Stralcio volume

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Stralcio volume
I
Gli istituti generali dell’esecuzione forzata
1. L’esecuzione forzata e le sue forme nei codici civile e di procedura civile. (Espropriazione forzata ed esecuzione in forma specifica. – Nozione della “esecuzione forzata”. – Presupposti dell’esecuzione forzata. – Oggetto dell’esecuzione forzata. – Stabilità dei risultati
dell’esecuzione forzata.) – 2. Fonti generali dell’esecuzione forzata. (L’art. 2929 bis c.c.,
introdotto con la decretazione d’urgenza del 2015.). – L’art. 2932 c.c. e l’esecuzione in
forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto. – Il fenomeno è un unicum nella
nostra esperienza giuridica. – Esecuzione a mezzo di sentenza costitutiva. – Rapporti tra
l’art. 2932 c.c. e l’art. 282 c.p.c. – Orientamenti giurisprudenziali. – Le più recenti riforme
che hanno inciso sui processi di esecuzione forzata. – Una produzione normativa esplosa a
partire dal 2005.) – 3. La natura giurisdizionale dei processi di esecuzione forzata; il diritto all’esecuzione come aspetto essenziale del diritto alla tutela giurisdizionale (art. 24,
comma 1, Cost.). (Carattere pienamente giurisdizionale dell’esecuzione forzata. – Giurisdizione esecutiva “condizionata”. – Princìpi elaborati dalla giurisprudenza costituzionale.) –
4. L’esecuzione “indiretta” o misure coercitive: astreintes e penalità di mora. L’art. 614 bis
c.p.c. introdotto dalla legge n. 69/2009. (Precedenti tentativi di riforma. – La situazione
anteriore all’introduzione dell’art. 614 bis c.p.c. – Il nostro sistema ha conosciuto soltanto
ipotesi di astreinte “secca”, ovvero in unica fase. – Limitazione al facere infungibile. –
Aspetti problematici. – L’intervento del legislatore del 2009. – L’astreinte come titolo esecutivo. – Ruolo dell’opposizione all’esecuzione. – Potere discrezionale del giudice. – Astreinte contestuale al provvedimento condannatorio. – Limiti dell’intervento del legislatore del
2009. – Importanza della rubrica e della collocazione topografica della norma. – Argomenti deducibili dall’art. 639 c.p.c. – Cautela della dottrina nei riguardi dell’istituto. –
Astreinte tra cognizione ed esecuzione. – Astreinte e art. 2932 c.c. – Infungibilità di tipo
processuale? – Prospettive di riforma; l’intervento del legislatore del 2015 con decretazione d’urgenza.) – 5. L’applicazione nei processi di esecuzione forzata dei princìpi generali
del processo civile: i) il principio della domanda (e della corrispondenza tra chiesto e pronunciato). (Frammentazione della domanda esecutiva. – ii) il principio del contraddittorio. –
Contraddittorio e fasi dell’esecuzione. – Nell’esecuzione in forma specifica. – Contraddittorio e opposizioni esecutive. – iii) il «giusto processo esecutivo» anche alla luce dell’art.
111 Cost.). – 6. Cognizione ed esecuzione (con cenni al giudizio di ottemperanza dinanzi
al giudice amministrativo). (L’ottemperanza amministrativa come giudizio “misto” di esecuzione e cognizione.) – 7. L’ufficio esecutivo: il giudice dell’esecuzione, il cancelliere e
l’ufficiale giudiziario quale organo dell’esecuzione. – 8. I soggetti del processo esecutivo:
i) le parti necessarie: esecutato e «procedente» o «istante». (ii) le parti eventuali: interventori muniti e sforniti di titolo esecutivo. – iii) le varie figure di «terzo» nell’espropriazione
forzata. – iv) i fenomeni successori ex art. 111 c.p.c.: dal lato passivo … – v) … e dal lato
attivo.) – 9. La tecnica per la realizzazione del principio di par condicio creditorum nel co-
2
dice del 1865, in quello del 1942 e nelle riforme processuali del 2005. (Prelazioni processuali nell’espropriazione. – L’espropriazione realizza diritti “certi”. – Creditori sforniti di titolo esecutivo. – Il codice del 1865 e quello vigente. – Art. 2741 c.c.: diverse tecniche di
attuazione. – Il nuovo art. 499 c.p.c. introdotto nel 2005. – L’art. 2812, comma 2, c.c. –
L’art. 511 c.p.c.) – 10. La competenza per l’esecuzione e il rilievo dell’incompetenza. (Rilievo dell’incompetenza. – Orientamenti giurisprudenziali. – Specificità dell’incompetenza
nel processo esecutivo. – L’art. 50 c.p.c.) – 11. Le invalidità degli atti esecutivi e il principio di tendenziale stabilizzazione; il processo esecutivo e la sua struttura articolata per
«fasi» distinte. (Orientamenti della giurisprudenza. – Espropriazione senza titolo esecutivo.
– Nostre osservazioni. – Struttura del processo esecutivo.) – 12. La regola per la quale il
titolo esecutivo deve sussistere all’inizio e durante l’intero corso dell’esecuzione e le sue
interferenze con le vicende del titolo giudiziale, da un lato, e con l’opposizione all’esecuzione, dall’altro lato. La sentenza delle Sezioni Unite n. 61/2014 e la sopravvivenza del processo esecutivo in caso di “venir meno” del titolo del creditore procedente, allorché l’esecuzione possa essere proseguita da creditori intervenuti muniti di titolo. (Successione o trasformazione del titolo esecutivo. – Successione dei titoli e continuità dell’esecuzione. – Il titolo che sorregge l’esecuzione può essere diverso da quello con cui essa aveva avuto inizio. – Effetto espansivo esterno. – L’effetto espansivo esterno deve essere interpretato in modo coerente con le norme che disciplinano il concorso dei creditori. –
Efficacia della sentenza di accoglimento dell’opposizione all’esecuzione. – Inibitoria a che
l’esecuzione forzata prosegua? – Altre opinioni. – L’art. 627 c.p.c. e una recente sentenza
della Cassazione. – La sentenza delle Sezioni Unite n. 61/2014. – Titolo esecutivo come
fondamento di legittimità dell’esecuzione. – Revoca e riforma del titolo giudiziale. –
L’esecuzione è retta da qualsiasi titolo presente nel processo. – Ricadute sulle norme dell’esecuzione forzata. – Considerazioni finali.) – 13. L’esecuzione provvisoria della sentenza di primo grado e i problemi applicativi dell’art. 282 c.p.c. con particolare riferimento
alla giurisprudenza della Corte di Cassazione. (Art. 282 c.p.c. e art. 474 c.p.c. – Ancora
sull’art. 2932 c.c. – Il caso della revoca del decreto di trasferimento nell’espropriazione immobiliare. – Capi condannatori accessori e revocatoria fallimentare. – La condanna implicita. – Art. 627 c.p.c. ed esecuzione provvisoria della sentenza. – Altri casi di applicazione
dell’art. 282 c.p.c. nella giurisprudenza di legittimità. – La sentenza delle Sezioni Unite n.
10027/2012. – Considerazioni riassuntive sull’art. 282 c.p.c. – Nostre valutazioni.).
1. L’esecuzione forzata e le sue forme nei
codici civile e di
procedura civile
I processi di esecuzione forzata regolati nel Libro III del c.p.c.
sono volti a realizzare:
(i) diritti di credito a mezzo dell’espropriazione forzata, in virtù
della quale beni particolari del debitore, formanti l’oggetto della
garanzia patrimoniale generica (art. 2740 c.c.) dei creditori in paritario concorso tra loro (art. 2741 c.c., che fa salve le cause legittime di prelazione), sono liquidati in danaro «secondo le regole stabilite dal codice di procedura civile»
(art. 2910, comma 1, c.c.), così come potranno essere liquidati in danaro beni
di un terzo, perché vincolati a garanzia del credito o perché oggetto di un atto
revocato in quanto compiuto in pregiudizio del creditore (artt. 2910, comma 2,
c.c. e 602 c.p.c.);
3
(ii) diritti volti a ottenere la consegna di un bene mobile determinato ovvero
il rilascio di un bene immobile determinato (art. 2930 c.c.: esecuzione forzata
per consegna o rilascio);
(iii) diritti volti a ottenere la realizzazione di un obbligo di fare fungibile, a
spese dell’obbligato che non vi abbia spontaneamente provveduto (art. 2931
c.c.: esecuzione forzata degli obblighi di fare);
(iv) diritti volti a ottenere la distruzione di un’opera eseguita in violazione di
un obbligo di non fare (art. 2933 c.c.: esecuzione forzata degli obblighi di non fare, o disfare).
Ancorché la terminologia non derivi dal codice di rito, con riEspropriazione forzata ed esecuzione in
ferimento ai processi esecutivi diversi dall’espropriazione forzata si
forma specifica
parla comunemente di esecuzione “diretta” o in forma specifica 1: è
infatti il codice civile a utilizzare tale lezione – sez. II del capo II del titolo IV
del Libro VI – raccogliendo sotto un comun denominatore gli artt. da 2930 a
2933; come infra si dirà con maggior dettaglio – n. 2 – discorso a parte va svolto in relazione a quella singolare forma di «esecuzione forzata» che è l’esecuzione
specifica dell’obbligo di concludere un contratto: art. 2932 c.c. Coerentemente, va
escluso (cap. VII, n. 1) che l’esecuzione forzata relativa a diritti di credito possa
aver luogo in una forma «specifica» o “diretta” 2, in forme cioè diverse dall’espropriazione forzata che garantisce il rispetto della par condicio creditorum; ciò
spiega la ragione per cui, nella disciplina del procedimento cautelare uniforme,
è espressamente previsto che l’esecuzione-attuazione dei provvedimenti cautelari
recanti condanna al pagamento di somme «avviene nelle forme degli artt. 491 e
seguenti in quanto compatibili» (art. 669 duodecies c.p.c.) e non con forme “alternative” di apprensione diretta in violazione della par condicio creditorum.
È praticamente impossibile, attesa l’eterogeneità degli interessi
protetti e delle forme predisposte per quella protezione, dare una
nozione unitaria dell’«esecuzione forzata» intesa quale fenomeno
1
Nozione della
“esecuzione forzata”
L. MONTESANO, voce Esecuzione specifica, in Enc. dir., XV, Milano, 1966, 524 ss.; ID., La
tutela giurisdizionale dei diritti, in Trattato di diritto civile italiano, fondato da F. Vassalli, vol.
XIV, tomo 4, Torino, 1985, spec. 176 ss.; F.P. LUISO, voce Esecuzione forzata. II) Esecuzione forzata in forma specifica, in Enc. giur. Treccani, XIII, Roma, 1989.
2
F. TOMMASEO, Sull’attuazione dei diritti di credito nell’esecuzione in forma specifica, in Studi
in onore di Enrico Tullio Liebman, III, Milano, 1979, 2421 ss.; G. VERDE, L’attuazione della tutela d’urgenza, in Riv. dir. proc., 1985, 725 ss.; G. MONTELEONE, Riflessioni sulla tutela esecutiva
dei diritti di credito, ivi, 2257 ss., e da ultimo in Manuale di diritto processuale civile, II, 5a ed.,
Padova, 2009, 72 ss.; e, se vuoi, B. CAPPONI, Sull’esecuzione-attuazione dei provvedimenti d’urgenza per condanna al pagamento di somme, in Riv. dir. proc., 1989, 88 ss., nonché in Studi sul
processo di espropriazione forzata, Torino, 1999, 363 ss. Da ultimo, anche per più recenti riferimenti, E. ZUCCONI GALLI FONSECA, Attualità del titolo esecutivo, in Riv. trim. dir. proc. civ.,
2010, 67 ss.
4
sostanziale 3; più utile è rilevare che detta locuzione «designa – quale sua meta,
mentre il processo esecutivo è in corso; quale suo risultato, a processo esecutivo
concluso – i mutamenti nella realtà, ora (e per lo più) giuridici ora materiali,
attraverso i quali l’ordinamento fa sì che il creditore consegua ciò che gli è dovuto prescindendo dalla cooperazione del soggetto obbligato» 4; analizzando tale
espressione nel dettaglio, si può riscontrare che quel «qualcosa» è a volte un bene determinato (un bene mobile o immobile), a volte una determinata attività a
contenuto materiale (un facere fungibile ovvero un non fare o un disfare), a volte una determinata attività a contenuto squisitamente giuridico (consenso alla
stipula del contratto definitivo: art. 2932 c.c.), altre volte è la prestazione economica il cui oggetto è fungibile per eccellenza: il pagamento di una somma di
danaro. Alla prestazione in teoria più semplice, proprio perché fungibile, corrisponde il processo esecutivo più articolato e complesso (esecuzione forzata per
espropriazione), perché esso è di necessità il risultato di una serie di attività materiali e giuridiche che debbono essere realizzate, in successione coerente, da
soggetti processuali diversi: v’è infatti l’esigenza di vincolare beni determinati
alle finalità esecutive; di conservarli ed eventualmente amministrarli nell’interesse dei creditori aventi diritto alla soddisfazione; di liquidarli in danaro a mezzo della vendita forzata; di distribuire la somma ricavata ai creditori nel rispetto
dei loro concorrenti diritti e delle legittime cause di prelazione (talune delle
quali potranno avere, come vedremo, origine anche processuale e non soltanto
sostanziale, come sembra imporre l’art. 2741 c.c.: infra, n. 11).
Nell’espropriazione presso terzi – e recenti riforme hanno mostrato la delicatezza del tema: cap. III, n. 4 – c’è l’esigenza di identificare con esattezza il credito oggetto dell’esecuzione, che nell’ipotesi normale (assegnazione) passerà nella
titolarità del creditore procedente (il quale potrà così esigere la prestazione direttamente dal terzo debitor debitoris).
Alla realizzazione di tutte le attività dell’«esecuzione forzata», a contenuto tipico (e la tipicità costituisce a volte il limite intrinseco della tutela: si pensi
all’irrisolto problema della forzata consegna del minore conteso nel conflitto
familiare 5), si provvede mediante un processo giurisdizionale diretto da un giudice (il giudice dell’esecuzione: art. 484 c.p.c.) addetto al tribunale civile ordinario la cui competenza è fissata, inderogabilmente (art. 28 c.p.c.), dall’art. 26
c.p.c., al quale la riforma del 2014 ha aggiunto l’art. 26 bis quanto all’espropriazione presso terzi (foro dell’esecuzione forzata). Altre norme del codice individuano
3
S. PUGLIATTI, Esecuzione forzata e diritto sostanziale, Napoli, 1935 (rist. anast. 1980); C.
MANDRIOLI, L’azione esecutiva, Milano, 1955; G. LASERRA, La responsabilità patrimoniale, Napoli, 1966; R. NICOLÒ, La tutela dei diritti, in Comm. al cod. civ., diretto da Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1957; L. MONTESANO, La tutela giurisdizionale dei diritti, in Trattato di diritto civile italiano, fondato da F. Vassalli, vol. XIV, tomo 4, Torino, 1985.
4
R. VACCARELLA, Esecuzione forzata, in Riv. esec. forz., 2007, 1 ss.
5
V. la monografia di M. FORNACIARI, L’attuazione dell’obbligo di consegna di minori, Milano,
1991.
5
la competenza, in sede di cognizione, quanto alle opposizioni esecutive (artt. 17 e
27 c.p.c.), che il legislatore ha concepito come incidenti cognitivi «esterni» rispetto
all’esecuzione in corso (infra, cap. VIII). In materia esecutiva, nessun altro giudice
di primo grado ha competenza, né vi può essere deroga convenzionale a favore di
arbitri (l’esecuzione forzata, quindi, non è materia compromettibile a norma
dell’art. 806 c.p.c.). I processi esecutivi sono tutti di unico grado: o, se si preferisce,
essi si concludono tutti con provvedimenti, in forma di ordinanza, che non sono,
a imitazione della sentenza che chiude il processo dichiarativo, assoggettabili a impugnazioni diverse e ulteriori rispetto ai rimedi interni all’esecuzione.
Molti esprimono la peculiarità dell’esecuzione forzata affermando che essa si
realizza attraverso un «processo» che non è un «giudizio» (o, almeno, un «giudizio» omologo a quello che ha luogo nel processo dichiarativo 6), allo scopo di sottolineare il contenuto «attuativo» e «pratico» delle attività volta per volta rimesse
al giudice dell’esecuzione; ma l’esperienza soprattutto dei processi espropriativi ha
dimostrato che spesso l’esecuzione è un groviglio indistinguibile di attività cognitiva e esecutiva 7, ove i provvedimenti «esecutivi» adottati dal giudice dell’esecuzione hanno quale presupposto, spesso inespresso e tuttavia evidente 8, un’attività
preparatoria «cognitiva» che appare del tutto negletta dal codice (infra, n. 8).
Come si vedrà nei luoghi opportuni, la riforma dell’art. 512 c.p.c., realizzata nel
2005, ha posto sulla scena un g.e. che non si limita a eseguire, ma conosce allo scopo di eseguire. L’esecuzione può essere un luogo in cui i diritti si accertano, sia pure
ai soli fini esecutivi; e questo rilievo, acquisito in particolare per la distribuzione forzata, ha poi consentito la trasfigurazione dell’espropriazione presso terzi (grazie a un
confuso processo riformatore iniziato nel 2012 e conclusosi nel 2015) con l’eliminazione del giudizio di accertamento dell’obbligo (possiamo ben dire che il terzo
debitor debitoris è stato “trascinato” di peso nell’esecuzione, diventandone impropriamente una parte: v. ancora infra, cap. III, n. 4). In conseguenza, l’opposizione
ex art. 617 c.p.c. vede sempre più sfumare le ragioni di distinzione con le opposizioni “di merito”, che appunto ne costituivano la specificità, divenendo un rimedio
di chiusura in cui è possibile conoscere (anche) il fondo delle questioni che si agitano nell’esecuzione forzata (sia pure con effetti interni alla stessa esecuzione).
L’esecuzione forzata, nelle sue varie forme, può aver luogo soltanto a istanza di chi sia in possesso di un titolo esecutivo (art. 474
c.p.c.), e soltanto previa intimazione a adempiere (art. 480 c.p.c.:
Presupposti dell’esecuzione forzata
6
V. ad es., da ultimo, F. TOMMASEO, L’esecuzione forzata, Padova, 2009, 4 ss., che costruisce
l’azione di cognizione come diritto ad un giudizio di merito e l’azione esecutiva come diritto, a
contenuto squisitamente processuale, all’attuazione coattiva dei diritti soggettivi identificati per
tali dal titolo esecutivo.
7
In questi esatti termini R. VACCARELLA, Sui rimedi esperibili dal terzo contro l’ordinanza di
assegnazione, in Giust. civ., 1990, I, 1081 ss.
8
R. ORIANI, L’opposizione agli atti esecutivi, Napoli, 1987, passim.
6
atto di precetto). Nella sola espropriazione forzata, in casi affatto particolari (art.
502 c.p.c., riferito ai beni mobili dati in pegno o soggetti ad ipoteca), gli atti
dell’esecuzione possono prescindere dal compimento dell’attività iniziale: la vendita può così non essere preceduta dal pignoramento (in quanto sul bene già insiste un vincolo di destinazione alle finalità esecutive) 9. Nell’esecuzione-attuazione
del provvedimento cautelare recante condanna al pagamento di somme si prescinde dalle formalità preliminari relative alla notifica di titolo esecutivo e precetto, ma si debbono seguire tutte le forme del Libro III, a partire dal pignoramento
(cfr. l’art. 479 c.p.c. in rapporto all’art. 669 duodecies c.p.c.) 10.
Alla tipicità (quantomeno tendenziale 11) dei titoli esecutivi corrisponde quindi la tipicità delle forme dell’esecuzione forzata, perché ciascun titolo non potrà
che essere attuato nei modi per esso previsti dal Libro III del c.p.c.; da ciò la
dottrina, tradizionalmente, deduce la regola della corrispondenza tra condanna
ed esecuzione forzata 12, e, prima, tra titolo esecutivo e condanna 13, non potendo considerarsi condannatorio un titolo insuscettibile di esecuzione forzata. La
regola sembra contraddetta dal recente art. 614 bis c.p.c. 14 che qualifica «condanna» il provvedimento concernente obblighi di fare (e non fare) infungibili
quale presupposto per la pronuncia di un’astreinte (infra, n. 4) che presuppone
a sua volta – di qui l’apparente paradosso – che il provvedimento condannatorio non sia eseguibile nelle forme del Libro III (appunto perché rimanda a una
prestazione infungibile). Sul punto avremo occasione di tornare diffusamente.
A differenza di quanto accade nel processo dichiarativo, chi agisce in sede
esecutiva non rivendica una pretesa che dovrà essere accertata con una sentenza
che presuppone lo svolgimento di un’istruttoria e la formulazione di un giudizio; chiede invece la pratica realizzazione di un diritto, reso «certo» dal possesso
del titolo esecutivo (o, come vedremo parlando del concorso dei creditori –
9
G. BONGIORNO, La tutela espropriativa speciale del creditore pignoratizio, in Riv. dir. proc.,
1990, 1037 ss.; I. LOMBARDINI, Considerazioni sull’autotutela esecutiva e sulla tutela cautelare per
la vendita del pegno, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2004, 1133 ss.; G. CAMPEIS-A. DE PAULI, Le esecuzioni speciali, Milano, 1999, 17 ss.
10
E. VULLO, L’attuazione dei provvedimenti cautelari, Torino, 2001; v. anche S. RECCHIONI,
L’attuazione delle misure cautelari e le opposizioni esecutive, in Riv. esec. forz., 2005, 25 ss.; M.
PILLONI, Rimedi giudiziali esperibili in sede di attuazione dei provvedimenti cautelari, in Riv. esec.
forz., 2005, 775 ss.; C. DELLE DONNE, L’attuazione delle misure cautelari, Roma, 2012.
11
Cfr., per tutti, R. VACCARELLA, Diffusione e controllo dei titoli esecutivi non giudiziali, in
Riv. dir. proc., 1992, 47 ss. nonché in Titolo esecutivo, precetto, opposizioni, 2a ed., in Giur. sist.
dir. proc. civ., diretta da A. Proto Pisani, Torino, 1993, 97 ss.
12
C. MANDRIOLI, Sulla correlazione necessaria tra condanna ed eseguibilità forzata, in Riv.
trim. dir. proc. civ., 1976, 1342 ss.
13
E. ZUCCONI GALLI FONSECA, Attualità, cit.
14
Introdotto dalla legge n. 69/2009 e su cui v., per tutti, B. CAPPONI-C. DELLE DONNE-G.
FANELLI-M.A. IUORIO-P. PUCCIARIELLO-C.I. RISOLO, L’esecuzione processuale indiretta, a cura di
B. Capponi, Milano, 2011.
7
cap. IV –, da altra situazione legittimante), diritto il cui fondamento sostanziale non dovrà essere in alcun modo «accertato» dal giudice dell’esecuzione, il
quale infatti non pronuncia mai sentenza ma ordinanza ovvero, nei casi previsti dalla legge, decreto (art. 487 c.p.c.: forma dei provvedimenti del giudice). Le
attività di parte, che si svolgono dinanzi al giudice dell’esecuzione, non hanno
la formalizzazione (e la complessità) che possiamo riscontrare nella disciplina
degli atti del processo cognitivo: le «domande» e le «istanze», se la legge non
dispone altrimenti, hanno forma orale se proposte in udienza e forma di ricorso da depositarsi nella cancelleria dell’esecuzione se proposte fuori dell’udienza
(art. 486 c.p.c.: forma delle domande e delle istanze). È tradizionale l’affermazione secondo cui nel processo esecutivo le parti non provvedono a formalmente
costituirsi in giudizio, come di norma avviene nel processo di cognizione per il
tramite di un difensore tecnico. Peraltro, di norma le parti sono presenti per il
tramite di un difensore tecnico anche nel processo esecutivo, stante il suo notevole tecnicismo.
Il giudice dell’esecuzione ha il compito di attuare il diritto
Oggetto dell’esecuzione forzata
«certo» (su tale requisito torneremo diffusamente infra, cap. II, n.
2) consacrato nel titolo esecutivo «dirigendo» (art. 484, comma 1,
c.p.c.) un processo che si svolge per udienze (cfr. l’art. 484, ult. comma, che richiama l’applicazione degli artt. 174 e 175 c.p.c., dettati per il giudizio di cognizione) e adottando provvedimenti a contenuto ordinatorio (e non decisorio;
ma v., ora, il nuovo testo dell’art. 512 c.p.c., cui il successivo legislatore sembra
essersi ispirato nella riscrittura dell’art. 549 c.p.c.: infra, cap. VI, n. 5, cap. III,
n. 4, e, anche prima, gli orientamenti giurisprudenziali in tema di rimedi impugnatori avverso l’ordinanza di assegnazione nell’espropriazione presso terzi:
infra, nonché il cap. V, n. 4). Eventuali contestazioni avverso tali attività, che
avvengono sempre in contraddittorio con gli interessati (art. 485 c.p.c.) perché
gli atti dell’esecuzione siano più giusti e più opportuni 15, debbono aver luogo
nella sede separata delle opposizioni (artt. 615, 617, 619 c.p.c.) concepite come
incidenti cognitivi eventuali e autonomi rispetto all’esecuzione in corso, raccordabili con questa soltanto mediante il provvedimento di sospensione dell’esecuzione (art. 624 c.p.c.) ovvero, prima dell’inizio dell’esecuzione (ipotesi introdotta da recenti riforme che saranno di seguito illustrate: capp. VIII, n. 2 e IX, n.
1), dell’efficacia esecutiva del titolo (art. 615, comma 1, c.p.c.: opposizione di
merito pre-esecutiva detta anche opposizione a precetto). Nella fase di distribuzione della somma ricavata, che chiude l’espropriazione forzata mobiliare e im15
G. TARZIA, Il contraddittorio nel processo esecutivo, in Riv. dir. proc., 1978, 193 ss.; R. VACL’esecuzione forzata dal punto di vista del titolo esecutivo, in Titolo esecutivo, precetto, opposizioni, 2a ed., cit., 83 ss.; e, se vuoi, B. CAPPONI, Alcuni problemi su contraddittorio e processo
esecutivo (alla luce del nuovo art. 111 della Costituzione), in Riv. esec. forz., 2001, 28 ss., nonché
in Il processo esecutivo. Nuovi studi, Bologna, 2008, 15 ss.
CARELLA,
8
mobiliare (quella di crediti culmina con l’assegnazione, cioè col trasferimento
coattivo del credito pignorato, o anche con la vendita sebbene sia caso assai più
raro), esistono opposizioni specializzate sul diritto al riparto (artt. 512 e 511,
comma 2, c.p.c.: infra, capp. VI, n. 5 e VIII, n. 7).
I processi esecutivi sono definiti con provvedimenti, sempre
diversi dalla sentenza 16, che producono esiti stabili; la giurisprudenza è saldamente ancorata al principio 17 che ogni possibile
contestazione avverso di essi deve essere svolta all’interno del processo esecutivo,
esaurito il quale non residua – in particolare nell’espropriazione: caso che si è
posto con maggiore frequenza nella pratica – un’azione di riapertura del progetto o piano di riparto ad opera né di alcuno dei creditori concorrenti, né del debitore che avrebbe dovuto sollevare le sue contestazioni cum loqui potuit ac debuit 18. I provvedimenti conclusivi dell’esecuzione forzata – e ciò vale anche per
Stabilità dei risultati
dell’esecuzione forzata
16
Va tuttavia precisato che il provvedimento di assegnazione del credito nell’espropriazione
presso terzi, che ha forma di ordinanza, secondo una consolidata giurisprudenza può assumere il
valore di sentenza in senso sostanziale, soggetta alle impugnazioni ordinarie, allorché decida o incida «su posizioni sostanziali di diritto soggettivo del creditore o del debitore, le quali integrano
l’oggetto tipico di un procedimento di cognizione»: cfr., ad es., Cass., Sez. III, 23 aprile 2003, n.
6432, e in dottrina, anche per rilievi critici, R. VACCARELLA, voce Espropriazione presso terzi, in
Digesto civ., Torino, 1992, VIII, 94 ss.
Altro caso si riscontra nell’esecuzione forzata degli obblighi di fare e non fare, essendosi consolidato in giurisprudenza il principio secondo cui ogni volta che il giudice dell’esecuzione, con
l’ordinanza di cui all’art. 612 c.p.c., risolva contestazioni che non attengono alla determinazione delle modalità esecutive, bensì alla portata sostanziale del titolo esecutivo, tale provvedimento acquista
natura di sentenza sul diritto della parte istante di procedere ad esecuzione forzata e diviene, perciò,
impugnabile con i mezzi ordinari anziché con lo strumento dell’opposizione agli atti esecutivi, esperibile solo nei confronti dei singoli atti di esecuzione che, in quanto meramente ordinatori, sono privi di
contenuto decisorio (così, ad es., Cass., Sez. III, 8 ottobre 2008, n. 24808).
Questi argomenti saranno ripresi nelle opportune sedi, in cui si darà atto di recenti modifiche legislative sull’espropriazione presso terzi e di più maturi orientamenti giurisprudenziali che
hanno in parte mutato i termini del problema. Anticipiamo soltanto che il g.e. è istituzionalmente dotato del solo potere di ordinanza e che egli, in quanto tale, non può adottare, neppure
incidentalmente, decisioni su diritti; pertanto, gli orientamenti giurisprudenziali tendenti a ravvisare sentenze “in senso sostanziale” in provvedimenti ordinatori esecutivi non dovrebbero essere incoraggiati. Di questa esigenza si dà carico la più recente giurisprudenza, che parte dall’ovvia
considerazione secondo cui – ripetiamo le chiare parole di Cass., Sez. III, 24 ottobre 2011, n.
22033 - «l’applicazione del concetto di sentenza in senso sostanziale ad un provvedimento del
giudice civile che non sia qualificato come sentenza suppone che il potere del giudice sul procedimento che ha portato all’emanazione del provvedimento sia strutturato normativamente in
modo tale che quel giudice all’interno di esso si veda riconosciuta la possibilità di emanare
sull’azione esercitata una decisione che possa assumere la natura della sentenza».
17
Che richiama la nota preclusione pro judicato concepita da E. REDENTI, Diritto processuale
civile, III, Milano, 1957, 181 ss.; cfr. anche G. TOMEI, Cosa giudicata e preclusione nei processi
sommari e esecutivi, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1994, 827 ss.
18
B. CAPPONI, Intervento di creditori sforniti di titolo esecutivo e stabilità della distribuzione forza-
9
il provvedimento di assegnazione nell’espropriazione dei crediti19 – sono quindi
stabilizzati vuoi dal fatto di non essere stati tempestivamente assoggettati ai rimedi specifici per essi previsti dal Libro III, vuoi dal fatto che non esistono rimedi revocatori o impugnatori straordinari, omologhi a quelli previsti per la
sentenza 20.
«Nel sistema del codice civile l’esecuzione forzata è un aspetto, o se si vuole
un momento, della tutela giurisdizionale dei diritti» 21; «il formale riconoscita, in Giur. it., 1991, IV, 216 ss.; ID., Effetti della distribuzione forzata, onere di specifica contestazione dell’esecutato, ripetizione di indebito ed «autorità» della distribuzione tra le stesse parti del processo
esecutivo in altra espropriazione successiva, in Foro it., 1992, I, 1884 ss., anche in Studi sul processo di
espropriazione forzata, cit., risp. 186 ss., 481 ss. A. NASCOSI, Note sulla stabilità della distribuzione
della somma ricavata in sede di espropriazione forzata, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2011, 533 ss. Da
ultimo, v. le monografie di S. VINCRE, Profili delle controversie sulla distribuzione del ricavato (art.
512 c.p.c.), Padova, 2010, 163 ss., 182 ss., e di M. PILLONI, Accertamento e attuazione del credito
nell’esecuzione forzata, Torino, 2011, 241 ss.; e ancora dello stesso A. NASCOSI, Contributo allo studio della distribuzione della somma ricavata nei procedimenti di espropriazione forzata, Napoli, 2013.
19
L’attuale testo dell’art. 549 c.p.c. regola la stabilità del provvedimento di assegnazione non
solo all’interno dell’esecuzione, in cui il titolo s’è formato, ma anche nella successiva esecuzione
che il creditore procedente, assegnatario del credito, potrà esercitare contro il terzo debitore assegnato: sui limiti di tale previsione e sulla sua corretta interpretazione v. infra, cap. III, n. 4.
20
Secondo la Cass., Sez. lav., 8 maggio 2003, n. 7036, che esprime un orientamento consolidato in giurisprudenza sin dalla fine degli anni Sessanta dello scorso secolo, la legge non attribuisce efficacia di giudicato al provvedimento conclusivo del procedimento esecutivo, in coerenza con
le caratteristiche di quest’ultimo, che non si svolge nel contraddittorio delle parti e non tende ad un
provvedimento di merito avente contenuto decisorio; essa, tuttavia, sancisce l’irrevocabilità dei provvedimenti del giudice esecutivo, una volta che essi abbiano avuto esecuzione (art. 487 c.p.c.); la definitività dei risultati dell’esecuzione, d’altra parte, è insita nella chiusura di un procedimento svoltosi
con il rispetto di forme idonee a salvaguardare gli interessi contrapposti delle parti, nel quadro di un
sistema di garanzie di legalità per la soluzione di eventuali contrasti (artt. 485, 615 e 512 c.p.c.), ed
è basata sul concetto di preclusione, più ampio di quello di giudicato; pertanto, in sede di espropriazione presso terzi deve escludersi la proponibilità, dopo la conclusione dell’esecuzione mediante la pronuncia dell’ordinanza di assegnazione e la scadenza dei termini per le relative opposizioni, di azioni
– come quelle di ripetizione dell’indebito o di arricchimento senza causa – volte a contrastare gli effetti dell’esecuzione stessa, sostanzialmente ponendoli nel nulla o limitandoli. In conseguenza, il debitore espropriato non può esperire, dopo la chiusura del procedimento di esecuzione forzata, l’azione di
ripetizione di indebito contro il creditore procedente per ottenere la restituzione di quanto costui abbia riscosso, sul presupposto dell’illegittimità per motivi sostanziali dell’esecuzione forzata, … la proposizione dell’azione di ripetizione dopo la conclusione dell’esecuzione e la scadenza dei termini per le
relative opposizioni sarebbe in contrasto con i princìpi ispiratori del sistema e con le regole specifiche
sui modi e sui termini delle opposizioni esecutive, con la conseguenza che la eventuale restituzione,
successivamente all’esecuzione forzata, è correlabile solo ad una perdita di validità della procedura
esecutiva legalmente accertata. Da ultimo, in senso conforme, Cass., Sez. III, 18 agosto 2011, n.
17371 e, quanto al provvedimento di assegnazione di crediti nell’espropriazione presso terzi,
Cass., Sez. III, 13 aprile 2012, n. 5895, che ha coerentemente escluso che l’assegnazione sia
provvedimento cognitivo idoneo al giudicato.
21
S. SATTA, L’esecuzione forzata, in Trattato di diritto civile italiano, diretto da F. Vassalli, 3a
ed., Torino, 1954, 3.
10
mento della natura giurisdizionale dell’esecuzione forzata, abbastanza (ma non
del tutto) scontato al momento della redazione dei codici vigenti, è il frutto di
una lunga e complessa vicenda, per la quale dell’esecuzione forzata si è sempre
sottolineata la diversità rispetto al jus dicere, e tuttavia non si è mai negata (respingendo, sotto questo profilo, l’influenza francese) la natura giurisdizionale» 22.
Nella ricognizione delle fonti dell’esecuzione forzata 23 va notato che il Libro I del c.p.c. detta le disposizioni generali che debbono poter trovare applicazione anche nei seguenti Libri (e così
anche nel Libro III, ove è la disciplina del processo di esecuzione). Nonostante in
nessun luogo dello stesso codice appaia regolato il rapporto tra i vari Libri, che
si presentano formalmente equiordinati (dovendo così l’interprete muoversi all’interno di un testo complesso nel quale, in teoria, tutte le norme hanno pari
rango ed è spesso difficile fare applicazione del criterio di specialità), non v’è
dubbio che il Libro I, proprio per il fatto di contenere le disposizioni generali,
debba essere considerato dall’interprete anche nella lettura degli altri (ancorché
il Libro III contenga, a sua volta, talune norme sull’espropriazione forzata in
generale: cfr. gli artt. da 483 a 490 c.p.c.). Si consideri infatti che nel Libro I
sono codificate regole fondamentali del processo giurisdizionale (che pertanto
valgono anche nell’esecuzione forzata): il principio della domanda (art. 99) e
quello connesso della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato (art. 112);
il principio del contraddittorio (art. 101); il fondamentale principio sull’interesse ad agire (art. 100); il principio della pronuncia secondo diritto (art. 113);
le norme sul patrocinio legale (artt. 82 ss.); la tipologia dei provvedimenti del
giudice (artt. 131 ss.); le regole sui termini processuali e il loro computo (artt.
152 ss.); quelle sulla nullità degli atti (artt. 156 ss.).
Altre previsioni sono di tipo diretto: si considerino, ad es., l’art. 125 c.p.c.
(contenuto e sottoscrizione degli atti di parte), o l’art. 83, comma 3, c.p.c. (procura
alle liti), che richiamano espressamente l’atto di precetto (art. 480 c.p.c.); l’art.
96, comma 2, c.p.c. (responsabilità aggravata), che richiama espressamente il caso in cui sia stata «iniziata o compiuta l’esecuzione forzata»; l’art. 65, comma 1,
c.p.c. (custode), che regola l’amministrazione e conservazione dei beni pignorati.
Fondamentali norme detta il codice civile in rapporto alla tutela esecutiva:
oltre a quelle già richiamate (v. anche, infra, i riferimenti all’art. 2932 c.c.),
vanno segnalati gli artt. 2912-2918 sugli effetti c.d. sostanziali del pignoramento e sulla risoluzione dei conflitti aventi ad oggetto la res pignorata; gli artt.
2919-2928 sugli effetti della vendita forzata e dell’assegnazione, grappolo di
2. Fonti generali
dell’esecuzione forzata
22
R. VACCARELLA, Esecuzione forzata, cit., 2; v. anche S. LA CHINA, voce Esecuzione forzata
(profili generali), in Enc. giur. Treccani, XIII, Roma, 1989.
23
V. in generale, su questi argomenti, B. CAPPONI-R. TISCINI, Introduzione al diritto processuale civile, Torino, 2014, part. il cap. I.
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dense disposizioni chiuse da una fondamentale norma – l’art. 2929 24 – che, ancorché ospitata nel c.c., ha un rilievo schiettamente processuale («la nullità degli
atti esecutivi che hanno preceduto la vendita o l’assegnazione non ha effetto riguardo all’acquirente o all’assegnatario, salvo il caso di collusione con il creditore procedente. Gli altri creditori non sono in nessun caso tenuti a restituire quanto hanno
ricevuto per effetto dell’esecuzione») e dalla quale la dottrina argomenta intorno al
carattere di tendenziale stabilità degli atti del processo esecutivo quantomeno
nei confronti di coloro che non hanno responsabilità dirette nella determinazione dei vizi del procedimento che ha portato all’adozione dell’atto traslativo 25. Nel codice civile è menzione anche del sequestro conservativo (artt. 29052906) come strumento «sostanziale» di conservazione della garanzia patrimoniale (mentre il codice di procedura civile ne tratta – art. 671 – nel capo relativo ai procedimenti cautelari, quale figura tipica di cautela e così in una prospettiva francamente processuale); il creditore sequestrante, ancorché non munito
di titolo esecutivo, è legittimato a intervenire nel processo di espropriazione in
caso di successivo pignoramento del bene già oggetto di sequestro (art. 499
c.p.c.: v. infra, cap. IV, n. 6).
La decretazione d’urgenza del 2015 (legge n. 132/2015, di conL’art. 2929 bis c.c.,
introdotto con la
versione del decreto-legge n. 83/2015) ha introdotto, con la tecnidecretazione
ca della novellazione, l’art. 2929 bis c.c. dopo l’importante grapd’urgenza del 2015
polo di norme (artt. 2919-2929) che regolano nel codice civile gli
effetti della vendita forzata e dell’assegnazione. La norma, rubricata Dell’espropriazione di beni oggetto di vincoli di indisponibilità o alienazioni a titolo gratuito (unica di una sezione I bis inserita nel Libro VI, titolo IV, capo II, avente identica
titolazione), si occupa di un diverso fenomeno: si vuole infatti che il creditore
anteriore, il cui debitore abbia compiuto “a titolo gratuito” atti negoziali di alienazione o determinanti vincoli di indisponibilità su beni immobili o mobili registati, possa sempre aggredire direttamente tali beni purché entro l’anno dalla
trascrizione dell’atto pregiudizievole.
Può parlarsi, al riguardo, d’una sorta di azione revocatoria invertita o ex lege,
perché, in presenza delle condizioni descritte dall’art. 2929 bis, il creditore pregiudicato dall’atto potrà senz’altro pignorare il bene – sia pure nelle forme dell’espropriazione contro il terzo proprietario: cfr. cap. III, n. 7, ove si sia realizzato
un trasferimento della sua titolarità – mentre le ragioni dei contraenti e di «ogni
altro interessato» potranno esser fatte valere in sede di opposizione all’esecuzione (ovvero, riteniamo, in altra sede di cognizione). In caso di vincoli, inopponibili, l’espropriazione sarà quella ordinaria.
24
B. SASSANI, Sulla portata precettiva dell’art. 2929 c.c., in Giust. civ., 1985, I, 3138 ss.
A. BONSIGNORI, Assegnazione forzata e distribuzione del ricavato, Milano, 1962, part. 249
ss.; R. ORIANI, L’opposizione agli atti esecutivi, cit.; A. BARLETTA, La stabilità della vendita forzata,
Napoli, 2002. V. anche infra, cap. V, nn. 2 e 5.
25