Mini Dossier Prevenzione N. 01/08

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Mini Dossier Prevenzione N. 01/08
Mini Dossier Prevenzione N. 01/08
DOSSIER TRATTAMENTO “Problemi di alimentazione”
La Celiachia
Qualche anno fa si riteneva che la malattia celiaca fosse relativamente poco frequente. Oggi sappiamo invece che in Italia è affetta da celiachia 1 persona su 100-150, anche se è probabile che la stima sia ancora in difetto. Molte persone, infatti, non conoscendo i molti modi differenti in cui si presenta la malattia, non sanno che i loro disturbi
possono derivare dall'intolleranza al glutine. Per questo motivo è importante parlare con
il proprio medico se sono presenti sintomi che possono indicare una intolleranza a questa
sostanza.
Cos'è la celiachia?
La celiachia è una malattia cronica nella quale vi è una intolleranza al glutine, una
proteina contenuta in molti cereali. Nei pazienti affetti da celiachia il glutine esercita un'azione tossica sull'intestino, alterando profondamente la struttura e la funzionalità delle
cellule della parete intestinale. Ne risulta così compromesso l'assorbimento degli alimenti
e lo stato di nutrizione. Si può manifestare in ogni epoca della vita; nei bambini si presenta generalmente nei primi due anni di età mentre negli adulti predilige il sesso femminile
e ha un picco di insorgenza fra i 30 e i 40 anni. Nel 10% dei casi la malattia celiaca è presente in più di un componente della stessa famiglia e compare con maggiore frequenza
nelle persone con particolari patologie, come il diabete giovanile, alcune malattie della
tiroide, la fibrosi cistica, la sindrome di Down e alcune malattie croniche dell'intestino. L'elenco delle patologie associabili alla malattia celiaca è tuttavia in continua evoluzione.
Quando sospettare la malattia celiaca?
Nei bambini i primi sintomi della malattia si possono manifestare dopo pochi mesi dall'introduzione del glutine nella dieta (svezzamento) che coincide approssimativamente
con la fine del primo anno di vita. I sintomi caratteristici sono la diarrea con feci semiliquide o liquide, abbondanti e lucide e con scariche frequenti, spesso associati a dolori
addominali e vomito. Vi può essere un arresto della crescita o una perdita di peso. Il
bambino è in genere pallido, magro ma con un addome molto pronunciato e sporgente.
Negli adolescenti e negli adulti i sintomi tendono ad essere sfumati, spesso senza diarrea e con il coinvolgimento di organi diversi dall'intestino; in questi casi è ancora più difficile riconoscere la malattia e ciò può ritardare ulteriormente la diagnosi. I segni e i sintomi a cui fare attenzione sono: l'anemia da carenza da ferro, la comparsa e il persistere di
ulcere in bocca (afte), la stanchezza persistente, gonfiori alle gambe e alle palpebre,
piccoli sanguinamenti cutanei, anomalie dello smalto dei denti o malattie della pelle
come la dermatite erpetiforme. Meno frequenti ma sempre da considerare con attenzione sono la spiccata fragilità delle unghie, un'anomala caduta di capelli, epilessia o
dolore osseo con deficit di calcio e vitamina D.
Quali sono i rischi se la malattia non è diagnosticata?
Diversi studi hanno dimostrato l'importanza della diagnosi precoce di malattia celiaca,
dal momento che tanto più è precoce l'inizio della dieta senza glutine quanto più aumenta la protezione nei confronti di complicanze della malattia.
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Quando la malattia celiaca colpisce il bambino induce una condizione di malassorbimento che porta a carenze alimentari con conseguenze anche importanti per lo sviluppo.
Negli adolescenti e negli adulti la situazione di malassorbimento protratta negli anni
può portare a insufficiente accrescimento di statura e peso, anemia da carenza di ferro
o vitamine, ritardo dello sviluppo, disturbi mestruali o mancanza di mestruazioni fino a riduzione della fertilità, osteoporosi da scarso assorbimento di calcio e vitamina D, disturbi
psichici, ulcere ed emorragie intestinali.
Alimentazione aproteica
L’alimentazione aproteica è indicata per pazienti nefropatici la cui condizione può
giungere all’insufficienza renale cronica (IRC) che può essere definita come una riduzione irreversibile e progressiva della funzionalità renale.
Questo stato può essere valutato e quantificato attraverso la clearance della creatinina e quindi del Volume del Filtrato Glomerulare (VFG): la sua riduzione è proporzionale
alla gravità della IRC.
Altrettanto importante è il dosaggio della creatininemia e dell'azotemia che forniscono
una misura della concentrazione ematica delle sostanze che se si accumulano in circolo,perché non eliminate con le urine, come fisiologicamente dovrebbe avvenire; infatti
ad un loro aumento corrisponde una IRC più grave.
L'alimentazione ha una importanza determinante per migliorare lo stato di nutrizione
(spesso compromesso), per correggere le frequenti alterazioni elettrolitiche, per evitare le
carenze vitaminiche ecc.
A questo proposito è importante ricordare che il rene ha anche una funzione endocrina in quanto produce eritropoietina, renina, prostaglandine, etc; inoltre attiva la vitamina D che è importante in tutte le fasi della vita ma ancor di più nell'età evolutiva.
È pertanto importante:
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valutare lo stato di nutrizione;
§
adeguare l'alimentazione allo stadio dell'IRC che può essere lieve, moderata e
grave.
L'apporto proteico deve essere di alto valore biologico e di 0,6 g pro Kg di peso ideale
pro/die. Tale quantità dovrebbe essere sufficiente per evitare la malnutrizione ed anche
per permettere un ottimale accrescimento staturale nell’età evolutiva, sempre che la
quantità totale di energia e dei vari nutrienti sia adeguata alle necessità dell'organismo.
Ma molto spesso una dieta per quanto corretta, appropriata e personalizzata non è
sufficiente ad ottenere questi risultati, tanto più se il grado dell'IRC costringe ad abbassare notevolmente la quota di proteine.
Per sopperire ad un insufficiente apporto calorico o a specifiche necessità non soddisfatte dalla dieta, è necessario ricorrere, in relazione allo stato clinico, nutrizionale e biochimico del paziente, ad integratori salino-vitaminici o a prodotti dietetici (preparati industriali che sono destinati ad una alimentazione particolare e che sono caratterizzati
dalla specificità di destinazione).
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Nell'IRC è difficile conciliare il giusto apporto calorico necessario per il mantenimento
ponderale senza aumentare le proteine e pertanto anche l'apporto di fosforo; ecco
perché è necessario utilizzare degli alimenti dietetici a basso o nullo contenuto proteico,
definiti per l'appunto "aproteici", ma che diano anche un adeguato apporto calorico.
Sono state formulate, prodotte ed immesse sul mercato linee complete di prodotti dietetici aproteici appositamente creati per le insufficienze renali che ci aiutano a:
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ridurre l'apporto proteico in modo proporzionale ai livelli precedentemente indicati
della funzione renale risparmiandone il lavoro;
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regolare l'apporto calorico per raggiungere o mantenere il peso ideale;
§
limitare l'apporto di sodio per il controllo della pressione arteriosa e del fosforo, nocivo per un apparato renale ipofunzionante.
Sono alimenti a base di amidi, a ridotto contenuto proteico e di fosfati; non aggravano
il lavoro renale, hanno lo stesso aspetto, gusto ed apporto calorico dei corrispondenti alimenti comuni che vanno a sostituire.
Fra i prodotti dietetici aproteici utilizzati dai pazienti nefropatici troviamo la pasta e il riso in vari formati e grammature; il pane e i sostituti del pane (grissini, fette tostate, pane
biscottato, pan carrè, crackers), i biscotti (frollini, wafers), una particolare farina che consente di preparare tutte le ricette tradizionali dolci o salate (pane, pizze e torte dolci); vi
sono inoltre sostituti aproteici del latte e dell'uovo ed altri ancora.
Possono essere utilizzati anche alimenti aproteici ad alto valore energetico per ottimizzare l'apporto calorico nei regimi alimentari ipoproteici e nei trattamenti in cui è indispensabile non alterare il carico renale dei soluti (Es. NEC).
L'intervento dietoterapeutico deve tuttavia essere realizzato quanto più precocemente
possibile; l'effetto protettivo del regime ipoproteico ed ipofosforico si traduce in una più
prolungata sopravvivenza dei glomeruli e quindi in un allontanamento del trattamento
dialitico del paziente o quantomeno gli permette di giungervi in un buono stato di nutrizione; altrettanto dicasi per l'eventuale trapianto.
La fibra alimentare
Per fibra alimentare (o fibra dietetica) si intende l’insieme di carboidrati complessi e di altre
sostanze che non sono direttamente digeribili dall’uomo, e quindi non possono essere assimilate.
Le fibre vengono differenziate in due tipi: La Fibra Solubile e Insolubile. Rientrano tra le
fibre solubili quelle della soia, dell’avena, delle pectine e delle gomme, mentre tra quelle insolubili il riso e il grano.
Aspetti nutrizionali
I nutrizionisti suggeriscono un’assunzione giornaliera di fibra alimentare, consumando
quotidianamente verdura, legumi e frutta, per un apporto totale dai 20 ai 25 gr. di Fibra
al giorno nei soggetti adulti. La scienza dell’alimentazione ha ancora un lungo cammino
da percorre in questo settore.
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I componenti della Fibra Alimentare. Alla base delle fibre vi sono delle catene di zuccheri
semplici, ma non possono essere assimilate dall’uomo poiché gli enzimi dello stomaco
che si occupano della digestione non possono scindere catene così lunghe.
I polisaccaridi che compongono la Fibra possono essere raggruppati, per praticità, in
due classi principali:
1. Cellulosa e Polisaccaridi diversi dalla cellulosa (polisaccaridi non cellulosici)
2. Gamma di polimeri che va dalle pectine (acido poligalatturonico) alle emicellulose
(polimeri di differenti esosi e pentosi).
Fibra Alimentare e Calorie:
La determinazione del valore energetico della Fibra Dietetica è un pò complessa poichè dipende delle differenze nella composizione di alimenti e diete, stato metabolico
dell’individuo, capacità digestive, ecc. Ma diversi studi realizzati per calorimetria indiretta
portano a concludere che il livello medio di energia fornito dalla fermentazione della Fibra Alimentare nelle specie monogastriche (come l’uomo, con un apparato digerente
differente per complessità e conformazione rispetto a quello degli animali ruminanti) sia
compreso tra 1,5 e 2,5 Kcal / g.
Effetti Fisiologici della Fibra Alimentare:
Nell’ Apparato Digerente:
Nel cavo orale stimola la salivazione e costringe ad una masticazione più prolungata,
attivando la sensazione di sazietà (tramite la via vagale e il nucleo ipotalamico) e la fase
cefalica della secrezione gastrica.
Nello Stomaco l’ipersecrezione indotta conferisce ulteriore volume al bolo (l’impasto di
saliva e cibo), anticipando la senzazione di sazietà , lo rende più viscoso, allunga i tempi
di svuotamento gastrico (ulteriore potenziamento del senso di sazietà) e modifica il
pattern di secrezione degli ormoni polipeptidici dell’antro e del duodeno.
Nell’intestino tenue specifiche frazioni della fibra (guar, pectine, galateo - e glucomannani) rallentano la progressione del bolo e interferiscono sia sull’ azione intraluminale degli enzimi, intrappolati nel gel viscoso, sia rallentando l’assorbimento, ma senza creare
tuttavia una situazione di malassorbimento. A questa azione si devono sia il ritardo sia la
riduzione del picco glicemico, nonché il minore assorbimento di colesterolo alimentare.
Nel colon subentrano gli enzimi macrobiotici a fermentare i carboidrati con produzione
di gas, acidi grassi a catena corta riassorbibili (con parziale riutilizzazione energetica e
con altre azioni non del tutto chiarite) e liberazione di azoto e di energia a beneficio della stessa colonia microbica. Le fibre che sfuggono alla fermentazione batterica legano
notevoli quantità di acqua rendendo più pastoso il residuo fecale già incrementato dalla stessa massa batterica rapidamente proliferata sui proventi energetici delle fermentazioni. L’aumento di peso delle feci può essere ottenuto con quantitativi molto diversi di
alimenti a seconda dello specifico contenuto in fibra alimentare, ad esempio, si può
raddoppiare il peso delle feci aggiungendo alla propria razione alimentare 47 g di crusca o 400 g di pane integrale o 680 g di carote o 1500 g di mele.
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Benefici della Fibra nel Diabete:
Numerosi lavori clinico-sperimentali hanno confermato la possibilità di migliorare
l’andamento glicemico post - prandiale aumentando il contenuto di fibra dei pasti. Per
questo motivo negli ultimi 10 anni la dietoterapia del diabete è stata modificata con
l’intento di ricavare la quota glucidica preferibilmente da legumi e cereali non raffinati
con in più garanzia protettiva di un elevato apporto di fibra, soprattutto solubile, a ogni
pasto.
Sfortunatamente le diete ad elevato tenore di fibra non sempre risultano gradite o ben
tollerate dai pazienti.
L’incremento del consumo di alimentari di origine vegetale è senz’altro preferibile anche per la presenza di altri composti chimici (ad esempio, antiossidanti nutrienti e non
nutrienti, minerali, vitamine, specifici carboidrati complessi, ecc) in grado di favorire il
mantenimento di uno stato di salute ottimale.
Benefici della Fibra nelle Dislipidemie (elevato grasso nel sangue colesterolo e trigliceridi) Le correlazioni tra la fibra alimentare e ipercolesterolemia sono note da tempo, e non
sembrano esaurirsi nel meccanismo indiretto del minor apporto calorico e lipidico che
caratterizza in genere le diete naturalmente ricche di Fibra alimentare.
Tutte le fibre, e soprattutto alcune frazioni insolubili, possono ostacolare l’assorbimento
intestinale del colesterolo, forse mediante un accelerato transito digiunale e una sottrazione competitiva di acqua, ma con limitazioni che ben poco si rifletteranno sulla colesterolemia. Spetta invece alle frazioni solubili (pectine, gomme, ecc), che meno interferiscono sull’assorbimento, il ruolo principale se non esclusivo nell’abbassare il tasso di colesterolo, con un meccanismo assai diverso da quello sequestrante della colestiramina.
Inoltre interessante è che l’effetto ipocolesterolemizzante riguarda solo il colesterolo
LDL, cioè il “colesterolo cattivo” , senza compromettere il tasso di HDL, cioè il colesterolo
buono.
Una proprietà tipica di alcune fibre, più specificamente della lignina, è il potere di captazione degli acidi biliari. Cioè esiste un effetto preventivo della fibra nei confronti della
formazione dei calcoli di colesterolo, anche se non è dimostrabile un rapporto di causa effetto.
Come Accrescere l’apporto di fibra con gli alimenti naturali:
Preferire pane e pasta integrali
Consumare cereali o biscotti integrali alla prima colazione
Mangiare più spesso i legumi e le zuppe di verdura
Consumare più frutta e quando possibile con la buccia
Consumare due razioni di verdure tutti i giorni:
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Per la fibra solubile: carciofi, broccoli, cavoli, verza
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Per la fibra insolubile: funghi, fave e piselli freschi, insalate crude.
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Omega 3
Tecnicamente gli Omega 3 sono acidi grassi polinsaturi che, dal punto di vista chimico,
hanno la caratteristica di possedere un doppio legame in posizione 3 (omega 3) o in posizione 6 (omega 6), della catena che li forma. Sono tecnicamente definiti EPA (acido
eicosapentaenoico), e DHA (acido docosaesaenoico). Questi acidi hanno dei precursori, cioè delle sostanze che dopo l'introduzione nel nostro organismo vengono trasformati,
nello specifico l'acido linoleico è il precursore dell'acido grasso omega 6, mentre l'acido
linolenico è il precursore dell'acido grasso omega 3. Gli omega 3 e 6 sono acidi grassi essenziali: con questo termine si intende che il nostro organismo non è in grado di sintetizzarli, e quindi l'introduzione attraverso la dieta è assolutamente fondamentale. Per ciò
che concerne le funzioni biologiche nell'organismo umano, si evidenzia dalle più recenti
acquisizioni e studi scientifici, condotti su questo argomento, è possibile sostenere che,
tra gli effetti protettivi degli omega 3 i più rilevanti sono sicuramente:
§
azione antiaggregante piastrinica (effetto antitrombotico), cioè ridurrebbero la
possibile formazione di coaguli nel sangue.
§
controllo del livello plasmatico dei lipidi, soprattutto dei trigliceridi.
§
controllo della pressione arteriosa, mantenendo fluide le membrane delle cellule, e
dando elasticità alle pareti arteriose.
Gli effetti principali sono soprattutto legati alla protezione del cuore e del sistema circolatorio, aspetto positivo già evidenziato dagli studi epidemiologici iniziati intorno agli anni
‘70. In quegli anni furono studiati gli “Inuits” una popolazione eschimese che si cibava
prevalentemente di pesce proveniente dalle coste della Groenlandia e del Giappone,
già allora emerse molto chiaramente un'incidenza particolarmente bassa di malattia all'appararto cardiovascolare, correlata a quel tipo di alimentazione “marittima”.
Recentemente si stanno estendendo gli studi sugli omega 3 anche nell’ambito della
nutrizione neonatale, dove un'introduzione quantitativamente adeguata di questi acidi
sarebbe importante per favorire lo sviluppo del bambino. Esistono inoltre, studi preliminari, dove si controlla l'applicazione degli omega 3 sul morbo di Crohn (patologia a carico
dell'apparato intestinale): l'effetto studiato sarebbe legato all'attività antinfiammatoria di
queste importanti sostanze. Per rimanere in tema di ricerche su questo argomento è importante ricordare che nel 1999 è stato pubblicato sul “The Lancet” un'importante studio
iniziato nel 1996 su 11324 pazienti colpiti da infarto miocardico, il quale ha dimostrato
che, la somministrazione di un farmaco a base di acidi grassi polinsaturi omega 3 ai pazienti colpiti da infarto riusciva a ridurre considerevolmente la mortalità legata a questa
patologia.
In sintesi, queste ricerche hanno riscontrato che, la somministrazione quotidiana di un
farmaco contenente un grammo di acido grasso omega 3 associata, ovviamente, a un
regime dietetico equilibrato (contenente un buon quantitativo di pesce), è importante
per curare i problemi di tipo cardiovascolare.
Esistono in commercio degli alimenti a cui è stata aggiunta una sostanza in più (ad esempio degli omega 3) rispetto alla composizione originaria; si tratta di cibi "funzionali",
chiamati dagli americani "nutriceutical", ovvero prodotti che si posizionano al confine tra
l'alimento e il farmaco. Ne sono un esempio il latte arricchito in omega 3 cosi come le
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uova addizionate delle stesse sostanze, l'importante è che al momento dell'acquisto il
consumatore legga attentamente l'etichetta la quale riporterà l'intera composizione
comprese le integrazioni.
Ma per mantenere il benessere del nostro organismo cosa è più corretto fare?
È consigliabile seguire un'alimentazione varia ed equilibrata caratterizzata da armonia
sia qualitativa che quantitativa tra i singoli nutrienti. Per favorire l'introduzione degli omega 3 è opportuno consumare dalle 2 alle 3 porzioni settimanali di pesce, la cui tipologia
potrà variare tra le seguenti: sgombro, merluzzo, pesce spada, tonno, trota. sardina e aringa, altre fonti di omega 3 sono i cereali, le noci, i legumi e l'olio di lino. Per quanto riguarda le tipologie di cottura più indicate, perché il pesce possa mantenere inalterate le
sue benefiche proprietà, le migliori sono sicuramente: al forno, in umido o alla griglia.
Una considerazione da non sottovalutare mai è che un'attività di prevenzione rivolta
alle malattie cardiovascolari deve primariamente concentrarsi sulla dieta equilibrata, e
parallelamente sulla eliminazione dei fattori di rischio (fumo, obesità e sedentarietà). La
società occidentale essendo caratterizzata da un consumo scarso di pesce è maggiormente esposta alle malattie cardiovascolari rispetto a tutte quelle popolazioni (ad esempio quelle orientali) che hanno abitudini alimentari diverse, ecco perché l'indicazione ad un aumento del consumo di pesce è fondamentale. I composti farmacologici a
base di omega 3 possono rappresentare una aiuto soprattutto nei casi in cui l'alimentazione è particolarmente deficitaria, ma in linea di massima è possibile dire che, attraverso una dieta di tipo mediterraneo, caratterizzata dalla presenza di frutta, verdura, pesce,
olio extra vergine di oliva ecc, la fonte di vitamine, sali minerali, proteine nobili e ovviamente omega 3 è assicurata.
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