La raccolta bancaria Parte I

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La raccolta bancaria Parte I
Risk management,
gestione del capitale e
controlli interni
Giovanni Liccardo
10 aprile 2012
[email protected]
Agenda
1. INTRODUZIONE
2. PRINCIPALI TIPOLOGIE DI RISCHIO
2.1 Il Rischio di Credito
2.2 Il Rischio di Mercato
2.3 Il Rischio Operativo
2.4 Il Rischio di Tasso di Interesse
2.5 Il Rischio di Liquidità
2.6 Gli Altri Rischi
3. IL CAPITALE A COPERTURA DEI RISCHI
4. CAPITALE A RISCHIO E CAPITALE DISPONIBILE
5. CAPITALE ECONOMICO E RISK-ADJUSTED MEASUREMENT
6. I CONTROLLI INTERNI
Agenda
1. INTRODUZIONE
2. PRINCIPALI TIPOLOGIE DI RISCHIO
2.1 Il Rischio di Credito
2.2 Il Rischio di Mercato
2.3 Il Rischio Operativo
2.4 Il Rischio di Tasso di Interesse
2.5 Il Rischio di Liquidità
2.6 Gli Altri Rischi
3. IL CAPITALE A COPERTURA DEI RISCHI
4. CAPITALE A RISCHIO E CAPITALE DISPONIBILE
5. CAPITALE ECONOMICO E RISK ADJUSTED MEASUREMENT
6. I CONTROLLI INTERNI
1. Introduzione
 Le banche sono destinate ad assumere rischi: una certa quantità
di rischio è fisiologica e positiva.
 Una banca ben gestita, quindi, non evita i rischi o li riduce al
minimo, bensì assume i rischi in maniera equilibrata.
 È importante che le perdite eventualmente originate dai rischi a
cui la banca è esposta siano coperte dal capitale a disposizione.
 Tuttavia, un patrimonio a copertura dei rischi eccessivo risulta
essere sub-ottimale e non profittevole.
1. Introduzione
 Affinché il capitale di una banca sia effettivamente proporzionato
ai rischi assunti, sono necessari:
 La misurazione dei rischi in essere e la quantificazione delle
possibili perdite future
 L’ adeguatezza del capitale a sopportare le perdite
IN PARTICOLARE
 Il Comitato di Basilea ha dedicato particolare attenzione ai
requisiti minimi patrimoniali collegati ai rischi (Basilea I, 1988 e
Basile II, 2004).
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1. INTRODUZIONE
2. PRINCIPALI TIPOLOGIE DI RISCHIO
2.1 Il Rischio di Credito
2.2 Il Rischio di Mercato
2.3 Il Rischio Operativo
2.4 Rischio di Tasso di Interesse
2.5 Il Rischio di Liquidità
2.6 Gli Altri Rischi
3. IL CAPITALE A COPERTURA DEI RISCHI
4. CAPITALE A RISCHIO E CAPITALE DISPONIBILE
5. CAPITALE ECONOMICO E RISK ADJUSTED MEASUREMENT
6. I CONTROLLI INTERNI
2. Principali tipologie di rischio
Rischio di credito





Default
Downgrading
Recupero
Esposizione
Concentrazione

Rischio di mercato





Cambio
Interesse
Azionario
Merci
Volatilità

Rischio di liquidità

Rischio operativo

Altri rischi


Strategico
Reputazionale

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1. INTRODUZIONE
2. PRINCIPALI TIPOLOGIE DI RISCHIO
2.1 Il Rischio di Credito
2.2 Il Rischio di Mercato
2.3 Il Rischio Operativo
2.4 Il Rischio di Tasso di Interesse
2.5 Il Rischio di Liquidità
2.6 Gli Altri Rischi
3. IL CAPITALE A COPERTURA DEI RISCHI
4. CAPITALE A RISCHIO E CAPITALE DISPONIBILE
5. CAPITALE ECONOMICO E RISK ADJUSTED MEASUREMENT
6. I CONTROLLI INTERNI
2.1 Il rischio di credito
Secondo una definizione tradizionale:
Il rischio di credito si configura come l’eventualità di una perdita
che la banca può subire a seguito dell’insolvenza totale o parziale
del debitore
Nuova definizione:
Rischio di conseguire perdite inattese a seguito del verificarsi di un
”credit event”
Rischio
di
credito
a) Rischio di
default
d) Rischio di
esposizione
b) Rischio di
e) Rischio di
spread
c) Rischio di
recupero
f) Rischio di
concentrazione
downgrading
2.1 Il rischio di credito
A. Rischio di insolvenza (o di default)
Possibilità che un debitore non rimborsi interamente o
parzialmente quanto dovuto nei tempi previsti.
Viene misurato attraverso la probabilità di default (PD), riferito
ad un certo orizzonte temporale futuro.
Una particolare tipologia è il rischio Paese.
B. Rischio di downgrading
Eventualità che il merito creditizio di una controparte si riveli
inferiore a quanto stimato originariamente dal creditore.
2.1 Il rischio di credito
C. Rischio di recupero
Il rischio di recupero è definito come il rischio che il valore
economico dell’ammontare effettivamente recuperato sia
inferiore a quanto originariamente stimato.
D. Rischio di esposizione
Indica il rischio che l’ammontare prestato subisca un incremento
in prossimità del default, così che l’esposizione al momento del
default risulta maggiore di quanto in precedenza stimato dal
creditore.
2.1 Il rischio di credito
D. Rischio di concentrazione
Rischio che il livello di diversificazione del portafoglio prestiti si
riveli inferiore alle attese.
E. Rischio di spread
Rischio connesso ad un eventuale rialzo degli spread richiesti
dal mercato a un debitore. Può essere legato o meno al
downgrading di un debitore.
2.1 Il rischio di credito
Concentrandosi sul rischio di insolvenza è possibile calcolare la
perdita attesa (expected loss, EL) su un’esposizione creditizia,
come:
EL  PD  EAD  LGD
dove:
PD: probabilità di default del debitore
EAD: valore atteso dell’esposizione al momento del default
LGD: valore atteso del tasso di perdita in caso di default
La perdita attesa in quanto “attesa” non è rischio!
2.1 Il rischio di credito
EXPOSURE AT DEFAULT (EAD)
Rappresenta una variabile la cui aleatorietà è funzione della forma
tecnica di finanziamento concesso al debitore.
Esempio: apertura di credito in conto corrente
Il debitore può variare entro il fido la dimensione del finanziamento  rischio di
esposizione
Per stimare EAD occorre conoscere:

la quota di fido utilizzata (drawn portion – DP)

la quota di fido inutilizzata (undrawn portion – UP)

stimare un credit conversion factor (CCF), ossia una percentuale del fido
inutilizzato che si attende venga prelevata al momento del default
In questo caso l’EAD è pari a:
EAD  DP  UP  CCF
2.1 Il rischio di credito
LOSS GIVEN DEFAULT (LGD)
E’ funzione di quattro fattori principali:
1. Caratteristiche dell’esposizione
2. Caratteristiche del debitore
3. Caratteristiche della banca che gestisce il processo di
recupero
4. Fattori esterni
La stima della LGD avviene sovente attraverso un confronto con i
valori di LGD registrati su un campione di prestiti con caratteristiche
simili e terminati in default negli anni precedenti.
2.1 Il rischio di credito
PROBABILITY OF DEFAULT (PD)
Sistemi di rating
Sistemi di scoring
Procedimento in cui sono
ponderati anche gli aspetti
qualitativi del cliente.
Sistema di stima maggiormente
automatizzato, che, partendo
dalle caratteristiche del cliente,
le trasformano in un numero
tanto più basso quanto più è
probabile l’evento default.
Utilizzati per impieghi a soggetti
grandi e complessi.
Utilizzato per prestiti di importo
limitato e standardizzati.
2.1 Il rischio di credito
LA PERDITA INATTESA
 la perdita attesa non è una misura di rischio, ma un costo. Il
rischio di credito è quindi misurato dal possibile scostamento
delle perdite effettive rispetto al valore atteso.
 Una misura di tale scostamento può essere la deviazione
standard (o volatilità) della distribuzione delle perdite effettive.
 La perdita effettivamente sostenuta su un credito è data da:
L  LGD  EAD  D
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2.2 Il Rischio di Mercato
2.3 Il Rischio Operativo
2.4 Il Rischio di Tasso di Interesse
2.5 Il Rischio di Liquidità
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2.2 Il rischio di mercato
 Il “rischio di mercato” trae origine da possibili variazioni inattese
delle variabili di mercato.
 A seconda del tipo di variabili cui si fa riferimento, esistono
cinque principali categorie di rischi di mercato:
1. Rischio di cambio
2. Rischio di interesse
3. Rischio azionario
4. Rischio merci
5. Rischio di volatilità
 La misura del rischio di mercato si basa sull’osservazione
dell’andamento dei prezzi passati, da cui si ricava una stima della
possibile volatilità futura.
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2.3 Il rischio operativo
 Rischio di perdite originate da: infedeltà del personale, eventi
naturali sfavorevoli, vulnerabilità dei sistemi informatici,
responsabilità legali ed ambientali verso terzi, risarcimento ai
consumatori, …
 Basilea II definisce il rischio operativo , valido ai fini
regolamentari, come “il rischio di perdite derivanti dalla
inadeguatezza o dalla disfunzione di procedure, risorse umane e
sistemi interni, oppure da eventi esogeni ”.
L’accordo precisa che la definizione “include il rischio legale, ma
non quello strategico e di reputazione”.
2.3 Il rischio operativo
 In generale, comunque, un sistema per la misurazione e il
monitoraggio del rischio operativo dovrebbe mirare ai seguenti
obiettivi:
 Consentire la tempestiva rilevazione e archiviazione degli
eventi di perdita allorché questi si manifestano;
 Permettere alla banca di stimare le perdite attese (costi) e le
perdite inattese (rischi);
 Consentire una migliore comprensione dei fattori da cui
origina il rischio operativo, così da permettere l’impostazione
di adeguate politiche di contenimento e copertura del rischio,
la cui efficacia possa essere verificata nel tempo.
2.3 Il rischio operativo
Impact
LFHI
HFHI
(Insure)
(Hedge)
LFLI
HFLI
(Keep)
(Keep)
Frequency
 Le perdite operative sono spesso contraddistinte dalla
compresenza di un numero assai ridotto di eventi che portano
tuttavia con sé perdite anche molto consistenti (LFHI) e da un
numero molto elevato di casi HFLI le cui conseguenze per la
banca sono modeste.
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2.1 Il Rischio di Credito
2.2 Il Rischio di Mercato
2.3 Il Rischio Operativo
2.4 Il Rischio di Tasso di Interesse
2.5 Il Rischio di Liquidità
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2.4 Il rischio di tasso di interesse
 Il rischio di tasso d’interesse può essere definito come il rischio
che variazioni nei tassi d’interesse di mercato producano
una riduzione della redditività e del valore economico
della banca.
 I due approcci più conosciuti per la misurazione del rischio ti
tasso di interesse sono:
A. Repricing gap
B. Duration gap
2.4 Il rischio di tasso di interesse
A. Repricing gap
Il repricing gap è un approccio di tipo reddituale, in quanto analizza
le conseguenze di una variazione inattesa dei tassi sulla redditività
futura della banca.
Utilizzando come input lo scadenzario delle poste attive e passive,
esso misura il grado di disallineamento fra la data di riprezzamento
media delle attività e quella delle passività.
Casi possibili
Rischio
Datarepricing ATTIVO  Datarepricing PASSIVO
 tassi
Datarepricing ATTIVO  Datarepricing PASSIVO
 tassi
2.4 Il rischio di tasso di interesse
B. Duration gap
Il duration gap è invece un approccio di tipo patrimoniale perché
studia l’impatto di una variazione inattesa dei tassi sul valore del
patrimonio netto della banca.
Prendendo come input i valori di mercato e le duration modificate
delle singole poste attive e passive, calcola il differenziale tra
duration media ponderata degli assets e delle liabilities, utilizzando
tale indicatore per quantificare gli effetti sul valore della banca di
una variazione dei tassi mediante un’approssimazione lineare.
Valori mkt e DM
delle singole poste
DM ponderata
attivo e passivo
Effetti sul
valore del banca
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2.5 Il Rischio di Liquidità
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2.5 Il rischio di liquidità
 L’esistenza di un mismatching per scadenza fra attivo (orientata
al lungo termine) e passivo (prevalentemente a breve) potrebbe
generare un rischio di liquidità.
 Il rischio di liquidità infatti riguarda la possibilità che un
intermediario…
 …non sia in grado di onorare in maniera puntuale e
tempestiva il rimborso delle proprie passività a causa di un
volume di richieste inaspettatamente elevato,
 …oppure (più realisticamente) sia costretto a vendere
rapidamente un elevato volume di attività realizzando un
prezzo inferiore al loro valore corrente di mercato.
2.5 Il rischio di liquidità
 Il rischio di liquidità si articola in due diverse forme:
a) Funding risk
Rischio che l’intermediario non sia in grado di far fronte in
maniera efficiente, senza mettere a repentaglio la propria
operatività ed equilibrio finanziario, a deflussi di cassa attesi
o inattesi.
b) Market liquidity risk
Rischio che l’intermediario, al fine di monetizzare una
consistente posizione in attività, finisca per influenzare in
maniera significativa (e sfavorevole) il suo prezzo, a causa di
una scarsa profondità del mercato in cui tali attività sono
negoziate.
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2.4 Il Rischio di Tasso di Interesse
2.5 Il Rischio di Liquidità
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2.6 Gli altri rischi
Rischio strategico
Rischio di una flessione degli utili (o del valore della banca) derivante
da cambiamenti del contesto operativo o da decisioni aziendali
errate, attuazione inadeguata di decisioni o scarsa reattività a
mutamenti ambientali.
Rischio reputazionale
Rischio di una flessione di utili (o del valore della banca) derivante
da una percezione negativa dell’immagine della banca da parte di
clienti, controparti, investitori o autorità di vigilanza.
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3. Il capitale a copertura dei rischi
 Supponiamo che la banca abbia stimato la distribuzione delle
possibili perdite future legate alle varie tipologie di rischio, e che
le abbia integrate in un’unica distribuzione relativa alle perdite.
 Da un punto di vista grafico, il legame tra perdite e capitale può
essere così rappresentato:
Probabilità
Perdita attesa
Percentile 99,9%
 Catastrophe loss
Peggiore 0,01%
Perdite
Riserve
Capitale
3. Il capitale a copertura dei rischi
 L’Accordo di Basilea 2 adotta un valore pari al 99,9% per
determinare il rischio di credito; ogni banca tuttavia è libera
di scegliere un valore più elevato se vuole assicurare gli
stakeholder circa la propria solidità patrimoniale.
 La distanza fra percentile e EL è detta Value at Risk (VaR)
 IL VaR indica la massima perdita potenziale a cui una banca può
andare incontro in un certo orizzonte temporale, con un certo
livello di confidenza.
 Poiché il VaR viene normalmente coperto con capitale, allora può
essere anche detto CaR (Capital at Risk)
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4. Capitale a rischio e capitale disponibile
 Il capitale a rischio (CaR o EC) rappresenta una stima del capitale
ottimale di cui una banca dovrebbe disporre per coprire in maniera
adeguata i rischi assunti.
 Il capitale disponibile (available capital, AC) è dato invece dalla
differenza fra il valore di mercato di tutte le attività e quello delle
passività.
Possono verificarsi quindi tre casi:
Casi
Descrizione
Possibili interventi
AC > EC
Il capitale disponibile non
è interamente utilizzato
 Assumere nuovi rischi
 Restituire il capitale (div., buy-back)
AC < EC
Il capitale disponibile non
copre i rischi
 Ridurre rischi assunti
 Raccolta nuovo capitale
AC = EC
Il capitale disponibile è
interamente utilizzato
All’apparenza ideale, ma troppo rigida
 ottimo con AC > EC
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6. I CONTROLLI INTERNI
5. Misure di risk-adjusted performance
 Qualunque investimento deve essere valutato non solo alla luce
del rendimento, ma anche del rischio corso.
 E’ per questo motivo che alle misure di redditività tradizionali
(es. ROE) si affiancano/sostituiscono misure di performance
corrette per il rischio, che prendono in considerazione anche il
capitale economico assorbito da una banca.
RAROC (risk-adjusted return on capital)
E’ calcolato solitamente come
rapporto fra utili aziendali e capitale a rischio
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5. CAPITALE ECONOMICO E RISK-ADJUSTED MEASUREMENT
6. I CONTROLLI INTERNI
6. I controlli interni
 Con il termine di “sistema di controlli interni” si intende
l’insieme di regole, procedure e strutture organizzative che
mirano ad assicurare il rispetto delle strategie aziendali ed il
conseguimento dei seguenti obiettivi:
 Efficacia ed efficienza dei processi aziendali;
 Salvaguardia del valore delle attività e protezione dalle
perdite;
 Affidabilità ed integrità delle informazioni contabili e
gestionali;
 Conformità delle operazioni con la legge, la normativa di
vigilanza ed i regolamenti interni.
6. I controlli interni
 Tra i principi dettati dalla Banca d’Italia in materia di
controlli interni, tre meritano attenzione:
1. Separatezza
Divisione fra funzioni operative e sistemi di controllo, al fine
di evitare potenziali conflitti di interesse
2. Escalation
Eventuali anomalie devono essere portate a conoscenza dei
livelli superiori (CdA, Collegio sindacale) e gestite con
immediatezza
3. Tracciabilità
Registrazione di ogni fatto di gestione con adeguato grado
di dettaglio e corretta collocazione temporale
6. I controlli interni
I controlli interni si articolano principalmente su tre livelli:
I.
Controlli di linea
Effettuati dalle strutture produttive della banca, incorporati
nelle procedure o eseguiti in back office;
II. Controlli sulla gestione dei rischi
Affidati a strutture diverse da quelle produttive;
III. Attività di revisione interna
Condotta nel continuo, in maniera periodica o per
eccezioni, da strutture diverse da quelle produttive, anche
attraverso ispezioni.