qui - laboratorio probabile bellamy

Transcript

qui - laboratorio probabile bellamy
LABORATORIO PROBABILE BELLAMY
Associazione culturale
Albert Serra / Il mio cinema
Intervista realizzata in occasione di spaziocinema 2009.
Intervista / Laura Bonelli
traduzione / Elisa Tozzi
L.B - Guardando Honor de Cavalleria (2006) abbiamo notato una particolarità del tuo
modo di raccontare; dal Don Quijote hai selezionato un episodio in cui non accade
quasi nulla sull’asse narrativo. Perché? Cosa aggiunge una versione filmica ad un
classico letterario? E poi, perché proprio da un classico letterario?
A.S - La mia idea non ha niente a che fare con un classico letterario. La letteratura è
una cosa e il cinema è un’altra completamente diversa.
Nel mio caso, la mia ossessione era semplicemente fare un buon film. A me, che il film
sia rimasto più o meno fedele al libro o incluso allo spirito del libro, non mi interessava.
Quello che mi interessava era avere come punto di partenza il libro e ,a partire da qui,
sviluppare una serie di temi visuali, estetici che a me interessavano, però, con
l’obiettivo di fare un buon film. Questo era il mio unico obiettivo: fare un film
esteticamente potente.
In quale misura questo aggiunge o toglie qualcosa, o è più o meno fedele allo spirito del
libro originale? Non so.
Per noi non aveva molto senso fare un film sul Don Quijote con tutti gli strumenti del
mondo, senza che lo spirito che c’è nel libro si potesse piano piano trasmettere o
lasciarsi vedere nel film. Da qui, dico che c’era una libertà estetica totale e in questo
caso il libro era un punto di partenza molto bello, un suggeritore soprattutto perché, nel
trattamento che tu chiameresti un po’ moderno, un po’ astratto, un po’ atmosferico delle
immagini, normalmente questo non si era mai visto prima; non si era visto in un film
molto contemporaneo, in un film urbano sul tema dell’ incomunicabilità, temi
tipicamente moderni. Ma vedere questo tipo di adattamento formale in un modello
classico che, in realtà, lo possiamo considerare come un classico un po’ antico, un po’
démodé, che non sembrerebbe adatto per applicargli questo tipo di trattamento. Io
penso che questa era un po’ l’originalità di questo trattamento ed è quello che ci ha un
po’ affascinato. Come ho detto non mi interessava la fedeltà al libro, non avevo nessun
tipo di rispetto per l’originale letterario al quale mi ispiravo o che serviva come punto di
LABORATORIO PROBABILE BELLAMY
LABORATORIO PROBABILE BELLAMY
Associazione culturale
partenza; e solo quel minimo rispetto di cercare di essere un minimo coerente nel
momento di fare il film, nel senso della nostra vita, in quello che interessa a me, che mi
interessava in quel particolare momento del libro, che è quel aspetto un po’ romantico e
un po’ chisciottesco del protagonista; però a parte questo, nessun tipo di rispetto e che
ne esca un film un po’ più originale proprio per la stessa assenza assoluta di rispetto
per il libro. Rispetto, nel senso che per fare il film bisogna rispettare qualcosa che c’è
dentro il libro. E questo non succede spesso, perché generalmente la gente si spaventa
con le riadattazioni letterarie, generalmente hanno molta paura di essere infedeli al libro
che stanno adattando. In Honor de cavalleria questo non c’era e forse questo strano
mix di un trattamento molto formale, molto sofisticato, applicato su una storia tra le più
conosciute, delle più viste, delle più sentite e che da un punto di vista, quasi del cinema
più moderno, contemporaneo, cinema fatto per registi giovani, non sarebbe il più
indicato. A me interessa molto l’idea che, in questo film come nell’altro che ho girato, El
Cant dels Ocelles ( 2008) , si tratti di temi che non c’entrano con il mondo d’oggi, né
con i problemi, né si parla di problemi sociali, né problemi di coppia. Sono problemi o
tipi di immagini in cui non ci si può identificare, non si può sentire nessun tipo di
vicinanza con loro, con quello che sta succedendo là; e questo vuol che se realmente
queste immagini generano un fascino, è un fascino puro, perché non puoi sentire
niente, non puoi sentire nessun tipo di prossimità, di identificazione; è puramente
un’immagine che ti rimane lontana ma che ti affascina in qualche modo e questa era
l’idea.
L.B - Oggi durante la lezione hai fatto riferimento alla magia che deve emergere
nell’opera filmica, hai affermato di non girare con il video control, di fare molte ore di
girato e d’avere un’ attenzione particolare all’ atmosfera del set. Dunque ci chiedevamo
quali sono i percorsi per farla venire fuori nel modo in cui lavori..
A. S - Beh, questa è la domanda più difficile da rispondere, che diciamo è il segreto
meglio occultato. E’ una delle domande più difficili cui rispondere e io stesso non so…
voglio dire: io ho un’intuizione di ciò che potrebbe funzionare, della combinazione di
elementi che è molto importante. Questo è un aspetto a cui le persone non danno
molta importanza ed è l’aspetto in cui c’è in tutto il lavoro mentale prima di iniziare a
LABORATORIO PROBABILE BELLAMY
LABORATORIO PROBABILE BELLAMY
Associazione culturale
scrivere una sceneggiatura. La gente pensa che tutto il lavoro inizi dalla sceneggiatura
o dopo. Si tratta di lavorare ad una serie di idee che siano estetiche, influenze di attori
che hai a disposizione, di direzioni artistiche, di ambientazioni, di vestiario che sembrino
che possano funzionare; d’influenze di un film di un altro regista e che questo abbia un
significato, una coerenza, un equilibrio e una armonia. Tutto questo prima che possa
scrivere la sceneggiatura. Prima di dire Bene, farò questo o concretamente quest’altra
cosa, … sai e in questo modo la sceneggiatura si sviluppa un minimo. Ma queste idee
devono essere molto chiare. E’ un po’ come quando si gira una scena e io credo di
lavorare un po’ in questo modo: con poche idee ma che devono essere molto chiare.
Come il fatto di lavorare con persone non professionali, ma che sono persone che
conosco, e che con alcuni non ho mai lavorato ma che già ho visto, di cui mi sono già
fatto un’immagine molto chiara, molto precisa che dopo in verità, la realtà del set la può
trasformare e uno si deve adattare, ma almeno è essenziale avere queste idee molto
chiare in testa di quello che si deve fare. In questo senso non mi considero per niente
un regista sperimentale, al quale piaccia sperimentare sul set, ed infatti, mi piace avere
molte ore di girato. C’è una frase di Picasso che a me piace molto, che credo che si
possa applicare perfettamente al modo con cui lavoro con gli attori, che dice: Io non
cerco, trovo.
Diciamo che sono abbastanza conservatore nella mia vita, in generale in molti aspetti e
anche nel lavoro. Voglio dire: Io non cerco, non perdo tempo a lavorare con cose che
non so se riusciranno o meno.
Se ho una ferma convinzione, dentro la difficoltà e dentro la confusione che si può
generare durante un set o in un progetto, uno di quei progetti che possono sembrare un
po’ stravaganti, un po’ rischiosi, di fatto è un po’ paradossale perché ci sono anche
progetti nei quali c’è molto rischio, eppure nel momento in cui si tratta di lavorare, lavoro
sicuro. Il rischio sta di più nel progetto scelto e l’idea globale, in uno scopo, nel creare
uno scopo.
Per esempio, dovevo fare un film su Fassbinder , una specie di biografia, insomma un
film ispirato alla sua figura, ero sicuro che sarebbe stato un buon film, che già non mi
interessava più! E’ che devo avere, interiormente, un po’ l’idea che il film possa arrivare
a fallire.
LABORATORIO PROBABILE BELLAMY
LABORATORIO PROBABILE BELLAMY
Associazione culturale
Ma diciamo che in generale mi piacciono le cose molto sicure e che non mi piace
sperimentare ne perdere tempo. Come lo faccio? Come ho detto prima, faccio film che
siano concettualmente , almeno, molto chiari. Per questo una visione del Don Quijote fa
pensare abbastanza: è una cosa solida, che tutti conoscono, voglio dire… non c’è
bisogno di perdere tempo studiando, i tre Re Magi sono cose semplici che tutti
conoscono, che tutti possono capire e che non devi perdere tempo cercando di
coinvolgere lo spettatore.
Beh, sono i tre Re, tutti sanno chi sono! Perciò il punto di partenza è già chiaro, non c’è
il rischio che possa esserci confusione, già su quello che stanno vedendo. Di qui,
lavoro con attori in un modo che non è nemmeno sperimentale, nella misura di quello
che stavo dicendo prima, lavoro con degli attori che conosco, che so più o meno come
reagiranno, che so come farli reagire, in che modo o nella direzione adeguata affinché
diano il miglior risultato per il film e solo quando tutti questi elementi si uniscono, vedo
bene nella mia testa che questi elementi funzionano allora è quando realmente
desidero fare il film.
E’ un po’ la stessa cosa che accade ad un poeta. Come gli viene in mente di fare un
poema? bene, può darsi che un giorno abbia visto qualcosa, che gli sia venuta in mente
una parola, e la parola con quello che ha visto.. sai due o tre idee che si uniscono in un
momento come un altro di ispirazione e che risulta che tutte legano perfettamente….
Quello che poi svilupperai e sarà la struttura e il contenuto di in un poema, e qui, è un
po’ lo stesso. Certo, a partire da questo punto, spiegare come trovare la magia, qual è
il modo di lavorare è impossibile.
Io so che se faccio un film sarà un buon film. Non so, non posso sbagliare. So che ci
sono registi che non possono fare un brutto film, registi contemporanei che faranno un
film più o meno riuscito, brillante o ispirato ma che sono incapaci di fare un film brutto.
Voglio dire Piero della Francesca farà un brutto quadro??! è impossibile! Ne avrà fatto
di migliori ma non di brutti. Lavoro su questa sicurezza, a partire da questo punto, da
questa magia in modo da trasformare un film semplicemente buono a uno veramente
ispirato e realmente magico e che non abbia nessun errore… questo vedi, è un po’
come credo che si cerchi la magia. Pregando in chiesa, e pregando affinché questa
“magia” appaia. Però almeno diciamo che tutta la mia formazione, tutta la mia
conoscenza, tutta la mia preparazione che faccio per un film farà sì che il film sarà
LABORATORIO PROBABILE BELLAMY
LABORATORIO PROBABILE BELLAMY
Associazione culturale
sicuramente buono, sarà solido e coerente. L’altra magia? Se lo sapessi tutti i miei film
sarebbero opere d’arte! Perciò non lo so esattamente. Il cinema sempre, a partire da
quella base realista, ha una naturalezza fisica di spazio/tempo e questa “magia” deve
avere un’apparenza e sempre arriva allo spettatore dandogli la sensazione di essere
spontanea. Certo un elemento ancora più difficile è che questa “magia” arrivi e per di
più in modo spontaneo, per esempio, una tecnica che a volte ho utilizzato è quella di
distruggere le aspettative che ci sono intorno ad una scena, un momento o un
personaggio. A volte quello che cerco di fare e distruggere un po’ quello che so che è
sicuro. Permettendo una piccola apertura, sai, una piccola possibilità che faccia uscire
una spontaneità che, anch’io come regista, non posso controllare.
Confondere gli attori è una tecnica, che per esempio ho utilizzato. Essi stessi non
sanno esattamente cosa devono fare ma ne hanno un’intuizione; tuttavia se non lo
sanno o incluso non ne hanno l’idea ed Io provo a confonderli. Diciamo che la base è la
stessa, però essi stessi portano le cose verso una nuova prospettiva. Una tecnica che
utilizzo molto, per esempio, in un dialogo - non scrivo dialoghi, anzi sì li scrivo per le
sovvenzioni dello stato che è obbligatorio, non è che sia obbligatorio ma diciamo che
generalmente chiedono sceneggiature con dialoghi – è fornire agli attori alcune
indicazioni come fate un dialogo su Gesù bambino , vedi, tutto ciò è già convenzionale:
se loro sono vestiti da Re Magi, se tutta l’estetica fa già parte dell’ enciclopedia dello
spettatore , se il film è in bianco e nero, questo sarà alla Pasolini, tutto il film ha un
sceneggiatura che va bene, bene tutto questo è già sufficiente, c’è già l’atmosfera da
Gesù bambino. Mi piace molto usare attori un po’ semplici, semplici nel senso che non
sono persone colte, che non hanno mai studiato, che non hanno mai recitato, sai è un
po’ come gli attori di Pasolini. Voglio dire, non so: ora deve venir fuori un dialogo con la
parola “ desiderio”! , dite ciò che volete ma dite la parola “desiderio!, Chiaro? Se gli dici
che deve esserci la parola “desiderio”, che è una parola già un po’ più astratta,voglio
dire, un nome, per loro è già un po’ più difficile perché credo che il dialogo che ne
uscirà, potrà aggiungere qualcosa, potrà aggiungere qualcosa all’atmosfera del film
che non un dialogo che avrei potuto pensare o scrivere. In momenti come questo si è
cercato di aprire questa possibilità, attraverso la confusione, l’astrazione dei dialoghi,
dell’immagine della
scena, come nel caso del Cant dels Ocelles, precisamente è
un’astrazione, di pura approssimazione della camera, sempre al lato, sull’erba… non
LABORATORIO PROBABILE BELLAMY
LABORATORIO PROBABILE BELLAMY
Associazione culturale
stai narrando niente, se non che stai quasi in convivenza o stai fisicamente in mezzo
all’azione, però realmente non stai narrando niente, non stai vedendo niente di
concreto, il contrario di quest’ultima.. ma da qui, questa cosa di troncare, che qualsiasi
cosa succeda, quello che vi dicevo di approfittare e un po’ la realtà… quasi obbligando
che accada qualcosa che io non mi aspetto. Chiaro il 90% delle cose che succedono
sono orrende, però un film non si fa non si è mai fatto con tutti i rulli di trenta ore… c’è
un’ora e mezza, due ore, che devono essere impeccabili. La mia ricerca è trovare
queste ore. Per questo motivo, mai sperimentare perché sono sicuro che alla fine ci
sarà quell’ora e mezza buona!
LABORATORIO PROBABILE BELLAMY