Newsletter 20

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Newsletter 20
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PERIODICO DI INFORMAZIONE PER GLI AMMINISTRATORI DI SOSTEGNO
NUMERO 20 – APRILE/GIUGNO 2015
In questo numero:
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FORMAZIONE: i corsi del 2015
IL VIDEO di sensibilizzazione
GIURISPRUDENZA: Cassazione, Sentenza n. 2401/15
APPROFONDIMENTI: I reati dell’AdS
FORMAZIONE: i corsi del 2015
Per l’anno 2015 i percorsi formativi calendarizzati si terranno a Volta Mantovana, a Mantova e a
Suzzara.
I corsi sono rivolti a coloro (Volontari, familiari, Amministratori di Sostegno già nominati, operatori
sociali, amministratori locali) che intendono approfondire le funzioni e i compiti fondamentali
dell’Amministratore di Sostegno (AdS), in un’ottica di protezione e di sostegno all’autonomia della
persona fragile e di attenzione agli aspetti della vita (personale-relazionale, patrimoniale e della
salute).
I corsi intendono altresì sensibilizzare possibili candidati volontari alla nomina di AdS, che potranno essere così inseriti nell’Elenco provinciale degli Amministratori di Sostegno dell’ASL di Mantova.
Date e luoghi:
Volta Mantovana: 21 e 28 marzo – 11 e 18 aprile
Ufficio Protezione Giuridica - Direzione Sociale
via dei Toscani, 1 - 46100 Mantova – Tel.0376 334554/551 – Fax 0376 334775 – e-mail [email protected]
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Mantova: 16, 23 e 30 maggio – 6 giugno
Suzzara: 19 settembre – 3,10 e 17 ottobre
Info su mantova.progettoads.net
IL VIDEO di sensibilizzazione
Video di Promozione dell'Amministrazione di Sostegno.
Realizzato dall’Associazione Auxilia in collaborazione con Zero Beat e con l'Asl Mantova all'interno
del Progetto " Per continuare insieme - amministrazione di sostegno e sussidiarietà" e finanziato
dal bando della Fondazione della Comunità Mantovana, il video vuole essere un canale di promozione diretto, semplice ed accessibile dell'opportunità dell'amministrazione di Sostegno.
E’ visibile sul sito di progetto mantova.progettoads.net.
GIURISPRUDENZA: Sentenza della
dell’amministrazione di sostegno
Corte
di
Cassazione
a
favore
Cassazione - Sentenza n. 2401/15 - Rigettato ricorso della sorella del beneficiario avverso passaggio da interdizione ad amministrazione di sostegno.
il Tribunale di Roma (su ricorso proposto dal tutore) revocava l’interdizione del sig.
GM, ritenendo maggiormente adeguata la misura dell’amministrazione di sostegno.
La sorella del beneficiario (che evidentemente non ne era il tutore) non condividendo
tale sentenza, proponeva appello opponendosi alla revoca dell’interdizione, adducendo a fondamento dell’impugnazione la motivazione che l’amministrazione di sostegno non fosse misura idonea a tutelare gli interessi economici del fratello (comproprietario con lei di un ingente patrimonio immobiliare del valore di diversi milioni
di euro).
La corte d’Appello rigettava l’impugnazione argomentando che, dall’introduzione
dell’amministrazione di sostegno, l’interdizione ha carattere residuale e la scelta tra
le misure di tutela giuridica deve basarsi sul criterio della maggiore (o minore) adeguatezza della misura adottata rispetto alle esigenze concrete del caso specifico.
Nella specie, la patologia psichica del beneficiario non gli impedisce di compiere autonomamente atti della quotidianità (le sue facoltà mentali e cognitive sono anzi superiori alla norma, salva la necessità di un aiuto psicologico nei momenti di crisi)
mentre appare necessario sostenerlo nella amministrazione del patrimonio immobiliare di cui è comproprietario. Egli ha inoltre consapevolezza del proprio disturbo
(dimostrando contatto con la realtà e senso critico) e nella relazione dello psichiatra
è emerso che la maggiore autonomia e libertà concessegli con l’amministrazione di
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via dei Toscani, 1 - 46100 Mantova – Tel.0376 334554/551 – Fax 0376 334775 – e-mail [email protected]
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sostegno (invece dell’interdizione) ha determinato un netto miglioramento della sua
condizione esistenziale.
La misura dell’interdizione, ha quindi concluso la Corte d’Appello, è nettamente eccedente le esigenze di tutela personale e patrimoniale del sig. GM, essendo misura
adeguata l’amministrazione di sostegno.
La sorella del beneficiario propone ricorso anche avverso la sentenza della Corte
d’Appello, deducendo, in primis, che non è stata espletata consulenza tecnica
d’ufficio sullo stato psico-fisico del fratello; in secundis che il fratello (essendo
all’epoca interdetto) non poteva costituirsi per mezzo del proprio avvocato difensore; in tertiis l’insufficiente o omessa valutazione del patrimonio indiviso tra lei e il
fratello.
La Corte suprema respinge il primo punto poiché emerge dalla motivazione della sentenza della Corte d’Appello che la stessa ha considerato molteplici elementi di valutazione della condizione del beneficiario (consulenze psichiatriche e psicologiche,
diagnosi condivise, esame diretto dell’interdetto) e ritiene inammissibile il secondo
punto (essendo stato il ricorso di revoca dell’interdizione proposto dal tutore) ribadendo comunque che anche l’interdetto, ex art. 716 c.p.c., può stare in giudizio per
difendere la pienezza della sua capacità e del suo status e anche nel giudizio di revoca (che qui interessa) può essere affermato il principio di capacità processuale
dell’interdicendo (per il rinvio di cui all’art. 720 c.p.c.) che ha quindi sempre il diritto
di difendere la conservazione o il ripristino integrale della propria capacità di agire.
Sul terzo punto, infine, rileva che la paventata omessa o insufficiente valutazione del
patrimonio del beneficiario mirerebbe ad un inammissibile riesame del merito che è
invece già stato ampiamente esposto dalla Corte d’Appello.
La Corte di cassazione rigetta dunque il ricorso della sorella del beneficiario (condannandola inoltre al pagamento delle spese processuali), confermando che per lui la misura dell’amministrazione di sostegno è maggiormente adeguata rispetto
all’interdizione.
Il testo integrale della Sentenza è reperibile sul sito: www.cassazione.net
APPROFONDIMENTI: I reati dell’Amministratore di Sostegno
In quali reati potrebbe incorrere l’amministratore di sostegno?
Con il decreto di nomina il Giudice Tutelare indica all’amministratore di sostegno in maniera precisa il contenuto dell’attività che egli dovrà svolgere, e a tal fine gli conferisce particolari poteri e facoltà. Dal decreto di nomina derivano, dunque, precisi obblighi ma anche responsabilità , alcune
riguardanti la situazione specifica, altre invece dipendenti dall’incarico stesso di amministratore di
sostegno.
Tutore e amministratore di sostegno
Seppur non espressamente previsto dalla legge, a tutti gli effetti, l’amministratore di sostegno è
un pubblico ufficiale. Da questo punto di vista, le sentenze in materia (tra le ultime, Cass. Pen.,
Sez. VI, 12 novembre 2014, n. 50754) hanno, infatti, avvicinato la figura del tutore a quella
dell’amministratore di sostegno, evidenziando che nelle norme introdotte dalla legge 6/2004 (in
materia di amministrazione di sostegno) vi sono numerosi elementi che confermano tale circostanza:
•la prestazione del giuramento prima dell’assunzione dell’incarico (art. 349 cod. civ.);
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•il regime delle incapacità e delle dispense (artt. 350-353 cod. civ.);
•la disciplina delle autorizzazioni, le categorie degli atti vietati, il rendiconto annuale al giudice tutelare sulla contabilità dell’amministrazione (artt. 374-388 cod. civ.);
•l’applicazione, nei limiti di compatibilità, delle norme limitative in punto di capacità a ricevere
per testamento (artt. 596, 599 cod. civ.) e capacità di ricevere per donazioni (art. 779 cod. civ.).
In sostanza, dicono le sentenze, dal punto di vista formale e sostanziale, la disciplina che si ricava
dal codice civile pone l’amministratore di sostegno sullo stesso piano del tutore con gli obblighi e
le ricadute penali che la sua qualità di pubblico ufficiale comporta.
Più semplicemente, tutto questo significa che l’attività dell’amministratore deve essere svolta con
particolare cura, sapendo che egli potrebbe incorrere in reati c.d. propri, ossia che possono commessi solo da chi ricopre un incarico di pubblico ufficiale. Ci riferiamo al peculato, all’abuso
d’ufficio e al reato di falso.
Esaminiamoli meglio.
Il peculato
La possibilità che l’amministratore di sostegno si appropri indebitamente di somme di denaro appartenenti al beneficiario (tecnicamente si parla di peculato) è, senza alcun dubbio, una delle
preoccupazioni principali che derivano dalla nomina di un amministratore di sostegno.
Proprio per questo motivo l’amministratore è tenuto a predisporre periodicamente il rendiconto,
nel quale deve indicare e documentare le entrate e le uscite del beneficiario. In questo modo il
Giudice Tutelare ha la possibilità di verificare l’attività dell’amministratore e se, del caso, chiedere
chiarimenti o fornire indicazioni a riguardo.
L’abuso d’ufficio
Uno degli aspetti principali dell’amministrazione di sostegno è quello indicato nell’art. 410 c.c., che
stabilisce che l’amministratore deve tenere conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario e
tempestivamente informare il beneficiario circa gli atti da compiere nonché il giudice tutelare in
caso di dissenso con il beneficiario stesso.
Nel caso in cui, invece, l’amministratore agisca ignorando tale obbligo potrebbe incorrere
nell’abuso d’ufficio, se con tale comportamento intenzionalmente procuri a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arrechi ad altri un danno ingiusto. Nello svolgimento del proprio incarico egli, dunque, deve sempre rapportarsi con il beneficiario o, nei casi in cui ciò non sia
possibile (ad esempio, per le condizioni di salute del beneficiario stesso), con il giudice tutelare, al
fine di individuare la soluzione che si ritiene migliore nell’interesse della persona amministrata.
Il reato di falso
L’art. 479 c.p. punisce il pubblico ufficiale che nell’esercizio del suo incarico rende una falsa attestazione.
Nel caso dell’amministrazione di sostegno tale circostanza potrebbe verificarsi, ad esempio, qualora l’amministratore dichiarasse falsamente che il beneficiario si trova in condizioni di indigenza,
per poter così beneficiare di determinati contributi economici.
Ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo è sufficiente il dolo generico, e cioè la volontarietà e la consapevolezza della falsa attestazione. Tale delitto si verifica, dunque, non solo quando la
falsità sia compiuta senza l’intenzione di nuocere ma anche quando la sua commissione sia accompagnata dalla convinzione di non produrre alcun danno.
Tratto da www.studiolegalemagri.it
Ufficio Protezione Giuridica - Direzione Sociale
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