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n° 297 - novembre 2000
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Direttore Responsabile Lucia Aleotti - Redazione, corrispondenza: «Minuti» Via Sette Santi n.1 - 50131 Firenze - www.fondazione-menarini.it
“l’oriuolo” di Brunelleschi a Scarperia
Si sa che Filippo Brunelleschi, nell’anno più
fertile della sua attività
inventiva e produttiva,
si dedicò anche alla realizzazione di orologi.
Ce ne rendono esplicita
testimonianza sia Antonio Manetti nella sua
“Vita di Filippo di Ser
Brunellesco” (sec. XV)
che Giorgio Vasari nella
“Vita di Filippo Brunelleschi scultore e architetto” (1565 e 1568).
Scrisse infatti in proposito il Manetti: «…andossene a Roma… E veduto le gran cose e difficili che erano intra esse,
che pure si vedevano
fatte, non gli venne
meno pensiero d’intendere e modi che coloro
avevano tenuti e con che
strumenti. Ed essendosi
dilettato nel passato e
fatto alcuno oriuolo e
destatoio, dove sono varie e diverse generazioni
di modi e da varie multitudini d’ingegni multiplicate, che tutte o la
maggior parte aveva vedute, gli dettono grandissimo aiuto al potere
immaginare diverse
macchine e da portare
e da levare e da tirare,
secondo le opportunità
ch’egli aveva veduto che
erano state di bisogno:
e facevano memoria e
non faceva, secondo che
gli parevano e bisogni».
E il Vasari, sempre in
riferimento a Filippo
Brunelleschi: «…laonde, avendo preso pratica con certe persone
studiose, cominciò a entrare colla fantasia nelle
cose de’ tempi e de’
moti, de’ pesi delle ruote,
come si posson far girare e da che si muovono, e così lavorò di
sua mano alcuni oriuoli
bonissimi e bellissimi».
E se le due preziose notizie avevano dato nel
tempo origine a varie
congetture sulle opere
di orologeria brunelleschiana, non avevano
però mai potuto conseguire alcuna conferma
sulla reale costituzione
di questi “oriuoli bonissimi e bellissimi” e
sulla loro possibile destinazione e finale ubicazione, insieme alle circostanze della loro sorte,
scomparsa o dispersione,
per una totale mancanza
di affidabili indizi e informazioni.
Una preziosa e sorprendente notizia in merito
a questi stessi “oriuoli”,
è stata comunicata e
pubblicata su ‘Critica
d’Arte da Mario Fondelli (nel n. 7 della
Nuova Serie della rivista) che ha scoperto tra
le carte dell’Archivio di
Stato di Firenze nell’ambito di una sistematica
ricerca storica intorno
alla figura e alle opere
del Brunelleschi condotta da lui per verificare l’affidabilità di alcune notizie riferiteci
dalla tradizione che gli
ha consentito di precisare anche altre varie vicende relative al testamento e alla sorte dell’eredità brunelleschiana.
Morto a Firenze il 15
aprile del 1446, nella
notte fra il venerdì e il
sabato santo, Filippo
aveva lasciato erede “in
tucto” il suo discepolo
Andrea di Lazzaro Cavalcanti da Borgo a Buggiano.
Alla pubblicazione del
testamento, avvenuta il
29 maggio 1446, vennero però sollevate alcune legittime perplessità sulla sua affidabilità, considerato il lungo
intervallo di tempo trascorso dalla data della
sua redazione, risalente
appunto al lontano 23
settembre 1431, e vennero disposti in proposito opportuni accertamenti, avvenuti in seguito mediante specifici bandi in città, nel
contado e nel distretto.
Ma il giorno 8 novembre del 1446, conclusi
questi accertamenti, il
Buggiano venne riconosciuto erede di Filippo Brunelleschi e,
entrato nei suoi pieni
diritti ereditari, dette
poi anche avvio al recupero oltre che dei beni
anche dei crediti annotati nei documenti rimasti nelle sue mani.
Tra questi c’era un credito di ben 12 fiorini
d’oro da parte della Comunità di Scarperia,
per la fornitura da parte
del Brunelleschi dell’orologio installato sulla
Torre del Palazzo del
Vicariato: egli ne sollecitò il pagamento e,
in assenza di riscontro
presentò formale istanza
al Tribunale della Mercantia di Firenze per ottenere la relativa legittima riscossione, come
testimoniano gli atti
Il Palazzo dei Vicari di Scarperia all’inizio del XX
secolo, con sulla torre l’impronta della precedente
antica mostra dell’orologio pubblico
L’antico oriuolo di Filippo di ser BrunellescoLippi
dopo la sua dismissione dalla Torre del Palazzo dei
Vicari
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conservati e ora ritrovati nell’Archivio di
Stato di Firenze.
Il procedimento legale
civile, iniziato il 1° agosto del 1447, si concluse
il 17 febbraio del ’48
con una sentenza che
dichiarava assolvibile il
restante debito con Andrea di Lazzaro erede
del Brunelleschi, risultando ammissibile il suo
subentro per quanto
concerneva l’“oriuolo”
del Palazzo Pretorio di
Scarperia.
E sempre Mario Fondelli ha compiuto una
ulteriore ricerca storica
nell’Archivio Preunitario del Comune di
Scarperia riuscendo così
a documentare molte
notizie sulle tormentate
vicende dell’orologio
nel corso dei secoli successivi: informazioni
utilissime per valutare
l’entità e il significato
delle riparazioni e modificazioni intervenute
nel tempo sulla macchina al fine di conservare intatta la relativa
funzionalità.
Tutto questo percorso
fino ai nostri tempi lo
si può leggere, come si
è detto, nella Critica
d’Arte citata e, ora, anche in un volumetto a
cura dell’Università Internazionale dell’Arte
di Firenze e stampato
dalla Casa Editrice Le
Lettere nel quale Mario
Fondelli pubblica una
più estesa trascrizione
dei documenti ritrovati,
corredata da immagini
e dettagli dei ruotismi
superstiti dell’antico
orologio, studiato anche in rapporto a tutta
una nuova serie di documenti e notizie ine-
dite dell’arte dell’orologeria a Firenze, cui si
aggiungono e collegano
nuovi studi e inedite
precisazioni sull’Orologio dipinto da Paolo
Uccello del Duomo fiorentino.
«Oggi l’antico “oriuolo”
– scrive Fondelli – non
è più sulla Torre del Palazzo di Scarperia poiché da tempo è stato dismesso e rimosso dalla
sua sede secolare per dar
spazio a un moderno
orologio, più preciso nel
segnare e battere il
tempo.
Dopo aver servito per
oltre cinque secoli, e
cioè per oltre un mezzo
millennio resistendo all’usura del tempo, alle
intemperie e agli attacchi dei terremoti del
Mugello, l’oriuolo che
ha segnato i momenti
più felici e meno felici
della vita di almeno
venti generazioni
umane, aveva finito per
trovare ormai anonimo
riposo, in sordina e senza
gloria, prima all’aperto
nel cortile del palazzo
medesimo, e poi al coperto in un dimenticato
deposito comunale.
L’oriuolo di Filippo di
ser Brunellesco è ormai
ridotto allo stato di un
rudere, privato di gran
parte dei suoi organi e
accessori essenziali, destinato all’oblio e alla
progressiva demolizione».
Ma è ora stato riconosciuto e salvato proprio
dal suo rinvenimento
da parte di Mario Fondelli che così ha consegnato alla conservazione
e alla nostra storia questo importante reperto,
dal settembre di que-
Vista d’assieme del rudere dell’oriuolo
st’anno esposto in una
sala a lui riservata e con
pannelli esplicativi nel
Palazzo Vicariale di Scarperia, la cui torre nella
tradizione popolare, veniva spesso indicata, almeno dalle ultime generazioni scomparse
come la Torre del Brunelleschi.
E il ritrovamento dell’orologio consente anche di avere un sicuro
riscontro alla presenza
del Brunelleschi in Scarperia all’epoca dei lavori per il Palazzo.
Circostanza, questa, che
rende quindi molto probabile anche un suo diretto intervento nell’edificazione effettiva della
stessa Torre e dei presidi posti allora in opera
a difesa dello stesso castello.
umberto baldini