La diffusione di Ferenczi in Francia

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La diffusione di Ferenczi in Francia
Judith Dupont
LA DIFFUSIONE DI FERENCZI IN FRANCIA
pubblicato in
C. Bonomi (a cura di), Sándor Ferenczi e la psicoanalisi contemporanea, Roma: Borla, 2006.
Ferenczi faceva parte del gruppo degli psicoanalisti più vicini a Freud ed era
considerato se non il più prestigioso, certamente quello più dotato di fantasia e il più creativo.
Verso la fine della sua vita egli ha imboccato delle vie che Freud disapprovava, ma che oggi ci
appaiono come le basi della teoria e della tecnica contemporanee. Ai suoi tempi egli è stato
l’unico ad esplorare questi percorsi; Otto Rank aveva imboccato la stessa direzione con il suo
Trauma della nascita e con le idee che ha poi ulteriormente sviluppato negli Stati Uniti. Sono
questi i due ricercatori che hanno messo in luce la primordiale importanza del periodo
preedipico e della relazione primaria con la madre. Per Freud era difficile riconoscerne
l’importanza perché gli sembrava di sminuire la portata del complesso di Edipo come causa
prima dell’intera patologia.
Così, i seguaci più ortodossi di Freud, videro Ferenczi e Rank come dei pericolosi
deviazionisti. Rank scelse l’allontanamento e la rottura. Ferenczi non poté risolversi a
sacrificare la sua amicizia con Freud e preferì sacrificare la sua relazione con Rank,
proseguendo comunque la sua linea di ricerca. Dopo la loro morte, Ernest Jones chiuse la
faccenda sbrigativamente, dichiarando che i due ribelli erano dei malati di mente e che
pertanto i loro lavori non meritavano alcuna attenzione e considerazione. Del resto, lo stesso
Freud non era poi così lontano dal pensarla allo stesso modo. La parte prevalente della
comunità psicoanalitica diede credito a questa tesi e si disinteressò di questi due autori. La
famiglia di Ferenczi, per la precisione Gizella Ferenczi e le sue due figlie, Elma e Magda,
chiesero a Michael Balint, amico e collaboratore di Sándor Ferenczi, di prendersi cura della
sua eredità letteraria. Così, egli entrò in possesso degli scritti e di appunti non pubblicati di
Ferenczi, ed anche del suo Diario scritto nel corso dell’anno 1932, di cui nessuno all’epoca
sospettava l’esistenza. Questo diario conteneva osservazioni e riflessioni cliniche e teoriche di
Ferenczi, in forma dattilografata, destinate probabilmente ad essere pubblicate al momento
opportuno. Ma contenevano anche alcuni passaggi scritti a mano, in cui Ferenczi analizzava la
sua relazione con Freud, talvolta in termini molto disincantati; probabilmente egli pensava di
riservarli ad una diffusione più confidenziale.
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Nel 1939, Balint portò con sé in Inghilterra sia il diario che le lettere che Freud aveva
scritto al suo amico nel corso dei 25 anni della loro amicizia. Su richiesta di Gizella, che
auspicava la pubblicazione di questa corrispondenza, Anna Freud acconsentì a consegnargli
anche le lettere di Ferenczi a Freud. Balint acquisì in tal modo l’intera corrispondenza, ma per
poterla pubblicare aveva bisogno del consenso di Anna Freud e della sua famiglia.
Nel frattempo, l’opera di Ferenczi era praticamente caduta nell’oblio un po’ ovunque,
anche in Ungheria. Nel 1949, Balint riuscì a far pubblicare un numero de l’International
Journal of Psychoanalysis, interamente consacrato a Ferenczi, ma la cosa non suscitò alcun
clamore.
In Francia una delle prime citazioni di Ferenczi si trova in un lavoro di Daniel Lagache
del 1952, intitolato Il problema del transfert. Lagache lo cita abbondantemente e spesso lo
associa a Rank, mettendo in evidenza come questi due autori avessero lavorato nella stessa
direzione, sia collaborando, come in Prospettive di sviluppo della psicoanalisi, sia procedendo
ciascuno per conto proprio. Va sottolineato che Lagache intratteneva un’amichevole relazione
con Michael Balint, apprezzandone il lavoro. Ora Balint s’inseriva a pieno titolo nella linea di
Ferenczi, senza dimenticare che egli non tralasciò mai occasione per richiamare l’attenzione
sui lavori di quest’ultimo.
Anche Jacques Lacan è stato un attento lettore di Ferenczi. Fin dal 1953, nella sua
relazione al Congresso di Roma, egli si richiama alla Confusione delle lingue tra gli adulti e il
bambino, il controverso articolo letto da Ferenczi al congresso di Wiesbaden. Lacan menziona
di nuovo Ferenczi in un articolo del 1966, A conclusione del soggetto in esame, per criticarlo.
Nel 1955, in Variazioni dalla terapia-tipo, Ferenczi è nuovamente ed a lungo citato, a
proposito del vissuto dell’analista nel corso della terapia; in Situazione della psicoanalisi e
formazione dello psicoanalista nel 1956, Lacan rievoca il risentimento di Jones nei riguardi di
Ferenczi; nel 1958, in La direzione della cura e i principi del suo potere, critica la nozione di
introiezione. Insomma, pur non condividendo tutte le opinioni di Ferenczi, Lacan è
sufficientemente perspicace da rendersi conto che le idee di Ferenczi possono promuovere un
dibattito fecondo.
Nel 1961, Vladimir Granoff consacra a Ferenczi un articolo nel n° 6 della rivista La
Psychanalyse, intitolato Ferenczi: falso problema o vero incompreso. L’articolo segue una
traduzione di Vera Granoff, della Confusione delle lingue, senza dubbio la prima in francese.
Granoff affronta di petto il “problema Ferenczi” così com’è percepito dalla comunità
psicoanalitica, egli ne studia l’aspetto storico e passa in rassegna tutti gli elementi importanti
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della teoria di Ferenczi. Egli rievoca la rivalità di Jones verso Ferenczi, sia nei confronti
dell’amicizia di Freud, sia in rapporto alla presidenza del movimento psicoanalitico. L’autore
analizza quindi la complessa relazione tra Freud e Ferenczi, esamina dettagliatamente
Thalassa, l’opera di Ferenczi che Freud apprezzava oltremodo e, per finire, affronta la
nozione di trauma in Ferenczi e le differenze che essa presenta con la teoria freudiana,
commentandone le conseguenze pratiche. Una delle sue frasi riassume molto bene la visione
che egli ha di Ferenczi e Freud: «Se Freud ha inventato la psicoanalisi, Ferenczi ha fatto la
psicoanalisi».
All’inizio degli anni 1960, Balint mi ha fatto un dono prezioso regalandomi una serie
di opere di Ferenczi in ungherese, in edizione originale, che egli possedeva in doppia copia.
Tra di esse, Thalassa, libro che è stato pubblicato in ungherese dalla casa editrice di mio
padre, le Editions Pantheon, con il titolo di Catastrofi nello sviluppo della vita sessuale.
Questo libro mi ha completamente sedotta. Mi ha divertito e interessato, era una specie di
fantasia bio-psicologica che parlava all’immaginazione. Ho dunque deciso di tradurlo. Io non
ero al corrente del fatto che stavo intralciando il cammino della mia collega Ilse Barande,
anche lei intenta a leggere il testo e a tradurlo. Ma grazie alla priorità della mia richiesta fatta a
Balint, il rappresentante letterario di Ferenczi, e alle mie relazioni privilegiate con lo stesso,
sono stata io ad ottenere i diritti di traduzione. Contemporaneamente, sempre con l’aiuto di
Balint, mi sono messa alla ricerca di un editore. Non è stato facile: perché pubblicare Ferenczi
che non interessa nessuno? Le Presses Universitaires, dopo una pausa di riflessione, si
rifiutarono di accollarsi questo rischio.
È a questo punto che sono intervenuti due “franco-ungheresi”, Nicolas Abraham e
Maria Torok, che avevano letto Ferenczi e lo stavano integrando a modo loro nell’ambito
della loro teoria. Dato che conoscevano bene Gérard Mendel, responsabile della collana
psicoanalitica presso le edizioni Payot, sono riusciti a convincerlo a pubblicare Thalassa, e
poi, eventualmente, il resto dell’opera di Ferenczi. Così agli inizi degli anni’60 le edizioni
Payot lo pubblicarono con l’ammiccante titolo Thalassa, psicoanalisi delle origini della vita
sessuale. Era stato convenuto che se si fosse venduto molto bene, essi avrebbero pubblicato
un primo tomo delle Opere Complete, poi all’occorrenza un secondo, e così di seguito.
Thalassa, preceduta da un’introduzione di Nicolas Abraham, fu un successo enorme, in
particolare, a causa del titolo, che consentì di venderlo perfino nei chioschi delle stazioni.
Certi lettori devono essere stati amaramente delusi.
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La traduzione di quest’opera è stata riveduta e corretta successivamente e pubblicata
nel III tomo delle Opere Complete con il titolo originale tedesco, Thalassa, saggio sulla teoria
della gentialità – oltre a rimanere disponibile anche nella prima forma, arrivata alla sua quinta
o sesta riedizione. Comunque sia, fu così deciso di pubblicare progressivamente le Opere
Complete di Ferenczi in quattro volumi. È stato Michael Balint a stabilire la suddivisione
degli articoli nei quattro volumi ed è stato sempre lui a scrivere la prefazione dei primi due. Io
ritengo che abbia fatto un errore scartando le note di lettura di libri che oggi non sono
praticamente più letti ed alcuni articoli che a suo parere sembrava avessero perso il loro
interesse. La mia collega traduttrice, Myriam Viliker, e io stessa decidemmo di reintegrare gli
articoli scartati, ma non le note di lettura. Oggi, sono convinta che anche noi abbiamo avuto
torto. Un’edizione completa dovrebbe essere veramente completa.
Nel frattempo le due figlie di Gizella si resero conto che sia loro due che Michael
Balint stavano andando in là con l’età e che bisognava trovare un successore per rappresentare
l’eredità letteraria di Ferenczi. Esse hanno ritenuto che io fossi adatta a questo ruolo e Balint
fu d’accordo. Io rimasi commossa ed onorata della fiducia che mi era stata concessa.
Michael Balint è morto alla fine del dicembre 1970. La sua vedova, Enid Balint, mi
consegnò tutti i documenti di Ferenczi, i testi, le corrispondenze con gli editori e con Elma
Laurvik, la figlia maggiore di Gizella, i resoconti, ad eccezione di due testi maggiori, il Diario
clinico di Ferenczi e la sua corrispondenza con Freud. Mi garantì che Balint stesso si era
augurato che fosse lei l’unica responsabile di questi due scritti. Balint non mi aveva mai detto
niente a riguardo, ma conoscendo Enid, non avevo alcuna ragione per dubitare della sua
affermazione, e così accettai temporaneamente questa restrizione.
D’altra parte avevamo ancora molto lavoro da sbrigare per la pubblicazione dei tomi
III e IV delle Opere Complete. Myriam Viliker e io stessa abbiamo tradotto i tomi II e III, poi
il gruppo di traduzione del Coq-Héron, una rivista che io ho fondato nel 1969 e che era
specializzata nelle traduzioni di testi introvabili in francese, ha ripreso il lavoro per il tomo
IV. Dopo il tomo IV, abbaimo deciso di intraprendere la traduzione del Diario Clinico a
nostro rischio, senza sapere se, quando e come sarebbe stato pubblicato.
Ho così scritto a Enid Balint per informarla che mi era difficile essere la rappresentante
letteraria di un autore senza avere il diritto di prendere visione della sua produzione letteraria
per intero. Lei ne convenne e mi fece pervenire l’originale tedesco del Diario Clinico,
informandomi che si riprometteva di sottoporre questo testo ad un giudizio imparziale per
decidere se era il caso o no di pubblicarlo. Per questo si indirizzò a due colleghi tedeschi, i
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signori Mitscherlich, i quali dichiararono che il Diario Clinico era troppo intimo e suscettibile
di essere attaccato dagli avversari di Ferenczi, per essere pubblicato. Tuttavia noi ci
mettemmo a tradurlo ugualmente affinché ci fosse un testo francese disponibile appena la
pubblicazione fosse parsa opportuna.
Michael Balint aveva sperato di pubblicare il Diario insieme alla corrispondenza
Freud-Ferenczi, ritenendo giustamente che ognuno dei due testi chiarisse l’altro. Anna Freud
non voleva però autorizzare una pubblicazione integrale, l’unica valida agli occhi di Balint, e,
ad alcuni seguaci di Ferenczi ripugnava di vedere divulgate le complesse vicende della sua
vita amorosa, di cui la corrispondenza forniva un ampio resoconto. I membri del gruppo di
traduzione ebbero allora l’idea di tradurre in francese e pubblicare il più rapidamente possibile
la corrispondenza tra Ferenczi e Groddeck, sulla quale non pesava alcun divieto e dove
figurava tutta la storia degli amori di Ferenczi. Lo scandalo tanto atteso non ebbe luogo.
Ferenczi era diventata una figura storica la cui vita privata non accendeva più passioni.
Anna Freud morì nel 1982 e il resto della famiglia Freud non si oppose più alla
pubblicazione della corrispondenza. Dato che i due ostacoli erano stati così rimossi, divenne
infine possibile pubblicare il Diario e la Corrispondenza. La mole di quest’ultima era però
enorme - comprendeva 1250 lettere - e ci poneva non pochi problemi; abbiamo perciò deciso
di pubblicare il Diario, la cui traduzione era stata portata a termine. Il Diario Clinico apparve
per la prima volta in francese nel 1985, nella sua versione integrale, comprendente i passaggi
manoscritti, dove Ferenczi affronta la sua relazione con Freud. Tutto ciò fu accolto con
interesse, emozione e rispetto.
In seguito fu costituito un comitato per la pubblicazione della Corrispondenza FreudFerenczi, incaricato di trovare degli editori nelle diverse lingue, i commentatori ed i fondi per
pagarli. Per mettere tutto a posto, Enid Balint convocò tutti i membri del Comitato una
domenica a Londra, per esaminare la corrispondenza e trovare delle soluzioni. Arthur
Rosenthal, il direttore della Harvard University Press venne dagli Stati Uniti; André Haynal da
Ginevra. Ilse Simitis, che rappresentava le Edizioni Fischer, arrivò dalla Germania. Mark
Paterson, il direttore del Copyright Freud venne dal suo villaggio di Wivenhoe ed io da Parigi.
Enid Balint aveva fatto portare dalla cassaforte della sua banca la valigia nera dove si sarebbe
dovuta trovare la corrispondenza. Noi l’aprimmo solennemente ... ma la corrispondenza non
c’era. Enid telefonò alla banca per informarsi se c’era un’altra valigia in cassaforte, e le fu
risposto che non ce n’era un’altra. La corrispondenza era perduta. Noi eravamo costernati.
Enid cominciò a telefonare a tutte le biblioteche universitarie dove Michael Balint avrebbe
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potuto depositare la corrispondenza: ogni risposta fu negativa. Per fare del nostro meglio,
esaminammo il contenuto della valigia nera – pur sempre molto interessante - e ripartimmo
per i nostri rispettivi paesi.
Il giorno successivo, Enid Balint in persona si recò alla banca e trovò la seconda
valigia nera nella sua cassaforte: l’impiegato interpellato il giorno prima si era basato sulla sua
memoria e non era andato a verificare di persona. Trovare degli editori non fu semplice; la
Harvard University Press avrebbe voluto remunerare bene la traduzione, ma non l’apparato
editoriale. Fischer adottò posizione analoga, ma avrebbe auspicato anche l’imposizione di un
suo curatore. In Francia, Payot et Gallimard, interpellati in merito ad un’edizione comune,
desistettero davanti alla mole impressionante rappresentata da quell’enorme corrispondenza.
Infine, un editore austriaco, Böhlau, accettò di pubblicarla. Per la Francia, il problema restò in
sospeso. Il gruppo di traduzione del Coq-Héron decise di mettersi ugualmente al lavoro. Per il
lavoro editoriale si presentò un giovane austriaco, Ernst Falzeder, che fece una prova e fu
accettato, mentre Eva Brabant, di origine ungherese, fu più specificatamente incaricata per le
ricerche in Ungheria. André Haynal e un collega austriaco si fecero carico della messa a punto
finale dei commenti editoriali; ma l’aiuto di quest’ultimo si fece attendere così a lungo che
André Haynal portò a termine l’intero lavoro da solo. In extremis, i due curatori si videro
aggiungere un terzo, che, abitando a Vienna, avrebbe potuto dimostrarsi molto utile. La sua
collaborazione fu così insignificante che si può dire che il suo nome compare nei tre volumi
dell’opera essenzialmente a titolo decorativo. Si trattava dunque di trovare in che modo
pagare Ernst Falzeder e Eva Brabant. Per il primo, André Haynal riuscì ad ottenere una
sovvenzione dall’Università di Ginevra. Ugualmente, gli riuscì di far attribuire alla seconda
un aiuto non trascurabile, che completò la somma grazie alle donazioni raccolte per la
generosità delle diverse associazioni psicoanalitiche e d’un certo numero di colleghi. La parte
più cospicua ci arrivò per l’interessamento di due associazioni canadesi, una francofona,
l’altra anglofona. In Francia è stata l’Associazione Internazionale di Storia della Psicoanalisi
che fece lo sforzo più grande per venire in nostro aiuto. Nel frattempo, una collaboratrice delle
edizioni Fischer, la signora Meyer-Palmedo, riprese, perfezionò e concluse la trascrizione
delle lettere di cui una prima porzione era stata realizzata da Michael Balint. È su questa
versione che il nostro gruppo ha lavorato, ricorrendo di tanto in tanto alle fotocopie degli
originali. (Le lettere originali attualmente si trovano nella Biblioteca Nazionale Austriaca).
André Haynal, dopo aver risolto lo spinoso problema del finanziamento dei curatori, lavorò di
gran lena con loro per completare, mettere in forma e unificare l’apparato editoriale.
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Uno dei suoi amici, lo storico e giornalista François Fejtö, stava pubblicando un’opera
presso Calmann-Lévy. Egli colse l’occasione per menzionare la corrispondenza FreudFerenczi, e per segnalare che, a quanto pareva, nessun editore in Francia se ne stava
interessando. Il direttore delle edizioni Calmann-Lévy pensò che sarebbe stata una cosa
eccellente per il prestigio della casa editrice, anche se non era un buon investimento
finanziario e si propose di pubblicarla. La traduzione era già ben avviata, ed un primo volume,
sui tre previsti, potè essere pubblicato nel 1992. Ancora una volta, la prima a comparire è stata
l’edizione francese e il successo di vendita fu cospicuo. Essa fu poi seguita dall’edizione
inglese e molto più tardi da quella tedesca, la lingua originale. Varie opere hanno contribuito a
far conoscere Ferenczi in Francia. Per prima segnaliamo quella di Ilse Barande del 1972
semplicemente intitolata Sándor Ferenczi. Nel 1974, è Eva Brabant, futura curatrice della
corrispondenza Freud-Ferenczi, a pubblicare da Harmattan un’opera ampiamente consacrata
all’opera di Ferenczi: Ferenczi e la scuola Ungherese di Psicoanalisi. Poi uno psicoanalista
francese, Claude Lorin, s’intéressò agli scritti pre-psicoanalitici di Ferenczi, articoli che
indicano in modo molto chiaro il futuro indirizzo che perseguirà il loro autore. Nel 1983, egli
ne pubblicò degli ampi estratti, accompagnati da un commento, presso Aubier Montaigne.
Attualmente, è l’unico accesso del lettore francese a questi articoli, che un giorno forse
saranno pubblicati nella loro versione integrale. Nel 1985, Pierre Sabourin ha fatto comparire
nelle Editions Universitaires il suo testo Ferenczi, paladino e GranVizir segreto. Era stato
Freud che in una delle sue lettere aveva chiamato così Ferenczi. Sabourin, un membro del
gruppo dei traduttori del Coq-Héron, è stato il primo autore a poter disporre per la sua
biografia del Diario Clinico e della Corrispondenza Freud-Ferenczi, di cui era uno dei
traduttori. Anche Sabourin ha fatto comparire nelle Editions Universitaires il suo
testo Ferenczi, paladino e GranVizir segreto, ha potuto disporre di quelle stesse fonti. Egli vi
presenta Freud, Ferenczi e Balint. A sua volta nel 1997, Thierry Bokanowski ha pubblicato, da
PUF, il suo Sándor Ferenczi, nella raccolta Psicoanalisti dei nostri giorni. Infine nel 2001,
André Haynal ha consacrato un’opera a Ferenczi, ad oggi la più recente, intitolata Uno
psicoanalista diverso da altri. La rinascita di Sándor Ferenczi, presso Delachaux e Niestlé.
Ormai, in Francia, Ferenczi è conosciuto ed apprezzato. Senza dubbio di più che in
altri paesi. Egli ha recuperato il posto di autore classico ed indispensabile, dopo tutto un
autore classico particolarmente attuale, perché solo dopo vari decenni ci si è resi davvero
conto fino a quale punto le sue idee ed intuizioni, nonché il suo punto di vista e le sue tecniche
corrispondessero alle situazioni ed alle patologie più frequentemente riscontrate ai giorni
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nostri, patologie che psicoanalisti d’altri tempi consideravano non analizzabili. I seminari su
Ferenczi si moltiplicano, e sono gli articoli più criticati in altri tempi, che riscuotono oggi
l’interesse maggiore. Concludiamo questa breve storia sull’introduzione di Ferenczi in Francia
reiterando la nostra gratitudine a Vladimir Granoff che è stato il primo a pubblicare questo
essenziale testo in francese.
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