E io me ne vado in Tunisia

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E io me ne vado in Tunisia
DI GUGLIELMO NARDOCCI
L
ino Silvestri, pensionato delle ferrovie, non ha ancora capito se è
esule, transumante della globalizzazione, immigrato alla rovescia o semplicemente un signore che, fatti i conti sul costo
di casa, spesa, vestiario, pappa per il cane,
cinque passi al bar compreso caffè e graspetta, ha capito che di sola pensione in Italia
non si vive, e così è “transumato” in Tunisia.
Lino Silvestri appartiene alla nuova razza della solitudine internazionale, però ha
capito che il modo migliore per aiutare i po-
[STORIE ITALIANE]
zioni vantaggiose per quella fascia di pensionati che sta in Tunisia da ottobre a maggio;
pochi dinari, pensione completa.
«La verità - racconta Lino - è che a Sermine, il mio paesino nel buco della Val
Poe, non ci vivevo decentemente con i
1.200 euro di pensione, dopo tutta una vita di lavoro. Qui invece, con 180 dinari
(90 euro circa) ho una bella casa con due
stanze da letto, sala, cucina e bagno. Faccio tutto da me: cucino, pulisco… potrei anche permettermi la donna di servizio, ma poi
90
euro valgono
a Tunisi 180 dinari
che consentono
uno stile di vita
dignitoso
La pensione non permette di vivere decentemente
e molti italiani “emigrano” sulle coste africane
E IO ME NE VADO
IN TUNISIA
veri è non diventare uno di loro, e così si è
dato uno sguardo oltre i confini del buco
della Val Poe dove è nato e ha fatto la strada degli immigrati. All’incontrario, perché,
come canta Celentano, “Il treno dei desideri
all’incontrario va”. È andato a stare in Tunisia perché lì il suo poco diventa tanto.
Quel treno dei desideri che va a ritroso, e
con maggior fortuna il percorso degli immigrati, lo fanno ormai migliaia di pensionati
italiani. Chi per sei mesi, chi per tre, chi per
sempre o quasi. Nel “quasi” ci stanno quelli
che vivono bene del poco, e mettono da parte i soldi per permettersi una badante in Italia,
quando malinconia e necessità faranno tornare
gli animali stanchi nella
vecchia tana. Gli hotel
della costa da Cóap
Bon a Hammamet si sono attrezzati con condi-
UN POSTO AL SOLE
Lino Silvestri e, in alto, Fabio
Ghia, due italiani che hanno
scelto di trasferirsi in Tunisia
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170
Euro per l’affitto
di una casa
consentono
di poter vivere
decentemente
spariscono una posata, due piatti…».
Lino, che, per dire la verità, non è difficilissimo da distinguere in mezzo ai tunisini, per
quella sua maglietta verde con scritta pubblicitaria di una trattoria di Pordenone e il cappellino del Coni, non è molto felice della convivenza con i tunisini: «Qui risolvo benissimo il problema della sopravvivenza e metto
da parte metà della pensione, ma vivo come
potrebbe vivere un prete all’inferno. Con gli
anziani che hanno vissuto nel periodo della
colonizzazione si può anche parlare e fare
cristiani e musulmani».
«Con i tunisini - continua Lino - non si
parla né di religione, né di politica. Per loro noi siamo sempre infedeli». Fidanzate?
«Macché! Non vogliono contatti con gli
italiani. La mattina vedo il mio amico Vincenzo in questo bar che è fra i più puliti della
cittadina. Mi faccio 17 ore di televisione al
giorno. Seguo tutti i notiziari e non vedo
l’ora che finisca l’estate perché in autunno
riattacca Report e gli altri programmi di informazione settimanali».
C’è chi si trova bene ed è felice ma anche qualcuno
FRUTTA ESOTICA
Lino al mercato, per fare la
spesa. A destra, Fabio al porto
e, nell’altra pagina, Claudio
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amicizia, ma i giovani… sono durissimi, spesso maleducati».
«La nuova gioventù - conferma
l’arcivescovo di Tunisi, monsignor Maroun Lahham, che si sta
impegnando con determinazione per far ottenere alle tunisine vedove di italiani gli stessi diritti che hanno le vedove in patria - è diversa dai propri padri. Vive la religione musulmana in modo duro, integralista, si direbbe in Italia. E purtroppo questo aspetto non
è un fenomeno reversibile, durerà molto e
non avrà effetti positivi sulla convivenza fra
Vincenzo invece, che non vuole dirci il cognome né essere fotografato, se la passava
“alla minima” con i suoi 550 euro di pensione: «Per carità, se c’erano problemi mia figlia non stava a guardare ma sa, un tempo
erano i padri che aiutavano i figli». Vincenzo
tunisino, invece: «Incasso 550 euro, affitto a
250 dinari (170 euro circa), con i restanti vi-
vo bene, mangio bene, fumo e mi pago le
spese mediche. Strano a dirsi, ma qui per fare una tac non si aspettano mesi. Il poliambulatorio funziona». E dunque è meglio Vincenzo tunisino. «Neanche per sogno. Di tanto in tanto, quando il cielo è terso vado alla
spiaggia di El Mansoura a vedere la sagoma
di Pantelleria. Non sono un sentimentale,
ma che vuole, sono andato persino sulla tomba di Craxi. Era italiano, no? L’anno prossimo me ne vado. Sono riuscito persino a mettere qualche soldo da parte e altri risparmi
un mare come quello sardo a due passi e molto più conveniente del nostro. In Italia, con
una pensione media come la mia vivi, ma qui
sei un privilegiato e se uno non ha tentazioni
mondane, o è solo come me, quale posto migliore di questo?». Piero Spezia non ha
un’opinione terribile dei tunisini: «Sono
un popolo civile dove i vecchi non sono abbandonati e, finché sono in grado di intendere, i capi sono loro».
Fabio Ghia non è un pensionato qualsiasi.
Fino a qualche anno, fa era ammiraglio della
17
ore di televisione
per non sentirsi
troppo lontani
dalla patria,
seguendo i tg
che rimpiange l’Italia e pensa di tornare indietro
ce l’ho in Italia. Mia figlia insiste che torni, e
forse ha ragione». «Ma va là - lo stuzzica affettuosamente Lino - lo so che resterai».
Roberto Patruno, fratello del più famoso Lino, si definisce un esule di qualità,
nel senso che della Tunisia apprezza il
quieto vivere: «Non c’è mondanità, non
impera la schiavitù dell’apparire, non ci
sono i politici italiani. E le par poco?».
A Piero Spezia, ex dirigente in pensione
di importanti società italiane, non pare poco. «Per me la patria è dove vivi meglio. Potrei vivere benino anche in Italia, ma qui ho
Marina militare italiana nella quale ha militato a lungo.
È uno di quelli dei quali si direbbe “bello dentro e fuori”, e di successo. Qualche
anno fa vinse con la sua Orsa Maggiore, di cui era skipper, la Regata transpacifica.
A Tunisi ci arrivò qualche
anno fa come addetto militare dell’ambasciata italiana.
«Non me ne sono più andato perché la Tunisia, per un
pensionato come me, offre
quella che tutti chiamano la
bon vie. Apprezzo il loro
senso dell’ospitalità, il rispetto verso le istituzioni. Ho avviato da tempo una società
di consulenza per i tanti italiani che arrivano qui per impiantare nuove imprese.
Poi, poi scappo spesso in Italia perché sono arrivati i nipoti. E credo che
scapperò sempre di più». Scapperà in Italia.
Claudio, di italiani che vanno e vengono
ne vede tanti servendo il suo gran caffè all’Arabesque, elegante bar a Kelibia, antica
città punica distrutta dai romani. «Ce n’è di
tutti i tipi: imprenditori, bon vivant e pensionati come me che amano vivere qui dopo aver vissuto a lungo in posti ormai impossibili come l’Italia. A questi tavoli trovi
artisti, pensionati, pittori, nuovi arrivi, vecchie conoscenze. Roma è solo a un’ora di aereo, ma sapesse quanto è lontana».
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“
”
Con gli anziani,
che hanno vissuto
la colonizzazione
c’è un buon rapporto,
mentre i giovani sono
maleducati
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