SPUNTI LETTERARI HOTEL novembre 2014 “Alloggia, di grazia, o

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SPUNTI LETTERARI HOTEL novembre 2014 “Alloggia, di grazia, o
SPUNTI LETTERARI HOTEL novembre 2014
“Alloggia, di grazia, o viandante, in questa casa
indegna. Il bagno è pronto. Una stanza tranquilla ti
attende. Entra! Entra!”
Insegna di una locanda di Takamatsu, Giappone
“Provo per le camere degli alberghi più umili una
segreta commozione… a tutte quelle cose anonime, già
consumate da mille gesti prima dei miei, ero
affezionato.
Infinite persone erano passate su quei letti sempre un
poco corti, e la fossa morbida del materasso in cui
perfettamente il mio corpo s’adagiava era la prova
lasciata dal loro unico sonno ininterrotto.
Lì esseri sconosciuti avevano dimenticato da dove
venivano e cancellato i giorni che li avrebbero attesi.
Lì avevano sperato di essere altro da se stessi.”
Marco Lodoli, Diario di un millennio che fugge
a cura di S. Montali
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„Questo Albergo Italia è un albergo del malessere, del fastidio e
dell'insonnia. Qua e là, sempre più, dell'ansia, della paura. Ma ha il fascino
dei Grandi Alberghi declassati, con le lapidi che ricordano i soggiorni
degli Imperatori e dei musicisti; e poi è il mio... Tutti frequentano frenetici
l'Estero; i più dei miei viaggi io li faccio su e giù per questo albergo dove
compensi al malessere e alla vergogna sono una quantità di angoli
immaginari, tante stanze non occupate e senza numero sulla porta (prive
anche di porta, anche di pavimento), le Sale di Scrittura dove agonizzano i
fermacarte sotto l'applique impolverata, i bagni dove la bianca vasca è
grande e fuggitiva come Moby Dick. Anche nella riservata Camera-MeStesso ritrovo una montagnesca pace, costantemente intrattenuto da
Ombre, mentre se cambiassi albergo non scamperei all'angoscia, la
solitudine mi annegherebbe».
Guido Ceronetti, Albergo Italia
„Esistono persone che sanno viaggiare; altre che non sanno. Esistono
persone per le quali ogni minimo viaggio, o prospettiva di viaggio, è
apprensione e fatica; un’impresa stremante. Per altri è un atto semplice
come soffiarsi il naso. .... questi viaggiatori maldestri non sentono per i
luoghi nuovi una reale e tranquilla curiosità. Essi cercano, nei luoghi
nuovi, unicamente una possibilità di abitarli come fosse per sempre, di
trasformare il luogo di un viaggio in una dimora perenne.“
Natalia Ginzburg, Viaggiatori maldestri
“Eppure, non appena uscì dalle porte girevoli, seppe che aveva avuto
assolutamente ragione a venire. Il Finnbar’s Hotel ci stava proprio bene
nel suo elenco, lo vedeva già. Ma certo, persino lì, in quella piccola hall
triste e cadente, così odorosa di muffa, di cose andate in rovina e di
aspettative deluse, sentì arrivare l’ondata di festosa eccitazione che
pregustava da una settimana. Le afferrò il cuore, le si attorcigliò intorno
alla spina dorsale come una mano caldissima. Non c’erano dubbi, il
Finbar’s Hotel era stata un’ottima scelta.
Aspettando il suo turno al banco della reception, aveva avuto la
sensazione di fare qualcosa di illecito, di proibito, soprattutto quando
l’impiegata l’aveva informata che era rimasta solo una doppia con un letto
king sized.”
Autori vari, Finbar’s Hotel
a cura di S. Montali
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“Come tutti gli alberghi, il St. Gregory riprendeva la sua attività di
buon’ora, destandosi al pari di un vecchio soldato, dopo un breve e
leggero sonno. Un bel po’ prima che l’ospite più mattiniero si trascinasse
assonnato nel bagno, il meccanismo di una nuova giornata d’albergo si
metteva pian piano in moto.
Verso le 5 il personale addetto alle pulizie, che nelle ultime otto ore aveva
sfaticato nei gabinetti, sugli scaloni, nelle cucine e nell’atrio, prendeva a
smontare stancamente i propri attrezzi, preparandosi a riporli in attesa del
lavoro della prossima giornata. Al loro passaggio, i pavimenti
scintillavano, legni e metalli brillavano, e su tutto aleggiava un buon
odore di cera appena stesa.”
Hailey, Hotel
“HOTEL OASIS: pannello di legno verde, stinto, chiomato d’erba che la
brezza notturna scuote. In alto oscilla una lampadina elettrica per
illuminare la scritta, far segno al viaggiatore. Questa locanda è un residuo
del periodo coloniale, che ospitò con maggior decoro gli impiegati
francesi. Chissà quanti fuggiaschi hanno salito questa scala a chiocciola
stretta e sporca, sentendo sotto i piedi le piastrelle traballanti del
pavimento, brancolando al buio e chiamando sottovoce “Aliwa! Aliwa!”
… Quante volte ho salito queste scale, sulle spalle il mio zaino blu,
compagno di tanti viaggi e tante avventure. Avanzavo cauto, per via
dell’oscurità, facendomi strada come un cieco con una mano appoggiata al
muro gessoso, cosparso di polvere rossa.”
De Martino, Hotel Oasis
“La càmmara 118 era impregnata d’intramontabile Chanel n°5, sopra la
cassapanca portabagaglio facevano spicco due valige e una sacca firmate
Vuitton. Montalbano riaprì l’armuar: cinque vestiti di gran classe, tre paia
di jeans artisticamente consumati; nel reparto d’alloggio delle scarpe
cinque paia a tacchi altissimi, firmate Magli, tre sportive basse. Le
camicette, anch’esse costosissime, erano ripiegate con cura estrema; la
biancheria intima, divisa per colori nell’apposito cassetto, era composta
solo di aeree mutandine.
“Qua dentro non c’è niente” disse Fazio che intanto aveva ispezionato le
due valigie e la sacca.
Sullo scrittoietto c’erano lettere, appunti, un’agenda e un mazzo di avvisi
di chiamata assai più alto di quello che il direttore aveva dato a Gallo.”
Camilleri, La voce del violino
a cura di S. Montali
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“Fare le valigie è un’attività rivelatrice. La psiche umana, al momento
delle Piccole Grandi Decisioni (quante paia di calze? quali libri? lo
shampoo si rovescerà?) mostra la sua peculiarità. Le valigie sono come le
impronte digitali: nessuna è uguale a un’altra. Ma a differenza delle
impronte digitali, che nessuno si sogna di criticare, le valigie suscitano
spesso commenti impietosi. Ebbene andrebbero evitati. Un uomo che da
mezz’ora sta cercando di chiudere una Samsonite troppo piena non va
provocato. Potrebbe avere una reazione violenta…”
Severgnini, Manuale dell’imperfetto viaggiatore
“L’amore è diventato un oggetto sfuggente, è l’ultimo pensiero di Floreana
Fabres davanti alla scritta “Benvenuti” sul grande striscione steso da una
parte all’altra della strada. Lo sgangherato pullman entra in paese e
Floreana guarda fuori dal finestrino, incantata dalla brillantezza
dell’azzurro: si era completamente dimenticata del cielo.
Scende e si sgranchisce le gambe. Sente addosso tutto il peso di un viaggio
interminabile, sommato al rollio del traghetto che collega Puerto Montt
all’isola, e all’infinità di stradine sterrate avventurosamente percorse dalla
corriera per raggiungere il paese in cui si trova l’Albergo. Raccogliendo le
forze, solleva la valigia e si carica lo zaino in spalla: ce la posso fare, pensa.
Si guarda attorno alla ricerca della collina annunciata: l’Albergo si staglia
con un’imponenza quasi spettrale sullo sfondo di un promontorio
affacciato sul mare.”
Serrano, L’albergo delle donne tristi
„E’ una sciocca leggenda quella che vuole che le cameriere d’albergo
stiano a spiare dal buco delle serrature. Alle cameriere d’albergo non
importa un bel nulla delle persone che alloggiano dietro a quelle serrature.
Le cameriere d’albergo hanno un sacco da fare, sono oberate di lavoro,
stanche e anche un po’ rassegnate, oltre che del tutto prese dalle loro
faccende personali. In un grande albergo nessuno si cura degli altri,
ognuno è solo con se stesso... Ognuno vive dietro i suoi doppi usci, e per
compagnia ha soltanto la propria immagine nello specchio del guardaroba
o la propria ombra sulla parete. Nei corridoi ci si sfiora l’uno con l’altro,
nella hall ci si saluta, avviando talvolta una breve conversazione, imbastita
a malapena con banali espressioni legate all’attualità. Uno sguardo che si
leva non arriva fino agli occhi dell’altro, ma resta sospeso sugli abiti che
ha indosso.“
Baum, Grand Hotel
a cura di S. Montali
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“In albergo ogni giorno la tua vita ricomincia nuova di zecca, con un set di
saponi intoccati e la fascia di protezione del controllo igienico sulla
tavoletta. Non si vedono crepe e ogni oggetto torna al suo posto per
magia, come se i topini di Cenerentola fossero entrati in azione appena
usciti dalla stanza. Lo so benissimo che si tratta del room service, ma questo
non diminuisce l’incanto.
… in albergo si è costretti a portare il necessario e ci si libera finalmente di
tutti gli orpelli che ci hanno invaso la vita. Pochi libri, solo i vestiti di
stagione, una valigia svelta sopra l’armadio e il gioco è fatto!
… Nell’hotel al 13 di rue des Beaux-Arts, nel cuore di Saint-Germain, è
vissuto e morto Oscar Wilde… Sembra che durante una delle sue
ricorrenti crisi avesse confidato a un amico: “Sto combattendo un duello
mortale con questa tappezzeria. Uno di noi due dovrà sparire.” A sparire
fu il poeta, la tappezzeria è ancora lì che vi accoglie nel sontuoso lusso del
piccolo hotel talmente elegante da suggerire a Wilde queste ultime parole:
“Muoio come sono vissuto: al di sopra delle mie possibilità.” La leggenda
narra che le pronunciò sorseggiando un bicchiere di ottimo champagne,
messo in conto a un room service che non venne mai pagato.”
Dandini, Grazie per quella volta
„ C’era quell’albergo, di un’eleganza un po’ appannata. Probabilmente era
stato in grado, in passato, di mantenere certe promesse di lusso e di garbo.
Aveva, ad esempio una bella porta girevole in legno, un particolare che
sempre inclina alle fantasticherie.
Fu da lì che una donna entrò, a quell’ora strana della notte,
apparentemente pensando ad altro, appena scesa da un taxi. Indossava
solo un abito da sera giallo, piuttosto scollato, e neppure una sciarpa
leggera sulle spalle. La cosa le dava l’aria intrigante di coloro a cui è
successo qualcosa.“
Baricco, Tre volte all’alba
a cura di S. Montali
5
“Io lavoro al bar
d'un albergo a ore
porto su il caffè
a chi fa l'amore.
Vanno su e giù
coppie tutte eguali,
non le vedo più
manco con gli occhiali...
Ma sono rimasto là come un cretino
vedendo quei due arrivare un mattino:
puliti, educati, sembravano finti
sembravano proprio due santi dipinti
M'han chiesto una stanza
gli ho fatto vedere
la meno schifosa,
la numero tre.
E ho messo nel letto i lenzuoli più nuovi
poi, come San Pietro,
gli ho dato le chiavi di quel paradiso
e ho chiuso la stanza, sul loro sorriso
Ma sono rimasto là come un cretino
aprendo la porta
in quel grigio mattino,
se n'erano andati,
in silenzio perfetto,
lasciando soltanto i due corpi nel letto.
Lo so, che non c'entro, però non è giusto,
morire a vent'anni e poi, proprio qui!
Me li hanno incartati nei bianchi lenzuoli
e l'ultimo viaggio l'han fatto da soli:
né fiori né gente, soltanto un furgone,
ma là dove stanno, staranno benone.
lo sarò un cretino,
non mi va di dare a nessuno
ma chissà perché
la chiave del tre...”
Pagani, Albergo a ore
a cura di S. Montali
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