Un Weekend postmoderno di Pier Vittorio Tondelli come romanzo

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Un Weekend postmoderno di Pier Vittorio Tondelli come romanzo
Un Weekend postmoderno di Pier Vittorio Tondelli come romanzo:
un’ipotesi critica.
INTERVENTO DI SILVIA DI FRESCO
Nel recente convegno “Pier Vittorio Tondelli dieci anni dopo”, tenutosi nell’ambito di
“Ricercare 2001”, la maggioranza degli studiosi intervenuti, eccetto Alberto Bertoni, ha
sostenuto che l’ultimo romanzo di Tondelli fosse Camere Separate. Io, al contrario, reputo
che sia Un weekend postmoderno. Questa considerazione nasce dall’approfondimento della
Nota di Fulvio Panzeri alla prima edizione dell’opera, dove si afferma, appunto, che il
Weekend sia un “Romanzo critico” e che con esso si determini «una via nuova all’idea di
romanzo» 1 . Per sostentare questa teoria bisogna necessariamente partire dalla genesi del testo,
cioè da un dattiloscritto, datato 1982 e intitolato Un weekend postmoderno, varie redazioni. In
realtà questo scritto ha poco a che fare con la redazione finale, si tratta infatti del racconto di
un fine settimana bolognese (confluito, rivisto e modificato, nel quinto scenario del Weekend)
e rispecchia la volontà iniziale di trascrivere le parlate di tutta quella fauna giovanile che
aveva popolato gli anni Ottanta. Citando lo stesso Tondelli, «dovevano essere cinque, sei,
sette feste, una a Firenze, una a Bologna, una a Milano, una a Londra, in cui si descriveva con
una lingua molto cantata, quasi poematica, con i dialoghi inseriti senza virgolettature nel
testo, con una lingua abbastanza strana come leggibilità, molto forte». 2 In seguito questo
progetto fu abbandonato e soltanto nel 1989 ritroviamo una stampa, intitolata Notti
Fiorentine, in cui si fa riferimento ad Un Weekend postmoderno, inteso ora come «appunti
emotivi e trascrizioni di personaggi e di “parlate” appartenenti a una fauna che [lo] interessa
molto e che forse è la sola a permettere una “traccia” di Romanzo Generazionale». 3 Il
cambiamento di rotta appare qui già evidente e testimonia la volontà dell’autore di raccontare
SILVIA DI FRESCO si è laureata nel 2002 in Lettere Moderne all’Università di Bologna con il Prof.
Alberto Bertoni, con una tesi riguardante P.V.Tondelli. Sta preparando l’esame di Dottorato.
1
Panzeri, Fulvio, “Appunti per un romanzo critico”, in: Tondelli, Pier Vittorio, Un weekend
postmoderno. Cronache dagli anni ottanta, Bompiani, Milano, 1990, p. 597.
2
Panzeri, Fulvio – Picone Generoso, Tondelli. Il mestiere di scrittore, Transeuropa, Ancona, 1994,
p. 59.
3
Tondelli, Pier Vittorio, Notti Fiorentine, stampa, 1989.
1
Seminario tondelliano, Correggio, Palazzo dei Principi, 14 dicembre 2001.
Intervento di Silvia Di Fresco, Un weekend postmoderno di P.V.Tondelli come romanzo: un'ipotesi critica.
gli anni che lo hanno visto coinvolto, come scrittore e osservatore, non più solo di alcuni
party, ma di una realtà più ampia. In alcune lettere personali di Tondelli, come quella del 15
marzo ad Elisabetta Sgarbi, troviamo inoltre una grande preoccupazione per questo lavoro,
non volendo dare né l’impressione di raschiare il fondo del barile né quella di riassunto del
suo pensiero. Il suo desiderio, infatti, era di dare conto, con un taglio critico, dei dieci anni
della sua produzione letteraria, senza per questo dare vita ad un’operazione semplicistica.
Dopo un consulto con Elisabetta Sgarbi, editor delle Bompiani, e con Fulvio Panzeri, scelto
come lettore privilegiato del Weekend, inizia una cernita del materiale giornalistico e
saggistico redatto negli anni Ottanta, rimandando quello narrativo ad un volume successivo,
uscito poi postumo con il titolo L’abbandono (1993). Nei manoscritti riguardanti il materiale
selezionato per l’opera, si vede chiaramente come non si sia trattato di una mera silloge, ma di
un’accurata composizione e, a darne atto, ci sono varie schede dove, con meticolosa
precisione, Tondelli struttura l’opera su tre livelli, CULTURA, VIAGGI, SOCIETÀ e al loro
interno cataloga i propri articoli, li seleziona e infine li riscrive come per esempio lo scritto
del 1989 – 1990 “Cabine! Cabine!”, redatto per la mostra “Ricordando fascinosa Riccione”,
unendovi talvolta anche materiale inedito (In seguito al lavoro di organizzazione descritto, Un
weekend postmoderno viene dato alle stampe nell’autunno del 1990 e rispetto alle bozze
iniziali, presenta delle varianti. Il testo definitivo, infatti, non si divide più in tre livelli, ma in
dodici blocchi tematici in cui l’autore distribuisce il materiale scelto. Questo nuovo assetto
permette una suddivisione più precisa dei temi e, conseguentemente, una struttura più solida,
come dichiara lo stesso Tondelli: «Si tratta di trovare una forma, non perché la macchina
narrativa funzioni, ma per identificare il livello, la natura del testo. Le componenti, nella
progettazione di un libro, sono sempre molte. Io ho bisogno di una struttura precisa. Prendi il
Weekend: l’idea principale, più che estetica, è un’idea ordinativa.» 4 L’opera viene così a
dividersi in 1. Senari Italiani 2. Rimini come Hollywood 3. Scuola 4. Affari Militari 5. Un
weekend postmoderno 6. Fauna d’arte 7. Frequenze rock 8. Under 25 9. Viaggi 10. Geografia
letteraria. 11. America 12. Giro in Provincia.
Una delle modifiche apportate riguarda poi il sottotitolo che da “Scenari dagli anni
Ottanta” viene cambiato in Cronache dagli anni Ottanta”, proprio a sottolineare il carattere di
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reportage, la natura dell’autore che viaggia attraverso i vari scenari senza giudicarli, che
osserva per riportarli al lettore, usando un solo filtro, la sua. Tale sensibilità è particolarmente
evidente, ad esempio, nell’articolo dedicato ai Magazzini Criminali. Qui Tondelli, come
evidenzia Agosti nell’articolo “Lunedì mattina” 5 , è uno dei pochi a cogliere, grazie alla sua
esperienza del mondo contadino (ricordiamo un articolo dedicato alla mattanza del maiale in
“Gente comune” all’interno del Weekend) la natura dello spettacolo Genet a Tangeri,
spettacolo che all’epoca (1985) aveva riscosso moltissime critiche per via della sua
rappresentazione in un mattatoio dove, mentre si declamavano versi sulle stragi di Sabra e
Chatila, veniva ucciso un cavallo. Tale spirito di comprensione, infatti, attraversa tutta
l’opera, consegnandoci un’immagine degli anni Ottanta senza pregiudizi o mistificazioni,
dove la “Gente comune” viene accostata alla “Fauna d’arte”, dove tutte le diverse componenti
dell’opera trovano un senso e una sistemazione nell’Indice Sommario che apre il libro, mappa
cognitiva dell’intero romanzo. Ecco il punto. Come si può affermare che sia un romanzo?
A mio avviso, il primo luogo dove cercare una risposta risiede proprio nelle dichiarazioni
dello stesso Tondelli, il quale, fin da subito, non ha mai definito Un weekend postmoderno
come una silloge. «È un romanzo generazionale, che mette insieme miti e luoghi appartenuti
ad una generazione, ai ventenni dei primi anni ottanta. È un romanzo che procede attraverso
materiali critici e dotti; è un romanzo di sottotesti, di citazioni le quali rappresentano un modo
di dichiarare i propri padri culturali e l’ansia di ricollegamento alla letteratura e alla poesia
disegnando una sorta di direttrice di percorso.» 6
Altro elemento da non sottovalutare è poi l’epoca in cui l’opera viene composta, ossia il
postmoderno del titolo, già chiave interpretativa del testo. Il postmodernismo, infatti, si
identifica in letteratura «con la destrutturazione dei generi letterari, accompagnata […] a un
loro programmatico recupero su larga scala.» 7 Come dice Filippo La Porta, il romanzo,
proprio in virtù della sua natura proteiforme, è il genere letterario che «ha potuto incorporare
maggiormente i molteplici linguaggi e i molteplici piani di una realtà sempre più sfuggente e
4
Panzeri, Fulvio – Picone, Generoso, op. cit., p. 41.
Panzeri, Fulvio (a cura di), Panta. Pier Vittorio Tondelli, n. 9, Bompiani, Milano, novembre 1992.
6
Tondelli, Pier Vittorio, in Picone, Generoso, “Il bello del grande freddo”, Il Mattino, 24 novembre
1990.
7
Ganeri, Margherita, Postmodernismo, Editrice Bibliografica, Milano, 1998, p. 39.
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irrapresentabile.» 8 Ed è questa realtà che Tondelli vuole rappresentare una delle chiavi di
lettura per poter affermare che il Weekend sia un romanzo. Viviamo in una società pervasa da
quella che, parafrasando Omar Calabrese, chiamerò “la sindrome del telecomando”, dove,
cioè, tutto accade contemporaneamente, dove il soggetto, come tanti canali, è frammentato e
compresso in un eterno presente, dove ogni contraddizione è metabolizzata e, pertanto,
annullata, dove, insomma, per dirla con Montale, regna incontrastato “l’ossimoro
permanente”. Chi si vuole fare interprete di questo stato di cose, dunque, non può pensare alla
propria opera come un mondo ordinato, bensì come un universo decomposto in cui l’uomo
non è più individuo, ma uomo – massa e in cui il personaggio non ha più un’unica storia, ma
ne possiede di varie e molteplici. È in questo contesto che nascono appunto «forme ibride
basate sulla mescolanza» 9 e non è un caso che in tutto l’arco degli anni Ottanta vi sia un
incremento del romanzo – saggio, spia di quella tendenza ad inserirsi nella codificazione
vigente per poi modificarla dall'interno. Alla fine del Novecento, infatti, non si percepisce più
quella necessità di riflettere sull’artificiosità e sull’inattendibilità del discorso letterario, di
denunciarne la sua natura fittizia; tutte queste componenti del romanzo sono date per
assimilate e quello che fa lo scrittore è utilizzare la tradizionale macchina narrativa e abusare
di lei, contaminarla, mercificarla. Il fatto, quindi, che Tondelli dichiari il Weekend come
appartenente ad un genere letterario non significa soltanto che voglia canonizzarsi in esso e
nel suo mercato, ma manifesta anche la volontà di rinnovarlo, di aprire al suo interno nuove
possibilità. E queste possibilità risiedono proprio in quel suo essere “critico”. Se vogliamo
una prima definizione di Romanzo Critico dobbiamo, come ha fatto notare Bertoni a
Ricercare 2001, rifarci a Grazie per le magnifiche rose (1965) di Alberto Arbasino, dove, in
copertina, ne troviamo la definizione.
«ROMANZO CRITICO: organizzando i materiali (non teorizzazioni ipotetiche, ma
testimonianze su spettacoli innegabilmente avvenuti, su una scena o nelle sue vicinanze, nel
contesto culturale e sociale del Teatro) secondo la struttura significativa del Viaggio di
Scoperta archetipo e costante, come un’iniziazione formativa […]» 10
8
La Porta, Filippo, La nuova narrativa italiana, Bollati Boringhieri, Torino, 1999, p. 17.
Ganeri, Margherita, op. cit., p. 43.
10
Arbasino, Alberto, Grazie per le magnifiche rose, Feltrinelli, Milano, 1965.
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4
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Lo stesso Tondelli poi, aveva dichiarato, in più occasioni, il debito culturale nei confronti
di Arbasino, ammettendo così la sua opera come modello. Non bisogna però tralasciare le
grandi differenze, a cui in questa sede posso solo accennare, che intercorrono tra i due autori,
tra cui, fondamentali, quelle della lingua e dell’intenzione. Arbasino, infatti, non vuole
comporre con Grazie per le magnifiche rose un romanzo generazionale, un testo cioè che
rifletta, con il proprio materiale, i movimenti della realtà che lo circonda, a lui interessa
descrivere, ad un pubblico colto, soltanto un aspetto, ossia l’avventura drammaturgica
contemporanea. Tondelli, invece, ha voluto creare un romanzo che mostrasse nella forma,
frammentata e ordinata insieme, la società e che, allo stesso tempo, nei contenuti, la
raccontasse, usando un linguaggio comprensibile a tutti i tipi di lettori. Operando tutto ciò con
una sorta di collage tra materiali esistenti ed altri inediti, selezionando e riscrivendo, dà
all’opera la sua dimensione critica, visto che decidere a favore di un articolo piuttosto che di
un altro è già effettuare una scelta critica. Non bisogna poi dimenticare che gli anni Ottanta
sono gli anni dell’industria dell’editoria, del potere della pubblicità, della mutimedialità come
must sociale e Tondelli non ignora che, se si vuole fare è Romanzo Generazionale, è da
rappresentare anche quello. Alberto Cadioli, nel suo La narrativa consumata, attribuisce il
frequente scambio tra narrativa e saggistica proprio all’andamento del mercato editoriale, che
vede un grande incremento del genere romanzesco. Ecco quindi la superficie del lavoro
tondelliano, la grafica accattivante curata da Juan Gatti, il weekend come immagine di quegli
anni che si sono posti «un po’ come un allegro fine settimana» 11 , la parola “postmoderno”,
tanto di moda e pronta a tutti gli usi. Il decidere di inserire all’interno del Weekend una parte
iconografica e affidarla a Juan Gatti, uno dei collaboratori di Pedro Almodovar, icona della
movida madrilena, è non solo una scelta estetica, ma anche ideologica, tesa a rappresentare in
toto il decennio, idea che emerge comunque anche nelle parti “scritte”, molte dedicate all’arte
del fumetto e ai nuovi artisti, come l’intervista ai Giovanotti Mondani Meccanici o a Carlo
Maria Mariani. Possiamo dire che l’inserto di Juan Gatti testimonia il “double talking”
presente in Un weekend postmoderno, da un lato la superficie, in linea con la società del
consumo e dell’immagine, dall’altro l’ironia di cui l’autore si serve per dare forma ai
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contenuti, esposti con “tecniche narrative multiformi” e raffiguranti una realtà frammentata in
cui ci si può orientare solo attraverso una mappa, l’Indice Sommario. Il “double talking” cui
accennavo poc’anzi, però, può essere riferito anche al testo che è insieme sottotesti dei
precedenti lavori letterari dell’autore. Una sorta di finestra aperta sulle sue opere, una
citazione continua di se stesso, ulteriore ed estrema compromissione con la propria
contemporaneità. “Scenari italiani” e “Giro in provincia” possono dunque ricondurre alle
atmosfere di Altri Libertini, “Affari militari” riporta alla caserma di Pao Pao, mentre, per
meglio comprendere la riviera adriatica e Rimini, possiamo leggere “Rimini come
Hollywood” dove i giovani yuppies si lasciano andare a qualsiasi tipo di divertimento e di
disperazione. Nei lunghi viaggi del narratore, possiamo invece sentire la stessa dolente
malinconia del protagonista di Camere separate che, solo, visita la tomba di Ingeborg
Bachmann e poi riparte “Sulle strade dei propri miti”. Oltre a queste autocitazioni implicite,
troviamo vere e proprie dichiarazioni di poetica, come “Under 25”, dove, mettendo in luce il
progetto per pubblicare giovani scrittori, evidenzia anche il proprio metodo di riscrittura,
utilizzato, tra l’altro, per comporre il Weekend. Rimane ora da esaminare un ulteriore livello
critico, quello che cerca il Tondelli scrittore seguendo il Tondelli lettore, dichiarando, cioè,
attraverso una vera e propria “Geografia letteraria”, i suoi padri culturali, dagli scrittori
d’”America” al dimenticato Coccioli, in un enorme tournée che parte da un “Giro in
provincia” e ritorna esattamente al punto di partenza, richiamato da Silvio D’Arzo e dalle note
di un blues di Zucchero. Possiamo così concludere che Pier Vittorio Tondelli abbia compiuto
un viaggio attraverso gli anni Ottanta e, unendo le funzioni di protagonista, narratore e
reporter, ci abbia raccontato il suo percorso di viaggiatore, di autore e di lettore, unendo e,
paradossalmente, dividendo il tutto all’interno di una struttura ben solida, ossia il “romanzo
critico”.
11
“Postmoderno, provincia e dintorni, conversazione televisiva con Giuseppe Marchetti” (1990), in
Panzeri, Fulvio (a cura di), Pier Vittorio Tondelli. Opere, saggi, conversazioni, Bompiani, Milano,
2001, p. 1013.
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