Fortunato come un cane in chiesa

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Fortunato come un cane in chiesa
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religione
Fortunato come
un cane in chiesa
Q
uesto è un detto molto diffuso, che sta a significare che si è veramente iellati.
Esiste però un giorno in cui anche i cani hanno il loro giorno fortunatissimo, anche
se vanno in chiesa; è il 16 Agosto giorno dedicato a San Rocco, Santo protettore
dei cani. In tale ricorrenza si usa portare i cani in chiesa, dove l’ufficiante impartisce loro addirittura la Santa Benedizione.
In questo occasione si usa anche riservare al cane particolari attenzioni, coccole
e prelibati pranzetti.
Vi chiedere il motivo per cui San Rocco è considerato il patrono dei cani, lo scoprirete leggendo la sua bibliografia che vi proponiamo.
Rocco, santo – Figura di giovane pellegrino del quale non si hanno notizie bibliografiche degne di fede
storica. Dal secolo 15° è invocato, assieme a San
Sebastiano, come taumaturgo e protettore contro
la peste, perché avrebbe contratto questo male
curando appestati Esistono due bibliografie a volte
contrastanti. Si dice che sia nato in Francia a Montepellier, da famiglia agiata, rimasto orfano, donò
tutti i suoi beni ai poveri e si fece monaco. Pellegrino di recò a Roma durante il viaggio si fermò in
un ospizio di Acquapendente per curare gli appestati, dove operò numerose guarigioni miracolose,
scacciato, raggiunse Roma, dove risanò il nipote
di un cardinale, il quale lo avrebbe poi presentato
al papa. Dopo tre anni riprese il viaggio di ritorno,
arrivato a Piacenza si accorse di aver contratto
egli stesso la pesate; si ritirò allora in un bosco
nei pressi della città. Dove veniva nutrito dal suo cane, che andava a
rubare il pane nelle case dei dintorni. Lo strano comportamento dell’animale fu
notato da un patrizio della città, che lo seguì nel bosco e scoprì Rocco. Quell’uomo
caritatevole, di nome Gottardo Pollastrelli lo aiutò e lo accolse poi presso di se.
Qualche tempo dopo un angelo apparve all’ammalato e lo guarì misteriosamente.
Lasciata Piacenza per tornare al paese natale, Rocco fu arrestato ad Angera sulle
rive del lago maggiore, e rinchiuso come spia in prigione, dove morì cinque anni
dopo. Le sue immagini sono rare, prima del 1485, quando, secondo una tradizione, i Veneziani ne trasportarono le reliquie. Da allora il culto del santo ebbe grande
impulso e dappertutto sorsero chiese, oratori e confraternite in suo onore, specie
nelle campagne, (se ne contano oltre 3.000). E’ rappresentato giovane, barbato,
in abito pellegrino, in atto di indicare un bubbone sulla gamba, ed è spesso accompagnato dal cane, che talvolta reca un pane in bocca, a volte nell’atto
di leccargli le piaghe, e col pane ai piedi, a ricordo della leggenda secondo
la quale anche il nobile Gottardo, mandava col cane il cibo al santo. I cicli
pittorici sono rari. Il più famoso è quello di I. Tintoretto, nella scuola di San Rocco
a Venezia, dove si conservano le reliquie del santo. E’ stato canonizzato Santo nel 1629 da papa
Urbano VIII.
Commento – Pensate, quel cane, per amore
del suo padrone, ha rischiato il suicidio!
Si è anche tolto il cibo di bocca per nutrire il suo
caro amico, gesto di grande cuore e nobiltà. Un
vero esempio di amore, riconoscenza e spirito
di nobiltà.
San Rocco è ricordato soprattutto come protettore degli appestati, ora che questa malattia è
stata debellata, gli chiediamo di dedicarsi alla
protezione dei cani a tempo pieno, in quanto ce
n’è ancora molto bisogno.
l’angolo della poesia
Il Monte Baldo, terra di tartufai e di poeti
In occasione della Festa del tartufo del Monte Baldo, ho avuto il
piacere di conoscere due poeti che hanno rimato decantando di
tartufi in dialetto veneto, uno è Plinio Pasini, tartufaio del quale
ho già pubblicato la poesia del “Il tartufo del Monte Baldo” e che
gentilmente me ne ha fornita una seconda, intitolata “Il lagotto”,
che pubblico molto volentieri. Come non poteva poetare, uno che
si chiama Plinio e, che vive nelle terre del Garda, patria di Catullo?
L’altra è la poetessa Anna Maria Zantedeschi di Fumane del Garda.
Che ha composto la simpatica poesia che pubblichiamo di seguito:
i tartufai
Parchè cagneto cata tartufo,
i ghe le fa tastar,
e con furbissia da gufo
Perché cagnetto trovi tartufo,
gli lo fanno annusare,
e con furbizia da gufo
i ghe i messia
glielo mescolano,
rento al magnar,
dentro il mangiare,
a sto gusto i ghe se afesiona
dandoghe motivo de sercar.
Ma no le miga finia
ie professori
i ghe sconde el tartufo
en ogni canton
a questo gusto li fanno affezionare
dandogli motivo di cercare.
Ma non è micca finita
sono professori
gli nascondono il tartufo
in ogni luogo,
e non le na cagnara
e senza fare cagnara
seitando a nasar,
seguitando a fiutare,
el cagneto impara,
il cagnetto impara,
el serca nel bosco,
lui cerca nel bosco,
el tartufo l’aspeta
il tartufo l’aspetta
quando sente l’udor
quando sente l’odore
al raspa con sata,
lui raspa con foga,
el va belo fondo
lui va bello fondo
fin che ‘l cata
fin che lo trova
lui raspa el seita raspar
e tartufo ven fora.
Le bòn dapertuto
lui raspa e seguita a raspare
e tartufo viene fuori.
E’ buono dappertutto
a scaiete, gratà,
a scagliette, grattugiato,
su lasagnete lè na bonta,
su tagliatelle è una bontà,
le prelibato,
lui è prelibato,
quando ghe lu
quando c’è lui
denta sior ogni piato.
Brao cagneto, el to paròn,
viva el tartufo
diventa ricco ogni piatto,
Bravo cagnetto, e il tuo padrone,
viva il tartufo
che le gran bon.
che è tanto buono.
09/08/2009
Anna Maria ZANTEDESCHI