BENESSERE SUL LAVORO E QUALITA` DELLE RELAZIONI

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BENESSERE SUL LAVORO E QUALITA` DELLE RELAZIONI
BENESSERE SUL LAVORO E QUALITA’ DELLE RELAZIONI
Intervista a Christian Boiron
Di Enrico Cheli
Cheli: Dott. Boiron, lei è presidente del gruppo Boiron, leader mondiale nel campo dell’omeopatia,
e da anni si occupa con grande impegno di qualità della vita; ha scritto anche un libro molto
interessante intitolato Le ragioni della felicità, edito in Italia da Franco Angeli. Oltre ad affrontare il
benessere sul lavoro come studioso lo persegue anche nella sua vita di imprenditore? Ha cercato di
applicare questi temi anche nell’azienda che lei dirige?
Boiron: Sì. Prima di tutto mi interessa il tema della felicità nell’uomo. Fin da piccolo, dall’età di10
anni mi interessava questo tema. Ero convinto che era possibile vivere la vita diversamente da come
la gente la viveva: una vita stressante in famiglia, nella politica, sul lavoro … e per me non era così!
Non vedevo le ragioni di tutto questo stress. Era più una questione di abitudine. Volevo dire no,
stop. Meglio fermarsi, perché era come passare vicino alla felicità senza vederla.
Pensavo che la religione avesse il compito di mettere un po’ più di felicità dentro la nostra vita, ma
poi ho visto che non era così.
Nelle tappe successive della mia vita ho studiato all’università (Farmacia) e poi sono entrato
nell’amministrazione dell’azienda di Famiglia :la Boiron. E’ proprio in quel periodo che ho iniziato
a confrontarmi anche con le difficoltà dell’umanità: politiche, economiche,con le guerre,i problemi
legati all’acqua, alle materie prime, al petrolio…
E poi mi sono confrontato con la psicologia dell’uomo nell’ambito del lavoro. E ancora di più ho
provato l’interesse di sperimentare in azienda per dimostrare che era possibile vivere la vita in un
altro modo. Era possibile lasciare lo stress pur avendo i problemi della vita… Penso che siamo delle
macchine fatte per avere e risolvere problemi. E l’azienda è un luogo dove si affrontano problemi,
ma perché farlo essendo così tesi?
Nelle prime riunioni che ho tenuto in azienda, (allora a conduzione familiare), ho osservato che tra i
collaboratori c’era tensione e aggressività. Ho provato allora a far loro capire che non era
obbligatorio fare così per risolvere i problemi:la pace interna ha un’efficacia maggiore dello stress.
Erano gli anni ‘70. E’ importante sapere che fino agli anni ‘60 la cultura era invece a favore dello
stress: si pensava di poter guidare gli uomini con lo stress, di far crescere i bambini con lo stress, di
far lavorare le persone con lo stress, animare le persone all’interno di uno stato attraverso lo
stress…
Lo stress era considerato la chiave per un buon “funzionamento” degli uomini.
Cheli: Addirittura si pensava di poter governare gli uomini con la violenza. Con azioni violente: il
condottiero doveva esse duro…
Boiron: ...sì, l’autorità era dura e violenta.
Cheli: A partire dal mutamento culturale degli anni ‘60 è dunque iniziato un cambiamento di
mentalità che è tuttora in corso. Abbiamo cominciato a capire che ci sono modi diversi di gestire le
nostre relazioni, di risolvere i conflitti e anche di mandare avanti un’azienda. Ora lei guida un
gruppo che è leader a livello mondiale nel campo dell’omeopatia. Quante sedi e quante persone
lavorano all’interno di questo gruppo?
Boiron: Circa 4000 persone, distribuite in 50 sedi nel mondo.
Cheli: Nelle sedi del gruppo che cosa avete fatto, e state facendo, per migliorare il benessere sul
lavoro e per creare buone relazioni?
Boiron: Sono sempre delle piccole cose che fanno progredire poi le grandi cose. In primo luogo mi
sono impegnato nel portare in azienda l’atteggiamento del rispetto reciproco. Il rispetto ci viene
dalla religione, dalla cultura anche familiare, lo abbiamo dentro di noi. Eppure mio padre, quando
era a capo dell’azienda, non esprimeva ai dipendenti il tipo di rispetto che io intendevo manifestare
e portare. Lo aveva probabilmente dentro di sé, ma non lo manifestava. A quell’epoca manifestare
rispetto per tutti poteva passare per debolezza. Io invece non avevo questo condizionamento; non
pensavo che gentilezza significasse debolezza. Perciò ho provato a manifestarlo verso tutte le
persone con cui lavoravo in azienda. In diversi modi per esempio attraverso l’ascolto e
l’informazione.
Spesso si pensa che in azienda non possiamo dire tutto. Certo… ma il 99 per cento delle
informazioni le possiamo far passare tra i collaboratori e gli impiegati. Quindi dar loro molte più
informazioni, far loro domande per comprendere il loro punto di vista e chiedere un maggiore
impegno è per me fondamentale.
Soprattutto in Italia ho notato che nei rapporti familiari non si usa fare domande per sapere, né per
richiedere impegno, semmai per esigere qualcosa. Ma se ti chiedo una cosa importante significa che
ho rispetto e fiducia in te.. Dunque manifestare il rispetto significa anche chiedere senza esigere.
Che cosa possiamo chiedere? Più efficacia in tutti i settori.
Si trattava quindi prima di tutto di una questione di attitudine: comunicazione, informazione,
formazione, apertura… Un esempio: ho aperto la porta del mio ufficio ! Un gesto che prima non si
faceva: quando ero al lavoro la porta dell’ufficio rimaneva chiusa,
quando era aperta significava che non c’ero.
L’ho fatto per facilitare la comunicazione.. Ho comunicato a tutti che volevo essere l’uomo più
disponibile dentro l’azienda, del resto il capo deve essere il più disponibile.
E inoltre per far cambiare un po’ l’ambiente, ho innanzitutto lavorato molto su di me. Questo perché
non si possono cambiare gli altri, ma si può lavorare sulla materia prima che si ha a disposizione,
perciò ho lavorato su me stesso, per progredire, per abbandonare le mie paure, per non avere paura
di esprimere i miei pensieri, i miei sogni.
Poi ho lavorato sul progetto aziendale con un gruppo di giovani dirigenti (ancora attivo in Francia)
Non è sufficiente dire ai lavoratori che l’azienda fabbrica medicinali omeopatici. Le aziende hanno
bisogno di profitti ma gli uomini che vi lavorano non sono macchine,e hanno bisogno di “ossigeno”
per lavorare sempre meglio.
Cheli: Questo è un cambio di prospettiva non da poco conto, perché lei sa meglio di me che
viviamo in una cultura improntata sul profitto. Ciò che conta di una azienda e di una nazione è che
la sua economia sia in crescita e che il fatturato o il PIL aumenti ogni anno, mentre non si guardano
i molti aspetti qualitativi che stanno dietro una crescita. Lei invece ha portato all’interno della sua
azienda una visione diversa, centrata sull’essere umano e sul benessere, più che sul profitto.
Boiron: Ho partecipato in Francia a gruppi di studio e di lavoro sul processo di creazione delle
aziende, e ci siamo resi conto che la motivazione principale è raramente il denaro, più spesso il
gusto di fare cose. Questo perché l’uomo è fatto per fare cose. Quando non facciamo cose è perché
siamo condizionati a non farlo. Se ci lasciamo un po’ andare finiamo per costruire naturalmente
qualcosa; chiediamo ad un amico,lo facciamo insieme… e questo è il processo delle aziende.
Dunque la visione dell’azienda costruita solo per i soldi è fuori dalla realtà delle aziende. Quello
che manca è la conoscenza di strumenti di comunicazione; il malessere che c’è in molte aziende
dipende più dalla incompetenza sul piano delle relazioni e sul funzionamento dell’uomo che non
dalla voglia di far soldi.
Certo, ci sono aziende mercenarie che sono interessate solo al corso della Borsa. Il denaro è
certamente importante, ma le motivazioni sono molto più del solo denaro.
Cheli: Lei ha toccato un tema che mi sta particolarmente a cuore ed è quello della incompetenza sui
piani della comunicazione e delle relazioni. Molte aziende desiderano creare una migliore
relazionalità, un comunità più coesa, ma poi non ci riescono. E ciò non per cattiva volontà dei
dirigenti ma proprio perché non c’è una adeguata competenza. All’interno della sua azienda ha
intrapreso qualche iniziativa, per esempio corsi di aggiornamento o di formazione relazionale rivolti
ai dirigenti e al personale?
Boiron: Sì, ho fatto molte di queste cose e sono andato a toccare un problema importante e difficile.
È come l’alimentazione: siamo tutti convinti che l’alimentazione sia la chiave della felicità fisica.
Ci sono molte conoscenze in merito, ma non abbiamo ancora raggiunto un accordo: c’è chi dice ad
esempio che mangiare cibo crudo fa bene e la carne fa male. Siamo tutti convinti che
l’alimentazione sia importante, ma non sappiamo ancora cosa insegnare a livello di educazione
alimentare.
Trovo che per l’educazione alla comunicazione sia un po’ la stessa cosa. Siamo tutti convinti che
dobbiamo progredire nella comunicazione ad ogni livello. Ad esempio so che non devo essere in
collera.. ok ma come faccio? Perché sono in collera? È il mio temperamento, la mia personalità o
cos’altro?
Stiamo arrivando ad un momento chiave della storia dell’umanità, perché iniziamo a sapere come
funziona l’uomo a livello di ricerca della felicità, del benessere psichico e dunque della relazione
con l’altro. Sappiamo sempre meglio che non dobbiamo mangiare troppa carne, o troppo zucchero,
e anche sappiamo sempre meglio come ottimizzare l’ambiente ed evitare lo stress.
Sono stato tra i primi a dire che il fatturato non deve essere l’obiettivo principale dell’azienda e che
il benessere delle persone che lavorano insieme è la chiave del risultato economico dell’azienda. Ho
introdotto l’idea che quando pensiamo al benessere delle persone facciamo confusione tra il
benessere materiale, spirituale e psichico. E sono cose molto diverse, quasi opposte. L’ho scritto nel
mio libro sulla felicità. Possiamo far crescere il benessere psichico nell’azienda e quando otteniamo
il risultato possiamo distribuirlo tra gli impiegati in termini di salario, di tempo di lavoro o di
comfort, di piacere nell’ambiente di lavoro (musica, spazi, macchinari).
Su questo aspetto della qualità delle relazioni all’interno dell’azienda ho fatto lavorare molti esperti
insieme agli impiegati e ma anche con i medici omeopati. I medici, per esempio, hanno bisogno di
migliorare la loro capacità di relazione tra di loro, perché l’efficacia del medico, del capo d’azienda
o di servizio, dipende molto dalla capacità di relazionarsi con i propri impiegati o pazienti. La
relazione inizia con l’ascolto. Come medico devo ascoltare cosa mi dici e cosa non mi dici.
Perciò è importante lavorare sul proprio atteggiamento interno ed esterno per essere capace di
sentire e ascoltare gli altri.
Abbiamo lavorato inoltre sulla gestione delle riunioni. In azienda passiamo molto tempo in riunioni
ed io ho lavorato per renderle più efficaci. Ad esempio ponendo tutti sullo stesso livello e rendendo
la responsabilità condivisa, mentre di solito pensiamo che la responsabilità debba essere solo del
capo. Dobbiamo inoltre condividere l’obiettivo della riunione e questo spesso non avviene:
condividiamo il tema, ma non l’obiettivo. Ad esempio ci riuniamo per discutere degli stipendi delle
persone. Ok, ma perché? Dobbiamo definire l’obiettivo, verificare che tutti siano d’accordo. Solo
chi si sente importante rispetto all’obiettivo partecipa alla riunione. Su questi che sembrano dettagli
ho scritto e formato più di 2000 persone che lavorano con me e che hanno frequentato gruppi di
formazione sulle modalità relazionali.
Mi sono anche reso conto che la creatività è molto importante non solo nella relazione a due, ma
anche nell’organizzazione. C’è relazione tra la creatività e la fiducia che la persona ha in se stessa.
La relazione che ho con gli altri dipende anche dalla fiducia che ho in me.
C’è un’intensa relazione tra fiducia negli altri, capacità creativa e fiducia in sé stessi.
Utilizziamo l’arte per far scoprire alle persone le loro capacità creative. E quando le persone lo
hanno scoperto… perché tutti hanno questa capacità … sono stati in grado di cantare, di suonare…
È per condizionamento culturale che crediamo che alcuni siano creativi ed altri no. Certo, se voglio
cantare come Pavarotti non riesco perchè solo pochi hanno così sviluppato quel talento, ma ognuno
ha le proprie qualità specifiche.
Possiamo far scoprire a tutti la loro specifica capacità creativa. Per questo organizziamo stages di
due giorni aperti a tutti per aiutarli a scoprire le proprie capacità creative. Quando le persone
scoprono sul piano artistico le loro capacità diventa più facile applicare quelle capacità al loro
ambiente di lavoro: per esempio si diventa più creativi nell’usare o modificare un macchinario di
lavoro.
Cheli: Questo è molto interessante, perché non solo avete lavorato sulle relazioni - che già è un
aspetto innovativo, - ma addirittura sull’individuo. Avete svolto quella che viene oggi definita
un’attività di empowerment, di sviluppo del potenziale umano.
Boiron: Sì, è così.
Cheli: Sono molto colpito da questo suo modo di pensare e di agire: già il comprendere che la
relazione interpersonale è importante per l’azienda non è affatto scontato, ma intuire addirittura che
la creatività dell’individuo possa poi tradursi in un vantaggio per l’azienda è ancora più lontano
dagli schemi di pensiero dominanti.
Ci tengo a sottolineare questo aspetto perché lo ritengo davvero importante. Fra l’altro ho avuto
modo di visitare la sede italiana della sua azienda, in cui adesso ci troviamo, ed ho visto che non
solo l’arte viene stimolata per la creatività del personale, ma viene anche utilizzata in qualche modo
per migliorare l’ambiente, per permettere alle persone di lavorare in un ambiente più stimolante; un
ambiente arricchito da colori, e forme. Nella stanza dove ci troviamo ad esempio ci sono due dei
numerosissimi pezzi d’arte che sono sparsi ovunque, perfino nei corridoi e nei bagni. Non si può
non provare un po’ di bonaria invidia nei confronti di chi si trova a lavorare in un posto così
accattivante, accogliente, stimolante.
Mi congratulo dunque con lei dottor Boiron per le importanti iniziative che ha realizzato in materia
di benessere sul lavoro e qualità delle relazioni e la ringrazio per l’intervista che mi ha concesso.
Boiron: Grazie anche a lei e auguri per le sue attività di ricerca e divulgazione su questi importanti
temi.