11. Delogu su Ecclesia di Giuliano Matteucci
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11. Delogu su Ecclesia di Giuliano Matteucci
Giuliano Matteucci vuole solo fare fotografie; ricerca, studia, esplora per cercare fotografie, e impiega tempo, pensa, non ha visioni rapaci, non insegue storie pensando a possibili collocazioni, ma costruisce la propria visione del mondo. Conosco il suo lavoro, la sua irrequietezza e il suo rigore. Giuliano Matteucci è un po’ come le sue fotografie; a me che non viaggio non è difficile immaginarlo mentre cammina in Africa: per interposta persona, la dimensione poco conosciuta del viaggio diventa chiara. E immagino questo lavoro come una “camminata” perenne sulle orme di viaggiatori, fotografi e evangelizzatori; un percorso a tappe dove le chiese rurali sono un concentrato di visioni ma forse anche la ricerca di un’immagine diversa e decentrata della “Chiesa”. Come molti lavori anche questo ha debiti verso altre discipline e verso la parte più nobile della fotografia; penso alla tradizione della fotografia di paesaggio, a viaggi come quello di Andrè Citroen, e a alcuni lavori di Guy Tillim. Matteucci sceglie un’inquadratura sempre frontale, con poche concessioni a visioni appena un po’ laterali, ma queste poche digressioni lo preservano da una rigidità contemporanea di origine “beckeriana” che poco avrebbe a che fare con il suo lavoro. Su strade battute già da alcuni secoli Giuliano Matteucci cerca sensazioni evitando sensazionalismi, è lì in piedi davanti al suo soggetto, vuoi che sia un arido paesaggio o un gruppo di persone, e mette pezzi di se stesso in un continente enorme. E la luce lega tutto il lavoro, guida gli spostamenti, reagisce alle sfumature della terra, e anche negli interni è sempre molto forte e avvicina alla “visione”, che in questo caso ha anche un significato spirituale; Matteucci risolve il tutto scegliendo una “chiarezza accecante” utilizzando la panoramica per collegarsi all’estensione del paesaggio. In realtà il suo percorso si snoda in dimensioni territoriali infinite tra grandi isolamenti e luoghi di contatto, le “ecclesie”, che esaltano altri contatti: quelli delle varie comunità religiose e quelli che Matteucci instaura con loro, e anche nei ritratti l’utilizzo del formato panoramico avvicina senza invadere, e ci riporta a una personale visione del mondo. Questo libro è il risultato di anni di fotografie “uniche”, di sottrazioni e cancellature. Giusto così, questo è il suo metodo rigoroso: “pulire” la profondità. Marco Delogu