considerazione
avrebbe fruttato il 39% .
Ma il risultato più sostanzioso è stato quello dei portafogli diversificati su tutte le
piazze mondiali: Eurozona,
Usa, Regno Unito, Paesi Emergenti e Giappone. «E’ stata così confermata la tesi che più si
diversifica e più si guadagna
— conclude Galvani —. Del
resto basta vedere il risultato
dell’indice Msci World, il più
diversificato del mondo che, in
quindici anni, ha realizzato
una performance del 56,6%».
PATRIZIA PULIAFITO
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