Scheda tratta da Mauro Natale, catalogo dei dipinti, Milano 1982 Fra

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Scheda tratta da Mauro Natale, catalogo dei dipinti, Milano 1982 Fra
Scheda tratta da Mauro Natale, catalogo dei dipinti, Milano 1982
Fra Galgario
Vittore Ghislandi, detto
Bergamo, 1655 – 1743
Ritratto di cavaliere dell'ordine costantiniano
Olio su tela; 109 x 87 cm (n. inv. 1547)
Come ha dimostrato la radiografia eseguita durante il recente restauro a cura di P. Zanolini (1980), questo
celebre ritratto è stato dipinto su di una tela già precedentemente utilizzata su cui figurava un personaggio
virile a tre quarti, capovolto rispetto all'orientamento attuale. Fu ritoccata nel 1930 da M. Pellicioli in seguito
ad una caduta che produsse leggere deteriorazioni (Archivio del Museo Poldi Pezzoli, Verbale di Consiglio,
10 maggio 1930). Durante il più recente intervento sono state rimosse ridipinture e vernici oscurate che
mascheravano alcune piccole lacune ed una zona alterata di maggiore estensione in basso a destra,
all'altezza della manica.
Il dipinto rappresenta una figura maschile con il capo coperto da un cappello a tricorno "posato
obliquamente, in modo che uno dei tre canti si trovi sulla tempia. Qui l'ala ripiegata all'insù è molto alta e
raggiunge uno straordinario effetto decorativo anche per la guarnizione di gallone d'argento, elaborato quasi
come un pizzo, che sottolinea il cappello spiccando sul feltro nero" (Levi Pisetzky, IV, 1967, p. 193). La
parrucca " indossata dal cavaliere ha i capelli raccolti dietro in una coda, legata dal nastro che si annoda sul
davanti del collo come una cravatta. Di origine militare, [questa moda] è documentata in Inghilterra fino dal
1713 con il nome di "tye-wig" " (Butazzi, 1977, p. 108). Sotto il ricco giustacuore di seta grigia decorato da un
ampio gallone d'argento appare un corpetto metallico sul quale è possibile riconoscere l'emblema di un
ordine cavalleresco. E' questa una croce di " color rosso porpora a braccia uguali gigliate alle estremità,
caricate in punta delle lettere I.H.S.V. (In Hoc Signo Vínces)" (Nasalli Rocca, 1954, p. 65) che spetta al
"Sacro Angelico Imperiale Aurato Ordine Costantiniano di San Giorgio". L'Ordine, "collegato a tradizioni
bizantine,... ebbe negli ultimi anni del '600 e nei primi del '700 una particolare reviviscenza" allorché esso fu
assunto, con caratteristiche dinastiche, dal duca di Parma e di Piacenza, Francesco Farnese (Nasalli Rocca,
1954, p. 66) e da allora "sanzionato dalle maggiori autorità con diplomi imperiali e con bolle pontificie"
(Nasalli Rocca, 1954, p. 66).
Come avverte E. Nasalli Rocca, cui si deve questa preziosa identificazione, la carenza di fonti documentarle
ha impedito fino ad oggi di precisare il nome del personaggio effigiato. Le due ipotesi formulate dallo stesso
studioso, cioè che possa trattarsi qui di Gian Andrea Angelo Comneno (morto a Piacenza nel 1702) o del
bergamasco Bartolomeo Odoardo Pighetti (deceduto assai vecchio nel 1735 e ministro dei Farnese a Parigi)
contrastano d'altra parte con la datazione del dipinto che per ragioni stilistiche risale probabilmente alla
seconda metà del quarto decennio del Settecento.
L'opera costituisce una delle più fedeli espressioni di quel " dipingere pastoso, e senza que' contorni, che
sogliono le dipinture di molti secche ed aspre far comparire" descritto da F.M. Tassi (1793, p. 61); per il
carattere ambiguo dell'espressione e la smagliante eleganza del costume ha offerto spazio alle più diverse
interpretazioni, sia in chiave morale che in chiave sociale. Immagine di "magnificenza" e di "miseria"
(Nugent, I, 1925, p. 258), di "vizio e ragione, orgoglio e indifferenza" (Ferro 1966, senza n.p.),
"drammaticissima concentrazione di rammollimento cerebrale " (Testori, 1970, p. 54), specchio di un
personaggio , "aristocratico fino al midollo delle ossa" (Locatelli Milesi, 1945, p. 13), il ritratto è stato a più
riprese celebrato per la sua alta qualità di resa psicologica, peraltro di un timbro analogo a quella che
contraddistingue taluni autoritratti del pittore.
Considerato come una " delle più grandi realizzazioni di tutto il secolo " (Cipriani-Testori, 1953, p. 55), il
dipinto è articolato su di una gamma pittorica tendente al monocromo con "sottilissime e raffinate variazioni,
interrotte solo dall'oro dell'emblema e dal rosso spento delle labbra e del nastro del bastone di comando "
(Gozzoli, 1981, p. 119, n. 117).
E' probabile che la datazione dell'opera, proposta da F. Russoli intorno al 1740 (1955, pp. 160,161), vada
posta in concomitanza con quella del Ritratto di vecchia signora di collezione privata bergamasca
(Pallucchini, 1967, n. 17), eseguita verso il 1736.
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