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Interférences
Ars scribendi
7 | 2014
Le savoir sur la langue
Non è sufficiente che un λόγος sia vero o falso per
sapere se si tratta di aerei o di navi
Gualtiero Calboli
Editore
HISOMA - Maison de l'Orient et de la
Méditerranée
Edizione digitale
URL: http://interferences.revues.org/4768
DOI: 10.4000/interferences.4768
ISSN: 1777-5485
Notizia bibliografica digitale
Gualtiero Calboli, « Non è sufficiente che un λόγος sia vero o falso per sapere se si tratta di aerei o di
navi », Interférences [En ligne], 7 | 2014, mis en ligne le 11 décembre 2014, consulté le 30 septembre
2016. URL : http://interferences.revues.org/4768 ; DOI : 10.4000/interferences.4768
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Non è sufficiente che un λόγος sia vero o falso per sapere se si tratta di ae...
Non è sufficiente che un λόγος sia vero
o falso per sapere se si tratta di aerei o
di navi
Gualtiero Calboli
1
Nell’ultimo Colloquio ‘Cratyle’ che abbiamo tenuto a Parigi, all’École normale supérieure,
io ho cercato di mettere in rapporto il problema linguistico che Platone presenta nel suo
Cratilo e la macchina ‘Enigma’ brevettata nel 1918 dall’ingegnere tedesco, olandese di
origine, Arthur Scherbius come strumento destinato ad essere utile nell’attività
industriale. In realtà se ne è servito abbondantemente l’esercito tedesco per criptare i
messaggi durante l’ultima guerra mondiale 1. Questo spinse i polacchi per primi, poi i
francesi e soprattutto gli inglesi a costruire delle macchine per decriptare i messaggi
dell’esercito tedesco. Sotto la direzione di Allan Turing, infatti, nel centro inglese di
Blechley Park, sono stati prodotti vari sistemi di decriptaggio e alla fine la macchina,
chiamata Colossus, che era destinata a decriptare i messaggi dell’Ober Kommando
Wehrmacht. Potremmo considerare questa macchina come l’antenato del nostro attuale
computer 2. D’altra parte la macchina Enigma funzionava sostituendo a una lettera
dell’alfabeto un’altra, poi a questa un’altra e un’altra ancora per varie volte. Questo
procedimento di ‘trasfert’ era del resto lo stesso che Aristotele aveva indicato come tipico
per la creazione di metafore 3 e proprio ad una catena di metafore, ciò che oggi noi
chiameremmo ‘allegoria’, aveva dato il nome di enigma (poet. 1458a 18-24; rhet
. 1405b 1 sg.) 4. Ma se alla basa della creazione della metafora, come ci dice ripetutamente
Aristotele, sta l’osservazione del ‘simile’ 5, all’osservazione del simile era quindi legata
anche la creazioni di enigmi.
2
Ho trovato interessante, e la condivido, l’opinione di Baratin e Desbordes che « Platon
aboutit à une “réfutation radicale de la validité du langage” ». Aristotele infatti ci da una
soluzione molto diversa, che troviamo presentata ancora in Baratin e Desbordes  6 e in P. 
T. Struck 7. Secondo Struck 8 Aristotele pone al centro della sua poetica la metafora per
sostituire l’enigma che era il criterio tradizionale della poesia  9 e che ritroviamo ancora
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presente nel papiro di Derveni, datato fra il 340 e il 320. Si tratta, come ha dimostrato
Marco Ercoles (« Dressing the Citharode. A Chapter in Greek and Cultic Imagery », in
corso di stampa), di un’idea che risale al greco miceneo. Certamente per Aristotele,
diversamente che per Platone, « the single word cannot be either true or false  10 ». Inoltre,
per quello che riguarda la metafora, si tratta di un ‘transfert’ generico, fondato sul simile,
ma non ancora distinto nelle diverse figure della metafora, della metonimia, e della
sineddoche che verranno individuate solo più tardi.
3
Questa è dunque la pista che vorrei percorrere in questa mia analisi, senza fare torto a
Platone, che ha trattato il problema con dei validi strumenti di discussione, e senza fare
torto ad Aristotele che con la contrapposizione metafora / enigma ha costruito un sistema
che, se vogliamo considerare la macchina del Dr. Scherbius, controlla una parte
considerevole della tradizione grammaticale e retorica. Egli aveva imboccato una strada
che ci avrebbe portato ben lontano, fino al nostro moderno computer.
4
Supponiamo, dunque, per chiarire il senso del titolo di questo intervento, che durante
l’ultima guerra mondiale gli inglesi di Bletchley Park 11 fossero riusciti a decifrare un
messaggio tedesco che diceva:
300 X stanno arrivando nella parte est dell’Inghilterra
ma che non riuscissero assolutamente a decifrare quell’indicazione che ho indicato
come X.
5
A questo punto gli Inglesi, ricevendo il messaggio, non potevano capire se stavano per
arrivare navi o aerei o tutti e due. Dopo un notevole lavoro di interpretazione essi
saranno certamente arrivati alla soluzione giusta, ma servendosi di altri ‘cribs’, con le
macchine di Turing e, ancora meglio, sfruttando altre informazioni supplementari di
‘intelligence’, mentre dal messaggio originale non appariva chiaro se si doveva allertare
la Royal Air Force o la Royal Navy o tutte e due. Sembra dunque che sapere che un
messaggio è corretto da un punto di vista linguistico non aiuti a prendere una decisione
su da farsi, dal momento che la frase può essere vera o falsa. Devo però aggiungere alcune
considerazioni a questa affermazione ancora un po’ troppo imprecisa.
6
Devo dire, anzitutto, che Platone e Aristotele hanno adoperato, o, meglio, hanno
inventato, degli strumenti utilissimi, cioè il concetto che il rapporto tra la parola e la
cosa, il lessico, è in gran parte arbitrario (Platone), e che al di là del lessico c’è una
combinatoria che si ritrova nella frase (secondo Chomsky è la ‘sentence’, secondo
Montague il valore di verità) nella quale il ῥῆμα si combina con l’ὄνομα (Aristotele e già
Platone nel Sofista) e che è l’inizio della sintassi 12. Ma ci sono ancora due strumenti molto
importanti, l’analisi semantica per ‘features’ che troviamo in Chomsky e Halle  13, che è
molto adoperata in fonologia e semantica e che ha la sua origine nell’analisi diairetica di
Platone (Sofista), e l’intuizione, già platonica, che per aver una frase si devono combinare
insieme il ῥῆμα con l’ὄνομα, cioè che per potere parlare di qualcosa si deve avere questa
cellula fondamentale della grammatica. Per quello che riguarda il primo strumento, io
penso che l’analisi per ‘features’ sia proprio quella che può essere messa in rapporto con
il problema che volevo sollevare nel titolo di questo intervento. Anche il computer può
essere adoperato, ma questo sarebbe in rapporto con la sua origine ‘anti-enigma’. Per
quanto riguarda la fonologia rimando a Chomsky e Halle 14, per la semantica a J. Lyons 15.
Per chiarire meglio questo sistema, tuttavia, voglio dare un esempio di analisi fonologica
e uno di analisi semantica che trovo nel libro di N. Ruwet 16:
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Ritornando al nostro esempio (naturalmente se ne potrebbero trovare anche dei
migliori), cosa potremmo fare per trovare dei riferimenti all’X sconosciuto ed adoperare
così un’analisi per ‘features’, cioè un’analisi diairetica? In inglese, per indicare l’azione di
‘andare’, si adopera il verbo ‘to go’, senza fare differenze; in tedesco, invece, si adoperano
verbi diversi: ‘gehen’ significa ‘andare a piedi’, ‘fahren’ significa andare con una macchina
o con una bicicletta 17. Ma ci sono differenze ancora più sottili: per ‘andare’ con un aereo
si dice ‘fliegen’, mentre ‘andare’ con una nave si dice ‘fahren’. Ritornando al testo tedesco,
potremmo quindi analizzarlo secondo un ‘feature’, un elemento di distinzione nel verbo
adoperato. Per capire che si trattava di aerei sarebbe stato quindi sufficiente avere un
testo tedesco di questo tipo:
300 X werden nach Ost-Englang fliegen.
8
Si potrebbero fare molti esempi di questa analisi per ‘features’ (diairetica), esempi che
facilmente si trovano nella lingua di tutti i giorni. Quando, in un volo Air France la
hostess offre una bevanda, la accompagna con un piccolo snack doce o salato. essa si
limita a chiedere: « salé ou sucré ? ». Per capire cosa ha scelto un viaggiatore diabetico,
anche se lui non lo dice chiaramente, è sufficiente analizzare questa sua frase: « l’hostess
mi ha chiesto ‘salé ou sucré ?’, io mi sono sbagliato a rispondere, ho mangiato quello che
lei mi ha dato e sono stato male ». E’ facile capire che ha scelto lo snack ‘sucré’. Allora
l’analisi diairetica per ‘features’ ci dice molto e questa forma di economia linguistica è
talmente entrata nella lingua di tutti i giorni che a volte la si adopera senza neanche
rendersene conto. Ma come ha fatto la tradizione grammaticale, partendo da Platone, ad
arrivare alla teorizzazione di questo uso? Abbiamo detto che questa è un’analisi
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‘diairetica’, un’analisi che possiamo fare molto bene con l’aiuto del computer perché con
il computer si possono trovare tutte le combinazioni vere e false e organizzare una griglia
di accettabilità secondo tempi e luoghi scelti. Per esempio si può decidere che una frase
del tipo “la casa passeggiava svelta nello stomaco del pescecane” è falsa. Certo senza
pensare all’Ulisse di James Joyce.
9
Platone adopera nel Sofista il metodo ‘diairetico’ per definire il sofista, ma comincia con la
definizione del pescatore con la lenza (218e-221c): cito la conclusione dello Straniero
nella sua ricerca del metodo di distinzioni successive (διαίρεσις) che si può adoperare per
definire il pescatore con la lenza, metodo che sarà poi adoperato per definire il sofista
(Plat., Soph. 221b‑c):
ΞΕ. Νῦν ἄρα τῆς ἀσπαλιευτικῆς πέρι σύ τε κἀγὼ συνωμολογήκαμεν οὐ μόνον
τοὔνομα, ἀλλὰ καὶ τὸν λόγον περὶ αὐτὸ τοὖργον εἰλήφαμεν ἱκανῶς. συμπάσης γὰρ
τέχνης τὸ μὲν ἥμισυ μέρος κτητικὸν ἦν, κτητικοῦ δὲ χειρωτικόν, χειρωτικοῦ δὲ
θηρευτικόν, τοῦ δὲ θηρευτικοῦ ζῳοθηρικόν, ζῳοθηρικοῦ δὲ ἐνυγροθηρικόν,
ἐνυγροθηρικοῦ δὲ τὸ κάτωθεν τμῆμα ὅλον ἁλιευτικόν, ἁλιευτικῆς δὲ πληκτικόν,
πληκτικῆς δὲ ἀγκιστρευτικόν· τούτου δὲ τὸ περὶ τὴν κάτωθεν ἄνω πληγὴν
ἀνασπωμένην, ἀπ᾽ αὐτῆς τῆς πράξεως ἀφομοιωθὲν τοὔνομα, ἡ νῦν ἀσπαλιευτικὴ
ζητηθεῖσα ἐπίκλην γέγονεν.
STRANIERO. — Per concludere sulla pesca con la lenza ora non soltanto ci troviamo
daccordo, tu e io, per quanto riguarda il nome, come all’inizio, ma siamo riusciti a
cogliere in modo efficace anche la ragione della cosa in se stessa, cioè la definizione.
Di tutta questa attività intesa nel suo complesso, una metà ci è apparsa tecnica
dell’acquisizione, di questa una metà comprende la tecnica di cattura; una metà della
cattura si è rivelata tecnica di caccia; e così via: una metà della caccia era la caccia agli
animali; di questa, la caccia acquatica; di questa, la divisione inferiore, che agisce
sott’acqua, vale a dire l’insieme delle tecniche di pesca; di queste ancora, le tecniche di
percussione; di queste, la pesca con gli uncini; di questa infine una metà è risultata la
tecnica che si esercita tirando di colpo dal basso verso l’alto: ed ecco finalmente la
“pesca con la lenza”, quella che appunto cercavamo, il cui nome raffigura
l’esecuzione precisa dell’operazione descritta (trad. M. Vitali)  18.
Questa, alla fine del dialogo, è la descrizione che lo Straniero dà del metodo diairetico (
Plat., Soph. 264d-265a):
ΞΕ. Νῦν δέ γ᾿ ἐπειδὴ πέφανται μὲν λόγος, πέφανται δ᾿ οὖσα δόξα ψευδής, ἐγχωρεῖ
δὴ μιμήματα τῶν ὄντων εἶναι καὶ τέχνην ἐκ ταύτης γίγνεσθαι τῆς διαθέσεως
ἀπατητικήν.
ΘΕΑΙ. Ἐγχωρεῖ.
ΞΕ. Καὶ μὴν ὅτι γ᾿ ἦν ὁ σοφιστὴς τούτων πότερον, διωμολογημένον ἡμῖν ἐν τοῖς
πρόσθεν ἦν.
ΘΕΑΙ. Ναί.
ΞΕ. Πάλιν τοίνυν ἐπιχειρῶμεν, σχίζοντες διχῇ τὸ προτεθὲν γένος, πορεύεσθαι κατὰ
τοὐπὶ δεξιὰ ἀεὶ μέρος τοῦ τμηθέντος, ἐχόμενοι τῆς τοῦ σοφιστοῦ κοινωνίας, ἕως ἂν
αὐτοῦ τὰ κοινὰ πάντα περιελόντες, τὴν οἰκείαν λιπόντες φύσιν ἐπιδείξωμεν
μάλιστα μὲν ἡμῖν αὐτοῖς, ἔπειτα καὶ τοῖς ἐγγυτάτω γένει τῆς τοιαύτης μεθόδου
πεφυκόσιν.
ΘΕΑΙ. Ὀρθῶς.
ΞΕ. Οὐκοῦν τότε μὲν ἠρχόμεθα ποιητικὴν καὶ κτητικὴν τέχνην διαιρούμενοι
STRANIERO. — Ma ora che è apparsa chiara la possibilità di un discorso falso e di
unopinione falsa, non si potrà più negare che esistano imitazioni delle cose che
hanno essere, e che da questa disposizione imitativa possa risultare una tecnica
dell’inganno.
TEETETO. — Non si potrà certo […]
STRANIERO. — Riprendiamo allora la nostra ricerca. Prima però , vorrei rammentart il
metodo: una volta individuato il genere che ci interessa, lo divideremo in due parti,
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e, sempre dividendo, procederemo scegliendo sempre la parte destra della
dicotomia ottenuta, e senza mai perdere di vista quanto si riferisce al sofista; ad
ogni tappa scarteremo il lato pertinente al genere ma estraneo alla specie che
cerchiamo, fino a cogliere con tutta evidenza la natura specifica del nostro; il che
sarà un bel risultato non solo per noi, ma per quanti si sentano intellettualmente
vicini al nostro modo di procedere.
TEETETO. — Giusto.
STRANIERO. — Ebbene, non avevamo cominciato distinguendo una tecnica della
produzione e una dell’acquisizione (trad. M. Vitali).
10
Come si può vedere da quest’ultima citazione, per arrivare a questo metodo ‘diairetico’ si
è dovuto anzitutto dimostrare che la frase può essere vera o falsa, perché è stata rifiutata
l’opinione di Parmenide secondo la quale il non-essere non esiste. Al contrario, il nonessere esiste (suicidio filosofico dello Straniero che veniva dalla scuola eleatica di
Parmenide) e si può porlo alla sinistra per scegliere la destra: « il pescatore con la lenza
pesca nell’aria » (falso) / « il pescatore con la lenza pesca nell’acqua » (vero). D’altra parte
Platone si poneva tra Eraclito, il filosofo della molteplicità, e Parmenide, difensore
dell’unità, la molteplicità delle differenti cose e l’unità dell’idea, ma bisognava che né la
molteplicità né l’unità fossero esclusive. Ma, per quanto riguarda la nostra questione, si
trattava piuttosto di rinunciare all’esclusività della posizione eleatica. Infatti era
necessario che il ‘non essere’ esistesse a fianco dell’‘essere’, come ci spiega Platone (Plat.,
Soph. 264c):
ΞΕ. Καὶ τὸν σοφιστὴν εἴπομεν ὡς ἀποροῖμεν εἰς ὁποτέραν θήσομεν.
ΘΕΑΙ. Ἦν ταῦτα. ΞΕ. Καὶ τοῦθ᾽ ἡμῶν ἀπορουμένων ἔτι μείζων κατεχύθη
σκοτοδινία, φανέντος τοῦ λόγου τοῦ πᾶσιν ἀμφισβητοῦντος ὡς οὔτε εἰκὼν οὔτε
εἴδωλον οὔτε φάντασμ᾽ εἴη τὸ παράπαν οὐδὲν διὰ τὸ μηδαμῶς μηδέποτε μηδαμοῦ
ψεῦδος εἶναι.
STRANIERO. — E non sapevamo bene in quale delle due collocare il sofista.
TEETETO . – Effettivamente.
STRANIERO. — Ed ecco che nel bel mezzo di questo dubbio, ci avvolse più grave
tenebra di vertigine quando apparve quel discorso che, mettendo tutti a tacere,
proclamava l’inesistenza e della copia e dell’immagine e dell’apparenza, per il
semplice fatto che non esiste il falso, in nessun modo, tempo, luogo (trad. M. Vitali).
11
Per comprendere meglio questo sviluppo del λόγος platonico rinvio alle pagine di
Fr. Ildefonse 19 nelle quali possiamo vedere come Platone arriva alla fondazione del λόγος
« comme “entrelacement de noms” (pour reprendre les termes du Téétète), c’est-à‑dire la
résolution de la question de l’un et du multiple, qui apparaît dans de nombreux dialogues
de Platon 20 ». Secondo Aristotele il passaggio dal dare un nome alle cose alla frase
presuppone la costituzione del λόγος. « Sensation et intellection sont déterminées comme
assimilations : la sensation se caractérise comme identité du sentant et du sensible,
l’intellection comme identité de l’intelligence et des intelligibles  21 ». Ma l’idea viene
chiarita per mezzo dell’immagine (De anima III 4, 430a 13) dei colori che scompaiono nelle
tenebre, ma che diventano visibili quando c’è l’intervento della luce. Questa metafora
mostra come Aristotele abbia concepito il passaggio dalla ‘potenza’ all’ ‘atto’ della
conoscenza 22. Per la teoria della significazione, parleremo più avanti della differenza tra
nome e verbo, ma ora vorrei sottolineare la solidarietà tra parola e cosa che è sostenuta
contro i sofisti che difendevano l’oscillazione della significazione dissociando la parola
dalla cosa 23. D’altra parte in questa connessione di parola e cosa « Aristote demeure
solidaire de la démarche platonicienne, qui ne vise pas à l’exhaustivité d’une description
linguistique, mais entend définir les conditions nécessaires et suffisantes d’un énoncé
apophantique minimal 24 ». Ma io devo aggiungere ancora un’altra osservazione, cioè il
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fatto che ogni costruzione grammaticale o retorica dipende dal suo tempo. Mi spiego
meglio: a seconda del tempo, del luogo, delle persone coinvolte si mettono a disposizione
degli uomini del proprio tempo degli strumenti particolari. Aristotele viene dopo il suo
maestro Platone e certamente ha fatto tesoro dell’esperienza di Platone, ma ha poi
sviluppato un sistema che si adatta piuttosto alla sua costruzione  25. E la sua concezione
del verbo e del nome è paragonabile solo in parte con quella di Platone: per Platone (Soph.
262a 26) il verbo è lo strumento che ci permette di indicare un’azione, mentre il nome
indica il soggetto che produce l’azione. Per Aristotele (Interpr. 16b 6) il nome è un suono
vocale che possiede un significato convenzionale senza riferimento al tempo e sprovvisto
di significato se preso isolato, il verbo ha, anche lui, un significato convenzionale, al quale
però si aggiunge il tempo; combinato con il nome il verbo indica qualche cosa affermata
di un’altra cosa. Ma il verbo si trova in una situazione di preminenza nell’enunciato
dichiarativo, perché è il verbo che produce la frase significando quello che si dice di
qualche cosa.
12
Mi sembra che Richard Montague abbia interpretato bene, nel suo sistema, questa
posizione di Aristotele, anche se il sistema di Montague viene dopo l’esperienza di logici
come Tarski, Carnap, Quine e si serve di funzioni matematiche. Montague, quindi, non
dice solo che c’è una combinazione tra nome (e = entity) e verbo (IV = Intransitive Verb), ma
dice anche che per mezzo di questa combinazione si ottiene una funzione da un verbo
intransitivo a un valore di verità, t/e (cioè una frase che può essere vera o falsa). Ancora
più esattamente Montague non parla di nome ma di una entità che fa parte di una tripla
in rapporto con un’altra tripla 27, come si può vedere dalle parole stesse di Montague che
cito in nota.
13
Ma ritorniamo a quello che dicevo a proposito del fatto che ogni strumento che viene
sviluppato è dapprima adattato al luogo, al tempo e alla persona dell’inventore. Cercherò
di spiegarmi meglio con degli esempi che, d’altra parte, vengono dalla storia della
grammatica e della retorica, sottolineando semplicemente alcuni aspetti nello sviluppo di
queste due τέχναι, la τέχνη ῥητορική e la τέχνη γραμματική seguo l’ordine cronologico,
secondo il quale i manuali di retorica (Aristotele) sono nati un po’ prima rispetto a quelli
di grammatica (Dionisio Trace) 28. La grammatica, allora, è nata per dare degli strumenti
all’analisi filosofica di Platone e Aristotele ad Atene, e ad Alessandria per aiutare l’analisi
del testo omerico da parte di Aristofane di Bisanzio e di Aristarco, ma, se vogliamo essere
più esatti è nata con l’opera di Dionisio Trace. Vincenzo Di Benedetto e tutti quelli che
come lui pensano che la Τέχνη γραμματική che ci è arrivata sotto il nome di Dionisio
Trace non sia di Dionisio sono invece del parere che il primo autore di una Τέχνη
γραμματική sia stato Asclepiade di Mirlea, allievo di Dionisio Trace. Quanto a me, io credo
che la Τέχνη (γραμματική) arrivata a noi sotto il nome di Dionisio Trace sia veramente di
Dionisio, senza escludere che ci siano stati piccoli cambiamenti ben comprensibili in
un’attività scolastica di svariati secoli 29. Ma, cosa ancora più importante, Dionisio Trace
non ha inventato la grammatica; egli ha continuato la tradizione alessandrina di
Aristarco, aggiungendovi elementi stoici, come è stato dimostrato da Matthaios  30 e a
ragione accettato da Manuela Callipo 31. Inoltre Dionisio si è trovato a Rodi, venendo da
un’esperienza alessandrina, ed è stato coinvolto nell’attività scolastica delle scuole di
Rodi: l’elaborazione di un manuale di grammatica da parte sua era una cosa del tutto
naturale. Ancora una volta tradizione e condizione personale. A sua volta un trattato
scritto di retorica è stato prodotto da Aristotele dopo le discussioni sulla retorica di
Platone e dei sofisti, ma una Τέχνη ῥητορική scolastica è stata compilata a Rodi per le
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scuole dell’isola quando queste si sono organizzate a Rodi e questo al tempo in cui la
scuola rodiese di retorica aveva ottenuto una grande fama per merito dei due Moloni. Ma
nella scuola di Aristotele Retorica e Poetica erano state sviluppate anche per dare alla
logica il criterio di possibilità (e di necessità), in modo analogo a quanto per i moderni è
stata la logica modale. Allora si tratta sempre di strumenti, di mezzi costruiti ed adoperati
per dei fini particolari, dipendenti in parte dal tempo, in parte dalle esigenze del sistema
personale di ciascuno. Per Platone si trattava di trovare la combinazione tra la
molteplicità delle cose e l’unità di ciascuna idea che si riferiva ad un gruppo di cose
simile, senza tagliare questo rapporto ed escludendo una soluzione completamente
eraclitea o parmenidea 32. Si trattava, mi pare, di partire dalla molteplicità delle cose per
arrivare all’unità delle idee, necessaria per collocare ciascuna cosa nella propria
categoria. Aristotele, a sua volta, ha abbandonato la teoria platonica della reminiscenza e
della trascendenza delle Idee ed ha elaborato una teoria della conoscenza più immanente.
14
Non voglio ora entrare nel dettaglio di un paragone tra Platone ed Aristotele. Mi pare che
Platone abbia avuto il grande merito di avere reso a misura d’uomo le teorie generali di
Eraclito e di Parmenide, pur conservando mezzi di generalizzazione necessari alla
conoscenza. Questo era sufficiente per introdurre il criterio della διαίρεσις e questa è la
base dell’analisi per elementi specifici (‘features’) adoperata nella fonologia e nella
semantica moderna. Entra in gioco, allora, un’analisi combinatoria per la quale si può
adoperare il computer nel senso che il computer può essere sufficiente a scoprire ciò di
cui c’è bisogno senza andare troppo lontano. Ma nella mia precedente comunicazione sul
Cratilo dove è stato adoperato l’enigma aristotelico con riferimento alla macchina Enigma
costruita dal Dr. Scherbius, si è visto che è l’allegoria, come catena di metafore, che
Aristotele ha messo in rapporto con l’enigma. Infatti è la metafora che può essere
paragonata al procedimento di criptaggio e decriptaggio dei messaggi inviati da quella
macchina, perché lì i rotori erano in grado di cambiare una lettera in un’altra, così come
la metafora è una parola che significa una cosa adoperata per indicarne un’altra. La
metafora in questione era quella di Aristotele, prima che fosse divisa da Teofrasto o dagli
Stoici, o da entrambi, in metafora, metonimia, sineddoche, catacresi, come per la prima
volta, fra tutte le fonti greche e latine, troviamo testimoniato nei dieci tropi della
Rhetorica ad Herennium (4,2,43-34,45) 33. Come hanno ben messo in evidenza L. Calboli
Montefusco 34 e G. Manetti 35, questo era possibile, secondo Aristotele, solo nel rispetto
dell’ ὅμοιον, cioè dell’appartenenza delle due cose allo stesso genere. Del resto, come L.
Calboli Montefusco ha dimostrato, servendosi anche della teoria degli insiemi  36, il
meccanismo logico proprio della metafora è il medesimo che permette il ragionamento
retorico del παράδειγμα 37. Allora è all’ὅμοιον aristotelico come criterio di conoscenza
(nella dialettica e nella retorica) che dobbiamo risalire per scoprire se ci sono altri
elementi utili per risolvere la questione che ho posto nel titolo di questo intervento.
Infatti ci sono anche altri elementi che dobbiamo prendere in considerazione per quello
che riguarda la metafora, come l’evidenza e la rapidità di decodificazione. Ma non vorrei
cadere in una sorta di banalizzazione. Il problema della somiglianza e della coerenza di
significato e di forma è per noi molto più importante che sapere se a quei tempi si
trattava di navi o di aereoplani. L’esempio era solo una scusa per entrare nell’argomento.
15
Si può giustamente pensare che oggi non sia assolutamente interessante sapere cosa si
faceva o si poteva fare 72 anni fa. Ma i problemi di criptaggio e decriptaggio sono ancora
molto attuali. Due settimane fa, purtroppo, controllando le mie mails, ho aperto un link
apparentemente innocuo perché proveniente da Clermont Ferrand, da parte di Angeliki
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Charbonot, collaboratrice di una collega francese, Colette Bodelot. Purtroppo si trattava
invece di un virus informatico, che si chiama CryptoLocker, che cripta tutti i files del
computer, offrendo però al prezzo di 300 euro o 300 dollari la chiave per il decriptaggio.
Così questo virus ha criptato tutti i miei files, meno quelli che erano ‘on line’ perché
‘attachments’ nella posta elettronica, alcune foto, i back up e alcuni messaggi nascosti in
cartelle particolari. Questo per dire che il virus ha avuto anche lui bisogno di tempo per
fare la sua opera di criptaggio. Infatti, quando si è manifestato la prima volta, io ero
riuscito quasi subito a farlo sparire. Ma solo apparentemente. Si era infatti nascosto per
prendersi il tempo necessario e il giorno dopo è ricomparso, dopo avere compiuto il
criptaggio e ancora una volta reclamava i soldi per dare la chiave del decriptaggio. Quindi
l’operazione di criptaggio richiede un certo tempo. Per rendere meglio l’idea do la
descrizione del virus che si trova in internet e l’immagine relativa:
CryptoLocker is a virus, Trojan 38, or malware on one code that attempts to seek
money from computer users. This kind or computer infection can be considered as
ransom ware. However, it will not lock the computer and demands for payment to
obtain the unlock code. CryptoLocker encrypts entire files on the infected
computer and requires user to get the private key that is needed for decryption.
What also differentiates CryptoLocker from other ransom virus is its time-based
destruction of key. Failure to pay the private key on specified time will destroy the
key from the server. It simply means, there is no way that you can unlock all
affected files on the computer.
16
Non è difficile allora paragonare questa operazione alla situazione in cui, 72 anni fa, ci si
trovava per decidere se si trattava di navi o di aereoplani. Si può pensare che la velocità di
decriptaggio, cioè trovare la chiave del decriptaggio, possa diventare sempre più grande:
del resto, tra il nostro computer e le bombe di Turing, che occupavano stanze intere, ci
sono poco più di 70 anni. Ma quale sarà il limite di questa velocità? quella della luce?
allora la differenza rispetto alla velocità di criptaggio da parte di un virus sarà soltanto V
(velocità di criptaggio) vs V + 1 (velocità di decriptag-gio + il tempo necessario per
decidere di farlo, un nanosecondo?). Allora il problema sarà se, con Aristotele, sarà
possibile attivare un decriptaggio con la sola differenza, riguardo al criptaggio, che sia
terminato, conservando la medesima velocità del criptaggio. Si potrebbe allora pensare
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che le cattive azioni del mondo avrebbero a loro disposizione soltanto questo terribile
nanosecondo.
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Per rimanere comunque con i piedi per terra, ritorniamo ai nostri autori antichi. Il
rapporto che si può istituire con Platone ed Aristotele non è certamente immediato, ma
da un punto di vista teorico ci si trova ora in una situazione simile. In poche parole,
abbiamo messo in evidenza quattro strumenti linguistici che sono stati proposti e più o
meno sviluppati nel Cratilo e nel Sofista di Platone e che sono stati ripresi nelle opere di
Aristotele: l’analisi diairetica, che corrisponde all’analisi per ‘features’ della linguistica
moderna, la frase come combinazione di nome e di verbo, ma in modo più raffinato
rispetto a quello che troviamo nel Sofista, la somiglianza, che è alla base della metafora, e
la metafora stessa. La metafora, però, resta al di là del caso presentato nel titolo, mentre
rientra nell’operazione di criptaggio e decriptaggio, oggi molto più attuale di quella dei
messaggi inviati dall’esercito tedesco con la macchina Enigma.
18
Non voglio adesso entrare nei dettagli della costruzione matematica che richiederebbe
una discussione sulla teoria dei limiti, dei numeri primi, e di quello che si può o non si
può fare con il computer. Voglio soltanto sottolinearare la connessione che esiste tra
questi strumenti moderni e le teorie dei grandi filosofi dell’antichità greca, teorie che
sono state riprese dai logici del Medio Evo e dai matematici del XVII e XVIII secolo. Non
bisogna dimenticarli, se vogliamo in qualche modo dominare i virus adoperati per rubare
soldi o per carpire messaggi segreti.
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NOTE
1. Ringrazio mia moglie, L. Calboli Montefusco, che ha tradotto in italiano questo testo da una
prima versione francese presentata a Lille e mi ha fornito precisi riferimenti dottrinari ricavati
dalla sua straordinaria conoscenza della retorica greca e romana e del testo di Aristotele.
2. Per quanto riguarda la macchina Enigma rimando alle opere citate nel mio precedente
intervento sul Cratilo, in particolare Kakn 1996; Calboli 2010.
3. In realtà la metafora di Aristotele non è esattamente la stessa cosa del ‘trasfert’ prodotto dalla
macchina Enigma perché questa macchina lavorava con un numero ridotto di elementi, mentre
la metafora è estesa a tutto il lessico. Ma con la macchina si poteva fare il ‘trasfert’ anche di
parole, purché si trattasse di un lessico ridotto a parole pertinenti, perché si avevano due
difficoltà: farsi decriptare dagli alleati e non farsi decriptare dai nemici. Da questo nasceva la
necessità di avere un lessico specializzato limitato. Il transfert, cioè, era lo stesso (una parola o
una cosa per significarne un’altra), ma la ‘popolazione’ per la quale la macchina ‘Enigma’ doveva
essere organizzata erano differenti: molto ridotta come l’alfabeto per la macchina Enigma, molto
ampi, come la lingua greca, per la metafora di Aristotele. D’altra parte la metafora aristotelica
aveva il limite dell’ὅμοιον (cf. sotto). Il successo del decriptaggio di Turing dipendeva da questi
limiti della macchina, perché ‘infine’ sarebbe stato impossibile (come sarebbe impossibile il
nostro computer) se la ‘popolazione’ considerata fosse infinita (come sono infinite le cose del
mondo) e non ridotta ad un alfabeto, cioè ad un numero, in qualche modo limitato, di elementi.
4. V. Ohlert 1886; 1898; e Calboli 2012.
5. Cf. ad es. Calboli Montefusco 2000 e 2005a.
6. Baratin, Desbordes (a cura di) 1981, pp. 18-26.
7. Struck 2004, pp. 59-68.
8. Ibid., p. 65.
9. Ibid., p. 25-53.
10. Ibid., p. 58.
11. La macchina Ultra non poteva essere portata in giro, tanto era voluminosa, ed è una
menzogna dire che gli Inglesi avevano decifrato i messaggi di Enigma in Egitto; si trattava,
evidentemente, di puro e semplice spionaggio che gli inglesi hanno cercato di nascondere per lo
stesso motivo per cui hanno distrutto alla fine della guerra la macchina ‘Colossus’, per
nascondere il loro spionaggio. Perché fare la spia non è mai stata una attività onorevole e perché
è prudente non far conoscere al mondo le proprie armi.
12. Come vedremo più tardi il valore di verità di Montague non corrisponde esattamente alla
combinazione del verbo e del nome di Platone e di Aristotele, perché si tratta di una funzione
matematica da un verbo intransitivo a una frase, cioè a un valore di verità, una funzione che si
realizza per mezzo della combinazione di un verbo intransitivo con un elemento chiamato
semplicemente ‘entity’, cioè qualcosa di cui si sa soltanto che esiste.
13. Chomsky, Halle 1968.
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Non è sufficiente che un λόγος sia vero o falso per sapere se si tratta di ae...
14. Ibid., in particolare p. 336 sg.
15. Lyons 1969, p. 164 sg.; 1978, pp. 322-335.
16. Ruwet 1968, pp. 306-314.
17. Nel lessico ‘Duden’ leggiamo questa definizione: « fahren: (von Fahrzeugen) sich rollend,
gleitend (mit Hilfe einer eintreibenden Kraft) fortbewegen ». E si dice: « der Zug, der Bus, das
Schiff fährt », ma si dice: « das Flugzeug flog über den Wolken ». Penso che questo fosse l’uso già
nel 1940.
18. Il procedimento diairetico è dichiarato come quello che permette la conoscenza in Plat.,
Phedr. 266b: Τούτων δὴ ἔγωγε αὐτός τε ἐραστής, ὦ Φαῖδρε, τῶν διαιρέσεων καὶ συναγωγῶν, ἵνα
οἷός τε ὦ λέγειν τε καὶ φρονεῖν· (come mi suggerisce Lucia Monte-fusco) («  SOCRATE — Per me,
Fedro mio, io sono un amante di questo processo di decomposizione e ricomposizione, per il
quale io sia in grado di parlare e di pensare »).
19. Ildefonse 1997, pp. 54-61.
20. Ibid., p. 59.
21. Ibid., p. 74.
22. Ibid., p. 75.
23. Ibid., p. 94.
24. Ibid., p. 101.
25. Baratin, Desbordes (a cura di) 1981, p. 14.
26. Ildefonse 1997, p. 95.
27. Riporto il testo di Montague per mostrare come si deve essere attenti nella formalizzazione di
tutti i passi necessari: « Let e and t be two fixed objects (0 and 1, say) that are distinct and neither
ordered pairs nor ordered triples. Then Cat, or the set of categories of English, is to be the smallest
set X such that (1) e and t are in X, and (2) whenever A and B are in X, A/B and A//B (that is, < 0, A,
B > and < 1, A, B > respectively) are also in X » (Montague 1974, p. 249). Sul ‘Wahrheitsproblem’, v.
anche Stegmüller 1957, in particolare pp. 216-218.
28. Già Platone, Phaedr. 271c; 266c-269c e Arist., rhet. I 1354a 11 fanno riferimento a manuali di
retorica, cf. Radermacher (ed.) 1951, 28-153 (da Corace e Tisia, sino ad Isocrate escluso), cf. anche
Grimaldi 1980, p. 7, in commento ad Aristotele, rhet. I 1354a 11. Per Dionisio Trace e la Τέχνη a lui
attribuita, cf. la recente edizione con introduzione e commento di Callipo 2011.
29. Cf. Callipo (ed.) 2011, p. 33.
30. Matthaios 1999; pp. 225-233; 2002, pp. 192-200.
31. Callipo (ed.) 2011, p. 34.
32. Sull’origine della retorica in Grecia vd. Schiappa 1999, pp. 30-47, e le pp. 133-152 sul Περὶ τοῦ
μὴ ὄντος di Gorgia (condivido la sua conclusione che la posizione (e la formula logica di Gorgias: ˜
(∀x)(∀y)(◊Txy → ◊Ey)) merita di essere presa in considerazione meglio di quanto non sia già stato
fatto sino ad ora. Sul rapporto grammatia / retorica (ma considerato dal punto di vista di Dionigi
di Alicarnasso) vd. De Jonge 2008, pp. 34-41.
33. Su questa dottrina dei tropi, così come è presentata nella Rhetorica ad Herennium, cf. Calboli
1993, pp. 374-397; 538 sg.; 1998, pp. 53-65; 2007.
34. Calboli Montefusco 2000 e 2005a.
35. Manetti 2005.
36. Calboli Montefusco 2005b, pp. 28-45.
37. Ecco il testo della nota 28 alla p. 45: « Die Verwendung des Verbs θεωρεῖν ist bedeutungsvoll,
denn das θεωρεῖν (so wie die Synonyme σκοπεῖν oder ἱδεῖν scheint ein wesentliches Merkmal
der τέχνη zu sein (vgl. z.B. Rhet. 1354a 10; 1355b 10; 1355b 25; 1356b 30). Das ist m.E. wichtig, weil
es zeigt, daß die Metapher dank der Erkenntnis der Ähnlichkeiten von Aristoteles als eine
„technische‟ Operation aufgefaßt wird. Nur di Neigung, Metaphern zu bilden (τὸ μεταφορικὸν εἶ
ναι), ist etwas Angeborenes (εὐφυΐας σημεῖν), das man von anderen nicht lernen kann. In dieser
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Non è sufficiente che un λόγος sia vero o falso per sapere se si tratta di ae...
Hinsicht kann ich also mit der folgenden Bemerkung von Armisen-Marchetti. “Histoire des
notions rhétoriques de la métaphore” 337f., nicht einverstanden sein: “La métaphore
aristotélicienne … s’apparente au stade prélogique de l’invention. C’est pour cette raison …
qu’Aristote remarque qu’on n’apprend pas à faire des métaphores, pas plus qu’à saisir des
ressemblances : cela relève d’un don naturel, qui échappe à la technique”. Wenn diese Erkenntnis
der Ähnlichkeiten nicht gelernt werden könnte, hätte Aristoteles nicht in den Topika (108a 13)
gesagt, daß man sich besonders üben muß, Ähnlichkeiten in dem zu erkennen, das weit
auseinander liegt ».
38. Che ai poveri Troiani venga sbrigativamente assegnato il nome di virus che agiscono come un
‘cavallo di Troia’, dipende da due difetti del nostro tempo: (1) la scarsa conoscenza del mondo
antico e (2) il pressapochismo sbrigativo che fa di un ‘cavallo di Troia’, quindi un nemico di Troia,
un Troiano, quindi un difensore di Troia.
RIASSUNTI
La question de l’énigme engage une réflexion sur le fait qu’un énoncé peut être
grammaticalement exact sans que l’on puisse déterminer s’il est vrai ou faux. L’article examine
comment, à partir de la réflexion de Platon et d’Aristote, la tradition grammaticale grecque a
progressé pour prendre en compte ce que l’on nomme en linguistique moderne “features” pour
analyser la pertinence d’un énoncé et son adéquation au réel. Il met ainsi en évidence quatre
éléments essentiels : l’analyse diairétique qui correspond à l’analyse en “features”, la phrase
comme combinaison de nom et de verbe, la similitude qui est à la source de la métaphore et la
métaphore elle-même.
The question of the enigma engages a reflection on the fact that a statement can be
grammatically exact without that we can determine if it is true or false. The article examines
how from Plato’s and Aristotle’s theories, the Greek grammatical tradition progressed to take
into account what we name in modern linguistics “features” to analyze the relevance of a
statement and its equivalence to the reality. It so puts in evidence four essential elements: the
diaeresis which corresponds to the “features”, the sentence as the combination of name and
verb, the similarity which is at the source of the metaphor and the metaphor itself.
INDICE
auteurancien Aristarque de Samothrace, Aristophane de Byzance, Aristote, Cornificius, Héraclite
d’Éphèse, Parménide d’Élée, Platon, Théophraste
personnecitee Baratin (M.), Bodelot (C.), Calboli Montefusco (L.), Callipo (M.), Carnap (R.),
Charbonot (A.), Chomsky (N.), Desbordes (Fr.), Di Benedetto (V.), Ercoles (M.), Halle (M.),
Ildefonse (Fr.), Joyce (J.), Lyons (J.), Manetti (G.), Montague (R.), Quine (W. O.), Ruwet (N.),
Scherbius (A.), Struck (P. T.), Tarski (A.), Turing (A.)
Mots-clés : artes grammaticae, énigme, “features” en linguistique, grammaire ancienne,
métaphore, signification
Keywords : enigma, linguistic features, ancient grammar, metaphor, meaning
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Non è sufficiente che un λόγος sia vero o falso per sapere se si tratta di ae...
AUTORE
GUALTIERO CALBOLI
Università di Bologna
Interférences, 7 | 2014
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