Piazza Pitagora - Ordine dei Farmacisti di Salerno

Transcript

Piazza Pitagora - Ordine dei Farmacisti di Salerno
Piazza Pitagora
N. 583
ANNO XXXV
Edito da SEDIVA srl - P.zza Pitagora 10 - 00197 Roma - Tel. 06808991 (r.a.) - Fax 0680899879 (r.a.)
Reg. Trib. Roma n. 16306 del 7/4/1976 – e-mail: [email protected] (per i quesiti: [email protected])
Roma, 24 novembre 2010
a cura dello “Studio Associato Bacigalupo-Lucidi”
In questo numero:
1 - LE SEDIVA NEWS DAL 09 NOVEMBRE AD OGGI
09/11/2010 Società di farmacisti e parafarmacie
QUESITO
10/11/2010 I nuovi accordi di Basilea 3 – QUESITO
11/11/2010
17/11/2010
–
18/11/2010
19/11/2010
L’impianto fotovoltaico per la farmacia e/o per
l’abitazione - QUESITO
L’installazione del distributore automatico QUESITO
Trattamenti estetici in abbonamento - QUESITO
11/11/2010
L’impresa familiare e il bonus 55% QUESITO
Interessi e more
12/11/2010
Omaggi di campioni gratuiti – QUESITO
23/11/2010
La deducibilità dei contributi consortili - QUESITO
15/11/2010
L’INAIL e l’informatizzazione - QUESITO
24/11/2010
Da Snc a Sas – QUESITO
22/11/2010
Quando l’impresa familiare è tra i coniugi, il locale
aziendale - se in comunione - appartiene
interamente all’i.f.
16/11/2010
La detrazione del 36% per i lavori
sull’immobile concesso in comodato QUESITO
2 – SCADENZE FINE NOVEMBRE 2010
bastare per ammettere anche le società di farmacisti all’esercizio
di parafarmacie, indipendentemente da quello che può essere il
loro destino nelle norme di “riordino”.
Ma di nuovo, rispetto alle nostre notazioni di allora, c’è
evidentemente questo parere (che, stando anche a quel che ci viene
segnalato, ha fatto insorgere non poche preoccupazioni…) del
Ministero della Salute, il quale – era facile prevederlo, conoscendo
i nostri Dicasteri… - si assesta senza sforzo alcuno su una
posizione negativa
di
puro formalismo,
riservandosi
probabilmente, come altre volte espressamente si è riservato, di
correggere il tiro dinanzi ad un diverso orientamento
giurisprudenziale.
Insomma, pensa forse il Ministero, la legge dice (tuttora) così, ma,
giudice, fai tu.
A questo punto, allora, il problema diventa soprattutto di ordine
pratico, dato che – a meno che non si intenda provocare la
pronuncia appunto di un giudice (amministrativo e/o ordinario e/o
deontologico) – c’è il rischio che gli aspetti sanzionatori siano
proprio quelli, o alcuni di quelli, accennati dal Ministero e
condivisi anche dalla Fofi (purtroppo, infatti, altri e diversi la l.
362/91 in realtà non ne menziona), e che pertanto i farmacisti
componenti la compagine sociale della società che attivi una
parafarmacia possano davvero andare incontro alla sanzione
della sospensione dall’esercizio della professione (!) non inferiore
ad un anno (mentre l’altra ipotizzata dalla nota ministeriale, quella
della decadenza della società dalla titolarità della farmacia ex art.
113 TU, sembra un’evenienza più che altro di… scuola).
In attesa, comunque, di saperne ufficialmente di più, potrebbe
essere prudente – per gli unici due componenti, ad esempio, di
una società che intendessero esercitare in forma collettiva anche
una parafarmacia - rinunciare ad una faticosa guerra di religione e
costituire invece tra loro una seconda società di persone, destinata
ad assumere dunque la titolarità di questo esercizio di vicinato; il
quadro complessivo che ne deriverebbe non sarebbe forse
perfettamente lo stesso, ma i risultati pratici di questo rimedio
alternativo non divergerebbero granché da quelli della strada
maestra.
Nessun dubbio, invece, sull’assoluta compatibilità tra la qualità o
stato di socio e l’esercizio di una parafarmacia (potrebbe impedirlo
soltanto una norma statutaria), sia nella forma appena ricordata
dell’“esercizio di vicinato”, che in quella di “corner” in un
ipermercato o simile (previe forse – in tale secondo caso –
1 - LE SEDIVA NEWS DAL 9 NOVEMBRE AD OGGI
09/11/2010 - Società di farmacisti e parafarmacie – QUESITO
Sulla questione vorrei conoscere lo stato dell'arte, perchè ho
presente quello che avete scritto nella Sediva news del I luglio
2010 ma anche il parere negativo del Ministero della Salute,
ripreso anche da tutte le riviste di categoria; spero invece non vi
siano dubbi sulla titolarità di una parafarmacia da parte di un
socio.
La parafarmacia sta certo assumendo sempre più - da qualunque
punto di vista la si guardi - le caratteristiche di un vero “problema”,
sia de jure condito che ancor più de jure condendo (e l’Antitrust
non perde certo l’occasione per accentuare il dibattito…).
Ma, abbandonando i latinismi, almeno lo “stato dell’arte” della
specifica vicenda riassunta nel titolo – naturalmente per quanto ci
riguarda - è fermo alla ns. Sediva news da Lei citata.
Quindi, se pure è vero che l'oggetto esclusivo della società
(personali e cooperative) di farmacisti è tuttora la “gestione di
una farmacia”, perché il II comma dell'art. 7 della l. 362/91 non è
stato qui formalmente modificato neppure dalla “legge Bersani”, è
tuttavia sicuramente irragionevole – sotto parecchi profili - che alle
società, diversamente dai titolari in forma individuale, resti ancor
oggi precluso l'esercizio di una parafarmacia e dunque ai loro
soci impedito lo svolgimento della professione tanto nella farmacia
sociale, come in un’eventuale parafarmacia.
Del resto, una qualche lettura evolutiva a quel vecchio dettato
bisogna pur darla, o tentare di darla, perché il legislatore del ’91
non poteva ovviamente conoscere la successiva l. 248/06, come è
vero che, se non altro, quell’ “una farmacia” va certamente ora
inteso come “non più di quattro farmacie”; può perciò forse
esserci spazio (non di rado, comunque, i criteri ermeneutici si
rivelano ampi e generosi) anche per un’interpretazione
ulteriormente disancorata dalla sua mera formulazione letterale,
tanto più se, da un lato, guardiamo alle non giustificate
conseguenze che ne discendono sul piano della libera concorrenza
(incessantemente invocata sia dalla stessa Antitrust che sul fronte
comunitario)
con
riguardo
alle
farmacie
possedute
individualmente, e, dall’altro, teniamo conto che in fondo anche le
parafarmacie, pur afferendo al versante puramente commerciale,
trattano pur sempre farmaci dispensati pur sempre da farmacisti (o,
se si preferisce, alla loro presenza e con la loro assistenza).
Le disposizioni scritte, così come sono ora, potrebbero quindi forse
1
opportune intese negoziali tra il farmacista gestore del corner e la
struttura in cui esso viene attivato).
(g.bacigalupo)
10/11/2010 - I nuovi accordi di Basilea 3 – QUESITO
Si legge di un nuovo patto europeo per i rapporti con le banche,
denominato “Basilea 3”.
Diventerà più facile il rapporto dei clienti con i vari istituti?
Si e’ cosi’ passati dal 6,8358% all’attuale 5,7567%, da applicarsi
sugli importi dovuti a decorrere dalla notifica della cartella e fino
alla data del pagamento.
Come si vede, però, la misura degli interessi e’ pur sempre
calcolata tenendo conto della media dei tassi bancari attivi, cosi’
come definita dalla Banca d’Italia, e quindi resta un tasso
sicuramente di rilievo.
(v.salimbeni)
12/11/2010 - Omaggi di campioni gratuiti – QUESITO
Vorrei omaggiare un parrucchiere vicino alla farmacia di alcuni
campioni di un noto integratore per la caduta di capelli,
regolarmente inviatimi dall’ azienda produttrice.
Può a propria volta il parrucchiere omaggiare i suoi clienti di
questo integratore o necessita di altre licenze?
La crisi economica mondiale è partita proprio dalle banche che
avevano infatti concesso prestiti di ogni genere - mutui,
finanziamenti, pagamenti rateali, ecc. - con grande disinvoltura e
quindi non sono riuscite a “rientrare” dei crediti alle scadenze
previste.
Questo è successo in Argentina e in Grecia e corrono un pericolo
del genere anche Irlanda e Portogallo (soprattutto), ma anche
Islanda, Spagna e qualche altro Paese, compresa l’Italia che ha un
debito pubblico altissimo.
La prima riunione dei governatori delle banche centrali si tenne a
Basilea, in Svizzera, e gli accordi successivi sono stati numerati
progressivamente.
Il Comitato tra loro formato ha stilato un nuovo accordo,
denominato appunto “Basilea 3”, che impone requisiti patrimoniali
più severi per le banche, stabilendo che gli istituti di credito
“devono mettere da parte un certo capitale per far fronte ad
eventuali crisi nella riscossione dei crediti”.
Tale procedura limita l’operatività degli istituti, tenendo in pratica
immobilizzati i capitali, che non possono essere utilizzati per
l’operatività creditizia, facendo conseguentemente salire i tassi di
interessi richiesti alla clientela.
Nel concreto i prestiti finiranno per essere concessi più che altro ai
“ricchi”, e ne resteranno esclusi coloro che non presenteranno
garanzie valide.
Nuovi accordi dovranno comunque essere ben presto siglati (per
ora, tuttavia, i contenuti non sono ben definiti) per diventare
operativi gradualmente a partire da gennaio 2013 e giungere ad una
loro piena attuazione al 1° gennaio 2019.
La stampa ha pubblicato i dati di bilancio delle banche italiane che
sono sostanzialmente buoni per quanto riguarda fondi di riserva e
accantonamenti, ma devono ancora raggiungere l’obiettivo il
Monte Paschi di Siena e la Banca Popolare.
Il problema investe sulla carta anche i titoli di Stato, che alle
scadenze dovranno infatti essere anch’essi evidentemente
rimborsati; e però l’Erario non ha gli stessi obblighi (imposti alle
banche) di costituire fondi di riserva per fronteggiare la restituzione
delle obbligazioni in scadenza, la quale del resto viene ormai da
anni effettuata soltanto con l’immissione nel mercato di nuovi
titoli.
(f.lucidi)
11/11/2010 - L’impresa familiare e il bonus 55% - QUESITO
Siamo in impresa familiare e abbiamo effettuato lavori in farmacia
che beneficiano della detrazione irpef del 55%; possono godere del
bonus anche i collaboratori familiari oppure spetta per intero al
titolare?
La vendita degli integratori comporta la notifica della
dichiarazione di inizio attività del commercio alimentare, ai sensi
dell’art. 6 c. 2 del Regolamento (CE) n. 852 del 29/04/2004, ma
qui ci pare si tratti della semplice distribuzione di campioni
gratuiti, che quindi non necessiti di tale notifica, anche se
naturalmente il parrucchiere dovrà forse “stoccare” presso la sua
attività una qualche scorta di prodotti.
Tutto questo, però, a condizione che le singole confezioni offerte
gratuitamente riportino l’indicazione a stampa - in modo esplicito
e indelebile - della loro natura, appunto, di campioni gratuiti e
anche del divieto di vendita.
Inoltre, se questi articoli devono essere conservati in condizioni
particolari (tempo, temperatura, umidità, esposizione alla luce), chi
li detiene è comunque responsabile del rispetto di tali prescrizioni e
dei danni che potrebbero derivare al consumatore in caso di loro
violazione.
In definitiva, però, il parrucchiere dovrebbe poter “omaggiare” i
propri clienti dei campioni dell’integratore senza necessità che
richieda licenze o autorizzazioni di alcun genere.
(r.santori)
15/11/2010 - L’INAIL e l’informatizzazione - QUESITO
Mi risulta che non sia più obbligatorio inviare all’Inail il
certificato medico in caso di malattia del lavoratore.
Sostanzialmente è proprio così, e si tratta di un ulteriore passo
avanti verso una completa informatizzazione dei rapporti tra i
datori di lavoro e l’INAIL.
A partire dallo scorso settembre, infatti, sulla base di un decreto
ministeriale di luglio (D.M. 30 luglio 2010, pubblicato sulla G.U.
n. 197/2010), i datori di lavoro che effettuano on-line la denuncia
di malattia di un proprio dipendente non sono più tenuti a
trasmettere, in allegato, anche il relativo certificato
medico.
Tale obbligo, come chiarito dal decreto, sorge in capo al datore di
lavoro soltanto in caso di successiva esplicita richiesta da parte
dell’Istituto, e sempreché il certificato non sia stato nel frattempo
già trasmesso dal lavoratore o dal medico che lo ha emesso.
Peraltro, l’esenzione dall’obbligo di trasmissione della documentazione medica (sempre fatta salva la specifica richiesta da parte
dell’INAIL) era prevista già dal 2005 in caso di infortuni sul lavoro
(le due ipotesi non vanno naturalmente confuse tra loro) denunciati
in via telematica.
Infine, come del resto è ormai la regola, anche qui la normativa di
riferimento prevede, in caso di inadempienze, sanzioni per tutti,
datori di lavoro e dipendenti, e in qualche caso anche piuttosto
robuste....
(gio.bacigalupo)
16/11/2010 - La detrazione del 36% per i lavori sull’immobile
concesso in comodato - QUESITO
Sto per realizzare, completamente a mie spese, dei lavori di
ristrutturazione sull’immobile in cui vivo e che mi è stato concesso
in comodato gratuito da mio padre. Posso beneficiare della
detrazione d’imposta del 36% pur non essendo proprietario
dell’appartamento?
Anche l’agevolazione del 55% per le opere che comportano un
risparmio energetico (e sono soltanto quelle che ben conosciamo)
spetta ai soggetti che sostengono effettivamente le spese, tra i
quali, come è noto, anche i titolari di redditi d’impresa che
effettuino gli interventi nell’ambito dell’attività esercitata.
E, tenuto conto che anche tali oneri sono sostenuti dalla farmacia
come tale, e non quindi dal titolare e/o un familiare come persone
fisiche, ci pare che i familiari dell’i.f. che vi partecipino (e,
percependo la propria quota di utili “incisa” - per così dire proprio da tali spese, sono chiamati in realtà anch’essi a sostenerle)
abbiano diritto a fruire dell’agevolazione, naturalmente in ragione
della rispettiva quota di partecipazione all’impresa familiare.
(v.salimbeni)
11/11/2010 - Interessi e more
Un po’ di respiro per il contribuente moroso.
L’Agenzia delle Entrate, con un provvedimento recente, ha infatti
rideterminato – riducendolo - il tasso da applicare su base annua
agli interessi di mora per il ritardato pagamento di somme iscritte a
ruolo.
Come più volte ricordato in questa Rubrica, possono usufruire
della detrazione d’imposta del 36% coloro che, sostenendo le spese
di ristrutturazione, siano proprietari oppure siano titolari di diritti
2
reali di godimento (usufrutto, uso, abitazione o superficie) sugli
immobili oggetto degli interventi.
Oltre ai soggetti sopraelencati, la norma prevede altresì che il
bonus fiscale possa essere concesso anche “semplicemente” agli
occupanti gli immobili stessi in virtù di un contratto di comodato o
di locazione.
Tuttavia, per quel che riguarda più specificatamente i lavori
eseguiti su unità concesse in comodato, il Fisco – nonostante sia
sufficiente, sotto il profilo civilistico, un mero accordo verbale pretende, per riconoscere la detrazione del 36%, un contratto scritto
e regolarmente registrato.
Ora, dal quesito non si evince la forma assunta dal comodato
intercorso con Suo padre, e quindi, supponendo che tra voi sia
invece intervenuta soltanto quella semplice intesa verbale, sarà
opportuno - prima di iniziare i lavori - procedere alla redazione in
forma scritta del contratto, versare poi, con il mod. F23, l’imposta
fissa di registro di € 168,00 e registrare, entro venti giorni dalla
data di decorrenza del rapporto che vi figura, il contratto stesso
presso un qualsiasi Ufficio locale dell’Agenzia delle Entrate.
Esaurita interamente questa procedura, Lei potrà finalmente inviare
la prescritta comunicazione al Centro Operativo di Pescara, avendo
cura di indicarvi appunto gli estremi di registrazione del contratto e
di allegare una dichiarazione scritta (in carta libera) di Suo padre,
che, come proprietario dell’immobile e parte comodante, dia
naturalmente il consenso all’esecuzione dei lavori.
Infine, Le rammentiamo che - quale titolare del bonus fiscale, dato
che, comodatario dell’immobile, Lei sostiene effettivamente gli
oneri della sua ristrutturazione – dovrà far figurare i Suoi dati sia
nelle fatture che nei bonifici di pagamento.
(m.giovannini)
17/11/2010 - L’impianto fotovoltaico per la farmacia e/o per
l’abitazione - QUESITO
Vorrei installare dei pannelli fotovoltaici per generare corrente
elettrica per la mia farmacia situata in Sicilia, con un notevole
risparmio di bollette e indubbi vantaggi anche per l’ambiente.
Purtroppo il tetto del fabbricato che ospita i locali della farmacia
non è di mia proprietà, ed in ogni caso l’immobile non è ben
esposto. La mia abitazione, invece, situata nello stesso comune, ha
un ampio tetto esposto a sud sul quale potrei installare i pannelli,
ma dista ben due chilometri dalla farmacia.
Vorrei quindi sapere se posso installare i pannelli sul tetto di casa
– recuperando ugualmente l’iva e l’ammortamento degli stessi – e
se posso immettere in rete l'energia prodotta consumandola in
altra sede.
Posso beneficiare, infine, di eventuali sgravi fiscali e/o incentivi?
produzione di energia fotovoltaica, incaricato anche di
corrispondere la tariffa incentivante).
Inoltre, ove l’energia esuberante (cioè quella prodotta in eccesso
rispetto al fabbisogno) venga poi venduta, tra i ricavi imponibili
della farmacia sarà necessario inserire anche i proventi di tali
cessioni, da assoggettare ad iva con aliquota ordinaria, sempreché –
il che è tuttavia possibile soltanto per gli impianti fino a 20 KW di
potenza – non si sia deciso di accedere al servizio c.d. di “scambio
sul posto”, per il quale l’energia in esubero viene invece immessa
nella rete generando un credito (attenzione!) in termini di energia e
non in termini di denaro, prelevabile nei tre anni successivi (ed in
questa evenienza il contributo spetterebbe solo per l’energia
prodotta e consumata in loco e non per quella in eccesso assorbita
dalla rete).
Si tenga comunque presente che, ove si scelga questa modalità di
gestione (ammissibile, lo ripetiamo, solo per gli impianti di potenza
fino a 20KW), non è più consentito vendere l’energia in eccesso.
Per inciso, osserviamo anche che lo “scambio sul posto” risulta
conveniente soprattutto per coloro che realizzano impianti di
dimensioni piccole (forse un po’ troppo piccole per le esigenze di
una farmacia…) in grado, in pratica, di pareggiare tendenzialmente
il bilancio energia prodotta/energia assorbita senza,
conseguentemente, immettere nella rete grandi quantità di energia.
L’installazione dell’impianto fotovoltaico sul tetto dell’abitazione
privata, invece, proprio per la sua stessa collocazione fisica, è
finalizzata essenzialmente al soddisfacimento del fabbisogno
energetico domestico per l’illuminazione, l’alimentazione di
elettrodomestici, ecc., e perciò non può – di per sé - che
configurare un utilizzo ai soli fini privati.
Ma proprio perché l’utilizzo dell’impianto è in tal caso “privato”,
esso non consente né la deduzione dei costi di realizzo e/o gestione
dello stesso, né la detrazione della relativa iva; d’altra parte, la
tariffa incentivante non rappresenta un provento tassabile ai fini
Irpef - Irap (e, dunque, non è soggetto ad alcuna ritenuta), né,
tantomeno, è imponibile ad iva.
Infine, l’eventuale vendita di energia in esubero (che, giova
ribadirlo, è possibile solo se non ci si è avvalsi del servizio di
“scambio sul posto” decidendo di installare, per l’appunto, un
impianto di potenza non superiore a 20 KW, scelta quest’ultima più
verosimile per un’abitazione privata), costituisce bensì un provento
tassabile, ma come reddito diverso e non come ricavo della
farmacia.
(s.civitareale)
18/11/2010 - L’installazione del distributore automatico QUESITO
Ho
intenzione
di
vendere
prodotti
parafarmaceutici
(principalmente profilattici) mediante un distributore automatico
esterno alla farmacia.
Un collega mi ha detto che è necessaria un’autorizzazione
comunale.
Se l’impianto è destinato a far fronte al fabbisogno energetico dei
locali della farmacia, non può che essere installato in quei pressi,
cosicché, data l’indisponibilità nel Suo caso del tetto, si potrebbe
ricorrere ad una tipologia di impianto c.d. “non integrato”, il quale
utilizza moduli ubicati al suolo o collocati sulle superfici esterne
degli involucri degli edifici.
In sostanza, i pannelli fotovoltaici potrebbero essere collocati su un
terreno di pertinenza o su una parete esterna dei locali della
farmacia.
Se questa soluzione è praticabile (ma ne dubitiamo, perché da parte
Sua saranno state certamente operate tutte le verifiche possibili),
l’impianto, realizzato indubbiamente nell’ambito dell’attività
dell’impresa-farmacia, costituirà sotto ogni aspetto un suo bene
strumentale e come tale parteciperà alla gestione; pertanto, il costo
di installazione genererà ammortamenti deducibili nel bilancio
dell’esercizio e le altre di spese di gestione e/o di manutenzione
saranno parimenti deducibili; l’iva assolta su questi costi sarà
detraibile, mentre i contributi ventennali spettanti per la
produzione dell’energia (la c.d. “tariffa incentivante” nella quale
consiste, per l’appunto, l’aiuto pubblico, modulato in funzione
decrescente alla potenza dell’impianto), benché esclusi da iva,
dovranno essere inseriti tra i ricavi imponibili dell’esercizio, sia ai
fini Irpef che ai fini Irap, e saranno per di più soggetti alla ritenuta
– propria di tutti i contributi in conto esercizio - del 4% a titolo
d’acconto effettuata dalla GSE Spa (che, in breve, è l’ente
individuato dall’Autorità per l’Energia elettrica ed il Gas, quale
soggetto attuatore del programma di incentivazione della
Si rendono qui applicabili le norme riferite al commercio previste
dal D.Lgs. 114/98, anche se tale provvedimento enuncia
espressamente la sua non applicabilità alle farmacie, perché nel
caso da Lei posto si tratta in realtà di vendite relative a prodotti in
libero commercio, quali appunto i “parafarmaci” e i profilattici.
Tuttavia il decreto è stato recentemente modificato da un D.Lgs.
del marzo scorso, nel quale si prevede che nella dichiarazione di
inizio attività da presentare al Comune (che attualmente è il Mod.
COM, ma prima o poi l’ ente locale dovrà attrezzarsi per ricevere
la nuova SCIA, segnalazione di inizio attività) deve essere
dichiarata l’ubicazione dell’apparecchio automatico, il settore
merceologico dei prodotti posti in vendita e la sussistenza del
possesso dei requisiti di onorabilità del titolare della farmacia.
Non è comunque più necessario attendere i famosi trenta giorni
dall’inoltro al Comune dell’apposita modulistica per iniziare
l’attività, che dunque può essere esercitata immediatamente.
Nel Suo caso sarà pertanto necessario integrare il Mod. COM a suo
tempo presentato, avendo però anche cura di farsi autorizzare dal
condominio dell’edificio ove Lei intende installare il distributore,
visto che le “mura” – appunto perché tali - appartengono
evidentemente proprio al condominio.
(s.lucidi)
3
19/11/2010 - Trattamenti estetici in abbonamento QUESITO
In un locale interno della farmacia vengono effettuati dei
trattamenti estetici in abbonamento, con riscossione del prezzo
all’atto della cessione del pacchetto e consegna al cliente di un
“cachet” di buoni da presentare al momento del trattamento.
Come ci dobbiamo comportare dal punto di vista fiscale?
l’adesione al consorzio; diversamente, i contributi – pur dovuti –
non sono deducibili perché corrisposti a consorzi meramente
volontari.
Ora, per stabilire se la partecipazione sia obbligatoria o meno,
bisogna avere riguardo alle finalità del consorzio, nel senso che,
ove esso sia nato per soddisfare bisogni comuni indispensabili ed
inscindibili, e tali quindi da renderne oggettivamente di interesse
pubblico la costituzione (che pertanto avviene in base alla legge o
per effetto di un provvedimento della pubblica amministrazione), il
consorzio deve considerarsi obbligatorio rendendo così deducibili i
contributi versati.
Nel Suo caso specifico, la preesistenza di una convenzione
urbanistica – qualificabile senz’altro, sotto l’aspetto che ci
interessa, come un atto di diritto pubblico - tra l’impresa
costruttrice ed il Comune nel cui territorio è situato il comprensorio
servito dal consorzio, deporrebbe a favore della sua natura
obbligatoria, ma evidentemente, prima di far valere la deduzione
dei contributi nella dichiarazione dei redditi, è sempre bene
verificare con attenzione il fondamento di questa ipotesi.
(p.liguori)
24/11/2010 - Da Snc a Sas – QUESITO
Ho acquistato quasi l’intera quota del mio socio, lasciandogli
soltanto l’1% del capitale; lui ha accettato di agevolarmi ma mi ha
chiesto di essere esonerato da ogni responsabilità; il mio
consulente mi dice però che non posso trasformare la Snc in Sas
perché non sono passati i tre anni dalla titolarità.
A meno che la fattura non sia richiesta dal cliente (il che sembra
francamente
poco probabile, perché il carattere strettamente
personale della prestazione esclude qualsiasi ragionevole inerenza
con l’esercizio di un’impresa, di un’arte o di una professione),
dovrebbe essere senz’altro sufficiente il rilascio di uno scontrino,
che deve naturalmente essere emesso all’atto del pagamento della
singola prestazione, ovvero, in caso di abbonamento, al momento
stesso in cui sia corrisposta la relativa tariffa, anche se le
prestazioni verranno rese successivamente.
Inoltre, sempre con riguardo all’abbonamento, ad ogni accesso del
cliente, pur se non obbligatorio, è consigliabile - considerato che
non sempre il cliente porterà con sé lo scontrino a suo tempo
ricevuto - rilasciargli semplici ricevute (senza alcun rilievo fiscale)
con l’indicazione di “corrispettivo non riscosso“ (oppure, “già
anticipatamente riscosso”) che permetta comunque - in caso di
controlli, che tuttavia non sono affatto infrequenti - di conferire la
massima trasparenza alle prestazioni effettuate.
(v.pulieri)
22/11/2010 - Quando l’impresa familiare è tra i coniugi, il
locale aziendale - se in comunione - appartiene interamente
all’i.f.
La Corte di Cassazione, in una pronuncia recente (Sez. Trib.
18495/2010), ha ritenuto che il “conferimento” in un’impresa
familiare, di cui uno dei coniugi è il titolare e l’altro il
collaboratore, di un’immobile strumentale della quale costoro
siano in pari quota comproprietari, determina l’acquisizione del suo
possesso esclusivo da parte dell’impresa in quanto tale, a nulla
rilevando dunque la circostanza che, come detto, il titolare ne fosse
semplicemente un comproprietario.
I giudici del Palazzaccio, in particolare, dirimendo una questione
attinente all’imposta comunale sugli immobili (in sintesi, il
Comune, non considerando appunto l’immobile riferibile
esclusivamente all’impresa, esigeva sulla metà appartenente al
coniuge - collaboratore nell’i.f. - l’imposta sulla base della rendita
presunta e non del valore contabile, come chiedevano i ricorrenti),
hanno sostanzialmente ritenuto che, proprio in virtù del rapporto di
collaborazione familiare, anche il coniuge non titolare esercita con
il conferimento il proprio possesso sull’immobile attraverso
l’impresa e, quindi nella particolare fattispecie non sarebbe più
possibile un’attribuzione del possesso differenziata (all’impresa per
la quota del titolare e al coniuge collaboratore per l’altra metà) “se
non a costo della sovrapposizione di categorie civilistiche a un
rapporto di carattere tributario”.
In altre parole, il possesso dell’immobile deve ascriversi
interamente all’impresa per effetto proprio dell’esistenza dell’i.f.
che determina infatti, sia pure con diversi ruoli, la partecipazione di
entrambi i “conferenti” all’impresa stessa.
La sentenza, assunta - come accennato - nel contesto di una
questione relativa all’Ici, adotta, però, un principio suscettibile di
essere applicato anche ad altri settori dell’imposizione, cosicché,
ad esempio, in tema di imposte dirette sembra ragionevole
concludere che quell’immobile, in caso di vendita o assegnazione
per “autoconsumo”, potrebbe rivelarsi suscettibile di generare
plusvalenze tassabili imputabili all’impresa per l’intero, e non solo
proporzionalmente alla quota di proprietà del titolare.
(s.civitareale)
23/11/2010 - La deducibilità dei contributi consortili QUESITO
E’ deducibile nella dichiarazione dei redditi il contributo
consortile che sarò ora costretto a pagare per una villetta appena
acquistata e rientrante, per una convenzione tra il comune e il
costruttore, in un consorzio di gestione dei servizi collettivi?
Non c’è dubbio che l’unica soluzione per sottrarre l’altro socio alla
responsabilità a tutto campo che grava sul possessore della benché
minima quota di una Snc (responsabilità che è illimitata, perché si
estende all’intero suo patrimonio personale, ed è solidale con tutti
gli altri soci) è quella di modificare la forma della società, proprio
da Snc a Sas.
In quest’ultima, infatti, delle obbligazioni cui la società non abbia
adempiuto (ne abbiamo parlato a fondo in altra circostanza)
rispondono – nell’ampiezza cui si è accennato - soltanto i soci
accomandatari, e perciò, nel Suo caso, l’altro socio può liberarsi da
qualsiasi preoccupazione assumendo lo status di accomandante.
Tale modifica della forma sociale, tuttavia, non incide
minimamente sulla soggettività della società che infatti, nonostante
la modifica della ragione sociale che fatalmente ne consegue, resta
esattamente, appunto come soggetto giuridico, quel che era prima
della modifica; ha cambiato nome (da Rossi a Bianchi) e
abbigliamento (da classico a casual…), ma il corpo che l’indossa è
sempre lo stesso, pur continuando a vivere in una veste rinnovata, e
pertanto conserva i diritti e gli obblighi anteriori al “restyling”
giuridico (il che, beninteso, vale anche per la modifica –
naturalmente non riguardante le farmacie - da società di persone a
società di capitali, o viceversa, e quindi, ad esempio, da Snc a Srl o
da Spa a Sas).
Concludendo, quindi, anche la titolarità della farmacia non subisce
in questa evenienza alcun “trapasso”, e la vostra odierna Snc può
tranquillamente assumere - anche prima del decorso del triennio la forma della Sas.
(g.bacigalupo)
2 – SCADENZE FINE NOVEMBRE
30/11 - Per i contribuenti non titolari di partita iva che hanno scelto
il pagamento rateale delle imposte discendenti dal mod. UNICO
2010: versamento della settima rata se la prima è stata pagata entro
il 16/06/2010, oppure versamento della sesta rata se la prima è
stata pagata entro il 16/07/10. Limitatamente ai soci di società di
persone o collaboratori di impresa familiare a cui si applicano gli
studi di settore, entra tale data si dovrà versare la quinta rata se la
prima è stata pagata entro il 06/07/2010, oppure la quarta rata se la
prima è stata pagata entro il 05/08/2010.
30/11 - Versamento del secondo acconto delle imposte (Ire, Irap e
Ires) e dei contributi Inps (gestione c.d. separata e artigiani e
commercianti) per l’anno 2010 mediante Mod. F24 online
obbligatorio per i titolari di partita iva oppure mediante Mod. F24
cartaceo da presentare in banca oppure alla posta, limitatamente ai
non titolari di partita iva.
I contributi consortili relativi a beni immobili sono deducibili dal
reddito complessivo quando per i loro proprietari sia obbligatoria
***
4