i prodotti ammessi per la fertilizzazione

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I prodotti ammessi per la
fertilizzazione
- La questione normativa
E' noto che sin dalla fase di conversione, l'azienda è soggetta allo stesso disciplinare di
produzione di chi è già biologico. L'azienda in conversione può utilizzare solo i prodotti
ammessi, contenuti nell'Allegato II, parte A del Regolamento CEE 2092/91.
Però non tutto ciò che è riportato nell'allegato è ammissibile in quanto deve essere
contemplato nella legge quadro nazionale. La situazione è in qualche modo chiarita
dalla circolare n. 8 del 13.09.99 del MIPAF, in corso di trasformazione a Decreto
Legislativo, che contiene anche il documento di armonizzazione, tra allegato IIA del
regolamento CEE e la legge quadro italiana sui fertilizzanti, cioè la L.748/84.
Questo documento mette dunque in parallelo categorie di concimi e ammendanti
contemplate dalla legge quadro nazionale e le matrici previste nell'allegato II , per
definire, principalmente, l'ammissibilità dei prodotti commerciali in agricoltura biologica.
Da qui emerge sostanzialmente che in Italia, delle matrici ammesse dal regolamento
comunitario, non sono utilizzabili come fertilizzanti e/o ammendanti alcune alghe, la
leonardite e le argille.
Per altro, proprio questi prodotti sono oggetto di proposta di inserimento, insieme agli
idrolizzati proteici, nella prossima revisione dell'allegato II, oggi in discussione.
Un risultato certamente perfezionabile, quello della circolare, e che può far discutere
(soprattutto per alghe e argille, per le quali è difficile trovare motivazioni tecniche o
etiche per escluderle) ma in linea con la normativa e meritevole per aver dato un
quadro di riferimento in un settore dove ci sono ancora grossi problemi di applicazione,
interpretazione e, soprattutto, di vigilanza.
Molto apprezzabile e opportuno il richiamo all'allegato I del regolamento ed alla
corretta pratica del metodo, anche nel paragrafo relativo all'ammissibilità della
pacciamatura, collocando questa tecnica all'interno di una strategia più complessiva.
La stessa circolare 8/99, ribadisce che è fatto divieto agli organismi di controllo di
certificare l'ammissibilità dei mezzi tecnici.
Questa imposizione fortemente voluta dal Ministero, che tiene fuori i mezzi tecnici, da
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un sistema che deve garantire controllo e certificazione di tutto il processo produttivo,
appare davvero inspiegabile se non con la protezione di interessi particolari.
Inspiegabile ed ingiustificata perché non esiste un controllo alternativo, se non quello
degli Uffici della Repressione e Frodi e dei Nuclei AntiSofisticazione, che però hanno
fini diversi dal verificare l'ammissibilità dei prodotti e la tracciabilità dei processi di
produzione.
Gli organismi di controllo e gli operatori devono accontentarsi dell'autocertificazione
della ditta non sottoposta a nessun altro controllo specifico di quanto autodichiarato se
non quello cartaceo da parte dell'Istituto Sperimentale per la Nutrizione delle Piante,.
Altro problema che si intreccia con il precedente, è la vigilanza su alcune
interpretazioni specifiche del Ministero, sull'utilizzo di alcune matrici ammesse
nell'allegato. Tra queste assume particolare rilievo la Circolare Ministeriale n.9594661
del 10 ottobre 1995 , che definisce le caratteristiche delle prime quattro voci
dell'allegato IIA, cioè gli ammendanti di origine animale, i liquami e le polline. Questi
per essere utilizzabili in agricoltura biologica devono rispettare sostanzialmente tre
condizioni: 1) provenire da allevamenti che rispettano la direttiva della CE sul
benessere animale, 2) i soggetti devono essere allevati su lettiera vegetale 3) le
deiezioni provenienti da allevamenti con le caratteristiche dei punti 1 e 2 devono
essere compostate e non essiccate.
Ciò significa che oltre ad alghe, argille e leonardite, di fatto non sono ammesse in
agricoltura biologica e quindi, per la preparazione industriale di concimi e fertilizzanti
destinati all'agricoltura biologica, le deiezioni di animali allevati in gabbia e su grigliato,
cioè quasi tutte le polline da ovaiole, tutti i letami di conigli, i liquami di porcilaie ed altri
animali allevati su grigliato (fatta eccezione per gli allevamenti conformi al 1804/99 ex
suini che possono prevedere nella fase di ingrasso un terzo della superficie senza
lettiera) e, secondo logica, la categoria di prodotti che per la Legge 748/84 va sotto il
nome di "letame essiccato".
Ovviamente, nessuno può vietare ad una ditta di compostare un prodotto e
successivamente essiccarlo ma, essendo queste operazioni con finalità divergenti,
appare evidente che nessuna ditta può avere convenienza tecnica ed economica nel
realizzarle veramente. L'essiccazione serve infatti a fissare il titolo in azoto
consumando sostanza organica, mentre il compostaggio si esegue per favorire
l'umificazione, cioè formazione di sostanza organica stabile, che comporta anche
consumo di azoto.
La stessa dichiarazione di aver compiuto sullo stesso prodotto queste operazioni,
magari con l'aggiunta di idrolisi, è di per se un controsenso che dovrebbe, almeno
insinuare qualche lecito dubbio, sulla reale composizione del prodotto.
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Ma i problemi di vigilanza non si esauriscono qui, si allargano anche all'operato degli
Organismi di controllo.
L'esperienza dice che sono molto pochi gli organismi di controllo che hanno prestato e
prestano attenzione a questa circolare sull'ammissibilità delle deiezioni. Chi lo ha
voluto fare, ha trovato ostacolo non solo negli operatori che si sentivano penalizzati
rispetto a colleghi controllati da altri organismi ma nello stesso Ministero, che non è mai
intervenuto con la dovuta chiarezza, anche in casi particolarmente scabrosi di
sospensione motivata, per prodotti comprovatamente non conformi.
L'operatore, per evitare errori e possibili relative sanzioni, è bene che chieda al proprio
organismo di controllo tutte le informazioni relative all'ammissibilità ed alle modalità
d'uso dei prodotti per la difesa e la fertilizzazione che il Ministero e/o la Regione di
appartenenza ha emanato. L'autocertificazione di ammissibilità non è più obbligatoria
da parte del fornitore, chi acquista deve verificare che sul sacco o in etichetta, ci sia la
dichiarazione di "consentito in agricoltura biologica - C.M.8/99" e l'elenco di tutte le
componenti contenute.
Precauzione utile ma non unica, in quanto molte matrici elencate nell'allegato come
ammissibili, sono utilizzabili solo previa autorizzazione dell'organismo di controllo. Cioè
il loro uso dovrebbe essere motivato dall'assenza di soluzioni alternative concepite
nell'allegato I, al fine di perseguire gli obbiettivi del metodo biologico. Gli organismi di
controllo, per scelta o, peggio, per non conoscenza della norma, sorvolano sulla
necessità di questa richiesta.
Un'applicazione fiscale della norma, per l'uso di fertilizzanti in commercio, che quasi
mai sono composti di una sola matrice ma da miscele, significherebbe per l'operatore
l'obbligo di inoltrare richiesta di autorizzazione all'uso per almeno il 60, 70% dei prodotti
in commercio. Tale richiesta di autorizzazione, dovrebbe contemplare, difficile a
credersi, anche l'utilizzo del Letame aziendale, qualora la zootecnia non fosse
notificata.
Una valutazione sul valore di tale richiesta per prodotti come i diversi tipi di letame e
sul comportamento degli organismi di controllo rispetto allo spandimento di liquami,
svierebbe dagli intenti di questo testo, anche se ad oggi, molto opportuna.
Le cautele citate, servono ad evitare errori sull'uso di prodotti non ammessi ma non
tutelano assolutamente sulla qualità del prodotto "consentito" che si vuole impiegare.
Infatti, la citata circolare MIPAF 8/99 , nonostante l'opposizione esplicita anche
dell'associazione che raggruppa gran parte dei produttori di fertilizzanti, istituzionalizza
l'autocertificazione per poter apporre sulla confezione la dicitura liberatoria: "Consentito
in Agricoltura Biologica", con unico obbligo da assolvere l'invio di un dossier sul
prodotto, all'ISNP (Istituto Sperimentale per la Nutrizione delle Piante), che non
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essendo in grado e tanto meno tenuto, a fare verifiche dirette su quanto dichiarato,
realizzerà un archivio di auto dichiarazioni di conformità, chiedendo eventualmente
integrazioni, ove ci fossero dubbi ma sempre solo auto dichiarazioni cartacee.
Per chi conosce il settore, rilevare incongruenze in merito, non è certo difficile. Spesso
quanto riportato sui depliant promozionali del prodotto contempla componenti ed
affermazioni in contrasto con la normativa, che certamente non sono riportate su
quanto consegnato all'ISNP e sull'etichetta dello stesso prodotto.
Oggi nel sito dell'ISNP si trovano circa 1.600 prodotti. Un dato interessante che
evidenzia la crescita del settore ma sottolinea anche la pericolosità di un eccessivo
allargamento delle maglie, evidenziando la necessità di qualche controllo più puntuale.
Nella pratica, si ricorda che, la dicitura "consentito in agricoltura biologica" ed il
riferimento alla "CM n. 8/99", sulla confezione è l'unico elemento di verifica cui deve
fare riferimento operatore ed il suo organismo di controllo. Sempre sulla confezione
devono essere riportati tutti gli ingredienti utilizzati ma non per forza in ordine
decrescente di quantità.
Appare evidente quanto sia debole la garanzia richiesta ed esplicito il rischio di
concorrenza sleale tra le ditte produttrici e, soprattutto, quanto ciò porti ad appiattire le
differenze sostanziali che ci sono tra i diversi prodotti e tra le diverse ditte.
Per tutelarsi sulla qualità dei prodotti vale la pena affidarsi all'esperienza diretta di
tecnici ed operatori, non trascurando l'affidabilità della ditta produttrice e/o distributrice.
Affidabilità che si può verificare da tanti particolari quali, la completezza delle
informazioni fornite sui depliant o dai venditori (meglio se incentrate sulla corretta
tecnica e tempistica d'uso, piuttosto che sulle incredibili prestazioni), la chiarezza sulle
matrici utilizzate e la loro reale incidenza percentuale, il rispetto dei tempi di consegna,
l'umidità del prodotto alla consegna, l'omogeneità del prodotto all'interno dei sacchi e
della partita, l'assenza di muffe nocive, le condizioni dei sacchi che arrivano in azienda,
la stabilità delle prestazioni nel tempo, la variabilità dei prezzi in una stessa regione ed
in una stessa stagione.
Delle matrici presenti nel prodotto, è importante poi, avere informazioni sul trattamento
a cui sono state sottoposte per scegliere i prodotti in funzione degli obbiettivi tecnici
generali e le esigenze della coltura. Informazioni necessarie ad orientarsi in una scelta
che ormai è molto ampia.
- Uso dei prodotti ammessi
Il tipo e la quantità di prodotto da utilizzare sono conseguenti all'impostazione tecnica
con cui l'azienda affronta la conversione, all'attrezzatura disponibile al materiale
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facilmente reperibile in zona, ai costi. Per fare le dovute scelte, è importante
conoscere, oltre alla normativa, le caratteristiche dei prodotti con i relativi accorgimenti
per l'uso, in modo da sfruttarne a pieno il contributo che possono dare.
Come consiglio generale, è importante ricordare che i criteri di scelta dei fertilizzanti
prodotti dall'industria, devono essere gli stessi che guidano le scelte tecniche fin qui
descritte e cioè: ammendanti per sostenere il bilancio umico, concimi organici e
minerali per sostenere i fabbisogni specifici delle colture, concimi fogliari e coadiuvanti
come soccorso o perfezionamento della fertilizzazione, microelementi ed altri prodotti
particolari per affrontare temporanei problemi di carenza specifica.
E' bene ricordarsi che non esiste il prodotto risolutivo e non si possono chiedere
miracoli a qualche quintale di prodotto, quando non si mettono in pratica tecniche
agronomiche adeguate, all'interno delle quali va costruita la scelta. Affidare solo al
mezzo tecnico la riuscita della coltura equivale ad una cattiva gestione del prodotto
anche se tecnicamente valido.
Pure un utilizzo fuori tempo, il mancato o ritardato interramento, la distribuzione
approssimativa e disomogenea, un quantitativo troppo limitato o una cattiva
conservazione dei prodotti, portano al probabile risultato di azzerarne potenzialità e
contributo tecnico.
L'interramento, anche superficiale, di tutti i fertilizzanti organici, è indispensabile per la
loro efficacia e non va mai trascurato. Lo spandimento in copertura senza l'aiuto di una
sarchiatura, strigliatura o dell'effetto pacciamante dell'erba tagliata, può dimezzare il
contributo, se non addirittura, in assenza di piogge ed elevate temperature, vanificare
tutto l'investimento.
Anche la quantità ha il suo peso nell'efficacia dell'intervento. Dovendo fare i conti con i
costi crescenti di questi prodotti ed il bilancio aziendale, è corretto fare attente
valutazioni per evitare che uno scarso investimento sui fertilizzanti si trasformi da
risparmio a spreco.
Come estrema ratio è meglio dare una concimazione significativa, per quantità di
nutrienti o di sostanza organica e per omogeneità di copertura del suolo, su una coltura
in grado di valorizzarla economicamente ed agronomicamente, piuttosto che due
inefficienti e antieconomici interventi al risparmio, utili solo a non acquisire elementi
sufficienti sulla validità del prodotto usato.
Questa non è ovviamente un ricetta ma l'ennesima sottolineatura che tutte le scelte,
devono sempre rientrare in una strategia complessiva che fa perno sulla fertilità del
suolo, ricordandosi sempre che, investire sulla buona riuscita delle colture, sin dalla
fase di conversione, significa investire sulla fertilità del terreno, perché a buone rese
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corrispondono abbondanti restituzioni di residui di massa organica al terreno.
Una buona gestione agronomica dei fertilizzanti non è assolutamente secondaria per
migliorare la loro efficienza. Per esempio, anche in caso di somministrazione dell'intera
quantità di fertilizzante stabilita in presemina, è bene ricordare che, sarchiature,
rincalzature, strigliature e tutti gli interventi di ossigenazione del terreno aiutano la
mineralizzazione e quindi la disponibilità dei fertilizzanti organici.
Insomma, prima di bollare come inutile ed inefficace un prodotto, a cui, come detto,
non possono essere richiesti miracoli ma contributi, bisogna sempre avere la capacità
di analizzare in che contesto agronomico e in quale quantità è stato utilizzato.
- I Fertilizzanti : descrizione e utilizzo
E' molto importante conoscere le caratteristiche dei prodotti ammessi per farne un uso
tecnicamente appropriato in grado di dare risposte efficienti.
Di seguito viene riportata una carrellata partendo dalla tipologia di prodotto, sulla base
della normativa nazionale per rispondere alle esigenze di comprensione
Concimi azotati
Sono prevalentemente prodotti di origine animale in quanto sottoprodotti della
macellazione o sottoprodotti della lavorazione industriale delle pelli, a cui si
aggiungono borlande e panelli, questi ultimi molto poco presenti in commercio. Lo
scandalo "mucca pazza" ha potenzialmente restituito all'agricoltura una grande
disponibilità di questi sottoprodotti scandalosamente utilizzati per l'alimentazione
zootecnica che, invece, possono trovare giusta valorizzazione come concimi, dato che
per molti di questi, nelle parti di animale da cui provengono, non è stata riscontrata
presenza del prione. Fino ad oggi, nessuno è stato in grado di dimostrare un eventuale
passaggio del prione dal terreno alle radici e dalle radici alla pianta, anzi, ricerche in
merito, realizzate in Inghilterra, riportano rassicuranti risultati sulla mancata
trasmissione. In questa fase di grande confusione e paura si stanno adottando misure
precauzionali non sempre comprensibili perché più restrittive per i concimi destinati al
terreno che per la produzione di alimenti per animali di compagnia o, peggio, di
gelatine alimentari. Oggi tutte le parti di animale considerate a rischio sono mandate
direttamente all'ammasso dal macello. Sono utilizzate per la produzione di fertilizzanti
solamente quelle non interessate dal sistema nervoso simpatico o legate alla
lavorazione dei pellami.
A norma di legge, anche le materie prime non a rischio, prima di essere avviati alla
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lavorazione devono comunque subire un trattamento in autoclave previsto dalla Legge
508/92 e cioè essere sminuzzati in pezzi non superiori a 5 cm e sottoposti per 20
minuti ad una temperatura di 133 °C ad una pressione di 3 bar. L'estensione di questo
provvedimento a tutti i materiali di origine animale destinati alla produzione di
fertilizzanti, previsto da una circolare del Ministero della Sanità, renderà difficile
l'approvvigionamento di alcuni materiali come la cornunghia, provenienti quasi
esclusivamente da paesi asiatici, difficilmente in grado di rispondere a quei requisiti di
trattamento.
Molto spesso vengono impropriamente considerati fertilizzanti azotati anche: Pollina,
Farina di Pesce, Farina d'ossa e Borlanda, Questa catalogazione è legata all'uso
comune ma è un errore dare importanza solo alla componente azotata, non tenendo in
debita considerazione anche gli altri nutrienti presenti, per ruolo svolto e quantità che in
alcuni casi (Borlanda e Farina d'ossa) è decisamente significativa.
I concimi azotati sono caratterizzati da diversa velocità di mineralizzazione legata alle
caratteristiche del materiale di partenza ed ai trattamenti da questo subiti, che
condizionano la destinazione colturale e, soprattutto, la tempistica di somministrazione.
Relativamente alla velocità di cessione, anche per i fertilizzanti azotati il rapporto C/N
può essere una chiave di lettura sulla rapidità di cessione dei nutrienti. Fanno
eccezione la Lana ed il Cuoio che pur avendo C/N intorno a 4, non sono a rapida
cessione per la complessità della molecola. Trattamenti come l'idrolisi, la torrefazione e
la degelatinizzazione, aumentano la disponibilità dell'azoto contenuto.
Sono tutti prodotti con scarsa presenza di materiale ligneo cellulosico e quindi non in
grado di contribuire alla produzione di humus stabile pertanto il loro uso deve rientrare,
come più volte detto, in un piano di fertilizzazione equilibrato, calcolato sul bilancio
umico e sull'ottimizzazione della rotazione.
La normativa europea sui nitrati e l'applicazione del Reg. UE 1804/99, impongono che
non si devono superare i 170 Kg di Azoto per ettaro con deiezioni e concimi. Anche se
è sempre utile far notare la contraddizione che il recepimento italiano di detta
normativa, si limita gli apporti di Azoto organico ma non interviene su quelli di sintesi,
l'agricoltore biologico deve sapere che questo limite quantitativo è discriminante, anche
per il calcolo del carico animale ammesso dal 1804/99.
Di seguito una breve descrizione per tipo di matrice anche se sovente, la formulazione
commerciale prevede una miscela di matrici azotate. In questo caso la velocità di
mineralizzazione sarà media rispetto alle caratteristiche delle matrici riportate in tabella
1 ed alla loro incidenza ponderale nel formulato.
.
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Carniccio ed epitelio animale - noti come farina di carne o carniccio che è anche la
dicitura che compare in etichetta, attualmente per le questioni legate alla BSE l'unica
farina di carne utilizzabile è quella proveniente dal processo di lavorazione delle pelli.
Vengono sottoposti a trattamento di gelatinizzazione per migliorare la disponibilità degli
elementi nutritivi contenuti. In formulazione di scaglie e polvere solubile, forniscono
Azoto in tempi di rilascio medi che ne permettono sia un uso in pre semina sia un uso
in copertura. Carniccio fluido in sospensione ed epitelio animale, sottoposti ad idrolisi
chimica o enzimatica, sono anche la base di molti prodotti liquidi per trattamenti fogliari
o in fertirrigazione.
Farina di sangue - il trattamento termico più o meno spinto a cui viene sottoposto, ne
determina la velocità di cessione e la solubilità in acqua ma diminuisce la disponibilità
di ferro. In formulazione di polvere solubile o liquida è molto utilizzato in fertirrigazione
con velocità di cessione molto vicina ad un prodotto chimico. In forma di scaglie e
dopo aver subito un trattamento termico blando, perde velocità di cessione e solubilità,
necessita di interramento ma mantiene elevati contenuti di Ferro.
Pellami, pelli e crini - sono sottoprodotti della lavorazione del cuoio e dei pellami che
vengono sottoposti a torrefazione per aumentare la disponibilità di Azoto che può avere
un titolo anche superiore al 10%. L'Azoto contenuto è a lenta cessione (4/6 mesi) ma
difficilmente lisciviabile, quindi i prodotti comunemente detti a base di cuoio torrefatto,
vengono somministrati ed interrati sempre in pre semina o alla prima sarchiatura, per
sostenere cicli produttivi particolarmente lunghi . Generalmente sono prodotti
caratterizzati da una elevata presenza di Cromo trivalente dovuto ai precedenti
trattamenti di conservazione, non lisciviabile perché trattenuto dal potere assorbente
del terreno ma quantificabile in g/Kg. Come per ogni prodotto ma anche per queste
caratteristiche ne va fatto un uso ragionato. Per il suo alto potere inquinante, invece, il
Cromo esavalente non è ammissibile e deve risultare anche in etichetta come non
rilevabile.
Cornunghia - il materiale cheratinoso impone la torrefazione, trattamento termico
prolungato per aumentarne la disponibilità di Azoto, anche in questo caso molto
elevata. I prodotti a base di cornunghia torrefatta, sono a lenta cessione generalmente
in miscela con altre componenti organiche, da utilizzare con largo anticipo.
Lana - in agricoltura vengono utilizzati gli scarti di cardatura e lavorazione. Anche se
con titoli elevati di azoto è difficilmente commercializzata tal quale per la difficoltà di
spandimento e per la presenza di cheratina che rende difficile e lenta la trasformabile
da parte dei microrganismi terricoli. Più convenientemente utilizzata in miscela per la
produzione di organo minerali. Per le sue caratteristiche propone qualche difficoltà in
fase di compostaggio per cui, dopo un periodo di grande interesse per il basso costo
della materia prima, ne è diminuito significativamente l'uso da parte delle ditte
produttrici di concimi.
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Letame essiccato - anche questa è inserita come matrice ammissibile nel documento
di armonizzazione ma appare uno di quei prodotti difficilmente ammissibili se si rispetta
il dettato della CM del 10 ottobre del 95 che richiede provenienza da allevamento su
lettiera vegetale e, soprattutto compostaggio e non essiccazione del materiale.
L'essiccazione dopo compostaggio è un controsenso e la stessa la presenza di paglia
rende improbabile la convenienza all'essiccazione che invece è solitamente fatta sulle
deiezioni degli animali allevati in gabbia.
>
Tab. 1 - VELOCITÀ INDICATIVA DI MINERALIZZAZIONE
DELL'AZOTO DI ALCUNI FERTILIZZANTI
Molto rapida:
SANGUE FLUIDO
IDROLIZATI PROTEICI
Rapida:
BORLANDA FLUIDA
FARINA DI PESCE
POLLINA
SANGUE ESSICCATO
PANELLI
Medio lenta:
BORLANDA
FARINA DI CARNE
CUOIO TORREFATTO
Lenta:
LANA
CUOIATTOLI
FARINA D'OSSA
PELLICINO
CORNUNGHIA TORREFATTA
Lentissima:
CORNUNGHIA
PENNONE
Rielaborazione Sol.Eco.
.
Concimi organici NP
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E' la categoria prevista dalla L 748/84 in cui ricadono Pollina, Farina di pesce e farina
d'ossa. I concimi organici NP contengono Azoto organico e Fosforo di origine animale
o vegetale, oltre che a diversi altri elementi tra cui il Potassio, dichiarabile in etichetta
solo se il prodotto è miscelato con Borlanda. Anche per questa categoria esiste la
miscela di concimi organici NP la cui matrice principale è quasi sempre la pollina, a cui
può essere aggiunto anche del concime organico azotato per alzare il titolo in Azoto
fino al 6/8% nel qual caso il prodotto diventerà miscela di concime organico NP + N.
Pollina - La Pollina è ed è stata, il fertilizzante più noto e reperibile dell'agricoltura
biologica italiana. E' il concime organico più completo ed equilibrato, in nutrienti e
sostanza organica apportata, sempre che la pollina venga trattata conformemente a
quanto richiesto dalla normativa (pollina da lettiera vegetale e compostata). Nei prodotti
in commercio il titolo in Azoto generalmente oscilla tra il 3 e il 4%, da 2,5 a 4% quello
in P 2 O 5 , da 2 a 3,5 per il K 2 O e intorno al 60% la S.O. L'azoto contenuto è
rilasciato in tempi rapidi, accelerati da temperatura ed ossigenazione, come per ogni
altro fertilizzante organico. Le sue caratteristiche conferiscono al prodotto una certa
elasticità tanto da poter essere somministrato sia in pre semina sia in copertura. Se di
buona qualità, intesa come rispetto dei parametri sopra citati, materiale di partenza e
preparazione, la pollina è certamente il miglior compromesso tecnico tra necessità di
contributo in elementi nutritivi e sostanza organica umificabile.
Farina di pesce - è detta anche guano di pesce, pur non avendo nulla a che vedere
con gli escrementi di uccelli acquatici, presenti con probabilità pressochè nulla nei
concimi organici in commercio per l'agricoltura, per problemi di quantità disponibili e
costi. Più probabile invece la loro presenza sempre parziale in preparati per uso
domestico. E' comunemente miscelata a panelli vegetali. Oltre ad Azoto, P 2 O 5 e K 2
O, intorno al 3%, vanta elevate disponibilità, nell'ordine del 5%, di Magnesio, Calcio e
Zolfo. Pur con quantità di S.O. umificabile contenute, ha caratteristiche tecniche d'uso
molto simili alla pollina.
Farina d'ossa - è la triturazione delle ossa da cui, per i noti motivi di BSE è esclusa
la colonna vertebrale e la testa, che porta ad un prodotto caratterizzato da un elevato
titolo di P 2 O 5 ed ottimo rapporto Ca/P, tanto da essere per lungo tempo introvabile
per l'agricoltura, perché destinato alla mangimistica. Le ossa vengono sgrassate e
degelatinizzate per migliorare la disponibilità di Fosforo che è comunque superiore a
quella di Fosforiti e Scorie Thomas. La degelatinizzazione aumenta la disponibilità di
fosforo ma diminuisce il titolo in azoto. Per questo motivo, in commercio si trovano
prodotti con titolo in azoto dal 3 ed al 5% e P 2 O 5 dal 16 al 20%.
Concimi organici NK
Sono costituiti da borlande quali sottoprodotti della distillazione in forma fluida e solida.
Possono presentarsi in miscela con concimi organici azotati (Farina di carne e cuoio
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torrefatto) per elevare il titolo in azoto.
Attenzione perché sotto la voce "borlanda" vengono commercializzati anche molti
sottoprodotti industriali, non ammissibili e pericolosi perché contenenti inquinanti .
Borlanda - è il caso eclatante di quanto detto sulla scarsa considerazione dei nutrienti
presenti oltre all'Azoto. Ha fosforo in percentuali trascurabili ma ha quantità di Potassio
anche più del doppio dell'Azoto presente (N 3 K 6.5), tanto da doverlo considerare
soprattutto un concime potassico. In forma liquida, come risulta della lavorazione di
zucchero e frutta, viene offerta "chiavi in mano" ed il costo unitario, comprensivo della
distribuzione in campo, è molto conveniente. Però per le quantità somministrate, il
massiccio contributo in Potassio, utile per alcune produzioni, richiede almeno
alternanza d'uso ed un riequilibrio, negli anni successivi e comunque calcolato nel
piano di fertilizzazione. In questa forma è particolarmente rapido e funziona in
copertura, in pre semina o distribuito sulle paglie per favorirne la disgregazione.
Quest'ultima appare la gestione tecnicamente più valida e corretta.
Quando proveniente da vinacce è un prodotto sottoposto a compostaggio, con titolo
simile al precedente ma con in più un apporto significativo di sostanza organica
umificabile. I tempi di rilascio dell'Azoto contenuto sono da considerarsi medi e per
queste caratteristiche è un prodotto da somministrare in presemina.
- Concimi minerali fosfatici - Sono principalmente farine di estrazione minerale con
diversa qualità dell'elemento contenuto e presenza di metalli che caratterizzano la
zona di provenienza. Per il Fosforo il prodotto più comune è la fosforite, utilizzabile tal
quale solo in terreni a reazione pH tendenzialmente acida. Stessa valutazione per le
scorie di defosforazione (Scorie Thomas), molto criticate per la loro provenienza
industriale. Sia le Fosforiti a seconda del giacimento di provenienza, sia le Scorie
Thomas, a seconda del processo di lavorazione industriale, presentano livelli qualitativi
differenti e presenza di metalli pesanti. Per le fosforiti non sono ammesse quantità di
Cadmio superiori a 90 mg/Kg di P 2 O 5 .
L'allegato contempla anche il Fosfato allumino calcico, proveniente dalla macinazione
e trattamento al calore di rocce fosfatiche, utilizzabile solo in terreni con reazione pH
maggiore di 7,5 che però in Italia si trova con molta difficoltà.
- Concimi minerali potassici - Oltre alla già citata Borlanda, in commercio si trova il
Solfato potassico magnesiaco e, di recente ammissione nel biologico, su esplicita
richiesta dell'Italia, il Solfato di Potassio di estrazione mineraria, indispensabile quando
la carenza di Potassio è legata all'antagonismo con il Magnesio. Quest'ultimo, dotato di
una certa solubilità, è utilizzabile anche in fertirrigazione con qualche accorgimento
tecnico. Inoltre il disciplinare contempla anche i sali grezzi di potassio, come la Kainite
e la Silvinite. Anche questi contengono dosi di Magnesio ma anche Cloro che non deve
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i prodotti ammessi per la fertilizzazione
superare il 3% perché rischioso in dosi eccessive su molte colture.
- Concimi organo minerali - Per superare problemi di disponibilità legati a condizioni
di pH alcalino, le ditte forniscono il prodotto in miscela con un concime organico
azotato, generalmente Lana o carniccio, per aumentarne la disponibilità. Ne esce un
concime organico NP con rapporto Azoto/Fosforo di 1/2,5 o 1/3 (N 4/5; P 2 O 5 12)
che cerca di sfruttare, per il fosforo, l'azione solubilizzatrice della sostanza organica. In
commercio anche molti organo minerali contenenti K 2 O oltre ad azoto e fosforo, per
l'aggiunta di Solfato Potassico o Solfato Potassico Magnesiaco, nel qual caso in
etichetta, affianco ai titoli compare un "+Mg".
- Concimi contenenti altri elementi - Generalmente molti meso e micro elementi
sono presenti in ammendanti e concimi con matrice organica o, come detto, quale
componente aggiuntiva di un determinato minerale o come residuo di processi di
lavorazione ma è possibile anche somministrarli in purezza. Per esempio Ferro e Zolfo
sotto forma di solfati sono commercializzati in purezza o in miscela con letame e/o
residui vegetali.
Per gli oligoelementi c'è l'imbarazzo della scelta per la quantità di prodotti in
commercio, quasi sempre in forma liquida o di polvere solubile. Anche perché l'allegato
secondo fa riferimento ad una direttiva comunitaria che praticamente li ammette tutti.
Se necessari, è opportuno evitare le miscele polivalenti, in quanto l'eventuale carenza
è quasi sempre specifica e legata a carenze strutturali (es. Boro) o di immobilizzazione
(es. Magnesio). E' bene sempre ricordare che se si lavora bene sulla sostanza
organica, nel tempo questi problemi devono diventare marginali.
- Coadiuvanti - Si entra in un terreno minato dove il rischio di comprare acqua fresca
o ormoni di sintesi mascherati, è molto alta. Non c'è nutrizione diretta ma azione
biostimolante, importante nei momenti di stress e come sostegno alle fasi critiche della
produzione, in particolare la fioritura e l'allegagione.
L'azione "biostimolante" è di difficile quantificazione ma è molto efficace e per questo
oltremodo propagandata nella promozione di formulati commerciali evidenziando titoli
in azoto intorno al 9%, che nei dosaggi utilizzati corrispondono a quantità praticamente
insignificanti, tanto da far considerare erroneamente questi prodotti surrogati dei
fertilizzanti.
Oltre agli acidi umici, che per la nostra normativa non possono provenire da
Leonardite, i prodotti più importanti che ricadono in questa categoria, sono gli idrolizzati
proteici (IP). Sono prodotti ampiamente presenti sul mercato italiano, essendo noi i
primi produttori europei per quantità e qualità, per i quali sembra esserne
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i prodotti ammessi per la fertilizzazione
incomprensibilmente messa in discussione l'ammissibilità dall'UE.
Il sistema di produzione prevede l'idrolisi enzimatica o chimica delle materie prime che
sono riconducibili sostanzialmente ai cuoiattoli ed al carniccio. La differenza delle due
tecniche è la racemizzazione del radicale. In forma levogira (L) con l'idrolisi enzimatica
ed in forma mista cioè L e Destrogira (D) con l'idrolisi chimica. La forma L sembra
essere preferita dalle piante per assorbimento diretto senza ulteriore lavoro di
metabolizzazione e per questo particolarmente indicata per via fogliare, anche se va
detto che la pianta è in grado di assorbire entrambe le forme. La somministrazione per
via radicale azzera le differenze in quanto solo una piccola parte, circa il 5% è
assorbito direttamente dalle radici mentre il restante è prima metabolizzato dai
microrganismi terricoli e poi messo a disposizione della pianta. Non tutti condividono
questa impostazione anche perché in caso di buoni prodotti, in campo non si
riscontrano differenze sostanziali.
Proprio a tutela dei buoni prodotti, sarebbe molto utile che sull'etichetta comparisse
l'amminogramma, cioè la composizione in amminoacidi per comprendere la reale
potenzialità biostimolante e anti stress. Sembra per esempio che gli IP senza o con
poca Prolina, sarebbero inefficaci per la funzione anti stress e di supporto
all'allegagione.
Inoltre è importante che sia evidenziato il grado di idrolisi determinante per il peso
molecolare che a sua volta è indicativo per la specificità d'uso fogliare o radicale. Un
alto grado di idrolisi produce catene corte facilmente assimilabili per via fogliare mentre
l'alto peso molecolare deve passare necessariamente per il terreno.
In ultimo va chiarito che l'azione ormonosimile di attivazione dei processi enzimatici
fondamentali che agiscono sulla vitalità del polline, sulla moltiplicazione cellulare ecc.,
è relamente efficace, quindi la pianta così stimolata deve poi trovare altro sostegno per
la sua attività.
- Fertilizzazione e applicazione del regolamento
A termine di questa carrellata sulla fertilizzazione, è utile anche una riflessione estesa
al sistema di controllo.
Il principio di base nella fertilizzazione, per il metodo di agricoltura biologica è, dunque,
restituire almeno il quantitativo di S.O. che si è mineralizzata. Come già detto, un
bilancio umico che, dopo qualche anno, chiude in negativo non è assolutamente
compatibile con il metodo di agricoltura biologica. Si può affermare con assoluta
certezza che l'azienda che ha un bilancio umico in perdita, non pratica il metodo di
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i prodotti ammessi per la fertilizzazione
agricoltura biologica anche se molti organismi di controllo, probabilmente,
continueranno a certificarne le produzioni, se non rilevano non conformità rispetto
all'uso di prodotti, alla presentazione della documentazione richiesta o positività alle
analisi sui residui, del prodotto finale.
La mancata tutela della risorsa terra, è forse la più grave non conformità di un'azienda
biologica, perché non rispetta il principio tecnicamente ed eticamente più importante di
questo metodo di produzione.
Si ripresenta il dualismo di interpretazione tra corretta applicazione agronomica del
metodo di agricoltura biologica, che porta alla valorizzazione della risorsa terra ed alla
qualità delle produzioni, e applicazione delle procedure di controllo e certificazione.
Neanche l'evoluzione del regolamento, viene a sostegno di questa tesi, perché sempre
più incentrato su elenchi di ammissibilità, lasciando alla definizione agronomica del
metodo, solo poche righe, pur significative, nell'allegato primo.
Sotto la necessaria azione di vigilanza di Ministero e Regioni e, sotto la spinta degli
organismi di accreditamento volontario, quali il SINCERT , le procedure di controllo si
stanno sempre di più appiattendo e ingessando, sulla pedissequa applicazione della
normativa UNI CEI EN 45011 . Il risultato è la produzione di volumi enormi di carte che
finiscono per spaventare e infastidire l'operatore.
L'efficacia dell'azione di controllo è lasciata alla serietà degli organismi di controllo che,
è noto, non sono tutti uguali in campo ma tutti ormai più o meno capaci di mettere a
posto le carte.
Adeguando le procedure di controllo del biologico all'esclusiva ricerca di "numeri",
siano essi di residui nel prodotto, di chilogrammi utilizzati o di mancate comunicazioni,
si cerca di dare massima garanzia al consumatore sul non uso o meglio sull'assenza
finale, della chimica di sintesi, che è certamente un'aspettativa del consumatore,
trascurando però l'altro fondamentale valore aggiunto del prodotto biologico, che è la
salvaguardia del territorio. Cioè quel concetto, che da solo contiene tutti i valori
dell'agroecologia, a garanzia di risorse durevoli e che rende l'agricoltura biologica,
strumento dello sviluppo rurale a beneficio di tutti.
In questo modo si corre il serio rischio di appiattire la garanzia proposta dal biologico,
solo su di un rilievo analitico del residuo, raggiungibile ugualmente da una buona
applicazione della lotta guidata o integrata, piuttosto che esaltare un valore etico e
culturale di un prodotto che grazie alla corretta applicazione del metodo di produzione,
si fa garante della salute del consumatore e del territorio in cui è stato realizzato.
Sui parametri esclusivamente numerici, scollegati dal territorio di provenienza e dal
relativo impatto, i sistemi qualità adottati per esempio, da alcune catene di distribuzione
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i prodotti ammessi per la fertilizzazione
a marchio della GDO o da grandi ditte promotrici di genuinità, sono sicuramente più
attrezzati e non solo perché sostenuti da campagne pubblicitarie capaci di comunicare
e valorizzare tutto il meglio ma anche per la possibilità di autoscegliere i parametri di
cui si fanno garanti.
Da qui l'urgente necessità di ricalibrare il controllo sulla corretta applicazione del
metodo e far conoscere al consumatore marchi riconosciuti, legati a disciplinari con
standard produttivi e valori etici in grado di garantire, tramite la certificazione la "qualità
globale" che solo l'applicazione del metodo di agricoltura biologica può dare.
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