Blumer, Morandini, Pozzi

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Blumer, Morandini, Pozzi
Blumer, Morandini, Pozzi: la Varese del Design cala il suo Trio d’Assi
di Mario Chiodetti
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’arte piegata al volere del quotidiano, l’idea che plasma la materia, la rende visibile e fruibile, pronta per l’alleanza con l’azione e la bellezza. Il design italiano
ha da sempre un fascino e una suggestione particolare, un segreto nascosto nelle
pieghe dell’oggetto, capace di catturare l’attenzione e farlo durare a lungo. Varese
conta una valida tradizione di designer, in campi decisamente diversi che vanno dall’arredamento all’aeronautica, dalla porcellana al vetro, fino a settori in espansione,
come i prodotti per l’infanzia o le biciclette elettriche. Nomi come Riccardo Blumer,
architetto e designer svizzero ma da tempo residente a Casciago, Marcello Morandini,
tra l’altro presidente dell’associazione Liberi artisti della provincia di Varese, e
Ambrogio Pozzi, tra le firme mondiali del design ceramico, portano fama e interesse al Varesotto, ricchissimo di aziende che nei progettisti cercano un mezzo
per migliorare l’immagine del proprio marchio. In un momento di difficoltà dei mercati planetari, quello del design di alta scuola sembra
attraversare fasi alterne, con settori in netta crisi e altri
invece in espansione, forse influenzati dalle mode
e dal tipo dei materiali impiegati. «La difficoltà è
evidente, le aziende registrano un calo di vendite che
va dal 20 al 50 per cento, qualcuna chiude, altre
saranno acquistate. Parallelamente assistiamo all’espandersi di colossi come Ikea, che sta per aprire in Italia
dieci nuovi centri vendita per un investimento di cinque
miliardi di euro», dice Riccardo Blumer, 50 anni,
nato a Bergamo ma cittadino svizzero, vincitore tra
l’altro del Compasso d’oro nel 1998. «Oggi si dà forza
alla logica della distribuzione diretta, si saltano i piccoli
rivenditori, cancellando la tradizionale filiera produttore-distributore-piccolo negozio-utente. Ci sono però aree che vanno
molto bene, il settore cuoio e pelli, per esempio, con oggetti che
Riccardo Blummer e la Sedia “Laleggera”,
Premio Compasso d’oro 1998
(fotografia Mario Chiodetti)
Riccardo Blummer and the Chair
“Laleggera”, Compasso d’oro
Award -1998 (photograph
by Mario Chiodetti)
Blumer, Morandini, Pozzi: The Design
T
he everyday wishes submit art, while ideas mould matter and make it be visible, enjoyable
and ready for the alliance between action and beauty. Italian design has always been boasting particular charm and splendour. Its secret comes from the depth of the objects and is able
to attract for a long time. Varese has a valid design tradition. Designers work in several different fields, such as furnishing, aeronautics, china and glass industry, but also in booming
businesses, concerning the production of articles for children or electrical bicycles. Among the
designers who give Varese fame and importance there are: Riccardo Blumer, a Swiss architect
and designer that lives in Casciago, Marcello Morandini, who is also president of an association named “Liberi artisti della provincia di Varese” («Free artists of the Province of Varese»)
and Ambrogio Pozzi, one of the world labels as regards china design. Therefore our Province
is rich of firms which consider designers a resource able to improve their brand name and
image. In a moment of global crisis high level design seems to be at a changeable stage. Some
fields are in the middle of a crisis, while others represent an industry in expansion (maybe
these latest field are influenced by trends and by the materials used). The fifty-year-old designer and Swiss citizen Riccardo Blumer, who was born in Bergamo and won the so-called
“Compasso d’oro” in 1998, says: «Crisis is evident. Firms suffer a drop in their sales, from 20
to 50%. Some of them close down and others will be sold. But at the same time we observe the
boom of giants like Ikea, which is going to open ten new outlets in Italy (through a five million-Euro investment). The current rule is direct sale. So the small retailers are not considered
and the traditional network among producers, distributors, retailers and customers has been
disappearing. However there are booming sectors (such as leather working), whose products
boast a high real value because they “improve with age”. In fact some enterprises often ask me
to design leather armchairs, that are included in the catalogues of Cassina, B&B Italia,
Poltrona Frau and Rossi di Albizzate». Riccardo Blumer designed the famous chair
“LaLeggera”, that is exposed in the permanent exhibitions of MoMa of New York and
Beaubourg of Paris, and with which he also won the award “Preis Schweiz” in 1997. In
Blumer’s opinion design’s success resides in that relation between material and form which
gives a wonderful efficiency. «I am inspired by nature, not from a formal point of view but from
the structural one. I study physical and chemical stuff. I teach in Mendrisio, San Marino, by
the Politecnico of Milan and in Vicenza, where I analyse the concept of chaos and those evolving cases that do not make you understand what it is going to happen. Nature has precise rules
and science wants to determine present and future. My students and I examine liquids’ chaos
and create images using melted waxes. These waxes remind us galaxies and supernovas. Then
we try to transform them in nursery tales and to find common guide-lines, passing from the
human view to the planetary one». Teaching has a fundamental role in Blumer’s life. Education
can offer a lot to a famous architect and designer too. «For example, in Milan researchers
study object’s memory, that is its own “soul”. A tree or a stone express their soul through their
matter, while in architecture a lifeless object (like a ruin) contains memories of the past».
Designers also have an active role in the project organized by Mario Botta and aimed at developing a new image of Varese, thanks to the architecture schools’ projects of Canton Ticino.
Blumer, who has an unusual design course in Ticino aimed at explaining how a cheese changes
its shape during maturity, says: «My students and I are projecting ten stone kiosks (two cubic
metres each) to be placed in our town. It is not an easy task, because modernity tries to absorb
them. Therefore we selected some lanes, courts and the most hidden corners of the town. Our
essence of Varese plays its cards well
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hanno un valore intrinseco alto anche perché “invecchiano bene”. Le aziende, infatti, mi chiedono spesso di disegnare poltrone di cuoio, ne hanno in catalogo Cassina, B&B Italia, Poltrona Frau
e Rossi di Albizzate». Secondo Riccardo Blumer, creatore della celebre sedia
“LaLeggera”, vincitrice anche del Preis Schweiz nel 1997 e accolta nella collezione permanente del MoMa di New York e in quella del Beaubourg di Parigi, l’intelligenza nel
design sta nel rapporto tra materia e forma che porta alla bellezza dell’efficienza.
«Mi ispiro alla natura, non dal punto di vista formale ma strutturale, studio la materia chimica e fisica. A Vicenza, dove insegno (oltre che a Mendrisio, al Politecnico di Milano e a
San Marino) lavoro sul concetto di caos, su situazioni che evolvono senza che si possa capire ciò che succederà. La natura ha leggi precise, la scienza per prima vuol determinare il presente e il futuro. Con i miei studenti analizzo il caos nei liquidi, creiamo immagini con cere
sciolte che assomigliano a quelle di galassie e supernove, e cerchiamo poi di tradurle in storie per bambini, trovando leggi identiche a dispetto della dimensione e andando dalla scala
umana a quella planetaria». Blumer dà una importanza fondamentale all’insegnamento, a ciò che la scuola può offrire anche a un architetto e designer di fama come lui.
«A Milano, per esempio, si lavora sulla memoria dell’oggetto, la sua “coscienza di sé”. Un
albero o un sasso raccontano la propria coscienza di sé attraverso la materia, in architettura un rudere, un oggetto “spento”, in realtà conserva la memoria di ciò che è stato».
Il designer è anche parte attiva del progetto coordinato da Mario Botta per dare un
volto nuovo a Varese, attraverso i progetti degli allievi delle scuole ticinesi di architettura. «Con i miei studenti progetto dieci edicole in pietra di due metri cubi l’una da inserire nel tessuto della città. Non è un’impresa facile, perché la modernità tende a fagocitarle, abbiamo individuato qualche vicolo, cortili, angoli più nascosti. L’intento è di focalizzare l’attenzione sul tempo come sentimento di quantità, sulla sua necessità in una società che
se ne vuole liberare. All’interno di ciascuna edicola metteremo alcuni oggetti lapidei ispirati
al tempo, realizzati dai ragazzi di Mendrisio», afferma Blumer, che in Ticino tiene un
curioso corso di design sul formaggio, che punta a spiegare il cambiamento delle
forme dovuto alla stagionatura. Per lui, i giovani spesso mostrano un eccessivo interesse per il design, a scapito dell’architettura, perché questa disciplina porta a un’esposizione mediatica quasi immediata e a una facile commercializzazione del prodotto. «In più le riviste di moda e di design enfatizzano questo tipo di lavoro, che rischia di rimanere superficiale, un puro compiacimento estetico».
Il concetto è condiviso anche da Marcello Morandini, 70 anni, artista poliedrico,
designer, architetto e promotore di eventi culturali come la mostra “Artparty” al
Castello di Masnago che sta coinvolgendo artisti, fotografi e architetti del Varesotto.
«In Italia spesso si incomincia una professione valutando quanto questa potrà essere seguita dai media e dalla pubblicità. I giovani sono attratti dal più facile successo del design rispetto all’architettura, materia che esige una fedeltà a tutta prova. Fare il designer davvero è
altrettanto complesso e responsabilizzante quanto professare l’architettura. E il design italiano è tra i più considerati al mondo, anche se i nostri grandi maestri ormai sono quasi tutti
scomparsi». Per Marcello Morandini i grandi temi del design contemporaneo sono
quelli meno visibili “in superficie”: «Oggi è il design tecnologico ad avere una grande
importanza nel mercato mondiale, una progettazione che il grande pubblico non vede, legata a filo doppio con l’ingegneria. La tecnologia insita nel campo della forma, che trova il suo
sfogo nel campo dello sport, per esempio, in prodotti di alta funzione».
Gli italiani sono, a detta del creativo varesino, originario di Mantova, dei grandi “trasformatori”, capaci di elaborare progetti esistenti e migliorarli in stile e qualità.
«La forza italiana è la continua innovazione tra la forma e il mercato. I giovani però sono
troppo spesso attratti dalla superficialità del design, tanto da disegnare oggetti fini a se stessi, solamente decorativi. Però questo compiacimento estetico ha il supporto delle riviste e
dunque restituisce visibilità immediata e successo economico. Il vero design, invece, è al servizio degli altri. Un oggetto deve funzionare, aiutare chi ne fruisce quotidianamente, occor-
idea is to draw the attention to a
temporal concept, intended as
emotional effect and quantitative view, and to the necessity to
respect time in a society which
wants to cancel it. In every
kiosk we will place stones
inspired by time and realized by
our students of Mendrisio». In
Blumer’s opinion, young people
show excessive interest in
design, to the detriment of
architecture. In fact design
causes an almost prompt exposure and an easy product’s marketing. He continues: «Besides,
design and fashion magazines
underline this type of activity,
which risks to become superficial and of mere aesthetic satisfaction». Blumer’s opinion is
also shared by the seventy-yearold Marcello Morandini, who is
a versatile artist, a designer and
architect, as well as the promoter of cultural events.For example he supported the exhibition
called “Artparty” in the Castle
of Masnago, that involves
artists, photographers and
architects of the Province of
Varese. He states: «In Italy people use to start up a business
after weighting its influence on
media and advertisement.
Young people think that design
assures success more easily than
architecture, which, on the contrary, requires well tried loyalty.
To be a designer is as complex
and full of responsibilities as to
be an architect. Although our
greatest masters are almost all
dead, Italian design is one of the
most prestigious ones of the
world».
Marcello Morandini believes
that the greatest contemporary
design themes are the less visible ones outside: «Today technological design has a great
importance on the global market. This type of design is closely connected with engineering
and cannot be perceived by ordinary people. Technology is linked with forms. For example it
is used in the production of specific sportive articles». The creative designer Morandini, who
comes from Mantova and lives
in Varese, thinks that Italian people are able to work on existing projects and to transform and improve them from a qualitative and
stylistic point of view. He continues: «Italian power consists on a continuous innovation between form and market. However young
people are often exceedingly attracted by design’s superficiality. So they design objects which are only ornamental and an end in themselves. This aesthetic satisfaction meets the favour of the magazines, that give these objects prompt notoriety and economic success. On
the contrary, the real design must help people. An object has to work and help people that use it daily. We have always to remember
that our hands use it». The designer Marcello Morandini is famous in Europe, thanks to his projects for Rosenthal, Thomas and
Fürstenberg too. He also carries out architectonical design and artistic research. As he explains us: «…To be honest my activities represent linked routes. Art helps me having several experiences and increasing my culture, while design makes me think about those that
will use the objects I invent. I always think about form and matter and want to know how and if an object can be produced, as well as
its final cost. For example, from an architectural point of view, the context of a structure is necessary to improve the quality of the work.
One of my most loved projects concerns the reconstruction of the façade of the German plant Thomas, which is two hundred and twenty metre long. I started analysing the structure of the front, the surrounding colours and gardens and the blue sky. Then I combined
these colours with the white colour of the lights and with the black shadows. At the end the building was reconstructed and “created”
by its own environment and was perfectly integrated in its original context». The designer Morandini already proposes a second edition
of Artparty (in 2011), which will be
entirely devoted to design and
preparatory for the foundation of a
design school in Varese and of a
design museum: «In Varese there
are designers who are able to change
things, but are influenced by current mentality. People think that
Varese cannot or does not want to do
something new. In this way politicians believe to be excused when
making mistakes. It is also a professional designers’ fault. They are all
very good and dynamic, but not
present in our town. At last a design
school could offer firms qualified and
motivated students, that wish to
show their professionalism. Then it
is essential that cultural associations join together and carry out
common projects for Varese. This is
the guide-line of the exhibition in
the Castle of Masnago, where the
invited artists discuss and talk
together. For some time I did not
perceive this fervour». Ambrogio
Pozzi, who is seventy-eight years old
and lives in Gallarate, is a living
design legend. For years he worked
with companies like Rosenthal,
Guzzini, Cardin, Cassetti, Thomas
(just to list the most famous companies). He also boasts several international successes, friendships and collaborations with Giò Ponti
and Pierre Cardin and can be considered a many-sided artist, who is still able to amuse himself. Among his most well-known products
we remind the collection “Duo” for Rosenthal, “Cono” for Pierre Cardin and the set designed for Alitalia in 1970. Pozzi says: «My
father established the firm Ceramica Franco Pozzi of Gallarate. He wanted me to become a chemist, but when I visited the pottery
workshops of Faenza, I conceived a passion for ceramics. In 1952 Giuseppe Zanella showed me the way to cultivate this passion and
submitted my works to a competition in Messina, in which he competed with Agenore Fabbri and Fausto Melotti. From that moment
ceramics became the biggest part of my life, both professionally and privately speaking. I had closed contacts with Rosenthal and
Thomas, I received international awards and I designed historical objects». Pozzi is able to design wonderful works using different matters, from plastic to glass and from silver to steel. He is a complete artist and loves graphics, painting and sculpture, to which he devoted his fifty-year-old career. Nowadays he realizes digital pictures, does experiments with chromotarsia through wood intaglios and creates
small sculptures. At the end of 2010 the new art museum of Gallarate called Maga is going to dedicate him a personal exhibition of all
his designs. «On my identity card it was written “designer” and this irritated me. I don’t want to boast but I have always believed in
my talent and now my age allows me to confirm it. However design is in the middle of a crisis and, in comparison with the past, there
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re sempre ricordare che è la mano a usarlo». Marcello Morandini, parallelamente all’attività di designer che l’ha reso celebre in Europa, grazie anche ai progetti per
Rosenthal, Thomas e Fürstenberg, porta avanti da sempre la progettazione architettonica e la ricerca artistica, «…tre strade che nella realtà diventano una soltanto – spiega –. L’arte è una mia valorizzazione culturale e un accumulo di esperienze, il design mi
porta a pensare agli altri, all’utilizzatore ultimo dell’oggetto che sto realizzando. Penso alla
forma e al materiale, desidero conoscere se e come può essere prodotto, e a quale prezzo.
In architettura, per esempio, il contesto in cui si trova la struttura è fondamentale per
migliorarne la qualità. La facciata della ditta tedesca Thomas, lunga ben 220 metri, è stata
oggetto di un mio rifacimento, uno dei progetti cui sono più legato. Sono partito dalla struttura della facciata, dai colori che la circondano, il verde dei prati e il blu del cielo, uniti al
is less interest in first-rate
works. People attention is
directed to the name. It is all
allowed to a work named
Starck, because it symbolizes
fashion and image. In the past
there were only a few talent
artists. Nowadays everyone
designs, because of media
effects. If you design a cup with
four handles, magazines publish
it and you become a genius. On
the contrary, if you design a
functional and correct object, you
do not gain this success. I designed
sets for Guzzini and Rosenthal
which were produced for thirty
years and allowed a lot of people to
work». Ambrogio Pozzi designed
wonderful works, such as the new
glazed vases of pottery called
“Venere”, the amusing “Spiritelli”
production, the anthropomorphic
bottle “Marylin” (designed for
Rosenthal) and the extraordinary
“Cono”, designed in 1970 for
Cardin. This latest work is a thirteen-piece-set in which you find
plates, cups and the nécessaire for
salt and pepper, and that is
exposed in the Triennale of Milan.
Ambrogio Pozzi thinks that today
there is little home passion:
«Couples that are on the point of
get married prefer to do their
bridal registry in a travel agency
too. They do not buy sets of plates
or fine cups, but pay attention only
to furniture and lamp design, that
represents an increasing field.
Nowadays furnishings are only
related to the exploit of some
secluded craftsmen».
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pagina precedente,
Marcello Morandini
con una sua scultura
(fotografia Mario Chiodetti);
in the foregoing page,
Marcello Morandini
with one of his sculptures
(photoprafh by Mario Chiodetti);
Ambrogio Pozzi nel suo studio a Gallarate
(fotografia Paolo Zanzi) e a lato il cono
del 1970, oggi in esposizione alla triennale
di Milano.
Ambrogio Pozzi in his workshop in Gallarate
(photograph by Paolo Zanzi) and nearby
the cone realized in 1970 and actually
exposed in the Triennale of Milan.
bianco della luce e al nero delle ombre. Così l’edificio finale è stato “creato” dal suo stesso
ambiente, perfettamente inserito nel contesto originario». Il designer punta per il 2011 a
una seconda edizione di Artparty interamente dedicata al design, propedeutica alla
fondazione a Varese di una scuola per questa disciplina e di un vicino museo: «A
Varese ci sarebbero le persone adatte a cambiare le cose, ma si fanno condizionare dalla
mentalità corrente: si pensa cioè che in città non si possa o voglia fare niente di nuovo. Così
si dà soltanto l’avallo ai politici per commettere errori su errori. E’ anche colpa dei professionisti, tutti bravissimi e attivissimi fuori Varese e assenti da noi. Una scuola di design
finalmente offrirebbe alle aziende ragazzi preparati e motivati, pronti a dar prova della loro
acquisita professionalità. Poi è necessario che le associazioni culturali finalmente si uniscano e progettino insieme per la città. In questo senso è rivolta la mostra al Castello di
Masnago, per la quale gli artisti invitati si sono messi in discussione dialogando tra loro
come non si vedeva da tempo». A Gallarate, Ambrogio Pozzi, 78 anni, è una leggenda vivente del design, collaboratore per anni di aziende come Rosenthal, Guzzini,
Cardin, Cassetti, Thomas, solo per citare le più note, amico e collaboratore di Giò
Ponti e di Pierre Cardin, artista sfaccettato capace ancora di divertirsi dopo anni di
successi nel mondo. Tra i suoi prodotti più noti, i servizi “Duo” per Rosenthal,
“Cono” per Pierre Cardin e quello di bordo realizzato per l’Alitalia nel 1970. «Mio
padre, fondatore della Ceramica Franco Pozzi di Gallarate, voleva che facessi il chimico,
ma mi appassionai alla ceramica a Faenza, visitando i laboratori artigianali. Fu Giuseppe
Zanella, nel 1952, a indicarmi la via, proponendo i miei lavori al concorso di Messina, dove
parteciparono tra gli altri Agenore Fabbri e Fausto Melotti. Da allora la ceramica è stata la
mia vita, in azienda e fuori, con collaborazioni strettissime con Rosenthal e Thomas, premi
internazionali e oggetti creati che hanno fatto la storia del design», dice Pozzi, capace di
creare opere straordinarie con materiali diversi, dalla plastica al vetro, dall’argento
all’acciaio. Un artista completo, che ama la grafica, la pittura e la scultura, alle quali
si è sempre dedicato a fondo nel corso della ormai cinquantennale carriera. Oggi crea
quadri digitali, sperimenta cromotarsie con intagli di legno e realizza piccole sculture. A fine anno il neonato Maga, Museo d’arte di Gallarate, gli dedicherà una personale con i progetti di una vita. «Sulla carta d’identità scrivevano “disegnatore” e mi
arrabbiavo da matti, ma ho sempre creduto nelle mie capacità e adesso, alla mia età, scusate se me la tiro anche un po’. Però il design sta vivendo un periodo di crisi, c’è meno interesse rispetto a un tempo per il lavoro di qualità. Si punta al nome, a uno Starck tutto è
permesso, perché crea immagine e moda. Una volta erano pochi quelli veramente bravi, ora
tutti fanno design, perché hanno un riscontro mediatico. Se fai una tazzina con quattro
manici le riviste te la pubblicano e sei un genio, se invece crei un oggetto funzionale e corretto, no. Ho realizzato servizi per Guzzini e Rosenthal che sono rimasti in produzione per
trent’anni, e hanno dato lavoro a tanti operai». Per Ambrogio Pozzi, creatore di meraviglie come i recenti vasi “Venere” in ceramica smaltata, e quelli della divertente
serie degli “Spiritelli”, della bottiglia antropomorfa “Marilyn” per Rosenthal, e dello
straordinario “Cono”, del 1970, per Cardin, un set di 13 pezzi in cui trovano posto
piatti, tazzine, necessaire per sale e pepe, esposto alla Triennale di Milano, oggi c’è
poco amore per la casa. «Anche chi si sposa fa la lista nozze all’agenzia di viaggi, non
compera più servizi di piatti o tazze e tazzine di qualità, l’unica attenzione è per il design di
mobili e per le lampade, settori in costante crescita. La suppellettile oggi la si deve soltanto
a qualche exploit di isolati artigiani».
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