QUESTIONE Nº 8

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QUESTIONE Nº 8
QUESTIONE Nº 8
QUESTIONE: così si fa la pelle bianca nera / nel primo aspetto
de la bella figlia / di quel ch’apporta mane e lascia sera (Pd. XXVII,
136-138).
PROPOSTA: La “bella figlia” del sole non è Circe né la luna, ma
Lampezia, sorella di Fetonte e una delle Elliadi (Ovidio, Metam. II, 340365).
OBIEZIONI: “L’interpretazione da noi accolta della difficile
terzina [la luna] si fonda sul paragone sopra ricordato tra la luna (‘filia
solis’) e la Chiesa militante, comune nella tradizione patristica (cfr. H.
Rahner, L’ecclesiologia dei padri, Roma 1971, pp. 147-287) e
ampiamente commentato da san Bonaventura (Collactiones in Hexaëm.
XX 13-21 e XXII 2), paragone che dipende a sua volta dalla
interpretazione in questo senso di passi scritturali, come Gal. 4 e Cant.1
e 7 (e in realtà la pelle che si fa da bianca nera nel nostro testo sembra
richiamare Cant. 1, 5-6). Che Dante alluda qui alla Chiesa ritennero già
sulla base del Cantico il Lana, lo Scartazzini e lo stesso Auerbach (Studi,
pp. 261-6), senza tuttavia poter indicare sicure fonti. Si veda ora l’ampia
documentazione offerta da G. Pienotti, in LI XXXIII (1981), pp. 216-21
e sulla stessa linea interpretativa, anche se diversamente articolata, L.
Pertile, “Così si fa la pelle bianca nera”, in “Lettere Italiane” 43 (1991),
pp. 3-26. Una diversa interpretazione (si cfr. Barbi, Problemi I, pp. 2923), accolta oggi dalla maggioranza dei commentatori, intende la figlia
del sole per Circe (così chiamata in Aen. VII, 11 e Met. XIV, 346) e
spiega: così l’anima innocente (la pelle bianca) si fa nera per il peccato,
al primo apparire (aspetto, vista: cfr. I 67) delle tentazioni del mondo
(di cui è simbolo Circe, la maga seduttrice). La prima interpretazione è
tuttavia più convincente, in quanto meglio aderente al contesto
dell’intero canto (la precedente deplorazione di Pietro sulla Chiesa
corrotta, le seguenti parole di Beatrice: non è chi governi) e fondata su
testi biblici e patristici, meglio convenienti e più comunemente usati di
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quelli classici a questa altezza del Paradiso come fonte di riferimento (e
si veda anche la metafora del bianco fatto bruno usata per il degenerare
degli Ordini a XXII 91-3). La seconda interpretazione può apparire più
semplice e chiara, ma ciò che è tale per noi moderni non lo era per i
lettori medievali, che vivevano in un ambiente di riferimenti culturali del
tutto diverso dal nostro” (A. M. Chiavacci Leonardi, in nota integrativa
al passo).
RISPOSTA ALLE OBIEZIONI: Non convince nessuna delle due
letture, in quanto basate su un previo e d’altronde prevedibile
significato allegorico, risultando, però, la lettera insufficientemente
giustificata: che “la pelle bianca” che si fa nera indichi un processo di
corruzione mi sembra ovvio; ma ritengo per lo meno dubbio che Dante
non espliciti ‘in loco’ a chi appartiene la pelle, che letteralmente
“rimanda al corpo come parte materiale ed esterna dell’uomo,
contrapposto all’anima come parte spirituale e interiore” (G. Diz. Ling.
It.): che questa “pelle”, poi, sia quella della “bella figlia” del Sole mi
sembra indiscutibile, sempre che si tenga conto che Elios, oltre Circe, e
la meno comune Luna, aveva altre figlie che invece non sono state
considerate.
SOLUZIONE: I dati che il poeta offre sono sufficienti per
identificare il misterioso personaggio come la candida Lampetia, figlia
del Sole e sorella di Fetonte. L’episodio è narrato nel Libro II delle
Metamorfosi (340-365), all’interno di quello di Fetonte, che Dante
certamente conosceva e cita in diversi passi delle sue opere a proposito
del mal governo politico ed ecclesiastico. Ovidio racconta come dopo la
morte del fratello, provocata da Giove, le sue sorelle, le Eliadi, tra le
quali la candida Lampetia, piansero fino a trasformarsi in alberi, o, come
Virgilio scrive nella Eneide, in pioppi: “Nacque ferunt luctu Cycnum
Phaëthontis amati, / populeas inter frondes umbramque sororum /
dum canit et maestum musa solatur amorem” (X, 189-191).
Evidentemente con l’aggettivo candida Ovidio allude alla bianchezza
della pelle di Lampezia (greco lampetíe, ‘splendente’, ‘chiaro’) che, nel
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trasformarsi la giovane in pioppo, diventa nera corteccia (corteccia,
valeva anche ‘pelle’): “Corticem veteres corucem vocabant: dictus
autem cortex quod corio lignum tegat”; “Populus [pioppo] dicta quod ex
eius calce multitudo nascatur. Cuius genus duplex est: nam altera est
alba, altera nigra » (Etymol. XVII, 6, 15 e 7, 45).
Il significato allegorico rimanda alla corruzione del ‘popolo’
(“così si fa la pelle bianca nera…della bella figlia”: in latino populus
vale ‘popolo’ e ‘pioppo’) quando viene a mancare l’autorità civile e
religiosa, rappresentata nel passo da “quel ch’apporta mane e lascia
sera”, cioè, dal Sole, come viene chiarito nei versi successivi: “Tu,
perché non ti facci maraviglia, / pensa che ‘n terra non è chi governi; /
onde si svïa l’umana famiglia” (139-141). Ovidio, infatti, racconta, che
il Sole, dopo la morte del figlio Fetonte, rimase così affranto, che
nascose il proprio volto, lasciando il mondo tutto un giorno senza luce
(Metam. II, 329-332; 381-400).
Carlos López Cortezo
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