Il testo in PDF - Libretti d`opera italiani
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LA CONVERSAZIONE DRAMMA GIOCOSO PER MUSICA di CARLO GOLDONI www.librettidopera.it 1 / 45 Informazioni La conversazione INFORMAZIONI Libretto n. 50 dell'Edizione completa dei testi per musica di Carlo Goldoni, realizzati da www.librettidopera.it. Trascrizione e progetto grafico a cura di Dario Zanotti. Prima stesura: ottobre 2005. Ultima variazione: ottobre 2005. Prima rappresentazione: 1758, Venezia. 2 / 45 Carlo Goldoni Personaggi PERSONAGGI Donna BERENICE. Don FILIBERTO. MADAMA Lindora vedova, zia di donna Berenice. GIACINTO viaggiatore affettato. Don FABIO nobile e povero. SANDRINO uomo ricco di bassi natali. LUCREZIA giovane spiritosa. MARIANNA tedesca, serva di Madama Lindora. La scena si rappresenta in casa di Madama. www.librettidopera.it 3 / 45 Atto I, scena I La conversazione ATTO PRIMO Scena prima. Camera di conversazione, con sedie. Madama Lindora, donna Berenice, don Filiberto, don Fabio, Sandrino, Giacinto e Lucrezia, tutti a sedere bevendo la cioccolata. TUTTI Che bevanda delicata! Che diletto che mi dà! Viva pur la cioccolata, che dà gusto e sanità. (a due) Par miglior la cioccolata allorquando vien donata; e lo sanno ~ quei che vanno a scroccar di qua e di là. (tutti) Viva pur la cioccolata, e colui che l'ha inventata. E chi fece la canzone prega tutti in ginocchione a mandarne in quantità, che il poeta goderà. FABIO E chi è questo poeta che ha fatto la canzone? 4 / 45 Carlo Goldoni Atto I, scena I MADAMA È un galantuomo, che si affatica ogni ora, e colla cioccolata si ristora. SANDRINO Sì, cospetto di Bacco! Doman mattina gliene mando un sacco. FABIO Bravo, signor Sandrino, mandategliene un sacco ed un cassone: io gli regalerò la protezione. GIACINTO Madama, con licenza. Vado al Reale albergo a veder s'è venuto un forastiere. (s'alza) MADAMA Certo; monsieur Giacinto degli amici ha per tutto. GIACINTO Sì, signora, ho degli amici fin nell'Indie ancora. Fatto ho il giro del mondo; tutte le quattro parti ho praticato, e voi vedrete il mio giornal stampato. In quattordici lingue parlo, scrivo e traduco. So i riti, so i costumi dei popoli remoti, e gl'incogniti ancora a me son noti. Coi vili sono asiatico; coi grandi sono italico; (fa il grave) (fa l'umile) nel spender sono inglese; son colle dame un paladin francese. (fa riverenze e parte) MADAMA Bella caricatura! Girato ha tutto il mondo: ha quattordici lingue. Un uom sì peregrino Mappamondo può dirsi, e Calepino. LUCREZIA Brava, brava davvero! Che sian dotti, o ignoranti, o belli, o brutti trova Madama il soprannome a tutti. FABIO Di me cosa direte? (a Madama) www.librettidopera.it 5 / 45 Atto I, scena I La conversazione MADAMA Oh, il signore don Fabio non ha verun difetto. Ho per lui della stima e del rispetto. FABIO Brava la vedovella! Non stimo l'esser bella, stimo la cognizione di distinguere il merto e le persone. Nelle vostre occorrenze ricorrete da me, ch'io sarò pronto. Della mia protezion fatene conto. FABIO Quando vo per la città, chi mi chiama per di qua, chi mi chiama per di là. Chi s'inchina al protettor, chi mi prega di un favor. Dico all'uno: si farà. Dico all'altro: si vedrà. È una cosa che fa ridere il sentir la povertà: illustrissimo signore, cavalier benefattore, per la vostra nobiltà fate a noi la carità. (parte) Scena seconda. Madama Lindora, donna Berenice, don Filiberto, Lucrezia e Sandrino. MADAMA Veramente, signori, far la critica a tutti io non costumo; ma il signore don Fabio dir si potrebbe il Cavalier del fumo. SANDRINO Dite ben, dite bene; lo stato del meschin non ci è nascosto: egli il fumo coltiva, ed io l'arrosto. 6 / 45 Carlo Goldoni Atto I, scena II MADAMA Nominando l'arrosto, mi ha fatto sovvenir che ho da pregarvi che vogliate degnarvi quest'oggi in casa mia, che mangiamo la zuppa in compagnia. SANDRINO Sì, verrò volentieri, ma tutti anch'io v'invito per un'altra mattina ad un convito. Frattanto permettete ch'io mandi questa mane per i miei servitori quattro casse di vini e di liquori. SANDRINO Son generoso, non fo parole, dono i zecchini a chi ne vuole. I miei danari li fo saltar. Se un bel visetto mi fa d'occhietto, cento dobloni gli vuò donar. (parte) Scena terza. Madama Lindora, donna Berenice, don Filiberto, Lucrezia. MADAMA Par che il signor Sandrino, salvo sempre il decoro, si potrebbe chiamar l'Asino d'oro. LUCREZIA Madama, a quel ch'io sento voi non la risparmiate a chi che sia: ditemi il mio difetto in faccia mia. MADAMA Oh, cara Lucrezina, voi siete una cosina assai compita, siete bella e polita, avete dello spirito non poco. Degli scherzi conosco il tempo e il loco. www.librettidopera.it 7 / 45 Atto I, scena III La conversazione LUCREZIA Basta, ve l'avvertisco: a sentirmi a burlare io ci patisco. Della vostra amistà voglio fidarmi. Serva, signori miei; vado a scaldarmi. (parte) 8 / 45 Carlo Goldoni Atto I, scena IV Scena quarta. Madama Lindora, donna Berenice, don Filiberto. MADAMA Ha ragione Lucrezia, se riscaldarsi un pocolin procura. Povera Lucrezina, è una freddura. FILIBERTO Madama, con licenza. MADAMA Dove andate? FILIBERTO Deggio partir. MADAMA Restate. FILIBERTO Ritornerò da poi. MADAMA Lo lasciate partir? Che dite voi? (a donna Berenice) BERENICE Trattenerlo poss'io? MADAMA (a donna Berenice) Sì, che il potete. Egli tutto farà quel che volete. Non è vero, signore? (a don Filiberto) FILIBERTO Degno non son che donna Berenice di un comando mi onori. MADAMA Rispondete: gradisco i suoi favori. (a donna Berenice) BERENICE Cara signora zia, mi fate ridere. MADAMA Da rider vi è venuto? Eh barona ca ca, ti ho conosciuto. Orsù, parliamo schietto: (a tutti due) Siete da maritar, vi compatisco. (a don Filiberto) Tornate presto; giocheremo un poco. (a donna Berenice) Andiam Lucrezia a ritrovare al foco. BERENICE Serva, don Filiberto. FILIBERTO (parte) A voi m'inchino. www.librettidopera.it 9 / 45 Atto I, scena IV La conversazione MADAMA (S'ei volesse sposar questa ragazza, oh, farebbero pur la bella razza.) (parte) Scena quinta. Don Filiberto solo. FILIBERTO Oh, quanto agli occhi miei Berenice è vezzosa! Tengo la fiamma ascosa, faccio l'indifferente, ma l'amore si scopre facilmente. Madama è di buon core, ama la sua nipote, ha di me buon concetto, e sol da lei la mia fortuna aspetto. FILIBERTO Chi timido tace, sé stesso condanni; può solo l'audace fortuna sperar. Non giovan sospiri, son vani i martiri; coraggio, mio core, palesa l'amore, se brami, se speri contento provar. (parte) Scena sesta. Camera. Madama Lindora e Lucrezia. MADAMA Senz'altro, Lucrezina, vuò che vi maritiate. LUCREZIA Voi, perché non lo fate? 10 / 45 Carlo Goldoni Atto I, scena VI MADAMA LUCREZIA stata son maritata. Dieci mesi Se credessi che altrettanto vivesse il sposo mio, vorrei stasera maritarmi anch'io. MADAMA Credete il matrimonio una dura catena? LUCREZIA Qualunque soggezion mi reca pena. MADAMA Quando aveva marito, io mi ho ben divertita. La catena per me non parve amara, ma convien saper far, sorella cara. LUCREZIA So quel che dir volete, so anch'io quel che si fa; ma fia sempre miglior la libertà. MADAMA In questo v'ingannate. Le donne maritate con un po' di giudizio fanno miglior figura. LUCREZIA Questa proposizion nego a drittura. Dico che una fanciulla, comoda in casa sua passabilmente, può la pace goder più facilmente. MADAMA Ecco il signor Giacinto. Sappia la differenza, e col suo Calepin dia la sentenza. Scena settima. Giacinto e dette. GIACINTO Madame, de tout mon cour Trois humble servitour. MADAMA Monsieur, vostre servante. GIACINTO Vous êtes ma maîtresse trois oblissante. LUCREZIA Ehi, sentite. GIACINTO Bas ist? LUCREZIA Cosa dite, signor? www.librettidopera.it 11 / 45 Atto I, scena VII La conversazione GIACINTO Nix frestè taic? LUCREZIA Iò pizzle freste taic. GIACINTO Ionfraul, mainssozz. (vuole accostarsi) LUCREZIA Ehi, state da lontano, o saprò strapazzarvi in italiano. GIACINTO Questo, signora mia, splin si chiama in inglese, che in Italia vuol dir malinconia. MADAMA Via, signor Mappamondo, voi che tanto sapete, una nostra contesa decidete. Io tengo che sia meglio vivere col marito in società. LUCREZIA Io sostengo miglior la libertà. GIACINTO Varie son le opinion, vari i capricci: a chi piace la torta, a chi i pasticci. Sunt bona mixta malis, sunt mala mixta bonis, come dice il Furlan: ciaris patronis. In Francia, in Inghilterra, stan ben le maritate; in Spagna ritirate stanno la notte e il dì; e in Italia dirò... così, così. Ma s'io avessi una sposa, meco godrebbe un vivere giocondo, e la farei star ben per tutto il mondo. GIACINTO San fasson, allegramente saprei vivere e brillar. A suo tempo dolcemente da marito saprei far; e ma famme avec muè dans le mond, jamè, jamè! Coll'amico e col servente vada pur liberamente dove vuol, di qua e di là. Io brillando alla tedesca colla fraila e la fantesca vuò ballare visassà. (parte) 12 / 45 Carlo Goldoni Atto I, scena VIII Scena ottava. Madama Lindora e Lucrezia. MADAMA Che dite? Non è bello? Che original cervello fa dei linguaggi un guazzabuglio strano, ed unisce il latin con il furlano. LUCREZIA È una testa sventata, non sa quel ch'ei si dica. Nella nostra questione non disse una ragione. Ma io però me l'ho cacciata in testa: so che ho ragion, e la ragione è questa. LUCREZIA Una donna maritata qualche cosa goderà, ma non ha la libertà. Il marito ~ inviperito qualche giorno griderà; e la suocera dirà: vanarella, ~ sfacciatella, fuor di casa non si va. E coi figli che sarà? Mamma, la pappa; mamma, la cacca. Bambolo bello, viene il papà. Non vuò cullare, non vuò gridare, voglio godere la libertà. (parte) www.librettidopera.it 13 / 45 Atto I, scena IX La conversazione Scena nona. Madama Lindora, poi donna Berenice. MADAMA Per dir quel che conviene, ella l'intende bene. Non ho avuti figliuoli, ho avuto un buon marito, ma una suocera ebb'io così cattiva che parea mi volesse mangiar viva. BERENICE Cara signora zia, con quel signor Giacinto in compagnia non voglio stare al certo. MADAMA Presto presto verrà don Filiberto. BERENICE Voi credete, signora... non è ver, v'ingannate. MADAMA Vi volete scusare e v'imbrogliate. Non crediate, nipote, di conversar coi sciocchi. Vi conosco negli occhi. Povera giovinotta! Non lo state a negar; voi siete cotta. BERENICE Voi mi mortificate. MADAMA Poverina! Fate l'innocentina. Ma quando vi dicessi: se volete lo sposo, eccolo qui; quel modesto bocchin diria di sì. BERENICE Per dirvi quel ch'io penso... MADAMA viene il signor Sandrino. Godiamolo un pochino; per cavar la risata, fate con esso lui l'innamorata. BERENICE Ma io non saprò far. 14 / 45 State zitta; Carlo Goldoni Atto I, scena X Scena decima. Sandrino e dette. SANDRINO Servo, signore. Eccomi pronto e lesto. MADAMA Siete tornato presto. Si vede apertamente che il signore Sandrino non può stare lontan da quel visino. SANDRINO Di chi? MADAMA SANDRINO Di mia nipote. Oh, cosa dite? Io di quella signora son servitore e amico, ma so che a lei non glien'importa un fico. BERENICE (Affé, l'ha indovinata.) MADAMA Povera Berenice! Se sapeste di voi quel che mi ha detto! Per voi si sente abbrustolare il petto. SANDRINO Per me? Se fosse vero... MADAMA Credete ai labbri miei. SANDRINO Vorrei sentirlo a confermar da lei. MADAMA Berenice, parlate; ditegli che l'amate. Siete da maritar; che male c'è? Via, non abbiate soggezion di me. BERENICE È superfluo ch'io il dica. Di già il signor Sandrino avrà il core impegnato. SANDRINO MADAMA Oh no, signora: son, per fortuna mia, libero ancora. Però s'ella si degna... Il suo cor vi presenta. Berenice è contenta. (a Berenice) (a Sandrino) SANDRINO Davver? www.librettidopera.it 15 / 45 Atto I, scena X La conversazione MADAMA Dice di sì. Non è ver, Berenice? Ella è così. BERENICE (Fingere non son buona per ischerzo nemmeno.) SANDRINO (a Madama) MADAMA Eppure ancora non ha detto di sì. Poveri sciocchi! Voi non capite il favellar degli occhi. MADAMA Beltà modestina si spiega così. Con quella occhiatina vuol dire di sì. Non sanno gli sciocchi che diconsi gli occhi finestre del cor. Pupilla d'amor, che il seno ferì, con quella occhiatina vuol dire di sì. (parte) Scena undicesima. Donna Berenice e Sandrino. BERENICE (Spiacemi che Madama m'abbia lasciata sola.) SANDRINO Via, dite una parola. Or che nessun ci sente, voi potete parlar liberamente. BERENICE Vi prego in cortesia... mi dovreste capir. SANDRINO Ch'io vada via? BERENICE Mi farete piacer. SANDRINO La riverisco. Questa razza d'amor non la capisco. (parte) 16 / 45 Carlo Goldoni Atto I, scena XII Scena dodicesima. Donna Berenice sola. BERENICE Egli s'inganna al certo; quel che il core mi punge, è Filiberto. Mia zia mi dà coraggio; l'amor mi cresce in petto. Parlerò, svelerò l'interno affetto. Buon per me che si fida di codesta mia zia la genitrice! Sì, sì, col mezzo suo sarò felice. BERENICE Che bel piacere è amar senza tormenti al cor! L'idolo suo mirar, seco parlare ancor! Fammi arrossire in viso un vezzo ed un sorriso. Non gli risponde il labbro, ma gli risponde il cor. (parte) Scena tredicesima. Don Fabio, poi Marianna. FABIO O di casa. MARIANNA Che fol? FABIO Vi è la padrona? MARIANNA Iò mailibreher. FABIO Fatele l'imbasciata. MARIANNA Fol andar? FABIO MARIANNA Se si può. Iò, star patrone. www.librettidopera.it 17 / 45 Atto I, scena XIII La conversazione FABIO Anderò. Vi saluto. MARIANNA Pofera tedeschina. (in atto di partire) Niente per mi donar? FABIO Sì, sì, ci rivedremo domattina. MARIANNA Ma dir patrona fa mi saver, che lei del Fume star Cavalier. Iò, gut morghen mailibreher. (parte) FABIO Dica pur quel che vuol l'impertinente. Se la vedo morir, non le do niente. Scena quattordicesima. Don Fabio, Madama Lindora, servita da Giacinto, Lucrezia, servita da Sandrino. MADAMA Oh, signore don Fabio, che grazie sono queste? Ella vuol stare a favorir da noi? FABIO Voglio pranzar con voi. Così fanno gli amici; senz'essere invitati vengon liberamente. Le cerimonie non le stimo niente. SANDRINO Certo le cerimonie si ponno risparmiare quando in casa non si ha con che mangiare. FABIO Cosa c'entrate voi? Per un po' di denari, mettere si vorria con un mio pari. GIACINTO Doucement, mes amis; non si contrasti più. Questo dell'amicizia è il randevous. 18 / 45 Carlo Goldoni Atto I, scena XIV LUCREZIA Su via; prima del pranzo, divertiamoci un poco. MADAMA Giochiamo a qualche gioco. Don Filiberto non si vede ancora: possiam giocare e divertirci un'ora. SANDRINO Ecco cento zecchini: li taglio al faraone. MADAMA No, non è gioco da conversazione. Siamo in cinque; possiamo fare un ombre e un picchetto. SANDRINO Io non ne so; ma son qui, giocherò. FABIO Farò quel che vi pare. (Se perderò, come farò a pagare?) MADAMA Ecco qui la partita. Don Fabio e Lucrezina giocheranno a picchetto. Lor signori con me faranno all'ombre una partita in tre. SANDRINO Son pronto. FABIO Eccomi qui. LUCREZIA Disponete di me. GIACINTO Giochiamo, uì. MADAMA Presto, che si prepari per l'ombre e per picchetto. (ai servitori, quali portano i due tavolini col bisognevole per i due giochi, e le sedie) FABIO (Destino maledetto! Non ho un soldo in saccoccia.) MADAMA Miei signori, del prezzo delle puglie disponete. SANDRINO Di un zecchino alla puglia. GIACINTO È troppo. MADAMA Così è. GIACINTO A me piace giocar pour amitiè. MADAMA Basta un soldo alla puglia. GIACINTO Io mi contento. MADAMA La spadiglia obbligata in fino al cento. www.librettidopera.it 19 / 45 Atto I, scena XIV La conversazione LUCREZIA Noi di quanto giochiamo? (a don Fabio) FABIO Comandate. LUCREZIA Un paolo alla partita, ma con tutti i malanni. FABIO Io sto al comando. (Fortuna, al tuo favor mi raccomando.) (facendosi il ritornello dagli strumenti, frattanto si danno le carte) MADAMA Mi è venuta la spadiglia, qualche cosa avrò da far. È permesso? Voglio entrar. SANDRINO E GIACINTO Entri pure, non mi oppongo. MADAMA Se non trovo, la ripongo. Delle spade ho da trovar. LUCREZIA Sessantotto è il punto mio; ho una settima maggior. Un picchetto dar vogl'io. FABIO MADAMA (Ah, destino traditor!) Gioco trionfo. MADAMA E GIACINTO LUCREZIA Io gliene do. Ho tre cavalli. FABIO LUCREZIA FABIO MADAMA Che dir non so. Diciassette della settima e col punto ventiquattro; tre cavalli, ventisette. (Questa volta tocca a me.) Gioco coppe. GIACINTO SANDRINO Se non dice... MADAMA Tagli pure. Quattro bazze le ho sicure, e in tenacca io resterò. LUCREZIA E ventotto, e ventinove, e sessanta, e sessantuno. FABIO 20 / 45 Mia di re. Faccio cinque. Carlo Goldoni Atto I, scena XIV LUCREZIA FABIO MADAMA Io non lo so. Sì, signora, io lo farò. L'ho portato, l'ho portato. SANDRINO E GIACINTO Viva lei, che ha ben giocato! MADAMA, SANDRINO E GIACINTO Che bel gioco è l'ombre in tre. Più bel gioco, no, non vi è; re dei giochi dir si può. LUCREZIA Non fa cinque. FABIO LUCREZIA FABIO LUCREZIA FABIO LUCREZIA FABIO MADAMA FABIO Lo farò. A denar non ha risposto. Non è vero. Una mentita? (si alza) Ho da perder la partita? (si alza) Questa è poca civiltà. (La ragione non la sa.) Cosa è stato? (s'alza) Niente, niente. LUCREZIA Quel signore impertinente ebbe ardire di smentire, di negar la verità. MADAMA Questa è troppa inciviltà. SANDRINO Padron mio, così si fa? GIACINTO Ritrattare si dovrà. FABIO Son galantuomo: non ha ragione. LUCREZIA Vuò mi sia data soddisfazione. SANDRINO E GIACINTO Fuori la spada. Sopra la strada. Fuori di qua. www.librettidopera.it 21 / 45 Atto I, scena XIV La conversazione FABIO LUCREZIA E MADAMA GIACINTO FABIO SANDRINO FABIO SANDRINO E GIACINTO Son cavaliere, so il mio dovere: non lo permette la nobiltà. Chi nasce bene, trattar conviene con civiltà. Fuori la spada. Non mi ci metto. Io vi disfido. Io non accetto. Per la paura, per la viltà. FABIO Non l'acconsente la nobiltà. LUCREZIA E MADAMA Trattar conviene con civiltà. MARIANNA Star in tafola, signori; no star tempo de far gritori. Trinche vain tempo star. (parte) TUTTI Non più fracasso, finisca il chiasso; vadasi in pace tutti a mangiar. Dell'amicizia stringasi il laccio; con un abbraccio pace s'ha a far. E della pace godiamo i frutti; vadasi tutti lieti a mangiar. (partono) 22 / 45 Carlo Goldoni Atto II, scena I ATTO SECONDO Scena prima. Camera d'udienza. Don Filiberto e Marianna. FILIBERTO Ehi, tedesca. MARIANNA Signore. FILIBERTO Datemi la mia spada e il mio cappello. MARIANNA Fol cappello, fol spata per andar? FILIBERTO Sì, per andar. MARIANNA A tafola no foler più mangiar? FILIBERTO Non cercate di più; voglio andar via. MARIANNA Subite mi servir fossignoria. (va per la spada e per il cappello) FILIBERTO No, tollerar non posso, sia davvero o da scherzo, sentir che dall'amor di Berenice si lusinghi Sandrino, e che veggasi a lei seder vicino. MARIANNA Ecco spata e cappello. FILIBERTO Vi ringrazio. MARIANNA Per pofera tedesca star niente cortesia? www.librettidopera.it 23 / 45 Atto II, scena I La conversazione FILIBERTO Tenete. MARIANNA (le dà la mancia) Ringraziar fossignoria. (parte) Scena seconda. Don Filiberto, poi donna Berenice. FILIBERTO E pur non so partire. Di gelosia il martire sento nell'alma mia... ho risolto così; voglio andar via. BERENICE Dove don Filiberto? FILIBERTO Perdonate. Ho un affar di premura. BERENICE Ah no, restate. Lo so che di mia zia lo scherzo vi dispiace. Ma io colpa non ho, datevi pace. FILIBERTO Sandrino in mia presenza fa con voi lo sguaiato. BERENICE FILIBERTO che da me lusingata sia la di lui pazzia. Ei non può dire Non dovevate sedere a lui vicino. Ah, lo sapete: per eccesso d'amor geloso io sono. BERENICE Via, non lo farò più; chiedo perdono. FILIBERTO (Resistere non so.) BERENICE Mi perdonate? FILIBERTO Vi perdono, mio ben. BERENICE Dunque restate. FILIBERTO Via, resterò, per compiacervi, ancora. Troppo questo mio cuor v'ama e v'adora. 24 / 45 Carlo Goldoni Atto II, scena II FILIBERTO Lo so che il sospetto fa torto al mio bene, ma soffro nel petto gli affanni e le pene di un timido amor. Conosco l'error, confesso l'inganno; me stesso condanno, ma palpito ancor. (parte) Scena terza. Donna Berenice, poi Madama. BERENICE Ritornar mi vergogno. I convitati sanno che scorrucciati siam Filiberto ed io; onde al ritorno mio dalla brigata, dubito di sentire una risata. MADAMA Cosa fate qui sola? BERENICE A prender aria sono un poco venuta. MADAMA Brava! così mi piace. Dite: è fatta la pace? BERENICE Con chi? MADAMA BERENICE Con Filiberto. Non so niente. MADAMA Dite davvero? Povera innocente! Fingere non occorre: tutto so, tutto vedo e tutto intendo; e il vostro cuor di consolar pretendo. BERENICE Adorabile zia, non so che dire: amor non può mentire. È vero; arde il mio cuor d'onesto affetto, e sol da voi consolazione aspetto. www.librettidopera.it 25 / 45 Atto II, scena III La conversazione BERENICE A quel foco che m'accende, voi porgeste amabil esca, non vi spiaccia, non v'incresca, le mie brame consolar. Non sapea che fosse amore, libertà godeva in petto; or mi accese il primo affetto, e mi sforza a sospirar. (parte) Scena quarta. Madama, poi Giacinto. MADAMA Poveri innamorati! Li compatisco affé. Farò per lor quel che vorrei per me. GIACINTO Ah Madama, ah Madama! MADAMA Che c'è, signor Giacinto? GIACINTO Oh, che vin di Borgogna! In Borgogna medesima meglio non ne ho trovato, meglio non ne ho bevuto in vita mia. Ei m'ha messo in vigore e in allegria. MADAMA Ho piacer che sia buono. GIACINTO È perfettissimo. (traballando un poco) MADAMA Forti, forti, signore. GIACINTO MADAMA 26 / 45 Io? Son fortissimo. Ah Madama, Madama, quivi che cosa fate? Perché ci abbandonate? per un picciolo affare. Son venuta Carlo Goldoni Atto II, scena IV GIACINTO Eh, vi ho capito. (traballando) Sia detto in confidenza, alterata col vin la luminaria, siete fuori venuta a prender aria. MADAMA Bravo, così va detto. Io sono un po' alterata; voi siete sincerissimo. GIACINTO Io? cospetto di Bacco! io son sanissimo. Sono stato capace a' giorni miei, io solo contro sei, fare a chi beve più. Ciascun di loro cadde dal vino oppresso, ed io forte restai qual sono adesso. (traballando) MADAMA È una gran maraviglia! GIACINTO In Inghilterra ho bevuto in un giorno due fiaschi d'acquavite; e in Alemagna quattordici bottiglie di sciampagna. In Parigi ad un pranzo questo stomaco mio si trangugiò un barile di vino di Bordò. E a Vienna tracannai tanto vin di Tokai, che poteva bastar per un congresso; e pur sano restai qual sono adesso. (traballando) MADAMA Saldi, signor, non mi cascate addosso. GIACINTO So quel che io faccio e traballar non posso. GIACINTO Viva Bacco, il dio del vino, che consola il nostro cor. Oh, che caldo malandrino! Io mi sento un fiero ardor. Presto, presto, mi abbisogna del buon vino di Borgogna, che mi renda il mio vigor. Ah, Madama, ho tanta sete. Ma son forte, lo vedete: quattro salti posso far, e mi sembra di volar. (parte) www.librettidopera.it 27 / 45 Atto II, scena V La conversazione Scena quinta. Madama e Lucrezia. MADAMA S'ei beve un altro poco, lo mettono a dormire. Ch'egli beva di più voglio impedire. (in atto d'andarsene) LUCREZIA MADAMA (con qualche agitazione) Amica. Cos'è stato? LUCREZIA Don Fabio si è attaccato con Sandrino a parole. Cedere alcun non vuole; onde correte voi il progresso a impedir dei sdegni suoi. MADAMA Vado immediatamente. (in atto di partire) Scena sesta. Don Fabio e dette. FABIO Madama, un insolente m'inquieta e mi molesta. MADAMA Ma che insolenza è questa? In casa mia tal cosa? Anch'io son puntigliosa. Questa è una mala azione, e vuò da tutti due soddisfazione. FABIO Vi domando perdon. MADAMA Non vi è perdono. FABIO Scusatemi. MADAMA No certo. FABIO Farò quel che volete; farò quel che vi piace. 28 / 45 Carlo Goldoni Atto II, scena VI MADAMA Via, dunque, con Sandrin fate la pace; e tutti unitamente passerem la giornata allegramente. MADAMA Farò venire Puricinella colla Simona Torototò. In gondoletta poscia anderemo, ci prenderemo tanto piacer. Che bel sentire! Sia... premi... stali, toppa in ti pali. Per i canali che bell'andar! Via, che si goda, via, che si sguazza, che si sbabazza. Si ha da goder. (parte) Scena settima. Lucrezia e don Fabio. FABIO Sì, me la pagherai. (verso la scena) LUCREZIA Gridate ancora? FABIO E chi son io, farò vederti or ora. LUCREZIA Via, siate buoni amici; ogni tristo pensier vada in oblio. FABIO Non si tratta così con un par mio. LUCREZIA Finalmente Sandrino che cosa mai v'ha detto? FABIO Mi ha perduto il rispetto. LUCREZIA E in qual maniera? FABIO Con lingua menzognera, contro quell'umiltà ch'usar costumo, disse ch'io sono il Cavalier del Fumo. www.librettidopera.it 29 / 45 Atto II, scena VII La conversazione LUCREZIA In bocca di Sandrino codesta un'insolenza non si chiama, perché ha detto lo stesso anche Madama. FABIO Madama ha detto questo? LUCREZIA L'ha detto in verità. FABIO Non si tratta così la nobiltà. Si sanno i miei natali, son le mie parentele al mondo note. Ho un principe nipote, ho un cognato marchese, mia madre fu contessa, e la signora nonna baronessa. LUCREZIA M'inchino riverente alla gran donna, di sì gran cavalier nonna e bisnonna. (parte) Scena ottava. Don Fabio, poi Sandrino, poi due Servitori. FABIO Non so se mi corbelli o se dica davvero. Ma che importa? Facciano il lor dovere, e mi contento che lo facciano ancor per complimento. SANDRINO (Eccolo; non vorrei precipitar con questo animalaccio.) FABIO (Eccolo qui quel brutto villanaccio.) SANDRINO (Ho promesso a Madama; voglio dissimulare.) FABIO (In casa d'altri non vuò fare altre scene.) SANDRINO (Non mi posso sfogar.) FABIO SANDRINO Schiavo suo. FABIO 30 / 45 (Tacer conviene.) (passeggiando) Vi saluto. (passeggiando) Carlo Goldoni Atto II, scena VIII SANDRINO Che civiltà! FABIO Che dite? SANDRINO Io non parlo con lei. FABIO Badate ai fatti vostri, io bado ai miei. SANDRINO Voglio seder. FABIO (siede) Voglio sedere anch'io. (siede) SANDRINO Con licenza, signor. (gli volta le spalle) FABIO Padrone mio. (gli volta le spalle) SANDRINO (Andarsene potria; se vien Madama, vorrei star seco senza soggezione: non vorrei che vi fosse quel buffone.) FABIO (Se vien qui Berenice, costui mi reca impaccio. Quando mai se ne va l'ignorantaccio?) SANDRINO Ehi! lacchè. (viene un lacchè ben vestito) FABIO SANDRINO (Vuò sentire.) (si volta un poco) Alla locanda portati immantinente. Il mio burò apri con questa chiave. Portami quel cestino d'orologi, d'astucci e tabacchiere. (parte il lacchè) SANDRINO (Andarsene dovria per non vedere.) (parla di don Fabio) FABIO Ehi staffiere. (viene un staffiere miserabile) SANDRINO (Sentiamo.) FABIO Va' tosto al mio palazzo. Portami quei ritratti, coll'arbore dipinto della mia nobiltà. (parte lo staffiere) www.librettidopera.it 31 / 45 Atto II, scena VIII La conversazione FABIO (Quel villanaccio si vergognerà.) SANDRINO Lacchè. (il lacchè ritorna) SANDRINO Di questa casa si allarghino le porte perché possa passare l'albero di don Fabio e le radici, e i suoi ritratti con le sue cornici. (il lacchè parte) FABIO Staffier, suona la tromba; fa' che le genti corrano di trotto a vedere Sandrino a far casotto. SANDRINO Al casotto potrei tirar delle persone se, quale siete voi, fossi un buffone. (si alza) FABIO Buffone ad un par mio? Son cavaliere. SANDRINO FABIO Un galantuom son io. Siete rozzo. SANDRINO Siete pazzo. FABIO Villanaccio. SANDRINO Ignorantaccio. FABIO Non mi degno. SANDRINO Se mi sdegno... FABIO Cospettaccio! SANDRINO Sanguinaccio! FABIO SANDRINO FABIO E SANDRINO Malagrazia. Brutta faccia. Colla spada sulla strada ti prometto che ti aspetto, ed il cor ti vuò cavar. (partono) 32 / 45 Carlo Goldoni Atto II, scena IX Scena nona. Camera con tavola preparata con caffè, rosolini e varie bottiglie di vino. Madama, Giacinto, Lucrezia, don Fabio e Sandrino. MADAMA Ecco, ecco, signori, Il caffè, le bottiglie ed i licori. Favorite sedere, e ognun si servi di quel che più gli piace. (siedono tutti) LUCREZIA Prenderò il rosolino. GIACINTO Ed io piuttosto un bicchierin di vino. MADAMA Che si serva ciascuno a suo talento. GIACINTO Un bicchier di Canarie (a Lucrezia) ecco a voi, mia signora, ed un bicchiere a madamina ancora. A buer, a buer, allegraman. Che si beva e si canti alla santè della bonn'amitiè. GIACINTO Visage adorable , je mour pour vous. Ah, je vous aime de tout mon cour: vous étes la flamme de mon amour. FABIO Voi che foste a Venezia, dove soglion cantare con sì bella grazina, diteci qualche nuova canzoncina. MADAMA Subito, volentieri. GIACINTO Che si tornino a empir prima i bicchieri. (torna a riempire i bicchieri) www.librettidopera.it 33 / 45 Atto II, scena IX La conversazione MADAMA Sia benedetto chi me vol ben. Pien de diletto giubila el sen. Me sento in gringola quando che el vien: caro quel coccolo, caro el mio ben. SANDRINO Voi, Lucrezia, che siete nata in quel bel paese, diteci una canzone bolognese. LUCREZIA Subito. E perché no? Non mi faccio pregar. La canterò. LUCREZIA Tutt al dì dezà e de là , vag in zir per la città, per trovarm un bel marì. Al vui bel, e sì al vui bon, vui che l'abbia d' bagaron, e ch'al sippia tutt per mi. Certi ominazz birichinazz an i vui, ch'an fan per mi. FABIO Io cantare non so, ma pure vi darò qualche divertimento. Sono, se nol sapete, un maestro di ballo, di scherma e cavalletto. Venite al mio cospetto, uomini senza pari; venite, ignorantissimi scolari. FABIO 34 / 45 Carlo Goldoni Atto II, scena IX Ecco il famoso monsieur Coccò; questo è quel grande monsieur Rebaltò; gambe di ferro è questo ch'è qui. Presto ballate; franco tirate; presto saltate; che ve ne par? Bravi scolari, vi vuò regalar. SANDRINO Io, io, signore mie, se libertà mi date, voglio trattarvi come meritate. Lacchè. LUCREZIA Cosa farà? MADAMA Qualche cosa di bello in verità. (viene il lacchè colla cesta di galanterie) SANDRINO Madama, a voi l'astuccio. A voi la tabacchiera. a voi di Londra vera questa ripetizion. MADAMA, LUCREZIA E GIACINTO Viva Sandrino, ricco sfondato, che ha presentato questo suo don. SANDRINO In Inghilterra meglio non v'ha. MADAMA E LUCREZIA Tutta la terra meglio non ha. MADAMA, LUCREZIA, GIACINTO E SANDRINO Oh, che gran cose maravigliose! Cosa più bella, no, non si dà. (con un servitore che porta i quadri) FABIO Ecco l'effigie del signor padre. Questa è l'illustre signora madre. Del signor nonno questo è il ritratto. Uno per uno li vuò donar. www.librettidopera.it 35 / 45 Atto II, scena IX La conversazione MADAMA, LUCREZIA E GIACINTO SANDRINO FABIO Viva il gran padre, viva la madre, e il signor nonno viva di cor. Belle figure! Caricature non ho vedute certo maggior. Non vi è pennello, no, che l'eguagli. GIACINTO Son da ventagli. SANDRINO Sono da cembali. MADAMA E LUCREZIA Sono da mettere sotto al camin. FABIO Questo strapazzo a me si fa? SANDRINO FABIO SANDRINO FABIO Voi siete un pazzo, questo si sa. Taci, villano. Taci, baggiano. Col signor nonno ti accopperò. (gli vuol dare il quadro sulla testa) TUTTI O che insolenza! Che impertinenza! Sempre si sbuffa, sempre baruffa. corpo del diavolo, che inciviltà! (partono) 36 / 45 Carlo Goldoni Atto III, scena I ATTO TERZO Scena prima. Camera d'udienza. Donna Berenice, don Filiberto e Madama. MADAMA Così è, figliuoli miei: la genitrice di donna Berenice acconsente alle nozze, (a Filiberto) dispor come volete. e voi potete FILIBERTO Per me di Berenice quando il cor sia contento, sono pronto a sposarla in sul momento. BERENICE Rimessa è in voi la volontade mia. (a Madama) Tutto quello farò che vuol mia zia. MADAMA Su dunque; in mia presenza porgetevi la mano senz'altri testimoni, come in scena si fanno i matrimoni. FILIBERTO Ecco la destra. BERENICE E colla destra il core. MADAMA Bravi, bravi davver! viva l'amore! Le nozze questa sera farem compitamente nella festa da ballo allegramente. www.librettidopera.it 37 / 45 Atto III, scena I La conversazione BERENICE Sarà il piacer più caro, sarà il piacer compito, ora che Filiberto è mio marito. MADAMA E voi siete contento? FILIBERTO In verità, alla vostra bontà sono obbligato, e chiamare mi posso fortunato. (parte con donna Berenice) Scena seconda. Madama, poi Lucrezia. MADAMA Lucrezia, cosa dite? Berenice alla fine è maritata. LUCREZIA Povera sfortunata! MADAMA Perché? LUCREZIA Perché era meglio che passasse l'età senza un simile impiccio, in libertà. MADAMA Ma voi... LUCREZIA Lasciamo andare queste corbellerie. Don Fabio con Sandrino si son pacificati, sono amici tornati, e credo che ciascuno si travesta per venir mascherato sulla festa. MADAMA Ne godo, in verità. Frattanto che ritornano e Giacinto e don Fabio con Sandrino, vado a far preparar per il festino. (parte) 38 / 45 Carlo Goldoni Atto III, scena III Scena terza. Lucrezia sola. LUCREZIA Se vengon mascherati, vuò mascherarmi anch'io; vuò che alla turca il vestimento sia, e imitare la lingua di Turchia. LUCREZIA Salamelecch , stara sultana; con ottomana nozze mi far. Sona tambura, sona trombetta, che fazzoletta turco buttar. Salamelecch sempre mi far. (parte) Scena quarta. Madama, poi don Fabio e Sandrino, vestiti da calabresi, col calascione. MADAMA Parmi, se non m'inganno, che quei due che qui vengono, sian don Fabio e Sandrino mascherati. Voglio veder se è vero, vuò veder se s'inganna il mio pensiero. (si ritira) www.librettidopera.it 39 / 45 Atto III, scena IV La conversazione (don Fabio e Sandrino cantano la carcioffola) FABIO E SANDRINO La notte quanno dormo penzo tanto , e quanno penzo a buie, mm'addormento. Po me resveglio co no core schianto, vado ppe tte parlare, e non te siento. Carcioffolà. Nenna, se te vedisse allo balcone, te faria na sonata alleramente; faccio no core com'a no pormone, quanno siento parlà de tte la gente. Carcioffolà. Bello canto se potisse la mia bella innamorà, co lo tuppe tappettà. Nannianella e nanianà. Chichirichi, carcioffolà. (partono) Scena quinta. Madama, poi Giacinto. MADAMA Veramente è bizzarro il canto calabrese. Possono divertir tutto il paese. GIACINTO Madama, eccomi qua; per dir la verità, ho dormito un pochino, ed or son lesto come un paladino. MADAMA Ho piacer; questa sera voi vi farete onore, e potrete ballar con maggior brio. GIACINTO Ah madam, pour la danz non vi è un par mio. MADAMA Saprete molti balli. GIACINTO Anzi moltissimi. Son ballerin perfetto. Io ballo il minuetto alla francese, e maestro son io nel ballo inglese. MADAMA Il ballare mi piace estremamente. GIACINTO Ballerete assai ben. 40 / 45 Carlo Goldoni Atto III, scena V MADAMA Passabilmente. GIACINTO Favorite, Madama, prima che vi esponete, di lasciarmi veder quel che sapete. MADAMA Ben volentier, signore. Balliamo; eccomi qui. GIACINTO Fatevi onore. Si suona il minuetto, e fanno la riverenza. GIACINTO No, non va bene. La riverenza, con sua licenza, si fa così. (tornano a fare la riverenza) GIACINTO Farvi maestra prendo l'impegno, quand'io v'insegno tre o quattro dì. MADAMA Alle sue grazie sarò obbligata. Perfezionata sarò così. GIACINTO Ecco, Madama, pas de burrè. MADAMA Codesto passo non è per me. GIACINTO Mirate i passi col bilanzè. MADAMA Questi fioretti non fan per me. GIACINTO MADAMA E GIACINTO Vi si può fare la piroletta; si suol usare la caprioletta. Ah, che piacere, che bel vedere, farsi valere col minuè. (fanno qualche passo) GIACINTO Madamina presto impara: voglio farla mia scolara. www.librettidopera.it 41 / 45 Atto III, scena V La conversazione MADAMA Mi farete un gran favor. GIACINTO Ma scolara vorrei farvi e nel ballo e nell'amor. MADAMA Io son pronta a secondarvi con i passi e con il cor. GIACINTO MADAMA MADAMA E GIACINTO Io mi metto in posizione, e vi dico ch'io v'adoro. Ripetendo la lezione, vi dirò che per voi moro. Che balletto fortunato, se maestro il dio bendato, fa ballare il nostro cor? Che si danzi allegramente. Giubilare il cor si sente con il ballo e con l'amor. (partono) 42 / 45 Carlo Goldoni Atto III, scena VI Scena ultima. Salone illuminato per la festa di ballo. Tutti. Si fanno vari Minuetti ed altri balli a piacere; dopo di che si termina col seguente CORO E qui la nostra conversazione per questa sera terminerà; e chi avrà avuto soddisfazione, contento a casa se ne anderà. FILIBERTO BERENICE MADAMA E GIACINTO Io son contento con Berenice. Con Filiberto sarò felice. Noi ci sposiamo fra suoni e canti. LUCREZIA, SANDRINO E FABIO Ci rallegriamo con tutti quanti. TUTTI Preghiamo a tutti, con lieto cor, perfetta pace, perfetto amor. FINE DEL DRAMMA www.librettidopera.it 43 / 45 Indice La conversazione INDICE Informazioni ...................................... 2 Personaggi ......................................... 3 Atto primo ......................................... 4 Scena prima .................................. 4 Scena seconda ............................... 6 Scena terza .................................... 7 Scena quarta .................................. 8 Scena quinta .................................. 9 Scena sesta .................................... 9 Scena settima .............................. 10 Scena ottava ................................ 12 Scena nona .................................. 13 Scena decima .............................. 14 Scena undicesima ........................ 15 Scena dodicesima ........................ 16 Scena tredicesima ....................... 16 Scena quattordicesima ................ 17 44 / 45 Atto secondo .................................... 22 Scena prima ................................ 22 Scena seconda ............................. 23 Scena terza .................................. 24 Scena quarta ................................ 25 Scena quinta ................................ 27 Scena sesta .................................. 27 Scena settima .............................. 28 Scena ottava ................................ 29 Scena nona .................................. 32 Atto terzo ......................................... 36 Scena prima ................................ 36 Scena seconda ............................. 37 Scena terza .................................. 38 Scena quarta ................................ 38 Scena quinta ................................ 39 Scena ultima ................................ 42 Carlo Goldoni Indice ELENCO DELLE ARIE A quel foco che m'accende (a.II, s.III, Berenice) ................................................. 25 Beltà modestina (a.I, s.X, Madama) ..................................................................... 15 Che bel piacere è amar (a.I, s.XII, Berenice) ........................................................ 16 Che bevanda delicata! (a.I, s.I, tutti) ....................................................................... 4 Chi timido tace (a.I, s.V, Filiberto) ......................................................................... 9 E qui la nostra conversazione (a.III, s.VI, tutti) .................................................... 42 Ecco il famoso monsieur Coccò (a.II, s.IX, Fabio) .............................................. 33 Farò venire Puricinella (a.II, s.VI, Madama) ........................................................ 28 La notte quanno dormo penzo tanto (a.III, s.IV, Fabio e Sandrino) ..................... 39 Lo so che il sospetto (a.II, s.II, Filiberto) ............................................................. 24 Ma dir patrona (a.I, s.XIII, Marianna) .................................................................. 17 Madama, a voi l'astuccio (a.II, s.IX, Sandrino, Madama, Lucrezia, Giacinto e Fabio) .................................................................................................................... 34 Mi è venuta la spadiglia (a.I, s.XIV, Madama, Sandrino, Giacinto, Lucrezia e Fabio) .................................................................................................................... 19 No, non va bene (a.III, s.V, Giacinto e Madama) ................................................. 40 Non più fracasso (a.III, s.XIV, tutti) ..................................................................... 21 Quando vo per la città (a.I, s.I, Fabio) .................................................................... 6 Salamelecch (a.III, s.III, Lucrezia) ....................................................................... 38 San fasson, allegramente (a.I, s.VII, Giacinto) ..................................................... 11 Sia benedetto (a.II, s.IX, Madama) ....................................................................... 33 Siete rozzo (a.II, s.VIII, Fabio e Sandrino) ........................................................... 31 Son generoso (a.I, s.II, Sandrino) ........................................................................... 7 Tutt al dì dezà e de là (a.II, s.IX, Lucrezia) .......................................................... 33 Una donna maritata (a.I, s.VIII, Lucrezia) ............................................................ 12 Visage adorable (a.II, s.IX, Giacinto) ................................................................... 32 Viva Bacco, il dio del vino (a.II, s.IV, Giacinto) .................................................. 26 www.librettidopera.it 45 / 45