Usura e gioco d`azzardo

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Usura e gioco d`azzardo
Italia
4 Sabato, 21 aprile 2012
■ Partiti e soldi
La lezione di don Sturzo
contro le «tre male bestie»
Le vicende che hanno travolto ultimamente
la Lega, e prima ancora la ex Margherita,
riportano di attualità il tema del
finanziamento ai partiti. Il 16 settembre
1958 Luigi Sturzo presentava un disegno
di legge sulla loro disciplina. Allora
c’era il Pci, che rivendicava la propria
“diversità”, rifiutando qualsiasi forma
di controllo: la proposta del senatore a
vita, che sarà uno dei suoi ultimi atti
istituzionali, non sarà neppure discussa
e così l’attuazione dell’articolo 49 della
Costituzione restava dilazionata “sine
die”. I partiti “di massa” si trasformano
progressivamente in partiti “pigliatutto”,
poi in partiti “professionali elettorali” e
successivamente in “partiti cartello” e poi in
aggregazioni leaderistiche di carattere neonotabilare. Sono le categorie politologiche
per descrivere l’evoluzione in Italia della
forma-partito. Parallelamente, in quasi
sessant’anni, la fiducia e il consenso degli
italiani diminuiscono progressivamente. Il
finanziamento pubblico viene introdotto nel
1974, per evitare forme di sostegno illecito,
resiste ad un referendum abrogativo quattro
anni dopo, ma è plebiscitariamente bocciato
da un altro referendum il 18 aprile 1993, il
più votato di quella tornata periodizzante,
in piena “tangentopoli”. Al suo posto, stante
il fatto che certamente il finanziamento
pubblico è necessario, sarà varato il sistema,
sempre opacissimo, dei rimborsi elettorali.
Che oggi giustamente e necessariamente
è messo in discussione. I cittadini e
soprattutto i giovani tra i venti e i trenta,
quelli che hanno studiato e non sono figli
di papà, vogliono partecipare, sta tornando
la voglia di politica. Ma servono canali
adeguati. Bisogna sbloccare il sistema.
Sapendo che non ci sono salvatori della
patria e che l’Italia è nell’Unione europea.
Per rispondere sul come, è utile
tornare a Sturzo e alle indicazioni che
accompagnavano la sua proposta di legge
sui partiti. Sturzo indica quattro punti
programmatici per la politica italiana:
“Libertà democratica - Moralizzazione della
vita pubblica – Riforma della struttura
statale a tipo autonomistico e civico –
Risanamento dell’economia nazionale
e, specialmente, del mezzogiorno”.
Sono indicazioni strategiche. Tuttavia
denunciava che all’attuazione dell’indirizzo
costituzionale si opponevano “tre male
bestie”: la partitocrazia, l’accentramento e
lo sperpero del denaro pubblico. Bisogna
cambiare davvero. I costi delle “bestie”
sono ormai insostenibili e ci possono
portare tutti a fondo. La Costituzione, della
cui riforma da vent’anni si parla, spesso
a vanvera, deve essere ancora attuata in
alcuni punti fondamentali.
FRANCESCO BONINI
Allarme sociale molto sentito
Usura e gioco
d’azzardo
“G
ioco d’azzardo. Dalla
denuncia a messaggi di
risanamento per le persone,
le famiglie, l’economia e la società
civile” è il tema dell’incontro che la
“Consulta nazionale antiusura Giovanni
Paolo II - Onlus” ha promosso a inizio
di questa settimana. I lavori sono stati
introdotti da monsignor Alberto
D’Urso, segretario della Consulta, che
qui intervistiamo.
Che rapporto c’è fra usura e gioco
d’azzardo?
«Sin dal 1998 fummo tra i primi a
lanciare l’allarme sul fatto che una
delle cause principali dell’usura era
rappresentata dal gioco d’azzardo.
Purtroppo oggi constatiamo che su
10 “ascolti” nelle nostre fondazioni,
ben 4 derivano dall’indebitamento
a seguito del gioco d’azzardo. Sin da
allora noi denunziammo la vitalità di
questo fenomeno, perché appariva già
in crescendo. Negli anni più recenti si è
avuta una vera e propria impennata. Dal
2004 al 2011 la raccolta del comparto
giochi è aumentata del 220%, siamo
passati da circa 25 miliardi agli 80
miliardi del 2011 e nel 2012 si prevedono
100 miliardi di euro. Una crescita
straordinaria cui non ha fatto seguito un
aumento corrispondente delle entrate
erariali. Infatti, le somme incassate dallo
Stato sono passate da 7 a 13 miliardi,
un aumento modesto che, di là da altre
considerazioni, non riflette la presenza
sempre più invasiva del gioco d’azzardo
nella quotidianità dei nostri cittadini».
Che dimensioni ha il gioco in Italia?
«Oggi siamo a circa 1600 euro di
spesa annua a persona. Sono cifre che
fanno rabbrividire, tenendo conto
della disoccupazione crescente, della
perdita o diminuzione del lavoro in
numerose famiglie, che così arrivano
alla seconda settimana con bilanci già
in rosso. Tutto questo si traduce in un
dato clamoroso: in Italia si calcola ci
siano almeno 900mila vittime del gioco
d’azzardo patologico, un fenomeno
gravissimo che intendiamo denunziare
con ogni mezzo. Tale situazione non
ci lascia indifferenti perché oltretutto
c’è una pubblicità ingannevole che
esalta la diffusione dell’azzardo. Basti
pensare a certe pubblicità che danno
un’immagine positiva... Si prefigura cioè
la stessa situazione del fumo, dove si
Scuola cattolica e libertà di educazione
«La mancanza di libertà di educazione è una
ferita gravissima per la società civile. Dobbiamo
dirlo a gran voce». Il richiamo è giunto
dall’arcivescovo di Milano, cardinale Angelo
Scola, che ha incontrato i ragazzi delle scuole
cattoliche, convenuti lo scorso fine settimana per
la trentesima edizione della marcia “Andemm al
Domm”. Circa 20mila i partecipanti, nonostante
il maltempo. «È possibile che ci sia educazione
senza libertà? Niente nella vita dell’uomo
vale se non c’è la libertà… L’educazione,
soprattutto nella minore età, è diritto che
tocca innanzitutto alla mamma e al papà
che lo condividono sin dall’infanzia con i
loro figli». Le scuole cattoliche, ha concluso,
«hanno il loro volto, esprimono la loro
identità, ma sono aperte a tutti», anche ai
non credenti e ai fedeli di altre religioni.
Cosa si nasconde dietro l’abuso di alcol da parte dei giovani
■ Strage di Brescia
Dopo trentotto anni dalla
bomba nessun colpevole
Nessun colpevole. A 38 anni dalla bomba di
Piazza della Loggia, a Brescia, che provocò 8
morti e oltre un centinaio di feriti, la Corte
d’assise d’appello di Brescia ha assolto i 4
imputati – Carlo Maria Maggi, Delfo Zorzi,
Maurizio Tramonte e Francesco Delfino –
confermando la sentenza di primo grado
del 2010 (dalla quale uscì assolto pure
Pino Rauti, verso il quale la Procura non ha
presentato appello e il ricorso di una delle
parti civili è stato respinto). «Abbiamo fatto
tutto il possibile, ormai è una vicenda che
va affidata alla storia ancor più che alla
giustizia», il commento del procuratore
generale Roberto Di Martino e del suo
sostituto Francesco Piantoni: i due avevano
chiesto la condanna all’ergastolo per gli
imputati. «Da questa vicenda – osserva il
giurista Francesco D’Agostino – dovremmo
trarre un forte incentivo per ripensare e
riformare radicalmente il nostro sistema
processuale (sia civile, sia penale), partendo
dal principio che la velocità non è una
questione tecnica, di efficienza, ma è un
fatto di giustizia, di tutela dei diritti dei
cittadini: arrivare a sentenza 38 anni dopo
il fatto è giuridicamente una follia. Quando
si lavora su tempi così lunghi si perde ogni
certezza di giustizia o addirittura, come in
questo caso, si arriva a un nulla di fatto».
scrive sui pacchetti di sigarette che “il
fumo uccide”, però si continua a vendere
sigarette e a far ammalare i cittadini».
C’è allarme per l’infiltrazione della
malavita nel settore del gioco. Cosa
intendete fare al riguardo?
«Da parte nostra vogliamo denunciare
il rischio di dramma economico per
milioni di persone, specie le più povere,
che possano cadere nel tranello di
riporre la fiducia nel gioco per risolvere i
propri problemi economici. I dati recenti
del Cnr che 4 italiani su 10 praticano
l’azzardo, significano che circa 17
milioni di abitanti in qualche modo sono
coinvolti, molti anche massicciamente.
La malavita quindi ha un mercato molto
ampio in cui inserirsi».
Cosa chiedere alla politica?
«Di dare corso alle iniziative previste,
tra cui 4 proposte di legge da unificare
per arrivare a un testo efficace, chiaro e
improntato alla concretezza. Gli stessi
legislatori si rendono conto che con la
crisi economica si determina una ricerca
compulsiva del facile guadagno da gioco,
che poi tanto facile non è, anzi. Occorre
una visione chiara della situazione e una
politica capace di essere lungimirante».
Una domanda d’aiuto
C
resce l’abitudine a bere
alcolici fuori pasto e in modo
estemporaneo. Tra i giovani,
soprattutto, cambia il modello
tradizionale di comportamento, ma
siamo capaci di affrontare la novità?
Il consumo di alcol lontano dalla tavola
è aumentato tra le donne del 33,9% e
tra gli uomini del 13%: le prime hanno
raggiunto rispettivamente i 4 milioni
e mezzo e circa 10 milioni gli altri, ci
comunica l’Istat. Preoccupa l’estensione
del fenomeno tra i giovani, e soprattutto
tra gli adolescenti, perché si rilevano
comportamenti a rischio.
Il “binge drinking” prende piede tra i
ventenni: il 21,8% dei maschi e il 7,9%
delle femmine di quelli che hanno tra i
18 e i 24 anni, i quali bevono in una sola
occasione almeno sei “bicchierini”.
Ancora più grave è accorgersi che il
comportamento si riscontra anche tra
gli adolescenti con percentuali simili.
Si pensi che secondo l’Organizzazione
mondiale della sanità un solo bicchiere
di alcol è da ritenersi rischioso per
i minorenni. Quando si modificano
le abitudini, gli stili di vita e le mode,
l’approccio educativo viene interpellato.
Con l’aumento di comportamenti
rischiosi di alcol tra i giovani ci
accorgiamo che alcuni metodi e
alcune precauzioni, prima valide, non
funzionano più. Se in passato alcuni
atteggiamenti erano introdotti a tavola,
in famiglia, dove, insieme a una pratica
e un costume, si trasmetteva il senso del
limite, ora il filtro domestico è saltato.
I giovani e gli adolescenti bevono
“accidentalmente”: può capitare in
discoteca, fra amici, dopo la pratica
sportiva, a una festa. E l’eccesso
pericoloso è proprio nella casualità
dell’attimo. Dalle indicazioni sull’abuso e
sul rischio alcol possiamo comprendere
l’esigenza di rinnovare la pratica
educativa. Troviamo delle caratteristiche
che ci chiamano a innovare. Ci si affida
spesso a regole, al richiamo valoriale,
accompagnato dal buon esempio.
Questo funziona quando si può esser
presenti, quando, ad esempio, in
famiglia gli adulti, che siano nonni o
genitori, sono accanto ai figli o nipoti per
tempi lunghi.
Quando la presenza è intermittente,
l’educazione ha bisogno di un
passo diverso. Inoltre, ai nostri figli
si presentano situazioni inedite
e occasioni imprevedibili, così
sembrerebbe opportuno puntare su
uno schema diverso, che richiede la
lettura dell’ambiente in cui ci si trova, la
capacità di guardare alle conseguenze di
un’azione, l’importanza di riconoscere in
se stessi e negli altri una ricchezza unica.
Il lavoro di educatori in tempi nuovi
richiede nuove forme. I nostri giovani
s’incontrano con una società aperta,
abbiamo l’opportunità di offrire loro
chiavi di lettura aperte che possano
condurli alla maturità umana?
ANDREA CASAVECCHIA