un paio di mesi fa, quando ancora si poteva sperare

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un paio di mesi fa, quando ancora si poteva sperare
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PAC
GIULIA BASSANI [email protected]
NICOLÒ MAIOLI [email protected]
Teresa Sarti è la presidente di Emergency, nonché la moglie di Gino Strada, uno dei fondatori
di questa associazione umanitaria no-profit. Noi
di Nuvola l’abbiamo intervistata a San Giuliano
Milanese dove si trovava per un incontro pubblico
sul tema L’Italia fuori dalla guerra. Vi lasciamo
quindi alle sue idee su questo e altri argomenti.
Qual è, secondo lei, il vero motivo del conflitto
USA-Iraq?
Questo motivo purtroppo è il petrolio, il controllo
dei più grandi giacimenti di greggio esistenti al
mondo. Controllare l'Iraq significa quindi controllare le più ricche riserve esistenti, che servono
per poter mantenere il tenore di vita americano.
Tra l’altro l’Iraq
non fa parte
dell’OPEC, l’organizzazione economica che comprende una parte dei
Paesi produttori di
petrolio che ne
decidono e calmierano il prezzo.
Quindi possedere
questi giacimenti
significa poterne
stabilire a proprio
piacimento il costo.
Gli americani durante la guerra
del Golfo hanno avuto la possibilità di destituire
Saddam Hussein; secondo lei, per quale motivo
lo hanno lasciato al potere?
Ci tengo a precisare che non sono né un politico
UN PAIO DI MESI FA, QUANDO
ANCORA SI POTEVA SPERARE
NELLA PACE, NUVOLA HA
INCONTRATO TERESA SARTI
PRIMA DI UNA CONFERENZA
TENUTASI A SAN GIULIANO
SUL TEMA “L'ITALIA FUORI
DALLA GUERRA”.
né un’analista di geo-politica. So comunque,
come tutti, che l’America era preoccupata per il
dopo Saddam. Sposto però la domanda su un
argomento che conosco un po’ più da vicino.
Karzai, il cosiddetto presidente dell’Afghanistan,
è stato “messo” lì da un paese straniero, cioè
dagli Stati Uniti. È così “amato” dagli Afghani
che è circondato da marines, cioè le sue guardie
del corpo sono marines, credo che sia l’unico
caso di presidente al mondo che è costretto a
proteggersi con l’intervento di un paese straniero.
Lì infatti la guerra non è finita, le guerre interne
fra le fazioni rivali che da sempre si combattono
in Afghanistan continuano. Non ne parlano i
nostri giornali perché si ha interesse a dire che la
guerra in questo stato è finita, ma la democrazia
è un processo che si costruisce all’interno di un
Paese, per esempio aiutandolo a sviluppare
In questa pagina, Nicolò mentre intervista Teresa Sarti; nella pagina a fianco, Gino Strada
mentre “socializza” col pubblico. Tutte le foto di questo articolo sono state scattate da Giulia.
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l’istruzione, la sanità, le infrastrutture, non è una
cosa che si “importa” con un conflitto. Anche in
Iraq non vi sarà mai la pace. Non credo infatti
che gli Iracheni accetteranno un presidente
imposto da qualcun altro o, almeno, dicono
che non lo accetteranno. Per cui è un
processo non così veloce o non
così sicuro. Io sono tra quelli
che non credono che gli
americani se la caveranno
con una guerra veloce.
Come si sta muovendo
Emergency nei confronti
dell’imminente conflitto?
Si sta impegnando per
far uscire Europa e
Italia dalla guerra?
Noi crediamo che il primo
obiettivo sia fermare questa
g u e r r a , m a , p u r t ro p p o ,
pensiamo che questo conflitto
sia già stato deciso. Speriamo
almeno che l’Italia ne stia fuori, cioè
che non partecipi direttamente al massacro
di popolazioni inermi con il rischio di ritorsioni.
Fuori l’Italia, fuori l’Europa... purtroppo non ne
abbiamo la forza, in quanto Emergency è un’organizzazione molto piccola e molto giovane.
Però, per esempio, venti giorni fa abbiamo
avuto un incontro a New York con l’associazione
dei parenti delle vittime dell’11 settembre e
con loro stiamo lavorando, ed è una cosa che
mi fa piacere far sapere, per mandare avanti un
progetto di sostegno alle vedove Afghane. Il
fatto che i familiari delle vittime dell’11 settembre
sostengano una raccolta fondi a favore dei
morti durante i bombardamenti in Afghanistan,
è secondo me una cosa molto significativa. I
membri di questa associazione dovevano venire
in Italia per il 10 di dicembre, poi non potendo
venire ci hanno chiesto di divulgare
questo messaggio nelle piazze:
“pace, non vendetta” ed è
secondo me una frase
semplicissima ma commovente e fantastica.
È aumentata, in questo
frangente di guerra, la
sensibilità dell’opinione
pubblica nei confronti
di Emergency? Anche
dal punto di vista economico?
In questo periodo la sensibilità della gente è aumentata
moltissimo. Un esempio sono
le fiaccolate per la pace avvenute
martedì 10 dicembre in 270 città
d’Italia, piccole, medie e grandi. Io credo
sia stato un fenomeno assolutamente nuovo,
una cosa veramente straordinaria e non credo
sia mai avvenuta prima. Il supporto economico
c’è ancora, e c’è in grossa misura. Un anno fa io
non lo avrei detto, perché noi abbiamo sempre
manifestato il nostro no alla guerra, e nell’ultimo
anno lo abbiamo dichiarato in maniera ancora
più forte. Molti, allora, ci hanno detto che non
ci avrebbero più sostenuto, per cui io ho veramente creduto che questo significasse un
danno per i nostri ospedali. Fortunatamente
Gino Strada è stato in Italia in questi ultimi due mesi perché doveva dare il suo contributo a questo
dire no alla guerra e adesso ritornerà in Afghanistan per continuare il suo lavoro come chirurgo.
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questo non è successo, anche se ci sono stati
molti attacchi pesanti a Emergency, e in particolare
a Gino Strada, che da un anno viene attaccato da
alcuni giornali quasi quotidianamente. Oltre al
sostegno economico sentiamo soprattutto tanta
consonanza con quello che diciamo e anche
tanto affetto, e questo per noi è fondamentale,
quello che ci fa andare
avanti in questa fatica
è proprio sentire intorno
l’affetto della gente.
Oltre al conflitto in
Iraq vi state impegnando su altri fronti?
Noi siamo presenti
con undici centri tra
cliniche e posti di
primo soccorso in
Afghanistan, abbiamo
due ospedali e due
centri protesi riabilitazioni nel nord
dell'Iraq, un ospedale in Cambogia
e uno in Sierra
Leone, più altri
centri di primo
soccorso o cliniche di base nelle
zone più minate.
In Sierra Leone abbiamo cominciato a
costruire l’ospedale, quando c’era ancora la
guerra tra i ribelli del RUF e i governativi (la
guerra dei bambini soldato). Per fortuna la guerra
da qualche mese tace e allora abbiamo trasfor-
mato l’ospedale in un ospedale generale, e poi
abbiamo aperto una clinica per la pediatria.
Comunque in tutti questi Paesi è in corso una
guerra endemica, ovvero anche se la guerra tace
il problema non è risolto. E poi c’è questo
drammatico nemico, questo drammatico conflitto che non smette mai: la guerra contro 110
milioni di mine antiuomo. Infatti molti pazienti
dei nostri ospedali sono vittime
delle mine, mine
che non sanno
quando la guerra
è finita o quando
c'è la tregua, non
s a n n o d i e s s e re
state messe al
bando.
Quali sono gli obiettivi di Emergency?
Nel nostro statuto
abbiamo due fini
ugualmente importanti: la cura delle vittime civili della guerra
e la diffusione di una
cultura di pace, fini
che perseguiamo giorno per giorno. Ad
esempio Gino Strada è
stato in Italia in questi
ultimi due mesi perché
doveva dare il suo contributo a questo dire no alla guerra e adesso
ritornerà direttamente in Afghanistan per
continuare il suo lavoro come chirurgo.
”Nel nostro statuto abbiamo due fini ugualmente importanti, la cura delle vittime civili della
guerra e la diffusione di una cultura di pace, che è quello che stiamo facendo giorno per giorno”.