Il testo in PDF - Libretti d`opera italiani

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Il testo in PDF - Libretti d`opera italiani
LA CONVERSAZIONE
DRAMMA GIOCOSO PER MUSICA
di
CARLO GOLDONI
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Informazioni
La conversazione
INFORMAZIONI
Libretto n. 50 dell'Edizione completa dei testi per musica di Carlo Goldoni,
realizzati da www.librettidopera.it.
Trascrizione e progetto grafico a cura di Dario Zanotti.
Prima stesura: ottobre 2005.
Ultima variazione: ottobre 2005.
Prima rappresentazione: 1758, Venezia.
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Carlo Goldoni
Personaggi
PERSONAGGI
Donna BERENICE.
Don FILIBERTO.
MADAMA Lindora vedova, zia di donna Berenice.
GIACINTO viaggiatore affettato.
Don FABIO nobile e povero.
SANDRINO uomo ricco di bassi natali.
LUCREZIA giovane spiritosa.
MARIANNA tedesca, serva di Madama Lindora.
La scena si rappresenta in casa di Madama.
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Atto I, scena I
La conversazione
ATTO PRIMO
Scena prima.
Camera di conversazione, con sedie.
­­­
Madama Lindora, donna Berenice, don Filiberto, don Fabio, Sandrino, Giacinto e Lucrezia, tutti a sedere bevendo la cioccolata.
TUTTI
Che bevanda delicata!
Che diletto che mi dà!
Viva pur la cioccolata,
che dà gusto e sanità.
(a due)
Par miglior la cioccolata
allorquando vien donata;
e lo sanno ~ quei che vanno
a scroccar di qua e di là.
(tutti)
Viva pur la cioccolata,
e colui che l'ha inventata.
E chi fece la canzone
prega tutti in ginocchione
a mandarne in quantità,
che il poeta goderà.
FABIO E chi è questo poeta
che ha fatto la canzone?
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Carlo Goldoni
Atto I, scena I
MADAMA
È un galantuomo,
che si affatica ogni ora,
e colla cioccolata si ristora.
SANDRINO Sì, cospetto di Bacco!
Doman mattina gliene mando un sacco.
FABIO Bravo, signor Sandrino,
mandategliene un sacco ed un cassone:
io gli regalerò la protezione.
GIACINTO Madama, con licenza.
Vado al Reale albergo
a veder s'è venuto un forastiere.
(s'alza)
MADAMA Certo; monsieur Giacinto
degli amici ha per tutto.
GIACINTO
Sì, signora,
ho degli amici fin nell'Indie ancora.
Fatto ho il giro del mondo;
tutte le quattro parti ho praticato,
e voi vedrete il mio giornal stampato.
In quattordici lingue
parlo, scrivo e traduco.
So i riti, so i costumi
dei popoli remoti,
e gl'incogniti ancora a me son noti.
Coi vili sono asiatico;
coi grandi sono italico;
(fa il grave)
(fa l'umile)
nel spender sono inglese;
son colle dame un paladin francese.
(fa riverenze e parte)
MADAMA Bella caricatura!
Girato ha tutto il mondo:
ha quattordici lingue.
Un uom sì peregrino
Mappamondo può dirsi, e Calepino.
LUCREZIA Brava, brava davvero!
Che sian dotti, o ignoranti, o belli, o brutti
trova Madama il soprannome a tutti.
FABIO Di me cosa direte?
(a Madama)
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Atto I, scena I
La conversazione
MADAMA Oh, il signore don Fabio
non ha verun difetto.
Ho per lui della stima e del rispetto.
FABIO Brava la vedovella!
Non stimo l'esser bella,
stimo la cognizione
di distinguere il merto e le persone.
Nelle vostre occorrenze
ricorrete da me, ch'io sarò pronto.
Della mia protezion fatene conto.
FABIO
Quando vo per la città,
chi mi chiama per di qua,
chi mi chiama per di là.
Chi s'inchina al protettor,
chi mi prega di un favor.
Dico all'uno: si farà.
Dico all'altro: si vedrà.
È una cosa che fa ridere
il sentir la povertà:
illustrissimo signore,
cavalier benefattore,
per la vostra nobiltà
fate a noi la carità.
(parte)
Scena seconda.
Madama Lindora, donna Berenice, don Filiberto, Lucrezia e Sandrino.
MADAMA Veramente, signori,
far la critica a tutti io non costumo;
ma il signore don Fabio
dir si potrebbe il Cavalier del fumo.
SANDRINO Dite ben, dite bene;
lo stato del meschin non ci è nascosto:
egli il fumo coltiva, ed io l'arrosto.
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Carlo Goldoni
Atto I, scena II
MADAMA Nominando l'arrosto,
mi ha fatto sovvenir che ho da pregarvi
che vogliate degnarvi
quest'oggi in casa mia,
che mangiamo la zuppa in compagnia.
SANDRINO Sì, verrò volentieri,
ma tutti anch'io v'invito
per un'altra mattina ad un convito.
Frattanto permettete
ch'io mandi questa mane
per i miei servitori
quattro casse di vini e di liquori.
SANDRINO
Son generoso,
non fo parole,
dono i zecchini
a chi ne vuole.
I miei danari
li fo saltar.
Se un bel visetto
mi fa d'occhietto,
cento dobloni
gli vuò donar.
(parte)
Scena terza.
Madama Lindora, donna Berenice, don Filiberto, Lucrezia.
MADAMA Par che il signor Sandrino,
salvo sempre il decoro,
si potrebbe chiamar l'Asino d'oro.
LUCREZIA Madama, a quel ch'io sento
voi non la risparmiate a chi che sia:
ditemi il mio difetto in faccia mia.
MADAMA Oh, cara Lucrezina,
voi siete una cosina assai compita,
siete bella e polita,
avete dello spirito non poco.
Degli scherzi conosco il tempo e il loco.
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Atto I, scena III
La conversazione
LUCREZIA Basta, ve l'avvertisco:
a sentirmi a burlare io ci patisco.
Della vostra amistà voglio fidarmi.
Serva, signori miei; vado a scaldarmi.
(parte)
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Carlo Goldoni
Atto I, scena IV
Scena quarta.
Madama Lindora, donna Berenice, don Filiberto.
MADAMA Ha ragione Lucrezia,
se riscaldarsi un pocolin procura.
Povera Lucrezina, è una freddura.
FILIBERTO Madama, con licenza.
MADAMA
Dove andate?
FILIBERTO Deggio partir.
MADAMA
Restate.
FILIBERTO Ritornerò da poi.
MADAMA Lo lasciate partir? Che dite voi?
(a donna Berenice)
BERENICE Trattenerlo poss'io?
MADAMA
(a donna Berenice)
Sì, che il potete.
Egli tutto farà quel che volete.
Non è vero, signore?
(a don Filiberto)
FILIBERTO Degno non son che donna Berenice
di un comando mi onori.
MADAMA Rispondete: gradisco i suoi favori.
(a donna Berenice)
BERENICE Cara signora zia, mi fate ridere.
MADAMA Da rider vi è venuto?
Eh barona ca ca, ti ho conosciuto.
Orsù, parliamo schietto:
(a tutti due)
Siete da maritar, vi compatisco.
(a don Filiberto)
Tornate presto; giocheremo un poco.
(a donna Berenice)
Andiam Lucrezia a ritrovare al foco.
BERENICE Serva, don Filiberto.
FILIBERTO
(parte)
A voi m'inchino.
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Atto I, scena IV
La conversazione
MADAMA (S'ei volesse sposar questa ragazza,
oh, farebbero pur la bella razza.)
(parte)
Scena quinta.
Don Filiberto solo.
FILIBERTO Oh, quanto agli occhi miei
Berenice è vezzosa!
Tengo la fiamma ascosa,
faccio l'indifferente,
ma l'amore si scopre facilmente.
Madama è di buon core,
ama la sua nipote,
ha di me buon concetto,
e sol da lei la mia fortuna aspetto.
FILIBERTO
Chi timido tace,
sé stesso condanni;
può solo l'audace
fortuna sperar.
Non giovan sospiri,
son vani i martiri;
coraggio, mio core,
palesa l'amore,
se brami, se speri
contento provar.
(parte)
Scena sesta.
Camera.
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Madama Lindora e Lucrezia.
MADAMA Senz'altro, Lucrezina,
vuò che vi maritiate.
LUCREZIA Voi, perché non lo fate?
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Carlo Goldoni
Atto I, scena VI
MADAMA
LUCREZIA
stata son maritata.
Dieci mesi
Se credessi
che altrettanto vivesse il sposo mio,
vorrei stasera maritarmi anch'io.
MADAMA Credete il matrimonio
una dura catena?
LUCREZIA Qualunque soggezion mi reca pena.
MADAMA Quando aveva marito,
io mi ho ben divertita.
La catena per me non parve amara,
ma convien saper far, sorella cara.
LUCREZIA So quel che dir volete,
so anch'io quel che si fa;
ma fia sempre miglior la libertà.
MADAMA In questo v'ingannate.
Le donne maritate
con un po' di giudizio
fanno miglior figura.
LUCREZIA Questa proposizion nego a drittura.
Dico che una fanciulla,
comoda in casa sua passabilmente,
può la pace goder più facilmente.
MADAMA Ecco il signor Giacinto.
Sappia la differenza,
e col suo Calepin dia la sentenza.
Scena settima.
Giacinto e dette.
GIACINTO Madame, de tout mon cour
Trois humble servitour.
MADAMA Monsieur, vostre servante.
GIACINTO Vous êtes ma maîtresse trois oblissante.
LUCREZIA Ehi, sentite.
GIACINTO
Bas ist?
LUCREZIA Cosa dite, signor?
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Atto I, scena VII
La conversazione
GIACINTO
Nix frestè taic?
LUCREZIA Iò pizzle freste taic.
GIACINTO Ionfraul, mainssozz.
(vuole accostarsi)
LUCREZIA Ehi, state da lontano,
o saprò strapazzarvi in italiano.
GIACINTO Questo, signora mia,
splin si chiama in inglese,
che in Italia vuol dir malinconia.
MADAMA Via, signor Mappamondo,
voi che tanto sapete,
una nostra contesa decidete.
Io tengo che sia meglio
vivere col marito in società.
LUCREZIA Io sostengo miglior la libertà.
GIACINTO Varie son le opinion, vari i capricci:
a chi piace la torta, a chi i pasticci.
Sunt bona mixta malis,
sunt mala mixta bonis,
come dice il Furlan: ciaris patronis.
In Francia, in Inghilterra,
stan ben le maritate;
in Spagna ritirate
stanno la notte e il dì;
e in Italia dirò... così, così.
Ma s'io avessi una sposa,
meco godrebbe un vivere giocondo,
e la farei star ben per tutto il mondo.
GIACINTO
San fasson, allegramente
saprei vivere e brillar.
A suo tempo dolcemente
da marito saprei far;
e ma famme avec muè
dans le mond, jamè, jamè!
Coll'amico e col servente
vada pur liberamente
dove vuol, di qua e di là.
Io brillando alla tedesca
colla fraila e la fantesca
vuò ballare visassà.
(parte)
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Carlo Goldoni
Atto I, scena VIII
Scena ottava.
Madama Lindora e Lucrezia.
MADAMA Che dite? Non è bello?
Che original cervello
fa dei linguaggi un guazzabuglio strano,
ed unisce il latin con il furlano.
LUCREZIA È una testa sventata,
non sa quel ch'ei si dica.
Nella nostra questione
non disse una ragione.
Ma io però me l'ho cacciata in testa:
so che ho ragion, e la ragione è questa.
LUCREZIA
Una donna maritata
qualche cosa goderà,
ma non ha la libertà.
Il marito ~ inviperito
qualche giorno griderà;
e la suocera dirà:
vanarella, ~ sfacciatella,
fuor di casa non si va.
E coi figli che sarà?
Mamma, la pappa;
mamma, la cacca.
Bambolo bello,
viene il papà.
Non vuò cullare,
non vuò gridare,
voglio godere
la libertà.
(parte)
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Atto I, scena IX
La conversazione
Scena nona.
Madama Lindora, poi donna Berenice.
MADAMA Per dir quel che conviene,
ella l'intende bene.
Non ho avuti figliuoli,
ho avuto un buon marito,
ma una suocera ebb'io così cattiva
che parea mi volesse mangiar viva.
BERENICE Cara signora zia,
con quel signor Giacinto
in compagnia non voglio stare al certo.
MADAMA Presto presto verrà don Filiberto.
BERENICE Voi credete, signora...
non è ver, v'ingannate.
MADAMA Vi volete scusare e v'imbrogliate.
Non crediate, nipote,
di conversar coi sciocchi.
Vi conosco negli occhi.
Povera giovinotta!
Non lo state a negar; voi siete cotta.
BERENICE Voi mi mortificate.
MADAMA
Poverina!
Fate l'innocentina.
Ma quando vi dicessi:
se volete lo sposo, eccolo qui;
quel modesto bocchin diria di sì.
BERENICE Per dirvi quel ch'io penso...
MADAMA
viene il signor Sandrino.
Godiamolo un pochino;
per cavar la risata,
fate con esso lui l'innamorata.
BERENICE Ma io non saprò far.
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State zitta;
Carlo Goldoni
Atto I, scena X
Scena decima.
Sandrino e dette.
SANDRINO
Servo, signore.
Eccomi pronto e lesto.
MADAMA Siete tornato presto.
Si vede apertamente
che il signore Sandrino
non può stare lontan da quel visino.
SANDRINO Di chi?
MADAMA
SANDRINO
Di mia nipote.
Oh, cosa dite?
Io di quella signora
son servitore e amico,
ma so che a lei non glien'importa un fico.
BERENICE (Affé, l'ha indovinata.)
MADAMA Povera Berenice!
Se sapeste di voi quel che mi ha detto!
Per voi si sente abbrustolare il petto.
SANDRINO Per me? Se fosse vero...
MADAMA Credete ai labbri miei.
SANDRINO Vorrei sentirlo a confermar da lei.
MADAMA Berenice, parlate;
ditegli che l'amate.
Siete da maritar; che male c'è?
Via, non abbiate soggezion di me.
BERENICE È superfluo ch'io il dica.
Di già il signor Sandrino
avrà il core impegnato.
SANDRINO
MADAMA
Oh no, signora:
son, per fortuna mia, libero ancora.
Però s'ella si degna...
Il suo cor vi presenta.
Berenice è contenta.
(a Berenice)
(a Sandrino)
SANDRINO Davver?
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Atto I, scena X
La conversazione
MADAMA
Dice di sì.
Non è ver, Berenice? Ella è così.
BERENICE (Fingere non son buona
per ischerzo nemmeno.)
SANDRINO
(a Madama)
MADAMA
Eppure ancora
non ha detto di sì.
Poveri sciocchi!
Voi non capite il favellar degli occhi.
MADAMA
Beltà modestina
si spiega così.
Con quella occhiatina
vuol dire di sì.
Non sanno gli sciocchi
che diconsi gli occhi
finestre del cor.
Pupilla d'amor,
che il seno ferì,
con quella occhiatina
vuol dire di sì.
(parte)
Scena undicesima.
Donna Berenice e Sandrino.
BERENICE (Spiacemi che Madama
m'abbia lasciata sola.)
SANDRINO Via, dite una parola.
Or che nessun ci sente,
voi potete parlar liberamente.
BERENICE Vi prego in cortesia...
mi dovreste capir.
SANDRINO
Ch'io vada via?
BERENICE Mi farete piacer.
SANDRINO
La riverisco.
Questa razza d'amor non la capisco.
(parte)
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Carlo Goldoni
Atto I, scena XII
Scena dodicesima.
Donna Berenice sola.
BERENICE Egli s'inganna al certo;
quel che il core mi punge, è Filiberto.
Mia zia mi dà coraggio;
l'amor mi cresce in petto.
Parlerò, svelerò l'interno affetto.
Buon per me che si fida
di codesta mia zia la genitrice!
Sì, sì, col mezzo suo sarò felice.
BERENICE
Che bel piacere è amar
senza tormenti al cor!
L'idolo suo mirar,
seco parlare ancor!
Fammi arrossire in viso
un vezzo ed un sorriso.
Non gli risponde il labbro,
ma gli risponde il cor.
(parte)
Scena tredicesima.
Don Fabio, poi Marianna.
FABIO O di casa.
MARIANNA
Che fol?
FABIO
Vi è la padrona?
MARIANNA Iò mailibreher.
FABIO
Fatele l'imbasciata.
MARIANNA Fol andar?
FABIO
MARIANNA
Se si può.
Iò, star patrone.
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Atto I, scena XIII
La conversazione
FABIO Anderò. Vi saluto.
MARIANNA
Pofera tedeschina.
(in atto di partire)
Niente per mi donar?
FABIO Sì, sì, ci rivedremo domattina.
MARIANNA
Ma dir patrona fa mi saver,
che lei del Fume
star Cavalier.
Iò, gut morghen
mailibreher.
(parte)
FABIO Dica pur quel che vuol l'impertinente.
Se la vedo morir, non le do niente.
Scena quattordicesima.
Don Fabio, Madama Lindora, servita da Giacinto, Lucrezia, servita da Sandrino.
MADAMA Oh, signore don Fabio,
che grazie sono queste?
Ella vuol stare a favorir da noi?
FABIO Voglio pranzar con voi.
Così fanno gli amici;
senz'essere invitati
vengon liberamente.
Le cerimonie non le stimo niente.
SANDRINO Certo le cerimonie
si ponno risparmiare
quando in casa non si ha con che mangiare.
FABIO Cosa c'entrate voi?
Per un po' di denari,
mettere si vorria con un mio pari.
GIACINTO Doucement, mes amis;
non si contrasti più.
Questo dell'amicizia è il randevous.
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Carlo Goldoni
Atto I, scena XIV
LUCREZIA Su via; prima del pranzo,
divertiamoci un poco.
MADAMA Giochiamo a qualche gioco.
Don Filiberto non si vede ancora:
possiam giocare e divertirci un'ora.
SANDRINO Ecco cento zecchini:
li taglio al faraone.
MADAMA No, non è gioco da conversazione.
Siamo in cinque; possiamo
fare un ombre e un picchetto.
SANDRINO
Io non ne so;
ma son qui, giocherò.
FABIO Farò quel che vi pare.
(Se perderò, come farò a pagare?)
MADAMA Ecco qui la partita.
Don Fabio e Lucrezina
giocheranno a picchetto.
Lor signori con me
faranno all'ombre una partita in tre.
SANDRINO Son pronto.
FABIO
Eccomi qui.
LUCREZIA Disponete di me.
GIACINTO Giochiamo, uì.
MADAMA Presto, che si prepari
per l'ombre e per picchetto.
(ai servitori, quali portano i due tavolini col bisognevole per i due giochi, e le sedie)
FABIO (Destino maledetto!
Non ho un soldo in saccoccia.)
MADAMA
Miei signori,
del prezzo delle puglie disponete.
SANDRINO Di un zecchino alla puglia.
GIACINTO È troppo.
MADAMA
Così è.
GIACINTO A me piace giocar pour amitiè.
MADAMA Basta un soldo alla puglia.
GIACINTO
Io mi contento.
MADAMA La spadiglia obbligata in fino al cento.
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Atto I, scena XIV
La conversazione
LUCREZIA Noi di quanto giochiamo?
(a don Fabio)
FABIO
Comandate.
LUCREZIA Un paolo alla partita,
ma con tutti i malanni.
FABIO
Io sto al comando.
(Fortuna, al tuo favor mi raccomando.)
(facendosi il ritornello dagli strumenti, frattanto si danno le carte)
MADAMA
Mi è venuta la spadiglia,
qualche cosa avrò da far.
È permesso? Voglio entrar.
SANDRINO E GIACINTO
Entri pure, non mi oppongo.
MADAMA
Se non trovo, la ripongo.
Delle spade ho da trovar.
LUCREZIA
Sessantotto è il punto mio;
ho una settima maggior.
Un picchetto dar vogl'io.
FABIO
MADAMA
(Ah, destino traditor!)
Gioco trionfo.
MADAMA E GIACINTO
LUCREZIA
Io gliene do.
Ho tre cavalli.
FABIO
LUCREZIA
FABIO
MADAMA
Che dir non so.
Diciassette della settima
e col punto ventiquattro;
tre cavalli, ventisette.
(Questa volta tocca a me.)
Gioco coppe.
GIACINTO
SANDRINO
Se non dice...
MADAMA
Tagli pure.
Quattro bazze le ho sicure,
e in tenacca io resterò.
LUCREZIA
E ventotto, e ventinove,
e sessanta, e sessantuno.
FABIO
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Mia di re.
Faccio cinque.
Carlo Goldoni
Atto I, scena XIV
LUCREZIA
FABIO
MADAMA
Io non lo so.
Sì, signora, io lo farò.
L'ho portato, l'ho portato.
SANDRINO E GIACINTO
Viva lei, che ha ben giocato!
MADAMA, SANDRINO E GIACINTO
Che bel gioco è l'ombre in tre.
Più bel gioco, no, non vi è;
re dei giochi dir si può.
LUCREZIA
Non fa cinque.
FABIO
LUCREZIA
FABIO
LUCREZIA
FABIO
LUCREZIA
FABIO
MADAMA
FABIO
Lo farò.
A denar non ha risposto.
Non è vero.
Una mentita?
(si alza)
Ho da perder la partita?
(si alza)
Questa è poca civiltà.
(La ragione non la sa.)
Cosa è stato?
(s'alza)
Niente, niente.
LUCREZIA
Quel signore impertinente
ebbe ardire
di smentire,
di negar la verità.
MADAMA
Questa è troppa inciviltà.
SANDRINO
Padron mio, così si fa?
GIACINTO
Ritrattare si dovrà.
FABIO
Son galantuomo:
non ha ragione.
LUCREZIA
Vuò mi sia data
soddisfazione.
SANDRINO E GIACINTO
Fuori la spada.
Sopra la strada.
Fuori di qua.
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Atto I, scena XIV
La conversazione
FABIO
LUCREZIA E MADAMA
GIACINTO
FABIO
SANDRINO
FABIO
SANDRINO E GIACINTO
Son cavaliere,
so il mio dovere:
non lo permette
la nobiltà.
Chi nasce bene,
trattar conviene
con civiltà.
Fuori la spada.
Non mi ci metto.
Io vi disfido.
Io non accetto.
Per la paura,
per la viltà.
FABIO
Non l'acconsente
la nobiltà.
LUCREZIA E MADAMA
Trattar conviene
con civiltà.
MARIANNA
Star in tafola, signori;
no star tempo de far gritori.
Trinche vain tempo star.
(parte)
TUTTI
Non più fracasso,
finisca il chiasso;
vadasi in pace
tutti a mangiar.
Dell'amicizia
stringasi il laccio;
con un abbraccio
pace s'ha a far.
E della pace
godiamo i frutti;
vadasi tutti
lieti a mangiar.
(partono)
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Carlo Goldoni
Atto II, scena I
ATTO SECONDO
Scena prima.
Camera d'udienza.
­­­
Don Filiberto e Marianna.
FILIBERTO Ehi, tedesca.
MARIANNA
Signore.
FILIBERTO Datemi la mia spada e il mio cappello.
MARIANNA Fol cappello, fol spata per andar?
FILIBERTO Sì, per andar.
MARIANNA
A tafola
no foler più mangiar?
FILIBERTO Non cercate di più; voglio andar via.
MARIANNA Subite mi servir fossignoria.
(va per la spada e per il cappello)
FILIBERTO No, tollerar non posso,
sia davvero o da scherzo,
sentir che dall'amor di Berenice
si lusinghi Sandrino,
e che veggasi a lei seder vicino.
MARIANNA Ecco spata e cappello.
FILIBERTO
Vi ringrazio.
MARIANNA Per pofera tedesca
star niente cortesia?
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Atto II, scena I
La conversazione
FILIBERTO Tenete.
MARIANNA
(le dà la mancia)
Ringraziar fossignoria.
(parte)
Scena seconda.
Don Filiberto, poi donna Berenice.
FILIBERTO E pur non so partire.
Di gelosia il martire
sento nell'alma mia...
ho risolto così; voglio andar via.
BERENICE Dove don Filiberto?
FILIBERTO
Perdonate.
Ho un affar di premura.
BERENICE
Ah no, restate.
Lo so che di mia zia
lo scherzo vi dispiace.
Ma io colpa non ho, datevi pace.
FILIBERTO Sandrino in mia presenza
fa con voi lo sguaiato.
BERENICE
FILIBERTO
che da me lusingata
sia la di lui pazzia.
Ei non può dire
Non dovevate
sedere a lui vicino. Ah, lo sapete:
per eccesso d'amor geloso io sono.
BERENICE Via, non lo farò più; chiedo perdono.
FILIBERTO (Resistere non so.)
BERENICE
Mi perdonate?
FILIBERTO Vi perdono, mio ben.
BERENICE
Dunque restate.
FILIBERTO Via, resterò, per compiacervi, ancora.
Troppo questo mio cuor v'ama e v'adora.
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Carlo Goldoni
Atto II, scena II
FILIBERTO
Lo so che il sospetto
fa torto al mio bene,
ma soffro nel petto
gli affanni e le pene
di un timido amor.
Conosco l'error,
confesso l'inganno;
me stesso condanno,
ma palpito ancor.
(parte)
Scena terza.
Donna Berenice, poi Madama.
BERENICE Ritornar mi vergogno. I convitati
sanno che scorrucciati
siam Filiberto ed io;
onde al ritorno mio dalla brigata,
dubito di sentire una risata.
MADAMA Cosa fate qui sola?
BERENICE
A prender aria
sono un poco venuta.
MADAMA Brava! così mi piace.
Dite: è fatta la pace?
BERENICE Con chi?
MADAMA
BERENICE
Con Filiberto.
Non so niente.
MADAMA Dite davvero? Povera innocente!
Fingere non occorre:
tutto so, tutto vedo e tutto intendo;
e il vostro cuor di consolar pretendo.
BERENICE Adorabile zia, non so che dire:
amor non può mentire.
È vero; arde il mio cuor d'onesto affetto,
e sol da voi consolazione aspetto.
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Atto II, scena III
La conversazione
BERENICE
A quel foco che m'accende,
voi porgeste amabil esca,
non vi spiaccia, non v'incresca,
le mie brame consolar.
Non sapea che fosse amore,
libertà godeva in petto;
or mi accese il primo affetto,
e mi sforza a sospirar.
(parte)
Scena quarta.
Madama, poi Giacinto.
MADAMA Poveri innamorati!
Li compatisco affé.
Farò per lor quel che vorrei per me.
GIACINTO Ah Madama, ah Madama!
MADAMA Che c'è, signor Giacinto?
GIACINTO Oh, che vin di Borgogna!
In Borgogna medesima
meglio non ne ho trovato,
meglio non ne ho bevuto in vita mia.
Ei m'ha messo in vigore e in allegria.
MADAMA Ho piacer che sia buono.
GIACINTO
È perfettissimo.
(traballando un poco)
MADAMA Forti, forti, signore.
GIACINTO
MADAMA
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Io? Son fortissimo.
Ah Madama, Madama,
quivi che cosa fate?
Perché ci abbandonate?
per un picciolo affare.
Son venuta
Carlo Goldoni
Atto II, scena IV
GIACINTO
Eh, vi ho capito.
(traballando)
Sia detto in confidenza,
alterata col vin la luminaria,
siete fuori venuta a prender aria.
MADAMA Bravo, così va detto.
Io sono un po' alterata;
voi siete sincerissimo.
GIACINTO Io? cospetto di Bacco! io son sanissimo.
Sono stato capace a' giorni miei,
io solo contro sei,
fare a chi beve più. Ciascun di loro
cadde dal vino oppresso,
ed io forte restai qual sono adesso.
(traballando)
MADAMA È una gran maraviglia!
GIACINTO
In Inghilterra
ho bevuto in un giorno
due fiaschi d'acquavite; e in Alemagna
quattordici bottiglie di sciampagna.
In Parigi ad un pranzo
questo stomaco mio si trangugiò
un barile di vino di Bordò.
E a Vienna tracannai
tanto vin di Tokai,
che poteva bastar per un congresso;
e pur sano restai qual sono adesso.
(traballando)
MADAMA Saldi, signor, non mi cascate addosso.
GIACINTO So quel che io faccio e traballar non posso.
GIACINTO
Viva Bacco, il dio del vino,
che consola il nostro cor.
Oh, che caldo malandrino!
Io mi sento un fiero ardor.
Presto, presto, mi abbisogna
del buon vino di Borgogna,
che mi renda il mio vigor.
Ah, Madama, ho tanta sete.
Ma son forte, lo vedete:
quattro salti posso far,
e mi sembra di volar.
(parte)
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Atto II, scena V
La conversazione
Scena quinta.
Madama e Lucrezia.
MADAMA S'ei beve un altro poco,
lo mettono a dormire.
Ch'egli beva di più voglio impedire.
(in atto d'andarsene)
LUCREZIA
MADAMA
(con qualche agitazione)
Amica.
Cos'è stato?
LUCREZIA Don Fabio si è attaccato
con Sandrino a parole.
Cedere alcun non vuole;
onde correte voi
il progresso a impedir dei sdegni suoi.
MADAMA Vado immediatamente.
(in atto di partire)
Scena sesta.
Don Fabio e dette.
FABIO Madama, un insolente
m'inquieta e mi molesta.
MADAMA Ma che insolenza è questa?
In casa mia tal cosa?
Anch'io son puntigliosa.
Questa è una mala azione,
e vuò da tutti due soddisfazione.
FABIO Vi domando perdon.
MADAMA
Non vi è perdono.
FABIO Scusatemi.
MADAMA
No certo.
FABIO Farò quel che volete;
farò quel che vi piace.
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Carlo Goldoni
Atto II, scena VI
MADAMA Via, dunque, con Sandrin fate la pace;
e tutti unitamente
passerem la giornata allegramente.
MADAMA
Farò venire Puricinella
colla Simona Torototò.
In gondoletta poscia anderemo,
ci prenderemo tanto piacer.
Che bel sentire!
Sia... premi... stali,
toppa in ti pali.
Per i canali
che bell'andar!
Via, che si goda,
via, che si sguazza,
che si sbabazza.
Si ha da goder.
(parte)
Scena settima.
Lucrezia e don Fabio.
FABIO Sì, me la pagherai.
(verso la scena)
LUCREZIA Gridate ancora?
FABIO E chi son io, farò vederti or ora.
LUCREZIA Via, siate buoni amici;
ogni tristo pensier vada in oblio.
FABIO Non si tratta così con un par mio.
LUCREZIA Finalmente Sandrino
che cosa mai v'ha detto?
FABIO Mi ha perduto il rispetto.
LUCREZIA
E in qual maniera?
FABIO Con lingua menzognera,
contro quell'umiltà ch'usar costumo,
disse ch'io sono il Cavalier del Fumo.
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Atto II, scena VII
La conversazione
LUCREZIA In bocca di Sandrino
codesta un'insolenza non si chiama,
perché ha detto lo stesso anche Madama.
FABIO Madama ha detto questo?
LUCREZIA L'ha detto in verità.
FABIO Non si tratta così la nobiltà.
Si sanno i miei natali,
son le mie parentele al mondo note.
Ho un principe nipote,
ho un cognato marchese,
mia madre fu contessa,
e la signora nonna baronessa.
LUCREZIA M'inchino riverente alla gran donna,
di sì gran cavalier nonna e bisnonna.
(parte)
Scena ottava.
Don Fabio, poi Sandrino, poi due Servitori.
FABIO Non so se mi corbelli o se dica davvero.
Ma che importa?
Facciano il lor dovere, e mi contento
che lo facciano ancor per complimento.
SANDRINO (Eccolo; non vorrei
precipitar con questo animalaccio.)
FABIO (Eccolo qui quel brutto villanaccio.)
SANDRINO (Ho promesso a Madama;
voglio dissimulare.)
FABIO
(In casa d'altri
non vuò fare altre scene.)
SANDRINO (Non mi posso sfogar.)
FABIO
SANDRINO Schiavo suo.
FABIO
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(Tacer conviene.)
(passeggiando)
Vi saluto.
(passeggiando)
Carlo Goldoni
Atto II, scena VIII
SANDRINO Che civiltà!
FABIO
Che dite?
SANDRINO Io non parlo con lei.
FABIO Badate ai fatti vostri, io bado ai miei.
SANDRINO Voglio seder.
FABIO
(siede)
Voglio sedere anch'io.
(siede)
SANDRINO Con licenza, signor.
(gli volta le spalle)
FABIO
Padrone mio.
(gli volta le spalle)
SANDRINO (Andarsene potria; se vien Madama,
vorrei star seco senza soggezione:
non vorrei che vi fosse quel buffone.)
FABIO (Se vien qui Berenice,
costui mi reca impaccio.
Quando mai se ne va l'ignorantaccio?)
SANDRINO Ehi! lacchè.
(viene un lacchè ben vestito)
FABIO
SANDRINO
(Vuò sentire.)
(si volta un poco)
Alla locanda
portati immantinente. Il mio burò
apri con questa chiave.
Portami quel cestino
d'orologi, d'astucci e tabacchiere.
(parte il lacchè)
SANDRINO (Andarsene dovria per non vedere.)
(parla di don Fabio)
FABIO Ehi staffiere.
(viene un staffiere miserabile)
SANDRINO
(Sentiamo.)
FABIO Va' tosto al mio palazzo.
Portami quei ritratti,
coll'arbore dipinto
della mia nobiltà.
(parte lo staffiere)
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Atto II, scena VIII
La conversazione
FABIO (Quel villanaccio si vergognerà.)
SANDRINO Lacchè.
(il lacchè ritorna)
SANDRINO
Di questa casa
si allarghino le porte
perché possa passare
l'albero di don Fabio e le radici,
e i suoi ritratti con le sue cornici.
(il lacchè parte)
FABIO Staffier, suona la tromba;
fa' che le genti corrano di trotto
a vedere Sandrino a far casotto.
SANDRINO Al casotto potrei
tirar delle persone
se, quale siete voi, fossi un buffone.
(si alza)
FABIO Buffone ad un par mio?
Son cavaliere.
SANDRINO
FABIO
Un galantuom son io.
Siete rozzo.
SANDRINO
Siete pazzo.
FABIO
Villanaccio.
SANDRINO
Ignorantaccio.
FABIO
Non mi degno.
SANDRINO
Se mi sdegno...
FABIO
Cospettaccio!
SANDRINO
Sanguinaccio!
FABIO
SANDRINO
FABIO E SANDRINO
Malagrazia.
Brutta faccia.
Colla spada
sulla strada
ti prometto
che ti aspetto,
ed il cor ti vuò cavar.
(partono)
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Carlo Goldoni
Atto II, scena IX
Scena nona.
Camera con tavola preparata con caffè, rosolini e varie bottiglie di vino.
­­­
Madama, Giacinto, Lucrezia, don Fabio e Sandrino.
MADAMA Ecco, ecco, signori,
Il caffè, le bottiglie ed i licori.
Favorite sedere, e ognun si servi
di quel che più gli piace.
(siedono tutti)
LUCREZIA Prenderò il rosolino.
GIACINTO Ed io piuttosto un bicchierin di vino.
MADAMA Che si serva ciascuno a suo talento.
GIACINTO Un bicchier di Canarie
(a Lucrezia) ecco a voi, mia signora,
ed un bicchiere a madamina ancora.
A buer, a buer, allegraman.
Che si beva e si canti alla santè
della bonn'amitiè.
GIACINTO
Visage adorable , je mour pour vous.
Ah, je vous aime
de tout mon cour:
vous étes la flamme
de mon amour.
FABIO Voi che foste a Venezia,
dove soglion cantare
con sì bella grazina,
diteci qualche nuova canzoncina.
MADAMA Subito, volentieri.
GIACINTO Che si tornino a empir prima i bicchieri.
(torna a riempire i bicchieri)
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Atto II, scena IX
La conversazione
MADAMA
Sia benedetto chi me vol ben.
Pien de diletto
giubila el sen.
Me sento in gringola
quando che el vien:
caro quel coccolo,
caro el mio ben.
SANDRINO Voi, Lucrezia, che siete
nata in quel bel paese,
diteci una canzone bolognese.
LUCREZIA Subito. E perché no?
Non mi faccio pregar. La canterò.
LUCREZIA
Tutt al dì dezà e de là , vag in zir per la città,
per trovarm un bel marì.
Al vui bel, e sì al vui bon,
vui che l'abbia d' bagaron,
e ch'al sippia tutt per mi.
Certi ominazz
birichinazz
an i vui, ch'an fan per mi.
FABIO Io cantare non so,
ma pure vi darò
qualche divertimento.
Sono, se nol sapete,
un maestro di ballo,
di scherma e cavalletto.
Venite al mio cospetto,
uomini senza pari;
venite, ignorantissimi scolari.
FABIO
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Carlo Goldoni
Atto II, scena IX
Ecco il famoso monsieur Coccò;
questo è quel grande monsieur Rebaltò;
gambe di ferro è questo ch'è qui.
Presto ballate;
franco tirate;
presto saltate;
che ve ne par?
Bravi scolari, vi vuò regalar.
SANDRINO Io, io, signore mie,
se libertà mi date,
voglio trattarvi come meritate.
Lacchè.
LUCREZIA
Cosa farà?
MADAMA Qualche cosa di bello in verità.
(viene il lacchè colla cesta di galanterie)
SANDRINO
Madama, a voi l'astuccio.
A voi la tabacchiera.
a voi di Londra vera
questa ripetizion.
MADAMA, LUCREZIA E GIACINTO
Viva Sandrino,
ricco sfondato,
che ha presentato
questo suo don.
SANDRINO
In Inghilterra
meglio non v'ha.
MADAMA E LUCREZIA
Tutta la terra
meglio non ha.
MADAMA, LUCREZIA, GIACINTO E SANDRINO
Oh, che gran cose
maravigliose!
Cosa più bella,
no, non si dà.
(con un servitore che porta i quadri)
FABIO
Ecco l'effigie del signor padre.
Questa è l'illustre signora madre.
Del signor nonno questo è il ritratto.
Uno per uno li vuò donar.
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Atto II, scena IX
La conversazione
MADAMA, LUCREZIA E GIACINTO
SANDRINO
FABIO
Viva il gran padre,
viva la madre,
e il signor nonno
viva di cor.
Belle figure!
Caricature
non ho vedute
certo maggior.
Non vi è pennello,
no, che l'eguagli.
GIACINTO
Son da ventagli.
SANDRINO
Sono da cembali.
MADAMA E LUCREZIA
Sono da mettere
sotto al camin.
FABIO
Questo strapazzo
a me si fa?
SANDRINO
FABIO
SANDRINO
FABIO
Voi siete un pazzo,
questo si sa.
Taci, villano.
Taci, baggiano.
Col signor nonno
ti accopperò.
(gli vuol dare il quadro sulla testa)
TUTTI
O che insolenza!
Che impertinenza!
Sempre si sbuffa,
sempre baruffa.
corpo del diavolo,
che inciviltà!
(partono)
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Carlo Goldoni
Atto III, scena I
ATTO TERZO
Scena prima.
Camera d'udienza.
­­­
Donna Berenice, don Filiberto e Madama.
MADAMA Così è, figliuoli miei: la genitrice
di donna Berenice
acconsente alle nozze,
(a Filiberto)
dispor come volete.
e voi potete
FILIBERTO Per me di Berenice
quando il cor sia contento,
sono pronto a sposarla in sul momento.
BERENICE Rimessa è in voi la volontade mia.
(a Madama) Tutto quello farò che vuol mia zia.
MADAMA Su dunque; in mia presenza
porgetevi la mano
senz'altri testimoni,
come in scena si fanno i matrimoni.
FILIBERTO Ecco la destra.
BERENICE
E colla destra il core.
MADAMA Bravi, bravi davver! viva l'amore!
Le nozze questa sera
farem compitamente
nella festa da ballo allegramente.
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Atto III, scena I
La conversazione
BERENICE Sarà il piacer più caro,
sarà il piacer compito,
ora che Filiberto è mio marito.
MADAMA E voi siete contento?
FILIBERTO
In verità,
alla vostra bontà sono obbligato,
e chiamare mi posso fortunato.
(parte con donna Berenice)
Scena seconda.
Madama, poi Lucrezia.
MADAMA Lucrezia, cosa dite?
Berenice alla fine è maritata.
LUCREZIA Povera sfortunata!
MADAMA Perché?
LUCREZIA
Perché era meglio
che passasse l'età
senza un simile impiccio, in libertà.
MADAMA Ma voi...
LUCREZIA
Lasciamo andare
queste corbellerie.
Don Fabio con Sandrino
si son pacificati,
sono amici tornati,
e credo che ciascuno si travesta
per venir mascherato sulla festa.
MADAMA Ne godo, in verità.
Frattanto che ritornano
e Giacinto e don Fabio con Sandrino,
vado a far preparar per il festino.
(parte)
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Carlo Goldoni
Atto III, scena III
Scena terza.
Lucrezia sola.
LUCREZIA Se vengon mascherati,
vuò mascherarmi anch'io;
vuò che alla turca il vestimento sia,
e imitare la lingua di Turchia.
LUCREZIA
Salamelecch , stara sultana;
con ottomana
nozze mi far.
Sona tambura,
sona trombetta,
che fazzoletta
turco buttar.
Salamelecch
sempre mi far.
(parte)
Scena quarta.
Madama, poi don Fabio e Sandrino, vestiti da calabresi, col calascione.
MADAMA Parmi, se non m'inganno,
che quei due che qui vengono,
sian don Fabio e Sandrino mascherati.
Voglio veder se è vero,
vuò veder se s'inganna il mio pensiero.
(si ritira)
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Atto III, scena IV
La conversazione
(don Fabio e Sandrino cantano la carcioffola)
FABIO E SANDRINO
La notte quanno dormo penzo tanto , e quanno penzo a buie, mm'addormento.
Po me resveglio co no core schianto,
vado ppe tte parlare, e non te siento.
Carcioffolà.
Nenna, se te vedisse allo balcone,
te faria na sonata alleramente;
faccio no core com'a no pormone,
quanno siento parlà de tte la gente.
Carcioffolà.
Bello canto se potisse
la mia bella innamorà,
co lo tuppe tappettà.
Nannianella e nanianà.
Chichirichi, carcioffolà.
(partono)
Scena quinta.
Madama, poi Giacinto.
MADAMA Veramente è bizzarro
il canto calabrese.
Possono divertir tutto il paese.
GIACINTO Madama, eccomi qua;
per dir la verità,
ho dormito un pochino,
ed or son lesto come un paladino.
MADAMA Ho piacer; questa sera
voi vi farete onore,
e potrete ballar con maggior brio.
GIACINTO Ah madam, pour la danz non vi è un par mio.
MADAMA Saprete molti balli.
GIACINTO
Anzi moltissimi.
Son ballerin perfetto.
Io ballo il minuetto alla francese,
e maestro son io nel ballo inglese.
MADAMA Il ballare mi piace estremamente.
GIACINTO Ballerete assai ben.
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Carlo Goldoni
Atto III, scena V
MADAMA
Passabilmente.
GIACINTO Favorite, Madama,
prima che vi esponete,
di lasciarmi veder quel che sapete.
MADAMA Ben volentier, signore.
Balliamo; eccomi qui.
GIACINTO
Fatevi onore.
Si suona il minuetto, e fanno la riverenza.
GIACINTO
No, non va bene.
La riverenza,
con sua licenza,
si fa così.
(tornano a fare la riverenza)
GIACINTO
Farvi maestra
prendo l'impegno,
quand'io v'insegno
tre o quattro dì.
MADAMA
Alle sue grazie
sarò obbligata.
Perfezionata
sarò così.
GIACINTO
Ecco, Madama,
pas de burrè.
MADAMA
Codesto passo
non è per me.
GIACINTO
Mirate i passi
col bilanzè.
MADAMA
Questi fioretti
non fan per me.
GIACINTO
MADAMA E GIACINTO
Vi si può fare
la piroletta;
si suol usare
la caprioletta.
Ah, che piacere,
che bel vedere,
farsi valere
col minuè.
(fanno qualche passo)
GIACINTO
Madamina presto impara:
voglio farla mia scolara.
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Atto III, scena V
La conversazione
MADAMA
Mi farete un gran favor.
GIACINTO
Ma scolara vorrei farvi
e nel ballo e nell'amor.
MADAMA
Io son pronta a secondarvi
con i passi e con il cor.
GIACINTO
MADAMA
MADAMA E GIACINTO
Io mi metto in posizione,
e vi dico ch'io v'adoro.
Ripetendo la lezione,
vi dirò che per voi moro.
Che balletto fortunato,
se maestro il dio bendato,
fa ballare il nostro cor?
Che si danzi allegramente.
Giubilare il cor si sente
con il ballo e con l'amor.
(partono)
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Carlo Goldoni
Atto III, scena VI
Scena ultima.
Salone illuminato per la festa di ballo.
­­­
Tutti.
Si fanno vari Minuetti ed altri balli a piacere; dopo di che si termina col seguente
CORO
E qui la nostra conversazione
per questa sera terminerà;
e chi avrà avuto soddisfazione,
contento a casa se ne anderà.
FILIBERTO
BERENICE
MADAMA E GIACINTO
Io son contento con Berenice.
Con Filiberto sarò felice.
Noi ci sposiamo fra suoni e canti.
LUCREZIA, SANDRINO E FABIO
Ci rallegriamo con tutti quanti.
TUTTI
Preghiamo a tutti, con lieto cor,
perfetta pace, perfetto amor.
FINE DEL DRAMMA
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Indice
La conversazione
INDICE
Informazioni ...................................... 2
Personaggi ......................................... 3
Atto primo ......................................... 4
Scena prima .................................. 4
Scena seconda ............................... 6
Scena terza .................................... 7
Scena quarta .................................. 8
Scena quinta .................................. 9
Scena sesta .................................... 9
Scena settima .............................. 10
Scena ottava ................................ 12
Scena nona .................................. 13
Scena decima .............................. 14
Scena undicesima ........................ 15
Scena dodicesima ........................ 16
Scena tredicesima ....................... 16
Scena quattordicesima ................ 17
44 / 45
Atto secondo .................................... 22
Scena prima ................................ 22
Scena seconda ............................. 23
Scena terza .................................. 24
Scena quarta ................................ 25
Scena quinta ................................ 27
Scena sesta .................................. 27
Scena settima .............................. 28
Scena ottava ................................ 29
Scena nona .................................. 32
Atto terzo ......................................... 36
Scena prima ................................ 36
Scena seconda ............................. 37
Scena terza .................................. 38
Scena quarta ................................ 38
Scena quinta ................................ 39
Scena ultima ................................ 42
Carlo Goldoni
Indice
ELENCO DELLE ARIE
A quel foco che m'accende (a.II, s.III, Berenice) ................................................. 25
Beltà modestina (a.I, s.X, Madama) ..................................................................... 15
Che bel piacere è amar (a.I, s.XII, Berenice) ........................................................ 16
Che bevanda delicata! (a.I, s.I, tutti) ....................................................................... 4
Chi timido tace (a.I, s.V, Filiberto) ......................................................................... 9
E qui la nostra conversazione (a.III, s.VI, tutti) .................................................... 42
Ecco il famoso monsieur Coccò (a.II, s.IX, Fabio) .............................................. 33
Farò venire Puricinella (a.II, s.VI, Madama) ........................................................ 28
La notte quanno dormo penzo tanto (a.III, s.IV, Fabio e Sandrino) ..................... 39
Lo so che il sospetto (a.II, s.II, Filiberto) ............................................................. 24
Ma dir patrona (a.I, s.XIII, Marianna) .................................................................. 17
Madama, a voi l'astuccio (a.II, s.IX, Sandrino, Madama, Lucrezia, Giacinto e Fabio) .................................................................................................................... 34
Mi è venuta la spadiglia (a.I, s.XIV, Madama, Sandrino, Giacinto, Lucrezia e Fabio) .................................................................................................................... 19
No, non va bene (a.III, s.V, Giacinto e Madama) ................................................. 40
Non più fracasso (a.III, s.XIV, tutti) ..................................................................... 21
Quando vo per la città (a.I, s.I, Fabio) .................................................................... 6
Salamelecch (a.III, s.III, Lucrezia) ....................................................................... 38
San fasson, allegramente (a.I, s.VII, Giacinto) ..................................................... 11
Sia benedetto (a.II, s.IX, Madama) ....................................................................... 33
Siete rozzo (a.II, s.VIII, Fabio e Sandrino) ........................................................... 31
Son generoso (a.I, s.II, Sandrino) ........................................................................... 7
Tutt al dì dezà e de là (a.II, s.IX, Lucrezia) .......................................................... 33
Una donna maritata (a.I, s.VIII, Lucrezia) ............................................................ 12
Visage adorable (a.II, s.IX, Giacinto) ................................................................... 32
Viva Bacco, il dio del vino (a.II, s.IV, Giacinto) .................................................. 26
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