Chi comanda veramente: banche centrali o banche private?

Transcript

Chi comanda veramente: banche centrali o banche private?
Chi comanda veramente: banche
centrali o banche private?
Chi comanda veramente: banche centrali o banche private?
Thomas Fazi
Il progressivo scollamento tra credito e massa monetaria è, secondo molti economisti, una delle
cause principali della Grande Crisi
Oggigiorno è molto diffusa l’idea secondo cui le banche centrali sarebbero più potenti che mai.
Neil Irwin, autore del libro
The Alchemists: Three Central Bankers and a World on Fire, rispecchia il sentimento di molti
quando descrive i governatori della Federal Reserve, della Bce e della Banca d’Inghilterra come
“i tre uomini più potenti del mondo”. Allo stesso modo Mario Draghi viene spesso descritto come
“l’uomo più potente d’Europa”. Ma è veramente così? È innegabile che chi controlla le leve
della politica monetaria dispone di un potere enorme (di gran lunga superiore a quella di
qualunque politico): nientedimeno che il potere di creare denaro dal nulla. È un potere tale che
nell’immaginario comune esso trascende i confini della comune realtà per sfiorare quelli della
magia, titillando le nostre fantasie (o paure) più recondite; non a caso Irwin chiama i sopracitati
tre banchieri centrali “gli alchimisti”. In effetti, chi dispone di una tale facoltà – quella appunto di
creare denaro in un soffio – parrebbe avere nelle sue mani il potere di decidere il destino di intere
economie. Se così fosse, i nostri banchieri centrali starebbero facendo veramente un pessimo
lavoro: a rigor di logica, a loro dovremmo imputare sia la devastante crisi del 2008 che la
debolissima ripresa post-crisi.
E infatti, anche oggi – come negli anni trenta – molti economisti di tradizione liberista imputano la
crisi finanziaria alle politiche “troppo espansive” perseguite dalla Federal Reserve (e, secondo
alcuni, anche dalla Bce) negli anni precedenti alla crisi del 2000. Secondo questa tesi, le banche
centrali avrebbero deliberatamente tenuto i tassi di interesse più bassi del dovuto per promuovere
la crescita economica e l’occupazione (come se questa fosse una cosa sbagliata, se anche
fosse vero), trascurando l’inflazione degli
asset finanziari e contribuendo così alle varie bolle immobiliari negli Usa e in Europa. Oggi come
ieri, però, questi economisti hanno torto, anche se non per i motivi che uno potrebbe credere. Le
ragioni sono in parte ideologiche, nel senso che gli economisti della scuola liberista-monetarista
considerano negativo (a torto) qualunque intervento dello stato in economia. Ma perlopiù sono
concettuali, nel senso che le loro teorie si basano su una visione fallace della moneta, e in
particolare del rapporto tra politica monetaria e credito.
Le banche centrali, infatti, non sono le uniche istituzioni che possono creare denaro dal nulla. Lo
stesso – e in misura molto maggiore – fanno le banche private. Molta gente, quando pensa al
denaro che è in circolazione, pensa alle monete e alle banconote che ha nel portafoglio. Ed è
comprensibile, visto che l’unico rapporto concreto che abbiamo col denaro lo abbiamo attraverso
il contante. Ma oggi il contante – che solo le banche centrali hanno il diritto di creare “dal nulla”
– rappresenta una piccolissima frazione del denaro in circolazione. Un’altra piccola parte è
rappresentata dalle riserve che le banche commerciali tengono in dei conti speciali presso le
banche centrali, e che usano per effettuare pagamenti tra una banca e l’altra. Le riserve, come il
contante, possono essere create (sempre “dal nulla”) solo dalle banche centrali. Il resto –
sarebbe a dire, la stragrande maggioranza – del denaro in circolazione è rappresentato dal
credito bancario (o moneta bancaria). Nell’eurozona, ad esempio, quest’ultimo costituisce il 91
per cento di tutta la massa monetaria.
Fin qui non abbiamo detto nulla di particolarmente controverso. Quando parliamo del rapporto
Documento esportato da www.sbilanciamoci.info
1 di 3
che intercorre tra base monetaria e moneta bancaria – e tra depositi e prestiti –, però, le cose
cominciano a farsi interessanti. In ambito
mainstream è convinzione comune che le masse monetarie siano controllate dalla banca
centrale. Secondo la “teoria quantitativa della moneta” – o “teoria della riserva frazionaria” –
la sequenza è la seguente: le banche centrali possono stampare denaro e con esso comprare
titoli, privati o pubblici, dando così alle banche commerciali, o allo Stato, nuova moneta. Inoltre,
agendo sulle riserve obbligatorie delle banche, possono variare la capacità degli istituti di credito
di concedere prestiti, controllando così l’emissione della moneta bancaria, attraverso quello che
viene chiamato “moltiplicatore monetario”. In sostanza, secondo la teoria quantitativa della
moneta, i depositi precedono i prestiti, e le banche non sono altro che un intermediario tra i
risparmiatori che depositano denaro e coloro che chiedono i prestiti.
Nel mondo reale, però, la creazione di moneta bancaria segue un processo diametralmente
inverso a quello sopraelencato: sono infatti i prestiti a creare la moneta e non viceversa. E le
banche commerciali da dove ottengono la moneta per i prestiti? Per quanto possa suonare strano
alle orecchie di molti, la risposta è che, a livello aggregato, la creano “dal nulla” (proprio come le
banche centrali); si limitano cioè a battere dei tasti al computer, e così facendo fanno
“apparire” dei soldi (che prima non esistevano) sul conto corrente di un individuo o di
un’impresa, incrementando lo stock di
broad money. Pertanto, a differenza di quanto comunemente si crede, sono i prestiti a creare i
depositi e non viceversa. Le banche non sono perciò un intermediario tra i risparmiatori che
depositano denaro e coloro che chiedono i prestiti, e dunque non sono vincolate nel concedere
prestiti dall’ammontare del denaro precedentemente depositato o dalle riserve depositate presso
la banca centrale.
Ovviamente questo ha implicazioni enormi per la politica monetaria, poiché implica che le
banche centrali non sono in grado di controllare
direttamente la quantità di moneta che viene immessa nell’economia, che dipende invece dal
rapporto domanda-offerta tra le banche e chi richiede i prestiti, ma possono solo influenzarlo
indirettamente (in teoria) attraverso la modifica del tasso di interesse al quale rifinanziano le
banche con la moneta legale, che a sua volta dovrebbe influire su quello effettivamente applicato
dalle banche ai clienti (aumentando o riducendo la domanda).
La verità, però, è che anche questa cinghia di trasmissione è ormai saltata. A partire dagli anni
settanta, infatti, si è verificato un progressivo scollamento tra credito e massa monetaria, e
dunque tra credito e politica monetaria: in poche parole il credito – già “endogeno” di suo, come
abbiamo visto –, libero dai vincoli regolatori imposti nel dopoguerra e moltiplicato potenzialmente
ad infinitum dall’introduzione di complessi strumenti finanziari come la cartolarizzazione, ha
cominciato ad acquistare un’autonomia sempre maggiore dalla politica monetaria delle banche
centrali.
Secondo un numero crescente di esperti, è questa la vera causa della crisi finanziaria del 2008 –
e non la politica di “soldi facili” delle banche centrali. Come ha dichiarato di recente senza troppi
giri di parole Adair Turner, membro del Financial Policy Committee, l’organismo di vigilanza
finanziaria britannico: “La crisi finanziaria è accaduta perché non abbiamo limitato il sistema di
creazione del credito e della moneta della finanza privata”.
Leggi l’articolo intero in pdf:
banche_centrali_sbilinfo
Sì
Documento esportato da www.sbilanciamoci.info
2 di 3
Documento esportato da www.sbilanciamoci.info
3 di 3