2012-03.04 I-04 RICCOMAGNO FUTURO PROFESSIONE LEGALE

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2012-03.04 I-04 RICCOMAGNO FUTURO PROFESSIONE LEGALE
Mario Riccomagno
IL FUTURO DELLA PROFESSIONE LEGALE
FRA MODELLI ECONOMICI E PRESIDIO
∗
DELLA LEGALITÀ
Sommario: 1. The end of lawyers?. - 2. Il diritto e gli scopi. - 3. Il legal civil
act 2007
1. THE END OF LAWYERS?
1.1 In un libro edito qualche anno fa e dal titolo provocatorio
1
("The end of lawyers?") Richard Susskind ha tratteggiato un interessante scenario sulle prospettive dell'avvocatura in Inghilterra.
Quanto scrive Susskind può applicarsi anche in altri paesi tra cui il
nostro.
Susskind è un esperto di informatica ed è un autorevole commentatore nel campo della c.d. economia forense. Presidente della
Society for Computers and Law, è Visiting Professor all'Università
di Oxford. È stato insignito della prestigiosa onorificenza britannica
Order of the British Empire per i servizi resi nell'amministrazione
della giustizia inglese.
Il suo libro che è la summa di riflessioni pluridecennali in mate2
ria e che segue due precedenti pubblicazioni è stato considerato
∗
Intervento alla B.I.L.A. – Italian Conference, Il futuro della professione legale in Inghilterra ed
in Italia, Genova 16 giugno 2012.
1
2
The end of lawyers? Rethinking the Nature of Legal Services, 2008, Oxford University Press.
The future of law, 1996, e Transforming the law, 2000, entrambi editi da Oxford University
Press.
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come una sufficientemente realistica previsione sul futuro della
nostra professione.
È stato citato sia dal nostro Presidente Guido Alpa nella relazione di apertura del XXX Congresso Nazionale Forense tenutosi a
Genova che da Linda Lee, Presidente della Law Society, all'apertura dell'anno giudiziario a Londra nell'ottobre 2010.
Punto di partenza del pensiero di Susskind è la ridefinizione della nozione di accesso alla giustizia.
Il termine "accesso alla giustizia" è in auge da oltre un ventennio. Ne discutono politici, accademici, organizzazioni professionali
(in primis il CCBE), la magistratura e l'Unione Europea.
Esso ha avuto il massimo della popolarità in Inghilterra a metà
del 1990 quando Lord Woolf, alla guida della commissione ministeriale istituita dall'allora Governo Major per la riforma del sistema processuale civile inglese usò, appunto, tale espressione per
spiegare quale fosse la ragione di fondo del suo futuro lavoro. L'obiettivo avrebbe dovuto essere quello di ridisegnare un nuovo
rapporto fra cittadini ed il sistema giudiziario.
Susskind riconosce i meriti della Woolf Reform che, dalla sua
entrata in vigore (aprile 1999) ha innegabilmente corretto le precedenti patologie ravvisate in spese eccessive, lentezza e com3
plessità delle procedure .
Tuttavia ritiene che, nell'ottica di un miglioramento della giustizia intesa come criterio pratico per orientare le nostre decisioni
concrete e migliorare la qualità della vita individuale e collettiva, il
focus andrebbe maggiormente concentrato su ciò che lui chiama
"le opportunità che la legge può dare" e quindi sulle tecniche di
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"prevenzione" più che di "risoluzione" delle controversie .
A questo punto il discorso impatta sui servizi legali nell'ampiezza della loro formulazione: dalla genesi del rapporto cliente/avvocato al suo momento finale che è quello del risultato e della regolamentazione economica per il servizio reso dal professionista. Secondo Susskind nella client service chain molte sono le diseconomie: bisogna che il cliente sia meglio reso edotto del giusto
momento in cui formulare la domanda di assistenza ("recogni3
4
Peraltro, per la prima volta in Europa, ha introdotto la mediazione c.d. "endoprocessuale".
Con significativa espressione Susskind scrive: «most people would surely prefer a fence at the
top on the cliff rather than an ambulance at the bottom (no matter how swift or well-equipped)».
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tion"), di come effettuare la scelta del proprio legale ("selection")
e quale sia la tipologia di servizio di cui abbia effettivamente bisogno ("service").
Per poter procedere secondo tale modello economico bisogna
comprendere in che mondo viviamo e - ancora più importante - in
che mondo vivremo.
A tale proposito la previsione di Susskind è che la tecnologia rivoluzionerà la professione: networking, social media, motori di ricerca, ecc., non saranno solo di utilità agli avvocati per rafforzare
il proprio brand, espandere la sfera di legal marketing e generare
nuovi contatti. Essi saranno di ausilio anche ai clienti o potenziali
clienti che, rispetto al passato, potranno compiere accessi ("insights") in aree a loro prima precluse. Apprendendo, leggendo e
condividendo informazioni e contenuti di carattere legale, sapere e
tecnologia sono destinati a fondersi trasformando quello che prima
era monologo (da uno a molti) in dialogo (da molti a molti).
Nel mondo del futuro quindi i servizi legali saranno sempre meno soggetti al controllo e all'influenza degli avvocati. Non solo, ma
si assisterà sempre di più ad una delocalizzazione del lavoro: call
centers, servizi on line e in outsourcing produrranno effetti significativi sulla concorrenza fra studi, riduzione delle riserve, abbattimento delle tariffe e, con ogni probabilità, una riduzione del lavoro
come siamo abituati a considerarlo.
Cambierà pertanto il business model dell'avvocato tradizionale
ed al rafforzato ruolo del cliente dovrà parametrarsi il compito
dell'avvocato tenuto a operare in una "true partnership … a
meeting of equals".
Il cambiamento di business model determinerà inevitabilmente
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un cambiamento di mentalità degli avvocati stessi : «lawyers
should not feel they have to be in control of their clients' legal
matters and their client's lives. They should see themselves as facilitators of better results and happy lives».
Da qui la grande apertura verso le opportunità che si aprono
agli avvocati con le tecniche di composizione stragiudiziale delle
controversie.
1.2 Il discorso si allarga quindi necessariamente dalla prevenzione alla risoluzione delle controversie.
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L’overriding objective di Lord Woolf nella sua riforma.
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Come è noto la civiltà odierna assiste in misura crescente
all'abbandono della visione monopolistica di amministrazione della
giustizia da parte dello Stato in funzione di nuovi strumenti - le
tecniche ADR appunto - che intervengono a volte in funzione preventiva, altre volte in funzione alternativa, altre volte in funzione
integrativa ai tradizionali meccanismi giurisdizionali.
La loro principale caratteristica consiste nel fatto che pongono il
cittadino in una posizione di centralità chiedendogli di essere protagonista responsabile agli atti che compie.
L'avvocato può svolgere funzioni essenziali in tale processo. Anche in tal caso un cambio di mentalità per l'avvocato si impone:
non più "litigator" (o, più in generale, "adversarial") per la tutela dei
diritti del cliente ma piuttosto spesso protettore dei suoi interessi.
Tale cambio deve essere non solo favorito dalla formazione e
dall'aggiornamento professionale. Deve essere promosso già da
prima, nella fase universitaria.
1.3 Ricordo che, allorquando nei primi anni ottanta, si andò sviluppando negli Stati Uniti il dibattito sulla opportunità di introdurre
nel paese le tecniche di ADR il Presidente della Università di Harward, Prof. Derek Bok, scrisse un importante articolo: "A Flawed
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System of Law Practice and Training" .
In tale articolo il Prof. Bok criticava la proliferazione normativa
e le patologie della litigation explosion che si erano andate manifestando negli Stati Uniti sia dagli anni sessanta. Responsabili di
tale stato di cose, per il Prof. Bok, erano anche le università americane che insegnavano agli studenti a "pensare come avvocati" e
quindi li preparavano «more for conflict than for the gentler arts of
reconciliation and accommodation». Rivendicava alla propria università il merito di essere stata fra le prime ad esplorare metodi
quali la mediation e la negotiation atti a favorire la risoluzione delle controversie senza adire, da subito, i tribunali.
1.4 Un importante riscontro al modello economico di Susskind è
rinvenibile nel Report on the Future of Legal Profession presentato
nell'aprile 2011 dalla New York State Bar Association. Esso riassume l'esito di una ricerca condotta da una Task Force creata allo
scopo.
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In Journal of Legal Education, 1983.
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Non ho tempo per descrivere compiutamente le modalità di tale
ricerca.
Dico solo che, contrariamente a quanto si potrebbe credere, in
essa non viene affatto pronosticata la fine della "professione individuale" che, a detta di molti, sarebbe in procinto di cedere il
campo alla "professione organizzata" (con tutti i noti problemi di
conflitti di interesse, utilizzazione di tipi societari, partecipazione di
soci di mero capitale e così via). Un chiarimento però è doveroso.
L'esercizio della professione in forma individuale (facilitata dal
vantaggio competitivo di avere ridotti costi di produzione) non avrà sicuramente vita facile se le solo firms si dedicheranno genericamente alla difesa dei diritti dei consumatori (ove la concorrenza
è molto forte anche per la presenza dei legal service providers che
non sono avvocati). La loro sopravvivenza dovrà consistere in un
mix di specializzazione, offerta di servizi a prezzi più bassi rispetto
ai grandi studi generalisti e ampio uso delle tecnologie e pratiche
on line (onde poter continuamente condividere con i clienti contenuti testuali, immagini, video, audio, ecc.).
I grossi studi invece dovranno fronteggiare il grosso problema già in atto - dell'abbandono del tradizionale criterio di remunerazione su base oraria. Ciò in quanto viene loro richiesto dalla clientela (normalmente house lawyers di grosse società).
Si stanno imponendo gli AFA (Alternative Fee Arrangements)
spesso basati su un fisso predeterminato in anticipo che tiene conto di diversi fattori quali i risultati ottenuti, i costi di servizi similari, il costo di produzione maggiorato di un margine a titolo di utile.
Sembra pertanto trovare realizzazione la teoria di Susskind il quale aveva intravisto nelle fixed o flat fee un modo per cui l'avvocato
compete con se stesso. Ciò in quanto egli diventa obbligato ad introdurre più efficienza possibile nel suo modo di lavoro onde poter
generare il massimo financial output.
2. IL DIRITTO E GLI SCOPI
In questo futuribile scenario e ragionando con la mentalità di un
avvocato "vintage" - quale io sono - vien fatto di porsi una domanda: quale sarà la sorte negli anni a venire di un patrimonio
della nostra categoria che rappresenta l'architrave del sistema delle libere professioni?
La risposta - a mio giudizio - può essere data a due livelli.
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Esiste un primo livello che risulta dai risultati dei sondaggi di
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opinione : il cliente medio non ha interesse specifico a quanto e
come si affacci nella professione di avvocato la legge di mercato.
Ciò che gli interessa di più è che questi sia competente e possa risolvere il suo problema. La clientela chiede all'avvocato la continuità nell'assistenza, la capacità di comprendere i suoi bisogni, la
tutela della sua riservatezza. Va dall'avvocato perché fornisce certezze. Se quindi la figura dell'avvocato corrisponde al fabbisogno
di sicurezza richiesto dalla società non vedo come egli non possa
continuare a svolgere tale funzione anche nella forma della "true
partnership" o del "meeting of equals" di cui parla Susskind. Direi
di più: se con la tecnologia la comprensione dei problemi legali
può divenire più partecipata da parte del cliente il rapporto cliente/avvocato può risultare esaltato.
Bisogna però che l’avvocato non abdichi alla sua funzione di custode dei diritti che riguardano la persona e della libertà espressa
in ogni forma. E qui entriamo nel secondo livello che investe la
funzione sociale, politica ed istituzionale della nostra professione,
che è unica, protetta dalla Costituzione e non può cedere il campo
a pretese ragioni di mercato.
La domanda di fondo è sempre la stessa: se gli scopi perseguiti
dal diritto abbiano o conservino autonomia in rapporto agli scopi
dell’economia e della tecnica. La risposta non può che essere una
ed una sola: mentre l’economia non può esprimere di per sé un
diritto, è invece il diritto condizione necessaria per ciascun tipo di
economia.
Il diritto che “non interviene” e che considera permesso e lecito
alle forze economiche di esprimersi nella propria interezza compie
una scelta di rinuncia alla sua funzione primaria.
Ad una oggettiva funzionalità del mercato che volge solo alla
quantità dei risultati dobbiamo opporre la forza del principio di legalità, della rule of law. Intendo qui riferirmi non tanto alla difesa
dei poveri e degli esclusi del “terzo mondo” quanto alla tutela dei
diritti di tutti senza distinzione di censo, stato e colore. Alla globalità del mercato che riduce all’uniforme funzionalità, costumi, dialetti, tradizioni, fedi e riti religiosi si oppone un diverso ordine di
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2008.
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Il ruolo sociale dell'avvocatura italiana. Ricerca del Censis a cura di M.P. Camusi - Matera,
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scopi incentrato sul diritto protettivo della differenze . Altrimenti le
forme del diritto de-soggettivizzate e de-storicizzate altro non sono che utensili anonimi e meccanici (“orologi da tasca” secondo la
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celebre espressione di Georg Simmel) . Qui risiede la perdurante
forza del diritto e – conseguentemente – la funzione più nobile
della professione forense: rilevare le manchevolezze della legge,
la lesione dei diritti e l’uso dei rimedi giurisdizionali.
Recita la risoluzione del 27 novembre 2004 del CCBE che gli
avvocati sono i custodi dei diritti umani fondamentali e delle libertà così come dello stato di diritto.
Tali diritti sono tutelati da norme europee sovraordinate alle
norme italiane quali la Convenzione di Strasburgo di difesa dei diritti umani e la Carta di Nizza riaffermata dal Trattato di Lisbona.
Questi debbono essere i nostri parametri di riferimento e di interpretazione.
Questo è stato ricordato recentemente in due lettere inviate al
Presidente Monti dal Presidente dell’Unione Internazionale degli
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Avvocati e dal Presidente del CCBE successivamente alla entrata
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in vigore in Italia del c.d. "decreto sulle liberalizzazioni" .
3. IL LEGAL CIVIL ACT 2007
Gli avvocati McDermott e Stobbs, che ancora ringraziamo per la
loro presenza a Genova, ci hanno permesso di meglio comprendere l’importante riforma della professionale legale in Inghilterra.
Confesso, nel prepararmi all’incontro di oggi, di essere stato
tentato di mettere a confronto il Legal Service Act con quanto si è
succeduto in Italia dalle c.d. "lenzuolate Bersani" del 2006 al decreto “cresci Italia” del gennaio scorso.
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9
Sul punto v. N. IRTI, Nichilismo giuridico, Bari, 2008, pp. 116 e 117.
Philosophie des Geldes, 1900.
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La prima riguarda l’importanza di preservare il segreto professionale, l’autonomia e
l’indipendenza degli avvocati italiani minacciati da tale manovra (in particolare per quanto riguarda
la soppressione delle tariffe, la costituzione di società di professionisti, la possibilità di svolgere attività informativa pubblicitaria senza limiti e quella di fare ingresso nella categoria forense senza una
adeguata preparazione). La seconda rileva come il modello di avvocatura che dai provvedimenti ministeriali dall’agosto scorso in poi si sta delineando in Italia è atipico rispetto agli altri modelli europei.
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D.l. 24 gennaio 2012, n. 1 entrato in vigore il 25 successivo.
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Avrei voluto porre a confronto il nuovo sistema di regole incentrate in Inghilterra sul consumatore con il faticoso cammino della nostra
legislazione in materia. Avrei voluto spiegare come da noi non esiste
la separazione tra funzioni rappresentative e di regolazione e manchi
un organo di supervisione che controlli l’attività degli ordini (anche se
la Consob sembra volersi posizionare al riguardo).
Per non parlare delle nostre società per professionisti e delle loro aggregazioni anche con soci di capitale puro.
Pensavo di concludere che alcuni aspetti della riforma inglese
siano quantomeno prematuri per il mercato italiano non solo perché esprimono un modello di avvocatura profondamente diverso
dal nostro ma anche perché noi siamo sempre in attesa – da oltre
60 anni – di una riforma dell’ordinamento forense.
Ebbene, mi sono dovuto ricredere.
Mi è accaduto di leggere un discorso sul Legal Service Act della
Baronessa Deech of Cumnor, Presidente del Bar Standards Board
ovvero dell’organismo disciplinare dei barrister, tenutosi il 9 maggio scorso al Gresham College.
In tale discorso, la relatrice ha svolto forti rilievi critici sul Legal
Service Act definito da subito «a rather unsatisfactory piece of legislation».
Dalle parole della Baronessa Deech of Cumnor si comprende
che i barrister soffrono (a) la presenza del Legal Service Board
composto oltre che da barrister anche da membri esterni e da
consumatori; (b) l’ingresso sul mercato delle Alternative Business
Structures e tutto quanto sia riferibile alla c.d. “Tesco Law”; (b) la
istituzione dello sportello che raccoglie le lamentele dei consumatori (“Office of Legal Complaints”), funzione che continua ad essere esercitata - contemporaneamente - dal Bar Standards Board.
La relatrice ricorda come ispiratore dell’attuale legislazione inglese fosse il rapporto Clementi finalizzato alla promozione della concorrenza agli interessi dei consumatori. Rileva però che rispetto ad
allora (2004) i tempi sono cambiati. Ribadisce comunque che «the
preservation of a distinct profession of barrister is actually in the interests of the public ..., because the barrister's duty is to court, to
assist in the development of the law and protect the needy».
Quanto poi alle Alternative Business Structures, la Baronessa
usa espressioni di particolare effetto per descriverne i rischi: «influence of outside ownership, profit over professional standards,
commodification of legal issues … unacceptability of our legal
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practices abroad where other nations have more careful professional rules».
Insomma la riforma costituirebbe un attacco alla rule of law e
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all’indipendenza della professionale legale .
Ma allora – mi sono chiesto – dove stanno le differenze?
Allorquando si tratti di indipendenza della professione e della
tutela del cittadino nei confronti di ogni potere – come enuncia
l’art. 7, comma secondo, del Codice deontologico forense e già il
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preambolo del Codice deontologico degli avvocati europei – i
principi su cui poggia la nostra professione sono gli stessi anche se
apparteniamo a modelli diversi.
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Il picco del discorso della Baronessa Deech of Cumnor è raggiunto quando dopo aver citato
Hitler, l’Iran odierno e taluni Paesi africani, conclude: «the first actor of a dictator who wishes to
subdue protest is likely to be the control of the lawyers».
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Oltre che i “Basic Principles on the Rule of Lawyers” 1990 delle Nazioni Unite e gli “Standards
for Independence of the Legal Profession”, 1990, dell’International Bar Association.
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