Manifestazioni cliniche associate all`uso di cocaina G. Quaglio

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Manifestazioni cliniche associate all`uso di cocaina G. Quaglio
Sezione ECM
Manifestazioni cliniche associate
all’uso di cocaina
Gianluca Quaglio, Fabio Lugoboni, Benedetta Pajusco, Anna Fornasiero, Paolo Mezzelani, Alessandro Lechi*
(Ann Ital Med Int 2004; 19: 291-303)
CASO CLINICO
La paziente non ha presentato sotto nostra osservazione episodi convulsivi, anche se ad un elettroencefalogramma espletato si è evidenziato un dubbio di focolaio
irritativo in sede fronto-parietale sinistra.
All’elettrocardiogramma emergeva una riduzione dei
voltaggi delle R nelle derivazioni precordiali; la paziente,
interrogata in proposito, riferiva di aver sofferto di precordialgie atipiche in passato. L’ecocardiogramma documentava: cardiopatia ipertrofica concentrica di grado medio, area
di ipo-acinesia in sede antero-settale, lieve insufficienza mitralica e un’immagine mobile filamentosa sotto il piano valvolare aortico (residuo embrionale? fibrina?). Considerata
la patologia ischemica cerebrale, si è proceduto ad eseguire un ecocardiogramma transesofageo che ha tuttavia escluso la presenza di trombi endocavitari.
La paziente era inizialmente reticente e poco collaborante all’anamnesi. Venivano intraprese delle indagini
laboratoristiche e strumentali per ipertensione secondaria:
ipertensione nefrovascolare e da cause endocrine (dosaggio dell’attività retinica, dell’aldosterone e delle catecolamine plasmatiche ed urinarie, ecografia renale), risultate negative, così come lo screening per sindromi
trombofiliche arteriose, per vasculiti e per nefropatie.
L’eco color Doppler delle arterie renali e la scintigrafia renale risultavano pure negative (Tab. I).
Dopo qualche giorno, avendo la paziente rivelato l’uso
di cocaina, veniva approfondita l’anamnesi in senso tossicologico. È emerso un iniziale uso di cocaina per via inalatoria (sniffo) di lunghissima data, dagli anni ’80, con fasi di remissione e fasi di riacutizzazione, con un’assunzione
negli ultimi mesi di una dose media di circa 2 g/die, in genere la sera assieme al compagno, con dei binge nel
weekend. La paziente aveva sempre assunto la cocaina per
via inalatoria, non aveva mai utilizzato la via endoveno-
Descriviamo un caso clinico con complicanze cardiovascolari e cerebrali da uso cronico di cocaina.
Giunge alla nostra osservazione, proveniente da un altro presidio ospedaliero, una donna di 41 anni per la comparsa di afasia transitoria ed ipostenia all’emisoma destro
con storia di crisi ipertensive scarsamente responsive al trattamento farmacologico. La paziente era stata sottoposta nei
giorni precedenti a tomografia assiale computerizzata che
documentava una lesione ischemica recente del diametro
di 2 cm in sede lenticolare sinistra e multiple lesioni pregresse, verosimilmente di tipo ischemico.
L’obiettività neurologica all’ingresso confermava l’afasia, documentando una paresi facio-brachiale destra e deficit campimetrici alla visita neurologica. La pressione arteriosa era 150/100 mmHg, il polso di 69 b/min, ritmico.
In ambito cardiaco soffio 2/6 in sede del focolaio aortico,
non soffi vascolari in addome o al giugulo. Evidente una
iperemia del setto nasale con lieve rinorrea riferita cronica, modesta madarosi ben mimetizzata con il trucco.
Da una prima anamnesi raccolta con l’aiuto del compagno, emergeva come unico fattore di rischio per patologia
vascolare, oltre all’ipertensione, il fumo di sigaretta.
La risonanza magnetica nucleare dell’encefalo ha evidenziato insulti vascolari recenti in sede corticale frontale sinistra e occipitale sinistra, sedi piuttosto atipiche per
stroke su base ipertensiva che tipicamente riguarda più frequentemente l’archiencefalo (nuclei della base, talamo e
tronco dell’encefalo).
Servizio di Medicina delle Dipendenze (Direttore: Prof. Paolo
Mezzelani), *Istituto di Medicina Interna C (Direttore: Prof. Alessandro
Lechi), Dipartimento di Scienze Biomediche e Chirurgiche, Università
degli Studi, Azienda Ospedaliera, Policlinico G.B. Rossi di Verona
© 2004 CEPI Srl
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MECCANISMO D’AZIONE, EFFETTI FARMACOLOGICI
TABELLA I. Esami strumentali.
E PRINCIPALI COMPLICANZE ORGANICHE
RMN encefalo
Multipli focolai di alterata intensità di segnale in corrispondenza del
tronco dell’encefalo, del cervelletto, dei nuclei della base, nella sostanza bianca e di centri semiovali rappresenterebbero esiti di sofferenza vascolare. Due focolai di alterata intensità di segnale in sede corticale frontale sinistra ed occipitale dello stesso lato con edema vasogenico con significato di insulti vascolari recenti
DA USO DI COCAINA
Cenni storici
Il termine coca proviene dalla parola khoka che, nella
lingua della popolazione indios Aymara, precedente alla
civiltà Incas, significa albero. L’uso della coca nelle Ande
centrali è assai antico: secondo alcuni studiosi inizia nel
VI secolo dopo Cristo, anche se alcuni ritrovamenti archeologici fanno pensare che la coca venisse usata già nel
3000 avanti Cristo. Nel XVI secolo il Perù viene conquistato dagli spagnoli, ed in tal modo la coca entra in contatto con la cultura europea. Nel 1783 Lamarck classifica la pianta con la sua denominazione scientifica moderna (Erythroxylon). Johan von Tschudi, uno dei primi
esploratori dell’Amazzonia, in un suo libro pubblicato
nel 1852, riporta la prima accurata descrizione del binge
di cocaina; il termine che potrebbe essere tradotto in italiano come abbuffata, descrive la tendenza degli assuntori
a consumare in continuazione tutta la cocaina a loro disposizione1. Nel 1884 Freud pubblica Über Coca, il primo dettagliato resoconto sugli effetti della sostanza. Freud
suggeriva l’uso della cocaina nel trattamento della dipendenza da morfina e da oppioidi, convinto che le due
sostanze avessero azione farmacologicamente opposta2. Le
prime segnalazioni di tossicità apparvero in un numero del
British Medical Journal del 1885, dove venivano descritte alcune reazioni tossiche associate all’uso della cocaina nella chirurgia oftalmica3. Nonostante l’aumento dei
casi di tossicità, il consumo di cocaina continuava a crescere; l’abuso diventa ancora più diffuso agli inizi del secolo allorché i consumatori imparano a conoscere la via
inalatoria (fino ad allora, infatti, era diffusa l’assunzione
orale ed endovenosa). Nel 1914 negli Stati Uniti, per il numero sempre maggiore di soggetti che ne abusavano e ne
diventavano dipendenti, la cocaina viene classificata come narcotico e ne viene proibita l’aggiunta a medicinali
e bevande, fino ad allora pratica assai comune. A seguito di questo ed altri atti legislativi restrittivi, il suo uso si
riduce notevolmente. Così la cocaina non trova ampia diffusione fino ai primi anni ’70, quando riemerge tra le fasce giovanili delle classi privilegiate. Nel 1973 è stato descritto il primo caso di body packer, di un soggetto cioè
che utilizza il tubo digerente come mezzo per il trasporto di droghe illegali, quasi sempre cocaina4. Al principio
degli anni ’80 la droga è meno costosa e di più immediata reperibilità, il che ne facilita la diffusione anche alle classi sociali meno abbienti. A metà degli anni ’80 comincia
ad essere disponibile negli Stati Uniti su vasta scala in una
nuova forma, il crack; le prime osservazioni di questa mo-
Elettroencefalogramma
Dubbio focolaio irritativo fronto-parietale sinistro
FOO
Papille iperemiche, vasi venosi tortuosi, turgidi ed ectasici; vasi arteriosi assottigliati. Macula indenne
Campimetria
OD: diffusi scotomi assoluti nell’emicampo nasale in area centrale; OS: emianopsia nasale totale ed altitudinale inferiore parziale
Elettrocardiogramma
Ritmo sinusale, IVS, ridotto voltaggio delle R in V1, V2, V3 (insulto
ischemico?)
Ecocardiogramma
Cardiopatia ipertrofica concentrica di grado medio, area di ipo-acinesia in sede antero-settale. Lieve insufficienza mitralica immagine mobile filamentosa sotto il piano valvolare aortico (residuo embrionale? fibrina?)
Ecografia transesofagea
Assenza di trombi endocavitari
Eco TSA
Assenza di stenosi o placche, vasi pervi
Eco color Doppler renali
Parametri di flusso a livello intraparenchimale ed in prossimità
dell’origine delle arterie renali nella norma
Angiofotoscintigrafia renale
Reni regolari, la perfusione buona e simmetrica. Lievemente ridotto bilateralmente il filtrato glomerulare (32 mL/min)
Esami bioumorali
(indici di flogosi, ANA, ENA, LAC, anticorpi anticardiolipina,
omocisteina, renina, aldosterone, catecolamine, acido vanilmandelico, calcemia, indici di funzione renale, elettroliti, glicemia, profilo lipidico, PTH, TSH, FT3, FT4, ACTH)
Tutti nella norma
ACTH = ormone adrenocorticotropo; ANA = anticorpi antinucleo;
ENA = anticorpi antiantigeni nucleari estraibili; FOO = fundus oculi; IVS
= setto interventricolare; LAC = anticoagulante lupico; OD = occhio destro; OS = occhio sinistro; PTH = paratormone; RMN = risonanza magnetica nucleare; TSA = tronchi sovraortici; TSH = ormone tireostimolante.
sa. L’esame tossicologico del capello permetteva di rilevare la presenza di cocaina.
Durante la degenza si otteneva la normalizzazione dei
valori pressori con una terapia con inibitori dell’enzima
di conversione dell’angiotensina e calcioantagonisti. La sintomatologia neurologica è regredita dopo terapia antiaggregante, anticoagulante ed antiedemigena.
La paziente è attualmente in trattamento antidepressivo e seguita presso un Servizio per le Tossicodipendenze.
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30 min; i soggetti che assumono la sostanza per questa via
spesso sono obbligati a multiple somministrazioni quotidiane, anche trenta al giorno8.
dalità di assunzione si ebbero in Jamaica nel 19831. Nel
2000, studi epidemiologici su larga scala riportano che 25
milioni di americani hanno usato cocaina almeno una
volta nella vita e di questi circa un milione e mezzo la utilizza in maniera continuativa. Come in altri paesi europei,
l’uso della cocaina in Italia si diffonde in maniera significativa solo nel secondo dopoguerra. La cocaina, indagata
come sostanza d’abuso primaria per l’accesso al trattamento presso i Servizi per le Tossicodipendenze, presenta nel periodo dal 1999 al 2002, sull’intero territorio nazionale, un incremento dal 4.3 al 7%. Una migliore osservazione del trend, sempre relativa al periodo 19992002, riferita alla variazione percentuale rispetto al numero
di utenti in trattamento per sostanza d’abuso primaria, mette però in evidenza un aumento esponenziale, dell’80%,
degli assuntori di cocaina (Tab. II). Nel corso del quadriennio inoltre si osserva un incremento nell’uso di cocaina dal 21.3 al 26.6%, come sostanza secondaria rispetto alla sostanza che ha motivato la presa in carico al
Servizio per le Tossicodipendenze5.
Farmacocinetica
L’emivita della cocaina è di 30-90 min dopo somministrazione endovenosa; è più lunga per via nasale, in conseguenza del continuo assorbimento attraverso la mucosa nasale e più breve per via inalatoria (crack).
La cocaina viene rapidamente metabolizzata con la formazione di metaboliti che sono eliminati principalmente
per via renale; tra il 5-10% viene eliminata immodificata nelle urine. I due maggiori metaboliti sono la benzoilecgonina e l’ecgonina-metil-estere, la cui emivita è più lunga di quella della cocaina e risulta di 4-8 ore. Essi hanno
dimostrato di avere un’azione di vasospasmo a carico dei
vasi arteriosi coronarici e cerebrali; questa loro capacità,
associata alla lunga emivita, potrebbe spiegare perché
molti pazienti con stroke o infarto del miocardio, sviluppano la sintomatologia anche diverse ore dopo l’ultima assunzione. Meno del 5% della sostanza è metabolizzata a
norcocaina, un metabolita potenzialmente attivo che ha un
importante effetto epatotossico. Sono infine stati descritti numerosi altri metaboliti, la cui attività farmacologica
resta però poco definita9. I metaboliti possono essere individuati nelle urine per 48-72 ore dopo l’uso della sostanza, secondo la modalità di assunzione ed ovviamente della sensibilità del metodo di laboratorio utilizzato. In
pazienti assuntori cronici i metaboliti nelle urine sono
stati evidenziati anche per periodi più lunghi.
I consumatori di cocaina spesso abusano anche di alcool.
L’assunzione contemporanea delle due sostanze determina la formazione di cocaetilene, un metabolita attivo che
è eliminato più lentamente della cocaina e questo può
determinare problemi di accumulo. In vitro il cocaetilene
si è dimostrato avere una maggiore cardiotossicità della
cocaina, con un più alto numero di anomalie di conduzione
ed una riduzione dell’inotropismo cardiaco10.
Modalità di assunzione
La cocaina può essere assunta per via intranasale, parenterale (endovena, intramuscolo, sottocute), orale, oppure può essere fumata; sono descritte anche assunzioni
per via genitale e rettale. La via intranasale (sniffo, snorting) è la modalità più diffusa. Cento milligrammi di sostanza, che equivalgono approssimativamente a due-tre “linee”, determinano un livello ematico di 50-100 ng/mL, sufficienti a causare un incremento transitorio della frequenza cardiaca e dei valori pressori6,7. La cocaina in
polvere può anche essere assorbita attraverso la mucosa
orale, applicandola (senza inghiottirla) sulle gengive o
sull’interno delle guance; l’assorbimento è lievemente
inferiore a quello nasale. La via endovenosa determina livelli ematici più elevati di qualsiasi altra via di somministrazione. Il picco dell’effetto viene raggiunto rapidamente (0.5-2 min) e l’effetto euforizzante permane per 20-
TABELLA II. Numero e variazione percentuale degli utenti in trattamento nei Servizi per le Tossicodipendenze italiani in base alla tipologia di
sostanza primaria d’abuso. Periodo 1999-2002.
Sostanza
Eroina
Cocaina
Amfetamine
Ecstasy
Cannabinoidi
Atre sostanze
1999
2000
2001
2002
Variazione (%)
117 124
5992
356
1170
11 064
2872
120 450
7838
334
1176
11 570
3010
116 515
8325
300
1044
11 668
3600
123 154
10 788
295
1218
14 056
4445
5.1
80.0
-17.1
4.1
27
54.8
Fonte: Ministero della Salute.
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Meccanismo d’azione
Via serotoninergica
È stato dimostrato che la cocaina blocca anche il reuptake
della serotonina, aumentando i livelli di serotonina nello
spazio extracellulare15. La liberazione di serotonina può
contribuire all’insorgere di allucinazioni, ipertermia e favorire il vasospasmo.
Recenti ricerche in campo neurofisiologico hanno infine messo in evidenza come questi tre sistemi (dopaminergico, noradrenergico e serotoninergico) siano variamente collegati tra di loro e con altri sistemi (degli oppioidi endogeni con particolare coinvolgimento dei recettori k, del glutamato, ecc.) e come questa interazione contribuisca a determinare i sintomi e i segni associati all’uso di cocaina15.
I principali effetti della cocaina sono quello anestetico
locale, simpaticomimetico e stimolante del sistema nervoso
centrale.
Blocco dei canali del sodio
Come altri anestetici locali la cocaina si fissa su particolari recettori dei canali del sodio, inibendo il passaggio
degli ioni sodio attraverso la membrana. In questo modo
viene impedita la depolarizzazione della membrana e
l’impulso nervoso viene bloccato. L’azione termina quando le molecole di cocaina si liberano dal recettore e si
diffondono nella circolazione sanguigna11.
Effetti farmacologici
Via dopaminergica
Effetto anestetico e vasocostrittore
Il sistema dopaminergico regola il tono dell’umore e le
sensazioni di piacere: la sua attivazione, cocaino-indotta,
è anche responsabile degli effetti psicotomimetici realizzati dalla sostanza. La cocaina è in grado di aumentare la
liberazione di dopamina a livello sinaptico agendo da dopamino-mimetico indiretto, bloccando il reuptake della dopamina da parte delle terminazioni nervose12; ciò si traduce in un aumento della neurotrasmissione dopaminergica13. Il blocco del reuptake stimola inoltre nel neurone
dopaminergico un aumento della sintesi del neurotrasmettitore, attivando la tirosina-idrossilasi; altra possibile risposta compensatoria è l’aumento del numero di recettori per la dopamina. Il meccanismo molecolare attraverso il quale la cocaina realizza la sua azione non è tuttavia ancora del tutto chiarito: si è per esempio osservato che esistono recettori diversi per la dopamina, situati in
terminazioni diverse e che provocano effetti diversi14.
Esistono almeno cinque differenti tipi di recettori per la
dopamina, che dal punto di vista funzionale però possono essere distinti in due gruppi: recettori tipo D1 e D2. Nei
soggetti che usano cronicamente cocaina si è osservata una
riduzione del numero dei recettori D1 (probabilmente come conseguenza di un fenomeno di down-regulation), e
questo fenomeno potrebbe spiegare perché questi soggetti sviluppino rapidamente fenomeni di tolleranza nei
confronti degli effetti euforizzanti della sostanza.
Attualmente il principale uso medico della cocaina è
quello di anestetico locale in otorinolaringoiatria e chirurgia
plastica; sono stati descritti episodi di tossicità acuta a seguito di queste pratiche mediche16.
Effetti simpaticomimetici
La cocaina determina un’alterazione del metabolismo
delle catecolamine. I soggetti che usano cocaina in modo
continuativo hanno livelli più elevati di catecolamine circolanti. A differenza dell’eroina, dove molte delle complicanze sono secondarie a infezioni o alla presenza di contaminanti, molte delle complicanze mediche da uso di
cocaina sono determinate sia dalla sostanza per sé che
dall’azione catecolaminergica. Una volta immesse in circolo, le catecolamine si comportano come ormoni circolanti e non più come neurotrasmettitori, provocando di conseguenza aumento della frequenza cardiaca, ipertensione
arteriosa e vasocostrizione. L’aumento dei valori pressori è conseguenza sia delle aumentate resistenze vascolari che della portata cardiaca, quest’ultima conseguente ad
un aumento della frequenza e della contrattilità miocardica.
Dosi moderate di cocaina (2 mg/kg per via intranasale) determinano vasocostrizione coronarica. A livello cellulare,
la presenza di elevati livelli di catecolamine circolanti
può alterare il potenziale di membrana, con la possibile insorgenza di aritmie ventricolari minacciose. È stato inoltre osservato che l’esposizione cronica ad alti livelli di catecolamine può determinare modificazioni istologiche del
miocardio (le cosiddette bande di contrazione necrotica),
anch’esse associate ad aritmie e morte improvvisa. Come
conseguenza dell’attivazione del sistema simpaticomimetico, si osservano anche dilatazione pupillare, secchezza della mucosa orale e diminuzione dell’appetito17.
Via noradrenergica
In periferia la cocaina potenzia la risposta adrenergica
bloccando la ricaptazione della noradrenalina libera. A livello centrale blocca il reuptake della noradrenalina, ne aumenta la sintesi attraverso l’attivazione della tirosinaidrossilasi, e aumenta i recettori β-adrenergici in alcune
aree cerebrali (up-regulation).
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Effetti sul sistema nervoso centrale
quente era il dolore toracico (39%), seguito da ansia
(22%), dispnea (21%), tachicardia (20%), vertigine (13%)
e cefalea (12%)23. Le principali complicanze mediche
sono elencate in tabella III e di seguito descritte.
Gli effetti più spesso descritti sono: rialzo del tono
dell’umore con stato euforico, aumento del senso di energia, incremento dell’autostima, della lucidità mentale,
della libido e della forza muscolare; l’appetito e il bisogno di dormire sono invece decisamente diminuiti. In
qualche caso possono anche comparire marcata irrequietezza, tremori ed estrema loquacità. Questi primi effetti
“positivi” tendono a far sì che il soggetto ne ripeta l’uso.
L’euforia lascia il posto ad uno stato di malessere, depressione ed irrequietezza, soprattutto se l’assunzione è avvenuta fumando crack o per via endovenosa18.
Riassumendo, come conseguenza dell’azione della cocaina, sono rilasciate dopamina, epinefrina, norepinefrina e serotonina, che determinano un prolungato ed amplificato effetto. La stimolazione β-adrenergica produce
tachicardia, sudorazione, tremore e midriasi, mentre l’incremento del tono α-adrenergico è in larga parte responsabile del vasospasmo che determina crisi ipertensive ed
ischemia miocardica, intestinale, ecc. L’azione dopaminergica contribuisce a questo effetto periferico, ma è responsabile soprattutto degli effetti sul tono dell’umore,
mentre l’azione serotoninergica può determinare fenomeni allucinatori, ipertermia, episodi convulsivi e contribuire al vasospasmo. Questi effetti, documentabili con
l’osservazione clinica e ricerche in vitro, non sono tuttavia sufficienti a spiegare tutti i fenomeni associati all’abuso di cocaina; altri farmaci ad esempio, capaci di realizzare il blocco del reuptake delle amine, come gli antidepressivi triciclici, non determinano le stesse manifestazioni
cliniche prodotte dalla cocaina19,20.
Complicanze cardiovascolari
Crisi ipertensive. L’uso di cocaina determina l’insorgenza di crisi ipertensive, ma non pare associato ad una
maggiore prevalenza di stati ipertensivi cronici in soggetti
cocainomani24.
Infarto del miocardio. L’ischemia e l’infarto sono le
complicanze mediche più frequenti da uso di cocaina25. La
prima segnalazione di infarto del miocardio correlato
all’uso di cocaina risale al 198226. L’insorgenza di infarto acuto del miocardio in un soggetto giovane senza alcun
fattore di rischio cardiovascolare deve porre il sospetto di
un consumo non dichiarato di cocaina. L’infarto può insorgere anche ore o giorni dopo l’ultima assunzione di cocaina; è stato descritto sia dopo assunzione di una sola dose che in soggetti consumatori cronici: la sua insorgenza
è indipendente dalla via di assunzione e non appare direttamente correlata alla dose assunta. In generale tuttavia si è osservata una più consistente e rapida tossicità cardiaca, almeno in studi su animali, per dosi > 5 mg/kg e minori conseguenze per dosi < 2 mg/kg27. Lo studio elettrocardiografico continuo mediante esame Holter, realizzato in soggetti consumatori cronici durante la prima settimana di detossificazione, ha registrato episodi ricorrenti di elevazione del tratto ST nel 40% dei casi28.
Differenti meccanismi possono contribuire alla patogenesi dell’infarto del miocardio in soggetti che abusano
di cocaina. I più rilevanti sono: 1) aumentata domanda di
ossigeno, 2) vasocostrizione coronarica, 3) trombogenesi coronarica.
La cocaina determina un aumento dei fattori maggiormente responsabili della domanda di ossigeno da parte del
miocardio: frequenza cardiaca, pressione arteriosa e contrattilità miocardica.
Lo spasmo coronarico dopo uso di cocaina anche a
basse dosi è stato dimostrato attraverso esame angiografico, anche se il meccanismo che lo determina non è perfettamente noto; un ruolo importante viene giocato dagli
elevati valori di catecolamine circolanti. Questo effetto può,
infatti, essere antagonizzato dalla fentolamina, un antagonista α-adrenergico, e esacerbato dal propranololo, un
antagonista β-adrenergico29. La vasocostrizione da cocaina è anche favorita dall’aumentata produzione di endotelina, un potente vasocostrittore30 e dalla riduzione
della produzione di ossido nitrico, un potente vasodilatatore31. Lo spasmo coronarico potrebbe spiegare gli episodi
Complicanze mediche
Negli Stati Uniti, la cocaina è oramai da alcuni anni responsabile della più alta percentuale di ricoveri presso le
strutture di emergenza in seguito all’uso di sostanze illecite (cocaina, eroina, cannabinoidi, amfetamine e metamfetamine, LSD, GHB, ketamina, inalanti). Nel 2002 tale percentuale era del 30% ed un quinto di questi casi era
conseguente all’uso di crack. Dal 1995 al 2002, si è inoltre osservato un incremento del 33% dei ricoveri in Pronto
Soccorso per uso di cocaina21. L’uso di cocaina è tra le prime cinque cause di morte in soggetti di età compresa tra
15 e 44 anni negli Stati Uniti22. Uno degli studi più ampi
presenti in letteratura, ha osservato le complicanze da
uso di cocaina in 233 soggetti recatisi in Pronto Soccorso
dopo uso di sostanza. Le complicanze più frequenti erano: cardiopolmonari (56% dei casi), neurologiche (39%),
psichiatriche (35%) e infettive (10%). Sintomi multipli erano presenti in oltre il 57% dei soggetti: il sintomo più fre-
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di infarto acuto del miocardio in pazienti con coronarie normali, che rappresentano circa la metà dei pazienti infartuati assuntori di cocaina32.
Diversi autori hanno segnalato, in soggetti assuntori di
cocaina, la presenza di lesioni fisse a livello delle coronarie,
maggiormente di tipo aterogeno, ma anche trombotico, in
percentuale superiore a quella che ci si sarebbe dovuti attendere in questi giovani pazienti, forse per effetto diretto aterogeno della cocaina per sé o per aumentata aggregabilità piastrinica indotta dalla sostanza33. Sono inoltre state segnalate lesioni delle coronarie conseguenti ad iperplasia
dell’intima; quadri simili sono stati osservati in pazienti con
malattie del connettivo, facendo supporre che siano secondari ad alterazioni del sistema immunitario34.
TABELLA III. Principali complicanze mediche da uso di cocaina.
Complicanze cardiovascolari
Cardiopatia ischemica
Infarto del miocardio
Crisi ipertensive
Aritmie ipercinetiche
Edema polmonare cardiogenico e non cardiogenico
Cardiomiopatie
Miocarditi
Dissecazione aortica
Endocarditi
Complicanze neurologiche
Stroke
Cefalea
Convulsioni
Movimenti involontari
Atrofia cerebrale in assuntori cronici
Complicanze respiratorie
Edema polmonare
Pneumotorace
Pneumomediastino
Embolia polmonare
Infarto
Emorragie alveolari diffuse
Emottisi
Crack lung
Complicanze gastrointestinali
Stomatiti, glossiti
Nausea
Vomito
Ischemia
Infarto mesenterico
Perforazione intestinale
Sanguinamenti intestinali
Colite pseudomembranosa
Epatotossicità
Complicanze psichiatriche
Psicosi paranoide
Delirio di eccitazione
Miscellanea
Infezioni (HIV, epatiti, ecc.)
Madarosi
Perforazione del setto nasale
Anosmia
Sinusite frontale
Cheratiti
Erosioni denti anteriori superiori
Discromie cutanee e lesioni ulcerose a lenta risoluzione
Ipercheratosi palmo mani
Iperaggregabilità piastrinica
Ipoprolattinemia
Ipercortisolismo
Immunosoppressione cellulo-mediata
Acidosi metabolica
Disfunzioni sessuali
Rabdomiolisi
Necrosi tubulare acuta
Infarto splenico
Flebiti
Abruptio placentae
Placenta previa
Preeclampsia
Sindrome da morte infantile improvvisa
Basso peso alla nascita
Ritardo di crescita intrauterina
Microcefalia
Aritmie neonatali
Ipo-ipertonia con ipo-iperreflessia neonatali
Crack baby (sindrome del bambino agitato)
Cardiomiopatie. Il consumo abituale di cocaina può
determinare ipertrofia ventricolare sinistra con importante disfunzione sistolica. Sono stati anche descritti casi di
cardiomiopatia dilatativa in assuntori cronici29,35. L’alterata funzionalità miocardica va ricondotta a diversi meccanismi. Innanzitutto, come descritto, alla possibilità di causare ischemia e infarto del miocardio. Inoltre, le ripetute
stimolazioni simpaticomimetiche possono determinare
cardiomiopatia (similmente a quanto si osserva in pazienti affetti da feocromocitoma), con la formazione in regione subendoteliale di aree chiamate “bande di contrazione necrotica”. Studi su animali infine hanno dimostrato come la cocaina alteri la produzione di citochine a
livello endoteliale e dei leucociti circolanti, causando
apoptosi dei miociti29,36.
Aritmie cardiache. L’azione della cocaina sul sistema
di conduzione si esercita attraverso vari meccanismi. Il primo si realizza attraverso l’azione agonista adrenergica, che
può incrementare l’irritabilità ventricolare riducendo la soglia per l’insorgenza di fibrillazione. Il secondo meccanismo è conseguenza del blocco dei canali del sodio, che
inibisce la generazione e la conduzione del potenziale
d’azione. Terzo, aumenta la concentrazione di calcio intracellulare, con maggiore rischio di aritmie ventricolari.
Infine, la cocaina sembra ridurre l’attività vagale, interferendo ulteriormente sulla frequenza cardiaca in senso tachicardizzante29.
Parallelamente agli episodi ipertensivi e alla comparsa
di ipertrofia miocardica l’uso di cocaina può, nei soggetti utilizzatori cronici, essere responsabile di anomalie del
sistema di conduzione tali da provocare gravi aritmie fino alla morte improvvisa. Le aritmie più frequenti sono
la bradicardia sinusale, la tachicardia sinusale, la fibrillazione atriale, la tachicardia e fibrillazione ventricolare, la
torsade de pointe, il segno di Brugada e l’asistolia29.
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Complicanze vascolari. La cocaina può determinare
dissecazione aortica, soprattutto di tipo I, come probabile conseguenza degli aumentati valori pressori e delle alterazioni a carico della parete del vaso causate dalla sostanza37. Tromboflebiti superficiali e profonde sono altre
possibili conseguenze; il coinvolgimento delle vene superficiali si realizza con meccanismi simili a quelli conseguenti all’uso per via endovenosa di eroina. Da segnalare l’aumento dei casi della sindrome di Paget-Schroetter,
trombosi delle vene profonde degli arti superiori38.
Cefalea e convulsioni tonico-cloniche. La cefalea, sintomo assai frequente, è conseguente allo stato ipertensivo e può insorgere sia durante l’assunzione di cocaina che
nella fase astinenziale45.
Le convulsioni appaiono con una certa frequenza, soprattutto nei soggetti in overdose. Sono solitamente generalizzate, a carattere tonico-clonico e possono comparire subito dopo l’assunzione della sostanza come diverse ore più tardi; sono conseguenti all’azione della cocaina sul sistema serotoninergico46.
Endocarditi e miocarditi. I soggetti che abusano di cocaina per via endovenosa possono sviluppare endocarditi e miocarditi con una frequenza che sembra superiore a
quella osservata in soggetti che usano eroina o altre sostanze per via endovenosa. La ragione di ciò non è ancora chiara: fattori favorenti sono la breve emivita della cocaina che porta ad un maggior numero di “buchi”, un effetto diretto realizzato dalla sostanza stessa e la presenza
di adulteranti usati come sostanze da taglio39.
Complicanze respiratorie
Pneumotorace e pneumomediastino. Pneumotorace e
pneumomediastino sono due possibili conseguenze dell’uso
di cocaina, in particolare nei soggetti che utilizzano crack:
l’aumento della pressione intralveolare e la concomitante
presenza di processi infiammatori del parenchima polmonare, possono, infatti, favorire la rottura degli alveoli polmonari. Il pneumotorace può essere anche conseguenza di
somministrazione di cocaina in una vena centrale47.
Complicanze neurologiche
Edema polmonare. L’uso di cocaina può determinare
quadri di edema polmonare di tipo non cardiogenico probabilmente per l’azione delle catecolamine circolanti, associato o meno ad un effetto diretto, non ancora chiarito,
della cocaina a livello degli alveoli polmonari. Quadri di
edema polmonare cardiogenico sono conseguenti a ischemia e infarto od a un aumento del post-carico per effetto
della vasocostrizione catecolamino-mediata. È stato inoltre descritto un certo grado di fibrosi polmonare nei soggetti che usano cocaina, indipendentemente dalla via di assunzione della sostanza48.
Stroke. Mentre nei soggetti non utilizzatori di cocaina, lo
stroke interessa per l’80% dei casi pazienti di età avanzata, ed è ischemico nell’85% dei casi ed emorragico nel
15%, le complicanze cerebrovascolari nei soggetti che usano cocaina sono dovute in percentuale simile ad infarto ed
emorragia e l’età media si aggira sui 30 anni. Nel 50% circa dei casi il quadro clinico compare approssimativamente 3 ore dopo l’assunzione di cocaina, ma non è infrequente il caso di soggetti che si risvegliano il mattino seguente ad un binge, con qualche deficit neurologico40.
L’eziologia dello stroke da cocaina non è chiara; alcuni autori ritengono che possa essere conseguente al vasospasmo
per azione diretta della sostanza, altri per un’azione catecolamino-mediata. Ulteriori fattori favorenti sono l’aumentata aggregabilità piastrinica e l’azione vasocostrittrice dei metaboliti, che avendo una più lunga emivita, potrebbe
spiegare quei casi che compaiono a distanza dal binge41,42.
Malformazioni arterovenose in soggetti con stroke sono state trovate in percentuale variabile dal 50 all’80%. Il
ruolo dell’ipertensione nel portare a rottura e forse provocare la formazione di aneurismi, sembra il meccanismo
più probabile. Restano da chiarire gli episodi emorragici
in pazienti nei quali non siano state individuate sottostanti malformazioni aneurismatiche43.
La cocaina infine può essere in grado di causare vasculite, a seguito di un effetto tossico diretto che può predisporre all’incidente vascolare: la frequenza della complicanza vasculitica non è tuttavia ancora chiara44.
Alterazioni vascolari polmonari. Soggetti forti fumatori
di crack possono in qualche occasione sviluppare episodi di vasospasmo tali da simulare, alla radiografia del torace, reperti simili a quelli conseguenti ad embolia polmonare. Il quadro, che viene anche chiamato crack lung
è caratterizzato inoltre da febbre, broncospasmo ed eosinofilia. Ipertrofia della muscolatura liscia della parete dei
vasi polmonari associata a proliferazione delle fibre elastiche può portare all’insorgenza di ipertensione polmonare: il quadro può essere anche facilitato dall’azione
delle catecolamine circolanti e dalla presenza di sostanze da taglio nei soggetti che assumono cocaina per via endovenosa49.
Apparato gastrointestinale
Le complicazioni gastrointestinali sono meno frequenti di quelle cardiovascolari e neurologiche e sono an-
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Ann Ital Med Int Vol 19, N 4 Ottobre-Dicembre 2004
ch’esse in gran parte conseguenti all’azione catecolaminergica sui vasi della mucosa intestinale. Includono le stomatiti e le glossiti (in soggetti che masticano foglie di coca), la perforazione gastroduodenale, la colite pseudomembranosa e la colite ischemica. L’ischemia interessa più
frequentemente l’ileo e il colon prossimale50. Quadri di
ischemia e infarto intestinale sono più spesso osservati nei
body packer51.
La necrosi del parenchima epatico in soggetti assuntori cronici è stata più volte descritta; l’azione citotossica risulta più importante se il soggetto abusa di alcool, a seguito dell’epatotossicità del cocaetilene52.
L’abuso di cocaina è considerato un fattore di rischio per
la comparsa di chetoacidosi in pazienti diabetici. La cocaina, infatti, incrementa il livello delle catecolamine plasmatiche inibendo la secrezione pancreatica di insulina, aumentando la produzione di glucagone, stimolando la glicogenolisi e la gluconeogenesi epatica, attivando la lipolisi nella muscolatura scheletrica, riducendo il consumo periferico di glucosio e stimolando la chetogenesi. Oltre a
ciò si deve aggiungere che spesso chi usa cocaina omette durante il binge di assumere insulina, fattore che predispone ovviamente allo scompenso chetoacidosico55.
Alterazioni ematologiche e ormonali. La cocaina attraverso il suo effetto vasocostrittore, determina contrazione
splenica, causa potenziale di infarto della milza e responsabile dell’incremento dell’emoglobina e dell’ematocrito, mentre la conta dei globuli bianchi e delle piastrine
pare rimanere nella norma. Tuttavia altri fattori, oltre alla contrazione splenica e non ancora totalmente chiariti,
contribuiscono alle suddette alterazioni ematologiche56. Va
infine segnalato che l’esposizione alla cocaina determina
una maggiore aggregabilità piastrinica sia per azione diretta della sostanza che per una maggiore sensibilità agli
stimoli proaggreganti40.
La cocaina altera la secrezione di prolattina, in maniera non costante, più spesso riducendone la produzione, che
invece è esaltata durante le fasi astinenziali. Gli assuntori cronici pare presentino livelli più elevati di ormone
adrenocorticotropo e cortisolo, tuttavia senza alterazione
del normale ritmo di secrezione57.
Complicanze mediche di altri organi ed apparati
Segni esterni di uso di cocaina e complicanze otorinolaringoiatriche. Nel soggetto che consuma cocaina in
maniera cronica possono comparire alcuni segni, nessuno dei quali tuttavia particolarmente comune né patognomonico. Nei siti cutanei di recente somministrazione
endovenosa a volte si possono osservare delle aree color
salmone, che con il passare del tempo diventano blu e quindi gialle per poi scomparire. Nei consumatori cronici di
crack, l’effetto anestetizzante della cocaina a livello della cornea aumenta il rischio di lesioni da grattamento a tale livello: ci sono inoltre evidenze che i fumatori di crack
sviluppano cheratiti con maggiore facilità. Consumatori
cronici di cocaina per via inalatoria possono a volte sviluppare erosioni a carico dello smalto dei denti anteriori
superiori, dovute al gocciolamento della cocaina una volta sniffata, dai seni paranasali e dall’orofaringe. Nei fumatori cronici di crack a volte si possono osservare lesioni
cutanee tipo discromie, ipercheratosi sul palmo della mano e la presenza di un callo sul polpastrello del pollice9.
La perdita dell’olfatto, la comparsa di sinusite frontale, l’atrofia della mucosa nasale e la perforazione-necrosi del setto, in seguito a somministrazione per via inalatoria, sono le complicanze otorinolaringoiatriche più frequenti. Ci sono state alcune descrizioni di una nuova sindrome associata all’uso per via intranasale che si manifesta
con un processo distruttivo aggressivo endonasale ed endofaringeo, simile alla granulomatosi di Wegener e alla reticulosi della linea mediana53.
Complicanze infettive e alterazioni del sistema immunitario. I soggetti che abusano di cocaina per via endovenosa si “bucano” nel corso della giornata con maggior
frequenza rispetto agli eroinomani con una maggiore probabilità di sviluppare complicanze infettive. La diffusione di malattie infettive è poi accentuata dal comportamento,
in particolare di tipo sessuale, meno attento e più disinibito soprattutto durante il binge58.
Diverse prove sperimentali depongono a favore di un effetto immunosoppressivo della cocaina; gli animali assuntori cronici pare abbiano una ridotta resistenza alle infezioni virali, e un’anormale secrezione di interferone e citochine. Resta da dimostrare la rilevanza clinica di tali alterazioni59.
Complicanze renali e metaboliche. La complicanza renale più frequente è la necrosi tubulare acuta dovuta a rabdomiolisi. Altri possibili quadri, assai meno frequenti sono l’infarto renale e la sindrome emolitico-uremica. La rabdomiolisi è conseguente agli episodi convulsivi, allo stato ipertensivo e all’ipertermia. Secondo alcuni anche la prolungata vasocostrizione potrebbe favorire il fenomeno, in
quanto determinerebbe un insulto ischemico alla muscolatura scheletrica54.
Terapia dell’intossicazione acuta
Sintomi da tossicità con evoluzione fino al decesso
possono verificarsi anche dopo l’assunzione di quantità
modeste di cocaina, con relativi livelli ematici assai bassi. L’analisi tossicologica in pazienti deceduti a seguito di
assunzione di sostanza, ha evidenziato la presenza nel
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Gianluca Quaglio et al.
sangue di quantità estremamente variabili e talora addirittura difficilmente dosabili60. Diverse ragioni sono state addotte nel tentativo di spiegare questo ampio range; tuttavia la ragione più plausibile è che gli episodi acuti sono in genere indipendenti dalla dose assunta. Sono infatti numerose le segnalazioni di pazienti ricoverati per infarto acuto o per stroke con livelli molto bassi di sostanza nel sangue. Il quadro potrà essere chiarito definendo meglio in futuro l’azione della benzoilecgonina e del cocaetilene in vivo.
In genere i sintomi e segni più gravi di intossicazione
regrediscono dopo 2-6 ore; è perciò fondamentale in
Pronto Soccorso controllare strettamente questi pazienti,
soprattutto nelle prime ore, mettendo in atto i generali presidi di supporto con un monitoraggio continuo delle funzioni vitali in un setting adeguato22. Un quadro prolungato
di intossicazione acuta deve porre il sospetto di una condizione di body packer. Una radiografia diretta dell’addome
è uno strumento utile per l’identificazione di eventuali pacchetti ingeriti. Le azioni di monitoraggio devono prevedere il supporto della funzione respiratoria con adeguata
ossigenazione, registrare e trattare le aritmie cardiache, il
controllo delle convulsioni, dell’ipertermia, dei quadri
ipertensivi, correggendo l’acidosi metabolica e prevenendo la mioglobinuria responsabile di necrosi tubulare
acuta (Tab. IV).
Gravi complicazioni da intossicazione acuta possono
coinvolgere praticamente qualsiasi organo ed apparato.
L’agitazione e le convulsioni favoriscono l’ipertermia,
la rabdomiolisi e lo stato di acidosi. Le convulsioni se prolungate, possono provocare gravi stati ipossici. Benzodiazepine ad emivita breve per via endovenosa sono particolarmente indicate in questi casi. Di recente è anche stato utilizzato il propofol. I barbiturici possono essere impiegati nelle convulsioni refrattarie ad altri trattamenti.
Il trattamento dei pazienti con infarto del miocardio cocaino-indotto non si discosta nel complesso dal trattamento classico, ricorrendo a nitroderivati, acido acetilsalicilico, eparina, morfina, benzodiazepine, ecc.29. Data la
limitata esperienza di terapia trombolitica in pazienti con
infarto del miocardio assuntori di cocaina, tale approccio
non deve essere usato routinariamente in questi soggetti.
Va ricordato infatti che le complicanze della trombolisi sono maggiori in questi pazienti, dove concomitano spesso
alterazioni di altri organi ed apparati e dove l’impiego dei
criteri per la diagnosi di infarto al tracciato elettrocardiografico può risultare difficile. La trombolisi è controindicata
in presenza di grave ipertensione non controllata. È un trattamento pertanto che va usato solo dopo che la terapia medica non ha dato risultati e quando una immediata coronarografia e angioplastica non sono disponibili29. Il ricorso
ai β-bloccanti è sconsigliato in quanto si è dimostrato
TABELLA IV. Gestione e trattamento del paziente con intossicazione acuta da cocaina.
Applicare accesso venoso
Sedare, contenere il paziente
Lorazepam
Midazolam
Diazepam
Propofol
Controllo delle vie respiratorie
Adeguata ossigenazione
Ventilare se necessario
Controllo delle convulsioni
Benzodiazepine
Barbiturici in caso di convulsioni refrattarie
Controllo delle complicanze cardiovascolari
Infarto del miocardio
Benzodiazepine
Acido acetilsalicilico
Nitrati
Calcioantagonisti (verapamil)
Angioplastica
± Trombolisi
No betabloccanti
Aritmie
Benzodiazepine
Verapamil
± Lidocaina
Antiaritmici di classe I: cautela
Crisi ipertensive
Benzodiazepine
Nitroprussiato
Ipertermia
Impacchi d’acqua fredda
± Dandrolene
Controllo della rabdomiolisi
Adeguata idratazione (con diuresi di almeno 200 mL/ora)
Bicarbonati
Correggere il quadro elettrolitico
potenziare la vasocostrizione coronarica61. L’indicazione
a non utilizzare questa categoria di farmaci durante l’intossicazione acuta rimane, anche se sono recentemente
emerse delle segnalazioni che ne suggeriscono una loro rivalutazione62,63. L’impiego dei calcioantagonisti si è dimostrato utile nel migliorare il vasospasmo coronarico29.
La tachicardia sinusale può trovare giovamento nell’uso
di benzodiazepine. Tachicardie sopraventricolari in pazienti
emodinamicamente stabili, possono essere trattati con
benzodiazepine e calcioantagonisti, quali diazepam e verapamil. Il trattamento delle tachicardie ventricolari con
lidocaina rimane controverso, in quanto, almeno teoricamente, avendo proprietà simili alla cocaina, potrebbe
esercitare un’azione tossica: peraltro, in alcuni casi descritti
in letteratura trattati con lidocaina, non sono emerse complicanze. Il sodio bicarbonato ha dimostrato di essere efficace nel trattamento delle aritmie ed alcuni autori ritengono sia il risultato dell’effetto sull’acidosi. Gli antiaritmici di classe I, tipo disopiramide e chinidina, devo-
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Ann Ital Med Int Vol 19, N 4 Ottobre-Dicembre 2004
no essere usati con estrema cautela perché possono esacerbare il prolungamento del QRS e dell’intervallo QT.
Il nitroprussiato è probabilmente il farmaco più sicuro
nei quadri ipertensivi.
L’ipertermia è una complicanza ben nota da uso di cocaina: la sostanza infatti determina a livello periferico
vasocostrizione cutanea, mentre centralmente interferisce
con i centri dopaminergici a livello ipotalamico, responsabili della regolazione della temperatura corporea64. Il
controllo dell’ipertermia, che di per sé può essere letale
e contribuire all’insorgenza di coagulazione intravascolare
disseminata e altre complicanze, è di fondamentale importanza e si effettua ricorrendo ad impacchi d’acqua
fredda e ghiaccio; il dantrolene è stato utilizzato anche se
con alterni risultati65.
La complicanza maggiore della rabdomiolisi è l’insufficienza renale mioglobinurica, che può essere accompagnata da necrosi tubulare acuta. Il management del paziente
deve mirare ad eliminare i prodotti della lisi muscolare.
La somministrazione di liquidi per via endovenosa deve
essere abbondante, mantenendo una diuresi di almeno
200 mL/ora nelle prime ore. Le convulsioni devono essere
controllate, l’ipertermia corretta, e l’acidosi metabolica costantemente monitorata.
In corso di intossicazione acuta si possono osservare sia
quadri di alcalosi che di acidosi, questi ultimi più frequenti ed in genere di tipo metabolico, conseguente a convulsioni
o altre attività muscolari violente. Meno comunemente possono essere presenti quadri di alcalosi respiratoria. L’acidosi
promuove la rabdomiolisi che peggiora ulteriormente l’acidemia. È indicato pertanto un frequente monitoraggio del pH
ematico. Le anomalie del quadro elettrolitico sono infine assai comuni e devono essere prontamente trattate.
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La cocaina espone il soggetto assuntore a molteplici
complicanze mediche. Molti assuntori hanno un’idea molto parziale, spesso nessuna idea, dei gravissimi danni potenziali che è in grado di determinare la sostanza. È cruciale aumentare nella pubblica opinione la consapevolezza dei danni da uso di cocaina, ed incoraggiare pazienti
ad entrare in contatto con i medici specialisti delle tossicodipendenze, che possono offrire al paziente valide opportunità terapeutiche.
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Per la corrispondenza:
Dr. Gianluca Quaglio, Servizio di Medicina delle Dipendenze, Università degli Studi, Azienda Ospedaliera, Policlinico G.B. Rossi, Piazzale
L.A. Scuro, 37134 Verona. E-mail: [email protected]
301
Ann Ital Med Int Vol 19, N 4 Ottobre-Dicembre 2004
QUESTIONARIO PRE E POST-LETTURA DEL CASO
1. Generalmente per quanto tempo persistono nelle urine i metaboliti della cocaina dopo l’ultima assunzione?
a) 48-72 ore
b) 24 ore
c) 5 ore
2. Qual è la più diffusa modalità di assunzione della cocaina?
a) Intranasale
b) Endovenosa
c) Intramuscolo
3. Come conseguenza dell’azione della cocaina, quali dei seguenti ormoni vengono rilasciati in circolo?
a) Ormone della crescita
b) Catecolamine
c) Tiroxina
4. L’attivazione di quale dei seguenti sistemi è maggiormente responsabile dei danni organici da assunzione
di cocaina?
a) Sistema degli oppioidi endogeni
b) Sistema dopaminergico
c) Sistema adrenergico
5. Quali sono le complicanze più frequenti da abuso di cocaina?
a) Complicanze neurologiche
b) Complicanze cardiovascolari
c) Complicanze respiratorie
6. La cardiomiopatia ipertrofica può essere conseguente all’uso di cocaina?
a) Solo se assunta per via endovenosa
b) Sì
c) No
7. La cocaina può essere causa di aritmie?
a) No
b) Sì
c) Sì, ma solo di tachiaritmie
302
Gianluca Quaglio et al.
SEGUE
QUESTIONARIO PRE E POST-LETTURA DEL CASO
8. L’uso di cocaina determina stroke di tipo
a) Soprattutto ischemico
b) In percentuale simile di tipo ischemico e emorragico
c) Soprattutto emorragico
9. La patogenesi dell’infarto miocardico acuto da cocaina può coinvolgere
a) Lo spasmo coronarico
b) La trombogenesi coronarica
c) Entrambi
10. Si ritiene che l’uso di cocaina determini l’insorgenza di
a) Stati ipertensivi cronici
b) Crisi ipertensive
c) Entrambi
11. Quali tra queste complicanze non è conseguente all’uso di cocaina?
a) Ipertermia
b) Ipotermia
c) Convulsioni
303